Giorgio Gaber

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Re: Giorgio Gaber

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Il collegamento più naturale della paura si ha con la Smorfia, dove W. Reich, Céline e Francoforte si saldano insieme. Siamo al patologico indotto, sistematico e pian piano stiamo arrivando al cancro; intanto, qui, in ogni smorfia, l'uomo muore.





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Re: Giorgio Gaber

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Prima di arrivare al "Cancro" c'è però forse la più grande densità di teatro-canzone mai raggiunta dagli autori. I partiti, Le elezioni, Il tennis, Quando lo vedi anche, L'America e Si può rappresentano un serie difficilmente eguagliabile, per qualità e carica emotiva d'impatto. Il "troiaio" della corsa al "centro" dei partiti non potrebbe essere più divertente e inquietante di come è descritto: il compromesso DC-PCI è la punta di una rincorsa al potere che muove ormai ogni soggetto, ogni nuova formazione, col risultato che naturalmente governano sempre gli stessi, da sempre.



Dunque può arrivare l'idillio della domenica elettorale. :-), un capolavoro di delicatezza surreale, beckettiana: il rovesciamento, in una parola, del mito democratico.



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Re: Giorgio Gaber

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Poi si torna a Marcuse e Adorno ed alla loro lotta contro la massificazione, perché in quegli anni tutto sembrava confluire in una sola situazione: la perdita del soggetto, della propria individualità nella massa che tutto ingloba. E la moda dilagante, sull'onda di una storica coppa Davis italiana di Panatta e Bertolucci, è il tennis. E addirittura, racconta un amico di Giorgio: " C'eravamo dentro anche noi, perché Lui ci costringeva ad alzarci alle sette del mattino per aggiudicarci un campo negli impianti sportivi alla periferia di Milano. Giocavamo dalle 9 alle 11 con grandissimo impegno, perché Gaber non accettava di perdere senza aver dato l'anima.

, ma soprattutto


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Re: Giorgio Gaber

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In quegli anni, forse per la prima volta, ci si rende conto di essere liberi, ma in modo fasullo. Allorché tutti i miti, a cominciare da quello sessantottesco, si sono offuscati, bisognerebbe andare alla ricerca di una libertà autentica, di tipo nuovo, che sia uno spazio personale, ma che coinvolga anche gli altri. Insomma Giorgio non vuole la "libertà obbligatoria" che si può sintetizzare nel "Ma come, con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di cambiare!? ", bensì una libertà autentica che porti ad una rivoluzione culturale e non a quella della "Coca-cola".



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Re: Giorgio Gaber

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Attenti però a non trasformare l'America in un alibi: la minaccia non è fuori, ma dentro di noi! Ripetono i due: c'è la necessità di non dare sempre la colpa del male agli altri (che troveremo anche nel Dilemma) in tempi (quelli) in cui la società veniva ritenuta responsabile di tutto, come se ci fosse sempre da trovare una causa nemica, mentre magari una mattina uno si alza e senza saperlo, si trova davanti una società senza borghesia, senza classi, senza padroni ... e nella m.... più di prima! :-) E il "Cancro" arriva a questo punto a suggellare tutto il grandioso percorso ideale dell'intiero spettacolo. Sembra un epitaffio, davvero l'ultima parola dicibile, eppure ...



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Re: Giorgio Gaber

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C'è un'aria quasi sospesa in quell'estate del 1978. Grandi cambiamenti sono alle porte, dopo l'uccisione di Aldo Moro, lo scandalo Lockheed e le dimissioni del P.d.R. Giovanni Leone. Con il fallimento del movimento del '77 si è chiusa la grande illusione post sessantottina e la cultura giovanile vive già l'era del riflusso. Gaber registra gli avvenimenti e traccia, fra sgomento ed ironia, una prima analisi della situazione, tirandose, se possibile, ancora più fuori che in "Libertà obbligatoria", dopo che invece, ci avevano creduto quasi "in toto", fino ad arrivare ad usare il *noi*. Ma la voglia di cambiare la vita si era trasformata in politica di bassa lega ed era addirittura nato un partito! Polli di allevamento è insomma una dichiarazione di "amore cessato". :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Le piccole scoperte quotidiane non aiutano certo a cambiare opinione: la sera del 30 giugno 1976 al Parco Lambro c'era stata l'ultima edizione milanese del festival del proletariato giovanile, organizzato da Re Nudo. Il raduno ha richiamato una grande folla, ma il clima è molto diverso da quello dell'edizione precedente e quando Gaber arriva per la serata di chiusura, si accorge di aver di fronte una copia deformata di quello che avrebbe doviuto rappresentare, perché l'immagine che offriva non era di aggregazione, di voglia di stare insieme, ma piuttosto di un'umanità abbandonata, "buttata lì per terra". Quei giovani che dovevano rappresentare il domani, sembravano fregarsene di tutto e di tutti e Giorgio ha continuato per parecchio tempo a visualizzare quelle immagini: una fra tutte, la tecnica dell'esproprio proletario quella volta testata sul furgone della carne congelata, depredato dei polli ed utilizzati per giocare al calcio fra una "performarce" e l'altra. :-(



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Re: Giorgio Gaber

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Nei giovani, secondo Gaber, non c'è più la voglia di costruire il nuovo, ma solo l'intendimento di "ardere" qualcosa di vecchio, ma non è la stessa cosa! Per le strade e nelle piazze non si parla più della vita, alcuni scelgono strade prettamente "politiche", altri prendono posizioni di tipo misticheggiante. Chi vuol cambiare è invece proprio lui ed anche per questo decide di affidare l'arrangiamento dei nuovi brani all'amico Franco Battiato, perché se si rimane così non saremmo tanto diversi dai piccoli borghesi che offrono champagne e fanno i generosi.



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Re: Giorgio Gaber

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Proprio in quel periodo si sviluppa un importante dibattito fra Giorgio e Franco Battiato da una parte con Andrea Valcareghi a proposito della cultura occidentale "versus" orientale. I primi erano piuttosto radicati nel proprio mondo, perché, se pure Franco amava le culture asiatiche e la meditazione a cui spingevano le letture di Aurobindo e Yogananda, prendeva con fermezza le distanze dalla moda imperante e si trovava sulla stessa "lunghezza d'onda" di Giorgio quando cantava



Da parte sua, Andrea risponde che il suo Oriente non era quello dei Beatles, bensì la scoperta di Osho che, in sintesi, si può definire come: "Cambiamo la nostra vita, prima che questa cambi noi". Non ci poteva essere una rivoluzione collettiva senza, prima, quella individuale e non aveva vissuto il post Sessantotto come un fallimento e quindi non si riconosce negli "sconfitti" dei



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Re: Giorgio Gaber

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Con "Libertà obbligatoria" si era chiusa una fase e con il nuovo spettacolo se ne stava aprendo un'altra: Lo spartiacque era la delusione provata nei confronti della politica, specialmente quella organizzata dal movimento extraparlamentare che, proprio in quei tempi di riflusso, costringe ad un impietoso "redde rationem". A dieci anni dal Sessantotto che cosa era cambiato?

Solo :-(

ma forse tutto si risolverebbe se



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Re: Giorgio Gaber

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Il Settantasette oltre ad aver esaurito la spinta ereditata dal ' 68 non offre sbocchi, se non di violenza in tutte le salse (non solo "politica"). Milano viveva in continuo "stato d'assedio" per manifestazioni varie, ma anche rapine nei cinema e nelle pizzerie e la gente faceva fatica ad "uscire di casa". C'è appunto che reagisce tremando



e chi invece pensa che ci si possa difendere da sé

http://www.giorgiogaber.org/index.php?m ... turnid=228


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Re: Giorgio Gaber

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Il decadimento del presente spinge a giudicare con occhio diverso i modelli in precedenza rifiutati "tout court", ossia ad indagare se ci fosse invece qualcosa di buono nel vecchio. Criticare le generazioni passate è sempre stato un "classico", però, guardandosi indietro, qualcuno potrebbe scoprire di avere avuto uomini integri quali genitori, mentre noi lo siamo :?:




Forse no, perché dopo tutto abbiamo comprato ai nostri figli bici da cross e giochini giapponesi. :-)



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Re: Giorgio Gaber

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Insieme agli oggetti, al potere c'era la "febbre del sabato sera" dal titolo del film che suggella le discoteche come fenomeno di costume e di massa, ma neppure in questo caso c'è da stare allegri!



I toni sono amari, sarcastici ed il pubblico deve per forza guardarsi dentro, dopo tutte quelle invettive liberatorie, cantate con tanta nitidezza, dove il ritmo incalzante della canzone smaschera così lucidamente le contraddizioni delle persone e delle cose.


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Re: Giorgio Gaber

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La regia, per allentare la tensione prevede anche alcune parentesi comiche





ed invece della clava talvolta si usa il fioretto



Le donne naturalmente pensavano il contrario, si sentivano già pronte a cambiare: tutte donne nuove. Calma, dicevano i due: "Ce ne vuole ancora di tempo."


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Re: Giorgio Gaber

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Polli di allevamento è in calendario nella stagione 1978-79 ed a Milano arriva il 21 novembre e la coda è impressionante. La ribalta è scura, con solo un fascio di luce. Tutto quel nero fa capire che siamo nell'intimismo esistenziale e aver parlato tanto di "progresso" e di "storia", per taluni è già una provocazione. E MIlano si rivela una piazza difficile e se il primo tempo "fila liscio", il secondo agita gli animi già con



ma si raggiunge l'acme (con fischi ed urla, che cresceranno di sera in sera) con



Arrivano a lanciargli palline di carta igienica e monetine, oltre che insulti.

Giorgio però non reagiva: restava in scena e si presentava dritto, sul bordo del palco, per recitare il breve monologo finale.


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Re: Giorgio Gaber

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Anche a Roma la situazione non è molto diversa, si percepisce un clima, più che di ostilità, di critica rancorosa, del tipo: "Ma come, ci spari alle spalle?" G. e L. usavano il pungolo per non cadere nell'assuefazione, ma costoro si arrabbiavano, perché non capivano. Era finita una fase, perché i due mettevano in scena una violenta accusa d'inerzia su certe posizioni. E i giovani per otto mesi hanno risposto con parolacce, sputi etc. ed io, dice Giorgio, pensavo: sono pazzo ad andare in giro a "suicidarmi". Ma ormai mollare sarebbe stata una vigliaccata e dovevamo arrivare alla fine della stagione, anche se recitare mentre ti fischiano e parlare di cose che il pubblico non vuole sentire è un sacrificio enorme. Ma è proprio in questi casi che bisogna fare qualcosa, dire una parola, una parola qualunque che non sia scritta nel copione! E Giorgio, rimasto fedele a questo, rimaneva a bocca spalancata e silente: "Un urlo senza voce".


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Re: Giorgio Gaber

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Anni affollati

Aveva detto e ridetto che si sarebbe fermato, che avrebbe fatto cose diverse, perché gli sembrava che un ciclo fosse finito, ma poi la passione riprende il sopravvento e le sue dichiarazioni cambiano tono: "E' un momento di accumulo, sto immagazzinando ... fra un po' si riparte". ;)
Ed ecco che solo alcuni mesi dopo i due autori sono di nuovo "in pista", e non solo in sala con questo spettacolo, ma anche, prima con ben due l.p. e mezzo: Pressione bassa, Anni Affollati e quello stranissino oggetto che fu Io se fossi Dio, un 33 giri inciso su di un solo lato con il brano fiume omonimo (quattordici minuti) che Gaber si autoprodusse, visti i contenuti scottanti.
In ogni modo è vero che tutta un'epoca si è ... e non tornerà; ed Anni affollati muove proprio da questa certezza, ma con l'immediata conseguente necessità d'interrogare il tempo presente rispetto al pericolo percepito di una mancanza di senso di marcia. :!: :?:


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Re: Giorgio Gaber

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Salgono dappertutto il disgusto e l'infelicità, sale la paura, aumenta la marea del dissenso, si stanno rompendo tutti gli argini, come poteva Giorgio continuare a "cullarsi" nel suo isolamento e, prima di Anni affollati accetta l'invito della RAI di tornare sul palcoscenico con un recital che rappresenti il bilancio di dieci anni di carriera, che dovrebbe essere mandato in onda in prima serata sul primo canale. Un evento, ma non è stato semplice dire di sì e lo spiega lo stesso protagonista in una conferenza stampa:" Per dieci anni ho parlato con il pubblico, che decideva di dialogare con me. Era un rapporto privilegiato per me e per gli spettatori ... Oggi non si può tagliar fuori "a priori" chi vuol continuare questo dialogo (seppure in forme diverse) e quindi la TV venga e registri in diretta quello che sto preparando." Sono 12 giorni di repliche sul palco del lirico di Milano in cui è riassunto tutto ciò che ha mantenuto una propria attualità e come raccontarlo in TV a chi non mi conosce? Si tratterà di farlo rivivere teatralmente, di fare in modo che le telecamere, con una presenza discreta, si mettano a spiare quanto avviene in Teatro. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Anni affollati si può considerare il primo progetto teatrale di Gaber in cui a prevalere è la discontinuità dei capitoli che lo compongono e forse non è un caso, se è vero che ciò che sta più a cuore ai due autori è evidenziare una crisi totale, che lascia sul campo brandelli ideali d'ogni sorta e nulla a cui aggrapparsi con fiducia. Si comincia con la canzone omonima, che è un riassunto di tantissima frenesia degli anni Settanta, con una sensazione di sollievo, però: gli anni affollati sono già passati ;) e forse possiamo ripartire.



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Re: Giorgio Gaber

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E' il primo monologo a individuare, comicamente, nell'effimero la caratteristica principale di quei giorni iniziali degli anni ottanta ... Come sempre ce n'è per tutti, anche per il grande critico d'arte Federico Zeri. :) Quello che è subito chiaro è che Giorgio non ha smesso la ricerca e che la sua tensione è ancora e innanzi tutto morale. La cifra dello spettacolo è, più che mai, questa urgenza, anche se è altrettanto evidente che non si sa più bene da dove cominciare.

"Il presente"
Credo sia giunto il momento di parlarvi del presente. Per i filosofi il presente non esiste, si sa. E forse hanno ragioneperché sicuramente c’è il passato e c’è il futuro. E il presente sarebbe fatto da un po’ di passato e da un po’ di futuro. Fatto sta che quando uno dice: "Ora"… è già dopo, o prima! Chiaro! Mica tanto, insomma. Volevo dire ‘prima’ si stava male, ‘ora’ siamo messi mali. Alcuni degli amici più cari sono un po’ scoppiati, altri si illanguidiscono in sane ginnastiche corporali. In Parlamento c’è n’è uno, tutti gli altri sono in galera! E allora? Non c’è più l’interlocutore? No signori. Dimenticavo i più geniali, siamo qui, noi, i migliori. Intendo dire tutti coloro che sono riusciti a togliersi di dosso la pesantezza di qualcosa che ingombra per dedicarsi allo smitizzante. Sì, perché di fronte all’idiozia dei vecchi moralisti preferisco vedere l’uomo di cultura che si fa fotografare nudo su un divano a fiori. Eh sì, per questa sua capacità di saper vivere il gioco. Sto parlando insomma di quelli veramente colti che con sottile ironia hanno riscoperto l’effimero. Ecco che cos’è il presente: l’effimero. E devo dire che per della gente come noi che non crede più a niente è perfetto. Basta lamentarsi! La cosa più intelligente da fare è quella di giocared’astuzia con i segnali del tempo. Ma attenzione, eh. Perché tra l’avere la sensazione che il mondo sia una cosa poco seria e il muovercisi dentro perfettamente a proprio agioesiste la stessa differenza che c’è tra l’avere il senso del comico e essere ridicoli. :D


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Re: Giorgio Gaber

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Come pezzo cantato "Non è più il momento" rappresenta per i due autori il biglietto da visita degli anni ottanta, che Giorgio affronta "di petto", confrontandosi con una realtà da cui ha sempre preso le distanze.



E se in quegli anni forse erano in pochi a pensarla come lui, trent'anni dopo basta una persona normale per pensare che "no, non fa male credere, ma fa molto male ... CREDERE MALE. :-(


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Re: Giorgio Gaber

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E' forse "un metro" prima della disperazione che si arriva a fare i conti con l'Assoluto ed è una prima volta che può destare un certo stupore, dato lo spirito laicista del pensatore Gaber (Luporini ancora di più). Ma la sorpresa è solo superficiale, perché basta ascoltare con attenzione, per capire che il riferimento non riguarda la "*religione*, bensì l'uomo. Insomma, come tante volte si è scritto (d)io ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Qualcuno potrebbe dire che c'è un'invocazione alla necessità di Dio, ma si sbaglia, perché si tratta di un dio-laico, che si potrebbe tradurre in un ideale politico, comunque e però da inventare.L'imperativo principale è tenersi lontano da ogni ideologia, che d'altra parte i Nostri già avevano respinto negli anni e nelle esperienze precedenti. Essi guardano al sociale, perché i partiti o questo o quel governo non riescono davvero a sanare quello sfascio che è il mondo. L'unico cambiamento possibile è quello dell'uomo: solo partendo da lì si può cambiare la politica. e lo ribadisce, tra il sarcasmo e la nostalgia, "Il ritratto dello zio" che svela una piccola-grande verità: l'uomo, nella profondità del suo animo, può essere migliore delle sue idee.



P.S.

Ne parlai con Giorgio, più di una volta, sul perché una canzone così bella non aveva mai "trovato posto" in uno spettacolo e ... non lo sapeva nemmeno lui. :D


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Re: Giorgio Gaber

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Il primo tempo si chiude in crescendo, si potrebbe, meglio, dire che termina ;) in quanto la canzone è "Al termine del mondo" che non manca di colpire l'ascoltatore abituale per alcune nuove acquisizioni, che si riveleranno poi decisive negli anni Novanta: "C'e sempre qualcosa che sfugge alla ragione del presente, persino l'esattezza e la potenza del sistema le abbiamo viste come un mito, probabilmente esagerato."




E' già il superamento de "Il cancro", oltre che di tanti luoghi comuni. Non è affatto poco, l'analisi va precisata, ma non è certo questo il momento di lasciare, perché l'uomo, proprio in fondo al suo fondo, resiste.


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Re: Giorgio Gaber

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Gaber si fa sempre più ardito nel riaprire alla speranza collettiva, anche se i musicologhi sostengono che in questo spettacolo i testi sovrastano del tutto le fragili composizioni armonico-melodiche, in un risultato, per dirla con lui, "troppo di testa". Però ci sono due momenti introspettivi cantati che resteranno duraturi nel tempo, ma che si situano su un piano diverso (meno politico) rispetto all'intiero contesto. Cominciamo con il primo.



La forza di Giorgio musicista è condensata in questa pagina, che attesta la sua grandezza d'autore e compositore, amche al di là dell'intervento puntuale sulle cose del mondo.


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Re: Giorgio Gaber

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Al termine del mondo c'è ancora (per l'uomo che non dispera) un sentimento privato e preciso di un possibile bene-essere (anche se illogico) e c'è poi una "fratellanza", un abbracciarsi fra estranei nella continuità riconosciuta di nascita-morte-rinascita (da non confondersi con la favola di pasqua). Con Gildo si vuole appunto illuminare il senso di autentica solidarietà umana, là dove è più forte e palpabile la comune sofferenza. Ed il punto di partenza è l'amore, molto meglio se disinteressato. ;) E' questo, secondo l'autore [da non confondersi mai con una qualsiasi religione :-( ] il mistero del sentimento umano, che trova proprio, a partire dalla pena e dall'esperienza dei disagi, una chiave d'accesso al "non senso" dell'esserci, ma di volerci stare, per condividere il viaggio, anche da fermi. ;)



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Re: Giorgio Gaber

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Nel secondo tempo, tutto è incentraro su due brani, fra i più importanti in assoluto di Giorgio e, per il resto, si può parlare dell'ironia intorno alla vita normale della domenica mattina



oppure la cattiveria montante, a livello individuale de l'Anarchico

o, iifine, l'omaggio a Borges nel "Sosia", con un testo capace di tratteggiare un IO che si è fatto in quegli anni affollati ancora più diviso e irriconoscibile. :-(


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Re: Giorgio Gaber

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"Il dilemma" è una gemma intiera. Fluida ed enigmatica al tempo stesso, riassume dieci anni di meditazioni sull'amor coniugale da parte degli autori, forse mai come in questo caso tanto narrativi e visuali, pittorici. Se si sono visti i quadri di Luporini forse può stupire meno l'ambientazione precisa e suggestiva della vicenda. Sono lì, soli in una spiaggia non certo turistica, soli fuori dal mondo, alle prese con un dilemma. E forse intorno hanno una primavera che vuol rappresentare l'inverno shakespeariano, quello del nostro scontento. Quale sia il dilemma vien detto subito, ma siamo solo all'inizio ...
Là con loro due, giunti nel luogo in cui le nostre domande e le nostre reciproche angosce possono uscire dal silenzio e rivelarsi; stiamo dunque per capire, ma che cosa se per continuare a esistere nell'amore, i due si infliggono la morte? (segue)



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Re: Giorgio Gaber

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Date le innumerevoli discussioni e interpretazioni che il brano ha suscitato, possiamo chiedere aiuto ai "Minima moralia": "La società borghese insiste sempre e dovunque sullo sforzo della volontà; solo l'amore deve essere involontario, pura immediatezza del sentimento ... Se l'amore deve rapppresentare una società migliore, non lo può fare come un'oasi pacifica, bensì come resistenza consapevole. Ma la resistenza esige proprio quel momento di arbitrio che i borghesi, per cui l'amore non sarà mai abbastanza naturale, gli vietano rigorosamente. Invece amare significa proprio saper impedire che l'immediatezza sia soffocata ed in questa fedeltà l'amore si media in sé stesso. Non ama se non chi ha la forza di tener fermo l'amore. Il sentimento supera la prova decisiva nella durata, sia pure come ossessione. L'ordine della fedeltà, che la società impartisce per motivi suoi, è strumento di illibertà. ma è solo nella fedeltà che la libertà si ribella all'ordine della società." (segue)



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Re: Giorgio Gaber

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Così, dopo le comuni tentate e le Marie, Le Beatrici e le Laure incontrate e amate sulla strada, Gaber e Luporini approdano a quella che sarà l'intuizione finale sull'amore a due, sulla sua superiorità etica, innanzitutto, insieme però alla fedeltà a sé stessi, scandalosa anche nella sua durata. E' innanzi tutto il rifiuto di fare dei nostri corpi e sentimenti qualcosa di assimilabile a merce d'uso e di scambio. Il tener fermo l'amore originario è ciò che può somigliare ad una morte, nello svanire della passione, mentre la "non resistenza" è la pulsione/tentazione/obbligo imposto dall'esterno, di continuare a consumare "ad libitum". Ma al di là dei significati, delle interpretazioni più o meno azzeccate, resta la forza simbolica del momento musicale che evoca ed incontra il canone del classico, cristallino e imperituro, quello sì.



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Re: Giorgio Gaber

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L'aver concluso l'intiera stagione di repliche precedente a questa con un pezzo quale "Quando è moda è moda" ha, se possibile, liberato ancora di più l'autore ed è forse proprio l'aver subito un profluvio di critiche ed insulti per la "tracotanza" di essersi elevato ad arbitro giudicante, l'aver sentito distintamente e continuamente il "chi ti credi di essere, Dio?", che fa scattare, magari dapprima per gioco, la voglia di emetterlo d'avvero il proprio personalissimo giudizio universale.

Io, se fossi .. e io potrei anche esserlo, se non non vedo chi.

Si apre così, con l'ennesima battuta smitizzante di sé, la canzone che rappresenta un altro "unicum" nella nostra storia culturale. Il punto di partenza è il clima di bambagia che ci ammorba, nel quale non c'è traccia di alcun furore: i peccatori hanno colpe di poco conto, ma ciò non è meno grave agli occhi di un dio che non concepisce separazione fra cuore e potere. (segue)

http://video.libero.it/app/play?id=1ea3 ... 5498dfe183


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Re: Giorgio Gaber

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Gaber aveva condiviso e illuminato le rabbie e i no, insieme alle proposte, di tutta un'area di sensibilità che non si era riconosciuta nei partiti, che invece ormai sono giunti a dominare i bisogni e le spinte individuali, non permettendo loro di esplicarsi al di fuori della "linea". E questo non piace ai due autori: le bandiere rosse, insieme a quelle bianche, in piazza San Giovanni, per il delitto Moro sono la conferma del dilagare della partitocrazia al posto della democrazia. Proprio l'uccisione del capo D.C. ha definitivamente rinsaldato il potere o, per meglio dire (con Pasolini) il Palazzo. :-( (segue)



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Re: Giorgio Gaber

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Lemond eccoti una cosa che t'interesserà
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05 ... re/108763/


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Re: Giorgio Gaber

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desmoblu ha scritto:Lemond eccoti una cosa che t'interesserà
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05 ... re/108763/
Grazie Desmo, di Harari ho già acquistato "L'illogica utopia", sempre edita da chiarelettere: un'autobiografia per parole e immagini. Codesta, da quel che vedo, è invece una raccolta, tratta dagli spettacoli di Giorgio.


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Re: Giorgio Gaber

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Siamo di fronte alla sua rabbia migliore, esempio dell'essere contro tutti quelli che si trovavano a proprio agio nell'effiro plastificato della "nouvelle vague" degli anni Ottanta. In questo caso il signor G, è profondamente sé stesso: uomo etico, perché in cerca di una morale, uomo politico, perché insofferente alla retorica della messa in scena del politicamente corretto e uomo d'amore, perché capace di giudizio, ma anche di perdono, se è vero, come sostiene Adorno che "solo l'estrema lontananza sarebbe davvero la vicinanza".

http://www.facebook.com/pages/Io-se-fos ... 4471069076


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Re: Giorgio Gaber

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Il debutto è a Cesena il 17 ottobre 1981, ma, subito dopo la prima, Giorgio decide di rivedere la scaletta. Non lo convince la scelta di aver collocato la sua lunga, rabbiosa invettiva alla fine del primo tempo. Il pezzo è talmente incalzante e coinvolgente, che esaurisce già alla fine del primo tempo tutto il potenziale dello spettacolo. Pertanto la sostituzione era obbligatoria ed "Io se fossi dio" è inserito nel secondo tempo, seguito soltanto da "L'attesa", che, per il suo testo e l'atmosfera musicale, si rivelava perfetta nel creare un ... Essa infatti tenta di descrivere l'oggi come un momento di pausa attenta, non passiva, perché da un momento all'altro le cose potessero rivelarsi. Attesa dunque della fine del mondo o di un nuovo rinascimento? Una specie di solitudine del sentire che ci spinge oltre e ci fa credere che gli anni affollati sono proprio conclusi e soprattutto ... non invano.



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Re: Giorgio Gaber

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Ma anche se gli anni affollati sono finiti, Gaber continua la sua ricerca di tutto ciò che è stimolante dal punto di vista del pensiero, per esempio , verificare quale tipo di suggestione emotiva si possa creare attraverso il dialogo con il pubblico, cambiando angolazione. E' il percorso che lo porta a scrivere (insieme al solito Luporini) un testo da mettere in scena con Mariangela Melato "Il caso di Alessandro e Maria". Già la scelta del titolo è particolare: A. è il nome per esteso del coautore e rimanda ad una serie di situazioni autobiografiche, anche se trasfigurate e rialaborate; Maria è invece il simbolo degli anni passati, ma anche dei più recenti. ove ritorna il tema del credere o no. Nel senso nell'usare la testa, riuscendo a dubitare sempre un po', avvicinarsi e poi allontanarsi per poter vedere meglio, da una prospettiva più giusta. ;)


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Re: Giorgio Gaber

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Quello del "Caso di Alessandro e Maria" è uno sguardo sulla coppia e sulla disillusione di una generazione. Due ex sessantottini, dopo varie esperienze, hanno interrotto il loro percorso di vita in comune e lo rievocano attraverso dialoghi. Per il signor G. l'inedita esperienza di condividere un suo lavoro con un altro personaggio sulla scena. Il testo prevede un sottotitolo: "Sonata per violino, violoncello, pianoforte e due voci recitanti". Gaber, che cura la regia, ha voluto sul palco un trio di musicisti che accompagna i protagonisti con brani di Bach, Bartok, Beethoven, Schubert, Strauss e Ravel. E' uno spettacolo pieno di amore, un amore che prende tante forme, anche quello dello sbranamento reciproco, perché è impossibile non dilianarsi quando si vuole andare fino in fondo alle cose.



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Re: Giorgio Gaber

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L'avvicinamento al teatro di prosa è una diretta conseguenza della mancanza di interesse che G/L hanno cominciato a nutrire nei confronti del sociale. E' Gaber che propone il testo, dopo aver già pensato alla Melato come co-protagonista. E Luporini: "La sentivamo molto vicina la nostro modo di essere e decidemmo di andare a Roma da Mariangela per leggerle il testo". Ma occorse del tempo perché l'attrice dimostrasse tutto il loro entusiasmo per quell'ipotesi di donna: carnale, passionale, meno schizoide di quanto poteva sembrare nella prima parte. Naturalmente c'è una notevole componente autobiografica e infatti si avvertono frequenti rimandi alla crisi ideologica ed esistenziale, coincisa con il crollo di tanti ideali fra i quarantenni di allora. Il centro dei due atti è comunque la coppia e Gaber non sostiene che la famiglia è morta, ma non è più quella di prima, né patriarcale, né nucleare; bisogna inventarne un'altra.



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Re: Giorgio Gaber

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In "tour" da ottobre 1985 con "Io se fossi Gaber", il signor G. stavolta non è più solo sul palcoscenico, ma accompagnato da una "band" che suona dal vivo (un ritorno ai tempi del "Dialogo"). Un cambiamento che ha offerto a Gaber stimoli nuovi, un rinnovato entusiasmo a calcare le scene e riscoperto il gusto per la musica. Per questo motivo ha pubblicato anche un 33 giri, curato come mai in passato dal punto di vista dei suoni, sfruttando la possibilità di strumenti come il "Fairlight", una tastiera straordinaria; il protagonista è Mark Harris, ottimo pianista ed insieme mago dell'elettronica. Velati, dietro un enorme schermo di tulle, un tessuto semitrasparente, i musicisti assecondano Giorgio nelle canzoni e scompaiono durante i monologhi, grazie ad un uso sapiente delle luci. Il risultato è che la solitudine dell'interprete sulla scena non viene messa in discussione, ma corretta da presenze umane che ne ammorbidiscono l'angosciato isolamento.


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Re: Giorgio Gaber

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donchisciotte ha scritto:Guarda, a me pare chiarissimo cosa sia di destra o di sinistra. Poi che, per esempio, il PD spesso e volentieri dica e sostenga cose non di sinistra, non significa che, con questo, non si sa più chi è di destra e chi di sinistra.
Ecco, secondo me il P.D. è proprio l'esempio della confusione estrema fra destra e sinistra, proprio per la sua nascita ha dovuto mischiare tutto e, non a caso, l'emblema è stato rappresentato da Prodi, anche se questo non c'entra niente con Gaber

E' come con i segnali stradali, si capisce la freccia cosa indica.
Non mi sembra così semplice, perché altrimenti devi spiegarmi ch significa la freccia di Di Pietro e Grillo, per me (e te) :arrow: :?: , ma le indicazioni ufficiali ...
Tutti questi con la puzzetta sotto il naso che vogliono mischiare motivazioni di destra ( la difesa del privilegio, del profitto, il perbenismo feroce, la religione confusa con il perbenismo e con la gerarchia della chiesa, il patriottismo becero o l'invenzione della piccola patria a difesa del proprio portafoglio, la chiusura alla diversità dell'altro ecc.), con le motivazioni di sinistra, unificandole in un generico ridimensionamento buffonesco, fanno un'operazione di destra.
E Gaber fa questo, forse per giustificare a se stesso di avere una moglie, cantante finita ,che si ricicla come deputata berlusconiana.
Scusa, ma se scrivi questo, è evidente che tu non hai mai assistito ad una spettacolo di Giorgio, perché se c'è una persona che ha sempre lottato contro la difesa di ogni privilegio, che ha cercato di smascherare il perbenismo peloso, che ha visto la religione come qualcosa altra da sé e la chiesa come un baraccone, il patriottismo come uno schema predefinito per coprire tante cose etc. è proprio Giorgio e, se vuoi, ma lo sto già facendo, ti posso fornire tutti gli elementi che si trovano nella sua opera. La storiella poi della moglie arriva dopo vent'anni e non incide minimamente nel modo di vedere le cose. Proprio nella canzone in oggetto, ad es. si prende in giro gli stereotipi, e si fa capire come da sempre la gente di questo paese vive per il conflitto e prende tutto come un buon pretesto per fare divisioni: l'ideologia come mezzo per creare la propria identità, tramite la diversità dall'altro.


Ripeto, a me pare chiarissimo cosa è di sinistra, vedo uno smarrimento nella tattica e nella strategia, non in quello che connota le cose.
Quelli che mischiano le carte, alla Gaber, non li sopporto. Tutto qua.

Se questo fosse vero, sarei affatto d'accordo, ma non lo è, prendi ad es. è invece Dario Fo, grande artista, peraltro, ma che fa di tutto per indottrinare chi lo ascolta ed è proprio chi proprone slogan e parole d'ordine non modificabili a servirsi del gioco delle tre carte, non chi invece lascia allo spettatore la possibilità di ragionare con la propria testa.

P.S.

Comunque se proprio vuoi prendere una sola canzone quale paradigma del gaber-pensiero, ti consiglio, invece di "Destra e sinistra", una un po' meno ironica, del tipo "Io se fossi Dio".


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Re: Giorgio Gaber

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Di Pietro e i grillini sono di destra. Solo in Italia, in questa visione distorta della realtà,il PD è fatto da comunisti e grillini e di poetro sono di sinistra. Il PD è un partito di centro, niente di più e Grillo con Di Poetro e tutta l'antipolitica qualunquista sono di destra.
Su Gaber, che ammetto di non conoscere bene: la canzone destra e sinistra mi dà fastidio, il fatto che non abbia preso le distanze politiche dalla moglie mi dà fastidio. Vedrò di approfondire le altre canzoni e, particolarmente, quella che mi segnali ma parto prevenuta.
Ti ringrazio, comunque, della pazienza e della competenza che metti nella voglia di condividere le cose belle che ti interessano e appassionano. Leggo sempre anche se non ho molto tempo per rispondere sempre, ma apprezzo molto.


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donchisciotte ha scritto:Di Pietro e i grillini sono di destra. Solo in Italia, in questa visione distorta della realtà,il PD è fatto da comunisti e grillini e di poetro sono di sinistra. Il PD è un partito di centro, niente di più e Grillo con Di Poetro e tutta l'antipolitica qualunquista sono di destra.
Su Gaber, che ammetto di non conoscere bene: la canzone destra e sinistra mi dà fastidio, il fatto che non abbia preso le distanze politiche dalla moglie mi dà fastidio. Vedrò di approfondire le altre canzoni e, particolarmente, quella che mi segnali ma parto prevenuta.
Ti ringrazio, comunque, della pazienza e della competenza che metti nella voglia di condividere le cose belle che ti interessano e appassionano. Leggo sempre anche se non ho molto tempo per rispondere sempre, ma apprezzo molto.
Grazie di tutto, perché ho tremato abbastanza in attesa della tua risposta. Tu sei una di quelle persone che ammiro e vorrei conoscere in "carne ed ossa". Spero che ci sia, prima o poi, l'occasione. Ciao, Carlo


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Re: Giorgio Gaber

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La chiarezza dei termini, l'assoluta esattezza del loro significato sono il punto di partenza del nuovo spettacolo, che i due autori avrebbero voluto intitolare "A come Albero", proprio per indicare la necessità di ridefinire il significato delle parole, se non vogliamo finire per non far capire niente. :-( Il titolo che prevale poi gioca con l'eco, non ancora spento, del clamore suscitato con "Io se fossi dio", ma la rabbia del signor G ha lasciato il posto ad altri sentimenti. Ora i discorsi sono un po' meno diretti e c'è un senso di minor appartenenza ad una razza, perché, se questa non esiste più, sarebbe patetico. Ed allora il tema che pare più urgente è definire qualche concetto, ad es.


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Re: Giorgio Gaber

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La massa, dicevamo, è la canzone simbolo di tutto il percorso sotteso allo spettacolo, peraltro abbastanza controverso, già a partire da una recitazione concitata, quasi frenetica. La sequenza che innerva il brano restituisce a effetto l'avvenuta omogeneizzazione di percorsi individuali e collettivi, ormai difficilmente distinguibili, drammaticamente massificati, appunto. E il monologo: "La vestizione" può divertire proprio a partire da questa consapevolezza.



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Re: Giorgio Gaber

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Le denunce e i timori espressi approfonditamente in Libertà obbligatoria, sono entrati ora nei riflessi, persino incoscienti, di ciascuno di noi. Già nel riuscito brano d'apertura "Io e gli altri" assistiamo al fatale coincidere di soggettivo e oggettivo: lo stesso sguardo sulle code del mondo conduce ad una completa identificazione con il fenomeno osservato, senza più distane critiche possibili. Somo i "favolosi" anni ottanta ... è arduo per chiunque in quel momento eleborare un discorso organico, davanti a tanta disgregazione individuale.



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Re: Giorgio Gaber

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Seguo con interesse, stupita e ammirata dalla tua passione, quasi mi convinco che qualche canzone non è male, provo a vederlo senza i miei pregiudizi su di lui. Solo che adesso, da Lerner su La7, sta parlando la moglie: Stalingrado d'Italia, i rom, solita robaccia.
Sarò terra terra e non capirò, ma come faceva a stare con questa? A parlarci la sera, a sentire omaggiare Berlusconi. Come faceva? Spiegamelo con parole semplici perché io davvero non capisco.


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lemond
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Re: Giorgio Gaber

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donchisciotte ha scritto:Seguo con interesse, stupita e ammirata dalla tua passione, quasi mi convinco che qualche canzone non è male, provo a vederlo senza i miei pregiudizi su di lui. Solo che adesso, da Lerner su La7, sta parlando la moglie: Stalingrado d'Italia, i rom, solita robaccia.
Sarò terra terra e non capirò, ma come faceva a stare con questa? A parlarci la sera, a sentire omaggiare Berlusconi. Come faceva? Spiegamelo con parole semplici perché io davvero non capisco.
Le storie d'amore sono quasi sempre complicate, talvolta stupende , qualcuna un po' meno ed incentrata soprattutto sul proprio io, come quelle che hanno per oggetto la mistica religiosa (vedi moltissime suore), altre che si fondano sull'unica certezza: l'esaurirsi inevitabile, reciproco, d'ogni amore.
All'interno si può trovare anche il caso di Giorgio ed Ombretta: erano molto giovani (e belli, come tutti gli eroi nell'immaginario collettivo ;) ), poi, pian piano, i percorsi della vita li hanno cambiati, ed è rimasto soltanto quell'affetto reciproco che procura comunque una frequentazione pluriennale. Giorgio poi è la persona più tollerante che abbia conosciuto (ho cercato sempre di prendere lui ad esempio per questa caratteristica, poco frequente negli umani ;) ) ed ha lasciato che lei facesse tutto quello che pensava la potesse appagare, senza interferire, anche se lui ha sempre detto: "Non temo Berlusconi in sé, bensì il berlusconi in me!" :twisted:


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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desmoblu
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Re: Giorgio Gaber

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Che però suona un po' facile, un po' neoterico. Come dire. il problema non è B., è altro...l'importante è che io nel mio piccolo....
λάθε βιῶσας , e cioè lathe biosas, vivi nascosto.
e invece no:
io temo berlusconi in sé per quello che ha fatto, fa, farà e potrebbe fare (a un intero Paese e a me) E temo berlusconi in me.
Viviamo in un'epoca in cui la dimensione personale è schiacciata compressa annullata, in cui le libertà personali sono alienate in nome di ideali e 'beni comuni' completamente falsati o inventati. Non ci si può più rinchiudere nella nostra torretta, non ci è più permesso.
Le mie critiche a Gaber, soprattutto all'ultimo Gaber, restano in piedi.
Esattamente come le critiche al De André ormai a pancia piena, in jeans e mocassini sorridente in Sardegna.
Il che, poi, fa sì che si rilegga tutta la vita (e l'opera) di un autore in base alla sua vecchiaia. Meccanismo forse sbagliato, ma non così tanto: il De André in realtà borghese che cantava di proletari e cavalieri (talvolta con il termine 'letame': m'è parsa sempre snob, come espressione) portava con se', in potenza, quello che sarebbe stato compiutamente da vecchio. Un borghese appagato.
E Gaber?

(ps. non te la prendere, ma non credo nei profeti ;-) ..a parte, forse,Jimi Hendrix)


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lemond
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Re: Giorgio Gaber

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[quote="desmoblu"]Che però suona un po' facile, un po' neoterico. Come dire. il problema non è B., è altro...l'importante è che io nel mio piccolo....
λάθε βιῶσας , e cioè lathe biosas, vivi nascosto.
e invece no:
io temo berlusconi in sé per quello che ha fatto, fa, farà e potrebbe fare (a un intero Paese e a me) E temo berlusconi in me.

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Credo sia questa l'interpretazione migliore che si possa dare al pensiero di Gaber sull'argomento, grazie.

Viviamo in un'epoca in cui la dimensione personale è schiacciata compressa annullata, in cui le libertà personali sono alienate in nome di ideali e 'beni comuni' completamente falsati o inventati. Non ci si può più rinchiudere nella nostra torretta, non ci è più permesso.
Le mie critiche a Gaber, soprattutto all'ultimo Gaber, restano in piedi.

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E perché? L'ultimo Gaber è come il primo, aiutato in questo dall'anarchico Sandro, che non gli avrebbe permesso mai di "imborghesirsi" 

Esattamente come le critiche al De André ormai a pancia piena, in jeans e mocassini sorridente in Sardegna.
Il che, poi, fa sì che si rilegga tutta la vita (e l'opera) di un autore in base alla sua vecchiaia. Meccanismo forse sbagliato, ma non così tanto: il De André in realtà borghese che cantava di proletari e cavalieri (talvolta con il termine 'letame': m'è parsa sempre snob, come espressione) portava con se', in potenza, quello che sarebbe stato compiutamente da vecchio. Un borghese appagato.
E Gaber?

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Di De André conosco solo le canzoni, quindi non ti saprei dire, ma su Gaber puoi tranquillamente prendere il periodo che vuoi, dal 1970 e non troverai appigli di sorta. Solo la moglie, ma per me la cosa è indifferente, perché la mia è talmente perbenino che più non si può (non riesce a dire mai male di nessuno e, per lei, i difetti si devono chiamare aspetti) mentre io amo, più discutere (confronta l'etimo) che dialogare  :twisted: , ma lei (grazie anche a Giorgio) mi sta bene così com'è.  ;) 
]

(ps. non te la prendere, ma non credo nei profeti ;-) ..a parte, forse,Jimi Hendrix)

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Io non me la prendo (mai o quasi), ma invece credo nei profeti, naturalemnte non nel senso religioso del termine, perché codesti sono solo portatori di sventura.  
:evil:


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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