Giorgio Gaber

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lemond
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Giorgio Gaber

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Rilessioni su e con lui (I puntata)



In collaborazione con H. Pagani e traducendo J. Brel si fa un ritratto del borghese piccolo piccolo che piace tanto ai "comunisti", come emblema del capitalismo, anche se non c'entra niente. Il bigottismo religioso (falso/vero) imperava in quegli anni (fine sessanta) in quasi tutta l'Italia. Quell''italietta dei "valori" cristiani del post miracolo economico, con la D.C. ed il P.C.I. nella parte dei ladri di Pisa. Che bella gente! :evil:


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

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Re: Giorgio Gaber

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lemond ha scritto:Rilessioni su e con lui (I puntata)



In collaborazione con H. Pagani e traducendo J. Brel si fa un ritratto del borghese piccolo piccolo che piace tanto ai "comunisti", come emblema del capitalismo, anche se non c'entra niente. Il bigottismo religioso (falso/vero) imperava in quegli anni (fine sessanta) in quasi tutta l'Italia. Quell''italietta dei "valori" cristiani del post miracolo economico, con la D.C. ed il P.C.I. nella parte dei ladri di Pisa. Che bella gente! :evil:
Quella gente siamo noi. Prima, adesso e in futuro.
O forse qualcuno pensa di essere diverso ?


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TIC ha scritto:[Quella gente siamo noi. Prima, adesso e in futuro.
O forse qualcuno pensa di essere diverso ?

"Homo sunt, humani nihil a me alienum puto" ma "Est modus in rebus" e, ad es. fra senatori che stanno o sono stati tali in Roma, credo che una certa differenza fra Seneca e la Binetti esista. :lol:


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Re: Giorgio Gaber

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lemond ha scritto: "Homo sunt, humani nihil a me alienum puto" ma "Est modus in rebus" e, ad es. fra senatori che stanno o sono stati tali in Roma, credo che una certa differenza fra Seneca e la Binetti esista. :lol:
Il problema era stato gia' risolto nel '600 "HOMO HOMINI LUPUS" - T. HOBBES - LEVIATAN (frase che poi e' ripresa da Plauto)


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Re: Giorgio Gaber

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TIC ha scritto:
lemond ha scritto: "Homo sunt, humani nihil a me alienum puto" ma "Est modus in rebus" e, ad es. fra senatori che stanno o sono stati tali in Roma, credo che una certa differenza fra Seneca e la Binetti esista. :lol:
Il problema era stato gia' risolto nel '600 "HOMO HOMINI LUPUS" - T. HOBBES - LEVIATAN (frase che poi e' ripresa da Plauto)
Mai in sociologia, così come nella scienze più sperimentali (a differenza delle religioni) un problema è risolto per sempre. Un buon giudizio, cede sempre ad uno migliore. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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A vederlo chiuso nel camerino del teatro al debutto del signor G sembrava un "leone in gabbia". ;) Alla RAI non gli era mai accaduto, ma questa volta era diverso, perché le canzoni sono il frutto di un'analisi del sociale, mai così approfondita prima di allora e soprattutto diversa è la cornice: dover affrontare un pubblico che ancora non sa della sua svolta. In più, penserà il Nostro, nei teatri la gente va a vedere Pirandello, che giudizio darà di me che fo un teatro "un po'" diverso? :)
Il "Signor G" è il primo spettacolo nato da una maturazione personale e da una riflessione esistenziale cominciata all'indomani del Sessantotto. G sta per Gaber, ma anche per Gente, perché la storia è quella dell'uomo comune.



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Il bivio, come sostiene Mario Capanna forse si può individuare in una canzone del 1968 "La vita dell'uomo". In essa il nostro ci dice che, per essere tale, tu ti devi arrampicare sul monte e non ...



La svolta non si può certo spiegare come una folgorazione (anche perché lui non credeva alla favoletta di Saulo sulla strada di Damasco :lol: ), solo che sul suo cammino artistico si era accorto che nel mondo stava succedendo di tutto: il maggio francese, le università occupate anche in Italia, le rivendicazioni degli operai ... e questa voglia di cambiare era naturale che la sentisse anche uno spirito libero e sensibile come il signor G. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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A favorire la svolta fu anche un incontro fortuito: quello con Paolo Grassi, allora direttore del Piccolo Teatro di Milano. Lui (come me :) ) è tra il pubblico quando Giorgio è di scena nel "recital" con Mina e la "performance" del Nostro lo colpisce. Ed è il 23 aprile del 1969 (sotto la tenda del teatro quartiere) quando comincia tutto. Lo spettacolo non ha ancora un titolo, tantomeno una struttura drammaturgica, è solo un tentativo esplorativo, un primo approccio a una formula diversa da quella delle serate, ma Giorgio Strehler gli fa firmare un contratto per uno spettacolo fatto di canzoni, ma non solo. E da lì prende corpo "Il signor G", ma Giorgio non si limita in quell'anno, perché Virgilio Savona gli proprone di incidere dodici ballate tratte dalle liriche di poeti classici latini ((Ovidio, Giovenale, Flacco) e l'album avrà il titolo di "Sexus et politica" che però troverà mercato solo all'estero, perché in Italia non arriverà mai neppure alla radio; la commissione apposita lo bolla come: "Disco da trasmettere, per il suo contenuto, soltanto commentato da persona qualificata." Giudicate voi. :roll:


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Re: Giorgio Gaber

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Giorgio ha capito subito, da quei primi spettacoli, che il teatro è la sua passione ed in questa sua impresa lo sostiene un pittore viareggino che ha imparato ad apprezzare da qualche anno: Sandro Luporini. E' da un suo brano che prende spunto l'impacatura dell'intiero spettacolo: "Il signor G in contra un albero".



Da lì partono tutte le altre, per ricavare il personaggio: un uomo qualunque che nasce, lavora, s'innamora, si diverte ... poi muore. Un personaggio pieno di contraddizioni, di ripensamenti, soffre ed è allegro, è repinto ed al contempo attratto da questa società che, vuoi o non vuoi, ti coinvolge. :-) :-(
Ed oltre alla canzone già accennata, ce n'è un altra che sintetizza molto bene i concetti. (vedere il file seguente)



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Re: Giorgio Gaber

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Il successo (in termini di incassi) è ormai "dietro l'angolo" e, a tal proposito, è bellino un aneddoto di Renzo Maria Zaffaroni che era deputato allo "speakeraggio". Il giorno in cui "Storie vecchie e nuove del signor G" doveva essere presentato al Fraschini di Pavia, lui si presenta dal direttore e gli chiede il permesso di effettuare la solità pubblicità vocale. Il signor De Canibus risponde: "Ma che bisogno c'è? Il teatro è già tutto esaurito, sia stasera che domani." Era il .. Febbraio 1972 e da allora Giorgio riempirà i teatri ogni sera. :-) (Nota mia: per assicurarsi i biglietti mi sono fatte immumerevoli ore di attesa in quei "penultimi" trent'anni.
:-) )
La canzone che Giorgio amava di più imn quello spettacolo era questa:



Si avverte quell'anno che le denunce del signor G sono forse più corpose, coscienti e precise, si avverte meglio quella fatica che disumanizza l'uomo e Gaber stesso si sente coinvolto nel vedere che tutti girano/iamo intorno alle stesse cose ...



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Il cammino di G.G. prosegue su di un itenerario che lo avvicina ai più celebri "chansonniers" francesi, anche se l'accostamento più naturale è ad un belga: J. Brel da cui attinge per "Che bella gente" e "I Borghesi", c'è poi chi vede in brani come "La chiesa si rinnova un anticlericalismo alla G. Brassens o chi invece, accosta i temi più malinconici al S. Reggiani di "Ma solitude"

Per non saper né leggere, né scrivere, inserisco la canzone francese che più mi piace in assoluto. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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E' una calda serata di luglio a Napoli e Giorgio e Ombretta parlano in taxi dell'impegno che li attende. La televisione, per quanto strano possa sembrare, è già un mondo lontano, ma "Senza rete" non è la solita TV: si canta dal vivo e gli autori lasciano agli ospiti la libertà di scegliere. E Gaber sa che certi discorsi si possono fare benissimo tramite le canzoni e lui, ancora legato al filone intimista francese, canta:

e



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Re: Giorgio Gaber

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La sera di Napoli, Gaber in realtà è quasi del tutto concentrato sul nuovo spettacolo che sta scrivendo all'Hotel Plaza di Viareggio a quattro mani con Sandro Luporini. La storia del signor G. prosegue, ma più proiettata verso l'esterno, in un confronto diretto con i giovani e i movimenti del Sessantotto: "Dialogo fra un impegnato e un non so". Il primo è un duro, senza dubbi, né inquietudini, che continua a progettare la rivoluzione come soluzione di ogni difficoltà e che giudica solo in base ad astratti valori. Il Non so è lo scettico che aspetta l'altro al varco per mostrargli che in effetti non risolverà mai niente, ma intanto non risolve nulla neppure lui. :mad:
Entrambi, secondo Giorgio, sbagliano, perché recitano due ruoli troppo bianchi o troppo neri, mentre la soluzione sta in un terzo che racchiuda dialetticamente le contraddizioni dei due, che in quel momento non esiste, ma ...

è in video, ma si ferma

e allora



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Re: Giorgio Gaber

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Nello spettacolo del 1972-73 c'è una canzone che è particolarmente rappresentativa degli "impegnati": "Al Bar Casablanca". ambientata in un locale del lungomare di Viareggio dove Giorgio e Sandro andavano spesso a mangiare il gelato e a giocare a bridge. E lì si potevano incontare parecchi simpatizzanti di Potere operaio e Avanguardia operaia, che si professavano rivoluzionari, ma usavano di fatto tutti gli oggetti più borghesi (ascolta e capirai ;) ). I tioli rossi è un fedele riferimento al periodico"Lotta continua" che non poteva mancare su quei tavoli. :D. Gaber cercava di riconoscere(rsi) quei personaggi e lo faceva attraverso una ritattistica di gesti che era l'alternativa linguistica totale. Questo è il motivo per cui ha preso tutti di sorpresa e gli extraparlamentari non sono riusciti a condannarlo.



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Re: Giorgio Gaber

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Il sessantotto è ancora di attualità e Gaber tenta di coglierne gli effetti con curiosità, ma anche con prudenza di chi sa di appartenere ad un ambiente borghese, più che rivoluzionario; e comunque di non potersi riconoscere in una lotta che diventasse violenta.
L'undici marzo 1972 Milano viene sconvolta dagli scontri fra polizia e manifestanti di due "opposti estremismi"e le tre ore di guerriglia urbana si concludono con la morte di un pensionato comunale di 60 anni. Quattro giorni dopo l'editore G. Feltrinelli è dilaniato da un ordigno che lui stesso ...
Gaber non vuole né giudicare, né insegnare , ma con il nuovo spettacolo cerca di far capire il suo bisogno di riconoscersi in qualcosa di concreto, che accade davvero:" Guardate che le cose, nella realtà non stanno così ... Vedo delle intenzioni, ma quando le analizzo, come fatti, scopro che sono diverse."





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Maìno della Spinetta
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Dell'appartenenza e della laicità

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Lemond, facciamo parlare Gaber invece di parlare troppo di italiette...
Contro l'efficientismo radicale di una modernità arida, calvinista, travaglista e senza idee, Gaber evoca una concezione di laicità in cui il sacro entra a pieno diritto.

L'appartenenza


Intervista di Massimo Bernardini al Signor G

Che cosa strana Giorgio Gaber con un nuovo disco (La mia generazione ha perso), assediato dai giornali, intervistato dai tg, star su Raiuno per una notte con quel matto di Celentano, perfino ritornato in hit parade. Come se quelle 12 canzoni, dopo tanti dischi-testimonianza live dai suoi spettacoli teatrali, fossero a sessant’anni la fine di un esilio, per dorato e di successo che fosse. E oggi ce lo ritrovassimo accanto più arrivabile e diretto. Le parole poi, dedicategli a sorpresa nel disco (non l’ha saputo se non dalle prove di stampa della copertina del cd) da gente come Mina, Alberoni, Antonio Ricci, De Bortoli, Lerner, Albertini, persino Fausto Bertinotti. E, sorpresa fra le sorprese, quelle di don Giussani, che per primo aveva sorpreso il nostro citando, del cantante attore milanese, la sua straordinaria Canzone dell’appartenenza agli Esercizi Spirituali della Fraternità. «L’appartenenza è avere gli altri dentro di sé. Che suggestione - recita un frammento del fondatore di Cl nel disco -in queste parole di Giorgio Gaber! In un popolo sempre il genio illumina aspetti dell’esistenza, assicurando a tutti e a ciascuno una più matura coscienza delle evidenze e delle esigenze elementari del cuore. L’appartenenza è un’evidenza naturale: se l’uomo non appartenesse a niente, sarebbe niente. Essa implica naturalmente il fatto che un io, che non c’era, adesso c’è. L’uomo non c’era, dunque è stato fatto da un Altro, così come il cosmo [la citazione continua così: «Per questo l'appartenenza a Dio - il Mistero che fa tutte le cose - è la cosa più evidente che un uomo cosciente deve ammettere, pena il negare se stesso. Ma come si può "avere gli altri dentro di sé" - pare un miraggio - ? Il finale della canzone accenna l'alba di una risposta: "Sarei certo di cambiare la mia vita/ se potessi cominciare/ a dire noi". Duemila anni fa è risuonato l'annuncio che Dio è diventato uno di noi - l'ebreo Gesù di Nazareth - per farci vivere bene. E' l'amicizia con Lui a rendere l'uomo capace di realizzarsi nel profondo di una comunione, ciò che compie il desiderio che la genialità poetica di Gaber ha fissato in poche umanissime parole: "Sarei certo di cambiare la mia vita/ se potessi cominciare/ a dire noi. Grazie». LUIGI GIUSSANI .


Gaber, che effetto le fa la presenza di uno scritto di Giussani nel suo disco (unico degli ospiti, fra l’altro, a concluderlo con un Grazie)?

C’è qualcosa dentro di talmente impegnativo da farmi avvertire uno scarto, quasi un lieve imbarazzo. Ma la stima nei suoi confronti è grande: sono molto onorato di questa attenzione nei miei confronti (anche se lui, sbagliando, insiste a dire che a sentirsi onorato è lui). Avverto nel suo sentire forti punti di contatto, come se la mia fede laica derivasse da quel nocciolo di fede cristiana. Don Giussani porta l’idea dell’appartenenza in una zona che mi… appartiene, che sento mia. E poi mi piace perché è una persona così riservata, così assente dal pubblico chiacchiericcio anche di certi suoi noti colleghi. E indubbiamente mi ha colpito il suo grazie finale: un segnale che fa parte della sua discrezione, del suo essere fuori dei giochi.


La mia generazione ha perso è stato avvertito da molti come un giudizio implacabile sull’Italia del 2001. Che effetto le fa oggi il nostro Paese?

Più tristezza che orrore. Il mondo occidentale in generale mi suscita orrore, l’Italia invece mi suscita tristezza. La sento travolta da un’inarrestabile decadenza. Le faccio un esempio attraverso la televisione. Ho contribuito alla prima fase della tv italiana: noi che la facevamo eravamo sorpresi e intimiditi dalla forza del mezzo (in 45 secondi diventavi qualcuno in tutto il Paese). La sorpresa era nell’effetto unificante, la Tv era un luogo che intimoriva all’interno e suscitava entusiasmi all’esterno. Adesso è tutto alla rovescia: sono allegri quelli che la fanno e annoiati quelli che la vedono. Quanto poi al tema de La mia generazione ha perso, è stato certamente giusto lottare per una consapevolezza nuova, ma poco alla volta ci siamo accorti che qualcosa si rompeva, che il nostro era sempre più uno «sviluppo senza progresso», come avvertì Pasolini. L’individuo è ormai travolto dal mercato e dal consumo, non abbiamo saputo dare un senso al superfluo. Ci siamo allontanati da chi lo subiva lasciando che corrompesse il popolo. Il difficile dopoguerra dei nostri genitori ci aveva messo davanti un mondo in cui avanzare verso il meglio; noi invece lasceremo ai nostri figli solo incertezza sul futuro. Oggi si fa un gran dire: i genitori devono parlare coi figli. Sì, ma di cosa, se non hanno più niente da dire? In questo senso la nostra generazione ha perso, è passata dall’opposizione ai padri autoritari al nostro niente, a una autorevolezza mancata. Vengo dalla guerra, da una città distrutta: noi avevamo davanti un mondo tutto ancora da conquistare. Nei ragazzi di oggi, invece, sento il rischio della mancanza di un futuro da conquistare, che li fa oscillare fra il velleitarismo e la depressione.


Nel disco c’è una canzone molto intensa che mi pare contenga anche un riferimento autobiografico, o almeno generazionale, Quando sarò capace di amare. Lei, dopo trentasei anni di matrimonio, ci è riuscito?

No, non sono riuscito a imparare. Con Ombretta, mia moglie, c’è un grande patto, un noi molto presente per cui abbiamo molto resistito, senza che mai abbia prevalso l’idea di dividersi. Anche nei momenti difficili è come se avessi sempre pensato che quella era la mia vita, una scelta definitiva. Non c’era il poi vediamo come va, mi è sempre sembrato per sempre.


Nel 1965 vi siete sposati in chiesa.

Perché era una festa, mentre quello in Comune era una sorta di contratto patrimoniale di fronte allo Stato: mi sarebbe sembrato volgare. Invece il matrimonio in chiesa era un rito antico che forse veniva prima del cattolicesimo, ma comunque era il Sacro. Un punto di partenza che affermasse che l’importante per una coppia è dedicare la propria vita all’altro: a che serve conquistare il mondo, se non hai qualcuno a cui dedicarlo? Forse l’avventura non ci è riuscita completamente, ma il desiderio c’è ancora. A volte ci siamo battuti in maniera solitaria, ma abbiamo mantenuto questo legame che viene da una tradizione antica.


Ha fatto rumore un verso suo e di Luporini ne La mia generazione ha perso, in cui auspichereste che «una Chiesa che
incalza più che mai… sprofondasse con tutti i Papi e i Giubilei».


Io, credente profondamente laico, sento in questo continuo allargarsi sulla scena solo un fenomeno di massa. La Chiesa è una cosa sacra, non può intervenire nel dibattito come fosse Mediaset o la Rai. Per questo sento che oggi quelli che stimo dentro la Chiesa devono fare molti sacrifici.


A metà agosto tornerà per la terza volta al Meeting di Rimini. Cosa vuol dire incontrare quel popolo?

Mi sono trovato bene. Non ho capito bene perché, ma mi sono trovato bene. Hanno cominciato con Io se fossi Dio: ma come, ho pensato, io sparo a zero contro un certo mondo e questi che ne provengono mi vengono a cercare? E poi ragazzini così giovani che vanno dietro a domande così drammatiche? Così è cominciata. Ma quello che non è mai finito è stata la voglia di parlare: sono gente che ha voglia di parlare del mondo, della vita. Per questo mi viene da dire che sono bravi. In fondo ne so poco, ma per me, laico, la cosa pazzesca è constatare che dove si accettano ancora i dogmi si vuole parlare del mondo e della vita, mentre là dove non si accetta più nessun dogma, e dunque apparentemente si dovrebbe essere più liberi, non si ha più voglia di parlare di niente. Passano per integralisti? A me personalmente non risulta. Non so nulla di Compagnia delle Opere ed affini, ma da laico sento che il mondo di Cl mi ha sempre accettato. In giro sento parlare di una specie di spirito di setta: per quello che ho incontrato io è esattamente il contrario"


“Our interest’s on the dangerous edge of things.
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Re: Dell'appartenenza e della laicità

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Maìno della Spinetta ha scritto:Lemond, facciamo parlare Gaber invece di parlare troppo di italiette...
Contro l'efficientismo radicale di una modernità arida, calvinista, travaglista e senza idee, Gaber evoca una concezione di laicità in cui il sacro entra a pieno diritto.

L'appartenenza
Beh, dipende che s'intende per sacro. In senso etimologico, per me esistono cose da cui ognuno dovrebbe tenersi lontano ed "in primis" la libertà di uno che non può *mai* essere concultata da un altro. Eppoi e di conseguenza, i diritti naturali dell'uomo.
Maìno della Spinetta ha scritto:
Intervista di Massimo Bernardini al Signor G
E, sorpresa fra le sorprese, quelle di don Giussani, che per primo aveva sorpreso il nostro citando, del cantante attore milanese, la sua straordinaria Canzone dell’appartenenza agli Esercizi Spirituali della Fraternità. «L’appartenenza è avere gli altri dentro di sé. Che suggestione - recita un frammento del fondatore di Cl nel disco -in queste parole di Giorgio Gaber! In un popolo sempre il genio illumina aspetti dell’esistenza, assicurando a tutti e a ciascuno una più matura coscienza delle evidenze e delle esigenze elementari del cuore. L’appartenenza è un’evidenza naturale: se l’uomo non appartenesse a niente, sarebbe niente. Essa implica naturalmente il fatto che un io, che non c’era, adesso c’è. L’uomo non c’era, dunque è stato fatto da un Altro, così come il cosmo [la citazione continua così: «Per questo l'appartenenza a Dio - il Mistero che fa tutte le cose - è la cosa più evidente che un uomo cosciente deve ammettere, pena il negare se stesso. Ma come si può "avere gli altri dentro di sé" - pare un miraggio - ? Il finale della canzone accenna l'alba di una risposta: "Sarei certo di cambiare la mia vita/ se potessi cominciare/ a dire noi". Duemila anni fa è risuonato l'annuncio che Dio è diventato uno di noi - l'ebreo Gesù di Nazareth - per farci vivere bene. E' l'amicizia con Lui a rendere l'uomo capace di realizzarsi nel profondo di una comunione, ciò che compie il desiderio che la genialità poetica di Gaber ha fissato in poche umanissime parole: "Sarei certo di cambiare la mia vita/ se potessi cominciare/ a dire noi. Grazie». LUIGI GIUSSANI .
Ecco questo è proprio un esempio, fra i tanti, di come la setta cattolica cerchi di inglobare anche chi ha sempre pensato all'opposto. Mi rammento proprio le parole di Giorgio quando a Firenze venne al Cinema Puccini per un incontro a proposito del disco "La mia generazione ha perso". "Don Giussani, mi disse, ha voluto capire ha modo suo la canzone dell'appartenza, lasciamoglielo fare. ;)"
Tale canzone fu scritta per lo spettacolo "Un'idiozia conquistata a fatica" un anno dopo l'altra (complementare) "Canzone della non appartenenza" e si conferma la tensione positiva dei due coautori verso un nuovo possibile slancio comune, pur tenendo ferme le negazioni di verità rispetto alle nostre attuali false aggregazioni. Un ritorno insomma a quel crogiolo di ideali, passioni e sentimenti che per ora, purtroppo, hanno perso; ha vinto il consumo in ogni sua declinazione, compresa quella religiosa e ciò che resta è la grande assuefazione a questo nulla sfavillante che qualcuno chiama anche dio ed altri il vuoto.
Il vero dio per Giorgio è :

un Dio inconsueto, che non ha niente di assoluto
è un Dio che non conosce il bene e il male
figuriamoci il sociale
è un Dio severo che con magica ironia
ci diede insieme il falso e il vero
è un Dio inventato, senza altari né vangeli
ma è l’unica mia spinta in questo mondo di infedeli
...
È un Dio incostante
che non ha mai fermato niente
è un Dio che si rincorre senza scampo
è l’immagine del tempo.
È un Dio un po’ strano che ci insegna la follia
di ribaltare sempre il piano
è un Dio ancestrale che è l’essenza del pensiero
la forza naturale che mi spinge verso il vero
.


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Re: Giorgio Gaber

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L'amore, la coppia, la rivoluzione dietro l'angolo, gli intellettuali ritratti come mastini che assediano la città e si instaurano nei palazzi del potere: Non esisteva, spiega il suo amico Andrea Valcarenghi (direttore di Re Nudo), uno spazio salvaguardato dall'occhio critico di Gaber. L'ironia su ogni aspetto è stata una costante del suo approccio alla realtà sino alla fine, perché lo stimolo critico era il suo contributo alla crescita di tutti. Il signor G e il suo "alter ego" ne sono consapevoli e il dubbio si fa quasi disagio quando nel quaderno appoggiato sul tavolo della stanza d'albergo compaiono le strofe della "Libertà", la canzone destinata a diventare un inno generazionale. Luporini rammenta e precisa che nelle intenzioni originali il concetto era: "la libertà è uno spazio di incidenza", ma come si poteva tradurre in musica una frase così ed era arrivata la parola *partecipazione*, con il rischio però che le loro intenzioni fossero travisate, come infatti, almeno in parte, è accaduto. :mad:



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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da Maìno della Spinetta »

Beh, dipende che s'intende per sacro. In senso etimologico, per me esistono cose da cui ognuno dovrebbe tenersi lontano ed "in primis" la libertà di uno che non può *mai* essere concultata da un altro. Eppoi e di conseguenza, i diritti naturali dell'uomo.
Chi stabilisce i diritti naturali dell'uomo? I giudici? Un governo? Un parlamento? La ragione? Il cuore? I singoli? La pluralità? Sono oggettivi (quindi sottostanno alla casta dei sapienti)? Sono convenzionali (quindi sottostanno alla maggioranza)?


Quanto all'altra canzone che opponi alla lettura giussaniana, io non vedo una grande discontinuità:
Gaber ha scritte tutte e due le canzoni e, commentando una di esse, una tradizione - quella cattolica - ha incontrato Gaber. Gaber non ha scritto solo la seconda. Poi puoi vedere in questa un "tuo" Gaber, dove la seconda canzone cancella ogni altra cosa, mi sembra invece che, avendo scritte non solo queste due canzoni, ma molte di più, voglia dire qualcosa in più. La cosa più interessante però dell'intervista (ed è la ragione per cui l'ho messa) è che il Gaber che tu stimi non tratta quella tradizione cattolica come un cancro che ammorba l'Italia, come la definisci tu parlando di italietta, ma come una realtà presente, e vivace ("mi chiedo perché solo loro vengano a chiedermi delle mie canzoni") che si distingue dalla massa annichilita dal consumismo che tu stesso denunci.

Almeno per amor di Gaber, converrai che non tutto ciò che è accaduto grazie a un uomo crocefisso 2000 anni fa è merda, oppure vuoi tenere questa convinzione? Il mondo è vario, ci vuole più di una canzone per descriverlo...


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Re: Giorgio Gaber

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Maìno della Spinetta ha scritto:[Chi stabilisce i diritti naturali dell'uomo? I giudici? Un governo? Un parlamento? La ragione? Il cuore? I singoli? La pluralità? Sono oggettivi (quindi sottostanno alla casta dei sapienti)? Sono convenzionali (quindi sottostanno alla maggioranza)?
Per me si può cominciare da quelli proclamati dalla "Rivoluzione francese" e poi ripresi e migliorati in molte costituzioni degli stati democratici, fra cui la nostra del 1948.
Maìno della Spinetta ha scritto: Quanto all'altra canzone che opponi alla lettura giussaniana, io non vedo una grande discontinuità:
Gaber ha scritte tutte e due le canzoni e, commentando una di esse, una tradizione - quella cattolica - ha incontrato Gaber. Gaber non ha scritto solo la seconda. Poi puoi vedere in questa un "tuo" Gaber, dove la seconda canzone cancella ogni altra cosa, mi sembra invece che, avendo scritte non solo queste due canzoni, ma molte di più, voglia dire qualcosa in più. La cosa più interessante però dell'intervista (ed è la ragione per cui l'ho messa) è che il Gaber che tu stimi non tratta quella tradizione cattolica come un cancro che ammorba l'Italia, come la definisci tu parlando di italietta, ma come una realtà presente, e vivace ("mi chiedo perché solo loro vengano a chiedermi delle mie canzoni") che si distingue dalla massa annichilita dal consumismo che tu stesso denunci.
Secondo me tu dai troppa importanza ad un intervista (fra l'altro di un cattolico e forse addirittura di C.L.) perché ad es. non è vero affatto che solo loro venissero a chiedergli delle sue canzoni! Nella mia frequentazione con Gaber e con i suoi estimatori (più che trentennale) non ho mai (e dico mai) trovato né durante le file per i biglietti, né allo spettacolo, e meno che mai in camerino, uno che si professasse cattolico ed interpretasse il pensiero di Giorgio in questa chiave.

Maìno della Spinetta ha scritto: Almeno per amor di Gaber, converrai che non tutto ciò che è accaduto grazie a un uomo crocefisso 2000 anni fa è merda, oppure vuoi tenere questa convinzione? Il mondo è vario, ci vuole più di una canzone per descriverlo...

Penso "in primis" che molti uomini furono crocifissi in quel periodo, e che di sicuro una leggenda di per sé non genera né il bene, né il male. Il brutto avviene quando il potere riesce a sfuttarla "pro domo sua" e questo il signor G lo ha anche denunciato in numerosi versioni de "La chiesa si rinnova", ma non solo. Poi per amore di Gaber posso fare quasi tutto, però non sono bravo come lui ad andare d'accordo con i tipi come Don Giussani. Lui era di un'altra pasta e, a differenza di quel che scrive in un'altra canzone, sapeva abbracciare il mondo.


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Re: Giorgio Gaber

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Addirittura "La libertà" fu usata nei comizi elettorali, per dire alla gente di andare a votare, mentre i due si rifiutavano da anni di farlo. Puntavano ad uno spazio di *incidenza* e non è andando puntualmente alle urne che lo conquisti. Anzi il voto non ti dà alcun potere in questo senso ed infatti nella strofa successiva, si sente: "la libertà non è neanche avere un'opinione. E allora come crearsi questo spazio? Luporini e Gaber non lo sanno, ma ad. es. sono sempre stati contrari al fare politica: maturare una coscienza che riguardi la "polis" è doveroso, ma il politico di professione per loro è alle dipendenze del mercato, delle logiche internazionali etc. può incidere al massimo su piccole cose. E' significativa al riguardo una loro battuta, dopo una elezione andata bene: " Compagni, abbiamo vinto ... scappiamo :-)"



P.S.

per Maìno: ascolta anche questo brano, in cui si fa (pure qui) riferimento a dio ;)


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da Maìno della Spinetta »

Il Dio Consumismo, tanto odiato anche da Pasolini...

Comunque la mia reazione era solo su questo, il voler fare di Gaber una Emma Bonino mi andava stretto, è per questo che ho reagito con quel post, con quell'intervista, non per riprodurre una sterile dialettica su argomenti OT, ma per reagire all'esordio del tuo thread per far vedere che GABER NON E' EMMA BONINO.

La massificazione, l'indegna credulonità, sono ridicoli, e Gaber li ridicolizza, non posso che andare a braccetto con lui, non lo sento per niente distante.

Gaber l'ho conosciuto attraverso due amici cattolici - praticanti - che per anni non hanno mancato ai suoi concerti, cantando le sue canzoni in platea, e girandosi i teatri dietro a lui.

OT
Quanto alla Costituzione francese (ti riferisci a quella del 1791?) occhio al Titolo III, che attribuisce potere sovrano alla Nazione, cioè al Parlamento. I diritti menzionati all'inizio della costituzione del 1791 vivono attraverso la Nazione con la N maiuscola; la deriva antilibertaria di tale concezione è stata messa ben in mostra dai lavori di Furet, a cui rimando.

Se invece ti riferisci alle costituzioni successive (95 e 99, di soli pochi anni successive! Perché subito questo bisogno di riscrivere la Costituzione? Per rafforzare i diritti, o il potere? Purtroppo il potere...), fanno sparire il codice dei diritti e introducono un imperatore, quindi come esempio di diritti civili e democratici... Le teste cadute in quegli anni, e le popolazioni massacrate dentro e fuori Francia, si chiedono ancora che significato avessero quelle parole...


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Re: Giorgio Gaber

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Maìno della Spinetta ha scritto:Il Dio Consumismo, tanto odiato anche da Pasolini...

Comunque la mia reazione era solo su questo, il voler fare di Gaber una Emma Bonino mi andava stretto, è per questo che ho reagito con quel post, con quell'intervista, non per riprodurre una sterile dialettica su argomenti OT, ma per reagire all'esordio del tuo thread per far vedere che GABER NON E' EMMA BONINO.

La massificazione, l'indegna credulonità, sono ridicoli, e Gaber li ridicolizza, non posso che andare a braccetto con lui, non lo sento per niente distante.

Gaber l'ho conosciuto attraverso due amici cattolici - praticanti - che per anni non hanno mancato ai suoi concerti, cantando le sue canzoni in platea, e girandosi i teatri dietro a lui.
Il punto da chiarire, secondo me per continuare il nostro fecondo scambio, è il concetto di *cattolico-praticante*, perché di solito si dice così di uno che va ogni tanto (o ogni spesso ;) ) alla messa e cosette del genere, ma che poi in sostanza "se ne infischia" di tutto quanto la chiesa cattolica-apostolica-romana ha prodotto nei due millenni (circa) di storia, vale a dire il suo canone che, in estrema sintesi è "Extra Ecclesiam nulla salus". Ed infatti chi si è schierato contro, anche di una virgola a quanto stabilito, è stato dichiarato o scismatico o, peggio, eretico. :twisted:
Quindi, non ho nessun dubbio che i tuoi amici si considerino cattolici-praticanti e che possano apprezzare il Gaber-pensiero, mentre non credo del tutto che al contempo siano *cattolici veri*, perché c'è uno iato troppo marcato fra i due "mondi". ;)
Maìno della Spinetta ha scritto: OT
Quanto alla Costituzione francese (ti riferisci a quella del 1791?) occhio al Titolo III, che attribuisce potere sovrano alla Nazione, cioè al Parlamento. I diritti menzionati all'inizio della costituzione del 1791 vivono attraverso la Nazione con la N maiuscola; la deriva antilibertaria di tale concezione è stata messa ben in mostra dai lavori di Furet, a cui rimando.

Se invece ti riferisci alle costituzioni successive (95 e 99, di soli pochi anni successive! Perché subito questo bisogno di riscrivere la Costituzione? Per rafforzare i diritti, o il potere? Purtroppo il potere...), fanno sparire il codice dei diritti e introducono un imperatore, quindi come esempio di diritti civili e democratici... Le teste cadute in quegli anni, e le popolazioni massacrate dentro e fuori Francia, si chiedono ancora che significato avessero quelle parole...
Ti ringrazio di aver approfondito, ma io mi riferivo ad un livello che sta più in superficie e cioè il trittico che conoscono tutti "l.e.f." e che per me è l'opposto di quel che rappresenta la chiesa cattolica e le religioni di un dio-personale. Di fronte a *liberté* sta il "tu devi", versus egalité, c'è l'omosessuale che ha, per natura, comportamenti moralmente riprovevoli e la donna che è un "minus"; e il contrario di fraternité è rappresentato da chi non la pensa come loro e qui il riferimento alla Bonino è appropriato, perché mentre lei, a differenza di me, ha sempre rispettato i catollici, costoro invece non hanno mai perso l'occasione di anatemizzarla :-( e se tu mi sai citare un caso che fosse *a proposito* te ne sarei molto grato.


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Re: Giorgio Gaber

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Prima ancora della teorizzazione che "Il personale è politico", la realtà del privato è già un tema forte del Nostro. E la forza di Giorgio è che anche quando racconta degli episodi precisi, non sono mai "aneddoti", bensì ipotesi reali dai quali viene fuori la verità del personaggio. L'idea di questa canzone partiva da un'esperienza diretta (di Sandro Luporini) che diventava, però, patrimonio di tutti in un momento in cui l'Italia era ancora molto divisa su di un tema come il divorzio. Una questione che per il duo Gaber/Luporini non aveva niente di politico, ma che esprimeva una difficoltà sociale. Per questo nel 1974 andarono entrambi a votare (cosa strana per loro). Bisognava farlo, dice Sandro: "Perché era un fatto pratico che riguardava il progresso civile." ;)

Dato che non ho trovato niente in audio ed io non sono capace di mandare il brano su "Youtube", posso solo copiare il testo. :-(


Il Mestiere Del Padre Giorgio Gaber


[parlato:] Tribunale di Milano, dipartimento 137: in base all’articolo 431 del codice civile si assegna la bambina alla custodia della madre fino all’età? di sette anni.

Suonare al tuo cancello
una carezza al cane
vedere un cameriere
la mia bambina ? pronta?

Sempre ben vestita
le scarpe belle nuove
anch’io con la cravatta
la barba appena fatta.

Il sole del mattino
e dopo al luna-park
ai giardini, allo zoo
a vedere gli animali.

[parlato:] Che cosa ci faccio io qui? Che senso ha? Il padre non sono io, certo io l’ho fatta ma il padre è chi le sta insieme. A cosa serve questo affetto? A me forse, ma a lei? A lei no di certo.

Vieni un momento qui
mi sembri un po’ accaldata
su alzati da terra
ti sei tutta sporcata.

Ti prego sta un po’ ferma
sei sempre in movimento
dai siediti un po’ qui
ascoltami un momento.

[parlato:] La mia bambina ha tutto anche l’affetto, quello vero, quello di tutti i giorni. Che ci vengo a fare io qui tutte le domeniche inchiodato su una panchina a fare il mestiere del padre? Ma chi me l’ha ordinato? La morale? La coscienza? Chi sa? come tagliarsi un braccio, va bene me lo taglio!

Adesso vieni qui
dobbiamo andare a casa
su cerca di ubbidire
non fare la spiritosa.

Ti prego sta’ un po’ ferma
non riesco ad allacciarti
son già quasi le sette
e devo accompagnarti.

Suonare al tuo cancello
una carezza al cane
vedere un cameriere
ridargli la bambina.

Le scarpe gliele ho tolte
al parco è scivolata
ma non si è fatta niente
s’è solo un po’ sporcata.

Un uomo alla finestra
che si intravede appena
la chiamano in salotto
è già l’ora di cena.

[parlato:] S?, domenica, va bene, domenica alla stessa ora.


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Re: Giorgio Gaber

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Il dialogo fra un ... è rappresentato in anteprima (in parte) il 15 settembre 1972 nella piazza di Casale, ospite della religiosissima sagra di San Bartolomeo. Risate, applausi e una vibrante protesta del parroco che non digerisce "Madonnina dei dolori"



Il debutto vero sarà il 12 ottobre a Luino. :clap: .clap: :clap:


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Re: Giorgio Gaber

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Nella "Benda" si affronta il tema di una verità mistificata e di una sanità mentale puramente illusoria. "Sono stato anche dal medico" dice entrando in scena all'inizio del secondo tempo, "che mi ha trovato pefettamente a posto: nevrosi acuta, condizionamento totale, visione della cose ... zero!"
Insomma una "cecità" diffusa che ricordava quella del pre-illuminismo, quando tutti preferivano restare schiavi delle proprie convinzioni, senza farsi troppe domande.



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Re: Giorgio Gaber

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Il 6 marzo, durante la prima al Duse di Bologna, Gaber è contestato a scena aperta. "Oltre metà degli spettatori" scrive il Resto del Carlino "hanno reagito con estrema vivacità a certe canzoni dell'attore milanese che prendevano di mira con pesantezza e volgarità personaggi e situazioni che sarebbe stato giusto trattare con diverso tono. E' il caso del pezzo sul presidente Nixon per il quale il pubblico ha avuto una reazione particolarmente indignata."



La protesta, che continua anche nel "foyer" del teatro, ferisce Giorgio, impreparato alla violenza della situazione. Difficile per chi, come lui, era abituato a confrontarsi con il pubblico, accettare un comportamento così impulsivo e intransigente. E proprio il dialogo con il pubblico, specie con i giovani di allora, ispira uno dei pezzi chiave dello spettacolo.



E chi vuol capire, capisca che non si può prescindere dalla realtà e non si deve farsi prendere dai "foruncoli" personali, comr potrebbe essere la rivoluzione intesa come insurrezione o rivolta del proletariato.


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Re: Giorgio Gaber

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L'undici settembre del 1973 alle 14 e 30, Salvator Allende è assassinato dagli uomini del generale Pinochet ed il palazzo presidenziale (La Moneda) è devastato da un incendio. Questa notizia sconvolge Giorgio e molto spesso interrompe il lavoro che sta ultimando e cioè il nuovo spettacolo "Far finta di esser sani". Composto da canzoni e monolghi più maturi del "Dialogo" e frutto delle letture che da un po' assorbono l'attenzione sua e di Luporini. Il segno del nuovo corso è la porta aperta alla dimensione del privato, del sentimento in un contesto dominato dall'imperativo del collettivo. Essi pensano che non si possono conoscere gli altri, senza aver chiara l'analisi su se stessi e chi ti sta più vicino. Ci sono persone che pretendono di raccontarti tutto sull'India, ma non sanno invece parlarti della propria compagna/o, moglie/marito o "similia". :-(.
Questa sfida Gaber sceglie di lanciarla direttamente dal palco del palalido di Milano, durante la veglia di solideriatà con le vittime del "golpe" in Cile.



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Re: Giorgio Gaber

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E' un'altra la rivoluzione a cui guarda Gaber: "Abbiamo bisogno di gente cosciente, non di vittime o di eroi." Si cerca l'uomo e la sua integrità (ma lasciamo perdere gli autovalori :D ) contro le aberrazioni della civiltà dei consumi e della tecnocrazia. Far Finta di esser sani è stato scritto partendo dalla canzone che ciude il disco: smaccato e ironico omaggio al genio di Céline, ma anche specchio della nevrotica quotidianità che spinge all'alienazione o, peggio, alla schizofrenia. Un contrasto continuo fra le intenzioni del pensiero e le spinte della fisicità. Pare che l'uomo attraversi una fase un po' schizoide, dove molto spesso il proprio corpo è assai distante da certi slanci ideali.





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Re: Giorgio Gaber

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Far finta di esser sani è il primo spettacolo che Sandro Luporini accetta di firmare ufficialmente. Forse perché si tratta di uno spettacolo diverso, dove il tema è davvero più compatto e sta per nascere addirittura un genere: Il teatro canzone. Il progetto è ambizioso, ma la comicità di alcuni passaggi sa rendere leggeri anche i riferimenti più colti.
Appunto

che riprende il tema dell'interezza, perché, dice Giorgio: "Vedendo un matto al di là delle sbarre del cancello, mi è sempre venuto spontaneo chiedermi da che parte sono i sani, cioè se in fondo vivere non è ... far finta di essser sani." :-)
L'uomo di oggi è destinato alla nevrosi: è troppo solo, anche se vive fra tanta gente. L'arrivismo, la corsa al denaro, portano fatalmente all'isolamento e così tutti cercano/iamo un'isola dove rifugiarsi.


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Re: Giorgio Gaber

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Gaber si serve "a piene mani" dell'ironia contro la schizofrenia dilagante,



ma anche per denunciare la vacuità di alcuni "imperativi" degli anni settanta: libertà assoluta per cambiare la vita erotica e affettiva e rivoluzione solo come rifiuto delle regole

o

Ma l'amore (e la rivoluzione) è altro, i rapporti fra uomini e donne sono un'altra cosa e una mattina ti svegli, ti alzi e te ne vai. :-(, ma resta ...



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Re: Giorgio Gaber

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Ma il tema principale dello spettacolo nasce probabilmente dall'amicizia con Andrea Valcarenghi, pioniere della controcultura giovanile, che ha aperto in quegli anni un centro di meditazione spirituale; perché è proprio da lì che si parte per analizzare tutte "le manie" in auge in quegli anni.



La delicatezza dello sguardo in Giorgio è però sempre mantenuta, persino nei momenti di denuncia più duri, così come l'attenzione per i figli, ad es. per le continue aggressioni di natura psicologica che devono subire. In effetti i versi più inquietanti della canzone sono : "E vedo bambini cantare ...

E questo tema si completerà in seguito, in una delle canzoni, a parer mio, più belle del Nostro. :clap:



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Re: Giorgio Gaber

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Lettera a Basaglia

I testi che arrivano dall'Inghilterra, i dibattiti sollevati da Laig, che nega ogni significato al termine "malattia mentale" e tutta la controcultura che ne segue, incuriosiscono Gaber, che, di scena a Trieste, riesce ad incontrare Franco Basaglia e questa esperienza gli servirà nel novembre successivo (1973) in uno spettacolo per la Televisione della Svizzera Italiana.

http://www.rsi.ch/gaber/gaber04.htm

All'interno si possono vedere tute le puntate, ma in questo caso si consiglia la visione di:

a) Dall'altra parte del cancello

b) L'elastico


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Re: Giorgio Gaber

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Il successo di "Far finta di ..." è notevole, addirittura la sera della "Prima" compaiono anche i bagarini :-). Ma durante una delle repliche, Giorgio viene anche contestato. A urlare dalle poltrone, sono Jacopo Fo ed alcuni giovani "vicini" al teatro del padre. Mario Capanna commenta ai giorni nostri questo episodio: "A differenza di Dario, Giorgio non si riteneva un maestro, aveva un metodo più modesto, sottile e però, per molti aspetti, più penetrante. Il teatro era per lui il luogo della comunicazione, non aveva bisogno di andare nelle fabbriche, perché era il pubblico che andava da lui."
Fo parlava di Gaber come di un deviazionista e questo non si poteva accettare, perché era quanto di più lontano potesse esserci nella sua mente. Lui metteva sempre in discussione tutto, ma soprattutto se stesso. E questo è di sicuro un metodo che disturba chi, al contario, ostenta sicurezze e verità assolute.





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Re: Giorgio Gaber

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Anche per oggi non si vola

C'è la neve sulla strada, la notte è fredda e l'asfalto rischia di ghiacciare, ma Giorgio è meno stanco del solito e ha deciso di raggiungere Ravenna nottetempo, per schivare il traffico del mattino. Alle quattro, arrivano nei pressi del teatro Alighieri, la città è deserta, ma davanti all'ingresso ci sono alcuni ragazzi. Hanno tutti l'eskimo, i capelli lunghi e si scaldano davanti ad un fuoco acceso sulla strada. Ma che fanno quelli lì !? E loro confermano quello che qualcuno avrà già intuito. :-) Giorgio è allibito, quasi commosso, davvero non c'era arrivato ed è rimasto a parlare ed a fumare (nota mia, purtroppo) fino dopo le sei. Prima di andare a letto, forse Gaber avrà pensato quanto profondo e sincero fosse l'affetto del suo pubblico. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Nel nuovo spettacolo (74/75) continua l'introspezione sull'individuo e sul sociale: all'inizio si inalizza il fatto che ciascuno di noi possa vivere attraverso la rappresentazione che gli altri si sono fatti di lui, privo cioè di una reale spontaneità;



poi si cerca di vedere i rapporti che l'intelletto ha con i proprio corpo, al quale noi imponiamo sempre decisioni di testa,




per finire poi con una rivalutazione della bugia: il bambino, per esempio, non ha altra possibilità di sfuggire ad assurdi divieti, noi purtroppo non abbiamo alternativa, crediamo solo nella verità. ;-)



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Re: Giorgio Gaber

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La lettura è su più livelli: bisogna sentire e non ascoltare, vedere e non guardare ed è bene che ognuno ritrovi lo stimolo a ... volare. ;)
Per restare nella metafora, siamo ancorati a terra dal peso delle nostre preoccupazioni, delle nostre angosce e dal voluminoso fardello di tanti "valori" divenuti irrimediabilmente logori. Questo peso ci impedisce di volare verso una realtà più autentica, più nostra e ci rinchiude in noi stessi. :-(



Se sei in questo viaggio, se sei in questa semplicità che sa davvero di leggerezza conquistata allora, forse anche oggi un po' si "vola" e persino la violenza del potere sarà solo parte di una realtà conosciuta e capita veramente.
"C'èst à dire": ero lì, nella strada, ho visto tutto, ho anche lottato, amato e dunque ... vissuto. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Senza volerlo, nello spettacolo c'è anche una specie di attacco al movimento femminsita di allora. Non certo per atteggiamento ideologico, ma ai nostri non piace il modo un po' violento in cui le femministe avevano voluto riscrivere i rapporti fra uomo e donna, anche se il bersaglio (ho scritto appunto senza volerlo) era il corpo, che molto spesso reagisce in modo sbagliato. La mente vuole seguire i discorsi della donna ed invece il corpo cede agli istinti e reagisce, talvolta, in modo maldestro: ad es. arrapandosi, quando non dovrebbe, o, al contrario non riuscendo a cogliere gli stimoli, quando la mente lo vorrebbe. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Naturalmente nello spettacolo si parla anche dei giovani (in quasi tutti, del resto) ed in particolare qui a quelli non del tutto integrati nel movimento che risultano simpatici al Nostro, ma "cum grano salis".



Ma allargando il discorso al movimento, quello ufficiale, le cose non vanno troppo bene e spesso vengono a contestarlo i militanti della sinistra extraparlamentare per la sua critica delle loro "verità". E invece, secondo Giorgio, non ci sono verità da vendere, ma solo cercare di rappresentare quel che si vede e che esiste.



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Re: Giorgio Gaber

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Giorgio e Luporini sperano in una realtà concreta, che sia civile per tutti, senza sopraffazione e violenze di potere, una realtà "altra". Ma non è per niente sicuro (se mai lo è stato) che questa giungerà da dove se lo aspettavano in tanti. Ed infatti non è solo l'eversione nera a preoccupare.



Il pericolo è tutto il modello di sviluppo che di per sé annienta la singolarità dei soggetti e uccide l'uomo, nel mentre spinge ad ingrossare i desideri ed i consumi, consuma anche gli affetti, con il suo parossismo.

http://www.musictory.it/musica/Giorgio+ ... Plus-amore


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Re: Giorgio Gaber

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E se nel "La presa del potere" il pericolo veniva dall'alto,



qui in discussione c'è anche un modello di sviluppo che di per sé annienta la singolarità dei soggetti, ma resta comunque una concezione dello Stato prevaricatore e violento per definizione, in specie nelle proprie strategie di autoconservazione.

http://www.musictory.it/musica/Giorgio+Gaber/I+Gag-men

La tortura di essere tormentati giorno e notte da questa gente brutale, meschina e carica di intolleranza per gli altri, forse farebbe venire la voglia di farla finita con ... (e Berluska non era ancora "nato")


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Re: Giorgio Gaber

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La vecchia borghesia, così com'è, si presenta di certo indisponibile ad elevarsi, ma forse anche noi ci stiamo appesantendo alquanto e non siamo capaci di concepire molto di diverso.





Oppure no?



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Re: Giorgio Gaber

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Roma, gennaio 1977, Gaber ha appena fatto calare il sipario e deciso di chiudere lo spettacolo (Libertà obbligatoria) a metà esatta della seconda replica nella capitale. I tentativi di scendere a patti con i contestatori (i c.d. autoriduttori) sono falliti, nonostante gli sforzi da parte di tutta la compagnia, perché quei ragazzi non volevano solo entrare gratis, ma anche creare tensione e sfruttare l'evento per pubblicizzare il loro essere "antagonisti del sistema". Questo Gaber, dicono, vuole culturizzare, mica è un militante come Dario Fo! Non ha capito che la lotta è cambiata!
Giorgio cerca gli sguardi dei suoi collaboratori: "Che senso ha tutto questo, dove vogliono arrivare?" Ed ha sul viso i segni della disfatta, della dolorosa rassegnazione, non capisce. La tensione è altissima, ma non è solo quello: la rabbia è già diventata stanchezza, esasperazione e il signor G. stavolta è davvero provato. :cry:


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da pitoro »

Grazie Lemond, bellissimo 3d scoperto solo ieri.

Vero che continua?


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Re: Giorgio Gaber

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pitoro ha scritto:Grazie Lemond, bellissimo 3d scoperto solo ieri.

Vero che continua?
Vero :)

Lo sguardo sui giovani del post Sessantotto era disincantato e critico già da tempo e non a caso si comincia lo spettacolo con



Era già una critica, anche se non così pungente come sarà poi in "Polli di allevamento". E potevano farlo (Luporini e Gaber), perché i movimenti li avevano sempre guardati con simpatia, ma dall'esterno, con i loro dubbi e la logica del credere e del non credere. Sandro era anarchico e Giorgio scettico per vocazione e si sono sempre presi anche un po' in giro, perché anche l'autoironia era un mezzo per preservare la propria individualità. Chi legge Céline ha voglia di metterlo in gioco e se incontra un rifiuro, gente che gli risponde: "Sei fascista!" è ovvio che



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Re: Giorgio Gaber

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Ma nello spettacolo ci sono anche (come sempre) le parti ironiche, come i due monologhi contrapposti





Essi rappresentano il tentativo di fermarsi per fotografare la realtà, prima di finirne travolti e Marx serve per prendere in giro la figura del militante marxista che si muoveva, solo spinto (a qualcuno lo fa ancora :-) ) da una fede nei dogmi marxisti, che riteneva intoccabili e credeva in Marx come in un dio. :ugeek:


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Re: Giorgio Gaber

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Ma il sentimento che predomina in sala è lo sconcerto, frammisto ad ansia., perché il punto di partenza è sempre quello dell'interezza mancata, della scissione interna e Giorgio cerca di scioglierla con



Ecco, secondo me, ben spiegata la differenza fra un moralista (il peggio del peggio del peggio) e l'uomo in cerca di un'etica autentica cioè che proprio gli venga ... naturale. :-)


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Re: Giorgio Gaber

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Altro grande momento introspettivo è "Lona" che rappresenta la cifra di un teatro dei duo Gaber-Luporini, in bilico fra psicodramma ed emergenze sociali. La canzone condensa e restituisce tutto lo sfacelo degli affetti umani sul finire degli anni settanta.



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Re: Giorgio Gaber

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Nella "Solitudine" (che segue Lona) G. ed L. possono constatare che, dopo dieci anni di studi sulla coscienza, i risultati ottenuti sono ...



Parlare di solitudine in quel momento era tra l'altro molto discutibile e provocatorio non poco. Si prestava il fianco ad ovvie critiche di reazionariato, di concorrere al riflusso a cui qualcuno già lavorava. Ma se l'aggregazione è isterica allora non si fa altro che trasmettersi l'un l'altro nevrosi soggettive, contagiose, meglio ripartire da *me*, almeno per un po'.
"Ogni volta che entro nel giro di un collettivo/Dopo un po' mi ritrovo più stupido e più cattivo", Adorno lo diceva rispetto alcinema, ma è uguale no?


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Re: Giorgio Gaber

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Il 7 dicembre, data della consueta prima della Scala, "Libertà obbligatoria" è ancora di scena a Milano. Si annuncia una giornata difficile, tanto che l'allora sindaco Carlo Tognoli telefonò a Giorgio per chiedergli se non pensasse di sospendere, almeno per quella sera, lo spettacolo, ma lui rispose che aveva troppo rispetto per le oltre mille persone che avevano comprato il biglietto di quel giorno. Per Tognoli il timore era che i contestatori usassero Gaber come pretesto per entrare in centro e fra l'altro c'era stata anche una telefonata che annunciava una bomba alla Scala. Lo spettacolo si farà, ma in un centro storico blindato.



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