il_panta ha scritto: ↑domenica 15 marzo 2020, 16:03
Visto che è stato un tema di cui si è parlato molto, scrivo le mie riflessioni sul tema "attività motoria e coronavirus".
Il dcpm dice che è consentita l’attività fisica effettuata all’aperto purché svolta in forma individuale o nel rispetto delle distanze di sicurezza. I passaggi chiave sono i seguenti.
- Nel decreto dell'8 marzo si dice che nelle zone rosse (al tempo non ancora tutto il paese) bisogna "evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita' o spostamenti per motivi di salute."
- Nel decreto del 9 marzo si dice che tali misure sono estese a tutto il paese e si specifica che (articolo 1, punto 3d) "lo sport e le attivita' motorie svolti all'aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro."
- L'attività motoria rientra nelle situazioni di necessità, come riportato nei canali ufficiali della polizia di stato.
- L'andare in bicicletta rientra nell'attività motoria, come dicono il Ministero della Salute e l'OMS.
Tramite un semplice sillogismo, l'andare in bici è concesso, senza limiti territoriali: notare infatti che il vincolo comunale non esiste, per nessuna attività, è un'invenzione dettata da ignoranza. Per farlo, bisogna comunque certificare la necessità. Spiego in fondo come farlo.
D'altro canto, nelle linee guida dell'Oms per la mitigazione delle epidemie non è prevista la sospensione delle attività motorie all'aperto e a distanza, nello specifico anche proprio dell'andare in bicicletta. Evidentemente l'organizzazione mondiale della sanità valuta il rapporto benefici-rischi in positivo.
Si parla a volte di responsabilità, perché farsi male in bici significa gravare su un sistema sanitario al collasso per un proprio vizio. Si dovrebbe invece evitare l'uso dell'auto, dato che gli incidenti gravi legati all'uso della bicicletta derivano quasi sempre dall'utilizzo di auto. E non da oggi, da sempre. Un'altra obiezione riguarda la risposta del sistema immunitario all'allenamento. E' vero che dopo un allenamento intenso o lungo il sistema immunitario ha una finestra temporale in cui è indebolito, ma è altresì vero che un'attività fisica lontana dal proprio fisiologico incrementa la risposta del sistema immunitario, a differenza dello stare chiusi in casa, che la deprime.
Il buon senso suggerisce di proseguire l'attività fisica, evitando lavori di qualità o uscite lunghe, privilegiando giri che aiutino a spezzare la monotonia e a prendere aria, di cui il corpo e la mente beneficiano, magari limitando le uscite alle giornate di sole in cui non si prende freddo e a fasce orarie in cui poche persone sono in giro (ma rimane una scelta personale). Io mi fido più dell'OMS che dell'opinione di chi non è del mestiere e grida allo scandalo per una passeggiata in bicicletta in strade poco trafficate. Le occasioni per limitare il contagio sono altre: ad esempio suggerirei di non andare a fare la spesa al supermercato, e di andare nei piccoli alimentari. Queste sono le scelte che fanno la differenza, pur muovendosi all'interno della legalità.
Come fare in pratica per non incorrere in sanzioni? Avendo la polizia sui suoi canali ufficiali (canale Instagram, per la precisione) inserito tra le situazioni di necessità le "comprovate esigenze primarie non rinviabili" e avendo specificato come esempio di queste proprio "l'attività sportiva e motoria all'aperto purché a distanza di almeno un metro", sui moduli di autocertificazione dove c'è da barrare va barrato "situazioni di necessità" e sotto bisogna compilare "attività motoria all'aperto, garantendo la distanza di almeno un metro, come da DPCM del 9 marzo, art. 1, punto 3d."
Senza fare l’azzeccagarbugli, e confermando che il sovrapporsi di provvedimenti, spesso scritti di fretta e quindi male, ha creato interpretazioni differenti, a me pare che la visione giusta dal punto di vista giuridico sia un po’ diversa.
Le disposizioni del DPCM dell’8 marzo individuavano delle zone, da cui non era possibile uscire, se non per giustificati motivi. Ma gli stessi giustificati motivi dovevano sussistere per muoversi all’INTERNO delle predette zone. Siccome si parlava di Lombardia come zona, in teoria, se non per giustificati motivi, non si doveva uscire dalla regione, per chi vi risiedeva e al cui interno si muoveva; e per un po’ di tempo (poche ore, in pratica) l’interpretazione era stata proprio quella. Lo stesso valeva per le altre zone individuate, che però erano molto più ristrette.
Comunque già il 9 marzo il nuovo DPCM estendeva i provvedimenti del vecchio Art. 1 a tutto il territorio nazionale; veniva confermata la possibilità di svolgere attività motorie all’aperto con distanza di almeno 1 metro, nel DPCM precedente riservata al resto di Italia, non compreso nelle zone “rosse”. Quindi il dettato del vecchio Art. 1 rimaneva in vigore, con l’aggiunta/modifica, al comma 1, della famosa lettera d), che prevedeva anche la sospensione dei campionati, ecc.
Ne consegue che la zona rossa/arancione ora sia tutta l’Italia, e che quindi l’evitare di spostarsi se non per giustificati motivi sia da osservare in TUTTI i casi, anche all’interno del proprio comune, cosa che effettivamente succede da qualche giorno.
Rimangono da stabilire i confini di applicazione della lettera d), che personalmente terrei separati dai giustificati motivi, non a caso definiti nella lettera a).
Ora, un’interpretazione possibile, e mi pareva anche l’unica sostenibile, era che per evitare di “infrangere” la lettera a), l’unico modo per fare attività motoria fosse quello di stare “nei pressi” del proprio domicilio, al limite non necessariamente all’interno del proprio comune (avevo fatto l’esempio del parco di Monza, accessibile da diversi comuni; comunque ora chiuso). Chiaro che però stia vincendo l’interpretazione per cui quel “nei pressi”, visto che nessuna norma ne stabilisce il kilometraggio, debba ormai considerarsi il proprio comune.
In altre parole, spostamenti dovunque solo in caso di giustificati motivi; sport solo nel proprio comune.
Mi verrebbe difficile sostenere, dovessi essere fermato a Sesto Calende, anche in monopattino (per usare ancora una volta un esempio di mezzo di trasporto simpatico in luogo della bici
), ma ancor di più ovviamente a piedi, di essere lì per giustificati motivi.
Personalmente, siccome trovo poco interessante e produttivo fare giri dell’isolato in bici, per ora mi sono limitato ad un paio di brevi passeggiate in tuta. E in quei casi non mi porto dietro l’autocertificazione, visto che l’attività è consentita “di per sé” dalla norma. Invece ne tengo una copia in macchina, dovessi essere obbligato ad usarla per emergenze (ospedale, farmacie lontane da casa, altre urgenze di vario tipo, ecc.).