Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
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Trullo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Bravo, la rivalità con Martano menzionata nel film, a che corsa si riferiva?

Filini: Fra il nostro Martano e lo spagnolo Trueba fu un bel duello nell'agosto del '34!

Fantozzi: Guardi che era giugno!

Filini: Ahhh giugno '34, pardon ho sbagliato!

Calboni: Giuugno, ggiugno... Trueba, Trueeba!! Soprannominato la pulce dei Pirenei!



Su Belloni mio padre è nato in un paesino vicino a Pizzighettone, patria appunto di Belloni, e me lo ha nominato spesso per la fama di "eterno secondo", anche se alla fine vinse un Giro, due Sanremo e tre Lombardia. Anche a me piacerebbe leggere qualcosa su di lui


Salvatore77
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Messaggio da leggere da Salvatore77 »

Questo topic alimenta le mie curiosità su un ciclismo di un tempo che definire pioneristico è anche riduttivo.
Leggo notizie del primo Tour de France 1903.
6 tappe dislocate in 18 giorni. Quindi si correva a singhiozzo.

1ª 1 luglio Montgeron > Lione 467 km
2ª 5 luglio Lione > Marsiglia 374 km
3ª 8 luglio Marsiglia > Tolosa 423 km
4ª 12 luglio Tolosa > Bordeaux 268 km
5ª 13 luglio Bordeaux > Nantes 425 km
6ª 18 luglio Nantes > Parigi 471 km

classifica a tempi, il secondo quasi 3 h di ritardo.
Tappe di una lunghezza terrificante, percorse ad una media di 25,6 km/h per tappa si stava in sella anche 15 h.
L'ultimo (21esimo) 64 h di ritardo. Mediamente si sobbarcava 10 h di corsa in più ogni tappa, quindi correva per 24 h di seguito, cioè un giorno intero.

E' un altro sport.


1° Tour de France 2018
Campionato del mondo gara in linea 2021.
giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da giorgio ricci »

A me piacerebbe parlare di tutto. Ma la figura di Trueba, citato spessissimo come ricordato da De zan mi incuriosisce.
Idem mi piacerebbe si parlasse di Brunero, vincitore di 3 Giri e del mitico eterno secondo Gaetano Belloni e come acetzme già detto, del Gp Wolber, che ricordo De zan diceva essere il Mondiale prima del 27.
Insomma, già chiesto tutto.
Ricordo anche un intervista di De zan a Binda in cui Alfredo parlava dell'episodio delle 34 uova.
Non ricordavo però si trattasse del Giro di Lombardia 26.
Grande topic.!!!
Ultima modifica di giorgio ricci il giovedì 18 ottobre 2018, 21:58, modificato 2 volte in totale.


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Alanford
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Alanford »

Ragazzi questo topic me lo sto gustando e divorando!
Amo il ciclismo di quegli anni e qualcosa ho pure letto, ma c'è tanto ancora da sapere; è un periodo che mi ha sempre incuriosito ed appassionato.
Grazie Paglia!


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Immagine Allora rimaniamo sempre negli anni '30 e parliamo un po' di Vicente Trueba, la Pulce dei Pirenei.

Premessa: per motivi di tempo dividerò il post in due parti.

Al di là del fatto che Vicente, per via delle sue caratteristiche estreme, è parte integrante del folklore ciclistico, il suo ruolo nella storia non si limita affatto a quello di mera macchietta.

Benché il ciclismo, in Spagna, sia popolare già negli anni '10/'20, tanto che le prime Vuelte al Pais Vasco, sovente per non dire sempre, sono delle autentiche parate di stelle (di tanto in tanto non solo ciclistiche, Ernest Hemingway segue, in veste di giornalista, la prima edizione dell'Itzulia), a livello internazionale i corridori iberici non riescono a ottenere risultati di spicco.

In particolare il Tour de France, durante i suoi primi 25 anni di vita, è tabù per i pochi corridori spagnoli che provano a parteciparvi. Vicente Blanco è il primo, al Tour 1910, ma è costretto a ritirarsi. Stessa sorte, 9 anni dopo, per José Orduna, mentre Antonio Guillermo e Jaime Janier alzano bandiera bianca nel '20. Janier sarà il primo spagnolo, insieme a Victorino Otero, a concludere la Grande Boucle nel 1924. Saranno, rispettivamente, 30esimo e 42esimo.

Bisognerà, tuttavia, aspettare il finire del decennio per trovare uno spagnolo in grado di competere coi grossi calibri europei. Salvador Cardona Balbastre, valenciano di Alfahuir, nel 1928 riesce a piazzarsi 15° al Tour de France, ma è nel '29 che mette definitivamente il suo paese sulla mappa.

Cardona vince, superando in volata Victor Fontan, la prima tappa Pirenaica, 363 km da Bayonne a Bagnères-de-Luchon. 3°, a oltre 8', Maurice Dewaele, che quel Tour lo conquisterà. E' la prima vittoria spagnola alla Grande Boucle. Inoltre, il valenciano, non sazio, battaglia con i grossi calibri per tutte e tre le settimane e conclude la gara a tappe francese con un 4° posto, vetta mai toccata prima da un ciclista battente bandiera giallo-rossa.

Sono queste prestazioni che convincono Desgrange, nella stagione successiva, a invitare la selezione spagnola al primo Tour per nazionali. Cardona guida la truppa, ma tra le sue fila vi è anche un corridore estremamente minuto, un metro e cinquantaquattro per cinquanta chilogrammi, che si dice essere fortissimo in salita: Vicente Trueba.

Trueba, terzo di otto fratelli, viene da una famiglia di ciclisti. Lui e i fratelli maggiori, José e Federico, lavorano come coltivatori di patate e grazie ai soldi guadagnati riescono a comprarsi una bicicletta. José, successivamente, diventa un corridore abbastanza importante e può permettersi di comprare dei nuovi mezzi, inclusa una Favor che, poi, la futura Pulce dei Pirenei erediterà.

Vicente passa professionista nel 1926 e la prima vittoria non tarda ad arrivare. Quello stesso anno, infatti, in una giornata a dir poco torrida, conquista il Gran Premio Gorordo, nella sua Cantabria. Il fratello José prende in testa la salita de La Braguía, ma fora, e così la pulce ha l'occasione di correre per sé. Trueba scatta e nessuno, lungo quelle rampe così arcigne, riesce minimamente a contenerlo. Vince con 6 minuti di vantaggio sul secondo.

Durante quella stessa gara, a causa del caldo infernale, un corridore si sente male in salita e muore. Trueba, con grande signorilità, donerà i soldi vinti quel giorno alla famiglia del defunto, in modo che possano permettersi di organizzare il funerale.

In breve tempo Trueba diventa uno dei nomi di spicco della scena spagnola. Nel 1929 è 5° alla Volta a Catalunya, corsa più importante della sua nazione, a 18' dal vincitore Mariano Cañardo. Inoltre, in quella stessa stagione, conquista anche il Circuito Ribera Jalón. L'anno successivo, invece, si guadagna la chiamata alla Grande Boucle trionfando in ben quattro gare: il Circuito de Pascuas, il Circuito de Pamplona, il G.P. de Burgos e il Circuito de Sodupe.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Immagine Nel 1930 Vicente Trueba partecipa al Tour, tra le fila della selezione spagnola, insieme al fratello José e a Salvador Cardona, Valeriano Riera, Francisco Cepeda, Juan Mateu, Jesus Dermit, Nicola Tubu. Cardona, in virtù del 4° posto ottenuto nella stagione precedente, è il leader della squadra, oltreché uno dei favoriti per la vittoria finale.

La Grande Boucle, tuttavia, non va come previsto, gli spagnoli sono di rado protagonisti, in classifica generale i migliori sono Cardona e Riera, rispettivamente 16° e 17°, mentre il più giovane dei Trueba arriva solo 24°. Inoltre, vi furono anche delle tensioni tra gli iberici e il direttore del Tour Desgrange. Una sera, infatti, a Perpignan, gli spagnoli notano gli italiani bere del vino e decidono di fare altrettanto, tuttavia la cosa gli sfugge di mano e finiscono per alzare un po' troppo il gomito. La bravata non passa inosservata agli occhi del vulcanico Henri, il quale, il giorno seguente, tramite la stampa, accusa pubblicamente Trueba e compagni di essere un gruppo di ubriaconi.

Scottato da quanto successo in Francia, Vicente, decide di non tornare al Tour nel 1931. Passa la stagione a correre in spagne e ottiene, tra gli altri risultati, un 2° posto nella prima storica edizione della Subida a Urkiola. A batterlo è Ricardo Montero, autentico ciclone (vincerà oltre 100 corse in carriera) nonché nemesi per eccellenza, sul suolo nazionale, della Pulce dei Pirenei.

Montero, che come Vicente proviene da una famiglia di ciclisti (il fratello Luciano è un altro tra i nomi più famosi della scena spagnola dell'epoca), a cavallo tra gli anni '20 e gli anni '30 batte innumerevoli volte Trueba. Citiamo, tra le altre corse degne di nota, oltre alla Subida a Urkiola del '31, anche la Santikutz Klasika del '30 e la Clásica de los Puertos de Guadarrama del '32.

Nel frattempo, al Tour del '31, solo Cepeda prende il via tra le fila della nazionale spagnola, mentre Cardona vi partecipa come cicloturista. Questo fa si che Desgrange decida di non invitare la Spagna all'edizione del '32 e, così, Trueba, il quale decide di tornare in Francia dopo che un ragazzo del suo paese lo accusa di essere malato di tubercolosi (all'epoca era considerato uno smacco enorme), vi prende parte come isolato.

Trueba, pur correndo da solo, è autore di una gara degna di nota, in cui ottiene anche un 5° posto di tappa nella decima frazione, che arriva a Nizza. Ma è il suo modo di correre, con la ciliegina del passaggio per primo in cima all'Aubisque, in una giornata da tregenda, nel corso della Pau - Bagnères-de-Luchon, a non passare indifferente. Trueba, con quel suo stile unico in bicicletta, che oggi definiremmo en danseuse, strega Desgrange, il quale, per l'anno seguente, decide di inserire una particolare classifica che possa premiare i corridori come Trueba, cioè coloro che passano per primi in cima alle grandi vette di Alpi e Pirenei. Nasce la classifica dei GPM.

Arriviamo, così, a quel 1933 che consegna Vicente Trueba alla storia. Prima prende parte al Giro d'Italia, l'ultimo vinto da Alfredo Binda, dove non è mai protagonista, tuttavia. Poi si ripresenta al Tour, nuovamente come cicloturista, il che voleva dire, sostanzialmente, doversi pagari vitto e alloggio e non avere l'assistenza tecnica.

Il Tour di Vicente è semplicemente magnifico. In salita è il più forte, ottiene quattro piazzamenti nei primi dieci, di cui due top-5 e un podio (a Tarbes arriva a giocarsi la tappa, ma viene battuto in volata da Jean Aerts), in classifica generale è 6° a 27'27" dal vincitore Speicher, scollina in testa sul Peyresourde, sul Vars, sul Tourmalet, sul Ballon d'Alsace, sul Brauss, sull'Aspin, sull'Aubisque e, soprattutto, sul Galibier, dove passa per primo con 11' minuti di vantaggio su Learco Guerra che poi andrà a riprenderlo e a vincere la tappa, ascesa in cui stabilisce il nuovo record di scalata.

Tanto fenomenale in salita, quanto disastroso in discesa, Trueba diventa, comunque, estremamente popolare per le sue prestazioni ed è il primo, nella storia, a vincere la classifica dei GPM della Grande Boucle, totalizzando 134 punti contro gli 81 del secondo, vale a dire Antonin Magne. Inoltre, le sue prestazioni, gli permettono di guadagnare oltre settantacinquemila pesetas.

Trueba, oltretutto, è uno dei sei corridori che arrivano dentro il tempo massimo nel corso della decima tappa, la Digne-les-Bains - Nice. Purtroppo per lui Henri Desgrange, che nel frattempo aveva coniato il soprannome Pulce dei Pirenei, decide di salvare buona parte dei corridori che avrebbero dovuto abbandonare la corsa (ripartiranno in 43). Senza questo provvedimento Trueba avrebbe vinto il Tour.

Grazie alla prova decisamente convincente di Trueba, la selezione spagnola torna al Tour de France nel '34, anche se, gli iberici, devono accontentarsi di spartire la squadra con la Svizzera (4 spagnoli e 4 svizzeri). La Pulce dei Pirenei è autore di un'altra ottima prestazione, conquista 5 top-10 di tappa, fra cui due podi, e conclude decimo in classifica generale, penalizzato anche da una cronometro di 90 km. Tra lo stupore generale, però, perde la classifica dei GPM, oltretutto abbastanza nettamente (111 a 95), per mano di René Vietto.

Nel 1935 la Spagna ha una squadra tutta per sé al Tour. Tuttavia, Trueba decide di abbandonare la gara nel corso della quinta frazione, dopo che lungo la discesa del Galibier cade e muore il connazionale cicloturista Francisco Cepeda. Sarà l'ultima partecipazione della Pulce dei Pirenei alla Grande Boucle. Nel '36, in Spagna, scoppia la guerra civile e questo costringe Vicente ad abbandonare l'attività agonistica a soli 31 anni. Proverà a riprenderà, ma non riuscirà mai a tornare il corridore visto nella prima metà degli anni '30.

A 81 anni, il 10 novembre 1986, Vicente Trueba si spegne. Ancora oggi, tuttavia, l'immagine di quell'uomo minuto che scala le montagne ballando sulla bicicletta è impressa nella storia di questo bellissimo sport. Se oggi esiste la maglia a pois (e tutti i derivati) lo dobbiamo a lui.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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:clap: :clap: :clap:


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Winter »

Grazie paglia :cincin: :clap: :clap:


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simociclo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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mi associo agli applausi per questo magnifico thread

Grazie Pagliarini :cincin: :clap:


"la mente è come il paracadute, funziona solo se si apre" A. Einstein
Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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È un piacere per me :cincin:


herbie
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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giorgio ricci ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 20:56 Il buon Vietto riscuote successo. :D
di Vietto mi sono trovato un giorno di fronte a quella che credo sia proprio la tomba, devo avere anche una foto. Volle, per qualche motivo, farsi seppellire in cima al Col de Braus....


herbie
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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giorgio ricci ha scritto: giovedì 18 ottobre 2018, 21:35 Ricordo anche un intervista di De zan a Binda in cui Alfredo parlava dell'episodio delle 34 uova.
già questo dice molto sulla tempra di certi campioni. Specie cresciuti in quell'epoca. Non so quanti manterrebbero condizioni di salute stabili anche senza farci nel frattempo 250 km.
Ma sono convinto che qualcuno dei corridori di oggi potrebbe fare altrettanto. Non si diventa corridori ciclisti per caso.
Da tempo ci penso...prima o poi proverò anch'io a vedere l'effetto che fa spaccare l'uovo sul manubrio e berselo pedalando...uno però non di più, PER CARITA' :D :D :D .

PS: sul discorso della resa della bici in discesa: diciamo che fa tanta differenza, su asfalto, se la bici "alternativa" è veramente messa male male, altrimenti, su asfalto, conta il manico.

Detto questo, a quel tempo credo sia verissimo che facesse grande selezione la discesa (ma altrettanta la salita, con quei rapporti e lo sterrato ruvido....), per le condizioni della strada. Ma certamente, su sterrato magari anche fangoso, anche piccole differenze di qualità della bici (stabilità del telaio, freni, tenuta dei tubolari, assemblamento che dia il minimo possibile di vibrazione) potevano certo fare importanti differenze...


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Vorrei chiedere a Luciano Pagliarini.
Oltre al già citato eterno secondo Gaetano Belloni vi fu un altro grande rivale di Girardengo, spesso dimenticato, il piemontese Giovanni Brunero.
Fu il primo capace di vincere 3 Giri d'Italia, di cui il terzo nel 26 quando già si era messo a disposizione di Binda, il quale caduto durante la competizione aiutò il suo valido gregario a vincere il Giro.
Quali erano le caratteristiche di questo corridore, peraltro assai continuo nei piazzamenti dal 20 al 27.?
Girardengo mi da l'impressione che non fosse esattamente il prototipo di corridore che regge le salite lunghe o sbaglio?
Perché Belloni al Giro si ritirò molte volte nell'apice della carriera? Forse aveva problemi di recupero, o pativa di testa l'essere uno dei favoriti?
Come mai nessuno, fra i tre citati fece risultati di rilievo L Tour? Brunero vinse una tappa nel 24, si ritirò da terzo per una caduta ma non andò più in Francia, mentre Girardengo e Belloni non fecero mai risultati.
Troppo duro, scarso interesse o competitor più validi?


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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giorgio ricci ha scritto: sabato 20 ottobre 2018, 22:15 Vorrei chiedere a Luciano Pagliarini.
Oltre al già citato eterno secondo Gaetano Belloni vi fu un altro grande rivale di Girardengo, spesso dimenticato, il piemontese Giovanni Brunero.
Fu il primo capace di vincere 3 Giri d'Italia, di cui il terzo nel 26 quando già si era messo a disposizione di Binda, il quale caduto durante la competizione aiutò il suo valido gregario a vincere il Giro.
Quali erano le caratteristiche di questo corridore, peraltro assai continuo nei piazzamenti dal 20 al 27.?
Girardengo mi da l'impressione che non fosse esattamente il prototipo di corridore che regge le salite lunghe o sbaglio?
Perché Belloni al Giro si ritirò molte volte nell'apice della carriera? Forse aveva problemi di recupero, o pativa di testa l'essere uno dei favoriti?
Come mai nessuno, fra i tre citati fece risultati di rilievo L Tour? Brunero vinse una tappa nel 24, si ritirò da terzo per una caduta ma non andò più in Francia, mentre Girardengo e Belloni non fecero mai risultati.
Troppo duro, scarso interesse o competitor più validi?
Ciao Giorgio, leggo solo ora. In serata vedrò di iniziare a scrivere qualcosa sui due.

Intanto rispondo alla tua ultima domanda: Brunero andò al Tour del '24 perché invitarono la Legnano. Negli anni successivi la Legnano non fu più invitata alla Grande Boucle e per questo Brunero non vi tornò più.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Grazie. Tranquillo, io non ho fretta. Mi piace solo continuare la discussione. Gli argomenti sono tantissimi e poco esplorati sul forum.
In Italia si conoscono aneddoti, piu che altro curiosità, ma mai si approfondiscono argomenti tecnici o le caratteristiche dei corridori e soprattutto manca un vero confronto fra il ciclismo franco_belga ed europeo di quel periodo in e quello italiano.
Pochi conoscono Thys o Frantz.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine Gaetano Belloni, Tano per gli amici, è sicuramente una delle figure più affascinanti dell'immediato post prima guerra Mondiale. Eterno secondo che, oltre alla strada, amava anche la pista, gli Stati Uniti e il biliardo. Un eclettico che raccontava di aver fatto quasi 50 traversate dell'atlantico. E non si stenta a credergli, in fondo, visto che parliamo di un atleta che seppe conquistare traguardi prestigiosi anche al di là dell'oceano. In carriera, infatti, vinse sia la sei giorni di New York che quella di Chicago.

Tano nasce a Pizzighettone, in provincia di Cremona, ma si trasferisce ben presto a Milano insieme alla sua famiglia. Non tocca una bici fino ai 20 anni, prima lavora come apprendista in una manifattura tessile e allo stesso tempo si dedica alla lotta Greco Romana.

Inizia a correre nel 1912, alternando l'attività su strada a quella sulla pista in cemento del Velodromo Sempione, ma non si trova a suo agio e in un primo momento sembra intenzionato a mollare. Sarà un medico a convincerlo a continuare, facendogli capire di essere in possesso di un fisico straordinario, perfettamente adatto all'attività del ciclista.

Rincuorato, Tano, si rende autore di un 1914 da autentico dominatore tra i dilettanti. Vince il campionato italiano di categoria, il Piccolo Lombardia e la Coppa del Re.

Durante la sua precedente attività, presso la manifattura tessile, Belloni si amputa, per errore chiaramente, pollice e indice della mano destra. Per questo motivo, nel 1915, non viene chiamato a combattere la prima guerra mondiale. Questo evento rappresenta, per lui, un trampolino di lancio enorme, dato che ha così l'occasione di continuare a correre anche durante il conflitto globale.

Sul finire di una stagione, di per sé, già ricca di successi, partecipa anche al suo primo Giro di Lombardia. Alle 7.50 del mattino del 7 novembre 1915, da Corso Sempione, prende il via l'11esima edizione della classiche delle foglie morte. Costante Girardengo è il grande favorito, ma sul Brinzio la sua pedalata non sembra particolarmente brillante e, sotto il forcing di Bertarelli e del vincitore del Giro 1914 Alfonso Calzolari, si stacca dai primi. Al contrario, Tano, ha la proverbiale gamba che scappa. Se ne va in salita insieme a Paride Ferrari, Romeo Poid e Angelo Vay, mentre, in una discesa che è teatro delle scivolate di Calzolari e Bertarelli, rientra sui battistrada lo spericolato Rinaldo Spinelli.

Spinelli, tuttavia, molla appena la strada torna a salire. Poid, invece, si ferma al rifornimento e perde le ruote degli altri uomini di testa. A Erba, in seguito, tocca a Vay alzare bandiera bianca, vittima dei crampi e di un'auto dell'organizzazione che lo investe mentre cerca di superare un gruppo di tifosi in bici che ostruivano la strada. Tano resta da solo in testa con Ferrari, i due vanno di comune accordo fino al traguardo. Paride lancia la volata appena passato il cartello che indica l'ultimo chilometro, Belloni non si fa sorprendere e nel finale lo fulmina conquistando, in questo modo, il suo primo Giro di Lombardia.

Il 1916 è un anno interlocutorio per Tano, anche perché, a causa della guerra, le occasioni per correre non sono molte. Non organizzano nemmeno la Milano - Sanremo in quella stagione. La classicissima, tuttavia, torna nel 1917 e Belloni è intenzionato a vincerla. La concorrenza, però, è di alto livello: c'è Girardengo, il quale evita la chiamata alle armi grazie al suo lavoro in fabbrica, e lo svizzero Oscar Egg, campione sia su strada che su pista.

I corridori al via della classicissima, il 15 aprile 1917, sono in tutto 48. La pioggia battezza la corsa sin dalla partenza, ma sul Turchino la situazione peggiora ed una vera e propria tormenta inizia ad abbattersi sui corridori. Tano, in questa situazione a dir poco estrema, si esalta e porta un portentoso attacco in salita che non lascia scampo a nessuno. Scollina per primo con 4'03" su Egg e 6'27" su Girardengo. Sulla successiva discesa, inoltre, lo svizzero è vittima di una crisi di freddo e viene raggiunto dal novarese.

I due continuano per un po' insieme, mentre il vantaggio dal battistrada si stabilizza intorno ai cinque minuti, poi, sui Piani d'Invrea, lo svizzero va definitivamente in crisi (si ritirerà) e molla le ruote del campionissimo. Il Libeccio, nel frattempo, continua ad infrangersi con veemenza contro i corridori. Tano prosegue noncurante della tormenta e nemmeno due forature riescono a fermarlo. Al contrario, invece, Girardengo deve dire addio ai sogni di gloria dopo essere stato bersaglio di infingarde coliche di stomaco.

Alle 19, mentre le luci dei fari delle auto squarciano l'acqua che continua a scendere impetuosa, Belloni arriva a Sanremo, accolto dagli applausi di un pubblico tanto bagnato quanto festante. Girardengo è secondo a 11'48", mentre Angelo Gremo, giunto dopo oltre 42', sale sul gradino più basso del podio.

Continua........................


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Bitossi
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Grande Paglia, seguo questo thread con estremo interesse, ma non riesco ad intervenire per motivi vari... :(

Approfitto comunque di una curiosità della foto di Belloni qua sopra: visto che soffrì l’amputazione di due dita della mano destra, dobbiamo dedurre che la foto di copertina del periodico argentino fosse stata sviluppata al contrario. Infatti le dita mancanti sembrano proprio quelle della sinistra; inoltre la fede sulla mano destra... ;)

Detto questo, hai tutta la mia ammirazione per la competenza storica; diventerà devozione totale quando smetterai di usare “nelle fila” invece del corretto “nelle file”... :diavoletto:
(fila non è il plurale di... fila; è invece il secondo plurale di filo, dopo “fili”. Comunque si sbagliava sempre anche il Bulba... :D )

Vabbuo’, visto che si è parlato della Sanremo, posto anche qui un video tra i più belli reperibili in YouTube, già postato in qualche altro thread qualche anno fa (MI-Sanremo1922, rocambolesca vittoria di Brunero su Girardengo):



EDIT: azz, però la trasmissione nella foto di Belloni è dal lato giusto... :o Quindi o le dita amputate erano quelle della sinistra (e Belloni indossava per vezzo o per comodità la fede sulla destra sana), oppure in anticipo di quasi un secolo usava la trasmissione sulla sinistra! :D
Oppure ancora, la foto è stata ritoccata... bel casino, comunque! :boh:


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Ringrazio la mia mamma per avermi fatto studiare da ciclista
herbie
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da herbie »

Bitossi ha scritto: lunedì 22 ottobre 2018, 19:17 Grande Paglia, seguo questo thread con estremo interesse, ma non riesco ad intervenire per motivi vari... :(

Approfitto comunque di una curiosità della foto di Belloni qua sopra: visto che soffrì l’amputazione di due dita della mano destra, dobbiamo dedurre che la foto di copertina del periodico argentino fosse stata sviluppata al contrario. Infatti le dita mancanti sembrano proprio quelle della sinistra; inoltre la fede sulla mano destra... ;)

Detto questo, hai tutta la mia ammirazione per la competenza storica; diventerà devozione totale quando smetterai di usare “nelle fila” invece del corretto “nelle file”... :diavoletto:
(fila non è il plurale di... fila; è invece il secondo plurale di filo, dopo “fili”. Comunque si sbagliava sempre anche il Bulba... :D )

Vabbuo’, visto che si è parlato della Sanremo, posto anche qui un video tra i più belli reperibili in YouTube, già postato in qualche altro thread qualche anno fa (MI-Sanremo1922, rocambolesca vittoria di Brunero su Girardengo):



EDIT: azz, però la trasmissione nella foto di Belloni è dal lato giusto... :o Quindi o le dita amputate erano quelle della sinistra (e Belloni indossava per vezzo o per comodità la fede sulla destra sana), oppure in anticipo di quasi un secolo usava la trasmissione sulla sinistra! :D
Oppure ancora, la foto è stata ritoccata... bel casino, comunque! :boh:
stavo riflettendo anch'io su questa cosa, come penso avrai intuito... :D
io propendo per il fatto che ci sia stato qualche intoppo nella "tradizione" della notizia e agli annali risulti la destra invece della sinistra. Il pollice della sinistra nella foto è chiaramente mancante dell'ultima falange e l'indice non c'è, infatti le dita sono tre. Prodigioso come facesse con quelle strade e quei sobbalzi e quelle vibrazioni che quelle bici dovevano trasmettere al manubrio ad tenere la presa salda che serviva.


Luciano Pagliarini
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Iscritto il: mercoledì 27 settembre 2017, 21:54

Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine Il 1917 prosegue bene per Tano, il quale, a 25 anni, con Sanremo e Lombardia in palmares, è da considerarsi di fatto uno degli esponenti di spicco del movimento italiano. Nel corso della stagione, inoltre, conquista la terza Milano - Varese consecutiva e, in coppia con Alfredo Sivocci, la prima edizione del Giro della Provincia di Milano, una corsa particolare, suddivisa in due prove, una cronocoppie e una gara in pista.

A fine stagione si ripresenta al via del Giro di Lombardia. Stavolta, alla partenza della classica delle foglie morte, non ci sono solo gli italiani, ma anche i grossi calibri stranieri, come Philippe Thys e Henri Pelissier. Tano, non ha una gran gamba, fatica già sul Brinzio, anche se, grazie all'indulgenza degli avversari, riesce a rimanere coi primi. In seguito, però, fora ai piedi dell'erta di Binago, proprio quando Thys e Pelissier iniziano a infiammare la gara. Belloni resta staccato e deve accontentarsi di chiudere al 6° posto, a 3'25" da Thys che centra il bersaglio grosso regolando, in volata, Pelissier, Leopoldo Torricelli, Luigi Lucotti e Charles Juseret.

Alla Milano - Sanremo del 1918 Girardengo si prende la sua rivincita su Tano. La corsa vive un'altra giornata da tregenda e alla partenza, causa la guerra che continua a imperversare, ci sono solo 33 atleti. Belloni parte forte e tenta di mettere tutti in difficoltà sin da subito, ma Girardengo risponde bene e va al contrattacco a 200 km dall'arrivo, staccando il rivale. Il lombardo, oltretutto, finisce presto vittima della spietata dea bendata, prima fora e poi cade. Il distacco dal campionissimo di Novi s'impenna fino a 7'30". Sul Turchino, dando fondo a tutte le sue energie, gli recupera 1'30", ma ormai è tardi e, mentre una violenta mareggiata bersaglia i corridori in quel di Alassio, Tano è costretto ad alzare bandiera bianca. Al traguardo è 2° a 13' dal vincitore.

La musica, però, cambia rapidamente nel corso della stagione per il nativo di Pizzighettone il quale, nei mesi successivi, si leva lo sfizio di vincere due classiche prestigiose come la Milano - Modena, in cui precede Lauro Bordin e il belga Alexis Michiels, e la Milano - Torino, ove si mette alle spalle l'amico Sivocci e Angelo Vay.

Il 10 Novembre 1918, alle ore 7'45" di una giornata plumbea, prende il via, da Milano, la 14esima edizione del Giro di Lombardia. Belloni è l'assoluto protagonista di giornata, attacca su tutte le salite: Brinzio, strappo di Binago, Cappelletta e Cicognola. E' chiaramente il più forte e per questo stenta a trovare collaborazione, tanto che, alla fine, non riesce a portare via un gruppetto di poche unità e deve giocarsi la corsa con ben 12 corridori. All'ultimo chilometro, dalla testa, il cremonese lancia la volata. Lo sprint è incredibilmente impetuoso, tanto che l'amico Sivoci, il quale si trova in seconda posizione, fa fatica ad affiancarlo. Poi, di tratto, un cane si infila in mezzo al plotone provocando la caduta di Lucotti e spezzando il gruppo. Nessuno, così, ha più possibilità di replicare a Belloni che conquista il secondo Giro di Lombardia della carriera.

Continua..............


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Niи
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Solo una micro delucidazione. Cosa intendi quando scrivi che all'ultimo km si lancia la volata? Che letteralmente facevano una progressione lunghissima o che semplicemente prendeva la testa all'ultimo km, ma poi la volata partiva sui classici 200-300 metri?


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Niи ha scritto: martedì 23 ottobre 2018, 12:29 Solo una micro delucidazione. Cosa intendi quando scrivi che all'ultimo km si lancia la volata? Che letteralmente facevano una progressione lunghissima o che semplicemente prendeva la testa all'ultimo km, ma poi la volata partiva sui classici 200-300 metri?
Questa è una cosa che non so con precisione nemmeno io, visto che comunque parliamo di informazioni che sono state tramandate nel tempo e non ci sono filmati dell'epoca.

Comunque tendo a optare più per la prima.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine Nel 1919, dopo 5 anni, torna, finalmente, il Giro d'Italia. La corsa si snoda in 10 tappe, parte da Milano, arriva fino a Napoli, e poi torna su per concludersi laddove era iniziata. Girardengo prende la testa della classifica già nella prima tappa, ove conquista il successo parziale superando, in volata, altri quattro atleti: Alfonso Calzolari, Alfredo Sivocci, Giuseppe Santhià e Giovanni Roncon. Tano arriva a oltre 11'. Il campionissimo, in seguito, serve il bis il giorno successivo, questa volta staccando tutti e giungendo in solitaria sul traguardo di Trieste, precedendo di 3'30" Calzolari, 5' Santhià, 7'10" Clemente Canepari e 9'5" un Belloni che pare in crescita.

Oscar Egg, il campione svizzero, spezza il dominio dell'omino di Novi vincendo una volata di 14 atleti a Ferrara. Il leader della classifica generale è comunque secondo, mentre Tano giunge terzo. Ezio Corlaita trionfa nella frazione più lunga del Giro, 411 km da Ferrara a Pescara, superando, in uno sprint a 2, Luigi Lucotti. Girardengo e Belloni arrivano nel primo gruppo inseguitore a 8'23". Nella Pescara - Napoli, invece, è finalmente la volta del cremonese, che conquista il suo primo successo parziale sulle strade della corsa rosa, regolando, un arrivo a tre, Girardengo e il campione belga Marcel Buysse.

Negli ultimi 5 giorni la gara diventa un monologo, Girardengo è straripante e vince sempre, Belloni deve accontentarsi di un paio di piazzamenti sul podio di tappa, nelle due frazioni conclusive, e del secondo posto in classifica generale a 51'56" dal vincitore. Terzo arriva Buysse, primo straniero sul podio del Giro d'Italia.

Tano è nuovamente secondo dietro a Girardengo anche al Lombardia. La corsa si mette subito male per il cremonese, il quale fora e subisce l'attacco dei fratelli Pélissier, intenti ad approfittare della sfortuna che ha colpito il campione uscente. Tuttavia i due, mentre sono in fuga Ottonello e Azzini, si scontrano con un tram e finiscono per terra, permettendo al grosso del gruppo di rientrare su di loro. Sul Brinzio, poi, si scatena una bufera di neve e con lei anche l'omino di Novi. Non curante del tempo da leoni, infatti, il piemontese attacca e si leva tutti di ruota. In seguito, sull'inedito Ghisallo, mentre il campionissimo, in testa, continua a guadagnare su tutti, Belloni e il fenomeno svizzero Heiri Suter staccan o il resto della compagnia.

Girardengo ha 17' di vantaggio sui due inseguitori, ma, improvvisamente, lo colpisce lo stesso problema che, 98 anni dopo, azzannerà Tom Dumoulin giù dallo Stelvio. L'omino di Novi è costretto a fermarsi e perde 4', mentre dietro, Tano, avvertito del problemi del rivale, accelera e stacca Suter. La corsa sembra potersi realmente riaprire quando Costante scende dalla bici una seconda volta, ma, alla fine, il campionissimo riesce a ripartire e giunge al traguardo con 8' di vantaggio sul cremonese.

Il 1920 è l'anno d'oro di Tano Belloni. La stagione inizia con la solita Milano - Sanremo, corsa, quest'anno, movimentata sin dall'inizio. Il favorito Girardengo, infatti, fora e immediatamente partono gli attacchi. Ben presto, in testa, si forma un gruppetto composto da Alavoine, Luguet, Henri Pélissier, Lombardi, Cerutti, Gremo, Annoni, Sivocci, Torricelli, Azzini, Belloni, Brunero e Oliveri. Il campionissimo rientrerà sul Turchino insieme a Francis Pélissier. In seguito, in testa alla corsa, rimangono solo i due Pelissier, Brunero e Luguet. A Savona, tuttavia, Henri fora e l'andatura, giocoforza, rallenta, in quanto Francis decide di aspettare il fratello. Ne approfitta Tano che rientra. Il francese tornerà sotto a Capo Noli, insieme a Girardengo e Giuseppe Azzini. Il campionissimo ha nuovamente problemi meccanici ad Alassio, ma, con un grosso sforzo, riprende i battistrada appena giù dal Capo Berta. Tuttavia, al termine della salita, per non perdere la scia delle ammiraglie, decide di non cambiare rapporto e resta col 46x18. Si arriva, così, allo sprint, dove la Bianchi, forte del fatto di avere tre uomini (Tano, Henri Pélissier e Azzini), la fa da padrone lanciando il cremonese il quale, contro un Girardengo penalizzato dall'avere il rapporto da salita, ha vita facile e vince la sua seconda classicissima precedendo il compagno Pélissier e lo stesso campionissimo, che deve accontentarsi del gradino più basso del podio.

La Bianchi domina anche al Giro d'Italia. Tripletta della prima tappa con Giuseppe Olivieri che precede Angelo Gremo e Tano Belloni. Il giorno successivo, tocca, invece, al Cremonese, il quale vince la Torino - Lucca regolando, in una volata a due, il giovane Giovanni Brunero. Mentre Tano balza in vetta alla classifica generale, Girardengo, caduto il giorno prima sul Monte Ceneri, è costretto al ritiro.

Belloni serve il bis nella Lucca - Roma, dove batte Gremo in volata. La Bianchi continua a spadroneggiare, vincendo anche le frazioni numero quattro e sei col francese Jean Alavoine. Nella settima e penultima tappa Tano chiude la pratica con un successo in solitaria. Belloni dà un saggio di tutta la sua forza e giunge al traguardo di Trieste con 2'04" su Ugo Agostoni e 25'37 sul sopraccitato Alavoine. Nell'ultimo giorno di gara la corsa vede la vittoria parziale assegnata a ben 9 corridori, vale a dire Agostoni, Sala, Rossignoli, Petiva, Buysse, Belloni, Alavoine, Gremo e Di Biase. Il motivo è presto detto, nel circuito dell'ippodromo di Milano il pubblico ha invaso la la pista, non permettendo ai corridori di disputare la volata.Poco male, ad ogni modo, per Tano Belloni che conquista il suo primo e unico Giro d'Italia con 32'24" su Gremo e 1h 01' 14" sul Alavoine.

L'annata, poi, si concluderà in modo trionfale con la vittoria di entrambe le prove, cronocoppie e australiana, e della classifica generale nel Giro della Provincia di Milano, al quale partecipa insieme al fido Giuseppe Azzini. Al Lombardia, invece, deve accontentarsi di un tragicomico 3° posto. Tano, Henri Pélissier e Brunero sono in testa da soli a pochi km dalla fine. Il cremonese fora e, benché l'ammiraglia fosse subito dietro, ci mette un po' a cambiare la ruota. Brunero, il quale era stretto nella morsa Bianchi, prova ad approfittare del colpo di fortuna, ma la dea bendata ne ha anche per lui. Il torinese, infatti, è vittima di un salto di catena che spiana la strada verso la sua terza vittoria nella classica delle foglie morte a Pélissier.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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A 28 anni Tano Belloni ha già vinto un Giro d'Italia, due Milano - Sanremo, due Giri di Lombardia, una Milano - Modena e due Giri della Provincia di Milano. Non proprio il palmares che ti aspetti da uno conosciuto come eterno secondo. L'epopea effettiva del cremonese come eterno piazzato inizia solo nel 1921.

Quell'anno, infatti, al netto delle sette vittorie stagionali, tre tappe al Giro d'Italia, entrambe le frazioni e la classifica generale del Giro della Provincia di Milano b (si correvano due edizioni in una stagione) e la seconda Milano - Modena della carriera, deve accontentarsi della medaglia d'argento sia alla corsa rosa che al Lombardia. In ambedue i casi, inoltre, la sconfitta arriva in modo beffardo. Al Giro, infatti, Brunero gli lo precede per soli 41" (distacco irrisorio oggi, figuratevi all'epoca), mentre, nella classica delle foglie morte, Girardengo lo supera in volata per pochi centimetri.

Al Giro del 1922 l'inizio di Tano è folgorante: vince due delle prime tre frazioni e veste la maglia rosa. Tuttavia, la giuria, dopo aver inizialmente squalificato Giovanni Brunero, nel corso della prima tappa, per cambio ruota irregolare, gli permette di correre sub judice e, in seguito, lo riammette con 25 minuti di penalizzazione. Per protesta, la Bianchi, tra le cui file (ho preso appunti, Bitossi) milita Belloni, e la Maino di Girardengo, ritirano la squadra dal Giro. Probabilmente, senza questa mossa totalmente folle del suo team, il lombardo avrebbe vinto la sua seconda corsa rosa.

La stagione non è comunque da buttare. Tano, in coppia una volta con Girardengo e una con Brunero, conquista entrambi i Giri della Provincia di Milano. Inoltre, partecipa per la prima ed ultima volta alla Parigi - Roubaix, ottenendo un buon 6° posto. Su pista, insieme alla leggenda australiana Alfred Goullet, trionfa nella sei giorni di New York.

Il 1923 e il 1924 sono gli anni più duri. Arriva per due volte secondo alla Sanremo, battuto allo sprint sia da Girardengo prima che da Pietro Linari poi. E' il primo dei battuti, inoltre, anche alla Milano - Torino del '23 e al Giro del Veneto, al Giro dell'Emilia e al Giro della provincia di Milano b del '24. In quest'ultima gara, peraltro, conquista, nella prova su pista, la sua unica vittoria in questo biennio. Al Giro è costretto al ritiro nel '23 mentre nel '24, come tutti i grandi campioni, diserta la corsa rosa a causa di un contenzioso tra squadre e organizzazione.

Il 1925 è l'anno del riscatto. Al Giro conquista due tappe, tra cui quella conclusiva, ed è quarto, in classifica generale, dietro a Binda, Girardengo e Brunero (poker d'assi vero e proprio). Inoltre, torna a vincere la Milano - Modena, la terza della carriera. Il successo più prestigioso della stagione, tuttavia, arriva il 3 maggio. Belloni supera in una volata a due Bartolomeo Aimo, dopo essere già sbarazzato, in precedenza, di Binda (il quale sarà terzo a '130"), Girardengo e Brunero, e taglia per primo il traguardo del Giro del Piemonte, una delle poche grandi classiche che mancavano al suo palmares.

Continua...........

Ps: questo weekend sono incasinatissimo e, inoltre, sto lavorando a un nuovo board per CW, non riuscirò a riprendere con questo topic prima di martedì.


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Abruzzese
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Mi complimento con Pagliarini per l'apertura di questo stupendo thread. In passato, quando avevo più tempo a disposizione, mi sono dilettato nel leggere eventi relativi al cosiddetto "ciclismo eroico", anche se non sempre ho trovato una dovizia di particolari come quella che lui ci fornisce. Veramente una splendida idea, utile a tutti (specie magari ai più giovani che di un determinato periodo non hanno molta conoscenza) per conoscere e stimolare un bellissimo dibattito. :clap: :clap: :clap:

In attesa che venga completato il discorso su Tano Belloni, posto un mio breve scritto che ho pubblicato in altra sede nelle scorse settimane e che ho voluto dedicare a Julian Berrendero, un altro degli spagnoli protagonisti nell'epoca di Trueba e sulle cui vicende, anche extrasportive, ci sarebbe molto da dire. Indubbiamente la guerra tolse molto anche ad uno come lui, che pian piano stava emergendo sulle strade del Tour de France negli anni dello scoppio della guerra civile spagnola:

"Qualche volta basta la musicalità di un nome per restarne rapiti, affascinati, incuriositi oltre misura. Julian Berrendero sarebbe stato un perfetto nome da corsaro, da bucaniere spadroneggiante nelle Antille. Da personaggio, insomma, in grado di solcare i mari con l’ardimento di chi agisce come se non ci fosse un domani. Invece era un ciclista, figlio di una Spagna tanto lontana quanto tormentata ma che già ben conosceva il valore del sogno. Già preconizzava la bellezza struggente e ammaliante delle imprese disegnate in salita, alzandosi sui pedali per dar vita ad un concerto d’immane leggiadria. Tanti mirabili poeti pedalanti avrebbe fornito nei decenni la terra iberica, lui fu uno dei primi, nello stesso momento in cui Vicente Trueba, detto “la Pulce dei Pirenei”, animava l’immaginario collettivo.

Di Julian non colpiva tanto la statura quanto il viso, tanto da essere ricordato come “El negro de los ojos azules”, vale a dire “il moro con gli occhi azzurri”. Forse la perfetta sintesi di una terra che per secoli ha fatto i conti con le influenze arabe ma con lo sguardo fiero e principesco di chi voleva prendersi il mondo (e che pure, ai tempi del Siglo de Oro, tutto sommato un po’ ci riuscì). Quale terreno migliore delle salite per mostrare la propria vera indole di sognatore d’altri tempi, quando la Spagna del pedale era, sostanzialmente, agli albori?

Se ne accorsero alla Grande Boucle, lì dove Alpi e Pirenei facevano doppiamente (eufemismo) paura, lì dove i più forti sparivano letteralmente dalla vista in una nuvola di polvere, mentre arrancando e scavallando ci si portava pian piano verso quota Duemila o giù di lì. Incantava, Julian Berrendero, pur senza riuscire né a vincere, né mai a concludere il Tour de France nelle prime dieci posizioni. Gli bastava la salita per accendere i cuori, come nel 1936 quando, da degno successore di Trueba, venne incoronato miglior scalatore. Come nel 1937, dove la leggendaria Luchon-Pau, punteggiata dei favolosi Peyresourde, Aspin, Tourmalet ed Aubisque, fu da lui domata con autorevolezza da hidalgo.

Un lampo di luce per una Spagna trascinata verso il nero della guerra, della dittatura. Un prezzo pesantemente pagato da Julian con la forzata lontananza e persino l’internamento nei campi di lavoro. Lui, che si sentiva così libero e fantasioso sulle amate salite e che proprio con le sue doti da grimpeur fece propria per due volte la Vuelta, nel 1941 e il 1942. Di più non si poteva osare al tempo in cui si attendeva soltanto che l’orrore avesse fine. Amava la propria famiglia come nessun’altra cosa, tanto da trovarsi ad abbandonare la Vuelta del 1948 per l’estremo saluto al proprio padre.

Così, nella musicalità incalzante del suo nome, il suo ricordo si sperde nel tempo. Come i versi di un poeta intrisi d’amore tanto autentico quanto disperato. La bellezza, forse, sta proprio in questo. Come nell’eterna traversata di un mare sterminato."


"L'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa. L'importante è ciò che provi mentre corri" (Giorgio Faletti in "Notte prima degli esami")

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Abruzzese
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Lancio inoltre un'altra questione: in qualcuno dei precedenti interventi di Pagliarini è stato citato Luigi Lucotti, un altro dei protagonisti del ciclismo degli "Anni Dieci" del Novecento. Ecco, di lui magari non si parla moltissimo ma seppe ottenere vittorie di notevole fattura e piazzamenti altrettanto meritevoli. Di lui però ho sentito parlare di un episodio, che magari proprio Pagliarini potrà confermare se attiene alla realtà o alla leggenda metropolitana: in uno dei Tour de France di quegli anni (forse quello del 1919 ma non ci metto la mano sul fuoco), Lucotti non so se per aver sbagliato strada o cosa, si ritrovò a transitare in un piccolo paese di campagna in cui credo che si svolgesse una festa paesana. Ebbene, venne intrattenuto fino a sera con cibo e soprattutto del buon vino, al punto che il giorno seguente, completamente ubriaco, non avesse neppure coscienza di dove si trovasse. Io la sapevo così e credo che il protagonista fosse proprio Lucotti, in caso contrario felice di essere smentito.

P.S.: il Giro d'Italia 1914 pure meriterebbe un racconto a parte, per tutte le cose che accaddero e che resero la vittoria di Calzolari (fortemente contestata da alcuni) veramente romanzesca.


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giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Grazie anche ad Abruzzese. :clap: :clap: :clap:


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Trullo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Trullo »

Conoscevo l'aneddoto raccontato da Abruzzese, probabilmente riportato da qualche telecronista o qualche giornalista della Gazzetta, ma non il protagonista al quale si riferiva
Questo topic da solo giustifica l'intero forum


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Ciao Vivian, bentornato.

Oggi pomeriggio, dopo il cross, vedo di riprendere il topic.


Luciano Pagliarini
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Iscritto il: mercoledì 27 settembre 2017, 21:54

Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Abruzzese ha scritto: mercoledì 31 ottobre 2018, 13:58 Lancio inoltre un'altra questione: in qualcuno dei precedenti interventi di Pagliarini è stato citato Luigi Lucotti, un altro dei protagonisti del ciclismo degli "Anni Dieci" del Novecento. Ecco, di lui magari non si parla moltissimo ma seppe ottenere vittorie di notevole fattura e piazzamenti altrettanto meritevoli. Di lui però ho sentito parlare di un episodio, che magari proprio Pagliarini potrà confermare se attiene alla realtà o alla leggenda metropolitana: in uno dei Tour de France di quegli anni (forse quello del 1919 ma non ci metto la mano sul fuoco), Lucotti non so se per aver sbagliato strada o cosa, si ritrovò a transitare in un piccolo paese di campagna in cui credo che si svolgesse una festa paesana. Ebbene, venne intrattenuto fino a sera con cibo e soprattutto del buon vino, al punto che il giorno seguente, completamente ubriaco, non avesse neppure coscienza di dove si trovasse. Io la sapevo così e credo che il protagonista fosse proprio Lucotti, in caso contrario felice di essere smentito.
La storia dice che dei tifosi lo fermarono sul Col St. Michel, mentre aveva i crampi, e lo portarono a una festa.

La tappa dovrebbe essere la Nizza - Grenoble, in cui Lucotti arriva 11° a 5h 46' dal primo.

In tutte le altre frazioni dall'ottava in poi, Luigi, esce una volta dai primi 2 e mai dai primo 4.

Dunque è verosimile che sia successo.

Ps: oggi ha avuto un sacco di robe da fare e sono cotto, con Belloni se ce la faccio finisco in serata.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Un appello a Luciano Pagliarini per continuare nella sua gloriosa missione. Uno sparuto gruppo, ma molto appassionato, di adepti attende due notizie!!!


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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giorgio ricci ha scritto: giovedì 8 novembre 2018, 21:49 Un appello a Luciano Pagliarini per continuare nella sua gloriosa missione. Uno sparuto gruppo, ma molto appassionato, di adepti attende due notizie!!!
Da mercoledì prossimo in poi potrei avere un po' di tempo, ora proprio non ce la faccio.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Luciano Pagliarini ha scritto: giovedì 8 novembre 2018, 22:21
giorgio ricci ha scritto: giovedì 8 novembre 2018, 21:49 Un appello a Luciano Pagliarini per continuare nella sua gloriosa missione. Uno sparuto gruppo, ma molto appassionato, di adepti attende due notizie!!!
Da mercoledì prossimo in poi potrei avere un po' di tempo, ora proprio non ce la faccio.
Tranquillo, basta non lasciare morire la cosa. E poi sono trepidante per leggere qualcosa su Giovanni Brunero.


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