lemond ha scritto: ↑domenica 15 marzo 2020, 9:19
Così mangiò Zarathustra
di Woody Allen
Niente riesce a mettere in subbuglio la comunità intellettuale più della scoperta di un’opera ignota di un grande pensatore. È una cosa che fa agitare i sapienti come quegli affarini che si vedono in una goccia al microscopio. In un recente viaggio ad Heidelberg per procurarmi alcune rare cicatrici da duello del diciannovesimo secolo, mi sono imbattuto proprio in un tesoro del genere. Chi avrebbe mai immaginato che esistesse un Libro delle diete di Friedrich Nietzsche? Ebbene, se l’autenticità dell’opera può apparire un filo dubbia agli increduli, quasi tutti quelli che l’hanno studiata affermano che nessun altro pensatore occidentale era mai andato così vicino a conciliare Platone con la dieta Pritikin. Ecco alcuni estratti.
In sé il grasso è una sostanza o l’essenza di una sostanza o una modalità di tale essenza. Il problema principale sorge quando si accumula sui fianchi. Tra i presocratici, fu Zenone a sostenere che il peso è un’illusione, e che per quanto un uomo possa mangiare sarà sempre grasso la metà di uno che non fa mai flessioni. Gli ateniesi erano ossessionati dalla ricerca del corpo ideale. In una tragedia perduta di Eschilo, Clitennestra rompe il voto di non fare mai spuntini tra i pasti, e poi finisce per cavarsi gli occhi quando si accorge che non entra più nel costume da bagno.
Ci volle l’intelletto di Aristotele per porre il problema del peso in termini scientifici. In un antico frammento dell’Etica, il filosofo afferma che la circonferenza di ogni uomo è pari al suo girovita moltiplicato per pi greco. Tanto bastò fino al Medioevo, quando Tommaso d’Aquino tradusse in latino alcuni menù e furono aperte le prime ostricherie. L’abitudine di cenare fuori era ancora condannata dalla chiesa, e farsi parcheggiare l’auto da un addetto era considerato un peccato venale.
Per secoli, com’è noto, il papato considerò il sandwich aperto al tacchino caldo il massimo della licenziosità; molti sandwich furono costretti a restare chiusi, e riaprirono solo dopo la riforma. In certi dipinti di soggetto religioso del quattordicesimo secolo si vedono per la prima volta scene di dannati in sovrappeso che vagano per l’inferno, condannati a yogurt e insalate. Gli spagnoli erano cattivissimi: l’Inquisizione poteva condannare qualcuno solo perché aveva farcito un avocado con la polpa di granchio.
Nessun filosofo giunse però a risolvere il problema del rapporto fra peso e senso di colpa finché Cartesio non divise la mente dal corpo, così il corpo poteva ingozzarsi mentre la mente pensava: “Chi se ne importa, tanto non sono io”. Ma il grande interrogativo della filosofia rimane questo: “Se la vita è priva di senso, come la mettiamo con la pastina a forma di lettere dell’alfabeto?”. Fu Leibniz il primo a dire che il grasso era fatto di monadi. Leibniz era a dieta e faceva ginnastica, ma non riuscì mai a smaltire le sue monadi: almeno non quelle che aveva sulle cosce. Spinoza, dal canto suo, consumava pasti frugali perché credeva che Dio stesse in tutte le cose, ed è terribile strafogarsi di knish quando si pensa di spalmare senape a palate sulla Causa prima di tutte le cose.
Esiste un rapporto fra il genio creativo e un sano regime alimentare? Si pensi al compositore Richard Wagner e a quello che era capace d’ingurgitare: patate fritte, formaggio grigliato, nachos… Cristo, quell’uomo era senza fondo, eppure la sua musica è sublime. Neanche sua moglie Cosima scherzava, ma lei almeno faceva jogging tutti i giorni. In una scena tratta dal ciclo del Ring, Sigfrido decide di andare a cena fuori con le fanciulle del Reno ed eroicamente si fa fuori un bue, due dozzine di pernici, svariate forme di formaggio e quindici boccali di birra. Poi arriva il conto e lui scopre di essere al verde. Il punto è che nella vita hai diritto a un contorno di insalata russa o di patate, e la scelta sei costretto a farla nella terrificante consapevolezza che non solo il tuo tempo sulla terra è limitato, ma che quasi tutte le cucine chiudono alle dieci. Per Schopenhauer, la catastrofe esistenziale non consisteva tanto nel mangiare quanto nel consumare merendine. Schopenhauer condannava l’abitudine di sgranocchiare senza motivo noccioline e patatine mentre si faceva qualcos’altro.
Una volta che si cede ad una merendina, sostiene Schopenhauer, la volontà umana non può più resistere alla tentazione, e il risultato è un universo cosparso di briciole. Poco azzeccata anche la tesi di Kant, convinto che se tutti ordinassero la stessa cosa, il mondo funzionerebbe secondo morale. Ma c’è un problema che Kant non aveva previsto: se tutti ordinano lo stesso piatto, finisce che in cucina si bisticciano per decidere a chi va l’ultimo branzino. “Fai la tua ordinazione come se valesse per ogni essere umano sulla terra”, consiglia Kant. Già, ma se il tizio accanto non mangia guacamole? Naturalmente non esistono cibi morali: a meno che di non contare anche le uova à la coque.
Riassumendo: a parte le mie Frittelle al di là del bene e del male e il mio condimento per insalate volontà di potenza, fra tutte le grandi ricette che hanno cambiato il pensiero occidentale, quella del pasticcio di pollo di Hegel è stata la prima a riciclare gli avanzi con significative implicazioni politiche. Il fritto di gamberi e verdure di Spinoza può essere apprezzato tanto dagli atei quanto dagli agnostici, mentre una ricetta poco nota di Hobbes, le costolette di bimbo alla brace, resta ancora oggi un rebus intellettuale. Il bello della dieta Nietzsche è che i chili, una volta persi, non tornano più, a differenza di quanto accade con il Tractatus sugli amidi di Kant.
Prima colazione
– succo d’arancia
– 2 fettine di bacon
– profiteroles
– vongole giganti al forno
– pane tostato
– tisana di erbe
Il succo dell’arancia è l’essenza stessa dell’arancia resa manifesta, e con questo voglio dire che è la sua vera natura, ciò che gli conferisce la sua “aranceità” e gli impedisce di sapere di salmone al vapore oppure, che so, di animelle fritte. Nei devoti, l’idea di fare colazione con qualsiasi altra cosa che non siano i cereali suscita timore e tremore, ma con la morte di Dio tutto è permesso, e si possono mangiare a piacimento profiteroles, vongole e perfino ali di pollo.
Pranzo
1 piatto di spaghetti al pomodoro e basilico
pane bianco-
patate schiacciate
sacher torte
I forti mangeranno sempre cibi nutrienti, ben conditi con salse pesanti, mentre i deboli spilluzzicano germe di grano e tofu, convinti che le loro sofferenze gli varranno una ricompensa nell’aldilà, dove fanno furore le costolette di abbacchio a scottadito. Ma se l’aldilà è, come io sostengo, un eterno ritorno di questa vita, allora i mansueti dovranno cibarsi eternamente di pietanze a basso contenuto di carboidrati e di pollo spellato alla piastra.
Cena
– bistecca o salsicce
– patate novelle al forno
– aragosta Thermidor
– gelato con panna montata o millefoglie
Questo sì che è un pasto da Superuomo. Coloro che sono tormentati dall’angoscia per i trigliceridi e le transaminasi mangino pure secondo le raccomandazioni del pastore o del dietologo: il Superuomo sa che la carne venata di grasso e i formaggi cremosi con dessert abbondanti e…. ah, sì, anche i fritti a volontà sarebbero cose che mangerebbe anche Dioniso, se non fosse per quel suo problema di reflusso gastroesofageo.
Aforismi
– L’epistemologia svuota di senso ogni dieta. Se non esiste nulla fuori dalla mia mente, non solo posso ordinare qualsiasi cosa, ma il servizio sarà impeccabile.
– L’uomo è l’unica creatura che non lascia la mancia al cameriere.
Originalmente pubblicato sul New Yorker