Prendo spunto dalla discussione nata da un mio post di ieri sulla stratosferica vittoria del british JTL (non è un acronimo motoristico, ma Jonathan Tiernan Locke) nella seconda frazione del Giro dell'Alto Var.
Alle perplessità anche del buon Winter avevo replicato ironicamente con questo post:
post duramente mazzolato, non senza ragione dal suo punto di vista (ci mancherebbe), dalla Laura:alfiso ha scritto:Sai che ti dico? Mi è venuto in mente un sinistro personaggio (niente di politico, partitico almeno) che qualche mesetto fa disse a Luigi Perna de La Gazzetta, qua a Milano. Alla domanda:
Significa che la Vecchia Europa ha perso la supremazia?
rispose:
«I Paesi di tradizione storica come Italia, Francia e Spagna devono svegliarsi, se non vogliono restare indietro. Curare i dettagli, applicare nuovi metodi di preparazione con l'aiuto delle Università: il doping è finito, non è più la strada per migliorare le prestazioni».
C'è chi pensa il contrario: che il declino sia dovuto al fatto che ci siano più controlli e inchieste della magistratura rispetto ad altre Nazioni.
«Per niente. Non lo accetto. Ci sono più inchieste in Europa perché ci sono più problemi. Ma in Gran Bretagna e Australia le agenzie antidoping sono altrettanto forti. E i controlli uguali dovunque».
Vien da ridere perchè Perna non aveva minimamente sfiorato nella domanda, o semplicemente alluso a stranezze nell'antidoping di Gran Bretagna ed Australia.
Gallo che canta ha fatto l'uovo
viewtopic.php?f=2&t=288&start=50#p47871
Zome gli replicò così:
Ieri mattina, di buon’ora come capita sempre, anche di domenica, i lettori di Gazzetta si sono trovati a leggere un’intervista diffusa a Pat McQuaid, il presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale. Certe battute son proprio esilaranti ... “Italia, Francia e Spagna devono svegliarsi se non vogliono restare indietro: curare i dettagli, applicare nuovi metodi di preparazione con l’aiuto delle Università….” magari del Regno Unito, sua patria. Come dire: cari Gianni Petrucci e Renato di Rocco, sveglia! Ma per piacere…le Università dedite a trasformare gli atleti dei propri Paesi in bandiere di populismo sono conosciute da almeno un secolo. Pat, ma per piacere…giù le mani dal Giro e dalla Vuelta e dai rispettivi movimenti nazionali di cui sono l’iceberg."
http://ilsegnodizom.gazzetta.it/2011/12 ... -e-vuelta/
Tutto torna
Pure la classifica "anglissima" di Rojo spiega bene le cose come vanno in questo periodo. Aspettando Wiggins e Froome a Parigi, il Cav nel West End e tutti i pistard nell'East End. Poi magari pure a Valkenburg. I bilanci di Londra devono tornare, almeno in oro olimpico.
Spesso è capitato che qualcuno facesse la "caccia alle streghe" a qualche corridore, magari per ragioni di mero tifo o idiosincrasia ad esso correlato. Purtroppo il ciclismo ama farsi male da solo, lo sappiamo bene.Laura Grazioli ha scritto:Meno male che c'è Alfiso che riesce a spiegare in così poco tempo 20 anni di lavoro della Gran Bretagna per arrivare ad alti livelli nel ciclismo, un lavoro fatto di centri territoriali locali, di tecnici internazionali e di fiducia nel ciclismo. Gli italiani continuano a dormire sugli allori del "noi si che eravamo forti" e siamo rimasti indietro: svegliamoci!
Ieri abbiamo assistito ad un evento a mio avviso eccezionale, sia per il valore relativo iniziale del corridore in questione, tesserato per un valido team, ma pur sempre continental, sia in termini assoluti per la dimensione della prestazione, con il corridore che in dieci giorni ha umiliato squadre WT e relativi campioni.
Qua il video della prova di ieri: http://www.dailymotion.com/france3coted ... oId=xottur
Aveva dato un primo assaggio della propria superiorità nella penultima salita, sull'ultima ha fatto qualcosa di incredibile, di stratosferico.
Questo corridore in questo momento dovrebbe correre in una WT perchè il suo valore è assoluto e la gara di ieri poteva essere tranquillamente considerata un antipasto di Fleche Wallonne, per percorso e starting list (Gilbert, Voeckler, Visconti, ecc. ecc).
Ebbene il suo essere britannico, unito a quella prestazione, mi ha portato a fare la "caccia alle streghe" non tanto verso lui, ma nei confronti di un qualcosa di più complessivo, di britannico. A tanti è parso incredibile, oggettivamente notevole e più che rilevante l'affiorare di ottimi corridori britannici su strada nell'ultimissimo periodo, nonostante il fatto che il loro vivaio di base non abbia nemmeno lontanamente i numeri delle altre potenze (o impotenze) europee.
Quando qualche anno fa assistevamo alle prestazioni di Riccò ad inizio stagione i maligni non lesinavano frecciate, anche in funzione delle chiacchiere sul suo passato dilettantistico. Ma Riccò è italiano.
Ecco, questo è il cuore della mia polemica e del mio "complottismo":
- gli italiani ed il doping conclamato
vs
- i britannici ed il doping impossibile per cultura superiore.
Lo considerate piagnone e nazionalistico? Giusto, ci sta il dubbio. Allora argomentiamo un poco.
Il mio discorso nasceva da un post di qualche tempo addietro viewtopic.php?f=2&t=288#p27249
ed era una reazione ad una intervista vergognosa rilasciata da McQuaid nel 2010:
http://www.sportspromedia.com/notes_and ... dont_work/
dove il ciclismo anglosassone risulta essere per definizione e garanzia offerta del Lord esente culturalmente dal doping.
Questa intervista è una delle migliori sintesi del Lord-pensiero, che oggi è molto più schiscio nel manifestarsi nei suoi interessi, salvo quando deve bacchettare i mafiosi italiani e spagnoli, come avvenuto con l'intervista concessa a Perna della Gazza, in cui si tradisce interpretando "male" una domanda in cui l'intervistatore chiedeva altro:
viewtopic.php?f=2&t=288&start=50#p47871
intervista che venne duramente stigmatizzata da Angelo Zomegnan:
http://ilsegnodizom.gazzetta.it/2011/12 ... -e-vuelta/
I suoi interessi gravitanti attorno ai team anglosassoni (Sky in testa, di cui la famiglia gestisce in esclusiva il merchandising in Irlanda) ed alle Olimpiadi di Londra sono decisamente evidenti e fortemente ambiziosi. Si potrebbe giustamente dire "che c'entra un irlandese con Uk?".
E' vero, storicamente non dovrebbe "c'entrarvi" nulla, anzi, ma la pace anglosassone nel ciclismo è cosa acquisita, quasi come come i business.
Orbene, dove sta la caccia alle streghe? NON C'E' NULLA DI COMPROVATO, nessuna pistola fumante, nessuna mano fotografata nella marmellata. E' vero, ci sono solo egnali e sensazioni, intuizioni e interpretazioni! Sono "complottista" ok, ma non ipocrita.
Tutto sta solo in alcuni segnali e nelle sperticate attestazioni di cieca fiducia che McQuaid ripone, a prescindere, nel ciclismo anglosassone tout court.
Io credo che il prodotto "ciclismo anglosassone" sia protetto dal presidente Uci esattamente come il suo predecessore protesse il prodotto "Armstrong".
E non parlo solo di protezione antidoping, parlo di un contesto più generale che NON riguarda la volontà dei singoli atleti. Gli passa sopra.
Per spiegarmi meglio cito un caso dell'atletica, che può avere alcune affinità e spiegare il mio modo di vedere la faccenda.
La Iaaf (federazione internazionale di atletica leggera) era retta nel 1987 (lo era dal 1981 se non erro) da un grande presidente italiano, grande movimentista, affabulatore un poco maneggione all'italiana (per passione), che aveva portato l'atletica al top dell'interesse collettivo mondiale (coi Grand Prix) ed il mondiale romano con gli spalti dell'Olimpico colmi all'inverosimile doveva rappresentare il lancio nell'iperspazio dell'atletica dei records anche in Italia e fare magari concorrenza al calcio (poi venne Seul 88 con Johnson).
Ebbene, in un moto di impeto di crescita (al 99% di passione, comunque), si arrivò all'assurdo di taroccare la misurazione del salto (in lungo) di Giovanni Evangelisti, fatto che gli assegnò il bronzo. Poi lo scandalo della giuria corrotta emerse ed Evangelisti fu declassato di una posizione.
Nebiolo non pagò, se non con una immagine opacizzata da quella vicenda; chi pagò il prezzo maggiore di quel evento fu l'atleta, la cui carriera resta macchiata irrimediabilmente. In realtà l'unica sua colpa fu semmai quella di aver gioito senza porsi domande. Perchè di certo non fu lui a corrompere la giuria. Ho citato volutamente Nebiolo, perchè italiano, per non apparire nazionalista, ma nel contempo non voglio che il nostro movimento si autofustighi per esterofilia masochistica. Sono certo che il multidisciplinare Slegar avrà altra aneddotica utile.
Io ho la certezza (non della ragione, ma solo una sensazione intuitiva - debole argomento lo so bene) che il prodotto olimpico londinese attenda per il suo successo l'affermazione obbligata dei britannici del ciclismo e che, pertanto, l'intero movimento debba essere protetto per averne un ritorno di sviluppo ed allargamento ciclistico (interesse Uci) nelle isole britanniche e nei paesi culturalmente satelliti. Perchè Nebiolo voleva un'atletica leggera forte e diffusa, mentre McQuaid vuole sì quello, ma anche e soprattutto molto business per sè e soci.
E' un fatto che i 1569 juniores italiani del 2011 hanno allo stato un quarto delle possibilità di diventare professionisti dei loro colleghi inglesi.
Ed in più considerevolmente maggiori possibilità statistiche di essere dopati, per un problema endemico culturale del movimento del nostro Paese.
Ebbene io non sono disposto ad accettare questa realtà triste con le fette di salame agli occhi. IO NON CI STO (cit.)
E' questa osservazione di una realtà inverosimile che mi rende "complottista". NON CI CREDO A QUEI NUMERI perchè:
- non è possibile che il male stia fra Italia e Spagna soltanto;
- non è possibile che i pro inglesi siano così migliori dei nostri su una base così risibile (pochi ma buoni? Mahhh; può valere in pista (lì sì), non in strada, meno is better than più? ... ma dove?)
- non è possibile che i bravi pro inglesi emersi negli ultimi due anni siano così più numerosi degli italiani. Il loro incremento nella classifica Uci è sbalorditivo come JTL.
La buona Laura, che ha onestamente fatto le pulci al mio post, si firma con una frase, una massima che in parte faccio mia:
"Un uomo comincerà a comportarsi in maniera ragionevole solo quando avrà esaurito ogni altra possibile soluzione"
Io, seppur scocciante "complottista", sono più "misericordioso" e non lo penso di ogni uomo, ma di qualche (uomo?) certamente sì. Uno, ad esempio, è quello che sta ad Aigle. Illo, Pat, è colui che finchè non avrà esaurito gli scheletri nell'armadio dei suoi controllati farà il bello ed il cattivo tempo perchè lui, seppur grezzo, sa gestire il potere. Bisogna dargliene atto.
Nella Storia (s maiuscola) ci sono stati vari personaggi di follia "non ragionevole", ben più estremi ovviamente, per i quali valeva quella massima e che ebbero incredibilmente ampio seguito e credito. Troppo facile fare i nomi di Hitler, Stalin e codazzo vario. Esempi ormai lontani oltre mezzo secolo. Penso, in termini relativizzati, a qualcuno di più recente per dire che la storia si ripete.
In questi giorni sto leggendo la storia di Slobo Milosevic. Tutti lo temevano, tutti sapevano chi era, ma ognuno aveva pensato di trarne vantaggio a suo modo, evitando di prendere coscienza del pericolo che rappresentava; andava bene ai serbi perchè consentiva loro un nuovo vigore nazionalistico e riequilibrare dopo decenni sotto il croato Tito, andava bene al presidente jugoslavo Ivan Stambolic che voleva un uomo forte serbo accreditato in Usa (sigh, nel 2000 la polizia segreta di Slobo lo uccise nascondendone i resti), andava bene a sloveni, croati e poi albanesi, che grazie al suo fanatismo poterono far emergere sotto miglior vista le loro aspirazioni indipendentiste, andava bene agli americani perchè aveva studiato economia alla scuola di Kissinger (sigh), andava bene ai russi perchè era comunista e filo-russo più dell'infìdo Tito, andava bene ai cetnici e fascisti serbi perchè era meno comunista e più nazionalista serbo di Tito e andava bene in Europa perchè comprava armi ed in generale le faceva vendere (pure agli avversari). E così via. Solo riferimenti storici lontani ovviamente.
Ok relativizziamo ad un universo inferiore e senza grandi tragedie storiche, relativizziamo sulla gestione del potere nel nostro sport. Il Lord va bene agli anglosassoni perchè li protegge a suo modo, va bene a tipi come Di Rocco ed Adorni che con lui possono avere un incarico internazionale, che se valessero merito e competenza non avrebbero (scelta dei mediocri, dividi et impera), va bene ai francesi che in virtù della loro forza fanno con lui business (con distacco vezzoso alla francese, "brindiamo assieme, voi a birra noi a Dom Pérignon), va bene ai russi (che se serve fanno sentire il rumore della moneta felici del fatto che il Lord adori questa musica russa recente), va bene agli asiatici a cui organizza gare che si fa pagare profumatamente, va bene ad una pletora di peones ("Il futuro del Giro dipende da quel che faremo noi") che in uno sport di radici contadine non sono mai mancati, va bene soprattutto a lui, ai suoi amici ed alla sua famigghia.
A favore ed apprezzamento della cultura anglosassone va detto che è proprio dalla stampa (in realtà informazione online) di quei paesi che giungono le più circostanziate e dure critiche all'operato dell'Uci e del suo presidente in particolare. Sono i blog ed i media anglosassoni quelli che hanno in questi anni fatto domande scomode e riportato pesanti critiche all'operato viziato da conflitti di interesse enormi di McQuaid. Segno di grande civiltà sportiva ed informativa. Non so se le Gazze italiche avrebbero sostenuto il confronto (vedasi il "finchè c'è olimpiade, c'è speranza ... di business", ad esempio).
Pertanto dico che essere vigili è un obbligo, anche rifiutando le mie "tesi complottiste"; per vedere se quelle son corrette, o solo in parte, o semplici puttanate c'è tempo; per adesso basta tenere le antenne ritte ed alzare la paletta dell'alt quando ci sono evidenti vessazioni, mentre in altri casi analoghi "angli" o "yankee" si hanno esiti più "accomodati".
Dalla elezione di McQ ad oggi è stato un continuo crescendo di schifezze, ed hai voglia a parlare di "complottismo" viste le "cassandrate" poi realizzate in una escalation di conflitti di interesse e di decisioni sbalorditive.
La risposta ai tanti dubbi verrà comunque fuori prima o poi (seppur incompleta come la vicenda texana, o scoperta come il caso dei mondiali di atletica, o svelata da qualche inchiesta o libro successivamente) perchè il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
L'unico peccato è che quando escono combine, o corruzioni, o faccende di doping, chi paga il prezzo in prevalenza sono sempre e soltanto gli atleti, anche solo nell'immagine.
Che certe cose escano dopo che il business olimpico sia stato realizzato (biglietti, merchandising, business immobiliari, ecc.) poco frega ai dirigenti.
A quel punto il malloppo è assicurato, il fango schizza solo gli atleti ed al limite lo sport di quelli.
Ad esempio tra i vari e numerosi doping federali, ricordo solo in un caso che dei dirigenti siano stati puniti (anzi mandati a processo, col presidente però assolto): nel caso della squadra di fondo finlandese. E purtroppo di quella vicenda si ricordano sempre solo i nomi dei fondisti (in particolare il povero Mika Myllyläe, che oggi sappiamo essersi suicidato). Qualcuno dirà "era una testa calda". Era tutto complottismo anche quello nei confronti del presidente Jari Piirainen (assolto). Vabbeh, pensiamo allo sport non a queste rotture del passato. Sigh!
Citando Zome:
le Università dedite a trasformare gli atleti dei propri Paesi in bandiere di populismo sono conosciute da almeno un secolo. Pat, ma per piacere…
... Non è adeguata ad un grande qual è il ciclismo la pochezza dei dirigenti
Dall'Uci mi aspetto che un giorno dica: "Non mi preoccupa l'antidoping in sè, mi preoccupa l'antidoping che è in me". Da domani, per il bene del ciclismo, non è più in me. Sarà un gran giorno. PREVENIRE IS BETTER THAN CURARE
Non rosolatemi troppo sul fuoco dell'Inquisizione oggi. Impossibile replicare in 3d del genere con l'iphone. A domani di ritorno.
Siate buoni e misericordiosi.