Felice ha scritto:Caro Marco,
Ho letto il tuo articolo in home page "Quintana, l'impresa é pulita" e ho letto anche il precedente, "Caso safety moto, stiamo con Vegni". Se posso capire la tua accorata difesa dell'impresa di Quintana (che mi guardo bene dal mettere in dubbio o dallo sminuire), mi stupisce molto di più quel tuo stare con Vegni. A me quest'idea delle safety moto pare un grandissimo e gravissimo errore dell'organizzazione della corsa. La tua tesi é: colpa dei direttori sportivi che hanno capito male. Ma abbi pazienza: come volevi che potesse venire interpretata quest'idea delle safety moto se non come una neutrlizzazione della discesa?? Se no, dimmi tu cosa ce le metti a fare queste moto sul percorso. Forse per vedere se i corridori, oltre a non cadere su un percorso già difficile, riescono pure a schivare le moto in mezzo alla strada? Cosa vuol dire starsene lì con la bandiera rossa alzata se poi chi ti sta dietro se pensa che tu stia andando troppo piano ti sorpassa? Allora tienila giù sta bandiera e pace. Che commenti faremmo ora se uno di quelli che stavano dietro, vista la mala parata, avesse rotto gli indugi, si fosse lanciato a razzo per recuperare e facendo questo fosse finito fuori strada? Insomma, mi sembra che ci fossero due strade. Una era dire: la discesa é troppo pericolosa, la neutrlizzaziamo, ognuno scende con prudenza per conto suo, raggruppamento generale in basso e si ricomincia. L'altra era: sono corridori professionisti, prendere dei rischi fa parte del loro mestiere. Ognuno di loro ha sufficiente esperienza per valutare quale rischi prendere e quali no. Se qualcuno, più ardimentoso degli altri riesce a trarre vantaggio dalla difficli condizioni climatiche, tanto meglio per lui. In questo caso, si lascie correre e non ci si immischia. Ma questa via di mezzo, per di più espressa in modo non chiaro, non può che essere condannabile.
Ora non resta che sperare, per il bene del Giro, che Quintana confermi nelle prossime tappe la sua superiorità, in modo da tagliare corto a eventuali recriminazioni.
Caro Felice
l'errore dell'organizzazione è lapalissiano, ma merita a mio avviso tutte le attenuanti del caso, vista la difficoltà oggettiva della situazione, il grande clamore intorno a questo benedetto maltempo, il rischio (scongiurato) che la stessa tappa saltasse per il secondo anno consecutivo e un clima non certo benevolo intorno a RCS Sport dopo i problemi precedenti (Bari, Montecassino, ecc).
A questo aggiungo pure una mia speculazione: malgrado quello che si dice ufficialmente in casa RCS Sport (e cioè che il Giro è un asset positivo, che non sarà venduto, che è uno dei "gioielli di famiglia"), la crisi dell'azienda madre non può non far sentire le sue ricadute sulle varie società del gruppo. In un tale contesto, al Giro tutto doveva filare assolutamente liscio, quest'anno, onde evitare problemi (già me lo vedo lo Scott Jovane, mister puzza sotto al naso: "Quanto avete detto che offre ASO per il Giro? Ma diamoglielo, ci liberiamo da un impiccio"); mi riferisco in particolare ai rapporti con le sedi di tappa. Hai visto mai che gli amici di Ponte di Legno, gli togli la tappa per il secondo anno, ti fanno causa, S.J. non la prende bene, forse. Ma vabbè, quest'ultimo aspetto è una mia deduzione non suffragata da altro se non quello che tutti sappiamo di ciò che accade a via Solferino (o dove cavolo si trasferiscono).
Tornando a Vegni e al Giro, alle cose che ho scritto sopra sul clima nella carovana e su alcuni organi di stampa, ci aggiungo pure un'umanità che riconosco senza fatica al direttore del Giro. Sai quando si dice "quello è una brava persona"? Da quel che so e che ho visto, saputo, conosciuto direttamente e indirettamente, Mauro Vegni è una brava persona. Non stento quindi a credere alla sua assoluta buona fede, nel momento in cui gli viene l'idea di predisporre una misura di sicurezza ulteriore, e s'inventa (se è stato lui) le famigerate safety moto.
Non avrebbe dovuto: o neutralizzi, o fai correre. A dire il vero, la cosa era stata già attuata a Rivarolo, in un tratto in cui era grandinato, ma lì si parlava di una moto davanti al gruppo intero, mentre giù dallo Stelvio la parcellizzazione del plotone in tanti drappelli rendeva il tutto più arduo.
Insomma, l'errore c'è stato, ma è stato determinato - come più volte detto in questi giorni anche su questo forum - da un eccesso di zelo. A fin di bene, diciamo.
Veniamo ai ds. Sentono per radio questa notizia che a diversi di loro pare annunciare la neutralizzazione della corsa. Quelli che non hanno nulla da chiedere alla tappa se ne possono fregare, gli cambia poco. Quelli che la tappa se la stanno giocando, o che si stanno giocando proprio il Giro, avrebbero l'obbligo di drizzare le antenne e capire subito che qualcosa non torna. Che significa neutralizzare la corsa? È possibile, in questo frangente, neutralizzarla? E come, con quali modalità?
Domande non così peregrine, se è vero che sono sorte spontanee a diversi utenti del forum (quorum ego), e anche ad alcuni ds in ammiraglia, se è vero che alcune squadre hanno continuato la gara normalmente.
Un direttore sportivo ha l'obbligo di domandarsi "sì, ma se uno al Gpm non si vuol fermare, in base a quale regolamento lo bloccano?", e di domandarlo immediatamente a un membro della giuria, per chiarirsi le idee. Ciò non è stato fatto, e per me è una gravissima negligenza, soprattutto da parte di quelle ammiraglie in lotta per la maglia rosa.
Non solo! Hanno tutti la tv in macchina, seguono la gara in diretta, e dopo 10', quando scoprono che Quintana è fuori (anche se per me lo sapevano da subito, era impossibile che nessuno tra Urán e gli altri non si fosse accorto della "fuitina"... ma diciamo che l'hanno scoperto 10' dopo), nemmeno allora chiedono lumi onde capire se devono mettere le squadre a tirare. E allora a questo punto io intravedo pure la malafede, perché diciamo la verità, gli faceva comodo far rientrare dei gregari, e poi sicuramente un certo tam tam tra le ammiraglie ci sarà stato, l'unione fa la forza, avranno pensato che gliel'avrebbero data vinta, sul punto.
Una volta resisi conto della cappellata, naturalmente hanno dovuto cavalcare la polemica per spostare le attenzioni dalle proprie responsabilità a quelle altrui. Ingigantendo a dismisura queste ultime per ottenere il risultato di ridurre la portata visibile delle proprie.
Come volevo che venisse interpretata la bandiera rossa alzata? Non credo di essere l'unico, ripeto, ad averla interpretata come una mera segnalazione di eventuali pericoli. Non uno strumento che dettasse il ritmo e la velocità a corridori che erano regolarmente in corsa. Se l'ho capito io che sono solo un "ct da tastiera" (come qualcuno tempo fa mi ha simpaticamente appellato...), voglio ben sperare che gente esperta come Bramati o Guercilena o Martinelli, lo potesse capire molto più rapidamente di me. E invece non è successo: quindi o sono sopravvalutati nella loro professionalità, oppure non ce la contano giusta. O tutte e due le cose, in misura variabile.
Ricapitolando
Pressappochismo vs. pressappochismo: la comunicazione radio non è perfetta (si poteva specificare meglio), ma dall'altro lato viene capita male nonostante i ds siano tenuti a conoscere i regolamenti *
Eccesso di zelo vs. assenza di zelo: "mettiamo le safety moto anche se il regolamento non le prevede" di qua, "non approfondiamo il significato di questa comunicazione che ci pare ambigua" di là
Buonafede vs. malafede: "lo facciamo per la sicurezza" contro "aspettiamo i gregari, oddio, Quintana se n'è andato? Ma comunque siamo in tanti, ce la daranno vinta a noi"
* Guercilena, commentando su Facebook il mio pezzo "Stiamo con Vegni", rivendicava proprio l'assenza del concetto di safety moto nei regolamenti ciclistici. Allora sapeva come stavano le cose. Non gli è venuto il minimo dubbio quando ha sentito che sarebbero state inserite in corsa?
Per quanto ho qui esposto, assolvo Vegni (con una ramanzina) e condanno i direttori sportivi che hanno provato a marciarci.
Colgo l'occasione per un pensiero anche all'amico Barry (che in questo momento se la spassa sullo Zonky
).
Mio caro, concentrandoti in maniera quasi univoca sulla questione della "discesa falsata", ti focalizzi sul particolare ma ti perdi il generale. E il generale, in questo caso, è un'impresa memorabile, un attacco di quelli che si vedono sempre meno nel ciclismo di vertice (e che praticamente mai hanno successo, vedi anche il grande Schleckino sul Lautaret: vinse ma non ribaltò il Tour; l'indomani Contador manco ci arrivò, a portare a termine un altro attacco fantastico nella tappa dell'Alpe d'Huez).
Insomma, l'invito (del tutto amichevole e probabilmente destinato a cadere nel vuoto
) è a spostare l'attenzione da quel particolare (che ti sembra enorme ma che secondo me non lo è) e a goderti l'intero. In fondo a quella tappa non ha vinto un avventuriero qualsiasi, ma ha stravinto il più forte del Giro, e questo, te lo garantisco, non è assolutamente stato un caso.