Sperando in una discussione franca e sinceramente appassionata chiedo a voi, che vorreste tutelare coloro che non accettano scorciatoie, di suggerire come questa tutela potrebbe avvenire in termini fattivi. E soprattutto vi chiedo su che base si potrebbe garantire sulla loro pulizia, senza ricadere nel soliti disastri alla prima positività a sorpresa. Non basta "piangere per le vere vittime" del doping. Come non renderle ancora vittime?
La mia opinione l'ho espressa in termini fattivi, ora a voi.
BenoixRoberti ha scritto:Piaccia o meno, purtroppo il doping ha fatto parte a pieno titolo della storia di questo sport e la coscienza collettiva odierna non è la stessa di quella di trenta anni fa. La presenza del doping nella storia di questo sport va accettata sul piano storico e compresa nella sua dimensione storica e storicizzata per uscire con dignità e senso pratico fattivo da questo incubo. Una dignità che altri sport non ci riconoscono dall'alto di una ipocrisia che scricchiola sempre più.
Replico invece all'ultima affermazione.
Se tu discuti di questi argomenti con distacco ed insofferenza (da delusione) e senza una reale sincera curiosità positiva ed esprimendo opinioni immodificabili, convinto del triste destino inevitabile del ciclismo, risulta difficile un reale confronto.
Il fatto che già nel 2005 si parlasse del passaporto biologico non significa che sia uno strumento vecchio, superato e da archiviare.
Lo strumento in sé è utile e si potrebbe farne davvero tesoro; se poi gli uomini lo utilizzano per altri fini non è il passaporto biologico a fallire.
Bisogna anche, purtroppo o per fortuna, essere realisti. Non si può creare una lega dei "puliti", ove possano correre solo corridori puliti e certificati, per la semplice ragione che quella certezza non è raggiungibile con gli strumenti odierni a patto di spiare gli atleti 24 ore su 24.
Non credo nelle fughe in avanti in assenza di reali fattibilità delle cose. Ed in tal caso credo sia preferibile approcciare il tutto nell'ottica della riduzione del danno.
E' l'unico approccio che ha prodotto ad oggi reali e concreti risultati.
Il passaporto biologico non è uno strumento definito, è un metodo di lavoro e di osservazione che va affinato ed i cui sviluppi scientifici potrebbero stravolgere in positivo, se utilizzato con lungimiranza, le politiche dell'antidoping dell'immediato futuro, cosa che renderebbe totalmente superato nel merito il tuo modello repressivo (due, tre, quattro anni di squalifica). Se uno rimane fermo sinché i valori non rientrano nella norma (non parlo di esami gazzosa) non significa che uno resta per qualche giorno, significa che gli si impedisce di utilizzare un motore truccato e magari perché quel motore torni normale saranno necessari sei, dieci, dodici mesi.
Assurdo proseguire nella ricerca della sostanza, operazione che ha dei costi assurdi, che va a tutto vantaggio delle aziende farmaceutiche e comporta la disputa di battaglie perse in partenze per il gap irriducibile fra guardie e ladri, ancor più dal momento che il doping diverrà genetico.
Il passaporto biologico va affinato e reso più ricco con il collecting di sempre maggiori informazioni e tracciamenti.
L'approccio a tutela della salute non è banale, non è demandato fideisticamente al "buon cuore" dei medici delle squadre (anche se quello sarebbe auspicabile), bensì collegato al quadro sanitario ed orientato al passaggio da una applicazione repressiva ad una preventiva.
In tal modo il deterrente sarebbe fortissimo per il corridore, perché sino a che i parametri non rientrino nella norma, lo stesso non potrebbe rientrare in gara, senza sapere quando quello avverrà. Il monitoraggio, sempre più capillare, rende veramente arduo sgarrare senza ritegno. Già solo questi rischi di sforare hanno ridotto drasticamente i pericoli estremi per la salute che i corridori correvano una decina di anni fa.
Il quadro non è idilliaco ma è certamente in evoluzione positiva e lo sarebbe ancor di più se al posto dell'attuale vertice Uci avessimo una dirigenza onesta e sinceramente interessata a perseguire uno sport più pulito e soprattutto più a tutela dei corridori, della loro salute fisica (protezione dal doping) e della loro salute psicologica (protezione dal tritacarne dei media più fognosi).
Il ciclismo moderno non è forse il massimo dello spettacolo e molti aspetti fanno arrabbiare (pure me, puoi leggere i miei post al riguardo), ma a mio avviso commetti un errore a credere che tutto il "tic e tac" ciclistico sia dovuto al doping.
Il quadro non è idilliaco, sarebbe un errore crederlo e soprattutto propagandarlo, ma certamente oggi si può dire che statisticamente è più tutelata la salute di un ciclista WT o Continetal Pro rispetto ad un calciatore, un rugbysta od un cestista Nba, soprattutto nel medio lungo periodo e questo mi fa dire che il ciclismo deve essere orgoglioso dei passi avanti compiuti dai suoi attori principali: i ciclisti.
Il tempo sarà magnanimo e generoso di verità.
Felice ha scritto:Tu hai scritto: "...colpendo Saiz per educare gli altri..." Cosa vuol dire questo? Se io dò una randellata a te per far vedere agli altri che sono grosso e forte e che quindi gli altri si devono piegare ai miei voleri perché altrimenti sono randellate pure pur loro, tu non ti considereresti forse una vittima?
E se si dice "derubato la licenza a..." cosa vuol dire? A mio modo di vedere chi é stato "derubato della licenza" sono tutti coloro, dotati di talento o meno, che hanno deciso di appendere la bicicletta al chiodo quando si sono resi conto che per andare avanti bisognava farsi estrarre sacche di sangue per poi re-iniettarsele al momento giusto, riempirsi di ormoni neanche fossero vitelli, sottoporsi a terapie come se fossero malati giunti alla fase terminale. Loro sono le vere vittime del sistema. Gli altri, siano essi essi i grandi capi di Aigle, i medici, i dirigenti, i manager, i DS delle squadre e i ciclisti, sì pure loro, i ciclisti stile Armstrong, Basso, Ullrich, Riccò & C. sono tutti complici del sistema. Al limite, si salvano i poveretti, stile Manzano, quelli che si rovinano la salute per un tozzo di pane...
Ps. Vi prego discutiamo senza snobismi di questo tipo:Winter ha scritto:Come non esser d'accordoFelice ha scritto: Penso che ci sia consenso sul fatto che c’è penuria di campioni. Ci sono senza dubbio molte ragioni di ciò, non voglio semplificare. Ma una di queste ragioni è senz’altro il fatto che molti, una volta accortisi di ciò a cui dovrebbero sottostare, preferiscono lasciar perdere e cambiar mestiere. E che costoro sarebbero stati necessariamente dei brocchi, mi permetto di dubitarne.
Se guardiamo l'attuale stagione U23 - Elite italiana.. i due dominatori sono Zordan e Benedetti
Uno da Junior andava da Lazzaro (ed è stato allontanato dalla sua squadra.. da campione d'Italia) , l'altro viene da una squalifica di due anni per i fatti del Giro Bio
Domando a chi vuole meno repressione ecc , bisogna dargli una chance per farli passar pro ?
Io dico di no
Intanto pero' quelli che non vogliono star a certe regole smettono
e i vari Quadranti (3 volte sospeso in un anno) , Ricco' (4-5.. ecc) , per vie traverse , passano o son passati pro
Tra uno Junior senza preparatore e uno seguito da Lazzaro o Cecchini , chi avra' piu' margine ?
Felice ha scritto:É vero che ormai seguo queste cose in maniera piuttosto distratta...
in particolar modo quando si lancia il sasso, mettendo in dubbio la volontà cristallina degli altri.Felice ha scritto:Anch'io non ho tempo da perdere e mi dispiace di essermi lasciato in questa inutilissima discussione.
E' auspicabile che voi possiate mettere in dubbio (stress test) alcuni punti di una politica preventiva e non repressiva improntata alla riduzione del danno, ma è inaccettabile che si muovano dubbi sulla onestà intellettuale di chi rifiuta una politica repressiva, ventilando complicità ideali con i dopatori o facendo credere che si fa questo per arrivare ad un sistema che "liberalizza nei fatti le pratiche dopanti e preclude una carriera a coloro che non vogliono lasciarsi manipolare il proprio corpo".
Questo non è accettabile ed è la morte di ogni confronto.
Se poi ci si ribella ad una etichetta di questo tipo:
allora scatta la fuga in avanti ed il talebano sono diventato io.Felice ha scritto: Vedi, secondo me, la principale differenza tra la posizione mia e la tua è il centro d’interesse: a te stanno a cuore gli attori del sistema attuale. Ne osservi e ne studi il comportamento, analizzi i rapporti di forza, la struttura di potere.
Io ho rispetto ed interesse per il vostro pensiero, che voglio analizzare nel dettaglio, ma non potete banalizzare il pensiero di chi rifiuta strumenti repressivi, che in molti crediamo siano funzionali al sistema stesso, sistema CHE TUTTI (NOI E VOI) VOGLIAMO CAMBIARE.
Fiducioso di essere stato esplicativo