La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
Strong
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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BenoixRoberti ha scritto:Non sono criticamente drastico come Prof verso i corridori citati o in generale verso i tanti corridori dai picchi brevissimi, però non posso che purtroppo dargli ragione sulla insoddisfazione per non avere in questo ciclismo il becco di un personaggio che corra dai muri alle côtes da protagonista.
Dico purtroppo perché ammetto anch'io la resa alla nostalgia di un altro ciclismo, quello che portava gli stessi campioni a scontrarsi dalla Tirreno sino al Francoforte.
L'inizio scoppiettante di questa stagione aveva illuso non poco sulla possibilità di vedere un Peter Sagan costante fissa delle monumento (al massimo Roubaix esclusa).
La sua stagione è stata sì lunga, ma il sogno di riavere finalmente un campione da anni 70 era più che legittimo.
Così non è stato e il calo prestazionale verticale di domenica di Peter (e confermato ieri in qualche misura) ha rappresentato una profonda delusione delle tante attese.
Se poi si valuta il trend di Moreno Moser viene le sconforto.
Speriamo che si tratti solo di un ritardo nella preparazione, ma in verità ci credo poco.

il problema di Moser è diverso....non c'è nessun trend negativo, ha corso poco ed è andato quasi sempre piano tranne che alla strade bianche.
Sagan invece è andato sempre forte tranne che all'Amstel. Se non è stata una costante fissa lui :boh:
La può sbagliare una corsa?
Per me alla freccia è comunque stato tra i protagonisti, si è fidato troppo del "solito" Gilbert che se non è al massimo dal punto di vista fisico a livello tattico dimostra sempre di fare molta fatica.
Ultima modifica di Strong il giovedì 18 aprile 2013, 15:33, modificato 1 volta in totale.


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prof
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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l'Orso ha scritto:@Prof
Che dire di Cancellara allora? CHe è uno scansafatiche?
Che è un corridore che punta su due corse all'anno e che, in due corse all'anno, sembra o è un fenomeno. Senza voler alludere ad alunchè :boh:


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Strong ha scritto: Sagan invece è andato sempre forte tranne che all'Amstel. Se non è stata una costante fissa lui :boh:
La può sbagliare una corsa?
:clap: :clap: :clap:


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galliano
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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l'Orso ha scritto:@Prof
ormai i corridori son "costretti" a far benino anche a gennaio e febbraio.
Strade Bianche: per la durezza del percorso, per come viene preparata e interpretata a me pare proprio una corsa vera, al livello delle classiche (non le monumento ovviamente).

Che dire di Cancellara allora? CHe è uno scansafatiche?
Mah io non sono molto d'accordo.
Il percorso è scenografico e sicuramente impegnativo, ma, probabilmente per la collocazione nel calendario, non considero una vittoria alle SB così importante.
Harelbeke, Brabante, ecc. mi paiono decisamente su un altro gradino.

Su M.M.
credo che la cosa più preoccupante sia la sua mancata crescita rispetto allo scorso anno.
Come scrivevo già qualche settimana fa, non è cresciuto praticamente nulla rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre altri stanno mostrando costanti miglioramenti. Sembra addirittura peggiorato.
Io non mi aspettavo nulla da lui in questa campagna delle ardenne e mi pare quasi scontato che alla LBL non lo vedremo proprio.
Credo che non arriverà nemmeno in fondo. Felice di sbagliarmi
Il punto è capire se ha qualche problema di preparazione che lo condiziona (oppure fisico), come ipotizza TIC oppure se non ha proprio il motore per le corse più impegnative, in termini di percorso. Al campionato italiano l'anno scorso è arrivato terzo, ma non è che ci fossero tutti questi fenomeni a parte Nibali.

Io ho l'impressione che i suoi margini di crescita non siano enormi. Non lo vedo tagliato per le corse a tappe e per le classiche mi sembra adatto sopratutto a quelle con dislivello poco impegnativo.


noel
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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prof ha scritto:
l'Orso ha scritto:@Prof
Che dire di Cancellara allora? CHe è uno scansafatiche?
Che è un corridore che punta su due corse all'anno e che, in due corse all'anno, sembra o è un fenomeno. Senza voler alludere ad alunchè :boh:
Cancellara ha 32 anni, una carriera e un potere contrattuale di un certo tipo. Può permettersi di dire questa gara sì, questa no ecc.
Ma in passato ha sgomitato su tanti traguardi per essere ciò che è. Ci sta questa sua "sparizione" durante l'estate.
Ha vestito maglia gialla, amarillo...(quella rosa quest'anno ? forse il prossimo), mondiali a crono, giochi olimpici, classiche e tutto più di una volta. Ha vinto pure un Giro di Svizzera (con organizzatori troppo compiacenti), Il Tour, il Giro la LBL e il Lombardia sono off limits per lui..
Pesno che quest'anno salterà il Tour, forse il Giro e farà qualche tappa alla Vuelta, se sarà in palla x i mondiali sarà un brutto cliente...


noel
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da noel »

galliano ha scritto:
l'Orso ha scritto:@Prof
ormai i corridori son "costretti" a far benino anche a gennaio e febbraio.
Strade Bianche: per la durezza del percorso, per come viene preparata e interpretata a me pare proprio una corsa vera, al livello delle classiche (non le monumento ovviamente).

Che dire di Cancellara allora? CHe è uno scansafatiche?
Mah io non sono molto d'accordo.
Il percorso è scenografico e sicuramente impegnativo, ma, probabilmente per la collocazione nel calendario, non considero una vittoria alle SB così importante.
Harelbeke, Brabante, ecc. mi paiono decisamente su un altro gradino.

Su M.M.
credo che la cosa più preoccupante sia la sua mancata crescita rispetto allo scorso anno.
Come scrivevo già qualche settimana fa, non è cresciuto praticamente nulla rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre altri stanno mostrando costanti miglioramenti. Sembra addirittura peggiorato.
Io non mi aspettavo nulla da lui in questa campagna delle ardenne e mi pare quasi scontato che alla LBL non lo vedremo proprio.
Credo che non arriverà nemmeno in fondo. Felice di sbagliarmi
Il punto è capire se ha qualche problema di preparazione che lo condiziona (oppure fisico), come ipotizza TIC oppure se non ha proprio il motore per le corse più impegnative, in termini di percorso. Al campionato italiano l'anno scorso è arrivato terzo, ma non è che ci fossero tutti questi fenomeni a parte Nibali.

Io ho l'impressione che i suoi margini di crescita non siano enormi. Non lo vedo tagliato per le corse a tappe e per le classiche mi sembra adatto sopratutto a quelle con dislivello poco impegnativo.
Un altro Ulissi...


BenoixRoberti

Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Strong ha scritto: Sagan invece è andato sempre forte tranne che all'Amstel. Se non è stata una costante fissa lui
La può sbagliare una corsa?
Ragionando nella consuetudine odierna certamente sì. Siamo nel campo della ovvietà.
Nessuno si sogna di criticare (sempre che sia il termine adatto) Peter Sagan, bensì si esprime perplessità sulle scelte di preparazione che portano anche un fenomeno come lui e Cancellara a stare al top per un massimo di tre settimane di classiche, a prescindere da quanto fatto in precedenza che nella storia di questo sport ed ai fini economici e di contratto personale contano zero (meri punti world tour).
La delusione è sul metodo e sulle consuetudini (che si sperava di vedere cambiate) e non sui singoli.
Belluschi M. ha scritto:Si ma Sagan ha 23 anni. Ci si dimentica spesso di questo piccolissimo particolare.
Quando sarà nel pienissimo del suo potenziale a 27-28, potrà seriamente fare grande slam da Sanremo a Liegi.
Pur restando questo un mio auspicio, ho dei dubbi che possa verificarsi nello stesso anno, proprio per le intoccabili consuetudini.
Ad ogni modo mi accontenterei anche di un grande slam in un arco pluriennale. Sarebbe gran cosa.


Strong
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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perdonami ma sono un testone
perchè riferendoti a sagan parli di "rimanere al massimo per 3 settimane"
Sagan è al massimo da inizio stagione (febbraio, marzo ed aprile)
Arrivare 12° a 5" dal podio sul muro di huy vuol dire comunque andare forte


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BenoixRoberti

Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Perché la sua prestazione sulle pietre e alla Brabante soprattutto, non è in linea con Amstel e Freccia. Nelle due ultime ha avuto un calo.
Se poi ritieni che debba considerarsi comunque protagonista, ok per me può andare.


Strong
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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BenoixRoberti ha scritto:Perché la sua prestazione sulle pietre e alla Brabante soprattutto non è in linea con Amstel e Freccia.
non mi sembra ci sia nulla di anomalo...ci sono anche gli avversari


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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noel ha scritto:
... Ma in passato ha sgomitato su tanti traguardi per essere ciò che è. Ci sta questa sua "sparizione" durante l'estate.
Ha vestito maglia gialla, amarillo...(quella rosa quest'anno ? forse il prossimo), mondiali a crono, giochi olimpici, classiche e tutto più di una volta. Ha vinto pure un Giro di Svizzera (con organizzatori troppo compiacenti), Il Tour, il Giro la LBL e il Lombardia sono off limits per lui..
Non riesco ad impressionarmi: vince un prologo da 9 km ed indossa per qualche giorno la maglia gialla, magari pure con l'ausilio di una cronosquadre. Mondiale a crono ? Non lo guardo nemmeno quando c'è in tv, non gli ho mai dato troppo peso (certo, se fosse una crono di 120 km, forse ...). Io, per Cancellara, non stravedo, non è il tipo di corridore che mi attizzi e, con questo, massimo rispetto per chi lo apprezza. Insomma, amo un ciclismo diverso e credo che, continuando cosi', la vera crisi del ciclismo debba ancora venire.


Strong
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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prof ha scritto:
noel ha scritto:
... Ma in passato ha sgomitato su tanti traguardi per essere ciò che è. Ci sta questa sua "sparizione" durante l'estate.
Ha vestito maglia gialla, amarillo...(quella rosa quest'anno ? forse il prossimo), mondiali a crono, giochi olimpici, classiche e tutto più di una volta. Ha vinto pure un Giro di Svizzera (con organizzatori troppo compiacenti), Il Tour, il Giro la LBL e il Lombardia sono off limits per lui..
Non riesco ad impressionarmi: vince un prologo da 9 km ed indossa per qualche giorno la maglia gialla, magari pure con l'ausilio di una cronosquadre. Mondiale a crono ? Non lo guardo nemmeno quando c'è in tv, non gli ho mai dato troppo peso (certo, se fosse una crono di 120 km, forse ...). Io, per Cancellara, non stravedo, non è il tipo di corridore che mi attizzi e, con questo, massimo rispetto per chi lo apprezza. Insomma, amo un ciclismo diverso e credo che, continuando cosi', la vera crisi del ciclismo debba ancora venire.
vagonate di pessimismo e tristezza
dai sorridi un pò, in fondo stiamo parlando di sport :)
la natura stessa muta e si adatta non vedo perchè non si debbano accettare i cambiamenti


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prof
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da prof »

galliano ha scritto:
l'Orso ha scritto:@Prof
ormai i corridori son "costretti" a far benino anche a gennaio e febbraio.
Strade Bianche: per la durezza del percorso, per come viene preparata e interpretata a me pare proprio una corsa vera, al livello delle classiche (non le monumento ovviamente).

Che dire di Cancellara allora? CHe è uno scansafatiche?
Mah io non sono molto d'accordo.
Il percorso è scenografico e sicuramente impegnativo, ma, probabilmente per la collocazione nel calendario, non considero una vittoria alle SB così importante.
Harelbeke, Brabante, ecc. mi paiono decisamente su un altro gradino.
Sono d'accordo con te e cosi' rispondo pure all'amico Orso sulla SB.
Lo devo aver già detto da qualche parte: chi considera che correre su di una strada bianca sia duro quanto correre sul pavè, compie un errore di valutazione. La differenza è veramente tanta e penso di poter tranquillamente affermare che un tratto di pavè non è nemmeno alla lontana paragonabile ad un tratto di strada non asfaltata. Non so in quanti abbiano visto dal vivo un tratto di pavè della PR: dico solo che la tele non rende nemmeno lontanamente l'idea. Fare i 40 all'ora su un tratto di pavè della PR è roba da semifenomeni: fare i 40 all'ora su di una strada bianca è una cosa alla portata di chiunque sia allenato per fare quella velocità. Provare per credere.
Se poi non ricordo male, alle spalle dei 2 fuggitivi dell'ultima SB, all'inizio della salita finale, vi era infatti un gruppetto di 60/70 corridori: impensabile in una gara su pavè. La selezione è stata fatta dalle salitelle precedenti e non certo dal fondo stradale, forature a parte.


prof
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da prof »

Strong ha scritto: ...
vagonate di pessimismo e tristezza
dai sorridi un pò, in fondo stiamo parlando di sport :)
la natura stessa muta e si adatta non vedo perchè non si debbano accettare i cambiamenti
Cavoli, Strong, se è questa l'impressione che dò, allora hai pienamente ragione e me ne scuso con tutti.
In effetti sono molto frustrato da come è stato trattato il ciclismo: il risentimento nei confronti dei responsabili (tutti quanti identificabili perfettamente con nome e cognome) è molto forte ed a volte credo che trasmettere, o cercare di trasmettere ciò che ha sempre reso il ciclismo uno sport diverso dagli altri sia quasi un mio dovere o, in ogni caso, un dovere di chiunque lo abbia amato come me.
E' vero, anche il ciclismo cambia ma vedrai, ci saranno campioni che ti faranno tornare alla mente che quanto affermavo non era poi cosi' vano. Stavo per dire: ci saranno altri Coppi, altri Merckx, altri Pantani. No, non ci saranno mai piu' ma di certo ci saranno altri campionissimi con altre storie. Speriamo solo che non ce lo snaturino al punto da togliere quell'aura epica che ha sempre circondato il ciclismo e che lo ha, di fatto, reso diverso da tutti gli altri sport.
Io sono abbastanza, anzi, decisamente ottimista (fatte salve le paure di cui sopra) che altri campioni veri verranno: in fondo anche questa attesa è sempre stata parte dell'epica del ciclismo. Si è sempre guardato al passato evocando il futuro, inconsciamente evocando un'attesa; nell'era dei Balmamion si pensava che il ciclismo moderno non avrebbe mai piu' prodotto fenomeni alla Coppi. Erano cambiate le strade, erano cambiate le biciclette, erano cambiate le metodiche di allenamento e perciò mai piu' tutto avrebbe potuto essere come prima. Arrivò Merckx.
In fondo è anche questo essere poi, alla fine, sempre uguale a sè stesso che rende affascinante questo sport. Ecco, se c'è un dovere che noi tutti abbiamo è fare in modo che il ciclismo non venga scippato alla sua storia e sai perfettamente che cosa intendo.
Comunque grazie ancora per aver suonato questo campanello. :cincin: :)


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Abruzzese
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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BenoixRoberti ha scritto:
Se poi si valuta il trend di Moreno Moser viene le sconforto.
Speriamo che si tratti solo di un ritardo nella preparazione, ma in verità ci credo poco.
Per questo che qualche ora fa invitavo a non sminuire gente come Henao o Kwiatkowski e a fare confronti fantasiosi. Per il resto poi la questione è molto semplice: il cognome Moser inevitabilmente "tira" e sapendo anche quale sia la situazione del nostro movimento siamo alla disperata ricerca di quel corridore che ci renda veramente protagonisti sulle Ardenne e non solo, come ai tempi belli. Poi naturalmente la speranza è quella che certi ragazzi siano gestiti nella maniera migliore.


"L'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa. L'importante è ciò che provi mentre corri" (Giorgio Faletti in "Notte prima degli esami")

"qui c'è gente che è totalmente avulsa dalla realtà e nociva al forum"
BenoixRoberti

Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da BenoixRoberti »

prof ha scritto: In fondo è anche questo essere poi, alla fine, sempre uguale a sé stesso che rende affascinante questo sport. Ecco, se c'è un dovere che noi tutti abbiamo è fare in modo che il ciclismo non venga scippato alla sua storia e sai perfettamente che cosa intendo.
Che altro dire?
Il problema è che capire il senso profondo di questa frase richiede la conoscenza della storia e alla fortunata mancanza di requisiti anagrafici (inversi a quelli dello sport) non si può porre rimedio, se non ascoltando (leggendo) con viva curiosità chi il requisito l'ha maturato.
Grosso errore confondere la naturale inevitabile nostalgia con la tristezza, anche perché resterebbe solo la noia della rigida attualità e delle effimere celebrazioni.
Il senso della storia nel ciclismo è un processo inevitabile e, per me, è forse la principale ragione della nascita e della prosecuzione della malattia ciclofila.
Abruzzese ha scritto:[Per questo che qualche ora fa invitavo a non sminuire gente come Henao o Kwiatkowski e a fare confronti fantasiosi.
Michal mi sta piacendo parecchio come ho scritto ieri e dopo Moser (per ragioni varie, tifo nazionale e punti WT e curiosità) è colui su cui ripongo il maggiore interesse. Sono alla ricerca di personaggi polivalenti capaci di rompere la dittatura della specializzazione.
Da Henao (e dai colombiani) stiamo finalmente avendo una conferma su vasta scala. Il sudamerica è pronto per la vera globalizzazione.


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Niи
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da Niи »

Cmq, si può discutere sullo stato di forma più o meno duraturo (per me lunghissimo) di Sagan, ma non sul fatto che sia un corridore stupido o che non sappia gestirsi. Poi, secondo me, visto che spesso è schietto quando parla, perché non credere davvero come ha detto lui che ha pagato il caldo improvviso dall'amstel in poi? Alla fine si è passato dalle corse con 0° e calzamaglia a una con 20°. I primi caldi giocano brutti scherzi.


meriadoc
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da meriadoc »

Prof sarebbe rimasto sorpreso dalle prestazioni di sagan a sanremo e fiandre, quando tutto l'universo mondo, avversari compresi, lo dava tra i grandi favoriti, forse secondo al solo cancellara al fiandre, in due monumento dove già l'anno scorso, a 22 anni, fece quarto e quinto.
peraltro cancellara definito un corridore che fa o sembra un fenomeno due corse all'anno, quando è il corridore col palmares migliore all sanremo negli ultimi anni, disputa quasi ogni anno due grandi tour, e lotta tra i primissimi in gare durissime come i mondiali di mendrisio o le olimpiadi di pechino (lui, che pesa più di 80 kg), è una roba che fa male al cuore e che mi obbliga a interrompere il mio esilio volontario. qualcuno che ha cuore questo forum dovrebbe sottolinearle certe cose, suvvia
a volte penso che sono stato fortunato a non vedere gli anni 70, se si finisce col non poter godere nemmeno dei (pochi) fenomeni indiscutibili che il ciclismo offre quest'oggi, se il riferimento deve essere continuamente a periodi in cui, per ragioni varie, si poteva correre e vincere tutto l'anno e in tutte le gare, periodi che, evidentemente, sono finiti per sempre


Kruijswijk... il resto è noia

"Siamo in gennaio, siamo in Australia ma per me questo e' il successore di Froome nell'albo d'oro della grand boucle.."
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da mdm52 »

meriadoc ha scritto: a volte penso che sono stato fortunato a non vedere gli anni 70, se si finisce col non poter godere nemmeno dei (pochi) fenomeni indiscutibili che il ciclismo offre quest'oggi, se il riferimento deve essere continuamente a periodi in cui, per ragioni varie, si poteva correre e vincere tutto l'anno e in tutte le gare, periodi che, evidentemente, sono finiti per sempre
pensa a come si può sentire uno che si ricorda del ciclismo degli anni '60 :(


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Niи
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da Niи »

meriadoc ha scritto:cut
Mi piace quello che hai scritto. Ho avuto la stessa reazione. (senza nulla togliere del rispetto verso "prof." che ho sempre letto con passione da quando seguo il forum).
Io ho la sensazione, infatti che tutto lo sport professionistico, con la globalizzazione (tecniche di allenamento, alimentazione, talent scout, strutture, fruibili quasi ovunque..) abbia fatto un salto di qualità medio, che impedisce la dominazione totale dell'atleta più forte, in quanto il livello è talmente alto, che a volte le differenze la fanno piccoli imprevisti o casi favorevoli o giochi di squadra. Sarebbe infatti interessante analizzare come le squadre abbiano stravolto il modo di correre. Oggi come oggi infatti tentare un azione da lontano (più di 40-50km parigi roubaix esclusa forse) per uno dei favoriti è considerata più un azione suicida che lungimirante. E nel caso andasse a termine, sarebbe più da imputare ad un errata valutazione delle squadre. Con questo non voglio dire che Merckx sia da screditare, per carità, ma se fosse nato oggi ho i miei dubbi che potrebbe esser competitivo per vincere tutto da gennaio ad ottobre. E non deve essere una colpa per un ciclista trovarsi a gareggiare nel nuovo millennio piuttosto che nel ventennio del dopoguerra. Per i canoni odierni, Sagan a 23 anni è un fenomeno secondo a nessuno.
Avere 20 anni e presentarsi così.


meriadoc
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da meriadoc »

basta vedere i distacchi che si facevano in passato nelle stesse condizioni
oggi, se hai una squadra costruita per il pavè, come tutte quelle di Lefevere in sostanza, anche in assenza di boonen, ti ritrovi a far scattare a turno uno dei quattro, tra vandenbergh, stybar, chavanel o terpstra, lasciando gli altri a marcare, e devi costringere anche uno dei più forti di sempre, cole Cancellara, a fare gli straordinari per vincere una corsa, dove è comunque chiaramente il più forte


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da eliacodogno »

meriadoc ha scritto:e che mi obbliga a interrompere il mio esilio volontario.
OT
come mai sei in esilio?


Se il tuo modo di lavorare è questo qui, compragli un casco a Sgarbozza e fallo fare a lui il Giro, perché io non lo faccio più (P.S.)

'Idea del Forum' per me non vuol dire assolutamente niente. (H.F.)
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da Strong »

fortunatamente non sono l'unico che nota certe cose
sagan...
cancellara...

ma è uno scherzo?

cencellara è uno che corre da febbraio a fine settembre, facendo almeno due GT (è capitato che gli abbia fatti anche tutti e tre), corre almeno due corse a tappe come tirreno e svizzera, è protagonista nei mesi di marzo ed aprile e riesce ad essere competitivo, ovviamente per quelle che sono le sue caratteristiche, per tutto l'arco della stagione.
Penso sia proprio l'esempio sbagliato.
Che sagan possa fare fatica a livello tattico ci può anche stare ma è molto giovane, pure io non lo vedo fatto e finito però dai....


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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BenoixRoberti ha scritto:
prof ha scritto: In fondo è anche questo essere poi, alla fine, sempre uguale a sé stesso che rende affascinante questo sport. Ecco, se c'è un dovere che noi tutti abbiamo è fare in modo che il ciclismo non venga scippato alla sua storia e sai perfettamente che cosa intendo.
Che altro dire?
Il problema è che capire il senso profondo di questa frase richiede la conoscenza della storia e alla fortunata mancanza di requisiti anagrafici (inversi a quelli dello sport) non si può porre rimedio, se non ascoltando (leggendo) con viva curiosità chi il requisito l'ha maturato.
Grosso errore confondere la naturale inevitabile nostalgia con la tristezza, anche perché resterebbe solo la noia della rigida attualità e delle effimere celebrazioni.
Il senso della storia nel ciclismo è un processo inevitabile e, per me, è forse la principale ragione della nascita e della prosecuzione della malattia ciclofila.
Ieri guardavo radiocorsa e nell'amarcord mi sono gustato l'ennesima pillola su eddy.
Quel ciclismo non l'ho vissuto, è vero, e forse per questo non avrei diritto di proferire parola ma sentire che ad una liegi o alla pa-ru il secondo ed il terzo arrivano ad oltre 6 minuti di distacco mi ha fatto pensare che se accadesse ora smetterei di guardare la tappa o la classica a 10/20km dall'arrivo.

Tu che hai vissuto le dinamiche del passatao e vivi quelle attuali, cosa pensi di questa riflessione?


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tetzuo
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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meriadoc ha scritto:il mio esilio volontario.
imho sarebbe il caso di fare marcia indietro :evil:


BenoixRoberti

Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da BenoixRoberti »

Strong ha scritto:Ieri guardavo radiocorsa e nell'amarcord mi sono gustato l'ennesima pillola su eddy.
Quel ciclismo non l'ho vissuto, è vero, e forse per questo non avrei diritto di proferire parola ma sentire che ad una liegi o alla pa-ru il secondo ed il terzo arrivano ad oltre 6 minuti di distacco mi ha fatto pensare che se accadesse ora smetterei di guardare la tappa o la classica a 10/20km dall'arrivo.
Tu che hai vissuto le dinamiche del passato e vivi quelle attuali, cosa pensi di questa riflessione?
Ben detto, vivere il passato e vivere il presente. Questa è "la sintesi" necessaria.
Premetto: sono due luoghi comuni sia quello del ciclismo anni 10 dei fighetta, sia quello dei campioni che vincevano senza avversari degli anni 70 del secolo scorso.
Sono entrambe visioni superficiali e monoscopiche.

Il ragionamento di Prof, ricercatamente critico ma non monoscopico e passatista, era mirato e costruito solo sull'analisi sportiva e non sul contorno costituito dallo spettacolo per gli spettatori in loco e men che meno su quello televisivo. Era una opinione, personale, sui valori sportivi.
Il prodotto televisivo allora era ancora in pratica radiofonico con l'aggiunta di immagini sfocate.
Se dobbiamo considerare questo aspetto, le valutazioni cambiano per forza.
Per sincerità debbo dirti che lo spettacolo televisivo ha nella mia memoria del periodo infantile il colore grigio dello schermo di allora. Il colore veniva piano piano aggiunto nei giorni successivi dalla lettura (ascoltata, da mio padre nel mio caso) e poi dalla rilettura della Gazzetta dello Sport e soprattutto successivamente dalla lettura sfogliata e risfogliata di magazine come la Domenica del Corriere e dopo di Ciclismo Illustrato e altri (BS è dell'inizio anni 80).
E' naturale che il mito di quegli anni si costruiva e rafforzava anche sul proprio lavoro di immaginazione e di auto-fascinazione. E spesso il lavoro di auto-fascinazione era condiviso e collettivo, ovvero il lato bello del "bar sport".
La memoria era più narrativa che visiva e c'era pure lo spazio (tanto) per la libertà narrativa.
Lo spettacolo allora veniva costruito sulla narrazione, oggi sulle immagini ed anche sui tempi televisivi.
Lo spazio narrativo non è più quello di allora, ha meno libertà ma sono aumentate le narrazioni. E' evidente che le "palle" leggendarie di un Beppe Conti oggi trovino anche reazioni ilari, ma è d'altro canto innegabile che una larga parte della platea ciclofila è comunque relativamente disposta ad ascoltare quelle "palle" e ad accettarle con voluta indulgenza.
Di converso, i nuovi media consentono una vera e propria vivisezione dell'evento ed una proliferazione dei racconti, la maggior parte dei quali è autoprodotta dagli appassionati.
Quindi l'auto-fascinazione che allora si costruiva e restava limitata alla memoria dei singoli o dei piccoli social network reali (famiglia, bar sport), oggi si estende ad una rete di rapporti mondiale e si sorride al fatto che a questa rete partecipino pure i colombiani, i venezuelani, i giapponesi, i cinesi, i turchi e così via, che allora non potevano assistere alle monumento.

Allora c'era lo spazio solo per un Eddy Merckx (inteso come il vincitore) e poco più, adesso possiamo vivere quasi in tempo reale (e senza attendere giorni) la storia di un Tom Stamsnijder che arriva a Roubaix quasi con il solo cerchio.
Oggi anche un bimbo può nell'arco di pochi minuti farsi decine di estratti video ed individuare blooper tattici o curiosità e diffonderle in rete con la stessa dignità di una firma prestigiosa.
Allora non si poteva e per soddisfare l'interesse ci si affidava a chi era sul posto, che poi magari riferiva a sua volta notizie subodorate.
Ricordo che il videoregistratore fece la sua comparsa massiva dopo la fine della carriera di Eddy Merckx, giusto per inquadrare.

Che Prof utilizzi tinte forti e sia insofferente al pastello non v'è dubbio, ma nelle sue parole c'è un patrimonio di osservazione che non può essere ridimensionato in una sterile critica anagrafica e men che meno può essere una occasione per una sorta di "conflitto sportivo-generazionale".
Mi spiace per quello che ha scritto Meriadoc, ma se debbo essere tagliente come lui, dico che lo aspetto al varco (con molta pazienza decennale ovviamente :-)) quando sarà lui a celebrare i campioni degli anni 2000 irrigidendosi criticamente nei confronti dei campioni degli anni 30 di questo secolo, perché conoscendolo avverrà.
Il mio suggerimento è quello di fare invece tesoro del "colore" che c'è nelle parole di Prof e di reprimere istinti censori di mera chiusura, che finiscono poi per togliere valore anche alle rispettabili opinioni di Meriadoc.
In tal modo sorge naturale il dubbio che uno richieda la censura quando non ha la forza intellettuale e la convinzione personale nelle proprie idee ed argomentazioi rifiutando il dialogo, anche serrato. Quindi è un errore metodologico.

Nessuno può negare che il ciclismo, uno degli sport con più storia, anzi Storia, abbia bisogno, si costruisca e si nutra di storia e continuità storica. Una volta (anni 90) lo vivevo anch'io come un esercizio sterile, ma dopo i 40 anni (con 35 anni di passione e conoscenza storica) appare evidente il filo logico e la forza di questo inevitabile processo.
E questo non avviene solo nel vissuto degli appassionati. Ho assistito ad una piacevole conversazione tra Bugno ed un "vecchio" che anni prima lo aveva criticato per la sua abulìa competitiva e vedendo il Gianni Bugno dare ragione a questi scherzandoci sopra si aveva la misura della forza intergenerazionale di questo sport. E se questo sport, ancora una volta, ripartirà sarà solo grazie a questo grande patrimonio culturale consolidato in oltre un secolo di incredibile Storia.
Pertanto se è innegabile che oggi lo spettacolo televisivo è di gran lunga migliorato e la fruizione mediatica è esponenzialmente più composita e globalizzata, è anche vero che il valore sportivo globale di quel ciclismo anni 70 non era inferiore geograficamente a quello odierno ed il valore sportivo, lo si voglia o no, era assoluto. La bellezza di quel ciclismo era data in primis dalla polivalenza degli attori di allora (protagonisti dalle pietre alle cotes) ed è legittimo ed umano (anche sul piano della performance sportiva) ambire ad avere anche oggi dei campioni polivalenti.
Siccome la maggior parte degli appassionati pensano che Peter Sagan (e dietro lui anche altri si spera) possa e debba essere protagonista in tutte le monumento, mentre la maggior parte dei tecnici non vuole perseguire questa strada, è legittimo ed anzi auspicabile il forte riferimento agli anni 70 per rivedere, ma soprattutto rivivere (per chi è over 40) quelle antiche emozioni. Non è solo amore e nostalgia del passato, è passione per il ciclismo odierno, perché saranno cambiate le bici, le riprese televisive ed i media interessati, ma le bici ed i pedali vanno calcati oggi esattamente come allora.
Ora spero nella pax generazionale e nella condivisione intergenerazionale anche qua. Meno testosterone e più neurone. :cincin:


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Ho depurato la conversazione da alcuni eccessi e alcune inutilità (in cui vi prego di non ricadere).

Troppo facile, a 20 anni, liquidare con un "cazzate" quel che dice una persona navigata.
Se si è intelligenti e soprattutto umili, si cerca invece di capire il senso profondo di un discorso che va ben oltre la critica a Sagan (che io, così come - leggo - Benoix, così come altri, non ho proprio percepito nelle parole di prof) e investe il senso intero di uno sport.

Il discorso di prof è di una lucidità stringente: se in condizioni tecniche molto peggiori rispetto ad oggi, 40 anni fa (per non andare più indietro) c'erano corridori in grado di primeggiare (o lottare per farlo) in tutte le corse in linea importanti di una stagione, e oggi invece tendiamo a mitizzare corridori che se vincono Fiandre e Roubaix poi pochi giorni dopo non fanno Amstel e Liegi (indipendentemente se siano partiti a gennaio, febbraio o marzo, con la loro stagione), vogliamo un po' mettere in discussione il contesto attuale del ciclismo?

Io amo Cancellara, ma non ho vissuto De Vlaeminck (giusto per precisare che non parliamo solo di Merckx), per me Fabian è un idolo di oggi, ma se avessi vissuto De Vlaeminck certamente contestualizzerei in maniera diversa l'elvetico. È semplicemente quello che fa prof, cogliere dalle sue parole solo una critica a Cancellara equivale a sminuire parecchio la portata del suo discorso.

Perché poi tra l'altro il ciclismo storico - quello che è finito con l'inizio della globalizzazione targata UCI, per dare una coordinata temporale diciamo quello 1890-1990 - aveva dinamiche diverse sì, ma possiamo dire in un certo senso migliori? Ad esempio, le perle di sport che ci regala Bulbarelli sono sempre sorprendenti per il pubblico che si scorge in corse di secondo piano che oggi si trascinano malinconiche e ignorate dai più. (Dice: ma oggi il ciclismo ha scoperto nuovi mercati, d'accordo; ma più mercati che pubblici, purtroppo, e quei pubblici nuovi devono sopravvivere alla prova del tempo, non vale appassionarsi alla follia al ciclismo per 5 anni e poi cambiare hobby perché Wiggo ha smesso di correre).
Il discorso sulla qualità assoluta (fisicamente parlando) di chi si accostava al ciclismo fino a 30 anni fa rispetto a quelli che lo fanno oggi, vecchio cavallo di battaglia di Morris, non è mai stato smentito né può esserlo.


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Admin ha scritto:Se si è intelligenti e soprattutto umili ...
Le due cose, secondo me, sono incompatibili. :grr: :bll:


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Va bene, intelligenti e modesti :D :pomodoro:

Anzi no, volevo proprio dire umili nel senso comune del termine. Non possiamo farci condizionare in questo modo dall'etimo di una parola, se no finisce che per aver usato il termine "cricca" uno viene condannato per diffamazione... è invece importante il contesto dell'utilizzo e il significato comunemente accettato di un termine.

Ps: pensate a Cicloweb con intensità mercoledì 24, abbiamo bisogno di sostegno morale. :D


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Admin ha scritto:Ps: pensate a Cicloweb con intensità mercoledì 24, abbiamo bisogno di sostegno morale. :D
Ti ho nel cuore in modo particolare. :cincin:


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Admin ha scritto: Non possiamo farci condizionare in questo modo dall'etimo di una parola, se no finisce che per aver usato il termine "cricca" uno viene condannato per diffamazione...
Mah, non credo che come etimo, cricca sia offensivo; tutt'altro; vedi http://www.etimo.it/?term=cricca


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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Admin ha scritto: Io amo Cancellara, ma non ho vissuto De Vlaeminck (giusto per precisare che non parliamo solo di Merckx), per me Fabian è un idolo di oggi, ma se avessi vissuto De Vlaeminck certamente contestualizzerei in maniera diversa l'elvetico. È semplicemente quello che fa prof, cogliere dalle sue parole solo una critica a Cancellara equivale a sminuire parecchio la portata del suo discorso.
per contro, non ricordo chi, scrisse su questo forum che in passato era forse più facile primeggiare durante tutto l'arco della stagione perchè i "professionisti" erano pochi.
Ora invece viviamo un periodo sportivo in cui anche il più "sfigato" ha a disposizione tabelle di allenamento, diete personalizzate e supporto tecnico all'avanguardia.

La contestualizzazione ci deve essere anche in senso inverso altrimenti si rischia di scadere nei luoghi comuni con frasi che iniziano con "una volta però...."


i fondamentalisti del ciclismo e gli ultras dei ciclisti sono il male di questo sport.
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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BenoixRoberti ha scritto:
Strong ha scritto:Ieri guardavo radiocorsa e nell'amarcord mi sono gustato l'ennesima pillola su eddy.
Quel ciclismo non l'ho vissuto, è vero, e forse per questo non avrei diritto di proferire parola ma sentire che ad una liegi o alla pa-ru il secondo ed il terzo arrivano ad oltre 6 minuti di distacco mi ha fatto pensare che se accadesse ora smetterei di guardare la tappa o la classica a 10/20km dall'arrivo.
Tu che hai vissuto le dinamiche del passato e vivi quelle attuali, cosa pensi di questa riflessione?
Ben detto, vivere il passato e vivere il presente. Questa è "la sintesi" necessaria.
Premetto: sono due luoghi comuni sia quello del ciclismo anni 10 dei fighetta, sia quello dei campioni che vincevano senza avversari degli anni 70 del secolo scorso.
Sono entrambe visioni superficiali e monoscopiche.

Il ragionamento di Prof, ricercatamente critico ma non monoscopico e passatista, era mirato e costruito solo sull'analisi sportiva e non sul contorno costituito dallo spettacolo per gli spettatori in loco e men che meno su quello televisivo. Era una opinione, personale, sui valori sportivi.
Il prodotto televisivo allora era ancora in pratica radiofonico con l'aggiunta di immagini sfocate.
Se dobbiamo considerare questo aspetto, le valutazioni cambiano per forza.
Per sincerità debbo dirti che lo spettacolo televisivo ha nella mia memoria del periodo infantile il colore grigio dello schermo di allora. Il colore veniva piano piano aggiunto nei giorni successivi dalla lettura (ascoltata, da mio padre nel mio caso) e poi dalla rilettura della Gazzetta dello Sport e soprattutto successivamente dalla lettura sfogliata e risfogliata di magazine come la Domenica del Corriere e dopo di Ciclismo Illustrato e altri (BS è dell'inizio anni 80).
E' naturale che il mito di quegli anni si costruiva e rafforzava anche sul proprio lavoro di immaginazione e di auto-fascinazione. E spesso il lavoro di auto-fascinazione era condiviso e collettivo, ovvero il lato bello del "bar sport".
La memoria era più narrativa che visiva e c'era pure lo spazio (tanto) per la libertà narrativa.
Lo spettacolo allora veniva costruito sulla narrazione, oggi sulle immagini ed anche sui tempi televisivi.
Lo spazio narrativo non è più quello di allora, ha meno libertà ma sono aumentate le narrazioni. E' evidente che le "palle" leggendarie di un Beppe Conti oggi trovino anche reazioni ilari, ma è d'altro canto innegabile che una larga parte della platea ciclofila è comunque relativamente disposta ad ascoltare quelle "palle" e ad accettarle con voluta indulgenza.
Di converso, i nuovi media consentono una vera e propria vivisezione dell'evento ed una proliferazione dei racconti, la maggior parte dei quali è autoprodotta dagli appassionati.
Quindi l'auto-fascinazione che allora si costruiva e restava limitata alla memoria dei singoli o dei piccoli social network reali (famiglia, bar sport), oggi si estende ad una rete di rapporti mondiale e si sorride al fatto che a questa rete partecipino pure i colombiani, i venezuelani, i giapponesi, i cinesi, i turchi e così via, che allora non potevano assistere alle monumento.

Allora c'era lo spazio solo per un Eddy Merckx (inteso come il vincitore) e poco più, adesso possiamo vivere quasi in tempo reale (e senza attendere giorni) la storia di un Tom Stamsnijder che arriva a Roubaix quasi con il solo cerchio.
Oggi anche un bimbo può nell'arco di pochi minuti farsi decine di estratti video ed individuare blooper tattici o curiosità e diffonderle in rete con la stessa dignità di una firma prestigiosa.
Allora non si poteva e per soddisfare l'interesse ci si affidava a chi era sul posto, che poi magari riferiva a sua volta notizie subodorate.
Ricordo che il videoregistratore fece la sua comparsa massiva dopo la fine della carriera di Eddy Merckx, giusto per inquadrare.

Che Prof utilizzi tinte forti e sia insofferente al pastello non v'è dubbio, ma nelle sue parole c'è un patrimonio di osservazione che non può essere ridimensionato in una sterile critica anagrafica e men che meno può essere una occasione per una sorta di "conflitto sportivo-generazionale".
Mi spiace per quello che ha scritto Meriadoc, ma se debbo essere tagliente come lui, dico che lo aspetto al varco (con molta pazienza decennale ovviamente :-)) quando sarà lui a celebrare i campioni degli anni 2000 irrigidendosi criticamente nei confronti dei campioni degli anni 30 di questo secolo, perché conoscendolo avverrà.
Il mio suggerimento è quello di fare invece tesoro del "colore" che c'è nelle parole di Prof e di reprimere istinti censori di mera chiusura, che finiscono poi per togliere valore anche alle rispettabili opinioni di Meriadoc.
In tal modo sorge naturale il dubbio che uno richieda la censura quando non ha la forza intellettuale e la convinzione personale nelle proprie idee ed argomentazioi rifiutando il dialogo, anche serrato. Quindi è un errore metodologico.

Nessuno può negare che il ciclismo, uno degli sport con più storia, anzi Storia, abbia bisogno, si costruisca e si nutra di storia e continuità storica. Una volta (anni 90) lo vivevo anch'io come un esercizio sterile, ma dopo i 40 anni (con 35 anni di passione e conoscenza storica) appare evidente il filo logico e la forza di questo inevitabile processo.
E questo non avviene solo nel vissuto degli appassionati. Ho assistito ad una piacevole conversazione tra Bugno ed un "vecchio" che anni prima lo aveva criticato per la sua abulìa competitiva e vedendo il Gianni Bugno dare ragione a questi scherzandoci sopra si aveva la misura della forza intergenerazionale di questo sport. E se questo sport, ancora una volta, ripartirà sarà solo grazie a questo grande patrimonio culturale consolidato in oltre un secolo di incredibile Storia.
Pertanto se è innegabile che oggi lo spettacolo televisivo è di gran lunga migliorato e la fruizione mediatica è esponenzialmente più composita e globalizzata, è anche vero che il valore sportivo globale di quel ciclismo anni 70 non era inferiore geograficamente a quello odierno ed il valore sportivo, lo si voglia o no, era assoluto. La bellezza di quel ciclismo era data in primis dalla polivalenza degli attori di allora (protagonisti dalle pietre alle cotes) ed è legittimo ed umano (anche sul piano della performance sportiva) ambire ad avere anche oggi dei campioni polivalenti.
Siccome la maggior parte degli appassionati pensano che Peter Sagan (e dietro lui anche altri si spera) possa e debba essere protagonista in tutte le monumento, mentre la maggior parte dei tecnici non vuole perseguire questa strada, è legittimo ed anzi auspicabile il forte riferimento agli anni 70 per rivedere, ma soprattutto rivivere (per chi è over 40) quelle antiche emozioni. Non è solo amore e nostalgia del passato, è passione per il ciclismo odierno, perché saranno cambiate le bici, le riprese televisive ed i media interessati, ma le bici ed i pedali vanno calcati oggi esattamente come allora.
Ora spero nella pax generazionale e nella condivisione intergenerazionale anche qua. Meno testosterone e più neurone. :cincin:
:clap: :clap: :clap:
A quei tempi magari si leggeva solo il resoconto della gara sul giornale del mattino che grandi firme come Mura o Buzzatti che aggiungevano un alone epico di mito nel quale i corridori divenivano I giganti della strada.Le loro imprese andavano oltre i limiti umani e i confini sportivi,la loro fama correva ovunque, il campione diventava eroe e le sue gesta diventavano leggenda. Oggi siamo lontani da quel romanticismo quindi capisco la nostalgia di prof anche se ho 27anni: si può provar nostalgia per qualcosa mai vissuto?


Mondiale 2019: 1 matteo.conz 53 :champion:
Svalorizzando gli altri non ti rendi superiore.
C'è sempre una soluzione semplice ad un problema complesso. Ed è quella sbagliata. A. Einstein
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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

Messaggio da leggere da prof »

Admin ha scritto:Ho depurato la conversazione da alcuni eccessi e alcune inutilità (in cui vi prego di non ricadere).

Troppo facile, a 20 anni, liquidare con un "cazzate" quel che dice una persona navigata.
Se si è intelligenti e soprattutto umili, si cerca invece di capire il senso profondo di un discorso che va ben oltre la critica a Sagan (che io, così come - leggo - Benoix, così come altri, non ho proprio percepito nelle parole di prof) e investe il senso intero di uno sport.

Il discorso di prof è di una lucidità stringente: se in condizioni tecniche molto peggiori rispetto ad oggi, 40 anni fa (per non andare più indietro) c'erano corridori in grado di primeggiare (o lottare per farlo) in tutte le corse in linea importanti di una stagione, e oggi invece tendiamo a mitizzare corridori che se vincono Fiandre e Roubaix poi pochi giorni dopo non fanno Amstel e Liegi (indipendentemente se siano partiti a gennaio, febbraio o marzo, con la loro stagione), vogliamo un po' mettere in discussione il contesto attuale del ciclismo?

Io amo Cancellara, ma non ho vissuto De Vlaeminck (giusto per precisare che non parliamo solo di Merckx), per me Fabian è un idolo di oggi, ma se avessi vissuto De Vlaeminck certamente contestualizzerei in maniera diversa l'elvetico. È semplicemente quello che fa prof, cogliere dalle sue parole solo una critica a Cancellara equivale a sminuire parecchio la portata del suo discorso.



Perché poi tra l'altro il ciclismo storico - quello che è finito con l'inizio della globalizzazione targata UCI, per dare una coordinata temporale diciamo quello 1890-1990 - aveva dinamiche diverse sì, ma possiamo dire in un certo senso migliori? Ad esempio, le perle di sport che ci regala Bulbarelli sono sempre sorprendenti per il pubblico che si scorge in corse di secondo piano che oggi si trascinano malinconiche e ignorate dai più. (Dice: ma oggi il ciclismo ha scoperto nuovi mercati, d'accordo; ma più mercati che pubblici, purtroppo, e quei pubblici nuovi devono sopravvivere alla prova del tempo, non vale appassionarsi alla follia al ciclismo per 5 anni e poi cambiare hobby perché Wiggo ha smesso di correre).
Il discorso sulla qualità assoluta (fisicamente parlando) di chi si accostava al ciclismo fino a 30 anni fa rispetto a quelli che lo fanno oggi, vecchio cavallo di battaglia di Morris, non è mai stato smentito né può esserlo.
Ringrazio te e l'amico Roberti per imporre un sano ritorno all'intelligenza delle argomentazioni a dispetto di chi vuole buttarla in caciara sollevando un conflitto tra generazioni.
Mi accorgo, molto spesso direi, che dopo tanti anni passati qui sopra, tanti nomi mi sono diventati piu' che famigliari e, soprattutto, comincio a sentire anche il repiro di alcuni di loro, al di là del semplice nickname. Siamo, lo si voglia o no, una comunità e provo dispiacere per non sentire piu' tante delle voci che ci hanno tenuto compagnia in passato.

Il ciclismo ha 100 anni, è stupido pretendere di prescindere dalla sua storia: non è esistito solo Merckx, dopo l'epoca di Bartali e Coppi. Abbiamo visto Hinault ed abbiamo avuto la fortuna di vedere pure Pantani.
Pantani avrebbe potuto vincere qualunque gara: avrebbe potuto vincere la Sanremo se solo fosse partito sul Poggio anzichè sulla Cipressa. Aveva cuore, testa e gambe per primeggiare pure tra Fiandre, LBL e Lombardia: sfortunatamente per lui è apparso sulla scena già in epoca di guru della preparazione e, com'è noto, non ha mai avuto aquile al suo fianco (anzi, su questo capitolo meglio è stendere un pietosissimo velo).

Le cose che riporti di Morris ho avuto il piacere di condividerle con lui e di trovarmi in piena sintonia. Si dice (riferisce Strong) che un tempo le corse erano piu' facili perchè vi erano meno professionisti. Ai Giri non ne partivano piu' di 120 ed era un numero limitato ad hoc (i pro erano in tutto un paio di centinaia). Chi lo dice, però, omette di precisare che la selezione avveniva a monte ed era, confrontata all'odierno, un'autentica falcidie.
La base da cui si selezionava era enormemente piu' nutrita di quella odierna: in tutta l'Italia ciclistica, che finiva piu' o meno nel Lazio, si correvano decine e decine di gare dilettantistiche di ottimo livello ogni settimana, che vedevano la partecipazione di 80/100 corridori ognuna, a dire poco. Chi passava professionista era perchè usciva da una selezione veramente micidiale: nulla di paragonabile con quanto avviene oggi. Guardando a certi professionisti, francamente, provo anche un po' di imbarazzo e mi chiedo chi li ha fatti passare.

Comunque, vi ringrazio ancora e a te, Marco, un caloroso in bocca al lupo per la scadenza vicina: inutile dire che tutto il forum è con te. :gruppo:


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Re: La Flèche Wallonne (17 aprile 2013)

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scusate l'ot visto che ne avete accennato, se se ne può parlare...cosa succede il 24?


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