Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Krisper
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Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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21 gennaio 1921
Nasce il Partito Comunista d’Italia

Il suo scioglimento nel febbraio 1991, preceduto da un’appassionante quanto drammatica discussione sulla “cosa”, ha chiuso una pagina importante della vita di molte persone.
Che si sia stati simpatizzanti o militanti, avversari o nemici, la sua storia è presente nelle vite di ogni famiglia italiana.

In occasione di questo anniversario si moltiplicano gli interventi e le analisi storiche e politiche.
Alcune, a mio parere, imbarazzanti. Ma poco importa.

Mi piacerebbe che in questo 3d venisse fuori un vissuto personale, una narrazione fatta di piccole storie, di sentimenti (negativi o positivi), melanconici e liberatori.
Una piccola antologia utile a capire come e quanto sia cambiato il nostro personale rapporto con la politica, magari utile a recuperare una vecchia passione oppure a fare i conti con una parte del nostro passato. E, perché no, cosa recuperare oggi di quella esperienza.

Quindi non tanto un’analisi storica e di filosofia politica, di quello ce n’è già abbastanza in giro.

Non sono OT eventuali racconti personali legati ad altri partiti storici (es. DC), ma con questo 3d mi piacerebbe rompere, nel nostro piccolo, “il silenzio dei comunisti” come lo definì Vittorio Foa.

Non si sentano esclusi i più giovani, è interessante sapere che idea hanno oppure immaginano di quella esperienza storica e di quel momento storico.

Uno storytelling, un racconto collettivo a 100 anni da quella giornata livornese, seduti idealmente attorno ad un tavolo di una vecchia festa dell’Unità, con un buon bicchiere di vino.


La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
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nemecsek.
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Krisper ha scritto: giovedì 26 novembre 2020, 18:20

Non sono OT eventuali racconti personali legati ad altri partiti storici
Arriveranno certo testimonianze più interessanti e ortodosse della mia.
Siccome che ho 53 anni, nel 68 ero appena nato, nel 77 ero un babanetto, dei cosiddetti anni di piombo ho un ricordo nebuloso, papà era operaio a Mirafiori, il clima era pesante, poi riuscì (riuscimmo) a tornare al paesello. Allora, verso l’ 84 ero una giovane capra ignorante e presuntuosa, frequentavo questo amico figlio di un dirigente UIL iscritto al PSI, andai pure a cena con un parlamentare.
Poi c’era questa ragazzina, sempre nello stesso clan PSI, andai con lei a fare volantinaggio forse per Giusi La Ganga, che il cielo mi perdoni…
Poco dopo mangiai la foglia, io cagavo sangue per cercare lavoro e questi sistemavano i figli in BNL o in ferrovia (era ministro Signorile).
Fui attratto in edicola da una rivista con la A cerchiata, ed iniziò una moderata, per quanto si possa essere moderati a 17 anni, militanza nel movimento anarchico locale. Non nego che vi fossero aspetti poco legati all'ideologia ma seducenti per un giovane caprone di provincia, ce semo capiti.
Poi pure lì iniziai a notare parecchie incoerenze, e negli anni seguenti gettai il mio voto facendo mia la pratica della nonna del mio caro amico Rocksteady:
Nonna ma che hai votato?
Falce e martello!
Si ma quale? Ce ne sono quattro partiti con falce e martello!
Dove erano disegnati più grossi!
La mia minima storia è questa, quella che ha forgiato la mia profonda intolleranza verso le incoerenze e le distanze dalla realtà di tanti militanti di sinistra.
Ora non voto, e dopo aver letto il prezioso Lemond, al bar mi dichiaro determinista.
Aspetto i racconti di militanza di un paio di utenti in particolare, certamente più interessanti del mio.


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eliacodogno
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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nemecsek. ha scritto: giovedì 26 novembre 2020, 21:12 mio caro amico Rocksteady:
interessante Bebop


Se il tuo modo di lavorare è questo qui, compragli un casco a Sgarbozza e fallo fare a lui il Giro, perché io non lo faccio più (P.S.)

'Idea del Forum' per me non vuol dire assolutamente niente. (H.F.)
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nemecsek.
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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eliacodogno ha scritto: giovedì 26 novembre 2020, 21:40
nemecsek. ha scritto: giovedì 26 novembre 2020, 21:12 mio caro amico Rocksteady:
interessante Bebop
:diavoletto:

Ce stamo dentro!
Rock è bello inquartato, che pure ha una decina di anni meno di me.
Io sono ogni giorno più bello e magro; corsa, spinning, workout totalbody, basta sostanze illegali, gin tonic e sigarette con giudizio.


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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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A pure questa me ricordo.
Io abito nella città che fu repubblica partigiana e medaglia al valor militare... qua ce ne sarebbero da raccontare...
Negli anni 70 il MSI tentò un dibattito pubblico in città, vennero i carabinieri a prelevare quei due sventurati che si rifugiarono in una chiesa per sfuggire alla folla che li voleva ungere per bene...
Nel 2002 venne il vicepresidente del consiglio, Gianfranco Fini, ad inaugurare la fiera locale.
In molti scesero in piazza a manifestargli contro, una folla trasversale, i partigiani, le sinistre, i cattolici.. ce stavo pure io... a un certo punto se stacca dal muro un tizio e me viene incontro, era un ragazzo abruzzese con cui anni prima si era fatta qualche serata con la compagnia dei miei amici, quarche conclave... 8-) figlio di poliziotto, il babbo lo aveva fatto entrare nel corpo, e stava alla digos di Cuneo...
come va, me fa, ma state a manifestare contro questo?... fidati, non è di questo che dovete avere paura.... in effetti ci attendevano parecchi anni de SIlvietto.... Immagine


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lemond
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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La mia storia con il movimento comunista è piuttosto corta e si riduce a quando frequentavo l'università e poco più. Per l'esame di storia delle dottrine economiche partecipai a un seminario dove scelsi di stare dalla parte di Trotskij e mi lessi quel che aveva scritto lui e i tre libri di Isaac Deutscher. Grande scrittore, il russo mi catturò completamente per qualche anno e andai anche a Pisa dove c'era la sezione più vicina della IV internazionale. Dopo la laurea in Economia e Commercio, detti un esame a Filosofia sul primo libro del Capitale e anche quella fu un'ottima lettura, che riproposi ai miei allievi quando cominciai a insegnare (li facevo venire la domenica a casa mia).
Da allora ne è passata "acqua sotto i ponti" e, benché penso di essere sempre di sinistra, questa parola per me fa più rima con libertà e con Gaber, che con il comunismo, il quale mi sembra una teoria poco o punto applicabile, così come l'anarchia, da cui ero stato anche attratto, ma sempre da giovane. :cincin:


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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A Krispe

Abbiamo apparecchiato le tavole con le tovaglie quadrettate, infornato la porchetta, stappato il lambrusco, ma qui nun se vede nessuno...
Ne barbe schife con pantaloni tinkpink, ne insegnanti sovrappeso, ne funzionari di regione o di usl...
nessuno che voglia fare coming out, nessun pentito, nessun militante attivo..
e me ne dispiace, che un paio di utenti mi incuriosivano parecchio....


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Krisper
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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nemecsek. ha scritto: martedì 1 dicembre 2020, 23:04 A Krispe

Abbiamo apparecchiato le tavole con le tovaglie quadrettate, infornato la porchetta, stappato il lambrusco, ma qui nun se vede nessuno...
Ne barbe schife con pantaloni tinkpink, ne insegnanti sovrappeso, ne funzionari di regione o di usl...
nessuno che voglia fare coming out, nessun pentito, nessun militante attivo..
e me ne dispiace, che un paio di utenti mi incuriosivano parecchio....
nemecsek, come ad una vera cena alla festa dell'Unità... la serata è lunga.
E le discussioni più interessanti erano quella alla fine di ogni serata, con l'ultimo quartino di vino davanti.

il 21 gennaio è ancora un poco lontano...

Non so cosa darei per rivivere quell'atmosfera delle feste dell'unità e quel sentirsi parte di qualcosa di più grande di noi.
Eravamo ingenui, forse; ma volevi bene come una parente alla sciura che serviva i ravioli!


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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Ho sempre votato PCI, la svolta della Bolognina l' ho sempre considerata soltanto un' indicazione stradale. Di scissione in scissione abbiamo avuto Occhetto, D'Alema, Veltroni, Prodi, Bersani, Letta, Renzi e Zingaretti praticamente la Bardiani della politica. Ci abbiamo guadagnato? Negli anni '70 eravamo fermamente convinti che il mondo sarebbe andato infallantemente a sinistra, dopo 20 anni nel famoso '91 non ero più convinto di niente, adesso dopo 30 non vado neanche più a votare perché con tutta la buona volontà non trovo nessuno che minimamente mi rappresenti. Al massimo se incontrassi Rizzo potrei guardarlo benevolmente come il giapponese sull' isola e gli regalerei un santino di Cossutta, ossimoro calzante della contraddizione dei nostri tempi.


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jerrydrake
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Gimbatbu ha scritto: martedì 1 dicembre 2020, 23:20 Ho sempre votato PCI, la svolta della Bolognina l' ho sempre considerata soltanto un' indicazione stradale. Di scissione in scissione abbiamo avuto Occhetto, D'Alema, Veltroni, Prodi, Bersani, Letta, Renzi e Zingaretti praticamente la Bardiani della politica. Ci abbiamo guadagnato? Negli anni '70 eravamo fermamente convinti che il mondo sarebbe andato infallantemente a sinistra, dopo 20 anni nel famoso '91 non ero più convinto di niente, adesso dopo 30 non vado neanche più a votare perché con tutta la buona volontà non trovo nessuno che minimamente mi rappresenti. Al massimo se incontrassi Rizzo potrei guardarlo benevolmente come il giapponese sull' isola e gli regalerei un santino di Cossutta, ossimoro calzante della contraddizione dei nostri tempi.
Perdonami, ma con Rizzo non giocherei nemmeno al Fantaciclismo. Marco Rizzo nell'area di governo c'è stato con Prodi e D'Alema, votando l'introduzione del lavoro interinale, le privatizzazioni (record assoluto di sempre in Europa), la parificazione tra scuola pubblica e scuola privata, i bombardamenti su Belgrado. Di certo non è mai stato dalla parte dei lavoratori, semmai al servizio dei capitalisti. La sua rappresentazione del mondo non ha nulla a che vedere con Marx, ancor meno con Lenin, ma soprattutto con la realtà. Rizzo è più sovranista di Salvini, più a destra della Meloni, più stalinista di Stalin.


Gimbatbu
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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jerrydrake ha scritto: mercoledì 2 dicembre 2020, 6:52
Gimbatbu ha scritto: martedì 1 dicembre 2020, 23:20 Ho sempre votato PCI, la svolta della Bolognina l' ho sempre considerata soltanto un' indicazione stradale. Di scissione in scissione abbiamo avuto Occhetto, D'Alema, Veltroni, Prodi, Bersani, Letta, Renzi e Zingaretti praticamente la Bardiani della politica. Ci abbiamo guadagnato? Negli anni '70 eravamo fermamente convinti che il mondo sarebbe andato infallantemente a sinistra, dopo 20 anni nel famoso '91 non ero più convinto di niente, adesso dopo 30 non vado neanche più a votare perché con tutta la buona volontà non trovo nessuno che minimamente mi rappresenti. Al massimo se incontrassi Rizzo potrei guardarlo benevolmente come il giapponese sull' isola e gli regalerei un santino di Cossutta, ossimoro calzante della contraddizione dei nostri tempi.
Perdonami, ma con Rizzo non giocherei nemmeno al Fantaciclismo. Marco Rizzo nell'area di governo c'è stato con Prodi e D'Alema, votando l'introduzione del lavoro interinale, le privatizzazioni (record assoluto di sempre in Europa), la parificazione tra scuola pubblica e scuola privata, i bombardamenti su Belgrado. Di certo non è mai stato dalla parte dei lavoratori, semmai al servizio dei capitalisti. La sua rappresentazione del mondo non ha nulla a che vedere con Marx, ancor meno con Lenin, ma soprattutto con la realtà. Rizzo è più sovranista di Salvini, più a destra della Meloni, più stalinista di Stalin.
Ma in effetti il mio era un giudizio di superficie che accomuna più o meno l' evanescente galassia comprendente partitini, mosse del cavallo ecc. che si fregiano di rappresentare la "vera" sinistra a vario titolo. Dal punto di vista del giudizio politico sono d' accordo con te.


giorgio ricci
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Mah, io fino all'89 sono stato un comunista convinto, pensavo che l'uguaglianza fosse un diritto, la cultura pure , le opportunita anche , Marx un profeta come Merckx , e che gli errori fatti negli anni fossero da ricondurre a concetti hegeliani . Insomma che il futuro doveva essere proiettato verso il socialismo perché il sistema capitalista era marcio .
Poi è caduto il muro , c'e stata 'la cosa', poi pure l'Urss va a pezzi. Io ho provato a continuare a crederci , ho fatto campagna per un senatore di rifondazione nel 94 , che è stato trombato.
Dopo è finito tutto, non sono piu andato a votare se non a qualche comunale per sostenere amici di università. Poi non ci ho capito piu niente , la destra era una porcheria , la sinistra un caravan serraglio . Dopo tanti anni non credo che ci sia un idea realizzabile , perché il comunismo era bellissimo ma le persone sono incredibilmente imperfette ed individualiste , lassiste e menefreghiste per natura.
L'uomo è una passione inutile, e l'inferno sono gli altri.
Se devo essere sincero ora il socialismo mi inquieta, perche vedo solo piu radical chic , invidiosi e fancazzieri che vogliono campare sulle spalle di chi produce . Un pubblico saprofita che fagocita tutto , e come un parassita ammazza l'organismo che lo ospita . Un mondo di leccaculo , ignoranti ed egoisti , dove ideologia e cultura sono parole incomprendibili . Insomma , nel mio viaggio la parola comunismo non esiste piu.


Cthulhu
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Io sono stato comunista fino a che una coppia di amici fuggiti dall'allora Cecoslovacchia mi aprì gli occhi.
M ricordo ancora i loro occhi sbarrati quando vedevano i cortei con le bandiere rosse : " ma voi siete pazzi, non avete la minima idea di cosa sia il comunismo, e spero non lo scopriate mai "


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nino58
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Cthulhu ha scritto: sabato 5 dicembre 2020, 19:25 Io sono stato comunista fino a che una coppia di amici fuggiti dall'allora Cecoslovacchia mi aprì gli occhi.
M ricordo ancora i loro occhi sbarrati quando vedevano i cortei con le bandiere rosse : " ma voi siete pazzi, non avete la minima idea di cosa sia il comunismo, e spero non lo scopriate mai "
Il comunismo del potere è morto con la fucilazione, da parte dei bolscevichi, dei socialisti rivoluzionari (1924).
Quello che è venuto dopo è stato solo monopolio del marchio, che ha dato e dà buon gioco ai reazionari di ieri e di oggi.
E ha inoltre fregato (e spesso e volentieri fatto fuori) tutti quelli che sono stati autenticamente comunisti.
E' ovvio che la forma che hanno vissuto i tuoi amici abbia fatto dir loro quello che hanno detto.
A noi quella forma non ha mai fatto dire che fosse comunismo.
Non può esistere comunismo senza desiderio di comunismo.
Se brutalizzi il desiderio, non può esserci comunismo.


Von Rock ? Nein, danke.
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
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jerrydrake
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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nino58 ha scritto: lunedì 14 dicembre 2020, 15:27
Cthulhu ha scritto: sabato 5 dicembre 2020, 19:25 Io sono stato comunista fino a che una coppia di amici fuggiti dall'allora Cecoslovacchia mi aprì gli occhi.
M ricordo ancora i loro occhi sbarrati quando vedevano i cortei con le bandiere rosse : " ma voi siete pazzi, non avete la minima idea di cosa sia il comunismo, e spero non lo scopriate mai "
Il comunismo del potere è morto con la fucilazione, da parte dei bolscevichi, dei socialisti rivoluzionari (1924).
Quello che è venuto dopo è stato solo monopolio del marchio, che ha dato e dà buon gioco ai reazionari di ieri e di oggi.
E ha inoltre fregato (e spesso e volentieri fatto fuori) tutti quelli che sono stati autenticamente comunisti.
E' ovvio che la forma che hanno vissuto i tuoi amici abbia fatto dir loro quello che hanno detto.
A noi quella forma non ha mai fatto dire che fosse comunismo.
Non può esistere comunismo senza desiderio di comunismo.
Se brutalizzi il desiderio, non può esserci comunismo.
È certo errato vedere l'esperienza sovietica come l'unico comunismo al potere nella storia. A partire dalla Comune di Parigi ci sono stati altri "comunismi" al potere. E dato che è errato considerare il comunismo come un qualcosa di dogmatico e immutabile, l'analisi storica inevitabilmente si complica. Poi, opinione personale, lo stalinismo è quanto di più lontano possa esserci dal comunismo.


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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Scusate per il doppione. L'ho postato nel thread della politica in risposta ad altri, ma, in fin dei conti, sta meglio qui.
Felice ha scritto: domenica 20 dicembre 2020, 23:16
nemecsek. ha scritto: domenica 20 dicembre 2020, 20:25
castelli ha scritto: domenica 20 dicembre 2020, 12:52

i comunisti volevano giudicare gli altri secondo i risultati e giudicare se stessi secondo le intenzioni.
eccallà

il fatto è che nelle realtà viviamo e nella realtà bisogna agire

per questo chi ha la chiave per risolvere la fame nel mondo, la povertà, le ineguaglianze sociali, fallisce; non ha la capacità di pagare le bollette della luce o di sbloccare il lavandino otturato; lavandini, bollette non sono nel loro mondo.
Peccato che quei comunisti là, quelli che allora votavano PCI, nella stragrande maggioranza il lavandino lo sapessero stappare. Come sapevano fare il cemento, costruire un muro, ristrutturarsi la casa o "rinfrescarla" se era il caso. Sapevano mettere le tapezzerie ai muri e sapevano pure dove mettere le mani se la macchina di andare avanti non ne voleva più sapere. Perchè nella grande maggioranza era gente che lavorava duro. Che lavorava in officina, in cantiere, nelle fabbriche. Fare la vendemmia, quella che oggi non vuole fare più nessuno, e per la quale ora sono necessari gli immigrati, era una festa. Mio nonno a più di settamt'anni si portava la "brenta" sul groppone e noi gli rovesciavamo i secchi pieni d'uva dentro. E lui, quando la brenta era piena, andava a rovesciarla nel carro. Mio nonno faceva il vino. Mio padre e mia madre anche, e lo hanno fatto fintanto che le forze glielo hanno permesso. Mia nonna è morta a settandue anni e due giorni prima di morire è andata a lavorare "in giornata" nei campi di barbabietole.

Questi erano i comunisti di allora. Quelli che chiedevano un mondo più giusto, meno disuguaglianze, un lavoro meglio retribuito. Quelli che hanno conquistato poco a poco qualche diritto. Questi sono quelli di cui ora si vuole riscrivere la storia.


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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Felice ha scritto: domenica 20 dicembre 2020, 23:28 Scusate per il doppione. L'ho postato nel thread della politica in risposta ad altri, ma, in fin dei conti, sta meglio qui.
Però, manca il vissuto personale o almeno non ce ne vedo troppo. :cincin:


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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Anche per me il PCI era quella gente là.
Ho vissuto l'infanzia in una città di provincia del nord-ovest (Novara), ricordo i "compagni", per lo più operai metalmeccanici di rubinetterie o altro.
Ricordo il giorno dei funerali di Berlinguer, ricordo le strade del quartiere deserte e l'eco delle televisioni tutte sintonizzate sullo stesso canale tv.

Quello fu l'ultimo momento politico unitario di quel popolo, a Novara, ma credo in tutta Italia.
Poi non solo chiusero le sezioni di periferia, ma la gente aveva iniziato a parlare meno di politica.
Non credo per disinteresse, più per confusione. Gli anni 80 ci stordirono.
Alcuni di quei compagni finirono ai comizi del primo Bossi, che si andava ad ascoltare al Borsa (se la memoria non mi inganna) quando ancora non era senatore o lo era diventato da poco. Poi però, qualche anno dopo, non governarono la città gli ex compagni, ma altri leghisti.

L'anno più drammatico fu il 1992 ed il 1993, quando la crisi economica picchiò veramente duro.
Quei lavoratori rimasero ancora più soli, alla camera del lavoro regnava il pessimismo e la rassegnazione, pur con qualche vittoria sindacale che salvò a diversi il lavoro.
Ma era chiaro che in quei giorni non finì solo un partito, ma uscirono dalla storia quei comunisti là, quelli che lavoravano come dice Felice.
I dirigenti rimasero, più anticomunisti degli anticomunisti.
Il resto è storia.

Metaforicamente quel giorno, finito il funerale di Berlinguer, la gente spense la tv e non uscì più di casa a ri-incontrarsi. Le strade rimasero deserte ed anche i volantini della campagna elettorale cambiarono l'odore, la qualità della carta era più pregiata e su questi la falce e martello era ogni anno sempre più piccola fino a sparire.


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Maìno della Spinetta
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

Messaggio da leggere da Maìno della Spinetta »

Krisper ha scritto: martedì 22 dicembre 2020, 1:02 Anche per me il PCI era quella gente là.
Ho vissuto l'infanzia in una città di provincia del nord-ovest (Novara), ricordo i "compagni", per lo più operai metalmeccanici di rubinetterie o altro.
Ricordo il giorno dei funerali di Berlinguer, ricordo le strade del quartiere deserte e l'eco delle televisioni tutte sintonizzate sullo stesso canale tv.

Quello fu l'ultimo momento politico unitario di quel popolo, a Novara, ma credo in tutta Italia.
Poi non solo chiusero le sezioni di periferia, ma la gente aveva iniziato a parlare meno di politica.
Non credo per disinteresse, più per confusione. Gli anni 80 ci stordirono.
Alcuni di quei compagni finirono ai comizi del primo Bossi, che si andava ad ascoltare al Borsa (se la memoria non mi inganna) quando ancora non era senatore o lo era diventato da poco. Poi però, qualche anno dopo, non governarono la città gli ex compagni, ma altri leghisti.

L'anno più drammatico fu il 1992 ed il 1993, quando la crisi economica picchiò veramente duro.
Quei lavoratori rimasero ancora più soli, alla camera del lavoro regnava il pessimismo e la rassegnazione, pur con qualche vittoria sindacale che salvò a diversi il lavoro.
Ma era chiaro che in quei giorni non finì solo un partito, ma uscirono dalla storia quei comunisti là, quelli che lavoravano come dice Felice.
I dirigenti rimasero, più anticomunisti degli anticomunisti.
Il resto è storia.

Metaforicamente quel giorno, finito il funerale di Berlinguer, la gente spense la tv e non uscì più di casa a ri-incontrarsi. Le strade rimasero deserte ed anche i volantini della campagna elettorale cambiarono l'odore, la qualità della carta era più pregiata e su questi la falce e martello era ogni anno sempre più piccola fino a sparire.
Rimpiango spesso una cosa del periodo costituente: che operai e colletti blu non erano bollati come "gli ignoranti", ma si voleva includere anche loro nel progetto sociale. Che è l'idea alla base del suffragio universale. Oggi si parla di lauree, dottorati, l'istanza di uguaglianza sociale è roba da dottori, non può venire che da lì. E il dramma è che questo mantra lo cavalca principalmente il PD


“Our interest’s on the dangerous edge of things.
The honest thief, the tender murderer, the superstitious atheist”.
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Maìno della Spinetta ha scritto: martedì 22 dicembre 2020, 8:03 Rimpiango spesso una cosa del periodo costituente: che operai e colletti blu non erano bollati come "gli ignoranti", ma si voleva includere anche loro nel progetto sociale. Che è l'idea alla base del suffragio universale. Oggi si parla di lauree, dottorati, l'istanza di uguaglianza sociale è roba da dottori, non può venire che da lì. E il dramma è che questo mantra lo cavalca principalmente il PD
Mi sembra tu dimentichi che le Rivoluzioni, a cominciare da quella Periclea per finire con la Lunga marcia, sono sempre state promosse da minoranze di intellettuali. L'homo sapiens nasce gregario e quindi ha bisogno di un capo. :cincin:


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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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lemond ha scritto: martedì 22 dicembre 2020, 8:14
Maìno della Spinetta ha scritto: martedì 22 dicembre 2020, 8:03 Rimpiango spesso una cosa del periodo costituente: che operai e colletti blu non erano bollati come "gli ignoranti", ma si voleva includere anche loro nel progetto sociale. Che è l'idea alla base del suffragio universale. Oggi si parla di lauree, dottorati, l'istanza di uguaglianza sociale è roba da dottori, non può venire che da lì. E il dramma è che questo mantra lo cavalca principalmente il PD
Mi sembra tu dimentichi che le Rivoluzioni, a cominciare da quella Periclea per finire con la Lunga marcia, sono sempre state promosse da minoranze di intellettuali. L'homo sapiens nasce gregario e quindi ha bisogno di un capo. :cincin:
Vero, infatti l'unica grandezza del sapiens è quella di saper riconoscere questa natura e di poterla rifiutare.


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Maìno della Spinetta
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Vi era rispetto per l'esperienza, oltre che per la sapienza. Entrambe venivano guardate come latrici di fondamenti. Chi era in fabbrica aveva diritto di parola, perché sapeva sulla propria pelle, non per averlo studiato, cosa succede in fabbrica. C'era RISPETTO sia per i sapienti (pensiamo a De Gasperi e Gramsci) che per gli operai.


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lemond
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Maìno della Spinetta ha scritto: martedì 22 dicembre 2020, 8:42 Vi era rispetto per l'esperienza, oltre che per la sapienza. Entrambe venivano guardate come latrici di fondamenti. Chi era in fabbrica aveva diritto di parola, perché sapeva sulla propria pelle, non per averlo studiato, cosa succede in fabbrica. C'era RISPETTO sia per i sapienti (pensiamo a De Gasperi e Gramsci) che per gli operai.
Distinguerei il rispetto formale da quello sostanziale, prendendo ad esempio il periodo assembleare del Sessantotto, dove studenti e operai erano in lotta insieme, ma la linea la dettavano sempre i capi (carismatici o no) e Capanna, Boato in facoltà, così come Dubcek (s.s.s.c.) in Cecoslovacchia e Luigi Longo e Nenni capi della sinistra ufficilae in Italia di allora non erano operai, se non nel senso etimologico. :)


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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Felice
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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24 DICEMBRE 1944
UN NATALE PARTIGIANO
(dalla pagina facebook di padriemadridellalibertà)

Lettera scritta dal partigiano Vladimiro Diodati, Paolo, alla figlia Milena.

In questa notte di Natale voglio scriverti questa lettera, figlia mia, perché avverto il peso del tempo, e sento che i miei giorni volgono ormai al tramonto.
Sono trascorsi sessant’anni dalla fine della guerra e tante cose ho serbato nel cuore. Ma in questa notte sento il desiderio di offrirti questa semplice testimonianza. Te la dono con il mio affetto, con tutto il mio bene, affinché sappia che tuo padre ha vissuto la sua vita con la coerenza degli ideali.
In quel periodo accadde tutto così in fretta, figlia mia. Allora c’era poco tempo per pensare… le scelte si facevano sulla nostra pelle. A volte bastava un attimo: stare di qua o di là della barricata poteva essere anche una questione di emozioni: la libertà oppure l’onore? Il desiderio di un’Italia migliore o l’orgoglio di non venir meno a una parola data? Questo, sia chiaro, per chi le scelte le operò in buona fede. Gli altri, non so… Non c’era tempo, allora, per approfondire…
Sicuramente ci saranno stati errori anche dalla nostra parte. Forse degli eccessi… Ma noi sognavamo la libertà, non dimenticarlo, figlia mia… Altri stavano dalla parte della dittatura, del terrore, della morte.
Io scelsi di stare dalla parte della vita…
C’è un episodio, però, che oggi voglio consegnare ai posteri. Una storia che, sino ad ora, è appartenuta alla sfera del mio privato, delle mie emozioni, di quei profondi sentimenti che hanno albergato nel mio cuore. Non l’ho mai raccontata prima; ma, a sessant’anni dalla fine della guerra, voglio fissarla sulla carta per te, affinché possa ricordarti del tuo papà…
Accadde nell’autunno-inverno del 1944.
Dal settembre 1943 avevo scelto la via dei monti, quella della libertà.
Nella valle in cui operavo iniziava il primo freddo di quel secondo autunno di lotta. Era la fine di ottobre e, dopo lungo girovagare, una sera, verso le 10, arrivammo nel paesino di…, che già allora era chiamata la “piccola Svizzera della Liguria”.
Eravamo una decina in tutto: tre o quattro del Comando, con sei o sette partigiani sfiniti dalla stanchezza e dalla paura.
Il grosso della nostra Brigata era rimasto nell’altra vallata, quella a ridosso del Piacentino. Ci avrebbero raggiunti la mattina seguente, in prossimità del Passo.
Bussammo a una Colonia che ci avevano segnalato: una bellissima costruzione moderna che si affaccia in alto, a sinistra del paese, tutta luccicante per le vetrate che ne fasciano l’intera perimetria.
Mi avevano informato ch’era abitata da alcune suore con molti bambini.
Nel buio pesto ci aprì una sorella. Madre Ignazia, questo il suo nome, sussultò sbigottita di fronte alla luce fioca di una lampada che lasciava trasparire i nostri volti. Uomini stanchi, con fazzoletti rossi al collo, con le barbe e i capelli lunghi, i caricatori sul petto, le bombe alla cintura e le armi a tracolla non avrebbero offerto tranquillità ad alcuno, in quel periodo…
Ci presentammo a nome del CLN: “Abbiamo bisogno di far riposare i nostri uomini. Siamo stanchi, sfiniti…”. Dapprima Madre Ignazia cercò di dissuaderci: “Siamo completi, ci dispiace, non un solo letto è libero. Non possiamo proprio ospitarvi”.
Poi, impietosita, ci fece accomodare.
La suora aveva una cinquantina d’anni suonati, un bel volto largo, aperto, simpatico, incorniciato da un velo bianco inamidato che glielo ricopriva sino alle gote. Ed una voce chiara, musicale.
Mi presentò alle altre suore, una ventina, in buona parte giovani che, spaventate, erano scese una ad una dalle loro camere. Appartenevano all’Ordine di Santa Marta ed erano sfollate dal loro convento con duecento bambini in tenera età, abbandonati dalle autorità fasciste al loro destino.
Il quadro che mi si presentò, man mano che osservavo, era pietoso e desolante. La Colonia era gelida, le suore avevano freddo e sicuramente i bambini, già a dormire nei loro lettini, saranno stati più intirizziti che mai.
“Non abbiamo di che riscaldare l’edificio”, mi disse la Madre. Poi proseguì narrandomi di come erano state costrette a girare le frazioni della Valle per elemosinare un po’ di pane per aggiungerlo alle poche scorte alimentari che avevano per sfamare i bambini e loro stesse.
Alla fine trovammo riparo, per quella sera, negli scantinati, con qualche materasso recuperato alla bell’e meglio in soffitta.
L’indomani mattina, mi recai nell’ampio refettorio e constatai che le razioni di cibo erano alquanto misere.
“Quando le autorità ci condussero qui – mi raccontò Madre Ignazia – ci avevano promesso che non avremmo dovuto preoccuparci di nulla. Avrebbero pensato loro a non farci mancare niente. Questa è una colonia estiva per i figli dei lavoratori di una grande azienda e vi doveva essere tutta l’attrezzatura per il suo buon funzionamento. Invece non abbiamo trovato neppure le pentole e le posate. Ora eccoci qui, con duecento figlioli di povera gente, alcuni senza genitori, a cui pensare, da sfamare e da vestire”.
Me ne andai con il cuore stretto, pensando a come poter intervenire in quella pietosa situazione.
Intanto la nostra Brigata, attraversata la catena che divide il paese dal Piacentino, si ricongiunse a noi.
I nostri uomini avevano catturato due camion tedeschi lungo la Via Emilia, liberando gli autisti, trattenendo i mezzi e le scorte, soprattutto scatolame di salsa di pomodoro, oltre a quattro-cinque quintali di marmellata.
La visione di quei bambini affamati non ammetteva esitazioni. La decisione fu istantanea e non trovò alcuna resistenza. Tutti i rifornimenti furono trasportati con un carro alla colonia, mentre le suore, meravigliate, ringraziarono la “Provvidenza”.
Fra me e Madre Ignazia si instaurò così un rapporto di simpatia e fiducia.
Il giorno seguente convocai i paesani, con i muli e le slitte. Avevo notato, in un certo punto della strada che dal paese scende verso la vallata, un deposito di alcune tonnellate di legna da ardere, pronta per essere trasportata e venduta nelle città della costa. Indicai il da farsi e, per tutta la giornata, fu un via vai di slitte trainate da muli, stracariche di quella legna, che si trasferirono alla colonia.
Le suore accesero le stufe e tutto, all’interno, si riscaldò. Come per incanto, i bimbi sentirono il tepore e giocarono felici. Per loro era iniziata una nuova vita.
Nei giorni successivi, anche i montanari, seguendo il nostro esempio, fecero a gara per rendersi utili.
Si mobilitarono ancora, con i loro muli, in una cinquantina, superando fatiche e difficoltà, valicando il passo e raggiungendo, accompagnati da una nostra staffetta, la colonia, stanchi ma felici, con 50 quintali di farina di grano.
Madre Ignazia mi confidò le prime impressioni ricevute allorquando ci accolse la prima volta. Con quei fazzoletti rossi al collo e quelle barbe lunghe cosa poteva pensare di noi? Eravamo quelli della guerra di Spagna, quelli che bruciavano le Chiese e violentavano le religiose. Questo, almeno, scriveva la stampa fascista. Questo avevano raccontato di noi.
Ora si trovava davanti degli uomini, soprattutto giovani, che si erano accorti di loro. In mezzo alla guerra che infuriava, col nemico alle calcagna e fra un rastrellamento e un’azione di guerriglia, per settimane ci preoccupammo di far rivivere quella Comunità abbandonata negli stenti.
Un giorno, via radio, ricevemmo l’ordine di predisporre l’arrivo di alcuni lanci di aerei, comunicandoci le coordinate del luogo prescelto.
La vigilia della data stabilita ascoltammo da radio Londra il messaggio in codice: “Paolo e Francesca”, che preannunciava l’arrivo. Il prato riservato al lancio era in una conca non lontana dalla colonia.
All’ora fissata arrivarono gli aerei. Fecero alcune evoluzioni attorno alla zona; quindi, riconosciuto il segnale convenuto disegnato sul prato, iniziarono a passare e ripassare a bassa quota seminando nel cielo tanti piccoli puntini, variopinti ombrelloni che scesero dondolando dolcemente.
A quel punto, dalla terrazza della colonia, si levò un allegro cinguettio di voci: erano i bimbi e le suore radunatisi per salutare la pioggia dal cielo, quasi fosse una festa.
Raccolto il materiale, feci caricare i paracadute di seta, una sessantina, e li inviai alla colonia. Le suore, con tutto quel ben di Dio, cominciarono pazientemente a scucire le tele, recuperando persino il filo con cui erano composte le corde.
Una sera, una staffetta del Comando di Zona giunse in paese con un messaggio di poche righe, col quale mi si informava che era iniziato un rastrellamento di grandi proporzioni nella valle del Piacentino e che un centinaio di partigiani feriti, dell’ospedale di zona, doveva essere evacuato. Sarebbero arrivati con ogni mezzo: a dorso di mulo, con le slitte, a piedi, durante la notte. La nostra Brigata avrebbe provveduto a riceverli.
Che fare? Sembrava impossibile trovare una soluzione così su due piedi. Alla fine pensai di fare un tentativo.
Mi diressi alla colonia, in quella gelida serata. Bussai alla porta e, alla Madre che mi venne ad aprire, porsi il biglietto ricevuto poco prima: “Legga”, le dissi, attendendo in silenzio come se avessi posto una domanda.
“Faremo così. – rispose subito la Madre – Ci sono duecento letti; metteremo due bimbi per ogni letto: uno alla testa e uno ai piedi. In tal modo avremo cento letti per i partigiani feriti che arriveranno stanotte”.
L’avrei abbracciata.
Fu così la colonia diventò anche un ospedale partigiano.
Per tutta la notte ci furono arrivi di feriti, alcuni mutilati, intirizziti dal freddo, stremati dal lungo, estenuante viaggio.
Man mano che giungevano, venivano accolti dalle suore, dissetati e sistemati nei letti messi a disposizione. Le Sorelle divennero tutte infermiere che provvidero ad ogni cosa, dalla cucina alle cure mediche.
Arrivarono le feste di Natale e Madre Ignazia mi pose, con tatto e cautela, il problema della Comunione per i partigiani ammalati.
“Non si preoccupi, Madre – le dissi. – Interroghi ogni partigiano ed esaudisca ogni singolo desiderio. Vedrà che troverà giovani desiderosi di essere comunicati”.
Quindi venne il mio turno.
“Sorella – risposi – potrei benissimo comunicarmi. Per me non significherebbe niente e Lei sarebbe felice. Ma non posso carpire così la sua buona fede”.
Madre Ignazia non si scompose, ma cominciò a pregare: “Ave Maria, gratia plena…”.
Fu allora che, commosso e quasi trascinato da una forza misteriosa, cominciai a ripetere la preghiera che mia madre mi insegnò quand’ero fanciullo: “Ave Maria, gratia plena, Dòminus tècum…”.
La vigilia di Natale una staffetta ci informò dal Comando che il giorno dopo avremmo dovuto lasciare il paese, perché tedeschi e fascisti stavano organizzando un rastrellamento di vaste proporzioni.
Durante la messa di mezzanotte, molti partigiani parteciparono alla funzione religiosa e si comunicarono.
La mattina di Natale salutammo le suore con grande commozione e Madre Ignazia ci benedisse.
Ma prima della nostra partenza, trovammo nel refettorio duecento figlioli tutti vestiti con fiammanti grembiulini: rossi, bianchi e celesti. Erano le stoffe dei paracaduti.
Le sorprese, però, non erano finite. Madre Ignazia ci consegnò uno scatolone con dentro decine e decine di fazzoletti rossi, di quella stoffa setificata da addobbi religiosi. Sulle due punte dei triangoli, ricamate in seta, due stelle a cinque punte con il tricolore d’Italia.
Piansi di gioia… Poi ci separammo.
Ecco, figlia mia, perché ho voluto raccontarti questo episodio.
Quel fazzoletto, che ho sempre conservato da allora e che tu ben conosci, fu confezionato dalle Suore di Santa Marta che avevano lavorato in segreto per chissà quanto tempo!
Quando entrai a Genova liberata, io e tutti gli uomini della mia Brigata portammo al collo un fiammante fazzoletto rosso: quello con la stella a cinque punte e il tricolore ricamati.
Ancora oggi, in questa notte di Natale, mentre lo osservo appeso al muro della mia stanza, mi commuovo al ricordo.
Vedi, figlia mia, in tutti questi anni non sono riuscito a ritrovare la Fede, ma ogni volta che guardo il fazzoletto, il mio pensiero corre a quel Natale del ‘44. E, ogni volta, quasi trascinato da una forza misteriosa, torno a ripetere la preghiera che mi insegnò mia madre: “Ave Maria, gratia plena. Dòminus tècum. Benedicta tu in mulièribus et benedictus fructus ventris tui, Jesus…”.
Ritrovo così la mia giovinezza e i miei sogni, mentre rivivo le speranze di quei giorni.


Gimbatbu
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Molto bello. Commovente. La parte migliore degli esseri umani.


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nino58
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

Messaggio da leggere da nino58 »

Grazie Felice !!!
Ricordiamo sempre che la cifra del falso onore era ed è la tortura.
In ogni parte della Terra.
Non dimentichiamocelo mai.
Il fascismo va sempre prima eliminato dalla propria testa e poi dal proprio paese e dal mondo.
Nella generazione successiva a quella dei partigiani, chi ci provò è ancora oggi alla gogna, alla morte civile.


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nemecsek.
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

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Krisper
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Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

Messaggio da leggere da Krisper »

A chi esita

Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

Bertolt Brecht


La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
Gimbatbu
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Iscritto il: mercoledì 19 aprile 2017, 17:42

Re: Storytelling: Sangiovese e 100 anni del Partito Comunista Italiano

Messaggio da leggere da Gimbatbu »

Lo scrisse anche Scott Fitzgerald, la sua era più generica, ma è adatta:
Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato.


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