Riporto su questo 3d (da me colpevolmente ignorato) per tributare un ricordo ad uno dei personaggi dello sport europeo.
INIZIO
Il 7 giugno 1993, quindi esattamente vent'anni fa, moriva in un incidente automobilistico Dražen Petrović.
Nato il 22 ottobre 1964 a Sebenico, città dalmata patria anche di Niccolò Tommaseo, mostra sin da piccolo un talento inimmaginabile per il basket e, sin dai 16 anni, è titolare nello Šibenik, la squadra locale che milita nel campionato jugoslavo. Quando ha 18 e 19 anni riesce a portare letteralmente sulle spalle la propria formazione in finale dell'allora Coppa Korać, la terza competizione europea, dedicata ad un altro fenomeno jugoslavo di cui, purtroppo, ha ripercorso la fine.
CIBONA
Dopo questa doppia delusione, decide di cedere alle lusinghe del Cibona Zagabria, la squadra campione di Jugoslavia, fortissima nel territorio della federazione ma debolissima (nelle ultime 10 partite aveva sempre perso) nel panorama europeo, nella quale militava il fratello Aza (poi allenatore in Italia). Al primo anno in Coppa Campioni, dopo aver passato facilmente i primi turni, riesce a qualificarsi per la finale primeggiando un un girone a 6, superando la Virtus Bologna di Binelli e Bonamico, la Virtus Roma di Flowers e Tombolato, il CSKA Mosca di Tkachenko, il rampante Maccabi Tel Aviv e il Real Madrid di Robinson e Corbalan. Proprio la squadra di Lolo Sainz viene sconfitta 87-78 nella finale di Atene, con Dražen incoronato mvp a soli 20 anni. In questo periodo, grazie ad un giornalista della Gazzetta, gli viene dato il soprannome di "Mozart dei canestri" che lo ha accompagnato fino alla fine. In campionato il Cibona bissa il successo dello scorso anno, conquistando il terzo titolo in quattro anni.
L'anno successivo, forti dell'esperienza acquisita, tornano il finale di Coppa Campioni superando nel girone anche la rinnovata Olimpia Milano di Meneghin, D'Antoni, Gallinari, Primier e compagnia cantante. In finale, quest'anno, i formalmente sovietici dello Zalgiris Kaunas, nel quale è emerso un coetaneo di Petrović destinato a segnare le sorti del basket europeo, ossia Arvydas Sabonis, probabilmente il miglior lungo di sempre del vecchio continente. La finale di Budapest finisce 94-82 per il Cibona che conquista il bis continentale. Ovviamente Dražen vince il secondo titolo di mvp. In campionato le cose vanno in maniera diversa e il titolo va allo Zadar (Zara) di Vranković. Per questo motivo la squadra partecipa alla Coppa delle Coppe, la seconda manifestazione europea. In finale, perché ovviamente avere Petrović porta a giocare costantemente le partite che contano, l'avversaria è Pesaro con Costa, Magnifico e Vecchiato in campo. Per il terzo anno di fila si festeggia a Zagabria, con il finale che recita 89-74. Nella stagione 1987-1988 il Cibona non gioca le coppe in quanto non ha vinto né il campionato né la coppa della federazione, consolandosi con la conquista del trofeo nazionale per la terza volta in quattro anni. Nell'estate successiva Petrović decide di cimentarsi ad un livello ancora superiore, per provare a giocare con cestisti di livello più simile al suo; accetta quindi la faraonica proposta del Real Madrid che lo firma per una cifra vicina ai 4 milioni di dollari, ingaggio che lo rende il più pagato di sempre in Europa.
In quattro anni a Zagabria segna, di media, 43,3 punti a partita nella la lega jugoslava. Superfluo dire che questi numeri non sono mai stati raggiunti da nessun altro. Con il Cibona ha vinto 1 Campionato jugoslavo, 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe e 3 Coppe di Jugoslavia.
REAL MADRID
Come detto, il Real, forte del suo dominio economico, lo mette sotto contratto ricoprendolo letteralmente d'oro. La stagione 1988-1989 lo fa conoscere definitivamente in tutto il pianeta e, alla soglia dei 25 anni, lo porta ad effettuare "La Partita", rigorosamente in maiuscolo. Luogo: Atene, Pireo. Data: 14 marzo 1989. Evento: finale di Coppa delle Coppe. Avversario: la Juve Caserta sponsorizzata Snaidero, guidata da Marcelletti con in campo Oscar, Gentile, Esposito e Dell'Agnello. Insomma, occasione perfetta per fare la storia. La partita (che potete vedere integralmente nel link più in basso) è di una bellezza rara e, mai come in questa occasione, entrambe le squadre meriterebbero il trofeo. Dopo 40 minuti il tabellino segna la parità a quota 102. Nel decisivo supplementare, Petrović si carica ancor di più di responsabilità e porta in terra spagnola la coppa. In casa Snaidero non bastano i 44 punti di Oscar e i 32 di Gentile; un sogno che la città campana ha veramente sfiorato e che forse avrebbe meritato come squadra. Ma dall'altra parte c'è lui, con i suoi 62 punti, massimo di sempre in una finale europea. Con la conquista della Copa del Rey la bacheca del giocatore jugoslavo è piena; l'Europa non gli basta e decide di tentare l'avventura oltreoceano. Destinazione, Portland, con i Trail Blazers che l'avevano scelto con la sessantesima pick nel Draft 1986.
NBA
L'arrivo nell'Oregon non è dei più felici: non si ambienta nella città e, soprattutto, coach Rick Adelman non gli concede il giusto spazio, relegandolo al primo anno a soli, miseri 12 minuti di media in campo (nei quali segna 7,4 punti di media, tanto per dire). Davanti a lui vengono preferiti giocatori noti come Clyde Drexler e Terry Porter ma, nonostante tutto, la squadra si dimostra forte e, dopo aver concluso in terza posizione nella Western Conference, batte nell'ordine Dallas, San Antonio e Phoenix, raggiungendo la finale NBA. Ad aspettarli, i "Bad Boys" di Detroit con Thomas, Rodman, Dumars, Laimber e soci, detentori del trofeo. La serie finale è abbastanza chiusa, con i Pistons vincitori per 4 a 1. Nella stagione 1990-1991 vede ridursi a soli 7 minuti di impiego il suo spazio anche per l'arrivo di un altro prestigioso rivale interno, l'ex Boston Danny Ainge; in 20 delle prime 38 partite rimane seduto in panchina per tutto il tempo. Decisamente troppo, per il miglior giocatore europeo, in una mentalità statunitense autarchica come non mai.
In uno scambio a tre con Denver e New Jersey, Petrović viene trasferito ai Nets, andando sulla East Coast, in una squadra in piena ricostruzione; ad affiancarlo sin da subito Derrick Coleman e, dall'anno successivo, l'altro giovane Kenny Anderson. Dal 1991-1992 può finalmente mostrare le qualità, chiudendo la stagione a 20.6 punti di media in 36.9 minuti; la squadra passa da 26 a 40 vittorie in stagione e riesce a fare i playoff, dove viene eliminato al primo turno dai Cleveland Cavaliers. Nel 1992-1993 aumenta ancora le proprie cifre, chiudendo a 22.3 punti di media, undicesimo nella lega, e viene scelto fra i migliori 15 giocatori NBA; la squadra chiude a 43 vittorie ma, come l'anno prima, viene eliminata al primo turno della postseason da Cleveland. Le prospettive per il futuro sembrano migliori, con i giovani talenti finalmente pronti ad affiancarlo.
NAZIONALE
La nazionale è il grande amore di Petrović e indossare le insegne del proprio paese è il suo interesse principale. Dopo tutta la trafila nelle categorie giovanili viene scelto nel 1984 per partecipare all'Olimpiade di Los Angeles e, a fianco del grande Dražen Dalipagić, porta la Jugoslavia al bronzo finale conquistato contro il Canada. Due anni dopo al Mondiale in Spagna arriva un altro bronzo ma il sapore è decisamente più amaro: in semifinale l'Urss batte la Jugoslavia per 91 a 90 al supplementare. La finalina contro il Brasile è una passeggiata (+26 il finale) e Dražen vince il titolo di mvp della manifestazione: nella nazionale questa è la prima uscita del suo futuro alter ego, il serbo Vlade Divac, centro dalle mani fatate. Il 1987 è l'anno dell'Europeo in Grecia: il finale è sempre il medesimo, bronzo finale dopo la sconfitta in semifinale contro i padroni di casa (poi vincitori) per 81 a 77. La formazione assomma una quantità di talento mai vista in queste latitudini: oltre a lui e Divac, ci sono fra gli altri Toni Kukoč, Dino Rađa, Aleksandar Đorđević, Žarko Paspalj e Danko Cvjetičanin. Al governo di Belgrado non piacciono minimamente questi risultati anche per questione politiche e, dopo la parentesi in panchina di Novosel, si insedia al comando Dušan Ivković.
La prima uscita del nuovo corso è a Seul per l'Olimpiade 1988: dopo aver passato agevolmente il girone, il quarto e la semifinale contro la sorpresa Australia, la finale non è contro gli Usa ma contro l'Urss che ha battuto gli americani in semifinale, questa volta senza le polemiche di Monaco 1972. La finale è senza storia, con i sovietici che vincono 76-63 guidati da Sabonis, Marčiulionis e Belostenny. In questa ricerca dell'oro il prossimo passo non può e non deve essere fallito: si tratta dell'Europeo 1989 che si svolge in casa, a Zagabria. In casa fino ad un certo punto per la federazione, in quanto i primi venti indipendentisti di Croazia e Slovenia si fanno sempre più forti. La cavalcata verso il titolo è agevole, con l'Italia battuta di 17 in semifinale e la Grecia di 19 in finale. Petrović è nominato miglior giocatore del torneo e tutto il paese è in festa.
Il Mondiale 1990 è dall'altra parte del globo, in Argentina. Dopo una sorprendente sconfitta contro Porto Rico nel girone, il tabellone porta alla semifinale contro gli Stati Uniti ancora nella versione universitaria: il talento dei vari Mourning, Laettner, Anderson e Smith non può nulla col talento mischiato alla malizia jugoslava. La finale con l'Urss è ancora una volta senza storia: in questo caso, però, è la Jugoslavia che trionfa, vincendo 92 a 75. Nei festeggiamenti accade un evento segnato a rompere un'amicizia profonda: come potete vedere nel video segnalato alla fine del post, il serbo Divac strappa una bandiera degli indipendentisti croati (non della repubblica croata) dalle mani di alcuni tifosi che cercavano di provocarlo. Appena lo scopre, Petrović chiede a Divac spiegazioni sul suo comportamento, ricevendo una risposta a suo dire non esaustiva. D'ora in poi i rapporti fra i due sono finiti. Su questo tema vi consiglio caldamente la visione del qui allegato "Once Brothers" documentario in inglese di 90 minuti magistralmente prodotto da ESPN.
All'Europeo 1991 di Roma è l'ultima volta in qui la federazione jugoslava si presenta unita (e vincente) ma Petrović non partecipa alla manifestazione. Nel 1992 la Croazia è indipendente e partecipa all'Olimpiade di Barcellona mentre la Serbia è bandita dalle federazioni internazionali; la neonata formazione allenata da Petar Skansi batte in semifinale 75-74 la CSI (Comunità degli stati indipendenti) e approda in finale contro il "Dream Team" Usa. Jordan, Johnson, Bird, Drexler, Barkley, Malone, Ewing, Robinson, Stockton, Pippen, Mullin e Laettner sono imbattibili il 115 a 87 finale dimostra la forza del team americano. Nel 1993 l'Europeo è previsto in Germania e le qualificazioni sono da disputare.
FINE
Dražen, come detto, ama la propria nazionale sopra ogni cosa e, nonostante sia una star mondiale, partecipa a qualsiasi partita di qualificazione, anche quelle contro le squadre meno forti. Dopo l'eliminazione nei playoff NBA ha in mente di cambiare aria, sia per la delusione di predicare nel (quasi)deserto sia per la presunta invidia dei compagni per il suo salario. Pare che il Panathinaikos gli abbia proposto un contratto da 7.5 milioni di dollari all'anno e che lui stia riflettendo. Dopo una partita vinta in Polonia, Petrović decide di tornare a Zagabria in auto e non in aereo per restare insieme alla fidanzata Klara Szalantzy, ora coniugata con l'ex attaccante tedesco Oliver Bierhoff. Il viaggio è lungo e i due si danno il cambio alla guida; nei pressi di Ingolstadt, in Baviera, alla guida c'è lei mentre lui sta dormendo nel sedile anteriore senza aver allacciato la cintura. In un tratto di strada leggermente bagnata e con la presenza di nebbia, la Golf, forse per l'inesperienza al volante di Klara, non riesce a frenare ed impatta su un camion fermo per incidente; l'impatto è fatale per Dražen che muore sul colpo e senza accorgersi di nulla, in quanto ancora appisolato. Alle 17.20 del 7 giugno 1993 la Croazia perde uno dei suoi figli più noti, in un periodo decisivo per il paese. Per mettere il cadavere del giocatore, alto 1.96, dentro la bara, i funzionari tedeschi, non riuscendo a recuperarne una di dimensioni adeguate, lo dissanguarono letteralmente; non appena lo seppe, Stojko Vranković, centro croato di 2.18 e amico di Dražen, tentò letteralmente di strangolate il funzionario che accompagnava il feretro, venendo fermato solo da altri cinque compagni di nazionale. Già dopo pochi mesi Zagabria e altre città croate hanno rinominato alcuni luoghi in memoria del campione, mentre al museo olimpico di Losanna gli è stata dedicata una statua, cimelio che solo un altro atleta ha avuto. Amici come Zvonimir Boban e Goran Ivanisevic gli hanno dedicato i loro successi. Ora riposa nel cimitero cittadino e la sua tomba è meta di un vero e proprio pellegrinaggio.
Il 7 giugno è considerato tutt'oggi lutto nazionale in Croazia.
PREMI
4 volte Euroscar: 1986, 1989, 1992, 1993
1 volta miglior atleta jugoslavo: 1985
2 volte miglior atleta croato: 1985, 1986
1 volta miglior giocatore del Mondiale: 1986
1 volta miglior giocatore dell'Europeo: 1989
Inserito nei migliori 50 giocatori del mondo dalla FIBA (1991), nei 50 contributors della Coppa dei Campioni/Eurolega (2008), nella Hall of Fame FIBA, nella Naismith Hall of Fame
Maglia #3 dei Nets ritirata
http://www.youtube.com/watch?v=7HmCBjUfhSQ Finale Real Madrid-Caserta, partita intera con commento in spagnolo
http://www.youtube.com/watch?v=ODXRnrwcfho Finale Jugoslavia-Grecia dell'Europeo 1989, partita intera con commento in serbo
http://www.youtube.com/watch?v=X6HLVJq4VBg Bandiera croata vs Divac
http://www.youtube.com/watch?v=zanji1I7Yd4 Once Brothers