Giorgio Gaber

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Re: Giorgio Gaber

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Una delle più belle canzoni scritte dai due è all'interno dello spettacolo del 1995. Il punto di partenza è quello che sostanziava "Parlami d'amore Mariu" o, ancor prima, il Dilemma e l'Impotenza.
Il volgere al futuro la nostra incapacità di provare e comunicare sentimenti autentici (in particolare l'amore), consente ai Nostri di proiettarsi ancora una volta nell'universale, nella generale commozione dell'uditorio.
Si è vicini ad un manifesto poetico-sentimentale degli autori, tanto da poter concludere il canto con un dolcissimo, ma al tempo stesso perentorio: "Così vorrei amare".

(video da Celentano, insieme a Fo ed Albanese, mi pare fosse nel 2001)

(audio del 1995)

P.S.

Se ne consiglia l'ascolto più volte. ;)


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

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Re: Giorgio Gaber

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Ancora un "botto" prima della fine: "Destra-Sinistra". E' preceduta da una breve introduzione parlata, che concettualmente dice tutto:

"[Incipit parlato con sottofondo musicale, solo nello spettacolo della stagione 1995-'96:] Le parole definiscono il mondo. Se non ci fossero le parole, non avremmo la possibilità di parlare di niente. Ma il mondo gira e le parole stanno ferme. Le parole si logorano, invecchiano, perdono di senso, e tutti noi continuiamo ad usarle senza accorgerci di parlare… di niente."

Gaber è ormai un'insuperabile maschera in questi motivi giocosi, sul filo dello scherzo musicale. E più che altro stupisce, più del fatto poetico, il genio dell'intuizione, di dare cioè un nome a sensazioni emergenti, prima che siano diventate "senso comune". La retorica opponente la destra alla sinistra, con i rispettivi atteggiamenti tipici, è smascherata "in toto". La falsa contrapposizione, nel vuoto comune di prospettive ideali, deflagra in risate scomposte. :D
E quando ilsig. G libera il suo *basta*, il eatro lo abbraccia forte e non smette più l'applauso. ;)

(audio)

(audiovideo, quando ormai ...)


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Re: Giorgio Gaber

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Forte di questa enorme fiducia del pubblica, si appresta al finale più diretto ed appassionato della sua carriera (forse solo "Io, se fossi Dio" gli può stare alla pari): "Mi fa male il modo", ventidue minuti quasi tutti in prosa che è un'elencazione terrificante di mali, storture, violenze ...
Il comico "j'accuse" gaberiano, pur se riferito spesso a fatti noti pubblicamente, è molto ben documentato e rivela un'attitudine alla denuncia civile [civile in tutti i sensi, non certo come quella "sbracata" dei nostri giorni :-( ]
Naturalmente, da grande professionista qual è, l'invettiva crea il climax: il tragico e il comico sublimati in una spinta vitale, sempre più forte. E poi in chiusura ...

(I parte)

(II parte)


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Re: Giorgio Gaber

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"Un'idiozia conquistata a fatica" 1998-99

Sarà l'ultimo spettacolo dal vivo gel signor G. e, anche se lui non lo sa, c'è comunque un'aria di bilancio, un senso preciso di risistemazione concettuale, sempre però a partire dal presente, dalla più urgente attualità.
Dopo quasi trent'anni di denunce, di speranze, di incarnazione della crisi soggettiva e antropologica dell'uomo, nonostante il cosiddetto progresso, la costatazione riussuntiva è semplice e definitiva e cioè il titolo dello spettacolo. :-(
La risposta più feroce provierne da un fondo dell'Unità. Lo firma Luca Canali, critico letterario e latinista, sulla prima pagina del 7/1/1998, quattro giorni dopo il debutto al Teatro del Giglio di Lucca [io naturalmente c'ero ;) ].
Scrive, fra l'altro, il giornalista: "E' un'arte sovrana per ogni uomo di successo, e soprattutto di spettacolo, che non abbia più niente da dire, ritirarsi in tempo, Giorgio Gaber evidentemente non possiede quest'arte. E chi autorizza Gaber a sentirsi fuori dalla cerchia dei cretini?"

P.S.
Purtroppo c'è da aggiungere che Canali precisa anche di non aver assistito alla spettacolo e di basare il suo editoriale sulle recensioni dei maggiori quotidiani. :-(

P.P.S.
Probabilmente era un ordine di scuderia per far pagare a Giorgio (in quanto marito) le scelte della moglie. :grr:


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Re: Giorgio Gaber

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Lo spettacolo si apre su un titolo noto, "L'ingenuo", trasformato in un doppio monologo, distribuito su due tempi. In esso si parla proprio della fatica nell'apprendere, nel conquistare consapevolezza: proprio il contrario di quello che si è pensato per anni, cioè dare molti "segnali culturali" alla c.d. masse, perché esse si evolvessero. La cultura è un fatto personale, faticoso, che ognuno deve conquistarsi e non trovarsela al "supermercato". La parte più importante è la seconda, dove, dopo aver denunciato una certa rassegnazione al pessimismo e all'impotenza, si lascia intravedere la possibilità di un riscatto e di un risvolto positivo. Pur pensando che l'individuo fosse davvero "conciato male", gli riconoscevano risorse imprevedibil e non era detto che un domani non fosse riuscito a tirarle fuori. Un cambiamento antropologico, innescato da una cultura vera, ammesso che si potesse trovare, in tanta idiozia dilagante. Il titolo "L' idiozia ..." significa rivolgere il pensiero ai tanti che mettevano nel tentativo di diventare qualcuno, di vincere appunto ad es. (come Di Pietro al Mugello) una disfida elettorale e di arrivare magari a .., salvo poi scoprire di essere "idioti" al pari degli altri. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Proprio a proposito del dibattito di questi giorni (e di tutte le mezogne/calunnie che si sono scritte) mi accorgo che il Nostro aveva previsto tutto, quando parlava nel 1997 di "politici corrotti, con un animo repellente o quando ironizzava sulla grande svolta dell'Italia che parte dal Mugello. :diavoletto: :crazy: :D
"Il potere dei più buoni" è una *canzone reazionaria* nel senso di reazione a quell'aria di bontà e di buonismo, chiamiamola come vogliamo, che sembra in fondo coinvolgere tutti, mentre chi ha occhi per vedere, si accorge che si vive in un mondo in cui trionfano la cattiveria e l'egoismo .
Gaber e Luporini ne avevano parlato già nell'ottantaquattro, quando scrivevano: "Come sta il sociale? Sta bene, grazie!" Certi tipi di "bontà" non sono autentici, servono solo a fare del bene a sé stessi. Godere della propria capacità di fare del bene di per sé non è sbagliato, il *buonismo* portato al petto come una medaglia ... Sì. :grr:



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Re: Giorgio Gaber

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La dittatura del mercato non risparmia neppure l'infanzia: Ecco allora le anomalie de "La stanza del bambino" che porta Giorgio a misurarsi con la sua nuova situazione di nonno e Luporini, per la seconda volta a distanza di molti anni, con quella di padre. Ci piaceva, raccontavano, soprattutto sperimentare un'idea di linguaggio che mutuavamo da Beckett ed in particolare da un suo testo: "Bocca", tutto spezzettato, frammentato con le parole unite da trattini. La stanza del ... ci portò poi a scrivere anche la "La stanza del nonno, utilizzando la stessa formula, ma con un risultato, a nostro parere (ex post) meno efficace.



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Re: Giorgio Gaber

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Si prosegue con l'analisi delle nuove condizioni giovanili con "Il grido", dove si cita Hubert Selby jr di "Ultima fermata a Brooklyn", per giungere poi ad una delle più evidenti contraddizioni o meschinità odierne: la cosiddetta solidarietà. L'assurdità di troppe iniziative benefiche, le quali tradiscono invariabilmente il vuoto ideale di chi vi partecipa ed al contempo l'opportunismo, anche in chiave politica, di chi le organizza. Tanto "L'Azalea, come il già citato "Potere dei più buoni" risultano davvero corrosive e divertenti facendoci ritrovare lo sguardo disincantato dei due autori, sempre al di là del senso comune, ipocrita per definizione. :-(





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Re: Giorgio Gaber

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E' senz'altro la canzone "Il mercato" a restituirci in pieno la forza artistica e di pensiero del miglior Gaber. La questione rappresenta il nodo centrale delle nostre esistenze, totalmente sottomesse alle sue leggi, ai suoi ritmi e ai suoi ...
La foto è nitida, spietata, inquietante. nessuno si può salvare, nemmeno sé stesso e, quel che è peggio, ci sono le sue vittime: i più deboli, gli emarginati, i perdenti.
"Il mercato è il demonio, il mercato è dio".
Non si esce dal consumo, mai e non ne uscivamo neppure quando ci illudevamo di ribellarci con qualsivoglia atto "rivoluzionario". Il mercato getta le reti in ogni nuovo bacino, raccoglie e risistema i fermenti, i gusti, li rivende al suo proprio prezzo ed a suo esclusivo vantaggio. Se ne esci, non esisti, se ci entri, sei suo schiavo. :-(
... Speriamo ci possano spuntare le ali per tentare un volo sopra questa follia, per ora assolutamente inevitabile. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Il secondo tempo è aperto nientemeno che dalla fine della nostra civiltà! L'idiozia dilagante da tutti accettata quale normalità, che si racconta con leggererezza ne "I barbari", sarà il prodromo all'avvento vittorioso di nuove orde selvagge, che ci spodesteranno dal trono di "leader" mondiali. E noi spettatori pensiamo a .., ma Gaber indica la platea, il loggione, sé stesso. Siamo noi con le nostre patetiche esibizioni ideologiche, con la nostra soave idiozia. :hammer:



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Re: Giorgio Gaber

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"Che bella gente" vive di una struttura simile a "Qualcuno er comunista" e rappresenta una sintesi di storia italiana recente, soprattutto di costume, dalla liberazione ai giorni nostri. Il progetto è ambizioso, ma l'esito è vibrante e certo.
Ora, dopo un cinquantennio di libertà, stiamo assaporando la poesia di un mondo nuovo, pieno di idiozia. :-(
E se fuggite in una casa in cima ad un monte, scegliete un posto che sia davvero disinfestante, che per errore (altrimenti) potrebbe entrare un po' di odore del presente.
Che bella gente! :grr:



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Re: Giorgio Gaber

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Di seguito "spettacolo puro" arriva come una conferma, ironica e disinibita già nella forma musicale, un simil-gospel capace di irriverenza verso il mare di notizie e di attualità in genere, prese come sempre troppo sul serio dal sistema mediatico e *necessariamente* dalla gente in seguito. La stupidità obbligatoria che porta ad es. a pensare che Di Pietro abbia qualcosa a vedere con la giustizia e non con il suo contrario, come si può capire dalle sue "posizioni" contro l'indulto e l'amnistia. :-(
Anche qui il finale, dopo tante risate sui fatti di cronaca, non lascia scampo ...



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Re: Giorgio Gaber

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desmoblu ha scritto:2) Su Gaber, mio malgrado: meglio non credere nei profeti, soprattutto se borghesi. Gaber era un cantautore, alcune cose le ha azzeccate altre molto meno. Fallibile, spesso discutibile. MA non ha senso tirarlo fuori ogni 3x2, come se fosse un vate in grado di azzeccare il futuro con precisione guglielmotelliana.. altrimenti avrebbe lo stesso senso credere alle cose dei Testimoni (che a un testo scritto da pastori per pastori fanno dire qualunque cosa), o al papa, o a gesùcristo, o a beethoven, o a topolino (ps: Lemond, per eventuali repliche di là, nell'apposito thread).
Giorgio non è mai voluto essere un profeta, ma solo una persona che anallizzava il mondo intorno a lui e non è mai stato soltanto un cantautore, bensì molto altro: attore, regista, scrittore, filosofo ignorante, tecnico delle luci etc. Per quanto riguarda il borghese, questo aggiunge spessore alla sua autoironia, in un mondo in cui quanto più uno è idiota e più si prende sul serio (un esempio a caso: Prezzemolo!), e magari molti altri gli "dànno anche retta". :D
*Fallibile, spesso discutibile* che bella frase in bocca però ad altri del forum, non me lo sarei aspettata da te, anche perché non mi sembra che tu ti sia dimostrato molto attivo nel discutere. :bll:
Quanto al 3X2 ed all'azzzeccare possiamo analizzare i testi e vedere due cose: quante volte la sua analisi "ex ante" è stata corretta o no "ex post" e quanti miei messaggi di Giorgio ho spedito in "Politica" (su un totale di 112 iu questa discussione). Se tu mi dici il numero del "3x2" poi possiamo verificare la percentuale giusta. :diavoletto:
A mio giudizio su Di Pietro, la magistratura e il BerlusKa le sue analisi sono state confermate. a differenza dei testimoni di geova (ho discusso molto con loro) che non credono neppure che il pipistrello sia un mammifero, perché la realtà per loro è ... (confronta )
Sul papa mi sono espresso con dovizia di particolari anzi sui papi, che si sono sempre dimostrati infallibili nello "sposare" la tesi meno corretta, Gesù Cristo è molto probabile che non sia mai esistito storicamente, mentre alla bellezza creata da Beethoven perché non credere? Quanto a Topolino, non me lo rammento molto, ma è probabile che qualcosa di buono abbia costruito nel tempo.
Infine Guglielmo Tell non mi pare sia mai stato un futurologo :D :diavoletto: :crazy:


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da desmoblu »

Se non ha mai voluto essere profeta, direi di non farne NOI un profeta.. o no?
Era una persona con determinate opinioni, le sue coerenze e le sue incoerenze, di certo non un vate o un messia. Se nessuno ha la verità in tasca o sulla lingua, e anzi forse non esiste nemmeno UNA verità, allora il concetto di auctoritas (più o meno venerante) è un tantino fuori luogo. Ipse dixit..
(Personalmente reputo geniali Baker, Hendrix, Hasek, Twain, Bukowski, Moebius, Altan, Pazienza.. ma mi guardo bene dal citarli, e soprattutto dall'usarli come chiave di lettura, anche parziale, per il mondo là fuori).

Bella frase ma in bocca di altri.. perdonami, me la spieghi? Francamente non ho capito il punto, sarà l'ora postprandiale.. ;)

E il tre per due... degli ultimi tuoi post nel thread politica il 100% era una riproposizione di GG, quindi ho pensato che fosse una nuova tendenza. Però GG non ha mai visto Luxuria in parlamento, non ha mai conosciuto Vendola, ha visto Fini in camicia nera, non sa chi sia Landini, non ha visto crollare Belgio e Islanda, non ha visto gli Indignados e così via.. tra le ultime cose che ha visto c'era una moglie berlusconiana, il che vorrà dire qualcosa.
Spiegare la situazione politica e sociale attuale, al netto delle ricorrenze più o meno puntuali, sulla base delle parole di un cantautore morto da tempo (e- concedimelo- sempre più qualunquista col passare degli anni) è come spiegare la relatività ristretta citando Jan Hus o Kafka. Come direbbe il nostro mito: "che ci azzecca?".

ps: Topolino è fascista, perché Walt Disney era filonazista... :)


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da Admin »

E Paperino un terribile qualunquista, per quanto troppo divertente.


Pantani è una leggenda come Coppi e Bartali
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Re: Giorgio Gaber

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desmoblu ha scritto:Se non ha mai voluto essere profeta, direi di non farne NOI un profeta.. o no?
Non è mai stata mia intenzione.
desmoblu ha scritto: Era una persona con determinate opinioni, le sue coerenze e le sue incoerenze, di certo non un vate o un messia. Se nessuno ha la verità in tasca o sulla lingua, e anzi forse non esiste nemmeno UNA verità, allora il concetto di auctoritas (più o meno venerante) è un tantino fuori luogo. Ipse dixit..
Mai pensato che Giorgio dovesse aver ragione "a priori" solo vorrei conoscere un esempio di almeno una fra le ... sue incoerenze
desmoblu ha scritto: Bella frase ma in bocca di altri.. perdonami, me la spieghi? Francamente non ho capito il punto, sarà l'ora postprandiale.. ;)
In bocca agli stupidi e non è il tuo caso.
desmoblu ha scritto: E il tre per due... degli ultimi tuoi post nel thread politica il 100% era una riproposizione di GG, quindi ho pensato che fosse una nuova tendenza.
Nessuna nuova tendenza, solo che mi sono trovato proprio in quest'ultimo periodo a rivisitare certe sue ... che richiamavano la politica, anche attuale e allora, perché no? Fra l'altro a me, per esempio le discussioni di politica-economica non interessano affatto, così come il teatrino di Bossi-Berlusconi-Di Pietro e allora, cercavo di alzare un po' il tono. :D

desmoblu ha scritto: ... tra le ultime cose che ha visto c'era una moglie berlusconiana, il che vorrà dire qualcosa.
Non vuol dire assolutamente nulla e se lo credi, mi dispiace per te. :grr:

desmoblu ha scritto:Spiegare la situazione politica e sociale attuale, al netto delle ricorrenze più o meno puntuali, sulla base delle parole di un cantautore morto da tempo (e- concedimelo- sempre più qualunquista col passare degli anni)
Anche qui devi essere tu a fare qualche esempio, a me pare invece che il qualunquismo maggiore si raggiunga quando si giudica le persone sulla base della vita privata e della ideologia (vedi sotto)
desmoblu ha scritto:ps: Topolino è fascista, perché Walt Disney era filonazista... :)
Il che non c'entra nulla con la sua opera (e quindi vedi sopra). Naturalmente, ripeto, io non rammento quasi niente di Topolino, ma ci sono fior di artisti che sono stati influenzati dal pensiero peggiore (addirittura quello religioso :grr: ), ma la loro opera è patrimonio dell'umanità


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Re: Giorgio Gaber

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Admin ha scritto:E Paperino un terribile qualunquista, per quanto troppo divertente.
Occorre vedere qual è la parte del bicchiere mezzo pieno, no? :cincin:


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Re: Giorgio Gaber

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lemond ha scritto:
Admin ha scritto:E Paperino un terribile qualunquista, per quanto troppo divertente.
Occorre vedere qual è la parte del bicchiere mezzo pieno, no? :cincin:
Cerco di mantenermi equidistante: lo leggo sempre, ne rido spesso, mi ci incazzo a volte.
:hippy:


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Re: Giorgio Gaber

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Admin ha scritto: Cerco di mantenermi equidistante: lo leggo sempre, ne rido spesso, mi ci incazzo a volte.
:hippy:

:clap: (a parte che forse, sarebbe meglio arrabbiarsi, che ...) :D


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Re: Giorgio Gaber

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Beh, per me una persona bisogna giudicarla prima di tutto per la coerenza, quindi anche corrispondenza tra quello che pensa, dice, fa (e canta), nel privato come nel pubblico. E, per dirti, spesso mi trovo in mezzo a discussioni (non cercate) con amici vari, perché dico: si, Faber e GG hanno cantato bei pezzi, ma vederli milionari in mocassini e jeans e sposati a berlusconiane mi fa una tristezza indicibile.. e insomma, rispetto ai ventenni magri e affamati le pance piene mi garbano poco. E- detto fra noi- un pezzo come "cos'è la destra cos'è la sinistra" mi manda in bestia, pur avendo apprezzato (anzi: soprattutto per questo) molti altri suoi pezzi.
Tra tutti i trobadori (o trovatori) nostrani il mio preferito è sempre stato Guccini, pur con tutta la sfiga che solo lui sa catalizzare sull'ignaro ascoltatore.

Grazie comunque per la considerazione, la digestione avrebbe potuto facilmente creare un discreto qui pro quo ;)

ps: a volte l'allure politica di Disney traspare nei suoi personaggi, c'è ad esempio una storia ambientata nell'Africa nera con i "negri" (sic) resi a livello subumano, e Topolino nel ruolo di bianco colonizzatore; più in generale, una certa destrosità traspare in gran parte della produzione originale, quindi fino agli anni '60-'70. A propositio di citazioni che non faccio mai, c'è una bellissima storia giovanile di Pazienza (si può dire giovanile per uno morto a 32 anni? Nel suo caso si), marchiata tramufabrik production e pubblicata sul mitico numero dalle quattro copertine di Cannibale (4-5-6-7): "Perché Pippo sembra uno sballato". Molto molto divertente.


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Re: Giorgio Gaber

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desmoblu ha scritto: Beh, per me una persona bisogna giudicarla prima di tutto per la coerenza, quindi anche corrispondenza tra quello che pensa, dice, fa (e canta), nel privato come nel pubblico. E, per dirti, spesso mi trovo in mezzo a discussioni (non cercate) con amici vari, perché dico: si, Faber e GG hanno cantato bei pezzi, ma vederli milionari in mocassini e jeans e sposati a berlusconiane mi fa una tristezza indicibile.. e insomma, rispetto ai ventenni magri e affamati le pance piene mi garbano poco.
Non saprei dire di Faber, perché non conosco la sua vita privata, ma per Giorgio mi pare che tu non cosideri affatto che lui era fino al 1969-70 uno dei conduttori del varietà del sabato sera RAI, con milioni di telespettatori e conseguenti gudagni. E all'improvviso ha scelto di cambiare vita e si è buttato "anima e corpo" senza rete nel teatro, rinunciando per i successivi trent'anni a produrre dischi, nonostante i successi ottenuti, fino allora, con le "canzonette".
Per quanto riguarda il vestire, Giorgio ha cercato di essere sempre sobrio e non ha mai voluto passare, attraverso l'immagine, per chi non era.
desmoblu ha scritto: E- detto fra noi- un pezzo come "cos'è la destra cos'è la sinistra" mi manda in bestia, pur avendo apprezzato (anzi: soprattutto per questo) molti altri suoi pezzi.
Eccoci al preteso *qualunquismo* :grr: Prima di tutto, come dici tu, è un *pezzo* di una spettacolo "E pensare che c'era il pensiero" dove il ritratto che si fa del mondo è *angosciante* e non ha caso il finale è "Mi fa male il mondo". E "destra e sinistra" si inserisce poco dopo la celebrazione dei fasti statunitensi de "L'America" :D :diavoletto: :D e rappresenta proprio il tentativo di non farsi coinvolgere (in quanto popolo) nella quasi genetica mancanza di pensiero di quello americano. In altre parole dovremmo cercare di non usare le vecchie "frasi fatte", alrimenti potremmo non accorgerci che non parliamo di niente. :grr: Vuoi un esempio fra tutti il più eclatante. esilarante, ma anche molto sconfortante: se interroghi l'elettore medio italiano, per domandargli se Di Pietro e il Fatto Quotidiano, oppure Stalin o Pol Pot, siano di destra o di sinistra, tu come pensi risponderanno? E invece in questa canzone ironica (come quasi sempre in lui esiste quest'aspetto) c'è proprio l'intuizione di quanto ormai sanno tutti e cioè il tipo di retorica (solo quella distingue ad es. Fioroni e Fini) opponente la destra alla sinistra. La contrapposizione attuale è solo falsa, perché si fonda sul vuoto comune di prospettiva ideale e di pensiero, L'unica preoccupazione nel teatrino dei nostri politici con la p minuscola è "l'audience" e se vuoi una riprova, guarda un po' quali sono in genere gli interventi nella discussione politica del "forum".
desmoblu ha scritto:
Tra tutti i trobadori (o trovatori) nostrani il mio preferito è sempre stato Guccini, pur con tutta la sfiga che solo lui sa catalizzare sull'ignaro ascoltatore.
Anche per me è il primo, insieme a Vecchioni, perché considero Giorgio, come ho scritto, altra cosa. Perché non capisco il tuo riferimento alla sfortuna :!: :?: :uhm:

desmoblu ha scritto: ps: a volte l'allure politica di Disney traspare nei suoi personaggi, c'è ad esempio una storia ambientata nell'Africa nera con i "negri" (sic) resi a livello subumano, e Topolino nel ruolo di bianco colonizzatore; più in generale, una certa destrosità traspare in gran parte della produzione originale, quindi fino agli anni '60-'70. A propositio di citazioni che non faccio mai, c'è una bellissima storia giovanile di Pazienza (si può dire giovanile per uno morto a 32 anni? Nel suo caso si), marchiata tramufabrik production e pubblicata sul mitico numero dalle quattro copertine di Cannibale (4-5-6-7): "Perché Pippo sembra uno sballato". Molto molto divertente.
Ecco, ora mi torna quanto dici e non posso che concordare (proprio io che un po' razzista lo sono, perché ho sempre fatto il tifo per la gente di colore, così come credo che le donne siano in genere superiori agli uomini). Mentre riguardo a quanto sostenevi prima, mi viene in mente


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da lemond »

Con "Il Conformista" si ha subito la sensazione di trovarsi di fronte a un nuovo classico del teatro canzone. Elaborata su un tempo musicale in due, ricorda un poco "La pistola" di Polli d'allevamento ed è di gran lunga il pezzo che riassume più potentamente l'idiozia individuale, mascherata alla bell'e meglio da uomo aggiornato e informato, vagamente è ovvio, su ogni argomento. L'ironia degli autori firmano un nuovo ... capolavoro. ;)

P.S.

Qui dentro c'è il concentrato della nostra classe politica attuale che è in sintonia con il Paese. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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Dopo la ripresa del "L'ingenuo" tutto è pronto per il gran finale, perché proprio di questo si tratta.
"Una nuova coscienza" incarna tutta quanta la prospettiva utopica, ma drammaticamente urgente nell'elaborazione ideale degli autori con riferimento alla crisi dell'uomo e, forse, ad un suo superamento.
Forse per la prima volta si propone un brano assertivo: spinge verso, indica un metodo, suggerisce ...
Il suddetto gran finale comincia con un'aria da niente, per dirla con Céline, ma grazie a cambi di tonalità ed armonie particolarmente raffinate assistiamo ad una perfetta coincidenza di forma e sostanza, in un crescendo rossiniano che esalta l'attore (mi dispiace per Desmo che ci sia solo l'audio), prima ancora che il cantante e l'orchestra.



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Re: Giorgio Gaber

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Null.
Meglio che mi calmi va.


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Re: Giorgio Gaber

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TIC ha scritto:Null.
Meglio che mi calmi va.
Non ho proprio capito, eppure sono calmo. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Purtroppo "Un'diozia ..." è l'ultimo spettacolo teatrale di Giorgio, perché già allora prima di andare in scena, per alleviare il dolore, era costretto ad iniettarsi un calmante per via intramuscolare. Pur affrontando la malattia come non esistesse, perché il lavoro riusciva a fargli quasi dimenticare il male, c'è un limite a tutto e la situazione era oggettivamente molto grave. L'esperienza del dolore (da individuale a generale) ispira le nuove canzoni e ad es. in "Tutto ciò fa parte della vita" vuol dire che dobbiamo abituarci a convivere con queste cose. L'idea di pensare che solo questa sia un'epoca di tragedia vuol dire guardarsi indietro con estrema indulgenza. Questo nostro periodo non è peggiore di altri, la vita ci porta a situazioni che bisognerebbe guardare con maggior distacco, anche se non con minor partecipazione e con uno sguardo un po' più elevato e non così morbosamente sofferente nel senso dell'oggi.



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Re: Giorgio Gaber

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Il lavoro dell'album "La mia generazione ha perso" parte da una serie di brani scelti nel vecchio repertorio e da tre inediti, uno dei quali "La razza in estinzione" in un suo passaggio dà il titolo al tutto. E' il pezzo a cui dava più importanza, perché il testo rispecchiava in pieno i sentimenti suoi e di Luporini in quella fase. Ma si tratta di un disco ed al momento di riascoltare il risultato, Giorgio appariva sempre in evidente imbarazzo. Abituato a cantare per un pubblico vero, seduto a pochi metri da lui, non si ritrovava nel silenzio di uno studio. Solo alla fine si è convinto che l'album deve rispecchiare altri canoni. L'uscita avviene il 13 aprile 2001 ed il titolo non piace troppo anche a due vecchi amici come Capanna e Guccini. Ed è lo stesso Gaber a rispondere: "Sicuramente non è un'espressione ottimista e consolatoria, ma per quanto mi riguarda mi sembra una constatazione doverosa; solo il riconoscere i propri errori e il coraggio di affrontarli può aiutare a trovare la forza per un reale cambiamento. Tutto quello in cui abbiamo creduto non trova più alcun riscontro, non esiste più; siamo decisamente una razza in estinzione". (continua)



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Re: Giorgio Gaber

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Tornano le vecchie polemiche del tempo di "Polli di allevamento", qui aggravate dal senso di rassegnazione. Capanna: "Non penso e l'ho detto anche a Giorgio, che la generazione del '68 abbia perso. Le conquiste sono ancora sotto gli occhi di tutti." Ma, rispondono i due autori: "Il punto non è stabilire chi ha vinto o ha perso, non siamo ad una partita di calcio (pur se c'è quel participio passato nel titolo). Abbiamo scritto quel brano per dire che dopo tutti gli impulsi che abbiamo provato, massime la spinta a cambiare la vita, il quadro invece in cui ci ritroviamo dopo tanto tempo è deludente. Le giovani generazioni non ci hanno seguito e ci accorgiamo che sia nelle istituzioni, che nella famiglia, tutto è progressivamente rientrato. Certo la nostra generazione qualcosa ha lasciato, come ad es. i rapporti fra uomo e donna che sono cambiati dopo il '68, ma nel complesso, rispetto alle aspettative, se guardiamo la società dall'alto, cioè nel suo complesso e come si comportano in particolare i giovani ... abbiamo perso. La nostra è una razza in estinzione, perché non è riuscita a figliare."


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Re: Giorgio Gaber

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Con questo disco importante, capace di raggiungere centinaia di migliaia di persone, spesso all'oscuro di tanti preziosissimi titoli da lui nel frattempo composti e qui riproposti a nuovo, Gaber si riappropia di una primazia culturale ed artistica, lasciata in parte vacante dall'altro indiscusso maestro: Faber. Parrebbe l'inizio di un nuovo ciclo, anche se solo discografico. L'attenzione per le sue parole e le sue, spesso dolorose, riflessioni è d'improvviso e nuovamente massima: il vuoto intellettuale d'una intiera nazione orfana di pensatori e critici in genere, trova un riferimento, se non comune, certamente largo e trasversale, in una parola libero e credibile.
Come chiosa a quanto detto, l'obeso mi sembra appropriato.



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Re: Giorgio Gaber

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Siamo a fine estate 2001 e nonostante "La mia generazione ha perso" fosse uscito da poco, Giorgio sentiva aggravarsi le sue condizioni ed aveva fretta di consegnare al pubblico il frutto di sue nuove riflessioni e, insieme a Luporini, decide di lavorare al nuovo "album" nella primavera successiva. Il disco, come il precedente, è un mix di vecchio e nuovo, ma sono i primi tre pezzi a dare il metro della nuova produzione. Il primo prende il titolo da una citazione di Adorno, che parafrasa Hegel. Hegel dice: "Il vero è tutto" e Adorno risponde:" Il falso è tutto".



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Forse l'intuizione che presto avrebbe lasciato, ha esaltato l'essenziale, il decisivo per lui e per chiunque abbia a cuore la vita e l'amore fra gli uomini. Un esempio è dato proprio da "Non insegnate ai bambini", alla stesura finale del quale non sono arrivati subito, perché nell'originale diceva: "insegnate il silenzio e l'assenso", ma a Giorgio pareva troppo pesimista e voleva, come sempre, lasciare uno spiraglio alla speranza. Il pezzo rappresenta la fragilità fatta arte, una scultura di ghiaccio che scalderà per sempre i cuori e le menti dei fortunati ascoltatori: una vera e propria rivoluzione ideale, pacifica proprio perché in tutto e per tutto fuori, e lontanissima dalla violenza impositiva d'ogni falso ideale. Distante un mondo intiero, davvero, dal nostro piccolo e mortifero mondo. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Infine "io non mi sento italiano" il pezzo che dà il titolo al disco e che riporta Gaber là dove il suo lavoro a teatro era cominciato: Jacques Romain Georges Brel , un cerchio che si chiude. E' un'altra di quelle canzoni che forse non sono state troppo capite: non è vero che non si sentissero italiani, infatti nell'inciso ... Il brano è una critica a tanta idiozia affatto italiana, ma non certo a favore dell'esterofilia. I due hanno sempre pensato che gli italiani siano degli artisti della vita, che si scontrano però con un'invincibile pigrazia, quella che ha consentito di sopportare vent'anni di fascismo (e sessanta di partitocrazia) :-)



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Re: Giorgio Gaber

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Ultima per quest'anno.

Il 1° gennaio 2003 muore la persona che più mi ha affascinato nella vita, un artista insuperabile e uomo di pensiero al punto da redimere ogni giudizio feroce sull' "avversario". L'evidenza sconcerta? Persino Adorno ne sarebbe stato entusiata, se è vero che il compito della filosofia sarebbe quello di cantare la realtà, per come si presenta agli occhi di ...
Caro indimenticabile Giorgio, non ci sono parole, perché il linguaggio non può dir tutto ... [taglio].
Ti giunga quindi solo un abbraccio, come atto di umana riconoscenza da chi si sente in debito con te e con Alessandro Luporini e che da quel giorno si sente più solo.
Ma per finire, alla tua maniera, possiamo pensare che l'uomo nuovo, il cui avvento hai invocato a più riprese, forse ci sarà, proprio grazie a te, ma dobbiamo impegnarci a fondo anche noi, che (per il momento) restiamo.

Ciao, Carlo


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da Maìno della Spinetta »

WALTER'S PLAYLIST/ Giorgio Gaber e quel desiderio che muove il mondo
Walter Gatti - lunedì 2 gennaio 2012

“Il desiderio, è la cosa più importante che nasce misteriosamente, è il vago crescere di un turbamento, che viene dall'istinto, è il primo impulso per conoscere e capire, è la radice di una pianta delicata, che se sai coltivare, ti tiene in vita”.
Nove anni fa l’autore di queste parole, Giorgio Gaber, ci lasciava. Era il 2003 e il signor G aveva solo 64 anni. Chitarrista da quando aveva dieci anni, amico di Tenco e Jannacci da quando non aveva neppure la licenza media, Gaber ha scritto cose che vanno oltre la semplice canzone, fosse pure la cosiddetta e fastidiosamente sbandierata canzone d’autore. Testi difficilmente incasellabili, necessità sempre crescenti di raccontare le storie della vita scritte per tentar di dar luce alla vita, narrazioni e composizioni pensate per il palcoscenico inteso come luogo in cui non si può e non si deve mentire sul presente e sull’uomo: l’autore milanese dal 1970 (l’anno del Signor G) fino ai suoi ultimi giorni ha raccontato in venti album un modo unico di guardare la vita. Imprevedibile, politicamente libera, esistenzialmente provocante.

Nel 2001, Gaber entrava in studio con una selezione di canzoni scritte al solito con l’alter ego Sandro Luporini e produceva uno dei suoi dischi più importanti, La mia generazione ha perso. Disco notissimo per alcuni brani tra cui La canzone dell’appartenenza (“Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi”) e Il potere dei più buoni (“Penso alle nuove povertà, che danno molte visibilità, penso che è bello sentirsi buoni, usando i soldi degli italiani, è il potere dei più buoni, costruito sulle tragedie e sulle frustrazioni”). Un disco che confermava libertà e dolore di questo autore “di sinistra, ma non della sinistra”, un musicista che tutta la cultura dotta o di moda evitava perché fastidiosamente non collocabile, visto che non è ammodo dire in canzone che “sento che hai ragione se mi vieni a dire che l’uomo sta correndo e coi progressi della scienza ha già stravolto il mondo però non sa capire cosa c’è di vero nell’arco di una vita, tra la culla e il cimitero” (Il terzo millennio) e nella canzone successiva (La razza in estinzione) prendersela con la Chiesa, con gli esibizionismi sessuali, con gli intellettuali coglioni, con i compagni sfiatati.

Disco di asprezze, di disillusioni culturali e politiche, di memorie storiche banalizzate dagli stereotipi (Destra-Sinistra), di rivoluzioni fallite, di amori ammosciati, di personalità onnivore e azzerate (L’obeso): disco sociale e politico potentissimo, come pochi altri nella carriera di Gaber. Disco di umanità senza paragoni. Tra gli altri titoli, poi, ecco la canzone citata nell’introduzione, Il desiderio, una di quelle per cui la canzone italiana può andar fiera di se stessa.

Con una linea melodicamente non prevedibile – ma è tratto di tutta la produzione del musicista milanese da Anche per oggi non si vola in poi, dove le influenze della canzone francese e di certa musica da scena scombinano l’ascolto della normale produzione cantautorale italiana – la canzone è un immergersi nel senso di ciò che è desiderio, dal particolare dell’amore uomo-donna all’universale del proprio esserci qui ed ora, sguardo poetico dentro le autentiche viscere dell’energia umana che parte dall’amore per ritrovarsi alle prese con le forze e i tempi dell’esistenza: “Il desiderio, è la cosa più importante, è un'attrazione un po' incosciente, è l'affiorare di una strana voce, che all'improvviso ti seduce, è una tensione che non riesci a controllare, ti viene addosso non sai bene come e quando, e prima di capire sta già crescendo”.

Il nuovo anno, questo 2012 speranzoso, è arrivato a zittire le malelingue dell’anno precedente. E si poteva iniziare ricordando alcuni titoli mostruosi che in quest’anno celebrano il proprio anniversario, dall’esordio di Bob Dylan (1962) a Surfin Safari dei Beach Boys (1962), da Harvest di Neil Young (1972) a Made in Japan dei Deep Purple (1972) a Exile on Main Street degli Stones (1972). Ma tutto questo tripudio di bel rock oggi, forse, non regge il ricordo di Giorgio Gaber, che in un primo gennaio ha tirato il sipario sul suo teatro canzone. Lasciando però il ricordo vivo e fisico di quelle parole con cui provare ad affrontare con umanità un anno che s’avvia: “Il desiderio è il vero stimolo interiore, è già un futuro che in silenzio stai sognando, è l'unico motore, che muove il mondo”.

La canzone http://www.ilsussidiario.net/News/Music ... /3/232958/

(ilsussidiario.net)


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Re: Giorgio Gaber

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Ricomincio da ... uno :-) nel senso che da ora in poi userò prevalentemente parole dette da lui.

Mi chiamo Giorgio, sono nato a Milano il 25 gennaio 1939 e sono molto legato alla mia città. Dicono che Trani a gogo sia un bozzetto di costume, che il Cerutti sia un tipo patetico, che Il girasole rosso e Non arrossire siano confessioni quasi autobiografiche. Io credo in questa Milano, nella sua gente, in questo tipo di canzoni che non sono tristi, proprio perché guardano con occhi "veri" della gente "vera". ;)







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Re: Giorgio Gaber

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Spesso la gente ti vuol bene perché si ritrova in te, nelle tue debolezze, nelle cose che dici ed io sono sicuro che il pubblico si è rivisto nella "mia" Milano e nella mia timidezza, perché tale sono rimasto e forse tutto è cominciato dalla polio, che mi ha colpito due volte. Ancora oggi quando entro in un ospedale, mi sento come a casa. Lì ho toccato con mano", la sofferenza, il dolore, la nostalgia e sono arrivato a concludere che le due cose fondamentali per l'uomo sono la vita e la morte e su questi temi (oltre l'amore) si deve meditare ed impostare la propria esistenza ... finché dura. Quando a dodici anni sono uscito dalla malattia, mi sono sentito uno scampato, un privilegiato: ero vivo. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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La strada è stata molto importante per me, sono un vero cittadino, come direbbe Céline. Da bambino giocavo a calcio come portiere e mi piaceva tuffarmi sull'asfalto; la prima volta che ho giocato in un campetto, con tutta quell'erba, ero quasi a disagio. ;) A otto anni avevo già una voce grossa, differente da quella dei miei compagni, così come il naso che mi procurava una facile ironia da parte dei miei amici. Mi piaceva studiare ed ero forte nelle tabelline. Gli anni passavano alla svelta e già sentivo in me la passione per la musica ed avevo provato anche a scrivere qualche canzonetta, ma ci mettevo troppi fiori e troppe barche ed era difficile trovare una rima che accontentasse la mia maestra. :D



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Re: Giorgio Gaber

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Cominciai a studiare la chitarra verso i dieci anni, ero un ragazzino bravo e ragionevole che a scuola studiava con profitto e a casa non faceva arrabbiare la mamma e chiunque mi avrebbe visto (da grande) dietro una scrivania. ;) Io però, dentro, avevo la Milano del dopoguerra delle osterie e dei "trani", la Milano che stava per strada, non americanista, né americanizzata. Ho imparato a suonare perché il suono della chitarra di mio fratello mi piaceva molto e, approfittando delle sue assenze, penetravo nella sua stanza e mi divertivo a pizzicare le corde. Ci furono molte discussioni in famiglia, prima che anch'io potessi avere uno strumento, ma alla fine fu mia madre a decidere: "Avrai la tua chitarra, visto che questa è una famiglia musicale. Non devi però trascurare gli studi!"



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Re: Giorgio Gaber

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Con lo zelo del principiante/fanatico ero ansioso di scoprire i mille segreti del mio strumento e di avventurarmi nell'affascinante mondo del Jazz, ma all'improvviso scoppiò l'era del "rock'n'roll". Risucchiato in questo nuovo vortice, mi sono ritrovato in un altro mondo, quello della musica leggera. Forse ho perduto o forse no? Del mio "prima" mi è rimasto intatto l'entusiamo per la musica e la fedeltà alla chitarra, che è stata per me sempre un rifugio e un'amica. A diciott'anni ero diplomato ragioniere con la media dell'otto ed a questo riguardo io (Carlo) devo aprire una parentesi. Leggo che, pur non sapendolo, nel prendere lo stesso diploma, qualche anno dopo di lui, mi sono comportato nello stesso modo e cioè: "Durante gli orali, mentre i miei compagni si barricavano in casa a studiare come matti, io andavo a sentire le interrogazioni, segnandomi su un foglio le domande. In capo a pochi giorni ebbi un quadro, direi esatto, della frequenza di certe domande e della rarità di altre. Non che fossi uno scanzafatiche (io allora sì), ma sarebbe stato un peccato non sfuttare sul piano pratico questa rivelazione, che mi permise di affrontare il turno dei miei colloqui sapendo con buona approssimazione quali domande mi sarebbero state fatte. La scuola è congegnata purtroppo in modo che lo studente ricorra a certi espedienti ... i professori non sono mai riusciti a farmi amare nessuna materia.:-(



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Re: Giorgio Gaber

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E' cominciato quasi per gioco, unito alla passione. Eravamo verso la metà degli anni cinquanta e dall'America arrivavano in modo sempre più massiccio e invadente le nuove mode musicali. Anche le composizioni di canzoni hanno risentito molto di queste influenze, parlo di tutti quelli della nostra generazione: Tenco, Paoli, Jannacci, Celentano. Fra questi c'era uno con cui ho fatto subito amicizia: suonava il pianoforte. era magro magro, un po' giallino in faccia e lo chiamavano tutti "Schizzo". ;)







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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da lemond »

Suonavamo in una cantina all'estrema periferia di Milano (La Barona) e una sera ci capitò un tipo stranissimo, anche simpatico: imitava i cantanti americani di rock. Era conosciuto però, più come imitatore di Jerry Luis che come cantante. In ogni modo mi chiese se volevo andare a suonare con lui ed io accettai. poi Adriano cominciò a girare un po' troppo, andò anche all'estero, e così non potei più seguirlo, perché dovevo anche continuare la scuola. C'era obiettivamente un certo ritmo nelle canzoni "rock", però gli urli e gli scatenamenti visti nei film ci sembrava roba da deficienti, che in Italia non sarebbe mai arrivata e invece ... :grr:



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Re: Giorgio Gaber

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La mia generazione fu la prima ad essere fuori completamente dalla guerra e la protagonista dei consumi e la musica era parte considerevole di quelli giovanili. Era un periodo di grandi fermenti, volevamo trovare nuovi codici di linguaggio, stimolare un cambiamento. I nostri vagiti risposero , in qualche modo, a quella domanda, rappresentarono un'alternativa e non a caso fu proprio il disco il primo oggetto di scelta autonoma da parte dei giovani. E noi che, dopo il battesimo rockettaro, stavamo imboccando l'ostica strada dei cantautori, fummo miracolati, nel senso di un facile approdo alla sala d'incisione e addirittura ... fecero cantare pure me. :D Non si deve credere ad anni facili, ma il sistema discografico ci aveva dischiuso le porte e anche se ci sarebbe voluto parecchia costanza ed anche dolori (lo testimonia il suicidio di Tenco) avevamo una possibilità di impostare un discorso di qualità. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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La vera "rivoluzione" fu tirare fuori la canzone dalla sfera dell'indeterminatezza e calarla nella realtà immediata, dandole un senso anche temporale. "Volare" di Modugno era una pagina bellissima, ma ancora entusiatica, energetica, d'amore, invece la Gatta di Paoli conteneva Genova, la soffitta, quel clima preciso dei primissimi anni Sessanta. Insomma la canzone cominciava a fornire una testimonianza del suo tempo, cessando di farsi semplice veicolo di sentimenti. Fu questo a fare del lavoro dei cantautori un fatto culturale. La ballata del Cerutti fu proprio la testimonianza di un'epoca e questa era una caratteristica di noi milanesi e dei genovesi.



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Re: Giorgio Gaber

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Brel mi ha molto inflenzato e non a caso. E' l'interprete che più di ogni altro ha cercato di fare teatro con le sue canzoni. Mi affascinavano le sue sfuriate anarcoidi, dietro le quali si intuiva tutto intiero l'ideale dell'uomo autentico, dell'individuo ribelle, ma positivo. Ho cantato un suo brano tradotto da Herbert Pagani e ne ho scritti parecchi ispirati al suo modo di esprimersi, soprattutto riguardo alle atmosfere gonfie di sentimento, straordinarie ed appassionanti.


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Re: Giorgio Gaber

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Mi ero iscritto alla Bocconi, ma intanto portavo a casa un po' di quattrini suonando.Al Santa Tecla guadagnavo 2.000 lire a volta. Era un posto molto curioso, dove veniva gente di tutti i tipi: gente senza una lira e "cummenda", signore ingioiellate e ragazze piuttosto "libere".;) E poi artisti, scrittori, pittori, giornalisti e balordi di ogni genere. per me, che venivo da una vita tranquilla in una famiglia del tutto "normale", fu un po' un trauma. Una sera sul palco ci sono "I Giullari" e uno del gruppo domanda: "Sapete Be Bop a Lula?" Il pianista risponde di no, ma io la saprei, dico. Se la sai cantala, perché Vanna Ibba oggi è malata! :-( Comunque sia, cantai e non solo quel pezzo. Fu per me un momento indimenticabile quello in cui la gente smise di ballare e si fermò ad ascoltarmi. Ancora oggi non so rendermi conto di come abbia potuto arridermi un successo così caloroso e immediato.



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Re: Giorgio Gaber

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Durante una delle serate baraonda mi si presentò un ragazzo delle mia età, dirigente di una casa discografica e mi disse: "Vuole venire a fare un provino? Lo presi per uno scherzo, ma quel ragazzo era Giulio Rapetti (in arte Mogolo), io comunque non andai. ;) Un giorno mi telefonò il maestro Giampiero Bonetti e solo allora mi persuasi che il mio coetaneo non scherzava. :-) Il giorno fatidico cantai Ciao ... ti dirò, una canzone di Tenco, in cui avevo messo un po' di parole anchio. Erano tutti scettici, però il verdetto dei capi della Ricordi fu favorevole. Bene o male il disco uscì, con quattro canzoni. Un giorno accesi la radio e sentii annunciare: "Ciao ti ... dirò", canta Giorgio Gaber." :D Da qui si evince che mi avevano cambiato anche il nome. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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"Ciao ... ti dirò" era così avanti, rispetto ai tempi, da indurre Celentano a concedersi una pausa di riflessione. Eravamo folgorati dal "r. a. r", anche se avevamo preso questa musica in prestito, quasi con goliardia e sicuramente con gusto cabarettistico e una forte dose di ironia. Con Jannacci avevamo formato anche un duo, "I due corsari" e cantavamo canzoni con testi demenziali e a fare quella roba, allora un po' ci si vergognava, fino ad un certo punto, però, perché non pensavamo che avremmo fatto questo di mestiere.



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Re: Giorgio Gaber

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Noi cantautori italiani non eravamo troppo preparati dal punto di vista musicale, ma cerchavamo uno spunto, una storia e la commentavamo con una musica anche semplice, ma funzionale. Pochi di noi provenivano da scuole di canto, ma alla gente questo interessava poco. Io, per esempio, ho una cadenza milanese, con la *ò*, ma non mi pare criticabile, ma solo logico, perché, dopotutto, sono ... lombardo. :-) E non so se è peggio di una parlata artificiosa da parte di chi ha studiato dizione? Dico questo, perché le voci impostate sono tutte "uguali". Per noi catautori, poi è importante quel che abbiamo da dire.



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Re: Giorgio Gaber

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Sono preoccupato perché mi rendo conto che a trenta-trentacinque anni la carriera di un cantante del mio genere è finita. Vi immaginate a quarant'anni con canzoni del tipo "Ciao ... ti dirò" ? Farei ridere, se non peggio! :-( Ecco perché il fatto di non trovar tempo per dare gli esami alla Bocconi mi dà pensiero.
Quando la Ibba lasciò il nostro gruppo a noi serviva un cantante per i lenti, per i quali io non ... C'era una certa Maria Monticelli che cantava bene e la convocammo. Una sera al Santa Tecla arriva questa qui, un po' matta, capelli dritti, occhi verde-azzurro, però cantava bene, con una certa grinta e ci trovammo subito. ;) Maria inoltre scriveva testi di canzoni che raccontavano storie vere che le erano capitate ed io comincia a musicarle. E, dopo poco, producemmo un "recital" intitolato "Il Giorgio e la Maria (in piazza Beccaria, aggiungevamo per far rima :-) )





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Re: Giorgio Gaber

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So bene le cose che devo a Maria, avendola avuta vicina per tanto tempo; lei così viva, così al di fuori di ogni banale classificazione. Lei, così lei da aver accettato di essere la Maria del Giorgio, finché ci ha creduto, finché ha voluto: non è una cosa da poco. :clap: Fu Maria a presentarmi Umberto Simonetta, lo scrittore con cui avrei fatto le mie canzoni più belle, anche se la prima fu una canzoncina per "I due corsari". ;) Quello mio con Jannacci era un tentativo di teatro cabaret, tant'è che poi ho tentato di portare proprio il cabaret al Santa Tecla con un piccolo intermezzo recitato.



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