Giorgio Gaber

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Re: Giorgio Gaber

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Una sera Umberto (Simonetta) mi chiese a bruciapelo perché non provavo a musicare dei testi un po' meno stupidi. Fu la prima di un interminabile serie di discussioni sulla funzione delle canzoni. Con il suo aiuto riuscii a capire che non ci dobbiamo necessariamente nutrire di toni melodrammatici, di cuori straziati; si può anche descrivere la vita di tutti i giorni. SImonetta era un uomo di sinistra e una volta mi convinse ad accettare le proposte che mi venivano dal festival dell'Unità. Da lì e dalle canzoni impegnate che avevo cantate alla TV in "Canzoniere mimimo" venne la definizione dei giornali di "Chitarra rossa". Comunista io? Be' sono abbastanza di sinistra, ma non so bene neppure cosa voglia dire. ;) E' vero che ho cantato le canzoni dei partigiani, ma, all'epoca della guerra, avevo quattro o cinque anni. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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Il pubblico chiedeva ai cantautori meno mestiere, meno commercialità e, invece, più esperienze personali che, proprio per questo, sono più vere e più reali. Domenico Modugno, primo fra tutti, ha ... senza porsi in competizione con gli altri, seguito il suo istinto creando un genere nuovo di canzone, così come la canzone francese lo aveva fatto prima. Il suo primo pubblico Mimmo l'à trovato in sicilia, io a Milano, eppure entrambi siamo italiani e non è solo questo ciò che ci accomuna. ;) I primi anni sessanta sono molto rivoluzionari, perché la canzone ha smesso di essere atemporale: prima si cantava l'amore come nell'ottocento. :-(

http://padovacultura.padovanet.it/homep ... o_e_g.html


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Re: Giorgio Gaber

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Con la stessa casualità con cui tutto mi capitava in quel periodo, mi fecero un provino come presentatore. A me, che mi vergognavo come un ladro a dire una parola in pubblico! Feci uno sforzo su me stesso e andò bene. Dovevo presentare un programma con Stella Dizzy e il fatto di avere una partner carina e simpatica mi dava un certo coraggio, ma poi i dirigenti Rai decisero che lei non andava più bene e mi ritrovai solo, alle prese con testi terrificanti, per i quali entrai in crisi pazzesca. Mi salvò "in extremis" Vittorio Zivelli che accettò l'idea che fosse Simonetta a riscrivere i testi e quell'esperienza andò benissimo, perché ero tranquillo, facevo venir fuori la mia paura senza cercare di nasconderla, come fanno di solito gli altri.



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Re: Giorgio Gaber

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Andò talmente bene che che poco dopo mi chiamarono per presentare un nuovo programma, dedicato esclusivamente a canzoni popolari. Si trattava di "Canzoniere minimo". Essa rimane per me una trasmissione importantissima e, in certo senso, indimenticabile: Prima di tutto ero riuscito a ottenere che la sigla fosse una canzone di protesta vera, una canzone che fece impallidire i dirigenti quando ... La canzone era "Se otto ore" , la canzone delle mondine e la cantava la Maria. Riuscimmo a dimostrare che essa faceva parte del patrimonio popolare italiano e, con un po' di taglietti, fu accettata. ;) Abbiamo cercato di rendere vive tutte e dieci le puntate, ognuna ambientata in un posto diverso e le canzoni ispirate ad un determinato ambiente; avevamo paura soprattutto della monotonia. :-( Poteva mancare Ornella Vanoni? Poi c'era Margot, una giovanissima cantante torinese che abbiamo invitato quasi per scherzo e che si è invece rivelata una "colonna" del programma. Ha cantato anche Paolo Poli, che ha fatto anche qualche scenetta. A lui si sono aggiunti Giancarlo Cobelli e Bruno Lauzi La Ballata del Cerutti l'à cantata Milly, mentre io ho fatto la mia parte con Porta Romana, Le strade di Notte e Sei Bella negli occhi oltre alla sigla di chisura: "Le nostre serate". ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Entro in un locale, mi metto a sedere, pronto ad ascoltare i Campanino's ed ecco che mi arriva una tipa, mai vista, che mi dice: "Non ti ricordi di me? Sono Ombretta Colli". Rimango immobile, ma lei insiste: "Ma come non ti ricordi? Abbiamo fatto un servizio fotografico insieme, per la tua canzone Benzina e cerini".
Allora mi torna tutto in mente, di colpo e ho anche capito perché non riuscivo a rammentare. Ombretta cambia continuamente la sua immagine, in modo sconvolgente; qualche volta torna a casa e io non la riconosco nemmeno ora che è mia moglie. :)
Cominciammo a parlare e mi accorsi che era una ragazza diversa dalle altre, per niente inquinata dall'ambiente. Certo non pensavo di sposarla, ma con lei stavo bene come non mi era mai capitato prima. Passavamo intere notti in macchina a parlare ed io mi aprivo completamente: sono i momenti più belli di un'unione. :)
Non ci siamo mai detti: "Ti amo", non le ho mai fatto una vera e propria dichiarazione, però le ho scritto una canzone. :)


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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da GiboSimoni »



spesso lo riproponevano alla trasmissione varietà su rai uno dove facevano evdere spezzoni di vari programmi di vari anni e lo vedevo spesso con mia madre o mio padre, mi piaceva un sacco. Pensarlo che lo guardo da solo adesso, mi metto un pò di malinconia...


Gibo il migliore!!!!!

Signori non ce ne sono più - Gilberto Simoni ad Aprica 2006

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Le vere emozioni sono nell'accarezzare una mamma non più autosufficiente e su una sedia rotelle e vedere il sorriso di essa.
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Re: Giorgio Gaber

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GiboSimoni ha scritto:

spesso lo riproponevano alla trasmissione varietà su rai uno dove facevano evdere spezzoni di vari programmi di vari anni e lo vedevo spesso con mia madre o mio padre, mi piaceva un sacco. Pensarlo che lo guardo da solo adesso, mi metto un pò di malinconia...
La vita, purtroppo, è questa e non ce ne sono altre. Spero che i ricordi (e Giorgio) ti diano anche un po' di ... oltre alla malinconia. :cincin:


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Re: Giorgio Gaber

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Fra poco comincerò le prove di "Questo e quello" un nuovo programma TV in sei puntate, dedicato a due tipi di musica leggera. "Questo" sarà lo stile da "salotto" che si può ascoltare senza ballare e di cui si gustano anche le idee espresse nei testi. "Quello" invece è il genere che piace ai giovanissimi, incapaci di ascoltare la musica senza provare una voglia matta di scatenarsi in una specie di "delirium tremens". :D Avrò, spero, molti ospiti e canterò anch'io un po' di "questo" e "quello" nell'intento di dimostrare che i due generi non poi sono agli ... antipodi. :)





e aggiungo questo, tratto dalla discussione sulla lingua italiana, perché Giorgio e Paola Matrocola sui giovani la pensano ... (vedete voi)
Inclinazioni e libertà

Seguire la propria natura dovrebbe essere la cosa più ... naturale. :D Ma non è così, perché è difficile essere consapevoli di sé ed essere certi del luogo verso cui naturalmente si pende (nota mia, il caso di Cuneghin è emblematico, perché all'età di 31 anni passati, non sa ancora "ciclisticamente" che cosa farà ... da grande. :bll: )
Dovremmo poter contare sui genitori, gli insegnanti, gli amici, anche se poi alla fine ...
L'altro giorno ho chiesto ai miei allievi: vi piacerebbe la la scuola prevedesse ogni tanto degli "stage" lavorativi? Ho visto i loro occhi illuminarsi. :) Temo davvero che abbiamo imprigionato i nostri ragazzi, credo che la follia iperegualitaria abbia creato questa massa infinita di giovani "forzati" e snaturati che ci sta di fronte. Liberiamoli! Bisogna che i ragazzi la smettano di "studiare" (cioè di andare a scuola) per far piacere a noi. :x Devono essere attirati dai libri, se scelgono di fare il liceo e poi l'Università. Altrimenti, per dirla con il mio amico di sopra si finisce per ... "avere un grido in cerca di una bocca". :grr:[/quote]


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Re: Giorgio Gaber

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Quando qualcuno mi chiede di autodefinirmi, confesso di essere impreparato. Uno crede di sapere chissà cosa di sé stesso e poi si trova di fronte all'impossibilità di elaborare in poche parole un concetto che dia l'idea di ciò che crede di essere. Comunque provo ad azzardare: faccio le canzoni che mi piacciono, se poi hanno anche successo, tanto meglio. Ho cercato di non scendere a compromessi, preoccupandomi sempre di scrivere "canzoni" e non "successi". :-) Farò cose di poca importanza, ma almeno sono mie. Un dilettante? Ritengo che questa definizione mi si addica in quanto faccio davvero solo quello che mi piace e cerco di farlo al meglio, senza pensare di essere dentro o fuori dalla moda.
C'è un aspetto straordinario del mestiere di cantante o di cantautore: una canzone ti nasce dentro a poco a poco, la perfezioni, la provi sulla chitarra, cerchi le parole e per giorni e giorni essa resta un fatto tuo privato, personale, come un figlio. Quando è finita, la affidi alla macchina organizzativa della tua casa discografica e te ne dimentichi. Un giorno, un mese o un anno dopo, sei magari di passaggio a Palermo e da un altoparlante esce una melodia che riconosci, ma quel che era tuo, è diventato di tutti. E' come un tradimento ... o forse no. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Il festival di Sanremo non avrebbe più ragione di esistere: era nato come mostra della canzone italiana, ma ormai è degenerato in una guerra fredda fra case discografiche e la commissione stessa dell'organizzazione. E' tutto un giro di interessi dai quali sono stati esclusi i cantanti che l'ànno reso popolare. L'invasione degli stranieri ha contribuito a rendere ibrida la manifestazione, anche se ha dato un notevole impulso al mercato discografico. Al momento non si capisce più con quali criteri sia fatta la selezione dei cantanti ed io lo posso dire, perché non sono un personaggio da Sanremo, ho partecipato solo a due edizioni e sono contento di non farlo quest'anno. ;)

Canzone presentata da Giorgio Gaber 1967 a Sanremo


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Re: Giorgio Gaber

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Le nostre serate non sarà una trasmissione impegnata, culturale, noiosa. Voglio fare semplicemnente uno spettacolo di rivista in sei puntate, un po' alla vecchia maniera, ma con un briciolo di ironia. Avremo un tema e un ambiente per ogni serata. Nella realizzazione ci sono stati inconvenienti di vario tipo e il primo è il mezzo tecnico in sé, che non ti permette di essere a contatto diretto con il pubblico e quindi ti lascia un po' freddo e poi c'è la censura, che giudica con un metodo strano, tanto che a volte lascia passare cose ... e in altre si mostra invece ... intransigente fino al ridicolo. :-( Ad es. "Il casermotto" un canto antimilitarista, me l'ànno accettata solo dopo che ne ho cambiato alcuni versi.
Il programma nasce dalla convinzione che un cantante sia qualcosa di più dell'esecutore di una canzone e quindi abbiamo riproposto la rivista, ma in edizione diversa, per così dire intima, tra amici, senza quelli che per tradizione sono i suoi elementi principali: grossi effetti, fragorose risate e grandi comici popolari. Insomma io sono convinto che il cantante "vero" debba calarsi in un ruolo di maggior spessore e seguire l'esempio di Milva o come i francesi, che vanno a cimentarsi a teatro in veri e propri spettacoli. :clap:



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Re: Giorgio Gaber

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Mentre facevo il presentatore televiso non vendevo molti dischi, ma la cosa non era importante, perché l'essenziale è fare quel che ci piace. Anche Luporini era d'accordo e la sua approvazione per me è molto importante. Lui è un mio amico pittore e non lo vedo spesso, perché vive gran parte dell'anno a Viareggio, però, quando lo incontro anche dopo mesi, riprendiamo sempre il percorso interrotto la volta precedente, come se ci fossimo visti il giorno prima. Capita quando c'è vera amicizia. ;) Sandro è un tipo tranquillo, per niente arrivista, quasi ai margini di questa società in cui tutti ... E non conosce (quasi) l'esistenza del denaro. :D Spesso mi dà una mano per le mie canzoni e quando mi capita di tradire me stesso, facendo pezzi troppo commerciali, l'unica persona di fronte alla quale mi vergogno è proprio lui.



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Re: Giorgio Gaber

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Un giorno stavo andando in macchina verso il Varesotto quando, a Cinisello, ho assistito ad un fatto curioso: in mezzo alla piazza del mercato la gente si era radunata attorno a due ragazzi strani, uno alto e magro, l'altro più basso e grassottello che, accompagnandosi con la chitarra, cantavano canzoni del tutto insolite sulla ribellione agli schemi borghesi. Ma non alla maniera arrabbiata dei c.d. cantanti di protesta, ma con un senso di comprensione, di verità e di poesia che non poteva lasciare indifferenti. Alla fine dell'ultimo pezzo mi aspettavo che ... E invece no, dopo aver ringraziato la gente, dignitosissimi, si sono allontanati senza chiedere una lira. Allora li avvicinai e scoprii che si chiamavano Rino Alicata e Francesco Battiato, studenti universitari arrivati al Nord dalla Sicilia. Avevano piantato gli studi per un'avventura che ha dell'incredibile: andare per strada, come gli antichi cantastorie. "Forse non potremo fermarci ancora molto" mi dissero "Siamo rimasti quasi al verde". Per fortuna, una decina di giorni dopo, li ritrovai in un "cabaret" di Milano , scritturati da Tinin Mantegazza. :)



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Re: Giorgio Gaber

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Non mi interessa il successo discografico, ma il contatto con il pubblico, il dialogo diretto con la gente. Ho scoperto il fascino del palcoscenico e non rinuncerei mai alla mia attività di cantante. Sto terminando di registrare un 33 giri intitolato "L'asse di equilibrio" che contiene dodici motivi inediti e considero questo mio disco una specie di punto di arrivo, perché, poi, in marzo debutterò a teatro con un "recital" con lo stesso nome. Due ore di spettacolo tutto Gaber, un sogno che cullo da tempo. "L'asse di equilibrio" è una specie di confessione, di esposizione di quello che penso, perché sono davvero in una pericolosa sopensione, su uno stretto asse, ora che presento canzoni molto "pericolose" per il gusto della gente, abituata a canzoni "normali". Però finora il pubblico che le ha ascoltate ha risposto in maniera davvero confortante.
:)








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Re: Giorgio Gaber

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Mi manca qualcosa e, per quanto possa sembrare assurdo, si tratta proprio della conferma diretta del pubblico. In Italia si canta nelle balere o negli stadi, ma la gente non è lì per sentirti, bensì vuole, a seconda dei casi, ballare o fare il tifo per il "personaggio", Il mio sogno è uno spettacolo in teatro, in cui io sia lì per cantare e la gente per *ascoltare*. Dopo uno spettacolo del genere un applauso avrebbe il suo vero valore e non quello di un atto di cortesia o di esplosione di tifo. Ma cose del genere in Italia non si usano; l'unico esperimento coraggiosissimo lo ha tentato Ornella Vanoni, ma non è detto che, prima o poi, anch'io non segua la sua strada. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Il Riccardo è un ritorno ad un mondo, quello del bar, che mi ha sempre affascinato. Fin da quando ero un ragazzo e scappavo di casa, il pomeriggio, per andare a farmi la mia brava partitina a biliardo. Un mondo tutto particolare, dove non esistono differenze di età, dove ci si dà del tu e c'è un clima, di solito, simpatico, con quelle discussioni inutili, a volte anche un po' stupide, che si protraggono all'infinito. Si creano rapporti di stima e magari di amicizia, indipendentemente dai fattori economici o da questioni altre. Certo nella mia canzone ho semplificato, ma l'intenzione era quella di descrivere l'ambiente del bar, frequentato da quella che è una certa società di oggi. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Una forza, un volo, un sogno questo per me è il Sessantotto. ;) Mi ha dato una spinta verso ansie che già covavo e che che quegli anni misero a fuoco. Non voltai pagina, perché sono convinto che esista una continuità fra quel che ero ai tempi di Non arrossire e quel che sono oggi, passato cioè attraverso Il signor G, Far finta di esser sani e Libertà obbligatoria. Sono sempre stato un osservatore della gente: le facce, i comportamenti, la realtà, solo che il teatro mi ha permesso di farlo in modo più libero. In altre parole, mi sono interessato alla nascita e al percorso di una "razza" guardandola con simpatia e occhio critico. Non è stata una scelta mentale, ideologica, ma un avvicinamento fisico alla gente che mi dava di più. Questa "razza" è stata il mio interlocutore principale. Il Sessantotto l'ò amato e mi dispiace che si sia un po' perduto per strada, che quella "razza" non ci sia più. :-( Mi sembrava che quella, rispetto alla mia, fosse una generazione migliore, con un'ansia di conoscenza, un desiderio di sapere, di andare in fondo alle cose. La variazione reale che c'è stata, secondo me, riguarda soprattutto le donne e questo è uno dei lati positivi che ci ha lasciato quel periodo. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Poi è arrivata la Cina e la politicizzazione; non ne ero affascinato. Mi sembrava molto più interessante il rifiuto di un modello di sviluppo e anche di crescita personale, un rifiuto cioè che cercava altre direzioni. In quegli anni sono state dette tante stupidaggini, ma ci sono stati anche tentativi veri di aprire una strada diversa. Poi sono arrivati (ripeto) i politici a rifondare sul Sessantotto una politica vecchia. Quando ci sono dei movimenti di massa, arrivano subito quelli che vogliono interpretare e a quel punto ricomincia la solita storia ... Il Sessantonno all'inizio mi aveva colpito perché, come dicevo, i ragazzi ritenevano che i valori veri fossero diversi dal solito "denaro/consumo/ismo", quando però, anni dopo, ho visto scritto sui muri "Liquori gratis" ho capito che volevano anche loro la propria fettina di m. e allora dove stava la differenza di cultura?



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Re: Giorgio Gaber

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All'inizio il movimento del Sessantotto aveva un desiderio di rigore, i suoi rifiuti non erano ideologici (penso all'influenza di un filosofo come H. Marcuse), ma reali: rifiuti che noi abbiamo capito soltanto in parte. In italia, con la nostra tradizione, ha prevalso l'ideologia sull'idea. :-( Non voglio citare Brecht, ma in questa società precaria, il dubbio è meritevole; invece c'era quella risposta sicura che la politica dava allora e continua a dare. :grr: Una volta domandai a Sofri: "Ma tu ci credi veramente nella rivoluzione?" E lui: "Forse non ce lo siamo mai chiesti o avevamo paura di chiedercelo".





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Re: Giorgio Gaber

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Il Piccolo Teatro mi propose di debuttare sulla scena, ma, dopo averne parlato con Dario Fo, Romolo Valli e con Garinei e Giovannini, rifiutai anche perché non mi sentivo pronto. Accettai invece una proposta di Mina che mi propose di fare una lunga "tounéè" con lei e fu lì che cominciai a "farmi le ossa" in teatro e ad entrare in un ordine di idee diverso e più ambizioso. Agli inizi degli anni Settanta la popolarità di Mina era devastante ed io mi sono trovato nella scomodissima posizione di dover aprire il nostro "recital" con una "performance" di circa un'ora, di fronte ad un pubblico che non era certo lì per me. Ciò nonostante credo di aver superato abbastanza bene la prova e il tutto mi fece comprendere che la dimensione teatrale consentiva di avere un rapporto più diretto con il pubblico e, a mano a mano che i giorni passavano, mi accorgevo che comunicare con la gente era il mio vero "mestiere". ;) Così ripensai alla proposta del "Piccolo", progettando "Il signor G.".



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Re: Giorgio Gaber

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"Il signor G" mi fece decidere a lasciare la televisione e il mercato discografico per dedicarmi "anima e corpo" alla sfida di inventare canzoni che la gente in teatro ascolta per la prima volta e che devono quindi "lasciare subito il segno". ;) G non sta per Gaber, è una pura combinazione: G è l'uomo in (g)rigio che sogna a colori, vorrebbe dimenticarsi dei suoi guai, ma non ci riesce. Un uomo che lavora, si diverte, si innamora e ... Un personaggio pieno di contraddizioni, di ripensamenti, che crede e non crede, soffre e non soffre, è respinto dalla società di oggi che, vuoi o non vuoi, ti coinvolge.





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Re: Giorgio Gaber

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Tutta la mia vita di cantante è stata un compromesso. Se uno comincia a cantare a 35 anni, come Moustaki, può presentarsi al pubblico com'è veramente, per me invece è stato diverso. Ho dovuto trasformarmi di continuo, rischiando ogni volta di perdere il pubblico, che si era fatto un'idea precisa di me. A diciannove anni mi sono trovato coinvolto in un successo che non mi aspettavo e in quel periodo ho fatto di tutto: troppi cambiamenti. :-( Poi è arrivato il "recital" vale a dire un modo di presentare canzoni, senza un legame fra loro, una formula che mi lasciava perplesso. Con il nuovo spettacolo invece cerco di offrire al pubblico una storia, dove ciascuno possa ritrovarsi e riflettere. Per esempio la canzone sulla Chiesa che si rinnova, alla quale faccio seguire la Caccia, produce, secondo me, qualcosa di traumatizzante. Queste sono cose possibili solo a teatro, perché quando ho cantato "Com'è bella la città" e "Noi qui" in TV ho ricevuto lettere piene di insulti di gente che non voleva andarsene dalle campagne. :D :crazy:





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Re: Giorgio Gaber

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Il teatro consente una comunicazione molto forte, le prime volte che lo facevo, avevo la sensazione che il pubblico accettasse tutto: la mia andatura un po' claudicante, il mio fisico, la mia voce ... il mio naso. :-) Non è poco sentirsi accettati così totalmente. G come Gaber, ma soprattutto come Gente, perché il "Signor G" è nato dall'interrogare un'epoca in cui sembrava necessario schierarsi in qualche modo, dal desiderio di capire una posizione o l'altra. Per scrivere mi trasferii a Viareggio, dove stava Sandro Luporini, e insieme cominciammo la nostra avventura teatrale. ;) Cantavamo le nostre difficoltà a "mangiare" un'idea, i dubbi di un piccolo borghese in crisi, ecco, e veniva fuori l'insofferenza per la piccola borghesia, per l'eterno compromessino in tutte le cose, per il solito meschino barcamenarsi. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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I monologhi vennero fuori per evitare la falsa improvvisazione di certe frasi che si è soliti pronunciare in un "recital" fra un brano e l'altro, davanti al pubblico. Abbiamo pensato che era meglio fermare sulla carta certi spunti, certe battute. All'inizio erano semplici raccordi, pretesti, giochini verbali, ma a mano amano che si indava avanti, Luporini prendeva gusto nello scrivere, io nel recitare ed essi assunsero una dignità teatrale propria e non legati alla necessità di "spiegare" una canzone o introdurne un'altra.



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Re: Giorgio Gaber

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L'ironia, a mio parere, non è mai triste, perché prevede un distacco che rappresenta la sua salvezza. :-) Molto spesso ci manca questo distacco e quindi il coinvolgimento è del tutto nevrotico, non reale. L'ironia è quindi solo positiva. Non amo invece la satira politica, mi piace andare a fondo delle cose, più che limitarmi ad una battuta. La politica torna in genere nei miei spettacoli come rimando, in secondo piano, non come attacco diretto. Il signor G e i Borghesi rappresentano l'ultimo legame con i francesi e con Brel: dal Dialogo fra un impegnato e un non so si verifica un cambiamento di linguaggio musicale. Esco da una strada eccessivamente esistenziale ed intimista e comincio a scrivere per un pubblico più ampio. Non ha paura del pubblico, perché Elias Canetti diceva che il palco del teatro distrugge la massa, perché ognuno è lì seduto come individuo, di fronte a quello che sta succedendo. Ed io ho scelto il teatro, perché ho sempre avuto paura delle adunate per chiunque sia, anche Pavarotti. Il pubblico che ti saluta, davanti alle telecamere, mi fa stringere il cuore. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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L'Italia degli anni Settanta si interrogava sui cambiamenti possibili che, Luporini ad io, abbiamo sempre affrontato da un punto di vista esistenziale, partendo da noi stessi. L'autobiografismo è negativo dal punto di vista della scrittura, ma uno spettacolo, un romanzo o un film seno sempre filtrati da un patrimonio emozionale personale, quindi alla fine si racconta sempre sé stessi e la gente sorride e si commuove non per il personaggio che è in scena, bensì pensando a sé stessa. Credo che nell'attuale spappolamento generale sia importante capire cosa è successo in quel periodo. Secondo me era un clima ricco di molte cose brutte, ma anche di voglia di partecipare alla vita collettiva. Credo che la gente abbia bisogno di comprendere che dietro non ha il vuoto. Allora qualcuno c'era, noi c'eravamo e mica tutti ... scemi. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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VINCITORE DEL FANTATOUR 2016 SUL CAMPO: certe fantaclassifiche verranno riscritte...

"Stufano è un Peter Sagan che ha smesso di sognare (E.Vittone) "
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Re: Giorgio Gaber

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Rimpiango di quegli anni la tensione morale, anche se tutto è finito malissimo e troppo in fretta, perché qualcuno ... cominciò a sparare. :grr: Poi è arrivato il cambiamento della "grande allegria" e la voglia sfrenata dei soldi, di carriera, di rumore, disimpegno e di ... ladri in parlamento. :D Basta entrare in un bar per sentire quanto sia basso il livello di sopportazione della gente qualunque e la Lega (per prima) di questo malcontento ha fatto la sua arma vincente. (poi sono arrivati dIPIETRO e Grillo) Le parentesi sono mie.



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Re: Giorgio Gaber

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Con "Il dialogo fra un impegnato e un non so" faccio il punto di un'esperienza che dura ormai da tre anni, aggiungendovi però un salto qualitativo: non voglio più "raccontarmi addosso" , ma piuttosto cercare una verifica all'esterno. Da parte del pubblico ho sentito tante reazioni differenti, ma il punto centrale è che sembrano capire che lo spettacolo ricerca la propria responsabilità sociale, non a parole, ma passando dalla vita, sentendola nella pelle. Cerco la coerenza di dentro, sempre per vivere la realtà fuori e, a guardar dentro si scoprono ... Il tema centrale è proprio come fare a sentirsi sé stessi, come camminare nel modo giusto, come amare, come fare in modo che la testa, con le sue idee, non vada da una parte e tutto il resto ... dall'altra. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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Un vocabolario molto vecchio riportava alla voce Artista: " Colui che si occupa della conoscenza". Una bella definizione alla quale forse non abbiamo mai pensato , ma in fondo è piuttosto semplice definire l'artista come chi restituisce la realtà con maggior chiarezza, attraverso uno sforzo di conoscenza. :-)
Un esempio è dato da "E' sabato" che era nata da un'osservazione di un amico sul fatto che nelle case moderne si sente tutto quel che accade al di là del muro. :D Convenzionalmente certe cose non vengono annotate e invece per Luporini e me fu una scoperta emozionante quella di certi momenti intimi. Ma questa canzone era importante anche perché si tentava di dire che anche queste cose erano politiche e rappresenta, insieme alla "Comune" l'immagine del disastro totale. :-(





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Re: Giorgio Gaber

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Per me ambiguità non è una parola negativa. Spesso la si intende come ciò che non vuol essere chiaro, ma in verità di solito la chiarezza è spesso semplicismo. Non mi piacciono le cose che vogliono dire soltanto *quello*, perché non ci sarebbe bisogno di un'espressione artistica, basterebbe una conferenza. :) Invece la ricchezza è rappresentata dalla polivalenza e dal dubbio, cioè l'apertura di più possibilità, anche interpretative, dal punto di vista del cosiddetto messaggio. In molti abbiamo avuto la sensazione che nella vita si cambi moltissimo, ma io credo che, da quando si nasce a ... ci si muova poco e che i nostri cambiamenti siano molto piccoli. Non per questo non vale la pena affrontarli, ma dobbiamo toglierci l'illusione dei grandi cambiamenti che può portare ad enormi frustrazioni. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Mi interessava da sempre avere un contatto con i malati, uomini di solito più sensibili degli altri, avendo vissuto difficoltà particolari. Non avevo mai fatto spettacoli all'interno di un ospedale, anche perché è facile cadere nell'equivoco della beneficenza. Se mi avessero chiesto di cantare solo per i malati non avrei accettato, ma invece, spalancare le porte del manicomio, proponendo un avvicinamento della popolazione ai ricoverati, come abbiamo fatto a Voghera (nota mia nel 1974), mi è sembrato un esperimento di estremo interesse. Quest'inverno mi ero letto i vari psiconalisti: Donald David Laing, David Cooper e Wilhelm Reich, perché sapevo che volevamo fare uno spettacolo del genere. Sandro invece non legge; maledizione, pensare che gli mando libri e lui li presta!. :D



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Re: Giorgio Gaber

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Canzoni ideologiche le mie? No, per carità! Le canzoni ideologiche per me sono brutte, emozionalmente non mi dànno niente e poi, se si parte dall'ideologia, si sbaglia: bisogna cominciare da sé stessi ed io faccio così. Cerco di chiarire l'impotenza totale dell'uomo che vive in una società capitalistica: a lottare, a vivere, ad emozionarsi, ad amare e a relizzarsi. Credo che alla base di tutto ci sia una specie di repressione che, fin dalla nascita, opera su di noi come quel mendicante che acceca i figli perché facciano più pena quando chiedono l'elemosina. :grr: Non parlo mai dei problemi della fabbrica, perché non li conosco, scrivo e canto invece dell'estraneità al lavoro, di quando fingi di essere coinvolto e in realtà sei lontano.





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Re: Giorgio Gaber

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Con "Cerco un gesto, un gesto naturale" voglio dire che vale la pena di vivere per la tensione nella ricerca di livelli superiori di sé stesso. Il raggiungimento di un gesto naturale potrebbe sembrare una posizione statica, ma in realtà per me rappresenta la salvezza. La mia riluttanza (e qui Gaber aveva sbagliato nell'esprimersi, usando il termine *reticenza*), la mia incapacità di seguire alcune strade, per esempio quella dei nostri amici "arancioni", si spiegano così. Uno arriva all'illuminazione, ha risolto, si ferma e questo è un atteggiamento mistico. Il mistero non può essere un punto di arrivo e per me il movimento e anche il marxismo sono la mia storia. Il rifiuto della staticità: si deve morire e rinascere continuamente. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Il filosofo ignorante. Non ho letto molto, direi anzi che il mio bagaglio culturale è molto ridotto. Prima mi vergognavo e provavo una grossa invidia per quelli che sono informatissimi, che sanno tutto, anche perché li conoscevo ancora poco. ;) Resta comunque il fatto che sono ignorante e le ragioni sono diverse, ma la più evidente è che leggere mi diverte molto raramente. Sì, mi interesserebbero alcuni libri, soprattutto di saggistica, ma faccio fatica ad applicarmi, anche perché il più delle volte ... non capisco. Ho letto per esempio "Morte della famiglia" di D. Cooper. Costui si vede che non è un cretino ed è anche molto simpatico, però molte pagine del suo libriccino per me sono state completamente incomprensibili e allora penso non sarò mica scemo? Poi vengo a sapere che tutti quelli che conosco e che l'ànno letto hanno avuto le stesse mie difficoltà, che sollievo. :) Quindi non mi sento più in colpa perché questo significa anche che lo scrittore non si è voluto far capire da me e allora ... :censura:



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Re: Giorgio Gaber

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Alla c.a. di Mario Capanna - 2 settembre 1999

Se per intellettuale si intende ancora una persona dotata di buona cultura, allora forse bisogna riflettere sulla parola "cultura". Secondo me una persona è colta quando, dopo aver dimenticato completamente la propria condizione, riesce ad afferrare l'essenza delle cose quasi istintivamente.
Questo però non deve significare punto di arrivo o stasi. Cultura è soprattutto attività del pensiero, e la prerogativa essenziale del pensiero è la mobilità. In poche parole, per levarsi dal conformismo dilagante, il compito di un intellettuale dovrebbe essere quello di "pensare altrimenti" o meglio "pensare oltre" e non vivere rimescolando idee già misurate sul metro del mondo.
Attributo fondamentale per un intellettuale credo sia da sempre la curiosità, la passione per il vero. Ma anche qui ci vuole una certa vigilanza. Mai innamorarsi di una piccola scoperta, mai fare in modo di trarre vantaggi di alcun tipo.
Si cerca per il gusto di cercare
Insomma, per dirla con Cioran, SARVAKARMAPHALATYAGA ovverosia, distacco dal frutto dell'atto.



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Re: Giorgio Gaber

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Di solito non vado volentieri ai festivàl della sinistra extraparlamentare, perché c'è un clima da opera pia, dove tutti hanno la coscienza a posto. Quest'anno sono andato al Palalido di Milano alla manifestazione per il Cile, perché avevo qualcosa di "provocatorio" da dire. Quella sera c'era un clima da "primi della classe" e allora io ho fatto il mio intervento.

e



Perché non è vero che l'unico motivo per fare la "rivoluzione" sono il Cile o la repressione, il vero motivo sei tu. Se arrivi alla coscienza del tuo stato, la "rivoluzione" diventa un'esigenza effettiva, non un astratto fatto ideologico. Rivalutiamo l'egoismo, perché abbiamo bisogno di gente cosciente, non di vittime e/o di eroi. Il sacrficio è solo il frutto dell'educazione cattolica (nota mia, così come il finto altruismo) e io non voglio rinunciare a un bel niente. :-(


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Re: Giorgio Gaber

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La "routine" è uno dei mali più frequenti che minano il matrimonio: vivere continuamente accanto alla stessa persona, costretti a fare e a dire le stesse cose oer giorni ... per anni può sfaldare anche l'amore più vero. :-(
Però è bello stare insieme per il piacere di essere in due e non costretti dall'abitudine. Alla base di ogni unione riuscita ci deve essere, per me, il rispetto dell'altro; costringere il coniuge a recitare la parte che gli si addice socialmente mi pare illogico, quasi disunmano. Se invece ciascuno realizza l'idea che ha di sé stesso, tutta la famiglia godrà di un sereno equilibrio e sarà dissipato, prima di nascere, quel clima così frequente di nervosismo represso che è sempre sul punto di esplodere.



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Re: Giorgio Gaber

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Noi nostra figlia non l'abbiamo battezzata. Non lo dico come una cosa di cui vantarmi, non ci è proprio venuto. Ad Ombretta ed a me la cosa sembrava assurda, cioè che nostra figlia, appena nata, avesse già il c.d. peccato originale e che, zac! con un po' d'acqua tutto risolto. :D
Per carità, non ho assolutamente niente contro quelli che ci credono: la vita è talmente complicata che ognuno si salva come può: Dio, Maometto, Buddha, a me va bene tutto. A Loro invece no, a quelli che ci credono non va assolutamente bene che due si comportino "come gli viene". Ci hanno fatto una guerra! A parte i soliti ricatti affettivi dei parenti, che purtroppo avevano avuto successo quando si è trattato di decidersi a sposarsi (matrimonio in chiesa, tutto regolare, secondo le convenzioni, maledizione), anche mio fratello, ateo da sempre e che la pensava come me, mi disse che era una decisione di cui potreste pentirvi, perché comunque è una responsabilità. Ma perché, è forse una responsabilità minore quella di continuire a dare ai nostri figli, anche soltanto per inerzia, un'educazione religiosa nella quale noi non crediamo assolutamente? :grr: Come se io non mi ricordassi l'incubo del peccato, la paura del confessore, la vergogna di me stesso, i complessi e gli sforzi disperati per essere "buono". La BONTA' chissà chi l'à inventata!? Che se poi è vero (ed io ci credo) che per poter amare gli altri, bisogna prima di tutto essere capaci di amare noi stessi, non c'è cosa più crudele del cattolicesimo, che ci costringe a non accettarci mai per quel che siamo. :grr:





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Re: Giorgio Gaber

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Questo discorso vale anche per alcuni atteggiamenti della sinistra: gratta, gratta il rivoluzionario e vien fuori il cattolico. :-( Piano, piano dalla mia educazione religiosa mi sono allontanato, sebbene sia convinto che qualcosa rimane a rodere dentro, in un angolino, anche se non me ne accorgo e non posso escludere che un domani, prima di crepare ... la paura, il non si sa mai, tutte le storie che mi hanno raccontato ... Eccolo là, già lo vedo il prete che arriva tutto nero e con tono professionale fa i suoi gesti *magici* sulla mia testa. Che disastro! :D
No, mia figlia non l'ò battezzata e non è successo niente; ora ha otto anni e ogni tanto mi fa qualche domanda. Sì, perché, a differenza di quel che si vuol far credere, a scuola è rimasto tutto come quando ci andavo io: Dio, patria e famiglia. :grr: Io cerco di rispondere con la verità: sono un "povero diavolo" che non sa niente, che cerca di darle più affetto che può e che spera che lei, da grande, contribuisca a creare un modo migliore. :-)

Nota mia, come dice sempre il Grande Luigi Lombardi Vallauri: "La religione dovrebbe essere vietata ai minori di diciotto anni!"

(Giorgio)

(Alice)


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Re: Giorgio Gaber

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La mia generazione ha pagato caro il rapporto con i figli. Loro chiedevano certezze e noi gli proponevamo discorsi. Loro volevano dei modelli adulti e noi ci sforzavamo invece di essere come loro, di vestire, parlare e vivere come loro. Insomma, come vuoi che un figlio ti senta padre/madre se i genitori della nostra generazione si innamorano come ragazzini? Una volta, alla nostra età, padri e madri venivano considerati dei vecchi ed era questo a rassicurare i figli. In parole povere io (come molti) non mi sono assunto mai grosse responsabilità, per fortuna che molto spesso ... ci sono i nonni. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Tutto quello che ho fatto finora è frutto delle mie esperienze personali: non mi piace parlare a nome di altri, fingermi quello che non sono, per il semplice gusto di essere populista. :-( Tuttavia, la società odierna ha operato una tale serie di livellamenti che la mia esperienza può identificarsi con quella di molti altri, a prescindere dai ruoli sociali. Ciascuno di noi vive nella rappresentazione che gli altri si fanno di lui e quindi siamo tutti (almeno un po') malati e contenti. :-( Il nostro corpo non è più capace di un gesto integrale, autentico e quindi è naturale che ... "Anche per oggi non si vola".



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Re: Giorgio Gaber

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Io sono "un cane sciolto" , lo dice anche una delle mie canzoni (nota mia: avevamo parlato sul tema poco prima che venisse ad Empoli per il suo spettacolo e ivi, al momento di attaccare la canzone, mi guardò e mi disse: " ... ascolta". ;) ). Non sto bene da nessuna parte, perché non mi posso nascondere dietro una bandiera e non posso seguirla ciecamente, con tanto di paraocchi. :-( Ce n'è un'infinità di cani sciolti, chiamati anche qualunquisti, che hanno fatto parte di un gruppo o di un movimento e ne sono poi usciti, perché una buona ideaa viene troppo spesso inquinata dall'autorità e dal potere. In questo modo anche la mia critica alla "sinistra" diventa più valida, massime se si tiene conto che sono un uomo di "sinistra". A questo riguardo voglio distinguere gli spettacoli di Dario Fo ed i miei. Dario, che come attore è eccezionale, un uomo di teatro straordinario, ha superato (come lui stesso afferma) il problema del linguaggio teatrale: a lui interessa la tesi da esporre, non come tradurla con i mezzi del palcoscenico. A me invece interessa che il contenuto abbia una sua precisa forma scenica e d'altra parte non sarei mai capace di ... "proporre ricette". ;) Io cerco di offrire al pubblico discussione, non insegnamento. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Penso di essere comunista, ma quel che conta è agire in modo corretto ed io non ho mai dato un colpo al cerchio ed una alla botte. Il pubblico dei miei spettacoli, lo dico con orgoglio, è vario: operai, studenti, impiegati, professionisti, intellettuali e intellettualoidi che tuttavia, se questi ultimi in particolare hanno orecchie buone per sentire, sono dei masochisti a rimanere in sala fino alla fine. :D Rifiuto le c.d. canzoni ideologiche, perché sono quasi sempre brutte e credo che le vere canzoni debbano parlare delle piccole cose, che poi, messe insieme, fanno le cose importanti. ;) Se uno non capisce come sia difficile vivere la propria vita, con tutte le sue meschinità personali, è inutile che si illuda di comprendere le grandi questioni.





Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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lemond
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Re: Giorgio Gaber

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In "Libertà obbligatoria" ci si allontana dallo schema del "recital" francese e mi pare che il discorso sia più continuo e più fluido. C'è anche una tensione maggiore e quindi il pubblico, molto spesso, rimane più angosciato. A me quello che interessa è scuotere la gente: quella che sento più vicina, quella che amo e in cui una parte di me si riconosce, non mi importa nulla di mettere "alla berlina" Fanfani o Agnelli. Non voglio compiacere il pubblico, non voglio che si senta gratificato e si scarichi facendosi quattro risate contro la D.C, per finire (magari) con una bella canzone in cui si dice che il popolo alla fine trionferà e quindi tutti a casa tranquilli e coscienti. ;) I mie finali non possono essere positivi, né, tantomeno, trionfalistici. Se rappresenti la realtà non puoi dare alibi a nessuno, altrimenti da lì non si esce. :grr:
Quando canto "Si può" mi riferisco alla nostra situazione individuale che mi sembra tragica: abbiamo illusioni di libertà che molto spesso non tengono conto che l'io sta andando in pezzi. E' molto importante che ognuno si guardi ogni tanto e tenti di riconoscersi, al di là del documento di identità che ha in tasca. ;) Individuo significa, per etimologia, indiviso e mi pare che la situazione stia sempre più peggiorando. :grr:



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Re: Giorgio Gaber

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"I reduci" non è una canzone provocatoria, anzi è molto dolorosa, molto fredda. Ero assolutamente coinvolto nelle tematiche di "Libertà obbligatoria", non ero più un osservatore esterno. La mia storia era diventata quella degli altri, per cui i reduci era anche la mia canzone. L'esperienza, tutta di testa, crea un'illusione di cambiamento che poi non c'è. Il viaggio è proprio un esempio di ciò: illusione di cambiamento e di esperienza che ti arricchisce. Quando torni a casa con il mondo negli occhi e dici: "Come sono cambiato", in realtà non lo sei affatto. Il viaggio non è un mezzo di crescita, anzi, il più delle volte è un momento edonistico, di puro piacere, il che non vuol dire che non bisogna tentare di muoversi. Per me è giustissimo il tentativo, la ricerca di una nuova esperienza, ma dannosissima e frustrante è l'illusione che una piccola esperienza ti cambi. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Io tento ... nei due milioni di parole che dico ogni sera ci sono dentro duemila intenzioni. Credo che se anche uno imparasse tutto a memoria, non saprebbe mai tutte le mie intenzioni. E' molto importante il doppio aspetto dei miei testi: razionale ed emotivo, anche se io privilegerei quest'ultimo. Questi due lati esistono e ognuino ha la sua diversa capacità di percezione, quindi più che discorsi teorici, faccio uno spettacolo dal forte impatto emotivo. Il fatto che certe cose sfuggano è normale, anche se Luporini ed io ci preoccupiamo sempre della chiarezza. Ci sembra fondamentale e non vogliamo essere "snob" sul piano del linguaggio. Comunque la percezione dello spettacolo va intesa in senso globale, quindi emotivo e razionale.



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Re: Giorgio Gaber

Messaggio da leggere da cauz. »

non l'avrei mai detto... ma arrivo pure io a scrivere su questo thread...
solo perchè i miei (geniali) amici de La Morte han realizzato questo, e lo condivido con lemond che e' l'unico fan di gaber ch'io conosca :)
https://soundcloud.com/lamorte-1/morte- ... strato-dal


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Re: Giorgio Gaber

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cauz. ha scritto:non l'avrei mai detto... ma arrivo pure io a scrivere su questo thread...
solo perchè i miei (geniali) amici de La Morte han realizzato questo, e lo condivido con lemond che e' l'unico fan di gaber ch'io conosca :)
https://soundcloud.com/lamorte-1/morte- ... strato-dal
A me non si apre. :-(


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Re: Giorgio Gaber

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In "Libertà obbligatoria" ci sono diversi omaggi a Pasolini, un grande provocatore. Avevo letto quel suo articolo in cui diceva che non c'era differenza fra un giovane di sinistra ed uno di destra. Un discorso tremendo, violentissimo, che causò le ire di quasi tutti. Ricordo un altro suo articolo su quant'era bella l'Italia del fascismo. La lettura superficiale di questi articoli mandava in bestia chiunque, però tutti li leggevano con grande interesse, perché di quel tipo di provocazioni c'era/c'è un gran bisogno. Pasolini era una voce isolata che tentava di dare un apporto reale, senza seguire l'onda, anche se a volte con un certo gusto dell'effetto. Pensava con la propria testa e prendeva anche degli abbagli, non amavo tutto di lui, ma amavo il suo modo di comportarsi politicamente. Dai suoi scritti traspariva un impegno estremamente serio, non di maniera, non conformistico e molto emozionante. Molto spesso P.P.P. affrontava tranquillamente rischi molto grossi; si esponeva pur di dare dei contributi reali. La massificazione di cui parlava adorno, lui la chiamava omologazione culturale.



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