Piuttosto che aprire un nuovo thread, scrivo qui.
Mi chiedo se qualcuno condivide il mio imbarazzo/fastidio/orrore/schifo/tristezza/malinconia nell'assistere alla quasi quotidiana manifestazione di autoritarismo becero, para- o forse dichiaratamente fascista che promana dall'inflazione di programmi dedicati alla cucina o assimilabili.
Il mio imbarazzo è accresciuto dal fatto di intervenire in un forum dedicato al ciclismo, ma credetemi, le voci al riguardo in rete sono veramente poche, e la cosa mi preoccupa alquanto. In altre parole: non saprei dove scrivere quanto mi accingo a scrivere...
Ma li avete mai visti tali scempi? Io lo faccio solo, distrattamente, perché mia moglie è un'appassionata di cucina (dato che in genere procura delle derive personali unicamente piacevoli...

), ma quando il mio spirito critico esce dalla distrazione, non posso fare a meno di notare alcune (molte) preoccupanti implicazioni di tale inflazione.
Vediamo di analizzare brevemente il fenomeno: generalmente, un manipolo di semidecerebrati guidati da uno o più cerberi ("I tuoi genitori hanno anche dei figli normali'?" - cit.

), a volte elegantemente camuffati, gioca un gioco ad eliminazione, il cui elemento discriminante, alla lunga, diventa solo l'adesione a modelli precostituiti, precostituiti dal/dai cerbero/i, ovviamente.
Il motto unificante è, naturalmente, il grido di adesione "Sì, chef!", che mi ricorda tanto un "Ehia ehia, alalà" rivisitato.
La cosa diventa a mio modo di vedere ancora più preoccupante quando riguarda minori (Junior Masterchef...

).
To cut a long story short... mi pare che quello che si raffigura, nella teoria delle organizzazioni, è il modello della "Istituzione Totale".
Un luogo cioè dove alcune regole democratiche si rovesciano, dove imperversano figure semi-mitologiche (il colonnello Kurtz, il sergente Garcia, il commissario Montalbano...

), dove i ruoli transazionali diventano primari (nessun adulto, solo "genitori" e "bambini"), dove i conflitti si radicalizzano e polarizzano, fino ad arrivare alla semi-fantozziana rappresentazione di un universo separato, in cui si configurano prepotentemente alcune icone tipiche: il fanatico, il lecchino, i clan, le macchiette, ecc.
La domanda sorge spontanea: allora il luogo cucina, i cui prodotti rappresentano un vanto non secondario della cultura italiana, è paragonabile ad una caserma? O a un carcere? O a un ospedale psichiatrico pre-Basaglia?
E le cose "vanno fatte solo così"? (giustificazione strisciante, che ho anche sentito ribadire).
Non esistono modelli alternativi?
E che rapporto esiste tra questi fenomeni, che potrebbero riguardare unicamente il mondo dello spettacolo e le sue esigenze vere o presunte, con quello che accade nella vita di tutti i giorni, nel mondo del lavoro o della convivenza civile?
PS: visti i format imperanti e molto simili tra loro, mi pare di poter dire che queste considerazioni non riguardino solo il nostro paese, che comunque conserva nella quotidianità una tradizione di "beceraggine" forte.
PPS: scusate lo sfogo, probabilmente ampiamente OT, ma avevo 10 minuti liberi...
