herbie ha scritto: ↑martedì 12 marzo 2019, 12:19
[quote="Mario Rossi" post_id=572580 time=<a href="tel:1552371944">1552371944</a> user_id=17673]
Chinaski, giusto per completezza. Io dico "Non prendo come esempio Pantani ma Nibali è Contador,paragonabili per palmares a lui" ma il lui non è Aru, ma Pantani, citato da Winter , e che io non ho mai
potuto vedere all'opera.
non pensavo fossi così giovane!
Su Aru e sull'impegno nelle piccole corse tendo a darti ragione,ma rimango convinto che questa "abulia" che gli noti sia solo un altro aspetto dei problemi "di testa" che lo condizionano, assai più di quelli di gambe. Ma io sono di quelli che pensano che non esiste che un atleta "bruci" il motore. Esistono situazioni di stanchezza o appagamento psicologico che si possono instaurare, quello sì, ma che non sono affatto situazioni irreversibili. I watt sono sempre quelli e calano ma di poco poco dopo i 40, e il fisico, se non ha qualche patologia CRONICA, pure. Il riposo invernale è più che sufficiente a resettare la freschezza e prontezza di tutto il fisico; chiaro che deve essere riposo, non un altro lavoro, come succede per gli amatori (loro sì, che, se allenati in maniera professionale e quindi viaggianti fuori dal "loro", in qualche anno possono ritrovarsi in una situazione fisica non recuperabile in breve tempo....).
Viceversa, ritengo sempre che attualmente Aru sia attanagliato da una situazione morale di nervosismo assolutamente fuori luogo, che finisce, questo sì, per bruciargli energie preziose, e, alla lunga, per mettergli addosso una dannosa sfiducia (l'"abulia"...), anche probabilmente nell'allenarsi con meno convinzione ed efficacia. Se vieni da risultati deludenti è facile tendere a non faticare fino in fondo, visto che ti si insinua il dubbio della fatica sprecata, quando non hai sufficiente fiducia intorno.
Aru ad esempio nell'autunno scorso ha caricato su strava alcuni allenamenti dove ha realizzato tempi su tempi su livelli molto alti sulle salite della zona, mettendo in luce alcuni allenamenti fatti veramente forte, cosa che però (per via dei tempi monstre) gli altri professionisti in genere evitano di fare. Anche questo mi pare segno di un certo nervosismo o comunque di un'insolita esigenza di dimostrare un valore e un impegno che forse qualcuno vuol mettere in discussione.
PS: pensa un po', pensavo che avessi usato l'aggettivo "atavico" per dare in maniera alquanto poetica l'idea come di una stanchezza da atleta "antico", troppo navigato, definitivamente disincantato...
ma che volevi dire in realtà con l'aggettivo in questione?
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Sono molto contento che tu abbia una visione simile alla mia. Prima cosa: sono del 92( specializzando in ortopedia) e mi sono innamorato del ciclismo in un noiosissimo pomeriggio di maggio passato tra paradigmi di greco e aoristi
. Era il Giro 2007 e secondo arrivò Schleck, ecco perché quando parlo di ciclismo spesso parlo di lui. Con lui sono cresciuto ciclisticamente parlando e al suo ritiro ho anche pianto ( cosa unica sè pensi che non l'ho fatto nemmeno per Totti). Ti dico che sulla fusione del motore la penso esattamente come te. Per me il problema è mentale.
L'aggettivo atavico è stata una licenza poetica al fine di creare una climax ascendente ( i ricordi del classico riaffiorano). Per atavico intendevo tristezza atavica , secolare, e anche immotivata per me che non lo conosco. Ora attento che sto per scrivere un'eresia. Per tutti quelli che la leggeranno prendete con le pinze quelli che sto per dire. Il concetto di tristezza atavica l'ho visto nel mio mito Andy. Il paragone è azzardato, perché a livello di talento i 2 sono diversissimi, ma entrambi quando corrono non ti danno quella sensazione di felicità che ti dà Sagan o Vincenzo, ma quasi quasi di tristezza. Considera che per questa triestezza ad Andy nel triennio 2012-14 gliene ho dette di tutti i colori. Poi solo nel 2016, alla luce di una magnifica intervista rilasciata da Andy ho capito la sua personalità e perché, nonostante sia stato il talento più cristallino degli ultimi 15 anni, non ha vinto nulla. Questa intervista si riassume in 2 frasi:" Non ho mai pianto quando ho vinto io, ho sempre pianto quando vinceva Frank" e "(Dopo la morte di Wouter) non riuscivo a vedere in TV le gare dove mio fratello correva. Ogni volta che non lo vedevo sbucare da una curva mi sentivo male". Da queste 2 frasi capisci bene perché Andy non si sia mai espresso totalmente. Io in Aru vedo una cosa simile. Ci sono delle motivazioni che verrano fuori solo dopo il suo ritiro, come nel caso di Andy, che non lo fanno correre serenamente e gli fanno fare gesti che lo rendono antipatico( Cazzo di bici o il gesto di cacciare le telecamere). La differenza è che Andy, prima dell'infortunio, poteva correre anche senza allenarsi tanto era il suo talento; Fabio no. Quindi ribadisco la mia idea di mettergli un mental coach per fargli passare questa" tristezza atavica"
P.S. Qundo avrete finito di leggere e bestemmiare per l'avvento tesa di questo commento fatemi sapere cosa ne pensate.
Sparo una sentenza su Remco per me lui è un Benoot che ci crede di più. Cioè non sarà lui il futuro dei belgi nei GT ma mi da sempre più la sensazione di essere quelli che per me sono i "classici mezzi corridori belga". Sono forti, però la salita non è roba per loro.
Io, 4 febbraio 2022