Matteo ha colto il senso della vera divaricazione di interessi a cui si va assistendo nello sport mondiale. Una divaricazione di interessi che nel ciclismo, con le sue peculiarità, è ancor più accentuato.
Il mercato dei diritti tv si fa sempre più selvaggio e non irregimentabile facilmente. Se da un lato è vero che gli organizzatori possono attingere a qualche risorsa in più nel breve, è pur vero che finiscono (con miopia) a deprezzare i loro giocattoli.
Tutti ricordiamo poi l'esempio della formula 1 di qualche anno fa, dove i team maggiori fancularono sonoramente il boss Ecclestone che voleva cedere i diritti esclusivi alle pay in tutto il mondo. Non se ne fece nulla perchè Montezemolo & Co. fecero valere le esigenze pubblicitarie delle case automotive dietro ai team.
Nel ciclismo i team contano ancora pochissimo e non vorrei che la bellissima proposta di revenue sharing avanzata da Acquarone non debba divenire un mero grimaldello per fare ingoiare ai team la pay tv generalizzata. Sarebbe la morte del ciclismo e dei team nell'arco di pochi anni. Anzi, i team diverrebbero preda delle solite società di intermediazione che trattano i diritti tv, procurano le sponsorizzazioni e gestiscono i diritti di immagine dei campioni che corrono per quei team.
Capiamoci bene, non stiamo parlando di fantascienza. E' già realtà questa dinamica.
Giusto per fare un esempio solo svizzero, Img gestisce l'immagine di un campione come Cancellara, Infront gestisce alcuni contratti pubblicitari per il Team Leopard (ma mi pare che la sponsorship Craft sia gestita da Img) e le due più importanti gare svizzere sono gestite per la raccolta da Img e per la produzione tv da Infront.
Infront e Img si muovono in modo complementare, dove va una non va l'altra. Infront lavora in Qatar (ferreo rapporto) e Oman, la Img lavora per Dubai.
Si può dire che le due società si spartiscano oculatamente le conflittualità di interesse eventuali.
Per osservare invece il futuro che ci aspetta, dobbiamo invece analizzare il concetto di pay tv. In Italia siamo abituati a ragionare sul modello flat (costo fisso mensile per tot eventi) delle pay tv, ma in realtà ciò che ci aspetta nel futuro prossimo (nello sport minore, calcio di vertice escluso) è la polverizzazione dei diritti ed il loro sfruttamento in modalità di acquisto singolo. Gli eventi piccoli costano e non poco e la tecnologia accentuerà il gap (HD, 3D), per cui saranno commercializzati meno eventi e nella modalità più estrema e lucrativa.
Per questa ragione indebolire i broadcasting nazionali pubblici equivarrà per gli organizzatori ad un indebolimento della promozione dei loro eventi e delle discipline sportive da essi promosse.
Un ulteriore rischio è quello di divenire "taglieggiati" da queste società, che se si occuperanno della raccolta pubblicitaria e dei diritti avranno in mano le chiavi dell'auto.
Il rischio è oggettivamente di arrivare ad una selezione del calendario sulla base della mera redditività per le società di intermediazione, o in termini di pay tv o di content-sponsorship diretta, ovvero lo sponsor che acquisisce i diritti tv (dai soliti noti) degli eventi, irradiandoli poi dalle piattaforme che egli desidera (anche il proprio sito) o da altri siti di grande traffico comprando spazi pubblicitari all'interno, infarcendoli di spot o richiedendo in cambio la registrazione per finalizzare proprie operazioni commerciali.
E' naturale che in contesti così concorrenziali e verticisticamente controllati non ci sarà spazio per tutti gli attuali organizzatori e che il ruolo dei team sarà progressivamente ridimensionato, se si continuerà ad operare con ridotta professionalità come attualmente (non intendo in termini sportivi, intendo in termini di marketing). I team hanno la necessità di consolidarsi e di acquisire consistenza, se possibile anche in termini di radicamento territoriale, altrimenti saranno sempre più alla mercé di procuratori e intermediatori vari (pubblicitari, diritti tv, ecc.), che poi sono come visto fra loro collegati.
In tutto questo appare evidente come l'antica arroganza (mi si passi il termine) del broadcaster pubblico non è più possibile. Non è accettabile che la Rai dia alla LegaProf (detentrice dei diritti tv) la miseria di poche decine di migliaia di euro all'anno e che gli organizzatori italiani si debbano pagare la produzione tv.
La naturale conseguenza sarà la sopravvivenza di poche gare particolarmente storiche ed interessanti che nel giro di breve finirebbero nel giro dei soliti intermediatori e tutt'attorno il deserto.
Essendo il ciclismo uno strumento enorme di marketing territoriale (forse l'unico vero) sarebbe bene che si corresse subito ai ripari, immaginando soluzioni innovative ed intelligenti di collaborazione fra tv pubblica, amministratori locali sul territorio , Fci (LegaProf) ed organizzatori.
Il modello francese insegna. Il Tour i francesi lo vogliono free2all, non in modalità pay4fewpeople. Là c'è in ballo la Francia e qua da noi l'Italia che, se permettete, è un sacco più bella e varia. Il ciclismo è più di uno sport e quando lo capiranno politici e vertici Rai? (e vertici Fci
)