matteo.conz ha scritto:Tutto questo per dire in fin dei conti che la mia sensazione è che non corrano ad armi pari per vari motivi.
Ma ad armi pari, se si accetta che i ciclisti si dopino, è impossibile che corrano.
I 150 corridori del plotone hanno 150 sistemi biologici che reagiscono in modo differente (con scarti trascurabili o rilevanti a seconda dei casi) a qualsiasi stimolo che ricevono (allenamento, ore di sonno, alimentazione, situazione famigliare, doping ecc.).
Anche dopandoli tutti alla stessa maniera, con le stesse quantità, non correranno mai ad armi pari. Perché ad esempio chi ha 43 di ematocrito a riposo dall'attività agonistica trae un beneficio diverso dall'utilizzo dell'EPO rispetto a chi possiede un 48.
Di conseguenza mi trovo a ribadire un mio cavallo di battaglia che prevede due opzioni:
a) si condanna il doping in ogni sua modalità non accettando alcun compromesso e senza fare distinzione tra sostanza x, sostanza y, posologia z, posologia t. In questo modo sono tutti ad armi pari, per davvero.
Sarebbe la cosa sacrosanta da fare, non fosse altro che c'è l'enorme inconveniente del fatto che il doping viaggia sempre diverse spanne avanti rispetto a qualsivoglia sistema di controllo. Il ché porta direttamente alla seconda opzione:
b) si accetta che il doping sia una variabile del tutto accomunabile alle altre relative alla preparazione. Così, come c'è che si allena meglio; mangia meglio; si riposa meglio, c'è anche chi si dopa meglio senza farsi beccare.
Si accettano altresì le regole antidoping vigenti. Chi viene beccato positivo a una sostanza, o sfora nel passaporto biologico, è giusto che venga squalificato (non a vita). Si tratta di una gestione errata della variabile doping da parte del corridore, come chi sbaglia il ciclo di allenamenti e arriva fuori forma alla gara x. E' senza dubbio una situazione di disuguaglianza, ma se qualcuno ha in mente un opzione in cui viga uguaglianza su questo fronte sono molto interessato a sentirla (in particolare Winter, che sull'argomento dà sempre spunti interessanti).
Per inciso, non può essere quella di legalizzare il doping. Significherebbe firmare la condanna a morte per un numero non trascurabile di professionisti, che si spingerebbe ad estremi devastanti per la salute pur di migliorare le loro prestazioni.
Possono essere criticabili quanto vogliono, ma antidoping e passaporto biologico stanno mettendo un buon argine per contenere situazioni di doping estremo. Non fermano certo il doping, ma un minimo di tutela della salute in più verso il corridore c'è sicuramente.
Tutto questo per dire che trovo fastidiosissimo quando si parla di carro-armati e cavalleria per intendere che uno si dopa di più rispetto a un altro. Perché significa arrivare ad un punto di non ritorno in cui non è più possibile godersi le gare senza paranoiche ipotesi di gomblottismo.