La crisi del ciclismo italiano

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Slegar ha scritto: martedì 16 aprile 2019, 10:49 La globalizzazione è la classica scusa all'italiana per convircersi che la colpa è sempre di qualcun'altro.
Esattamente
:clap: :clap: :clap:
E' il livello delle nazioni leader che è sceso , tranne rare eccezioni non son le altre che son salite
domenica il secondo dei nostri (Trentin) è arrivato a dieci minuti dai primi..
E non è certo stata la roubaix piu' dura della storia..


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Tranchée d'Arenberg ha scritto: lunedì 15 aprile 2019, 22:04
Ora, quando avrò tempo farò uno studio serio, ma nel frattempo ti faccio un pò di osservazioni:

Australiani. Negli anni 80 quanti ce n'erano e di quale livello. Non mi pare che vincessero Tour, Parigi-Roubaix o Mondiali.
Inglesi. Erano delle comparse. Negli anni 90 il più forte era un toscano. Gli altri chi erano? Corridori in grado di vincere 5 Tour, Giro e Vuelta? Ma dai.
I Colombiani. Vorresti forse paragonare la potenza di fuoco attuale a quella del passato? Negli anni 90 erano considerati una componente folkoristica. Oggi ne hai 15 fortissimi. Han vinto Giro e Vuelta, Lombardia e altre corse. Prima cosa vincevano?
Slovacchia. Prima di Peter Sagan neanche si sapeva della conoscenza di questo piccolo paese a livello ciclistico.
Scandinavi. Avevano mai vinto un mondiale, una Sanremo o un Fiandre prima di Hushovd e Kristoff? Non mi pare.
Idem il Portogallo. Da piccolo c'era solo Orlando Rodrigues.
Il Kazakistan ha vinto due Liegi, una Vuelta e altro ancora con Vino. Prima della metà anni 90 cosa c'era?

Basterebbe semplicemente prendere la top 50-100 del ranking UCI del 1995 e confrontarlo con quello attuale per capire cosa è successo in questi anni.
1) Anderson ??
2) Tom Simpson ?
3) Vuelta 1987
Classifica Generale
1 Lucho Herrera
5 Oscar Vargas
9 Henry Cardenas
10 Omar Hernandez
13 Pedro Saul Morales
16 Jose Jimenez
18 Martin Ramirez
20 Argemiro Bohorquez
21 Nesto Mora
24 Pablo Wilches

10 colombiani nei primi 24.. Non era per niente Folkloristica . Poi le tre squadre pro son tutte sparite
quando arrivarono con la loro squadra semipro al tour 84 (open..per farli correre)..
se ne accorsero tutti.. Herrera si prese l'alpe

4) I Fratelli Patterson ? Prim ? Knudsen ?
5) Portogallo.. Agostinho , acacio da silva ecc

Son tutte nazioni di grossa tradizione
Il primo colombiano ad aver vinto una tappa al giro.. cochise rodriguez nel 1973.. io non ero manco nato

sicuramente adesso alcune son piu' forti di prima.. altre meno (la svezia per esempio)


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Lopi90 ha scritto: lunedì 15 aprile 2019, 23:40

Secondo il tuo principio dobbiamo considerare ciclisti americani solo quelli che discendono dai nativi, gli altri sono europei? Virenque si è trasferito in francia da bambino, non ha nulla di marocchino nella sua formazione, Vinokourov ha vissuto in Kazakistan fino ad un anno prima di passare professionista.

Il Kazakistan è molto lontano dalle zone di tradizione storica del ciclismo, è ovvio che il ciclismo è stato portatò lì dai sovietici, ma questo è parte del processo di globalizzazione del ciclismo. Uno nato a Petropavl negli anni 40 non avrebbe vinto 2 liegi, te lo garantisco.
Perdonami ma l'urss è sempre stata europa
non diventa asia perche' si è smembrata
la struttura ciclistica sovietica era molto all'avanguardia
il kazakhstan non crea nulla.. segue solo quella struttura
Vino era gia' nelle squadre giovanili sovietiche

Alfa Lum 1989-1990

Zinoviev ucraino
Umaras lituano
Ugrumov lettone
tchmil moldavo
soukouruchenkov russo
Pulnikov ucraino
Uslamin russo
Muravsky lettone
Logvine biellorusso
Konyshev russo
jdanov ucraino
Iarochenko ucraino
ivanov russo
Golovatenko kazako
abdoujaparov uzbeko
Ansons lettone
Bankin russia
Klimov ucraino
Saitov russia
Sumnikov biellorusso
Trubine russia

come vedi i russi non son la maggioranza , tante repubbliche rappresentate
il kazakhstan aveva teteriouk , chefer ecc


riddler
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Grande crisi del ciclismo italiano senza precedenti
Se si fa eccezione di 4 classiche monumento negli ultimi 4 anni, un tour de france due giovani promesse....
Era dal 1998 che non vedevo una crisi del genere...


Ecco l'elenco delle corse minori del ciclismo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sacha_Modolo
Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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quindi la spagna , seguendo il tuo ragionamento va benissimo ?

2018 Mondiale
2017 Liegi - Freccia
2016 Freccia
2015 Liegi - Freccia - Giro
2014 Freccia - Vuelta
2013 Lombardia - Freccia
2012 Lombardia - Freccia

solo che Valverde ha 39 anni , Moreno , Purito e Contador si son ritirati..


qrier
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Il problema italiano è in prospettiva.
Abbiamo un campione, Vincenzo Nibali, speriamo duri a lungo.

Però finalmente si inizia a vedere qualche giovane in ambito classiche, Moscon e Bettiol in primis.
Poi abbiamo un grande velocista come Viviani all'apice della sua carriera.

Le corse a tappe preoccupano. Ci vorrebbe il salto di qualità di Formolo sperando diventi uno che possa giocarsi il podio, e il recupero di Aru.

Masnada e Cattaneo possono fare buone cose ma non li vedo competitivi sulle 3 settimane.
Poi abbiamo un po' di buoni atleti come Trentin, Ulissi, Pozzovivo, Colbrelli.
E aspettiamo di vedere cosa può fare Ganna.


team opc
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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riddler ha scritto: domenica 28 aprile 2019, 21:53 Grande crisi del ciclismo italiano senza precedenti
Se si fa eccezione di 4 classiche monumento negli ultimi 4 anni, un tour de france due giovani promesse....
Era dal 1998 che non vedevo una crisi del genere...
Perdonami ma non capisco.
Che c'entra il 98?li eravamo messi bene


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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team opc ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:15
riddler ha scritto: domenica 28 aprile 2019, 21:53 Grande crisi del ciclismo italiano senza precedenti
Se si fa eccezione di 4 classiche monumento negli ultimi 4 anni, un tour de france due giovani promesse....
Era dal 1998 che non vedevo una crisi del genere...
Perdonami ma non capisco.
Che c'entra il 98?li eravamo messi bene
solo io ci leggo tanta ironia nel post di rddler? :diavoletto: e voi lo prendete sul serio :diavoletto:


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Visconte85
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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riddler ha scritto: domenica 28 aprile 2019, 21:53 Grande crisi del ciclismo italiano senza precedenti
Se si fa eccezione di 4 classiche monumento negli ultimi 4 anni, un tour de france due giovani promesse....
Era dal 1998 che non vedevo una crisi del genere...
:D :D :D


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peek
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Winter ha scritto: mercoledì 17 aprile 2019, 19:34
Tranchée d'Arenberg ha scritto: lunedì 15 aprile 2019, 22:04
Ora, quando avrò tempo farò uno studio serio, ma nel frattempo ti faccio un pò di osservazioni:

Australiani. Negli anni 80 quanti ce n'erano e di quale livello. Non mi pare che vincessero Tour, Parigi-Roubaix o Mondiali.
Inglesi. Erano delle comparse. Negli anni 90 il più forte era un toscano. Gli altri chi erano? Corridori in grado di vincere 5 Tour, Giro e Vuelta? Ma dai.
I Colombiani. Vorresti forse paragonare la potenza di fuoco attuale a quella del passato? Negli anni 90 erano considerati una componente folkoristica. Oggi ne hai 15 fortissimi. Han vinto Giro e Vuelta, Lombardia e altre corse. Prima cosa vincevano?
Slovacchia. Prima di Peter Sagan neanche si sapeva della conoscenza di questo piccolo paese a livello ciclistico.
Scandinavi. Avevano mai vinto un mondiale, una Sanremo o un Fiandre prima di Hushovd e Kristoff? Non mi pare.
Idem il Portogallo. Da piccolo c'era solo Orlando Rodrigues.
Il Kazakistan ha vinto due Liegi, una Vuelta e altro ancora con Vino. Prima della metà anni 90 cosa c'era?

Basterebbe semplicemente prendere la top 50-100 del ranking UCI del 1995 e confrontarlo con quello attuale per capire cosa è successo in questi anni.
1) Anderson ??
2) Tom Simpson ?
3) Vuelta 1987
Classifica Generale
1 Lucho Herrera
5 Oscar Vargas
9 Henry Cardenas
10 Omar Hernandez
13 Pedro Saul Morales
16 Jose Jimenez
18 Martin Ramirez
20 Argemiro Bohorquez
21 Nesto Mora
24 Pablo Wilches

10 colombiani nei primi 24.. Non era per niente Folkloristica . Poi le tre squadre pro son tutte sparite
quando arrivarono con la loro squadra semipro al tour 84 (open..per farli correre)..
se ne accorsero tutti.. Herrera si prese l'alpe

4) I Fratelli Patterson ? Prim ? Knudsen ?
5) Portogallo.. Agostinho , acacio da silva ecc

Son tutte nazioni di grossa tradizione
Il primo colombiano ad aver vinto una tappa al giro.. cochise rodriguez nel 1973.. io non ero manco nato

sicuramente adesso alcune son piu' forti di prima.. altre meno (la svezia per esempio)
Sì Winter, si è già affrontato questo discorso, e tu tiri sempre fuori la mitica vuelta del 1987 per sostenere che non è cambiato nulla, però non so se è un metodo valido. Occorre vedere i dati in modo un po' più sistematico.
E se li si vede in modo sistematico si possono notare due processi: la globalizzazione del ciclismo c'è, anche se procede in modo molto lento; più marcato è invece il processo che vede un numero più alto di paesi europei avere corridori di vertice rispetto al passato, questo si nota facilmente vedendo la minore incidenza di 3 paesi: Belgio, Francia, Olanda.

Ho elaborato i dati di due corse altamente internazionalizzate come il tour e la roubaix contando il numero di podi delle diverse nazioni negli ultimi cinquant'anni. Questo è il risultato.

Per il tour:

Anni Settanta (1969-78) – i 30 podi sono tutti europei, 24 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 7
Anni Ottanta (1979-88) - 26 podi sono europei, 19 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 9
Anni Novanta (1989-1998) - 27 podi sono europei, 3 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 10
Anni 2000 (1999-2008) – 18 podi sono europei, zero da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 9
Anni 10 (2009-2018) – 24 podi sono europei, 5 da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 10

Per la Roubaix:

Anni Settanta (1969-78) – i 30 podi sono tutti europei, 25 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 4
Anni Ottanta (1979-88) i 30 podi sono tutti europei, 18 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 7 paesi rappresentati
Anni Novanta (1989-1998) 29 podi sono europei, 19 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 5 paesi rappresentati
Anni 2000 (1999-2008) – 28 podi sono europei, 14 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 12 paesi rappresentati
Anni 10 (2009-2018) – 29 podi sono europei, 13 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 12 paesi rappresentati


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Abruzzese
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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marco_graz ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:58
team opc ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:15
riddler ha scritto: domenica 28 aprile 2019, 21:53 Grande crisi del ciclismo italiano senza precedenti
Se si fa eccezione di 4 classiche monumento negli ultimi 4 anni, un tour de france due giovani promesse....
Era dal 1998 che non vedevo una crisi del genere...
Perdonami ma non capisco.
Che c'entra il 98?li eravamo messi bene
solo io ci leggo tanta ironia nel post di rddler? :diavoletto: e voi lo prendete sul serio :diavoletto:
Già, il problema è che non tutti sanno che quei 2-3 post seri (e non è detto neppure che esistano) risalgono al 1928, per cui magari qualcuno ci crede pure :diavoletto: :diavoletto:


"L'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa. L'importante è ciò che provi mentre corri" (Giorgio Faletti in "Notte prima degli esami")

"qui c'è gente che è totalmente avulsa dalla realtà e nociva al forum"
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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marco_graz ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:58
team opc ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:15
riddler ha scritto: domenica 28 aprile 2019, 21:53 Grande crisi del ciclismo italiano senza precedenti
Se si fa eccezione di 4 classiche monumento negli ultimi 4 anni, un tour de france due giovani promesse....
Era dal 1998 che non vedevo una crisi del genere...
Perdonami ma non capisco.
Che c'entra il 98?li eravamo messi bene
solo io ci leggo tanta ironia nel post di rddler? :diavoletto: e voi lo prendete sul serio :diavoletto:
Beh almeno uno che mi prende sul serio... ogni tanto ci vuole, al di la del mio post...


Ecco l'elenco delle corse minori del ciclismo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sacha_Modolo
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Abruzzese ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 1:35
marco_graz ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:58
team opc ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 23:15

Perdonami ma non capisco.
Che c'entra il 98?li eravamo messi bene
solo io ci leggo tanta ironia nel post di rddler? :diavoletto: e voi lo prendete sul serio :diavoletto:
Già, il problema è che non tutti sanno che quei 2-3 post seri (e non è detto neppure che esistano) risalgono al 1928, per cui magari qualcuno ci crede pure :diavoletto: :diavoletto:
Si ma già il Thread andava forse cancellato un anno e mezzo fa a suon di vittorie di Viviani e Trentin...
Ancor prima della Sanremo.... questo è un mio parere... no tanto per dire...


Ecco l'elenco delle corse minori del ciclismo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sacha_Modolo
team opc
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Bhe ti prendevo sul serio, perché in passato, non ricordo in quale thread,si parlava che i Giri di quei tempi avessero start list scandalose. Riempivamo le top ten di atleti italiani, ma contava poco perché gli stranieri non venivano al Giro. Secondo me invece avevamo atleti forti per i grandi Giri,almeno 7 o 8 nomi.
Ora invece siamo nelle mani di nibali che ha già una certa età..


herbie
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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qrier ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 13:17

Le corse a tappe preoccupano. Ci vorrebbe il salto di qualità di Formolo

Ma perchè!
Da che corre Formolo ha sempre dimostrato di essere potenzialmente un forte corridore da classiche con dislivello importante. Sempre fatto risultati lì. Zero nelle corse a tappe, anche provandoci. Da dilettante pressochè idem.
Ma perchè ancora qualcuno tira in ballo questa storia di Formolo che dovrebbe diventare corridore da corse a tappe? Non ha mai avuto una tenuta convincente sulle grandi salite, mentre ha risultati e piazzamenti di buon livello in classiche e tappe, da sempre.

Purtroppo ad oggi l'unico che ha fatto intravedere la possibilità di avvicinare il posto che presto lascerà vacante Nibali nei GT è Aru.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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herbie ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 23:45
qrier ha scritto: lunedì 29 aprile 2019, 13:17

Le corse a tappe preoccupano. Ci vorrebbe il salto di qualità di Formolo

Ma perchè!
Da che corre Formolo ha sempre dimostrato di essere potenzialmente un forte corridore da classiche con dislivello importante. Sempre fatto risultati lì. Zero nelle corse a tappe, anche provandoci. Da dilettante pressochè idem.
Ma perchè ancora qualcuno tira in ballo questa storia di Formolo che dovrebbe diventare corridore da corse a tappe? Non ha mai avuto una tenuta convincente sulle grandi salite, mentre ha risultati e piazzamenti di buon livello in classiche e tappe, da sempre.

Purtroppo ad oggi l'unico che ha fatto intravedere la possibilità di avvicinare il posto che presto lascerà vacante Nibali nei GT è Aru.
Il problema è che è proprio lui a tirare in ballo questa cosa :muro:


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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peek ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 1:16
Sì Winter, si è già affrontato questo discorso, e tu tiri sempre fuori la mitica vuelta del 1987 per sostenere che non è cambiato nulla, però non so se è un metodo valido. Occorre vedere i dati in modo un po' più sistematico.
E se li si vede in modo sistematico si possono notare due processi: la globalizzazione del ciclismo c'è, anche se procede in modo molto lento; più marcato è invece il processo che vede un numero più alto di paesi europei avere corridori di vertice rispetto al passato, questo si nota facilmente vedendo la minore incidenza di 3 paesi: Belgio, Francia, Olanda.

Ho elaborato i dati di due corse altamente internazionalizzate come il tour e la roubaix contando il numero di podi delle diverse nazioni negli ultimi cinquant'anni. Questo è il risultato.

Per il tour:

Anni Settanta (1969-78) – i 30 podi sono tutti europei, 24 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 7
Anni Ottanta (1979-88) - 26 podi sono europei, 19 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 9
Anni Novanta (1989-1998) - 27 podi sono europei, 3 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 10
Anni 2000 (1999-2008) – 18 podi sono europei, zero da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 9
Anni 10 (2009-2018) – 24 podi sono europei, 5 da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 10

Per la Roubaix:

Anni Settanta (1969-78) – i 30 podi sono tutti europei, 25 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 4
Anni Ottanta (1979-88) i 30 podi sono tutti europei, 18 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 7 paesi rappresentati
Anni Novanta (1989-1998) 29 podi sono europei, 19 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 5 paesi rappresentati
Anni 2000 (1999-2008) – 28 podi sono europei, 14 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 12 paesi rappresentati
Anni 10 (2009-2018) – 29 podi sono europei, 13 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 12 paesi rappresentati
Mondializzazione per me significa che aumentano il numero di contendenti ad una determinato avvenimento (o prodotto)
E' cosi' nel ciclismo agonistico ?
Per me no
L'aumento di agonisti (ciclisti di alto livello) nei paesi " non storici " compensa la diminuzione nei paesi " storici "?
per me no
faccio un esempio
se i ciclisti d'alto livello (junior , under 23 , elite , pro) anni 90 delle nazioni storiche erano 100
Adesso son scesi .. a 30 ?
le altre nazioni da 20 son salite a 25..
restano lontane da 100
l'aumento delle altre nazioni è dovuto a quello
Un giorno , visto il boom , anni fa m'ero messo a guardare i risultati delle gare australiane
Utilizzo gli junior perche' è piu' semplice (eta' limitata a due stagioni , nessuno che va in europa o tra i pro)
A livello junior ogni provincia ha la sua federazione e calendario
le due province piu' grosse (victoria e new south wales) avevano una cinquantina di junior a testa
queensland , south australia , western australia una ventina
tasmania e camberra decina..
a esser ottimisti 200 junior (io pensavo 600-800..)
Erano gli stessi che aveva la Svizzera , 25-30 anni fa
adesso son tra i 60 e 70


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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riddler ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 10:13
Si ma già il Thread andava forse cancellato un anno e mezzo fa a suon di vittorie di Viviani e Trentin...
Ancor prima della Sanremo.... questo è un mio parere... no tanto per dire...
A oggi nessuno dei due ha vinto una classica
Per la prima volta nella storia della tirreno adriatico non c'era un italiano nei primi 10
nel 1998 si organizzavano in italia
Giro Calabria
Trofeo Pantalica
Giro Etna
Giro Friuli
Gp Camaiore
Trofeo Scalatore
giro del veneto
coppa Placci
ecc

si organizzavano circa 750 corse under 23/elite , adesso 3 volte meno

c'erano 13 squadre italiane pro.. adesso 4
non è 98 ma 2000 , la tappa del Tour vinta da Pantani è stata seguita da 7 ml di spettatori
quanti han seguito la Liegi domenica ?
se tu lo vedi in salute
Ultima modifica di Winter il mercoledì 1 maggio 2019, 9:27, modificato 1 volta in totale.


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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team opc ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 22:37 Ora invece siamo nelle mani di nibali che ha già una certa età..
per fortuna c'e' lui :clap: :clap:


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LawrenceDM
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:25 non è 98 ma 2000 , la tappa del Tour vinta da Pantani è stata seguita da 7 ml di spettatori
quanti han seguito la Liegi domenica ?
Qui però considera anche l'impatto mediatico enorme che aveva Marco Pantani all'epoca, unito alla maggior attrazione che le tappe del Giro e del Tour, in confronto alle classiche del nord, hanno da sempre avuto nello spettatore medio italiano. Per fare un confronto obiettivo bisognerebbe confrontare la Liegi di quell'anno con quella di quest'anno. Per quanto riguarda le squadre pro e le gare in Italia son d'accordo con te, numeri alla mano il calo è evidente


"Fausto era ancora nella camera ardente. Arrivò Bartali. Prese la mano di Fausto e disse: «È incredibile, è incredibile». Pianse e pregò alla sua maniera. Il grande duello era finito per sempre." (Candido Cannavò)
cassius
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:25
riddler ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 10:13 Si ma già il Thread andava forse cancellato un anno e mezzo fa a suon di vittorie di Viviani e Trentin...
Ancor prima della Sanremo.... questo è un mio parere... no tanto per dire...
A oggi nessuno dei due ha vinto una classica
Sono due bei corridori, non ci lamentiamo...
Trentin ha fatto 4° a un Mondiale dietro a 3 mostri sacri e ha vinto 2 Parigi-Tours.
Viviani ha anche vinto qualche corsa non banale come Amburgo (2 volte) e Plouay. Dimenticandoci un oro olimpico in pista.
Ma le loro vittorie seriali in volata non le considero più di tanto: fanno quantità ma non danno l'idea di salute di un movimento.
Negli anni 2000 eravamo al top non perchè Petacchi vinceva metà delle volate che faceva, ma perchè c'erano Bettini, Cunego, Di Luca, Ballan, Pozzato eccetera, cioè gente che vinceva classiche monumento e GT. Gente che alle monumento entrava sempre nei 10 (beh, Pozzato non così regolarmente...).
Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:25 Per la prima volta nella storia della tirreno adriatico non c'era un italiano nei primi 10
nel 1998 si organizzavano in italia
Giro Calabria
Trofeo Pantalica
Giro Etna
Giro Friuli
Gp Camaiore
Trofeo Scalatore
giro del veneto
coppa Placci
ecc

si organizzavano circa 750 corse under 23/elite , adesso 3 volte meno

c'erano 13 squadre italiane pro.. adesso 4
Paradossalmente le poche corse rimaste in Italia godono di ottima salute.
Il Giro ormai ha una startlist molto vicina per livello a quella del Tour, e offre uno spettacolo pazzesco ogni anno.
La Sanremo e il Lombardia non sono mai state così ambìte, e soprattutto il Lombardia per troppi anni era diventata un po' troppo nazionale per essere davvero una monumento.
La Strade Bianche in 10 anni è passata da 1.1 a WT e ormai se ne parla come della "sesta monumento".
Al Tour of the Alps ci viene Froome...
Il finale di stagione pre-Lombardia è onorato da fior di campioni.

Il fatto che molte corse italiane siano scomparse lo vedrei banalmente come il frutto della comparsa, in giro per il mondo, di tante altre corse.
Corse a cui l'importanza è stata spesso assegnata "a tavolino", per dire Montreal e Quebec che danno gli stessi punti delle monumento/Freccia/Gand, oppure penso a 7 giorni di corse WT in Australia che costringono dei top rider a essere competitivi in un momento della stagione in cui, 15 anni fa, alcuni lottavano contro la bilancia.

Secondo me il calendario nazionale avrebbe bisogno di razionalizzarsi.
Penso a una corsa bellissima come il Giro dell'Appennino che si incaponisce a correre il giorno della Liegi e non la domenica dopo.
Bisognerebbe creare dei mini periodi di corse italiane, che so Laigueglia, Costa degli Etruschi, Camaiore e Larciano più vicini e che "facciano sistema" con Strade Bianche e Tirreno-Adriatico ma anche con le corse nel sud della Francia.
Qualche corsa nel periodo del Tour potrebbe essere molto apprezzata da chi non ci va: ad esempio perchè non metterci la Adriatica Jonica?
Il finale di stagione italiano è un bell'esempio virtuoso, è cadenzato benissimo.
In un ciclismo mondializzato, la logistica è fondamentale.
Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:25 non è 98 ma 2000 , la tappa del Tour vinta da Pantani è stata seguita da 7 ml di spettatori
quanti han seguito la Liegi domenica ?
se tu lo vedi in salute
Mah, la Liegi la guardavamo in 4 gatti anche quando i podi erano tutti italiani...che io sappia il Lombardia non ha mai sfondato quota 1 milione di spettatori.


Mr. MM
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Mr. MM »

Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:16
peek ha scritto: martedì 30 aprile 2019, 1:16
Sì Winter, si è già affrontato questo discorso, e tu tiri sempre fuori la mitica vuelta del 1987 per sostenere che non è cambiato nulla, però non so se è un metodo valido. Occorre vedere i dati in modo un po' più sistematico.
E se li si vede in modo sistematico si possono notare due processi: la globalizzazione del ciclismo c'è, anche se procede in modo molto lento; più marcato è invece il processo che vede un numero più alto di paesi europei avere corridori di vertice rispetto al passato, questo si nota facilmente vedendo la minore incidenza di 3 paesi: Belgio, Francia, Olanda.

Ho elaborato i dati di due corse altamente internazionalizzate come il tour e la roubaix contando il numero di podi delle diverse nazioni negli ultimi cinquant'anni. Questo è il risultato.

Per il tour:

Anni Settanta (1969-78) – i 30 podi sono tutti europei, 24 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 7
Anni Ottanta (1979-88) - 26 podi sono europei, 19 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 9
Anni Novanta (1989-1998) - 27 podi sono europei, 3 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 10
Anni 2000 (1999-2008) – 18 podi sono europei, zero da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 9
Anni 10 (2009-2018) – 24 podi sono europei, 5 da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 10

Per la Roubaix:

Anni Settanta (1969-78) – i 30 podi sono tutti europei, 25 vengono da Belgio-Francia-Olanda, i paesi rappresentati sono 4
Anni Ottanta (1979-88) i 30 podi sono tutti europei, 18 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 7 paesi rappresentati
Anni Novanta (1989-1998) 29 podi sono europei, 19 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 5 paesi rappresentati
Anni 2000 (1999-2008) – 28 podi sono europei, 14 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 12 paesi rappresentati
Anni 10 (2009-2018) – 29 podi sono europei, 13 vengono da Belgio-Francia-Olanda – 12 paesi rappresentati
Mondializzazione per me significa che aumentano il numero di contendenti ad una determinato avvenimento (o prodotto)
E' cosi' nel ciclismo agonistico ?
Per me no
L'aumento di agonisti (ciclisti di alto livello) nei paesi " non storici " compensa la diminuzione nei paesi " storici "?
per me no
faccio un esempio
se i ciclisti d'alto livello (junior , under 23 , elite , pro) anni 90 delle nazioni storiche erano 100
Adesso son scesi .. a 30 ?
le altre nazioni da 20 son salite a 25..
restano lontane da 100
Ma guarda che non c'è bisogno che una nazione emergente "sostituisca" come numerosità una nazione storica.
Se l'Italia perde 100 atleti, basta che in 5 aumentano di 20 (non 100) e la mondializzazione è avviata.
Parti da presupposti sbagliati.
Dire che non sono aumentate le nazioni nel ciclismo, imho significa avere le fette di salame sugli occhi. O avere qualche interesse personale nel negare a prescindere.


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Winter »

Ma è una mia teoria , mai detto che sia giusta

solo una precisione , l'italia non ne ha persi cento
ma ha piu' che dimezzato il suo bacino
idem tutte le nazioni tradizionali
le "nuove " nazioni sommate non fatto quei numeri persi (ma manco lontanamente)

le altre nazioni son diventate piu' importanti soprattutto per la decrescita delle nazioni tradizionali


Theakston
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Theakston »

Ma io sono abbastanza d'accordo con Winter.
Non si può negare che la concorrenza si è ampliata, ma secondo me la mondializzazione non va nemmeno troppo enfatizzata.
Se si parla di nazioni storiche "allargate" non si può lasciar fuori la Gran Bretagna: Simpson, Hoban, R. Millar, M. Elliott...non è che hanno scoperto il ciclismo con Sky, hanno sempre avuto un movimento, solo che era un po' un mondo a sé, tipo il Portogallo.

Alle olimpiadi di Roma 1960 nel ciclismo erano presenti 48 nazioni, tra cui Corea, Etiopia, Israele, Indonesia, Marocco... a livello dilettantistico l'Europa orientale o la Scandinavia hanno sempre detto la loro, però non approdavano tra i pro; anche i sudamericani non è che sono sbarcati adesso dalla luna...
La globalizzazione dell'UCI degli anni 2000 non è che poi abbia portato tanti nuovi paesi
Cina: a parte le corse che organizzano, come atleti poco o niente
India: non pervenuta, in compenso ho visto che era presente ai mondiali professionisti nel 1990!!??
Giappone: sono 30 anni che ci provano su strada ma non hanno mai tirato fuori un grande corridore
Paesi Arabi: presenza solo a livello finanziario
In Africa la novità è l'Eritrea ma stanno un po' faticando rispetto alle premesse interessanti
Kenya, Nigeria 0 non c'è confronto rispetto all'atletica
Sudafrica: c'era già un movimento semiprofessionistico negli anni 80
Usa, Australia c'erano già anche loro, l'Australia effettivamente ha fatto un balzo in avanti
Colombia: 30 anni fa avevano 3 squadre da GT, in questo caso vedo una crescita soprattutto a livello morfologico, nel senso che prima erano tutti scalatori minuti, quelli dell'attuale generazione hanno un fisico più prestante e infatti sono più completi, velocisti, cronomen...
Mi aspettavo qualcosa di più da Argentina, Brasile, Venezuela (in questo caso causa crisi economica), che hanno una certa tradizione.
Insomma mi sembra che tanti stanno raccogliendo i frutti di qualcosa che era già seminato da diverso tempo.


Salvatore77
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Salvatore77 »

Tutte le argomentazioni sono valide in entrambe le direzioni. Il problema è capire cosa si intende per globalizzazione. Visto che ne stiamo parlando a proposito della presunta crisi del ciclismo italiano vuol dire che lo stiamo intendendo come causa o una delle cause. Vale a dire che a causa di nuove nazioni che si affacciano nel professionismo gli spazi si riducono. Questo è sicuramente vero. Però dobbiamo stabilire meglio i parametri di valutazione con cui prendere dati e misure. Se prendiamo in considerazione i vincitori dei grandi giri e le classiche allora va a finire che certe nazioni oggi sono in crisi nera.
Invece magari allargando l'orizzonte temporale invece stanno vivendo solo una fase di discesa temporanea. La Svizzera per esempio era ben rappresentata con cancellara e prima ancora era nazionale di vertice negli anni 90. Anche gli usa adesso dove sono?
Potrebbero essere fasi. Cosi come la nostra.
Però le vittorie di peso va a finire che in alcuni lustri o decenni le fanno poche nazioni grazie magari ad un solo corridore max due.
Se poi le corse di peso le vincono slovacchi danesi e norvegesi per forza di cose alcune nazioni storiche restano fuori.
Analizzare se un movimento è in crisi occorre allargare il ragionamento ad altri parametri.


1° Tour de France 2018
Campionato del mondo gara in linea 2021.
peek
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da peek »

Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:16
Mondializzazione per me significa che aumentano il numero di contendenti ad una determinato avvenimento (o prodotto)
E' cosi' nel ciclismo agonistico ?
Per me no
L'aumento di agonisti (ciclisti di alto livello) nei paesi " non storici " compensa la diminuzione nei paesi " storici "?
per me no
faccio un esempio
se i ciclisti d'alto livello (junior , under 23 , elite , pro) anni 90 delle nazioni storiche erano 100
Adesso son scesi .. a 30 ?
le altre nazioni da 20 son salite a 25..
restano lontane da 100
l'aumento delle altre nazioni è dovuto a quello
Un giorno , visto il boom , anni fa m'ero messo a guardare i risultati delle gare australiane
Utilizzo gli junior perche' è piu' semplice (eta' limitata a due stagioni , nessuno che va in europa o tra i pro)
A livello junior ogni provincia ha la sua federazione e calendario
le due province piu' grosse (victoria e new south wales) avevano una cinquantina di junior a testa
queensland , south australia , western australia una ventina
tasmania e camberra decina..
a esser ottimisti 200 junior (io pensavo 600-800..)
Erano gli stessi che aveva la Svizzera , 25-30 anni fa
adesso son tra i 60 e 70
Scusa Winter, ma la globalizzazione è un fenomeno molto ben più complesso di come lo definisci tu. E' la diffusione di una pratica sportiva, di sponsor, di tecnici, di scout, di tecniche di allenamento e materiali, di interesse di pubblico e media ecc. ecc. E questo è sotto gli occhi di tutti e, tra le varie conseguenze ha anche quella di allargare la base geografica dei vincitori delle corse rendendo meno frequente la presenza in cima alla classifica delle nazioni storiche che prima di fatto erano le uniche contendenti.

Il numero di quelli che corrono non è l'unico parametro. Tu in un paese puoi avere 100 che corrono nel 1970 e arrivano sempre ultimi e 100 nel 2010 che arrivano sempre primi, il numero non è cambiato, ma i risultati sì.


Lopi90
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Lopi90 »

peek ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 11:24
Winter ha scritto: mercoledì 1 maggio 2019, 9:16
Mondializzazione per me significa che aumentano il numero di contendenti ad una determinato avvenimento (o prodotto)
E' cosi' nel ciclismo agonistico ?
Per me no
L'aumento di agonisti (ciclisti di alto livello) nei paesi " non storici " compensa la diminuzione nei paesi " storici "?
per me no
faccio un esempio
se i ciclisti d'alto livello (junior , under 23 , elite , pro) anni 90 delle nazioni storiche erano 100
Adesso son scesi .. a 30 ?
le altre nazioni da 20 son salite a 25..
restano lontane da 100
l'aumento delle altre nazioni è dovuto a quello
Un giorno , visto il boom , anni fa m'ero messo a guardare i risultati delle gare australiane
Utilizzo gli junior perche' è piu' semplice (eta' limitata a due stagioni , nessuno che va in europa o tra i pro)
A livello junior ogni provincia ha la sua federazione e calendario
le due province piu' grosse (victoria e new south wales) avevano una cinquantina di junior a testa
queensland , south australia , western australia una ventina
tasmania e camberra decina..
a esser ottimisti 200 junior (io pensavo 600-800..)
Erano gli stessi che aveva la Svizzera , 25-30 anni fa
adesso son tra i 60 e 70
Scusa Winter, ma la globalizzazione è un fenomeno molto ben più complesso di come lo definisci tu. E' la diffusione di una pratica sportiva, di sponsor, di tecnici, di scout, di tecniche di allenamento e materiali, di interesse di pubblico e media ecc. ecc. E questo è sotto gli occhi di tutti e, tra le varie conseguenze ha anche quella di allargare la base geografica dei vincitori delle corse rendendo meno frequente la presenza in cima alla classifica delle nazioni storiche che prima di fatto erano le uniche contendenti.

Il numero di quelli che corrono non è l'unico parametro. Tu in un paese puoi avere 100 che corrono nel 1970 e arrivano sempre ultimi e 100 nel 2010 che arrivano sempre primi, il numero non è cambiato, ma i risultati sì.
Condivido virgola per virgola il pensiero di peek. Ciò che è cresciuto notevolmente nei paesi emergenti non è tanto il numero di praticanti, quanto la professionalità. 20-30 anni un ciclista australiano o canadese era costretto a fare un avvicinamento al professionismo molto più amatoriale di un italiano o un francese, che erano seguiti da tecnici esperti in realtà organizzate fin da bambini. Ora non è più così (anzi).


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Winter »

peek ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 11:24
Scusa Winter, ma la globalizzazione è un fenomeno molto ben più complesso di come lo definisci tu. E' la diffusione di una pratica sportiva, di sponsor, di tecnici, di scout, di tecniche di allenamento e materiali, di interesse di pubblico e media ecc. ecc. E questo è sotto gli occhi di tutti e, tra le varie conseguenze ha anche quella di allargare la base geografica dei vincitori delle corse rendendo meno frequente la presenza in cima alla classifica delle nazioni storiche che prima di fatto erano le uniche contendenti.

Il numero di quelli che corrono non è l'unico parametro. Tu in un paese puoi avere 100 che corrono nel 1970 e arrivano sempre ultimi e 100 nel 2010 che arrivano sempre primi, il numero non è cambiato, ma i risultati sì.
e tu la vedi ?
Quante tv (non eurosport) han trasmesso le classiche ?
Il Tour è l'unico evento mondializzato , il resto non mi pare

Per me i numeri fan la differenza
Paesi con pochi agonisti possono trovare dei campioni ma alla lunga.. chi ha piu' agonisti ha piu' campioni
se no entra la genetica.. o il doping


Cthulhu
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Cthulhu »

Come si fa a sostenere che il ciclismo di una volta aveva la stessa diffusione che ha ora ?
Una volta interessava davvero solo quattro o cinque nazioni, inutile appellarsi a qualche cane sciolto di provenienza esotica. Ora nello sci c'è un inglese nel primo gruppo di slalom. Vogliamo sostenere che gli inglesi praticano lo sci alpino ?
Francamente negare l'enorme sviluppo che il ciclismo ha avuto fuori dei suoi confini tradizionali è al limite del terrapiattismo.


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Winter »

Gli inglesi praticano tantissimo lo sci alpino
Basta vedere quanti vengono dalle mie parti a sciare (dove c'e' interski , ma pure a Cervinia o Courmayeur)
ci son delle localita' di montagna sia svizzere che austriache
che vivono solo su di loro


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Slegar
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Slegar »

Lo sci alpino è stato inventato dagli inglesi.

Il trofeo Kandahar, che ultimamente si è disputato a Garmisch-Partenkirchen, è dedicato al generale dell'impero britannico Frederick Roberts, I conte Kandahar (ora Afghanistan) che, citando Wikipedia, "divenne vicepresidente del Public Schools Alpine Sports Club nel 1903, segnando una tappa fondamentale nella storia dello sci inglese, oltre ad inaugurare la Roberts of Kandahar Cup che ebbe luogo a Crans-Montana (o Crans-sur-Sierre) otto anni dopo, l'11 gennaio 1911, organizzata con l'aiuto di Arnold Lunn (1888–1974) e con i trofei offerti da Lord Roberts in persona."

Cambiamo esempio (e Winter ha pienamente ragione).


fair play? No, Grazie!
nikybo85
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da nikybo85 »

Winter ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 19:59 Gli inglesi praticano tantissimo lo sci alpino
Basta vedere quanti vengono dalle mie parti a sciare (dove c'e' interski , ma pure a Cervinia o Courmayeur)
ci son delle localita' di montagna sia svizzere che austriache
che vivono solo su di loro
Questo lo posso confermare per esserci in mezzo in pieno.
Però per il resto, tralasciando questo esempio, la globalizzazione mi sembra evidente.


Theakston
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Theakston »

nikybo85 ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 20:17
Winter ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 19:59 Gli inglesi praticano tantissimo lo sci alpino
Basta vedere quanti vengono dalle mie parti a sciare (dove c'e' interski , ma pure a Cervinia o Courmayeur)
ci son delle localita' di montagna sia svizzere che austriache
che vivono solo su di loro
Questo lo posso confermare per esserci in mezzo in pieno.
Però per il resto, tralasciando questo esempio, la globalizzazione mi sembra evidente.
Si però è un esempio di come non sempre sia opportuno trarre certe conclusioni a prima vista.
In non nego che ci sia una globalizzazione, ma non penso che certi corridori vincano perché la diffusione globale del ciclismo ha toccato l'Inghilterra, la Danimarca o la Slovacchia


Cthulhu
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Cthulhu »

.
Ultima modifica di Cthulhu il domenica 5 maggio 2019, 4:00, modificato 1 volta in totale.


Cthulhu
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Cthulhu »

Slegar ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 20:07 Lo sci alpino è stato inventato dagli inglesi.

Il trofeo Kandahar, che ultimamente si è disputato a Garmisch-Partenkirchen, è dedicato al generale dell'impero britannico Frederick Roberts, I conte Kandahar (ora Afghanistan) che, citando Wikipedia, "divenne vicepresidente del Public Schools Alpine Sports Club nel 1903, segnando una tappa fondamentale nella storia dello sci inglese, oltre ad inaugurare la Roberts of Kandahar Cup che ebbe luogo a Crans-Montana (o Crans-sur-Sierre) otto anni dopo, l'11 gennaio 1911, organizzata con l'aiuto di Arnold Lunn (1888–1974) e con i trofei offerti da Lord Roberts in persona."

Cambiamo esempio (e Winter ha pienamente ragione).
Vi pace proprio arrampicarvi sugli specchi, vedo.
Gli anglosassoni hanno codificato praticamente tutti gli sport. Ad esempio pure il bob e la pallanuoto. Che notoriamente praticano a legioni
Ryding è il secondo sciatore inglese nella storia ad arrivare sul podio in CdM. L'unico precedente è Bartelski che addirittura viveva in Olanda, altro noto ruolo d'origine di sciatori alpini. Quando arrivò secondo in una discesa libera il commento del telecronista austriaco fu " è impossible, è inglese "

E a dir la verità le prime gare di sci cd alpino le hanno fatte in California nell' 800. Ovviamente erano immigrati norvegesi, visto che lo slalom tra gli alberi faceva parte dell'addestramento dei soldati dell'esercito norvegese

L'ultima volta che sono andato a fare la settimana bianca era pieno di napoletani.
Tutti pronti per la coppa del mondo.
Come si sa per fare sci agonistico basta una settimana all'anno.
Bisognerà farglielo notare agli inglesi che sono un popolo di sciatori come gli austriaci.


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Winter »

Theakston ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 21:09
In non nego che ci sia una globalizzazione, ma non penso che certi corridori vincano perché la diffusione globale del ciclismo ha toccato l'Inghilterra, la Danimarca o la Slovacchia
esatto , in piu' spesso determinate informazioni danno un'idea errata sull'effettiva mondializzazione del ciclismo
tipo.. slovenia , terra di ciclismo
poi vado a vedere il numero di juniores.. 40 (gli stessi che giocavano a calcio a livello giovanile nel mio paese di 2000 abitanti trent'anni fa da allievi..)
Ciclismo popolare negli Usa ?
avranno ventimila junior..pensavo.. poi basta andare su us cycling e sono 500 , in un paese di 300 ml di persone
Germania , 80 ml.. 250.. (gli stessi tesserati di una societa' di rugby.. una sola pero')
e la chiamano mondializzazione ?
L'altro giorno c'era la liegi in tv (ma stesso discorso lo si puo' fare per tutte le classiche)
in Italia era sulla rai
In Francia France 3
In Belgio le due reti pubbliche
In olanda la rete pubblica
e gli altri paese ? la bbc , i network americani ? le reti spagnole ? no solo eurosport (in danimarca audience di ben 31mila telespettatori..)
in spagna teledeporte 70mila


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Winter »

Cthulhu ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 3:59
Vi pace proprio arrampicarvi sugli specchi, vedo.
Gli anglosassoni hanno codificato praticamente tutti gli sport. Ad esempio pure il bob e la pallanuoto. Che notoriamente praticano a legioni
Ryding è il secondo sciatore inglese nella storia ad arrivare sul podio in CdM. L'unico precedente è Bartelski che addirittura viveva in Olanda, altro noto ruolo d'origine di sciatori alpini. Quando arrivò secondo in una discesa libera il commento del telecronista austriaco fu " è impossible, è inglese "

E a dir la verità le prime gare di sci cd alpino le hanno fatte in California nell' 800. Ovviamente erano immigrati norvegesi, visto che lo slalom tra gli alberi faceva parte dell'addestramento dei soldati dell'esercito norvegese

L'ultima volta che sono andato a fare la settimana bianca era pieno di napoletani.
Tutti pronti per la coppa del mondo.
Come si sa per fare sci agonistico basta una settimana all'anno.
Bisognerà farglielo notare agli inglesi che sono un popolo di sciatori come gli austriaci.
la piu' grande sciatrice di tutti i tempi è nata ed ha iniziato a sciare in minnesota
famoso stato nordamericano per le montagne.. :diavoletto: :diavoletto:
altitudine massima 700 metri (in scozia si arriva a 1300..)
eppure non si è data all'hockey ne allo sci di fondo
ha iniziato a sciare qui
https://en.wikipedia.org/wiki/Buck_Hill
partenza 369
arrivo a 289
dislivello 80 metri
poi piu' tardi visto che andava forte si son trasferiti a Vail
se leggi la pagina wikipedia della localita' vicino a minneapolis
anche kristina koznick è di li
6 vittorie in coppa del mondo

Tomba di bologna , prima ha sciato a sestola poi a cortina
la Ceccarelli , i Marsaglia son romani. poi visto il loro livello e le disponibilita' economiche si son trasferiti sulle alpi
in misura minore pure Fattori e Razzoli che son emiliani

gli inglesi non sciano una settimana all'anno
ci son tantissime piste da loro
https://www.skiresort.it/comprensori-sc ... -impianti/
simili a quelli della vonn o della koznick

non puoi guardare le medaglie per dire se uno sport è piu' o meno diffuso
anni fa avevamo una slittinista fortissima gerda weissensteiner
aveva vinto sia mondiali che olimpiadi
ricordo di esser rimasto sorpreso che ai campionati italiani.. vinti da lei
avevano partecipati in tre..


Cthulhu
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Cthulhu »

Winter ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 8:40
Cthulhu ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 3:59
Vi pace proprio arrampicarvi sugli specchi, vedo.
Gli anglosassoni hanno codificato praticamente tutti gli sport. Ad esempio pure il bob e la pallanuoto. Che notoriamente praticano a legioni
Ryding è il secondo sciatore inglese nella storia ad arrivare sul podio in CdM. L'unico precedente è Bartelski che addirittura viveva in Olanda, altro noto ruolo d'origine di sciatori alpini. Quando arrivò secondo in una discesa libera il commento del telecronista austriaco fu " è impossible, è inglese "

E a dir la verità le prime gare di sci cd alpino le hanno fatte in California nell' 800. Ovviamente erano immigrati norvegesi, visto che lo slalom tra gli alberi faceva parte dell'addestramento dei soldati dell'esercito norvegese

L'ultima volta che sono andato a fare la settimana bianca era pieno di napoletani.
Tutti pronti per la coppa del mondo.
Come si sa per fare sci agonistico basta una settimana all'anno.
Bisognerà farglielo notare agli inglesi che sono un popolo di sciatori come gli austriaci.
la piu' grande sciatrice di tutti i tempi è nata ed ha iniziato a sciare in minnesota
famoso stato nordamericano per le montagne.. :diavoletto: :diavoletto:
altitudine massima 700 metri (in scozia si arriva a 1300..)
eppure non si è data all'hockey ne allo sci di fondo
ha iniziato a sciare qui
https://en.wikipedia.org/wiki/Buck_Hill
partenza 369
arrivo a 289
dislivello 80 metri
poi piu' tardi visto che andava forte si son trasferiti a Vail
se leggi la pagina wikipedia della localita' vicino a minneapolis
anche kristina koznick è di li
6 vittorie in coppa del mondo

Tomba di bologna , prima ha sciato a sestola poi a cortina
la Ceccarelli , i Marsaglia son romani. poi visto il loro livello e le disponibilita' economiche si son trasferiti sulle alpi
in misura minore pure Fattori e Razzoli che son emiliani

gli inglesi non sciano una settimana all'anno
ci son tantissime piste da loro
https://www.skiresort.it/comprensori-sc ... -impianti/
simili a quelli della vonn o della koznick

non puoi guardare le medaglie per dire se uno sport è piu' o meno diffuso
anni fa avevamo una slittinista fortissima gerda weissensteiner
aveva vinto sia mondiali che olimpiadi
ricordo di esser rimasto sorpreso che ai campionati italiani.. vinti da lei
avevano partecipati in tre..
Ma per favore...
i resort in Gran Bretagna sono aperti si e no 10 giorni l'anno.
Quando nevica.
Gli appennini tosco-emiliani hanno un monte di piste da sci.I romani che citi si facevano già da bambini tutto l'inverno sulle alpi
Che cacchio c'entra la Vonn in questo discorso poi lo vedi solo tu.
ripeto, vi piace arrampicarvi sugli specchi.
P.S: ti sei dimenticato di Eddie the eagle, dei bobbisti giamaicani e del fondista di Tonga che sfila a torso nudo alle Olimpiadi invernali.


Salvatore77
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Salvatore77 »

Giusto per dirne una, nelle ultime 20 adizioni dei mondiali di ciclismo in linea prof. che sulla carta dovrebbe essere l'apice delle corse di un giorno, per la prima volta ha vinto
1 lettone
1 australiano
1 norvegese
1 portoghese
1 polacco
1 slovacco

per un totale di 8 mondiali su 20.
Di fatto un allargamento è avvenuto.
Va detto che il ciclismo è stato per troppi anni prerogativa di troppe poche nazioni. Pertanto è evidente che era auspicabile una prima fase di allargamento oltre le nazioni storiche e poi in altri lidi (o come direbbe Martinello altre latitudini).


1° Tour de France 2018
Campionato del mondo gara in linea 2021.
Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da Winter »

Cthulhu ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 11:31
Ma per favore...
i resort in Gran Bretagna sono aperti si e no 10 giorni l'anno.
Quando nevica.
Gli appennini tosco-emiliani hanno un monte di piste da sci.I romani che citi si facevano già da bambini tutto l'inverno sulle alpi
Che cacchio c'entra la Vonn in questo discorso poi lo vedi solo tu.
ripeto, vi piace arrampicarvi sugli specchi.
P.S: ti sei dimenticato di Eddie the eagle, dei bobbisti giamaicani e del fondista di Tonga che sfila a torso nudo alle Olimpiadi invernali.
1) quando nevica.. pensa un po'
da me a 1500 mt sopra saint vincent non è mai stato aperto

qui il numero di sciatori in uk
https://www.statista.com/statistics/660 ... y-country/

https://lhm-marketing.com/en/uk-ski-mar ... any-brits/
1,5 ml han fatto almeno una settimana a sciare
di questi il 29% (quindi a occhio 400mila..) piu' di 2 settimane

mi sembra che l'unico che si arrampica sei tu
ti ripeto vai in qualsiasi localita' di sci , che siano francia , italia , austria ecc e troverai degli inglesi
alcuni stan li anche tutto l'inverno

2) Vonn
il minnesota non ha le montagne rocciose , è piu' piatto della gran bretagna (da te citata :diavoletto: )
e' la piu' grande sciatrice di tutti i tempi (se non la conosci , basta che usi google)
viene da li


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 12:19 Giusto per dirne una, nelle ultime 20 adizioni dei mondiali di ciclismo in linea prof. che sulla carta dovrebbe essere l'apice delle corse di un giorno, per la prima volta ha vinto
1 lettone
1 australiano
1 norvegese
1 portoghese
1 polacco
1 slovacco

per un totale di 8 mondiali su 20.
Di fatto un allargamento è avvenuto.
Va detto che il ciclismo è stato per troppi anni prerogativa di troppe poche nazioni. Pertanto è evidente che era auspicabile una prima fase di allargamento oltre le nazioni storiche e poi in altri lidi (o come direbbe Martinello altre latitudini).
ma i paesi dell'est negli anni 80 non partecipavano alle corse professionistiche
Non c'erano solo per quel motivo
se guardi il campionato del mondo dilettanti è dominato da loro
dal 1980 al 1993 se consideriamo anche le olimpiadi
Russia due titoli
Polonia due titoli
Germania Orientale cinque titoli
Ucraina un titolo
dieci titoli su 13 (nel 1984 non parteciparono alle olimpiadi estive)
gli altri tre titoli
son due vittorie nostre e una francese

Pero' i loro movimenti esistevano eccome , anzi per me erano anche piu' forti di adesso


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Slegar
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Cthulhu ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 11:31 ripeto, vi piace arrampicarvi sugli specchi.
Io potrei risponderti che ti piace essere indolente, perché non ti sforzi a controbattere alle nostre posizioni cercando qualche dato che rafforzi le tue tesi.

Se ti guardi i numeri messi da Winter e magari passi a leggerti la sezione del forum sul ciclismo giovanile vedrai che, nonostante la drastica riduzione di tesserati, squadre e gare, partendo dai ragazzini in su il ciclismo italiano numericamente è il movimento tra i più importanti (se non il più importante) a livello mondiale, ma tale vantaggio non si consolida realmente nel ciclismo che "conta", anzi sembra che la filera che porta la professionismo si sia interrotta e che il ciclismo italiano viva di rendita. Nibali, Viviani, Bettiol e Formolo, come Sagan, sono quattro delle nostre punte di diamante passate nel ciclismo che conta grazie alla Liquigas (in realtà il messinese il primo anno da pro lo ha corso con la Fassa Bortolo), però quella filiera è sparita. Se anni fa erano le nazioni straniere che venivano in Italia ad imparare "il mestiere del ciclismo", ora molti dei migliori junior italiani emigrano in formazioni straniere per cercare la strada del professionismo.

Un dato che può essere indicativo di un probabile ulteriore regresso del ciclismo italiano, è la presenza di over 30 dei ranking per nazioni dell'UCI. La classifica per nazioni è stilata in base alla somma dei punteggi dei dieci migliori atleti per ogni singola nazione e l'ultima classica è questa (tra parentesi il numero di over 30): Belgio (2), Francia (1), Olanda (3), Gran Bretagna (2), Italia (5), Spagna (4), Colombia (1), Germania (2), Australia (4) e Danimarca (3).

Sulla mondializzazione dico solo che solamente due nazioni "fuori dalle quattro cinque", ma con una lunga tradizione di ciclismo, hanno investito sul ciclismo su strada in questi anni con qualche risultato tangibile e sono l'Australia, tramite il progetto Jayco-AIS direttamente supportato dalla federazione, e la della Gran Bretagna con Sky e British Cycling; già il progetto sudafricano MTN ha prodotto molto meno.

Sul "qualche cane sciolto di provenienza esotica" ti rispondo, per iniziare, confrontando le nazionalità dei primi dieci classificati di Giro e Tour del 2018 e a campione 2015, 2010, 2005, 2000, 1995, 1990 e 1985 (con l'asterisco le nazioni ex URSS):

Giro 2018: Australia (1), Austria (1), Colombia (1), Equador (1), Gran Bretagna (1+1), Italia (2) Olanda (2), Spagna (1)
Tour 2018: Colombia (1), Francia (1), Gran Bretagna (2), Irlanda (1), Olanda (2), Russia* (1), Slovenia (1), Spagna (1)

Giro 2015: Canada (1), Costa Rica (1), Francia (1), Italia (2), Olanda (1), Rep. Ceca (1), Russia* (1), Spagna (2)
Tour 2015: Colombia (1), Francia (2), Gran Bretagna (1), Italia (1), Olanda (2), Spagna (2), Svizzera (1)

Giro 2010: Australia (2), Croazia (1), Kazakistan* (1), Italia (4), Spagna (2)
Tour 2010: Belgio (1), Canada (1), Lussemburgo (1), Olanda (1), Rep. Ceca (1), Russia* (1), Spagna (3), Stati Uniti (1)

Giro 2005: Italia (6), Spagna (1), Russia* (1), Ucraina* (1), Venezuela (1)
Tour 2005: Australia (1), Danimarca (1), Germania (1), Kazakistan* (1), Italia (1), Spagna (2), Stati Uniti (3)

Giro 2000: Colombia (1), Italia (6), Spagna (1), Russia* (1), Ucraina* (1)
Tour 2000: Colombia (1), Francia (2), Germania (1), Italia (1), Spagna (4), Stati Uniti (1)

Giro 1995: Austria (1), Colombia (1), Italia (3), Lettonia* (1), Russia* (2), Svizzera (2)
Tour 1995: Colombia (1), Danimarca (1), Francia (2), Italia (1), Spagna (3), Svizzera (2)

Giro 1990: Francia (1), Italia (4), Spagna (2), URSS* (2), Venezuela (1)
Tour 1990: Belgio (1), Italia (2), Messico (1), Olanda (1), Spagna (4), Stati Uniti (1)

Giro 1985: Australia (1), Francia (1), Italia (5), Spagna (1), Stati Uniti (1), Svezia (1)
Tour 1985: Australia (1), Canada (1), Colombia (2), Francia (1), Irlanda (2), Spagna (2), Stati Uniti (1)

Se guardi le nazioni presenti sono sempre le stesse con la Gran Bretagna che è uscita grazie all'effetto Sky, ma nel campione non compare Robert Millar/Pippa York che negli anni '80 ottenne podi al Giro e al Tour; cambia solamente, soprattutto al Giro degli ultimi anni, che ce ne sono di più. Le uniche due nazioni realmente nuove sono Costa Rica ed Equador, ma questo è dato esclusivamente dall'impegno di Movistar con la sua continental dell'America Latina.

Poi, dopo che ho tempo, passo alle classiche e qui la musica non cambia.


fair play? No, Grazie!
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Slegar
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 12:19 1 lettone
1 australiano
1 norvegese
1 portoghese
1 polacco
1 slovacco
Sono tutte nazioni di lunga tradizione ciclistica e poi Winter ti ha già risposto sulle nazioni dell'est.


fair play? No, Grazie!
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 12:19 Giusto per dirne una, nelle ultime 20 adizioni dei mondiali di ciclismo in linea prof. che sulla carta dovrebbe essere l'apice delle corse di un giorno, per la prima volta ha vinto
1 lettone
1 australiano
1 norvegese
1 portoghese
1 polacco
1 slovacco

per un totale di 8 mondiali su 20.
Di fatto un allargamento è avvenuto.
Va detto che il ciclismo è stato per troppi anni prerogativa di troppe poche nazioni. Pertanto è evidente che era auspicabile una prima fase di allargamento oltre le nazioni storiche e poi in altri lidi (o come direbbe Martinello altre latitudini).
Salvatore, è inutile.
Sono partiti con una idea in testa e vanno a dritto con quella.
Si sono anche convinti che gli inglesi sono un popolo di sciatori perché qualcuno va a farsi le settimane bianche.
Se uno è convinto che 2+2 fa 5 inutile discuterci.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Slegar ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 13:51
Salvatore77 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 12:19 1 lettone
1 australiano
1 norvegese
1 portoghese
1 polacco
1 slovacco
Sono tutte nazioni di lunga tradizione ciclistica e poi Winter ti ha già risposto sulle nazioni dell'est.
Tradizione? Quello che contano sono i risultati.


1° Tour de France 2018
Campionato del mondo gara in linea 2021.
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Winter ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 13:10
Salvatore77 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 12:19 Giusto per dirne una, nelle ultime 20 adizioni dei mondiali di ciclismo in linea prof. che sulla carta dovrebbe essere l'apice delle corse di un giorno, per la prima volta ha vinto
1 lettone
1 australiano
1 norvegese
1 portoghese
1 polacco
1 slovacco

per un totale di 8 mondiali su 20.
Di fatto un allargamento è avvenuto.
Va detto che il ciclismo è stato per troppi anni prerogativa di troppe poche nazioni. Pertanto è evidente che era auspicabile una prima fase di allargamento oltre le nazioni storiche e poi in altri lidi (o come direbbe Martinello altre latitudini).
ma i paesi dell'est negli anni 80 non partecipavano alle corse professionistiche
Non c'erano solo per quel motivo
se guardi il campionato del mondo dilettanti è dominato da loro
dal 1980 al 1993 se consideriamo anche le olimpiadi
Russia due titoli
Polonia due titoli
Germania Orientale cinque titoli
Ucraina un titolo
dieci titoli su 13 (nel 1984 non parteciparono alle olimpiadi estive)
gli altri tre titoli
son due vittorie nostre e una francese

Pero' i loro movimenti esistevano eccome , anzi per me erano anche piu' forti di adesso
Erano ovviamente più forti di adesso fra i dilettanti per vari motivi, tra cui anche la differenza di età.
Ma noi stiamo parlando di ciclismo professionismo. Il fatto che anche i paesi dell'est da 30 anni corrono fra i prof. (la Polonia anche da prima) sta a dimostrare proprio quello che dico io.
Non fa specie nel ragionamento questa cosa.
Se adesso in Kenia ci sono squadre di ciclismo o i paesi dell'est sono passati al professionismo non fa differenza. Non rileva ai fini dell'analisi il come. Contano i numeri.
Qualche settimana fa l'ho scritto proprio come causa principale del fatto che adesso gli spazi sono ridotti per tutti, cioè la presenza di nazioni che prima non esistevano.
Non sarà globalizzazione ma sicuramente il ciclismo sta cambiando. Non sarà un caso che adesso il mondiale si corre al massimo 9 per squadra e mica tutti, prima si correvva in 12 più il campione del mondo 13.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 14:25
Erano ovviamente più forti di adesso fra i dilettanti per vari motivi, tra cui anche la differenza di età.
Ma noi stiamo parlando di ciclismo professionismo. Il fatto che anche i paesi dell'est da 30 anni corrono fra i prof. (la Polonia anche da prima) sta a dimostrare proprio quello che dico io.
Non fa specie nel ragionamento questa cosa.
Se adesso in Kenia ci sono squadre di ciclismo o i paesi dell'est sono passati al professionismo non fa differenza. Non rileva ai fini dell'analisi il come. Contano i numeri.
Qualche settimana fa l'ho scritto proprio come causa principale del fatto che adesso gli spazi sono ridotti per tutti, cioè la presenza di nazioni che prima non esistevano.
Non sarà globalizzazione ma sicuramente il ciclismo sta cambiando. Non sarà un caso che adesso il mondiale si corre al massimo 9 per squadra e mica tutti, prima si correvva in 12 più il campione del mondo 13.
Erano piu' forti perche' avevano un enorme bacino , tantissimi talenti , grossa organizzazione ed anche l'eta'
pero' se guardi i campioni del mondo

1980 Soukou 24 anni
1981 Vedernikov 22 anni
1982 Drogan 27 anni
1983 Raab 21 anni
1985 Piacecki 24 anni
1986 Ampler 22 anni
1988 Ludwig 28 anni
1989 Halupczok 21 anni
1991 Rjaksinski 24 anni
1993 Ullrich 20 anni

Non erano cosi' vecchi
Son d'accordo con te che il ciclismo sta cambiando , ma non vedo sta globalizzazione

Sottoscrivo quello che ha scritto Slegar


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Cthulhu ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 3:59
Slegar ha scritto: sabato 4 maggio 2019, 20:07 Lo sci alpino è stato inventato dagli inglesi.

Il trofeo Kandahar, che ultimamente si è disputato a Garmisch-Partenkirchen, è dedicato al generale dell'impero britannico Frederick Roberts, I conte Kandahar (ora Afghanistan) che, citando Wikipedia, "divenne vicepresidente del Public Schools Alpine Sports Club nel 1903, segnando una tappa fondamentale nella storia dello sci inglese, oltre ad inaugurare la Roberts of Kandahar Cup che ebbe luogo a Crans-Montana (o Crans-sur-Sierre) otto anni dopo, l'11 gennaio 1911, organizzata con l'aiuto di Arnold Lunn (1888–1974) e con i trofei offerti da Lord Roberts in persona."

Cambiamo esempio (e Winter ha pienamente ragione).
Vi pace proprio arrampicarvi sugli specchi, vedo.
Gli anglosassoni hanno codificato praticamente tutti gli sport. Ad esempio pure il bob e la pallanuoto. Che notoriamente praticano a legioni
Ryding è il secondo sciatore inglese nella storia ad arrivare sul podio in CdM. L'unico precedente è Bartelski che addirittura viveva in Olanda, altro noto ruolo d'origine di sciatori alpini. Quando arrivò secondo in una discesa libera il commento del telecronista austriaco fu " è impossible, è inglese "

E a dir la verità le prime gare di sci cd alpino le hanno fatte in California nell' 800. Ovviamente erano immigrati norvegesi, visto che lo slalom tra gli alberi faceva parte dell'addestramento dei soldati dell'esercito norvegese

L'ultima volta che sono andato a fare la settimana bianca era pieno di napoletani.
Tutti pronti per la coppa del mondo.
Come si sa per fare sci agonistico basta una settimana all'anno.
Bisognerà farglielo notare agli inglesi che sono un popolo di sciatori come gli austriaci.
Stavo per scriverlo io, un conto sono gli sciatori della settimana bianca, un altro quelli agonistici.
Per arrivare in Copppa del Mondo devi allenarti tutti i giorni da quando hai 6/7 anni, altrimenti non ci arrivi.
L'Inghilterra potrà tirare fuori, una volta ogni vent'anni, uno scitore da coppa del mondo, ma non potrà mai avere una squadra competitiva


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Cthulhu ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 14:10
Si sono anche convinti che gli inglesi sono un popolo di sciatori perché qualcuno va a farsi le settimane bianche.
Se uno è convinto che 2+2 fa 5 inutile discuterci.
se il tuo giudizio viene influenzato da chi hai incontrato in settimana bianca.. :diavoletto:
magari la prossima volta al posto dei napoletani incontrerai degli inglesi :cincin:


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Lazzaro1 ha scritto: domenica 5 maggio 2019, 14:34
Stavo per scriverlo io, un conto sono gli sciatori della settimana bianca, un altro quelli agonistici.
Per arrivare in Copppa del Mondo devi allenarti tutti i giorni da quando hai 6/7 anni, altrimenti non ci arrivi.
L'Inghilterra potrà tirare fuori, una volta ogni vent'anni, uno scitore da coppa del mondo, ma non potrà mai avere una squadra competitiva
basta trasferirsi
la famiglia del mio vicino di casa si è trasferita da genova alla valle d'aosta , quando aveva 12 anni
quest'anno ha esordito in coppa del mondo
come ho scritto prima
lindey vonn viene dal minnesota non dal colorado
sciava su di una pista da sci da 80 metri di dislivello (stile quelle inglesi)
alle medie s'e' trasferita in colorado a vail
nella scuola per sportivi di stams ci son anche degli inglesi
bisogna vedere quanto uno vuole una cosa .. e le disponibilita' economiche delle famiglie
lo sci resta uno sport molto costoso

tornando al ciclismo
prendo dalla tua frase
non contano i ciclisti della domenica , contano gli agonisti


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