Lingua italiana, domande e risposte.

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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Bitossi ha scritto: Dai, su queste ci dovrebbero essere pochi dubbi... :boh:
Riguardo al primo esempio (verbi di moto), segnalerei che è giusta anche la forma ‘in’ (andare in spiaggia-città-centro-casa, tornare in auge, ecc. :cincin: )
Sei troppo ottimista, Lorenzo, perché da una ricerca sulla lingua degli italiani è risultato che la maggioranza non è in grado di comprendere un testo molto semplice. (fonte Tullio De Mauro) Per il resto, hai ragione, è giusto anche *in*. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Si può mettere una congiunzione all'inizio di una frase?

In teoria no, perché perderebbe la funzione di con-giungere, vale a dire mettere insieme, unire due frasi, ma ci sono casi particolari. Es, dopo una pausa forte - Domani non uscirai! Ma babbo, ho già preso un impegno.
Anche la congiunzione coordinativa *e* all'inizio di frase può esistere per farle acquistare un valore presentativo abbastanza efficace, come nel verso di Pascoli del Gelsomino notturno - E s'aprono i fiori notturni/nell'ora che penso ai miei cari -.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da Bitossi »

Boh, secondo me le regole, se troppo limitanti, finiscono per diventare eccessive e contraddittorie, in particolare le minimali, come quelle sulle congiunzioni.
Basterebbe dire che la congiunzione ad inizio frase serve a riannodare un discorso sospeso, spesso sottinteso, e morta lí. I titoli di opere letterarie, canzoni, ecc. ne sono un chiaro esempio (E le stelle stanno a guardare; Ma la notte no...).
A proposito, mi viene in mente una discussione assurda con colleghi che sostenevano che fosse sbagliato mettere 'e' congiunzione dopo una virgola. Avevo casualmente in borsa un importante racconto/romanzo italiano, aprii una pagina a caso, e tale forma apparve immediatamente! (l'ho appena usata anch'io... :diavoletto: )


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Bitossi ha scritto:Boh, secondo me le regole, se troppo limitanti, finiscono per diventare eccessive e contraddittorie, in particolare le minimali, come quelle sulle congiunzioni.
Basterebbe dire che la congiunzione ad inizio frase serve a riannodare un discorso sospeso, spesso sottinteso, e morta lí. I titoli di opere letterarie, canzoni, ecc. ne sono un chiaro esempio (E le stelle stanno a guardare; Ma la notte no...).
A proposito, mi viene in mente una discussione assurda con colleghi che sostenevano che fosse sbagliato mettere 'e' congiunzione dopo una virgola. Avevo casualmente in borsa un importante racconto/romanzo italiano, aprii una pagina a caso, e tale forma apparve immediatamente! (l'ho appena usata anch'io... :diavoletto: )
Vero che è sempre meglio essere elastici sulle regole, però molto spesso i letterati l'italiano lo conoscono il giusto. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da herbie »

lemond ha scritto:Si può mettere una congiunzione all'inizio di una frase?

In teoria no, perché perderebbe la funzione di con-giungere, vale a dire mettere insieme, unire due frasi, ma ci sono casi particolari. Es, dopo una pausa forte - Domani non uscirai! Ma babbo, ho già preso un impegno.
Anche la congiunzione coordinativa *e* all'inizio di frase può esistere per farle acquistare un valore presentativo abbastanza efficace, come nel verso di Pascoli del Gelsomino notturno - E s'aprono i fiori notturni/nell'ora che penso ai miei cari -.
sì ma in questo verso, "E" è solo formalmente congiunzione , ma all'orecchio poetico assume un significato pressoché avverbiale, d'azione NEL tempo.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Bellissime queste sfumature. Grazie! :) :gruppo:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Admin ha scritto:Bellissime queste sfumature. Grazie! :) :gruppo:
Arrivato secondo. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Congiunzioni ... congiunte

Perché *ma però* non è da condannare? In realtà non si tratta di una ripetizione, perché la congiunzione *ma* non ha solo valore avversativo-oppositivo (come bensì, mentre, invece, al contrario), ma pure quello di avversativo-limitativo, cioè che limita la validità di quanto affermato in precedenza (insieme a però, tuttavia, peraltro, eppure, nondimeno). Es. del primo caso: non era rosso, ma verde; del secondo: il Bagnino non è il più grande ciclista del secolo, ma (però)* uno dei migliori. Questo doppio valore di *ma* spiega l'antica tendenza ad affiancarlo con altri elementi affini che ne rafforzino il significato, combinazioni che troviamo in Dante e Manzoni (fra gli altri). Non sono invece ammissibili accostamenti fra le altre congiunzioni avversative.

* si noti la differenza di significato senza il *però*, il quale diminuisce, anziché accrescere, la limitazione. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da Bitossi »

Senza dimenticare il valore di congiunzione “testuale” di ‘ma’, di cui si era parlato in precedenza. Il che lo rende alquanto versatile.
Ma però :D devo confessare un mio automatismo: forse per inconsce influenze scolastiche, mi viene istintivamente da sobbalzare sentendo o leggendo un ‘ma però’ più di quanto lo faccia un ‘ma tuttavia’, che in base alle regole suesposte è sicuramente un errore... :cincin:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Uso di mentre invece

La sequenza non pare sottoposta a biasimo come ma però, forse perché l'uso consolidato e le testimonianze letterarie consentono di considerarlo del tutto legittimo, almeno in contesti caratterizzati da un grado non alto di formalità. Altrimenti sarà bene inserire la virgola fra la congiunzione e l'avverbio. ;)

Mentre che

Ormai lo si considera proprio degli usi regionali e del parlato non sorvegliato e quindi è molto meglio togliere quel *che*.

Nel mentre

Tale locuzione si usa solo come valore avverbiale nel senso di frattanto e nell'italiano contemporaneo sopravvive *in quel mentre*, che vale nello stesso momento, proprio allora.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Differenze fra *o* e *ovvero-oppure*

In una serie di termini disgiunti, non è possibile ripetere ovvero davanti al primo termine: Deciditi! O vieni oggi o domani, ma non oppure oggi o domani. Ovvero ha anche funzione esplicativa (a differenza di o), serve cioè a precisare, chiarire, ridefinire. Es. Oggi o domani i giorni si escludono, in domenica, ovvero il giorno del Bagnino o di Bernardeschi, si tratta dello stesso giorno, detto in modi diversi. Sinonimi di ovvero, in questo caso, sono cioè, ossia, etc.

Siccome che

L'uso con valore causale è in forte espansione, anche se ha origini regionali. Ciò sta accadendo per analogia con dato che, visto che etc. Ma è bene usarlo o in frasi comiche o quando si parla fra amici, mai per iscritto. (ci vorrebbe la i per la solita storia del non pronunciare tre consonanti di seguito, anche se ormai nessuno più lo fa).


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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E' piovuto o ha piovuto?

Nel significato proprio di cadere la pioggia si possono usare entrambi i verbi ausiliari, mentre quando si tratta di senso figurato il verbo è solo essere: sono piovute critiche, Mario è piovuto a casa mia alle tre di notte!

Sono dovuto o ho dovuto andare?


Se si sceglie l'ausiliare del verbo retto dal servile, non si sbaglia mai: es. mangiare possiede come ausiliare avere (ha mangiato) e quindi ha dovuto mangiare, partire invece ... è dovuto partire, ergo: sono dovuto andare.
Se il servile è seguito dal verbo essere, l'ausiliare sarà sempre avere: ha dovuto essere forte, ha voluto essere il primo.

L'ausiliare di norma precede il participio: non può essere sparito. Salvo se si vuol ottenere un efetto *marcato*: Sparito(!), Non può essere.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da lemond »

Venire e andare come ausiliari

Ognuno capisce che c'è differenza fra la porta era aperta e la. p. veniva aperta, così come il Bagnino era distrutto e il B. veniva distrutto.
nei primi casi indichiamo condizioni in atto, con il verbo essere in funzione di copula, mentre nei secondi descriviamo, in forma passiva, azioni compite da qualcuno: ad es. il portiere e Froome. :D
L'uso di andare è limitato ai tempi presente e imperfetto (così come venire) e può assolvere a tre compiti:
a) accompagna verbi che indicano risultati negativi: l'Invincibile Armata andò quasi distrutta dalla tempesta nel 1588.
b) esprime l'idea di opportunità, dovere necessità: ogni argomento va studiato a fondo.
c) rettifica precedenti affermazioni: non bisogna deriderlo (El Condor), piuttosto va corretto. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Ma "perculare" è un neologismo ammissibile ?


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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nino58 ha scritto:Ma "perculare" è un neologismo ammissibile ?
Purtroppo in lingua vince l'uso e quindi ... dipende. Però è costruito bene: una specie di apocope della frase "prendere per il culo", resa, cioè con il solo verbo. :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Il congiuntivo

A differenza del francese, dove il modo è morto, in italiano è ben vivo nello scritto e nel parlato medio-alto e quindi ...
Esso serve a presentare l'azione come incerta, ipotizzabile, desiderata, dubbia e soggettiva, si usa di solito in proposizioni subordinate, quasi mai in frasi indipendenti. In quest'ultimo caso ha valore esortativo/imperato: vada via di qui! Oppure per segnalare una concessione anche forzata: venga pure a spiegarmi le sue ragioni. Infine, dubitativo: che abbia deciso di non venire? Ottativo: fosse vero! Esclamativo: sapessi quanto mi costa ammetterlo.
Nelle proposizioni subordinate, vedi sopra, reggono il congiuntivo i verbi che esprimono un'aspettativa, desiderio, timore, sospetto (ergo tutte cose incerte ;) ). Quindi chiunque, ancorché un sacerdote o un Bagnino (che si fa tre segni della croce per volta), dovrà sempre dire: credo che dio esista. :D


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da nino58 »

lemond ha scritto:
nino58 ha scritto:Ma "perculare" è un neologismo ammissibile ?
Purtroppo in lingua vince l'uso e quindi ... dipende. Però è costruito bene: una specie di apocope della frase "prendere per il culo", resa, cioè con il solo verbo. :)
Grazie Carlo.
Sempre esaustivo. :cincin:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Quando congiuntivo e condizionale si incontrano

Il condizionale è il modo dell'incertezza assoluta (come dice la parola è un'azione sottoposta a condizione: sospensiva, se il verificarsi fa cominciare un qualcosa, risolutiva se questo "quid" lo fa terminare). Uno dei luoghi più frequentati dal condizionale è il periodo ipotetico e nell'italiano attuale convivono due moduli ipotetici: quello dell'irrealtà e quello della certezza. E' ovvio che con il secondo il condizionale non avrebbe senso e quindi non ce ne occupiamo, mentre il primo è tradizionalmente espresso dal congiuntivo nella *protasi* (premessa) es. se il Bagnino si bagnasse, e condizionale nell'apodosi (è difficile trovare l'etimo di questa parola composta da apo->da e δοσις che non porta a niente, se non a una dose da restituire e quindi ci si può riferire al rito bizantino per il quale essa significava la conclusione (l'ultimo giorno) di una festa principale), sarei contento. ;)
La sequenza se, più il condizionale, è inammissibile nella protasi di un periodo ipotetico *se lo vedrei, lo riconoscerei (il motorino)* proprio non si può sentire, leggere!!! :grr: Invece è giusto, se introduce un'interrogativa: mi domando se direbbe la stessa cosa pur davanti alle prove che ho? Il condizionale, introdotto da se, si usa anche per esprimere una cortesia: mi chiedo se non le farebbe piacere ... ; oppure quando l'azione è proiettata al futuro, ma in tal caso occorre il condizionale composto: mi chiedevo se avrebbe davvero chiuso la carriera.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Gerundio

Contrariamente a quel che di solito si scrive, il gerundio può avere il soggetto diverso dalla proposizione reggente se quel soggetto è espresso con un nome o un pronome e se è posposto al gerundio: essendo il Bagnino un bugiardo, quasi nessuno ha stima di lui, come persona.
Oppure, quando si mette al gerundio un verbo impersonale: piovendo a dirotto, non siamo usciti, o se il reggente si usa in senso impersonale: sbagliando, s'impara.
Recentemente, anche nello scritto, si sta diffondendo l'uso del gerundio riferito al soggetto logico (non sintattico): la sua risposta è stata perentoria, affermando che non esisteva alternativa! Sarebbe preferibile una forma diversa: ha risposto in guisa perentoria, affermando ...
che è più corretta e anche più comprensibile.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Participio passato

Esigere? La particolarità è che esso è uguale all'aggettivo *esatto* e infatti ha la stessa origine: preciso, giusto che è proprio ciò che si può esigere. Qualcuno usa, nel parlato, la forma esigito, ma è da considerare scorretta.
Incutere dà incusso, anche se poco usato, mentre escusso-ione è più conosciuto. Entrambi seguono discutere, che è il fratello più popolare.
Riflettere; il verbo e quindi anche il modo, ha una doppia anima: riflesso fisico, mentre riflettuto è psichico.
Per seppellire, vanno bene entrambi, anche se sepolto è più comune di seppellito.
Di solere, sarebbe *sòlito* da solo, ma spesso si preferisce *esser solito*.
Splendere, darebbe splenduto, però non lo usa ormai più nessuno, così come di essere era *essuto*, ma questo participio non piaceva e allora, si è preso in prestito quello del verbo *stare*. Altra particolarità del verbo essere è l'indicativo, terza persona plurale: in antico si aveva la forma regolare *essono*, che ha prodotto, con l'aferesi *sono* e con la sincope e raddoppiamento *enno*. In Toscana quest'ultima è usata in campagna, ma non è brutta, come sembra. :)

P.S. Chiedo scusa per aver usato alcuni giorni fa apocope al posto di aferesi, perché la prima riguarda il troncamento finale, non iniziale, come invece è aferesi.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Varietà regionali che con l'italiano, direbbe un esponente del regionalismo, non ci azzeccano. :D

Che andasse a lavorare, invece di: che vada a ...
Hai chiamato a Giuseppe?
Lo telefono subito.
Scendere o salire pacchi, valigie o altro. Si può scendere e salire solo le scale. ;)
Uscire il cane e entrare le uova in frigo.
Ritornare il plico (uso burocratico), invece di restituire
La partita inizia, invece di comincia o, se proprio si vuole usare quel verbo burocratico: la partita si inizia.
Ho avanzato qualcosa.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da White Mamba »

chiedo umilmente spiegazioni sull'utilizzo errato delle ultime due espressioni


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Bitossi
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Rispondo io? :D

Iniziare è un verbo sia transitivo sia intransitivo; quando è transitivo ci voglio soggetto e oggetto (fra l'altro Iniziare vuol dire anche "introdurre" qualcuno, ad una setta, gruppo, ecc.). Al massimo si può dire "l'arbitro inizia la partita" (= da avvio a), ma non "la partita inizia" (diresti "la partita da avvio"? A che? ;) )
Quindi ci vuole l'intransitivo, che si risolve o con una perifrasi (la partita sta per iniziarsi) o come scrive lemond "si inizia".

Invece per quel che riguarda avanzare, Hoepli dà la forma possibile, anche se rara: raro Mettere da parte, serbare, risparmiare: ha avanzato tanto da costruirsi una casetta


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

Messaggio da leggere da White Mamba »

grazie!


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Bitossi ha scritto:Rispondo io? :D

Iniziare è un verbo sia transitivo sia intransitivo; quando è transitivo ci voglio soggetto e oggetto (fra l'altro Iniziare vuol dire anche "introdurre" qualcuno, ad una setta, gruppo, ecc.). Al massimo si può dire "l'arbitro inizia la partita" (= da avvio a), ma non "la partita inizia" (diresti "la partita da avvio"? A che? ;) )
Quindi ci vuole l'intransitivo, che si risolve o con una perifrasi (la partita sta per iniziarsi) o come scrive lemond "si inizia".

Invece per quel che riguarda avanzare, Hoepli dà la forma possibile, anche se rara: raro Mettere da parte, serbare, risparmiare: ha avanzato tanto da costruirsi una casetta
Iniziare è diventato intransitivo perché gli ignoranti hanno preso a dire così e tu Lorenzo sei sempre pronto a giustificare tutti. :diavoletto: Compreso il fatto che Hoepli registra ... E va bene, vordì che ha difende l'italiano ho rimasto solo. :bll:
P.S.
Rammento sempre che una volta all'esame di Stato a Bologna una maturanda rispose, commentando una poesia di Carducci: la nèbbia di novémbre. Io avrei finito lì, dicendole di riprovare l'anno prossimo e tu Lorenzo che avresti fatto?


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto:
Bitossi ha scritto:Rispondo io? :D

Iniziare è un verbo sia transitivo sia intransitivo; quando è transitivo ci voglio soggetto e oggetto (fra l'altro Iniziare vuol dire anche "introdurre" qualcuno, ad una setta, gruppo, ecc.). Al massimo si può dire "l'arbitro inizia la partita" (= da avvio a), ma non "la partita inizia" (diresti "la partita da avvio"? A che? ;) )
Quindi ci vuole l'intransitivo, che si risolve o con una perifrasi (la partita sta per iniziarsi) o come scrive lemond "si inizia".

Invece per quel che riguarda avanzare, Hoepli dà la forma possibile, anche se rara: raro Mettere da parte, serbare, risparmiare: ha avanzato tanto da costruirsi una casetta
Iniziare è diventato intransitivo perché gli ignoranti hanno preso a dire così e tu Lorenzo sei sempre pronto a giustificare tutti. :diavoletto: Compreso il fatto che Hoepli registra ... E va bene, vordì che ha difende l'italiano ho rimasto solo. :bll:
P.S.
Rammento sempre che una volta all'esame di Stato a Bologna una maturanda rispose, commentando una poesia di Carducci: la nèbbia di novémbre. Io avrei finito lì, dicendole di riprovare l'anno prossimo e tu Lorenzo che avresti fatto?
:diavoletto:

Fuori dalla provincia di Firenze l'apertura delle "e" la tirano a caso sperando di indovinare. :)


2019 (1°): Giro d'Italia tp 4, 5, 20; Giro d'Italia classifica generale; Tour de France tp 1, 10; Tour of Britain;
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Casi dubbi per l'accordo

Quando siamo in presenza del *lei* di cortesia riferito a un uomo, è opportuno seguire la grammatica o la natura? L'uso generale prevede l'accordo al maschile nei participi passati e negli aggettivi, mentre resta il femminile con altri pronomi: siamo lieti di informarla che durante la sua visita lei sarò ospitato nella nostra sede principale. Mentre se si usa Ella allora sarà ospitata. :)
Genere e numero: Tra i molti libri che ho letto (participio invariato); fu sostenuta la validità del progetto e il suo valore sociale, forse meglio di furono sostenuti ... Nella scheda personale sono elencate le carenze e i disagi di ciascun alunno. La regola prevederebbe l'accordo al maschile, ma la vicinanza di un sostantivo femminile, quando il participio passato preceda la lista degli stessi può ...
In ogni modo queste sono questioni di "lana caprina" e qui vale proprio ciò che fa capire sempre Lorenzo: non sbaglia nessuno. :D


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Bitossi
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto:Rammento sempre che una volta all'esame di Stato a Bologna una maturanda rispose, commentando una poesia di Carducci: la nèbbia di novémbre. Io avrei finito lì, dicendole di riprovare l'anno prossimo e tu Lorenzo che avresti fatto?
Le avrei detto “Le posso dare al massimo 18. E adesso se ne torni a Sesto San Giovanni!” :diavoletto:
(anche se, per quel che riguarda nebbia, un lombardo sbaglierebbe solo parlando dialetto, mentre di solito in italiano la sento pronunciare bene. Con novembre invece niente da fare, sbagliano tutti... :D )


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lemond
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Regionalismi e varianti lessicali

Per la frutta, due sono (soprattutto) i nomi diversi: melone/popone e anguria/cocomero. E' inutile dire che propendo per le seconde e mi rifiuto in modo assoluto di usare le prime, però sono corrette entrambe e per una dicotomia conosco anche la spiegazione: se andate sul traduttore italiano greco e scrivete melone ecco che cosa ottenete πεπόνι, che translitterato è peponi. ;)
Arancia o arancio, anche qui preferisco la seconda per analogia a mandarino, limone, cedro, bergamotto, pompelmo, però è più usato il femminile che distingue l'albero dal frutto, come melo/a, pero/a, ma un so' miha agrumi! :D E' anche vero che nessuno dice succo d'arancio e altre locuzioni simili.
Per melograno/a la forma più corretta sarebbe la seconda, ma la prima sta acquistando consensi.
Cioccolato/a anche qui entrambe le forme sono usate, anche se si parla sempre di cioccolata calda, mentre per la tavoletta si usa spesso il maschile.
Palmo o palma della mano, l'uso del femminile è consigliato nei registri formali, mentre si può impiegare il maschile negli altri casi.
Tavolo/a, qui il significato si è specializzato, così come in coltello/a. Nessuno direbbe ora si va tutti a tavolO e neppure, d'altro canto, la mia tavola da disegno. Mentre la forma femminile per tagliare si usa, quando l'attrezzo è di grosse dimensioni. Il macellaio ha diversi tipi di coltelle, mentre noi apparecchiamo con i coltelli. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Coltella non l'avevo mai sentito.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Admin ha scritto:Coltella non l'avevo mai sentito.
Lo usano solo lì, secondo me, al punto tale che quell'espressione, come altre, potrebbe essere considerata "dialettale" pur essendo utilizzata in Toscana.
La lingua, si sa, si modifica nel tempo.
Il volgare fiorentino (o toscano), come ogni idioma, non sfugge alla regola.
La lingua italiana, che del volgare fiorentino è figlia, nelle sue forme grammaticali e lessicali segue/deve seguire il modificarsi dell'idioma fiorentino oppure può esservi divaricazione al punto da considerare il fiorentino (ed il suo toscano più prossimo) ormai un dialetto ?


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Ormai *coltella* lo usa solo la Robaccia (la mi' socera che a p4 anni un vo' morì un'accidente). :D


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto:Ormai *coltella* lo usa solo la Robaccia (la mi' socera che a p4 anni un vo' morì un'accidente). :D
Corazon de pedra.
Ecco cosa sei. :D
E sulla divaricazione tra parlata toscana e lingua italiana qual è il tuo punto di vista ?


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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nino58 ha scritto:
lemond ha scritto:Ormai *coltella* lo usa solo la Robaccia (la mi' socera che a p4 anni un vo' morì un'accidente). :D
Corazon de pedra.
Ecco cosa sei. :D
E sulla divaricazione tra parlata toscana e lingua italiana qual è il tuo punto di vista ?
Sono due cose completamente diverse, almeno per quanto mi riguarda: cerco di parlare in italiano meno possibile, mentre, se scrivo, mi impegno molto a rispettare le regole. :)

P.S.

Rammento che quando da giovani, mia moglie ed io, andavamo qualche giorno all'estero (cioè fuor di Toscana) quando parlavo io, Grezy poi doveva spesso tradurre. :diavoletto:


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Incertezze varie

Forbici o forbice? Nel significato proprio si usa il plurale, mentre nelle metafore ...
Aereoplano o aeroplano? Nel parlato si possono usare entrambe, ma per iscritto vale la seconda, perché è una parola formata
dal prefisso aero-> aria.
Magazzino magazzeno? La seconda è una variante regionale.
Molino o mulino? La seconda è di gran lunga più usata orma da lustri.
Ulivo/a o olivo/a? Per il frutto uliva, non si usa più, se non in alta letteratura, mentre ulivo sembra resistere, ma nei derivati, a parte uliveto, trionfa la forma in o: olivocultore e olivocultura.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Salsiccia o salciccia? :) Solo la prima è giusta, mentre la seconda è un'etimologia volgare, perché quella corretta è data dal latino tardo *salsus* (salato) e *insicia (polpetta).
Spegnere o spengere? In Toscana esiste solo la seconda, ma purtroppo la forma quasi esclusiva nel resto d'Italia è la prima. :grr:
Sposare o sposarsi? La percezione dell'uso assoluto del verbo (oggi sposo) è regionale.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Le parole straniere

Il fenomeno del prestito linguistico è sempre esistito, anche se ora mi sembra che si esageri! (Ma forse l'avranno detto anche gli altri nei secoli scorsi). A noi, per quanto riguarda i forestierismi, interessa soprattutto il trattamento dei nomi che sono passati in italiano senza adattamento morfologico, perché in questo caso si pone il dilemma, ad es. del plurale. La risposta è comunque semplice e ce l'à insegnata Renzo Arbore, con i suoi quizs, sports etc. :D
Caso particolare di forestierismo è quando tale non è, perché si tratta di un prestito nostro ad altri, ad es. audit (da latino audire, ascoltare e non revisione), ma comunque va pronunciato au e senza plurale, così come auditorium.Pure forum resta invariabile, insieme a sponsor, perché prevale il transito dall'inglese, che lo ha parificato agli altri prestiti stranieri.
Media e summit la pronuncia sarebbe solo quella latina, ma l'uso purtroppo è variegato. :grr:
Tutor si è differenziato da tutore e resta invariabile, ma la pronuncia dovrebbe essere u e non iu.


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Anche per i latinismi diretti, come curriculum, corpus, iter, che hanno ormai avuto una larga circolazione, non si fa il plurale e dire curricula, corpora, itinera, sarebbe solo da "snob". E infatti, quando il mio amico Pannella chiamava alle urne, nemmeno ai politici veniva da dire: "Accidenti ai referenda!" :crazy: :diavoletto: :D
A proposito, sempre di latinismi, che differenza c'è fra stage e tirocinio? La prima forma affonda le radici nel latino medievale di area francese: stagium facere, dove stagium era la dimora e quindi abitare. In ambiente feudale, l'espressione indicava appunto la dimora del vassallo, vicino al suo signore allo scopo di assolvere ai servizi legati al compito. Così ancora oggi, può indicare un breve corso tenuto da un maestro a un gruppo di appassionati. Naturalmente si evince che la pronuncia deve essere quella latina (o francese, che è uguale). :)
La seconda è composta da tirone(m) recluta, principiante e -cinium, da canere->cantare e infatti l'indovinello famoso "cane Nero" in italiano è "canta o Nerone". Proviene dall'ambiente militare con il significato di sveglia delle reclute e quindi svegliare chi ha poca esperienza.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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In passato la tendenza era ostile ai forestierismi e alle parole straniere in genere il che era democratico, perché questi vocaboli sono meno comprensibili da chi le lingue non le conosce, ma tant'è ormai si è capito che la democrazia è solo una parola vuota e quindi ben vanga ogni tipo di espressione d'oltre alpe e/o atlantico! :x
Oltre all'abuso di quanto sopra, bisogna cercare anche di aver tanto buon senso da non farsi contagiare da espressioni che, a ondate, si diffondono (quasi come un'epidemia) sulla bocca di tanti: formule preconfezionate che hanno lo scopo precipuo di impoverire la lingua e di renderla gregaria. :grr: Citiamo qualche esempio: sono un attimino stanco, assolutamente usato da solo (sembra sia stato ascoltato nella trasmissione televisiva il grande fratello, mentre tale avverbio non ha valore, di per sé, positivo, se non gli si aggiunge un bel sì. :D Piuttosto che, nel significato di oppure, mentre quella locuzione indica una preferenza. A livello di, per un certo tempo era sulla bocca di tuuti, insieme a *nella misura in cui". :grr: Quant'altro, basta, così come problematica! E infine, per concludere *senza se e senza ma* ... ma andate dove Mandukic (a.s.n.s.s.c.) ha giustamente consigliato all'arbitro di Udinese -Juventus. :crazy: :diavoletto: :bll:


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Consonanti doppie e altri dubbi

La -zio non va mai raddoppiata, quando deriva dal latino -tio es. nazione, servizio etc, mentre per -zia il discorso è diverso, perché molte volte non deriva da -tia e infatti si raddoppia pazzia, razzia etc.
Rarissimi sono i casi di doppia *q*, perché di solito il raddoppiamento si fa con la *c* (acqua, acquisto), le uniche eccezioni sono *soqquadro e beqquadro*. Il motivo sta solo nella tradizione/analogia, ma, in fin dei conti non ci si dovrebbero strappare i capelli se qualcuno scrivesse socquadro e becquadro. ;)
A che serve la *h*, se è muta? Talvolta indica il prolungamento del suono nelle interiezioni (ah, ahimè etc.), altre si usa per distinguere alcune forme del verbo avere, con altre, che altrimenti si scriverebbero nello stesso modo. Ma la forma più elegante sarebbe distinguerle con l'accento. :D (hai, ài invece della preposizione articolata ai). In francese, al contrario, accentano la preposizione e lasciano il verbo intonso (à, a).
Infine la *h*, e questa è senza dubbio la sua funzione principale, serve per formare i suoni occlusivi velari (detti anche duri) delle consonanti *c* e *g* prima delle vocali palatali *i* ed *e*.
Anche la *i* può servire per la pronuncia, anche se al contrario della *h* e, a tal proposito può creare qualche dubbio, per es. perché si scrive cielo e non celo e cieco e non ceco. Possiamo solo dire che è un residuo antico, il fatto di distinguerlo dagli abitanti della Boemia e Moravia è solo una conseguenza casuale.
Una cosa da tener presente al riguardo è la differenza fra scienza e conoscenza. La prima deriva da *scio*->sapere, mentre l'altra da *cognosco*->sapere, conoscere.
Il caso di ognuno/ogniuno e intero/intiero: le prime sono forme più moderne, le secondi più ricercate.


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Accenti e apostrofi

Occorre cominciare col dire che gli sms non aiutano a scrivere bene in italiano, perché se uno digita po e basta, è ovvio che intende l'avverbio troncato di poco, che deve essere scritto rigorosamente po', mentre gli infami programmatori ti danno . :grr: Molto meglio sarebbe senza nulla, perché poi quando si ha un troncamento non ci vuole nemmeno l'apostrofo, vedi qual e tal. ;) Però ormai si usa metterlo l'apostrofo e possiamo adeguarci. Occorre invece tutte le volte che indica un'elisione (proprio ora se scrivevo una elisione non ci voleva (è ovvio) l'apostrofo, ma siccome ho tolto la *a* questo si indica con il segnetto. ;) In passato l'elisione era molto diffusa, mentre l'italiano contemporaneo tende a conservare l'integrità delle parole e quindi si trova più raramente. Es. gli innamorati e le erbe non sono apostrofati, nonostante ci siano le stesse vocali contigue. Personalmente l'articolo una non l'apostrofo mai, tranne quando l'altra parola comincia con *a* e quindi un'anima, ma una elisione. (P.S. al maschile uno non si apostrofa mai, perché soccorre il troncato *un*. ;)
Per quanto riguarda gli accenti, dopo aver detto che esiste quello grave *è* e l'altro acuto *é*, è un errore molto grave scrivere *perchè*, mentre non lo è altrettanto usare *ò* al posto di *ó* perché quest'ultima non si trova di solito sulla tastiera. Però va tenuto conto che ad es. quasi tutte le parole francesi che finiscono con con la o si pronunciano chiuse e quindi dovrebbero essere scritte con la *ó*. ;)
Discorso importante è quello dell'accento sui monosillabi, a domani. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Comincio con una domanda: nel consiglio che Mario ha dato all'arbitro sabato o domenica scorsa, ci saranno stati accenti o apostrofi? Provate un po' a pensarci. :)
E veniamo agli accenti sui monosillabi, fonte di errori continui da parte di chi ignora la semplice regola logico/linguistica. L'accento serve a indicare la sillaba tonica, es. vàluto o valùto, in italiano non si mettono e, secondo me, si fa male, perché poi uno pronuncia come gli pare! Se invece si scrivesse nébbia e novèmbre si eviterebbero tanti errori di pronuncia! Ciò detto, di fronte a un monosillabo quale sarebbe il senso di accentarlo? In teoria *nessuno*, salvo per distinguerlo da un'altra parola uguale, come si mette l'acca davanti alle voci del verbo avere, ho, ha, hai e hanno per distinguerle dalle preposizioni *a/ai* e dal sostantivo *anno*. Per ho/o l'acca non servirebbe (secondo me), perché hanno accentazioni diverse, ma in italia l'accento non usa. :(
E allora è facile comprendere che pochi sono i monosillabi da accentare, specie tenedo conto che le note musicali non contanto come doppioni e infatti a nessuno viene in mente di accentare *mì* nel senso di a me, mentre parecchi usano il *dò* non di petto! Vai a sapere perché? :dubbio: :crazy: :dubbio:
Ecco l'elenco dei monosillabi da accentare: dà (verbo) dì (nel senso di giorno, a proposito dì deriva dal sostantivo latino *dies*, mentre giorno dall'aggettivo *diurnus*), è (verbo), là e lì (avverbi), né (negazione) sé (pronome) sì (avverbio affermativo, anche se negli stampati elettorali dei referendum l'accento ce lo devo sempre mettere io!, perché loro scrivono invece il pronome! :grr: )


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Carlo, dici sempre che si scrive ho, hai, hanno, per distinguere - con l'h - da o, ai, anno, ma questa cosa mi lascia perplesso, perché non capisco come mai una simile cura non ci sia nel caso di altre parole uguali con significati diversi.

Non c'è invece (o anche) una derivazione - per contrazione - da habeo?


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Admin ha scritto:Carlo, dici sempre che si scrive ho, hai, hanno, per distinguere - con l'h - da o, ai, anno, ma questa cosa mi lascia perplesso, perché non capisco come mai una simile cura non ci sia nel caso di altre parole uguali con significati diversi.

Non c'è invece (o anche) una derivazione - per contrazione - da habeo?
Non credo, e io sono con te e uso ad es. dànno e e dài


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Nell'italiano parlato di ogni regione si sono sempre più diffuse le forme del verbo avere, precedute dall'elemento *ci*. Si è creato quasi un paradigma diverso, al posto di ho, hai, ha, si usa quasi sempre *ciò, ciai, cià*. E allora, se si devono scrivere, come si fa? C'ho è di sicuro sbagliato, anche se usato, perché è l'esatto contrario di quel che si vuol scrivere (la pronuncia diventa velare, anziché palatale**), D'altra parte la grafia ci ho, fra diventare bisillabo, quel che invece di sillabe ne ha una soltanto, perché costringe alla pronuncia della *i* che in realtà non si deve sentire. Pertanto l'alternativa è solo una: si scrive *ciò, ciai, cià*, oppure meglio evitare queste forme nella scrittura.
Qual è è giusto così? Sì, perché è un troncamento della parola quale, come *un* lo è di *uno* e che *qual* sia un troncamento appare evidente quando è seguito da parole che cominciano per consonante: nel qual caso, in certo qual modo, ogni qual volta. :)
Purtroppo qualche volta il troncamento è apostrofato, probabilmente perché potrebbe creare dubbi con altre parole omografe, come di' e da'(imperativo di dire e dare), con le preposizioni e allora, per analogia, si aggiunge l'apostrofo anche a imperativi che non lo necessiterebbero, perché si capisce se uno usa il modo indicativo (egli sta) o l'imperativo (sta' fermo lì), d'altra parte non si distingue mica nella grafia io sono da essi sono. Stesso discorso per *be'(ne), po'(co), mo'(do), che andrebbero scritte senza apostrofo, ma l'uso comanda!
Per non generare confusioni fra accento e apostrofo, è bene saper scrivere anche le vocali maiuscole (a inizio di frase) e quindi
À è *alt 183* È *alt 212* Ì *alt 222* Ò *alt 227* e Ù *alt 235*. P.S. a me però non viene in mente quando si debbano usare le maiuscole per le vocali, a parte la È, dato che la ò verbo è preceduta dall'acca e se è disgiuntiva si scrive senza accento, stesso discorso per la *a*. I e U accentati all'inizio di una frase, quando si è mai visto?

** Chiedo a Lorenzo (o chi per lui) se ho scritto bene, perché ho citato a memoria. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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ABC

L’alfabeto italiano prosegue quello latino, con poche differenze: si sono perse la k, mentre si è aggiunta la u, che in latino non esisteva, perché valeva per essa il segno grafico della *v*. La lettera j fu introdotta durante il medioevo sia come variante grafica in fine di parole e poi anche per indicare la *i*, seguita da vocale. Anche la *w* è di età medievale e proviene dai popoli germanici, che la adottarono nella forma *VV/ uu* e proprio da questa forma originaria viene il nome doppia vu, poi prevalse la forma attule *W* con i due elementi uniti. Si raccomanda di pronunciare sempre vu e doppia vu e mai vi e doppia vi, stante l’origine latina della cosa: come si è detto in precedenza, ma è bene ripeterlo, perché di amanti della perfida Albione ce ne son tanti, la u e la v erano una sola lettera e credo a nessuno verrebbe in mente di pronunciare i la u. :crazy:
A scuola qualcuno impara che le vocali sono cinque, ma questo succede solo in Sicilia; nel resto dell’Italia invece sono sette, perché esistono sia la é/è che la o/ò. Addirittura in qualche regione, ad es. in Lombardia esistono le c.d. vocali turbate, pronunciate con suono “alla francese”, come la ö e la ü dell’area nord-occidentale.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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La prima lettera dell'alfabeto è la *a*, derivante dall'alfa greco e si scrive, come tutte le vocali finali accentata in finale, quando appunto la parola è tronca (o ossitona), es. città. Per chi lo vuole, si può accentare anche all'interno di una parola, per distinguerne due omografe: àncora, àmbito.
All'inizio di una parola può costituire un prefisso indicante mancanza, assenza di ciò che è espresso dall'aggettivo o dal sostantivo: si parla allora di funzione "privativa" e riprende l'uso greco dell'alfa negativo del greco a-theos (senza dio), a-képhalos, senza cervello, anche se in greco significava letteralmente senza testa e si usava per indicare una statua acefala e così i libri e manoscritti acefali sono quelli privi del frontespizio. Moltissime sono le parole con l'a privativo e davanti a vocale prende la forma *an*, come per es. gli analfabeti e gli anabattisti, che giustamente non considerano il battesimo imposto non in età della ragione. Per questo motivo (ma anche per altri) anni fa chiesi di essere sbattezzato (in questo caso è l'esse privativa). :diavoletto:
Quando *a*, come prefisso, è di origina latina, indica avvicinamento, direzione, tendenza verso qualcosa e quasi sempre raddoppia la consonante iniziale della parola con cui entra in contatto: accorrere, aggiungere, affermare, apporre etc.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Acquarello o acquerello? Nel dizionario si trovano entrambe, così come bancarella/cherella, casaraccio/casereccio etc. e questo perché le parole in ER sono fiorentine: in antico il gruppo AR pretonico si è trasformato in ER, menre fuori della Toscana non c'è stato questo passaggio. In questo modo si spiegano anche come da macellare si approdi a macellEria, da carta, cartolaio -> cartoleria. Le parole italiane che abbiano la AR pretonica non sono di origine toscana, come mozzarella o spogliarello, bustarella, pennarello, originari di Roma e Milano.
Stessa origine, fuori dall'Etruria, hanno i bottegari e paninari, perché il tipico suffisso tosco/italiano per luoghi e mestieri è -aio. Le parole in
-aro possono essere settentrionali: paninaro e meridionali: palombaro, calamaro.
La lettera *e* deriva dall'epsilon greca e in italiano, come già detto, esistono due tipi di accentazione, mentre, quando non è tonico, è sempre chiusa, vedasi ad es. èssére. Purtroppo, a differenza del francese, in italiano l'accento grafico si usa solo per la parole tronche e questo ha ostacolato la diffusione della pronuncia giusta in diciannove regioni. :grr: Hai voglia te a dire a un settentrionale che bene è bène e non béne, mentre freddo è fréddo e non frèddo!
Dalla preposizione latina *ex* (da/fuori) viene il prefisso italiano e-, indicante privazione o allontanamento: emettere (messo fuori), evirare (privare della virilità) eccentrico (stravagante, perché fuori dal centro di un discorso o ...) in emigrare quella e- è rafforzativa, perché già migrare significa andar fuori. :)
Ultima modifica di lemond il lunedì 30 ottobre 2017, 8:46, modificato 1 volta in totale.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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La lettera *i* entra nell'alfabeto latino sul modello dello iota e, in italiano ha tre valori: vocale, semiconsonante nei dittonghi e quello di semplice segno diacritico, per indicare la pronuncia palatale di C,G,SC, GL, davanti a A, O, U. Inoltre, come lettera muta, inserita solo per ragioni etimologiche o analogiche, compare anche nei gruppi cie, gie, gnia (società, valigie, igiene, scienza e coscienza, sogniamo).
Quando si trova in sillaba tonica in finale di parola di solito si scrive *ì* anche se in effetti si dovrebbe usare l'accento acuto, per indicarne la pronuncia chiusa (sempre), ma comunque non si può fare confusione, dato quel *sempre*. ;) In alcuni caso l'accento può essere segnato anche all'interno di una parola, per distiguere due parole omografe: prìncipi da princìpi, così, come vedremo anche per la u, circùito, da circuìto.
Qualche "imbecille", ma si sa nella burocrazia i deboli fanno carriera, ha avuto la bella pensata di omettere l'accento in alcuni moduli, dove sono affiancate le caselline SI/NO. Si tratta naturalmente di un uso arbitrario (non previsto nemmeno dal regolamento calcistico, il più stupido di tutti :( ) e quindi da evitare.
In antico si usava questa lettera con accento circonflesso in finale di parola, quando si voleva significare il plurale di -ìo, come leggio, pendio, brusio.
Infine la *i* può fungere da vocale da vocale c.d. prostetica e questo per motivi di pronucia, al fine di evitare una sequenza di tre suoni consonantici, non esistente (di norma) in italiano, es. in Ispagna e per iscritto. Tale *i* prostetica è/(stata) usata dai poeti, per ragioni metriche. :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Di, di', dì, tre monosillabi non omografi, perché appunto vogliono dire cose diverse: preposizione semplice, imperativo del verbo dire e giorno. Infatti i primi cinque della settimana si scrivono accentati con quel dì finale. :)
Li e lì invece sono soltanto due: forma pronominale e avverbio di luogo. Naturalmente qui e qua non vogliono l'accento, perché non si sono altre parole scritte così e con significato diverso e quindi, come tutti i monosillabi unici non vanno accentati.
Una forma strana (antica), ma che si usa ancora oggi è quel *li* davanti alla data: deriva dal fatto che prima dei numeri superiori a uno, si metteva l'articolo plurale *i*, si diceva i 22 agosto e non come oggi il 22 agosto. Questo i, poi è diventato li, ma si può omettere tranquillamente e sarebbe anche errore usarlo prima del *calende*. :D
La lettera o, attraverso il altino, deriva dall'omicron greca e, come già detto, ha due varianti: aperta (nòtte) e chiusa (monte). Da sola può essere usata, come rafforzativo nelle invocazioni, oppure per introdurre una frase esclamativa: O, ti vuoi sbrigare!
Seguita da h esprime tanti stati d'animo diversi: oh mamma; oh povero me; oh guarda chi arriva.


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