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lemond
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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XIX

Pertanto, invece di una Russia liberale, filo-occidentale e vogliosa di combattere i tedeschi, ciò che sostituì lo zarismo fu il vuoto rivoluzionario.
Quel che è altresì chiaro in quella congerie è che poche persone della popolazione russa conoscevano l'esistenza dei partiti rivoluzionari; la richiesta fondamentale di tutti era il pane, quella degli operai l'aumento dei salari e la diminuzione delle ore di lavoro e infine i russi che vivevano di agricoltura volevano la proprietà della terra, come sempre e in ogni luogo,
Di quest'ultima esigenza si rese conto bene Lenin e in contrasto con ogni programma socialista, non esitò un istante a impegnare i bolscevichi a sostenere quella forma di individualismo economico che era la divisione della terra in aziende famigliari.
Il governo provvisorio invece non seppe interpretare per niente gli umori del paese e si autodissolse; nessun partito era organizzato per prendere il potere, forse nemmeno i bolscevichi, ma Lenin seppe convincere il partito che, se non avessero colto il momento favorevole, un'ondata anarchica avrebbe potuto ingigantirsi fino a travolgere tutto il paese e d'altra parte se un partito rivoluzionario non conquista il paese quando la situazione è così favorevole, in che cosa lo distingue da un movimento che rivoluzionario non è?
Diverso sarebbe stato poi il discorso dopo aver conquistato il potere a Pietrogrado, se cioè si potesse estenderlo al resto della Russia? Nell'attesa degli eventi, il nuovo regime fece ben poco per realizzare il socialismo, salvo dichiarare che quello era l'obiettivo: legittimò solo quello che gli operai avevano già messo in atto dall'inizio della rivoluzione e incitò a proseguire l'attività produttiva, altro non c'era da fare/dire.
L'unica parola d'ordine era resistere e il regime sopravvisse a una pace punitiva imposta dalla Germania con il trattato di Brest-Litovsk, che comportava la cessione della Polonia, del province baltiche, dell'Ucraina e di grosse fette del sud e dell'ovest della Russia.
Poi resistette anche alla guerra civile grazie al punto di forza che possedeva, mentre cercava di improvvisare la creazione dal nulla di un'armata rossa, vale a dire l'inefficienza e la divisione delle forze bianche, che in più erano invise alla massa dei contadini e così alla fine del 1920 i bolscevichi vinsero e la rivoluzione era sopravvissuta. Questo successe per tre buone ragioni:
a) il partito possedeva un'organizzazione disciplinata e centralizzata, forte di 600.000 uomini.
b) il governo bolscevico era il solo che potesse tenere unita la Russia, perché godeva dell'appoggio di chi nutriva sentimenti patriottici, come gli ufficiali dell'esercito, senza i quali la costituzione della nuova armata russa sarebbe stata impossibile.
c) la rivoluzione aveva autorizzato i contadini a impossessarsi della terra e l'appoggio di questa parte della popolazione fu decisiva nella guerra civile, anche se poi i contadini russi capirono di essere stati troppo ottimisti. :x


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Trullo
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Re: Storia

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Il punto secondo me essenziale è però legato alla guerra. I bolscevichi volevano la pace con la Germania (pace che in quelle condizioni era sostanzialmente una resa) mentre il governo provvisorio pensava a contrattaccare. La famosa "offensiva Kerenski". La gente stremata scelse chi proponeva la pace


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Scattista
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Trullo ha scritto: sabato 10 febbraio 2024, 12:21 Il punto secondo me essenziale è però legato alla guerra. I bolscevichi volevano la pace con la Germania (pace che in quelle condizioni era sostanzialmente una resa) mentre il governo provvisorio pensava a contrattaccare. La famosa "offensiva Kerenski". La gente stremata scelse chi proponeva la pace
verissimo.
Ma la "pace" voluta dai Bolscevichi fu un successo solo perché la Germania era stata o stava essendo sconfitta di là, sull'altro fronte. Già i termini di Brest Litovsk vedevano la dissoluzione del grande stato (ex impero russo). Paesi Baltici, Finlandia, Bielorussia, e soprattutto Ucraina e condizioni durissime, in fatto di obblighi e riparazioni.
Ma i Bolscevichi e il "core" dello stato russo sopravvissero solo ed esclusivamente solo perché la Germania glielo permise. I soldati Tedeschi si spinsero giusto in Ucraina, sul Mar Nero e in Crimea, ma in numero limitato, non poterono mettere su una grande occupazione e sfruttamento, perché non avevano le risorse (impiegate sull'altro fronte) e stavano crollando.
Se poniamo il caso (impossibile) che le cose stessero andando bene per la Germania sul Fronte Occidentale e non vi stesse impiegando così tante risorse, il bolscevismo avrebbe avuto i giorni contati.


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lemond
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Scattista ha scritto: sabato 10 febbraio 2024, 13:22
Trullo ha scritto: sabato 10 febbraio 2024, 12:21 Il punto secondo me essenziale è però legato alla guerra. I bolscevichi volevano la pace con la Germania (pace che in quelle condizioni era sostanzialmente una resa) mentre il governo provvisorio pensava a contrattaccare. La famosa "offensiva Kerenski". La gente stremata scelse chi proponeva la pace
verissimo.
Ma la "pace" voluta dai Bolscevichi fu un successo solo perché la Germania era stata o stava essendo sconfitta di là, sull'altro fronte. Già i termini di Brest Litovsk vedevano la dissoluzione del grande stato (ex impero russo). Paesi Baltici, Finlandia, Bielorussia, e soprattutto Ucraina e condizioni durissime, in fatto di obblighi e riparazioni.
Ma i Bolscevichi e il "core" dello stato russo sopravvissero solo ed esclusivamente solo perché la Germania glielo permise. I soldati Tedeschi si spinsero giusto in Ucraina, sul Mar Nero e in Crimea, ma in numero limitato, non poterono mettere su una grande occupazione e sfruttamento, perché non avevano le risorse (impiegate sull'altro fronte) e stavano crollando.
Se poniamo il caso (impossibile) che le cose stessero andando bene per la Germania sul Fronte Occidentale e non vi stesse impiegando così tante risorse, il bolscevismo avrebbe avuto i giorni contati.
Molto, molto probabile.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XX

La rivoluzione mondiale, purtroppo per Lenin e Trotskii, non ebbe luogo e con ciò la Russia sovietica fu consegnata a un futuro di isolamento, arretratezza e povertà. Tuttavia un'ondata rivoluzionaria si diffuse nei due anni successivi all'Ottobre e qualche speranza nei bolscevichi non pareva irreale.
In Spagna gli anni dal '17 al '19 passarono alla storia come il biennio bolscevico, sebbene in quella nazione la sinistra fosse in maggioranza anarchica. Marx e Lenin divennero le icone anche della rivoluzione messicana, insieme a Emiliano Zapata e poi anche in numerosi altri paesi del globo, tant'è che in breve la Rivoluzione d'Ottobre fu quasi universalmente riconosciuta come un evento che avrebbe sconvolto il mondo.
Dipoi nelle nazionalità dell'impero austro-ungarico in disfacimento, si ebbero insurrezioni varie e proclamati addirittura nuovi stati, nella speranza che gli alleati vittoriosi avrebbero preferito riconoscerne l'esistenza, di fronte ai pericoli della rivoluzione bolscevica. E infatti il presidente degli S.U.A. Wilson rispose con 14 punti, incentrati sulle nazioni, con i quali si rispondeva all'appello internazionalista di Lenin.
Ma tutti questi sommovimenti furono soprattutto una rivolta contro la guerra e infatti la pace disinnescherà gran parte dell'esplosivo, anche se ex post si vide che i contenuti sociali di essa erano piuttosto vaghi. Le riforme migliori furono quelle riguardanti i contadini, d'altra parte là dove essi erano in maggioranza, garantivano che i socialisti non avrebbero mai vinto elezioni basate sul suffragio universale (maschile) e questa fu una ragione per la quale nella Russia sovietica si procedette ad abolire il sistema della democrazia elettiva e si sciolse l'Assemblea costituente.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXI

Le speranze della rivoluzione mondiale si orientavano verso la Germania, specie quando i marinai rivoluzionari fecero sventolare lo stendardo dei soviet lungo tutto il paese e un comitato esecutivo di un soviet di operai e di soldati berlinesi nominarono un governo socialista del paese. Era un'illusione dovuta alla temporanea paralisi del vecchio esercito e apparato statale, ma dopo poco tempo il vecchio regime era tornato in sella e non fu più minacciato dai socialisti, che fallirono pure nel conquistare la maggioranza alle elezioni, sebbene queste si tenessero poche settimane dopo l'insurrezione rivoluzionaria. Ancora meno seria era stata la minaccia portata dal partito comunista, i cui leader K. Liebknecht e R. Luxemburg furono assassinati.
Un tentativo più serio di espandere il bolscevismo a occidente fu quello della repubblica sovietica ungherese del marzo-luglio 1919. Na anche quello fu represso dopo poco, con la prevista brutalità.
Nel 1920 i bolscevichi russi commisero ciò che può essere giudicato oggi un errore molto grave: la divisione permanente del movimento socialista internazionale. Ciò che Lenin desiderava non era un movimento internazionale che simpatizzasse con le idee della Rivoluzione russa, ma un corpo di attivisti ferreamente impegnati e disciplinati e ai partiti che non adottavano la struttura leninista fu rifiutata l'ammissione alla nuova Internazionale e, nel caso ne fossero già membri, furono espulsi, come quinte colonne del riformismo!
Questo ragionamento poteva avere un senso a una sola condizione e cioè che le battaglie rivoluzionarie fossero da prevedere a scadenza immediata, mentre era chiaro che la rivoluzione bolscevica non era più all'ordine del giorno in occidente.
Dal 1921 apparve addirittura che la rivoluzione fosse in ritirata nella stessa Russia sovietica, benché qui il potere era inattaccabile.
Tutti i partiti comunisti rimasero minoritari in Europa.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXII

La grande crisi economica e l'ascesa al potere di Hitler alimenta in un certo qual modo le aspettative apocalittiche e quindi anche rivoluzionarie, ma non spiega la svolta improvvisa del Comintern verso la retorica ultra-rivoluzionaria e il settarismo, ai quali improntò la politica fra il 1928 e il 1934, o meglio una ragione c'è: Stalin, che lo ridusse a strumento della politica estera sovietica, sotto il suo diretto controllo.
La Rivoluzione mondiale apparteneva ormai alla retorica del passato e ogni tentativo di... diventava tollerabile solo se.. era gradita al nuovo zar di tutte le Russie sovietiche.
Quasi tutti compresero che cosa era diventata ormai l'Unione sovietica, ma per alcuni questo non accadde e c'è ancora chi crede che sia stata un tentativo di emancipazione universale, la costruzione di un'alternativa migliore alla società capitalistica. :crazy:
È certo che comunque l'importanza che ha avuto nella storia la prima generazione di quei rivoluzionari abbagliati dal sole luminoso dell'Ottobre russo e che dedicarono l'esistenza a una presunta Rivoluzione mondiale. D'altra parte il marxismo forniva loro, accanto alla speranza millenaristica, la garanzia di una dottrina che si proclamava scientifica e che quindi aveva con sé l'inevitabilità storica. ;)
Al di là di ogni evidenza tattica e strategica, finché il movimento comunista conservò l'unità, esso rappresentò sempre il solo punto di riferimento per la maggioranza di coloro che credevano (e forse ancora) nella necessità di una rivoluzione.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXIII

Le rivoluzioni avvenute in nome del comunismo si sono esaurite, sebbene sia troppo presto per orazioni funebri, tuttavia è chiaro che un ritorno di questi paesi all'ancien régime è impossibile, come lo fu per la Francia del dopo; o come lo è stato per le ex colonie.
Il presente dei paesi prima comunisti continua a portare i segni della controrivoluzione: non c'è modo di cancellare dalla storia russa l'era sovietica, come se non ci fosse stata.
Le conseguenze indirette dell'epoca degli sconvolgimenti del secolo sono altrettanto evidenti: hanno aperto il processo di emancipazione coloniale, ma anche la più feroce controrivoluzione, nella forma del fascismo e di molti altri movimenti e infine promosso la socialdemocrazia in altre parti dell'Europa.
A proposito di quest'ultimi, va detto che i primi governi con all'interno socialdemocratici si formarono nel 1917-1919 in Svezia, Finlandia, Germania, Austria e Belgio, seguiti, pochi anni dopo da Gran Bretagna, Danimarca e Norvegia. Noi tendiamo a dimenticare che proprio la scelta moderata di questi partiti fu determinata in gran parte da una reazione al bolscevismo, così come lo fu la prontezza dimostrata dal vecchio sistema politico di integrarli.
In sintesi possiamo aggiungere che la storia del Secolo breve non può essere intesa senza la rivoluzione russa e i suoi effetti ad ampio raggio. Non da ultimo, l'Unione sovietica ha fornito al capitalismo l'incentivo per riformarsi e, per inciso, l'apparente immunità dell'URSS alla grande crisi economica del 1929 fornì ai teorici occidentali la chiave per abbandonare la fede assoluta nei princìpi del liberalismo ortodosso, come vedremo in seguito. :)


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXIV

Possiamo farci una domanda irreale, ma non oziosa, vale a dire come sarebbe stato il mondo se fra le due guerre non ci fosse stato il crollo dell'economia?
Di sicuro non sarebbe apparso nessun Hitler ed è molto improbabile che il sistema sovietico sarebbe stato considerato una seria alternativa al capitalismo mondiale; pertanto dobbiamo proprio porci quella domanda.
La Grande Crisi ebbe l'epicentro proprio in quel paese che non era stato toccato dalla Guerra e ivi l'economia parve crollare, senza che nessuno potesse spiegarne la ragione, ma soprattutto come si poteva riprendersi.
Il ciclo economico era ben noto a tutti gli uomini d'affari fin dall'Ottocento e queste fluttuazioni sono conosciute nella letteratura specialistica sotto il nome di "onde di Kondrat'ev; solo i socialisti ritenevano che questi cicli facessero parte di un processo che avrebbe prodotto crisi insuperabili.
Ciò che invece rappresentò una novità nella crisi del 1929 fu che per la prima e, per ora unica, volta si temette che il sistema potesse crollare, anche se poi, si guarda con occhio neutrale e soprattutto non emotivo si può vedere che nel periodo che va dal 1913 al 1938, negli S.U.A. si è avuto un tasso medio di crescita pro capite del prodotto nazionale lordo pari allo 0,8%. Ma si era abituati ormai a una continua espansione mondiale (anche se non omogenea), mentre si poteva dire che essa si era arrestata (o quasi) nel periodo in questione e quindi la domanda era: perché questa stagnazione?
Nei paesi che avevano conosciuto la sconfitta o violente crisi sociali il risparmio privato era scomparso del tutto, creando così un vuoto di capitali da investire in attività produttive e questo spiega come la Germania dovette affidarsi in misura massiccia ai prestiti esteri e questo la rese particolarmente vulnerabile all'inizio della crisi.
La situazione in URSS era quasi la stessa, anche se in quel paese la cancellazione dei risparmi non ebbe le stesse conseguenze economiche o politiche.
Quando nel 1922-'23 la grande inflazione finì, per la decisione dei governi di bloccare la stampa di carta moneta in quantità quasi illimitata, in molti si ritrovarono sul lastrico e ciò rese l'Europa pronta per l'avvento del fascismo.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXV

Dal 1924 gli uragani post-bellici si erano placati e sembrò possibile ritornare alla normalità della "belle époque" anche se, però, la disoccupazione nella maggior parte dell'Europa occidentale rimase molto alta e i prezzi dei beni di prima necessità erano in continua caduta, nonostante si ponesse un freno con l'accumulazione di scorte notevolissime.
Dopo pochi anni l'economia mondiale si ritrovò in difficoltà e questo fatto sorprese solo chi pensava che ciò avrebbe prodotto un altro ciclo rivoluzionario, mentre accadde l'opposto. Una cosa davvero sorprendente fu la portata della crisi, perché nel 1929 si giunse molto vicini al tracolo di tutta l'economia mondiale.
La produzione industriale statunitense calò di circa un terzo dal 1929 al 1931 e lo stesso accadde in Germania, ma questi dati danno una fotografia migliore di quello che accadde se ad es, si guarda invece il livello di disoccupazione, che raggiunse cifre mai nemmeno immaginate prima.
Ciò che rese la situazione ancora più drammatica fu che le sovvenzioni pubbliche per la sicurezza sociale o non esistevano affatto o erano assai misere. Anche nel paese che aveva maggiori tutele, la Gran Bretagna, meno del 60% della forza lavoro era tutelato e quindi in tutta Europa e negli S.U.A. la disoccupazione di massa ebbe un effetto traumatico e l'immagine più consueta all'epoca era quella delle mense dei poveri, delle marce per il pane dei disoccupati.
Un editorialista del Times di Londra scrisse: "La disoccupazione è stata il più corrosivo morbo della nostra generazione, secondo solo alla guerra; essa è la tipica malattia sociale della civiltà occidentale!"
Questa affermazione getta luce, ben più di lunghe ricerche d'archivio, sulle politiche post-belliche dei governi occidentali.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXVI

La Grande Crisi costrinse i governi occidentali a dare priorità alle questioni sociali, rispetto a quelle economiche, i pericoli (da sinistra e da destra) erano troppo minacciosi! Si cominciò a sostenere l'agricoltura, fissando prezzi equi e acquistando le eccedenze, oppure pagando gli agricoltori affinché non producessero oltre un certo limite.
Quanto agli operai, l'obiettivo dell'eliminazione della disoccupazione di massa divenne il cardine della politica economica e il più celebre profeta fu l'economista britannico J.M. Keynes. La domanda dei lavoratori, di nuovo occupati, avrebbe avuto un grande effetto stimolante sulle economie depresse e quindi lo Stato aveva tutto l'interesse a intervenire per attenuare questa grande piaga. Noi oggi ci siamo abituati alla presenza di ambiziosi sistemi assistenziali, che dimentichiamo che cosa erano invece in quel periodo. Anche nei paesi scadinàvi le sovvenzioni in casi di crisi arrivarono a un buon livello solo dopo la seconda guerra mondiale. (Non a caso il termine di stato assistenziale non venne usato prima degli anni Quaranta).
Il trauma della Grande Crisi fu accentuato dal fatto che l'unico paese che aveva un sistema economico diverso, l'Unione sovietica, sembrava esserne immune. La mancanza di disoccupazione impressionò gli osservatori stranieri ben più dell'arretratezza e insufficienza dell'economia sovietica o della staliniana brutalità della collettivizzazione e della repressione di massa.
Durante il periodo 1930-35 Mosca fu visitata da varie personalità, interessate a conoscere la nuova economia e società sovietica. In quegli anni piano e pianificazione divennero parole ricorrenti nel linguaggio politico e perfino i nazisti si appropriarono di tale sistema, ma il successo ottenuto dal regime di Hitler nel far fronte alla crisi dopo il 1933, ebbe minori ripercussioni internazionali.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXVII

Il periodo 1929-1933 fu una specie di canyon che rese il ritorno al 1913 non solo impossibile, ma impensabile. Il liberalismo tradizionale era morto, mentre le opzioni che restavano si possono riassumere in tre:
1) Il comunismo marxista, visto che l'Unione Sovietica sembrava immune dalla catastrofe.
2) Un capitalismo sfrondato dalla fiducia nella superiorità del libero mercato e riformato con una sorta di legame con la socialdemocrazia moderata e con la sinistra non comunista. Questa si dimostrò la soluzione più efficace e si caratterizzò nella sperimentazione di nuove politiche sociali ed economiche. Nel 1936 fu pubblicato "La teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta" di J.M. Keynes e rappresentò il contributo principale a questo nuovo modo di procedere: una direzione dell'economia, a partire dal calcolo del reddito nazionale.
3) Il fascismo e nella versione tedesca, il nazionalsocialismo, che affrontò la crisi più rapidamente di ogni altro governo: la marea fascista produsse in poco tempo la rovina di ogni idea di pace, stabilità sociale e politica.
Ne vedremo il processo a partire dalla caduta del sistema economico di prima della crisi.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXVIII

Di tutti i fenomeni che si svilupparono nell'Età della catastrofe, forse quella che turbò di più i sopravvissuti fu il collasso della civiltà liberale, il cui progresso era dato per scontato nel corso dell'Ottocento. Essa si reggeva su regimi costituzionali, che garantivano l'imperio di una legge (quasi) uguale per tutti e quindi assicurava diritti di libertà ai cittadini. Alla data del 1914 perfino le due ultime autocrazie europee: Russia e Turchia avevano fatto concessioni nelle direzione di una specie di governo costituzionale. Solo la Chiesa Cattolica aveva eretto barriere difensive contro la modernità! Anche le forze rivoluzionarie si erano adeguate, tant'è che la medaglia commemorativa del Primo Maggio, coniata dal partito socialdemocratico tedesco, mostrava da un lato l'effigie di K. Marx e dall'altra la statua della Libertà. Questi movimenti si opponevano all'economia borghese, ma non alla civiltà del Secolo.
Poi...
Fra il 1945 e il 1989 si è spesso considerato che la minaccia delle istituzioni liberali provenisse solo dal comunismo, però vale la pena di rammentare che nel periodo fra le due guerre tale minaccia fu personificata in maggioranza dalla destra. Fino al 1945 il termine totalitarismo fu applicato soltanto ai regimi filofascisti, perché la Russia (egualmente tale) era isolata e si guardava bene dal voler espandere la sua dittatura (teoria... in un solo paese) e infatti in quel periodo solo un regime che potesse essere definito liberal-democratico fu abbattuto dalla sinistra(*): nel 1940 l'annessione dell'Estonia da parte dell'URSS, per il resto lo sconvolgimento istituzionale avvenne solo dalla destra.
Le forze che abbatterono i regimi di prima del 1914 erano autoritarie, favorivano l'esercito e la polizia e assumevano posizioni nazionalistiche, anche se poi fra di loro c'erano delle differenze.
I reazionari di vecchio stampo erano inclini a porre al bando qualche partito, ma non tutti e quindi mantenevano in essere il parlamento.
Un secondo filone produsse quello che è stato definito "statalismo organico", che aveva dietro l'ideale di un ritorno al medioevo immaginario, nel quale l'orribile prospettiva della lotta di classe era tenuta lontana dalla spontanea accettazione della gerarchia sociale.
Entrambi non erano propriamente fascisti, così come alla lettera non lo era neppure la chiesa cattolica, anche se vennero definiti talvolta regimi "clerico-fascisti", perché in qualche modo erano legati al montante movimento italo-tedesco dall'odio per l'illuminismo del XVIII secolo, per la Rivoluzione Francese e per tutto ciò che ne derivava!

(*) Nota mia,che il regime di Stalin possa chiamarsi di sinistra non ci credo nemmeno un po' e chi volesse approfondire da qualche parte c'è la parafrasi di Gaber "Qualcuno era..."


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L'epoca fascista segnò un punto di svolta nella storia del cattolicesimo stante l'identificazione della stessa con una destra i cui più grandi alfieri internazionali erano Hitler e Mussolini. Ciò creò notevoli interrogativi morali a qualche cattolico. Le cose peggiorarono dopo la caduta, perché le gerarchie persero il loro punto di appoggio e dovettero ricominciare tutto da capo, per continuare ad avere l'influenza politica di sempre. Per la prima volta allora si conferì legittimità a una sorta di cattolicesimo democratico, concedendo così ai fedeli la partecipazione diretta alla vita politica, cosa alla quale fino allora era sempre stata contraria. Fu la Resistenza, che i cattolici potevano giustificare per ragioni patriottiche, che offrì l'occasione propizia per l'ingresso nella scena politica; ma i trionfi della Democrazia Cristiana in Europa appartengono a un periodo successivo: nell'età del crollo del liberalismo la Chiesa si rallegrò per la caduta. :grr:


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXX

Restano da esaminare quei movimenti che possono essere definiti a pieno titolo fascisti.
Il primo nel tempo fu quello italiano, ma dimostrò durante la guerra debolezza e incapacità tali, che, se non ci fosse stato il trionfo di Hitler in Germania, il fascismo non sarebbe mai diventato un'ideologia a diffusione mondiale.
Non è facile identificare ciò che le varie correnti avevano in comune, al di là del sentimento generale dell'egemonia tedesca, d'altra parte la teoria non è certo il punto di forza di movimenti che proclamavano l'inadeguatezza della ragione e la superiorità dell'istinto e della volontà. Mussolini avrebbe potuto fare a meno di Giovanni Gentile e Hitler non si è mai interessato di ciò che pensava Heidegger.
Nemmeno il corporativismo era un legame, tant'è che in Germania quest'idea scomparve presto, anche perché contrastava con quella di una singola, indivisa e unitaria Volksgemeinnschaft (comunità popolare). Di contro il razzismo non era presente all'inizio in Italia.
La grande differenza fra i reazionari fascisti e no, era forse dato dalla mobilitazione delle masse dal basso: le adunate di Norimberga, le masse plaudenti a Piazza Venezia. (Nota mia, così come quelle di fronte a Stalin e al Papa di Roma)
I fascisti erano i rivoluzionari della controrivoluzione e lo si percepiva distintamente dalla loro retorica, nel loro appello a quanti si consideravano vittime della società (n.m. beati i poveri di spirito :D ) e nel loro richiamo a una palingenesi sociale (n.m. ovvero tutte le altre beatitudini).
Il fascismo sottolineava anche molti valori tradizionali (dio, patria e famiglia) ma questo non basta a definirlo un movimento tradizionalista, perché ad esempio cercò di soppiantare la monarchia attraverso il principio niente affatto tradizionale della "leadership", incarnata in uomini venuti dal nulla e legittimati solo dal consenso della massa (la massa fa massa!). Il passato al quale i fascisti si richiamavano era una costruzione artificiale e le loro tradizioni inventate e lo furono soltanto perché fossero strumento contro l'illuminismo e la modernità! Anche se poi si servirono degli strumenti che la tecnologia più che moderna mise loro in mano, un po' come le sette religiose fondamentaliste che maneggiano l'arma della propaganda televisiva e del web per la loro raccolta di fondi. :crazy:


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXI

Forse è opportuno spiegare la combinazione di "valori" conservatori e di un'ideologia caratterizzata dalla barbarie irrazionalista e fondata in primis sul nazionalismo. In quel periodo di grandi migrazioni di massa; ad es, quindici polacchi su cento avevano lasciato il loro paese per sempre, i nuovi arrivati si aggiungevano alle classi lavoratrici dei paesi che li ospitavano e ciò aprì la strada alla xenofobia di massa, che portò il paese della statua della LIbertà a chiudere le frontiere a coloro per i quali quella statua era stata eretta!
Il risentimento dei *piccoli uomini*, che temevano di perdere quello status che pensavano di aver acquisito per sempre, produsse il razzismo e l'antisemitismo e quest'ultimo in particolare in molte parti del mondo, perché gli ebrei erano presenti un po' da per tutto e avevano anche acquistato un ruolo sociale piuttosto vistoso, oltre al fatto che per i cristiani di vecchio stampo (quasi tutti allora) erano stati gli assassini di Giosuè (Gesù).
Il fatto che gli operai in sciopero fossero inclini, anche se aderivano a movimenti socialisti, ad aggredire i negozianti ebrei la dice piuttosto lunga sull'antisemitismo. (Nota mia, ancor oggi in alcuni settori della c.d. sinistra c'è un qualcosa di viscerale anti-ebraico, cosa che invece non si avverte contro l'islam).
L'antisemitismo contadino dell'Europa centro-orientale era dovuto a ragioni pratiche: l'ebreo costituiva il punto di raccordo fra l'economia di sussistenza dell'abitante del villaggio e l'economia esterna dalla quale la vita del villaggio dipendeva: ciò era foriero di un fuoco costante che bruciava sotto la cenere. Tra gente ignorante, le storie degli ebrei che sacrificavano bambini potevano ben essere creduti e quindi i "pogrom" erano giustificabili!
I nuovi movimenti della destra nazionalista erano costituiti in maggioranza dai ceti medio-bassi della società, specie nei paesi che non avevano conosciuto la Rivoluzione francese e l'illuminismo e quindi le classi più derelitte non si erano mai identificate con la democrazia liberale. Solo in Gran Bretagna, Francia e negli S.U.A. l'egemonia complessiva della tradizione rivoluzionaria impedì l'emergere di qualsiasi movimento fascista di massa. È un errore confondere lo sciovinismo dei repubblicani francesi con il protofascismo, perché quello era comunque un movimento di sinistra.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXII

In ogni modo la provenienza (da destra o da sinistra) conta poco, perché una volta che gli ideali di libertà, eguaglianza e fratellanza non regge più, i vecchi istinti possono tornano a coagularsi e produrre quanto di peggio la mente umana sappia partorire. Ad es, negli ultimi anni del XX secolo, la disintegrazione del proletariato e dei movimenti socialisti ha lasciato campo libero all'istintivo sciovinismo e razzismo di tanti lavoratori manuali e se si guarda più indietro, si può notare che gli strati sociali medio-bassi rimasero la spina dorsale dei movimenti fascisti durante il periodo d'oro per loro e molti operai, un tempo socialisti e comunisti, in numero assai maggiore di quanto faccia piacere credere alla sinistra, si allinearono ai nuovi regimi.
I ceti medi (non bassi) conservatori erano potenzialmente sostenitori del fascismo in virtù delle loro paure circa il disordine sociale e, ad esempio, dopo la guerra fu molto difficile distinguere fra i sostenitori del regime di Pétain (pronuncia Petàn) e i veri fascisti: i figli di coloro che avevano odiato Dreyfus, gli ebrei e "la repubblica baldracca", scivolarono, senza nemmeno accorgersi, fra i sostenitori dell'Europa hitleriana. :x


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXIII

Con buona probabilità gli apologeti del fascismo hanno giuste ragioni nel sostenere che Lenin ha generato Mussolini e Hitler, anche se questa non è certo una giustificazione per quello che la barbarie fascio/nazista ha prodotto!
Però, c'è anche da avanzare qualche riserva:
a) si sottovalùta l'impatto della Grande Guerra sugli strati sociali medi e medio-bassi, composti di soldati e di giovani, frustrati per aver perso la loro occasione eroica. Hitler era uno di quelli e più della metà dei fascisti italiani della prima ora, erano ex militari. Per costoro, l'uniforme e la disciplina, il sacrificio di sé e degli altri, il sangue e la violenza, erano valori virili, per i quali ...
b) la reazione di destra non era solo contro il bolscevismo, ma contro tutti i movimenti che minacciavano la pace sociale. Fu l'accresciuto potere della classe operaia a far gelare il sangue dei conservatori e l'uomo che Mussolini fece uccidere non era certo un bolscevico, ma il socialista non massimalista, Giacomo Matteotti.
Detto ciò, quel che si deve ancora spiegare è perché la reazione di destra vinse nella forma estrema. Se i vecchi regimi avessero continuato a funzionare, non ci sarebbe stato bisogno del fascismo e infatti in Gran Bretagna non si vide quasi e così anche in Francia, almeno fino alla disfatta del 1940. Quivi alcuni gruppi di esagitati dell'estrema destra, alla fine decisero di aderire alla Resistenza.
Non ci fu bisogno del fascismo nemmeno in quei paesi di recente costituzione, in cui una nuova classe dirigente nazionalista poté prendere il potere. Nella Polonia, retta da militari reazionari, non ci furono movimenti fascisti di qualche rilievo; lo steso vale per la parte ceca della Celoslovacchia, neppure in Serbia, etc.
In sintesi si può dire che le condizioni ottimali per il trionfo del fascismo furono: un vecchio stato, i cui meccanismi direttivi non erano più in grado di funzionare, una massa di cittadini disorientati, disillusi e scontenti, che non sapevano più a quale autorità dovevano obbedire; forti movimenti sociali che incutevano paura, un'ondata di risentimento nazionalistico contro i trattati di pace del 1918-20.
In ogni modo, va aggiunto che né in Italia, né in Germania il fascismo conquistò il potere con i propri mezzi; in entrambi i casi ci fu la connivenza del vecchio regime o addirittura, in Italia, l'iniziativa fu del re medesimo e in maniera tale da non andare "contra costitutionem"! :grr:


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXIV

La novità del fascismo fu che, una volta al potere, si rifiutò di accettare le regole del vecchio gioco politico e assunse il pieno controllo dello stato, arrivando in Italia e Germania alla dittatura incontrollata di un capo supremo. A parte questo non operò nessuna rivoluzione, solo una rivitalizzazione del vecchio regime, così accadde anche nel Giappone imperial-militarista degli anni Trenta, che nessuno definirebbe rivoluzionario!
La Germania aveva un sistema economico capitalistico non liberale, che ebbe l'effetto di conferire un impressionante dinamismo al sistema industriale, mentre i risultati dell'Italia furono minori, come dimostrò la guerra. Lì il fascismo era nato come una difesa contro le agitazioni sociali e si mantenne su quella posizione fino alla caduta.
Se non ci fosse stata la grande crisi, il fascismo sarebbe diventato un evento significativo nella storia mondiale? Probabilmente no: l'Italia da sola non era una base per sconvolgere il mondo e i tentativi di seguirla, negli anni '20, erano falliti, così come tutti quelli che cercavano di seguire la "Russia" dopo il 1917. E in Germania i complotti di destra del '20 e '23 furono stroncati perché i pilastri della società imperiale appoggiarono, senza esitazione, lo status quo e, dopo la ripresa economica del 1924, il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi era ridotto a meno del 3%. Nel 1930 invece erano diventati il secondo partito, con il 18% dei voti e nel 1932... Chiaramente fu la Grande Crisi a trasformare Hitler da personaggio ai margini della scena politica nel padrone, potenziale prima, effettivo poi, della Germania, un paese che non era l'Italia!


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXV

È ovvio che i movimenti fascisti facciano appello alle passioni e ai pregiudizi nazionalistici, benché gli stati semi-autocratici, come il Portogallo e l'Austria del '34-'38 si ispiravano anche e soprattutto al cattolicesimo e quindi riversavano l'odio viscerale solo a popoli e nazioni di religione diversa o atei.
Per tutti i simpatizzanti, la Germania era vista come il nucleo e la garanzia di un futuro ordine europeo, con i consueti richiami a Carlo Magno e all'anticomunismo e le unità militari non tedesche, che combatterono sotto la bandiera delle S.S, enfatizzarono molto questo aspetto internazionale.
In alcuni paesi il nazionalismo fu addirittura "di sinistra" (per me è una contraddizione in termini), allorché la resistenza alle forze dell'Asse fu condotta dai "fronti nazionali".
Il liberalismo retrocedette fra le due guerre in ogni dove. I radicali di sinistra, i socialisti (superfluo accennare ai comunisti) erano propensi a considerare quell'epoca di crisi mondiale come l'agonia ultima del sistema capitalistico, ormai impossibilitato a risolvere le difficoltà economiche e a fronteggiare con successo una classe operaia sempre più rivoluzionaria. Dopo che il capitalismo e la democrazia liberale sono tornati a riaffermarsi dal 1945 in poi, è facile dimenticare la parte di verità contenuta in quelle opinioni, al di là della retorica propagandistica.
I sistemi democratico-liberali per funzionare hanno bisogno del consenso della maggioranza e questo dipende in primis dalla prosperità economica: nel periodo della Grande Crisi le possibilità di mantenere regimi stabili furono ridotte a zero. La Repubblica di Weimar cadde perché non poté mantenere il tacito patto fra lo stato, gli imprenditori e le organizzazioni operaie, che avevano tenuto a galla il regime. E così nel 1932 i nazionalsocialisti e i comunisti totalizzarono la maggioranza assoluta dei voti, mentre i partiti impegnati a sostenere la Repubblica... :grr:


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXVI

La democrazia si fonda sul consenso, ma non lo crea e fra le due guerre era ancora poco diffusa e non resse di fronte alle politiche di crisi degli stati di nuova democrazia.
La seconda condizione per il mantenersi di un sistema democratico era che ci fosse compatibilità fra le varie componenti del popolo, il cui voto sovrano doveva determinare il governo comune. In un'era di rivoluzioni e di tensioni sociali radicali, di norma la politica rifletteva la lotta di classe e non la pace sociale e l'intransigenza di parte poteva facilmente distruggere il regime. Inoltre i trattati di pace dopo il 1918 moltiplicarono quello che oggi ci appare come il virus mortale, ossia la divisione etnica e religiosa dei cittadini! Essa può generare solo instabilità e guerra civile, fino a quando un'etnia/religione prevale e schiaccia le altre, lasciando perdere il diritto e similia.
La terza condizione era che i parlamenti continuassero a svolgere le funzioni per i quali erano stati creati: il controllo del governo, mentre si trovarono a dover funzionare non come un freno, ma addirittura da motore.
Mancando una o tutte le condizioni, la tentazione di guardare altrove era assai forte. Il più forte argomento che restava a favore: la definizione di Churchill, in quel periodo sarebbe apparsa poco convincente e perfino i fautori a oltranza non ci credevano davvero. La ritirata appariva inevitabile e lo si paventava anche negli S.U.A.
P.S. Anche nel nuovo millennio, le incertezze sul futuro delle democrazie non appaiono infondate, e invece i vantaggi non sembrano così ovvi, come è accaduto fra il 1950 e il 1990. :x


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXVII

Nel gennaio 1939 ci fu uno dei primi sondaggi applicati alla politica (George Gallup aveva cominciato con le indagini di mercato nel 1936) e, alla domanda di chi avrebbe preferito veder uscire vincitore nel caso di un conflitto fra Unione Sovietica e Germania, l'83% degli americani si pronunciò a favore dell'URSS, nonostante che la tirannia di Stalin fosse all'apice.
Quel sentire era transitorio e si protrasse (al massimo) fino al 1947, ma possiamo capirne le ragioni con il fatto che la Germania non era una nazione qualunque, bensì una potenza impregnata dell'ideologia fascista che la portava a voler conquistare il mondo con la guerra (perché, come disse qualcuno: "Fascismo significa guerra)! In breve si capì negli anni '30 che l'opposizione non era fra capitalismo e comunismo, bensì ciò che, in termini ottocenteschi, si sarebbe definito progresso versus *reazione*. In più questa opposizione era anche una guerra civile, interna a ogni società e in questa temperie quasi tutto cambiò, uno per tutti il concetto di patriottismo. Come esempio preclaro si può portare Charles De Gaulle, con un passato da cattolico e quindi non certo progressista, di fronte al pericolo nazista, scelse addirittura di ribellarsi contro il legittimo governo francese, che aveva deciso, nel pieno dei poteri costituzionali, di porre fine alla guerra e che in quella scelta era quasi di sicuro sostenuto dalla maggioranza dei francesi. E infatti il premier francese Daladier poco prima era stato accolto da manifestazioni di giubilo al suo ritorno da München (dopo il c.d. patto di Monaco).
La popolarità internazionale dell'Unione Sovietica e la riluttanza a criticare tutte le cose orribili che accadevano in quello stato, era dovuta quasi del tutto alla coerente opposizione alla Germania nazista, così diversa dalle esitazioni occidentali, che stavano concedendo tutto quello che Hitler chiedeva.
... Naturalmente (per chi conosce Stalin e l'impossibilità della coerenza di costui) ci fu il patto russo-tedesco dell'agosto 1939! :grr:


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XXXVIII

Il nazi-fascismo trattava tutti i regimi contrari allo stesso modo: nemici che dovevano essere annientati e quindi la risposta poteva anche essere più celere di quanto invece avvenne. In ogni modo, sebbene in ritardo, fronti popolari furono costituiti in Francia e Spagna nel 1936 e poi anche altrove. Nei due paesi in quell'anno entrambi vinsero le elezioni, in Francia si ebbe il primo governo guidato da un socialista, l'intellettuale Léon Blum; la vittoria di quello spagnolo fu di stretta misura contro il Fronte Nazionale e portò al governo Santiago Casares Quiroga dal 13 maggio al 18 luglio 1936, data del tentativo di colpo di stato di Francisco Franco, che dette inizio alla guerra civile.
Diverso il caso del partito laburista inglese, che vide invece ridurre la rappresentanza in Parlamento, arrivando a poco più della metà dei voti del 1929 e il governo nazionale britannico, capeggiato da Neville Chamberlain divenne sinonimo di pacificazione con Hitler.
Una politica di resistenza sarebbe stata semplice: sarebbe bastato unire tutti gli stati minacciati di aggressione, ma la cosa era più facile a dirsi che... ogni unione ha contro tanti motivi di divisione e quella più ovvia era con l'Unione Sovietica, impegnata da statuto a rovesciare i regimi borghesi. Molti bravi conservatori, soprattutto in Gran Bretagna, pensavano che la soluzione migliore sarebbe stata una guerra russo-tedesca, che avrebbe indebolito e forse distrutto entrambi i nemici. La netta indisponibilità dei governi occidentali a intavolare trattative concrete con l'URSS era piuttosto evidente e forse fu proprio la paura di essere lasciato solo contro Hitler, che spinse Stalin verso il patto Molotov-Ribbentrop dell'agosto 1939.
D'altra parte la guerra era impopolare in quasi tutte le nazioni (dopo il disastro della prima) e anche in America, persino un presidente forte e popolare come F.D. Roosevelt era incapace di sviluppare una politica estera antifascista, contro l'opinione dell'elettorato! Se non fosse stato per Peal Harbor e per la dichiarazione di guerra da parte di Hitler (e di Mussolini :D ) gli S.U. quasi certamente avrebbero continuato a tenersi fuori dal conflitto.


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La guerra in effetti non era voluta da nessuno stato antifascista e scoppiò solo perché Hitler sbagliò i calcoli, tagliando l'erba sotto i piedi dei sostenitori dell'appeasement. L'occupazione della Cecoslovacchia nel marzo 1939 convertì l'opinione pubblica inglese e forzò la mano a un governo riluttante e la Francia dovette seguire l'unico alleato che aveva in quel momento. All'inizio la dichiarazione di guerra Anglo-Francese non portò nessun risultato e le armate tedesche poterono spartirsi la Polonia con Stalin (e come vogliamo chiamare le fosse di Katyn?).
A posteriori si può pensare che se l'unico fascismo europeo fosse stato quello italiano, per gli altri stati forse questo regime sarebbe stato accettato, perfino W. Churchil fece quella famosa dichiarazione filoitaliana. La questione era che dovevano fronteggiare Hitler e non Mussolini, che peraltro fu chiamato a mediare e rappresentò la grande speranza in certi momenti. Poi il tentativo fallì, anche se il duce era dotato di realismo sufficiente per conservare una certa libertà d'azione fino al giugno 1940, quando considerò (sbagliando) che i tedeschi avevano già vinto e non c'era ragione di non entrare in guerra.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XL

Lo scontro globale internazionale negli anni Trenta fu reso evidente in primis dalla guerra civile spagnola, ovvero in un paese periferico dell'Europa e che si era sempre mantenuto distante dal resto, trincerata dietro la muraglia pirenaica.
Tuttavia essa divenne il simbolo della lotta globale, anche se paradossalmente in quel paese né il partito comunista, né quello fascista avevano una qualche importanza; in Spagna si erano scelte vie eccentriche sia a sinistra che a destra: anarchici e carlisti.
I liberali avevano vinto nel 1931 con una rivoluzione pacifica, che detronizzò i Borboni, ma non riuscirono a contenere il fermento sociale delle classi povere e nel 1933 furono messe da parte dalle forze conservatrici, ma la politica di repressione fece solo crescere la potenziale spinta rivoluzionaria.
A questo punto la sinistra scoprì la politica del fronte popolare, esemplificata dalla Francia e persino gli anarchici si mostrarono propensi a chiedere ai loro sostenitori di andare a votare! ;)
Nel febbraio 1936 la sinistra unita guadagnò una consistente maggioranza di seggi alle Cortes e questa vittoria non produsse tanto un effettivo governo, quanto una falla, attraverso la quale la lava dello scontento sociale cominciò a erompere. In pochi mesi la situazione divenne esplosiva.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLI

Dopo il fallimento di una politica di destra ortodossa, la Spagna tornò alla forma caratteristica di quel paese: il pronunciamento, ovvero il colpo di Stato militare e di conseguenza subì anche una forte attrazione per il fascismo. Ciò non avvenne certo grazie ai pochissimi fascisti spagnoli, bensì per iniziativa della Chiesa e dei monarchici, per i quali c'era poca differenza fra i liberali e i comunisti. Non si poteva arrivare mai al compromesso con gli atei! I militari avevano bisogno, dopo il pronunciamento, di aiuti finanziari e organizzativi e li ottennero dall'Italia del "nostrobeneamatoduce". :(
Il colpo di mano riesce quando le masse hanno perso lo slancio combattivo o quando i governi hanno perso legittimazione agli occhi del paese, ma queste condizioni non c'erano in Spagna e i generali non riuscirono a conquistare le due principali città, il che comportò l'inizio di una lunga guerra civile, che alla fine portò alla presa del potere di Francisco Franco y Bahamonte, a capo di un regime autoritario, con un partito unico, a maggioranza carlista, che prese il nome di Falange.
Anche in Spagna, quella guerra sembra oggi appartenere a un passato preistorico, ma a quel tempo, per coloro che combattevano il fascismo, sembrò il fronte centrale della battaglia. La lenta, ma inesorabile avanzata dei nazionalisti, la sconfitta prevedibile e la morte della repubblica, resero ancor più disperatamente urgente la necessità di forgiare un'alleanza unitaria contro il fascismo mondiale, anche se all'epoca la Spagna non sembrava un buon presagio per batterlo: le democrazie occidentali non seppero nemmeno intervenire e per l'URSS fu un fallimento, nonostante avesse inviato colà i migliori cervelli militari.


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La guerra di Spagna poteva essere un insegnamento su come si sarebbe dovuto fronteggiare il fascismo, ma nel 1939 queste indicazioni sembravano ancora remote o addirittura irreali, specie dopo quasi dieci anni di fallimento apparentemente completo della linea di unità antifascista del Comintern, che convinse Stalin ad abbandonarla dall'agenda, sostituendola con il patto granderusso-tedesco! Dette persino istruzioni al movimento internazionale di abbandonare la strategia antifascista. :grr:
Solo dopo l'operazione "Barbarossa" si arrivò all'alleanza e il capitalismo americano fornì armi e aiuti finanziari al comunismo sovietico, decisivi per la battaglia di Stalingrado.
In molti paesi, quelli occupati dai tedeschi, ci fu la resistenza dei civili, che poi fu usata anche per legittimare i regimi e i governi postbellici. La Francia è il caso estremo, perché lì, chi venne dopo la liberazione non aveva alcuna continuità con il governo francese del 1940, che aveva firmato la pace e collaborato con i tedeschi e d'altra parte la resistenza era stata alquanto debole, almeno fino al 1944, così come l'appoggio popolare, molto incostante. La Francia del dopoguerra fu ricostruita dal generale De Gaulle sulla base del mito che la Francia eterna non aveva mai accettato la sconfitta, come lui stesso dichiarò. La Francia non è stato il solo caso di uno stato che si fonda sulla mistica resistenziale.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLIII

Sempre a proposito della resistenza europea, si impongono due considerazioni:
a) la loro importanza militare fu trascurabile, tranne forse in alcune aree del Balcani; però è importante il significato morale e ad es, in Italia la vita pubblica fu trasformata, dopo più di vent'anni di fascismo, che aveva goduto di un vasto consenso perfino fra gli intellettuali! Con la resistenza massiccia nel centro-settentrione, gli italiani potevano lasciare alle spalle il ricordo dell'era mussoliniana, a differenza dei tedeschi, che non avevano avuto nessun iato con l'epoca nazista.
b) i movimento resistenziali, con l'eccezione della Polonia, erano orientati a sinistra e questo spiega l'impressionante crescita politica dei partiti comunisti durante la guerra, che raggiunsero il culmine dell'influenza politica nel 1945-'47. Perfino in paesi ben lontani dalla rivoluzione sociale, come il Belgio, la Danimarca e i Paesi Bassi, quei partiti totalizzarono il 10/12% dei voti, mentre in Francia il PCF diventò il primo e in Italia il PCI ottenne quasi 4milioni e mezzo di voti. Il motivo del successo di costoro nelle resistenza è che loro soltanto erano predisposti ad affrontare situazioni estreme come l'illegalità, la repressione e la guerra.
Questo scenario scomparve ben presto, per lasciare il posto alla guerra fredda e il cambiamento fu così forte che pochi rammentano che Stalin aveva fatto pressioni sui comunisti jugoslavi affinché mantenessero la monarchia e che fiancheggiassero la coalizione di Churchil nella campagna elettorale del dopoguerra. Però lo stesso dittatore sovietico aveva confermato "ante litteram" quelle intenzioni sciogliendo il Comintern nel 1943 e il partito comunista degli U.S.A. nel 1944. Il socialismo doveva essere confinato in un solo paese (l''URSS e i satelliti).


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLIV

Dopo la guerra il fascismo si sciolse e scomparve (per sempre?) dalla scena politica. La dissoluzione si spiega con l'adattarsi di tedeschi, italiani e giapponesi a una nuova vita, avviata sotto il controllo delle potenze occidentali, che imposero le loro istituzioni e procedure; d'altra parte non c'era più la crisi economica mondiale, che lo aveva fatto nascere.
L'antifascismo aveva avuto successo nell'unire forze, e questa unità non era basata sulla negazione e quindi, per certi aspetti fu durevole. Essa era basata sulla condivisione delle aspirazioni illuministiche e dell'età delle rivoluzioni borghesi: il progresso ottenuto grazie alla ragione e alla scienza, la diffusione dell'istruzione e il governo del popolo, la negazione delle disuguaglianze di nascita, una società volta al futuro.
Insomma nel dopoguerra, la faccia della terra e la vita umana si erano trasformate come non mai (o quasi), ma dietro l'angolo c'era ancora un groso nodo da sciogliere, perché il capitalismo e il comunismo non potevano che tornare a fronteggiarsi da nemici mortali.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLV

In molti dicono che le arti anticiparono di parecchi anni l'effettivo crollo della società borghese liberale e che già nel 1914 quasi tutto quello che poteva essere incluso nella vasta e piuttosto imprecisa definizione di "modernismo" si era già manifestato: ad esempio, nei paesi occidentali l'esistenza su vasta scala dei mezzi di comunicazione di massa poteva essere data per scontata. In particolare il cinema, che è stato forse la causa principale della diffusione internazionale dell'inglese, dato che la produzione era in gran parte americana. Altro mezzo di enorme fu la radio, perché oltre a essere fonte di propaganda e di pubblicità, permise una diffusione impensabile della musica: poteva essere ascoltata a distanza per una durata ben superiore a quella dei brani incisi su disco e da un numero di ascoltatori teoricamente illuminato. Anche in questo settore gli Stati Uniti esercitarono un'egemonia incontrastata, grazie alla preponderanza economica e, dopo la Grande crisi, all'influenza del populismo rooseveltiano. Nell'ambito della cultura popolare il modo o era americano o ... provinciale.
L'unica eccezione a questa "dittatura" fu lo sport, se non si vuol negare al calcio la pretesa di essere un arte, dopo aver visto giocare la nazionale brasiliana nei suoi giorni di gloria!? Gli sport americani non furono considerati da nessuno fuori di quel paese, mentre il mondo intiero fece proprio il calcio, anche se mancava quel mezzo di comunicazione fondamentale che sarà, dagli anni cinquanta, la televisione.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLVI

Le dinamiche storiche della maggior parte dei paesi del mondo (non occidentale) nel corso del secolo (breve) consistono nei tentativi da parte delle élite di queste società di imitare il modello generatore di progresso e di ricchezza (fosse esso capitalista o socialista ha poca importanza, perché poi il socialismo altro non è stato che capitalismo pubblico). L'unico modo per crescere era la modernizzazione e poteva combinarsi con svariate convinzioni e ideologie, fintanto che queste non interferivano con esso, cioè finché in un paese, per es, non si fosse proibito di costruire aeroporti, in base all'assunto che non erano autorizzati dal Corano o dalla Bibbia, o che fossero in contrasto con la tradizione ispiratrice della cavalleria medievale. :D
Dove tali credenze si opposero allo sviluppo, in pratica assicurarono il fallimento e la sconfitta. Per quanto fosse forte e sincera la credenza che la fede avrebbe deviato le pallottole delle mitragliatrici, essa funzionava troppo di rado per poter essere tenuta in conto. :diavoletto: E il telefono/telegrafo funzionavano assai meglio della telepatia dello stregone.
Le più tipiche mobilitazioni di massa sotto gli auspici della religione (la chiesa manteneva la presa sul basso popolo meglio di quanto non facesse il re) furono azioni di retroguardia, benché talvolta ostinate ed eroiche, come la resistenza contadina alla rivoluzione laicista messicana, che avvenne sotto lo stendardo di "Cristo Re". Il fondamentalismo religioso è ritornato con una certo successo politico solo negli ultimi decenni del XX secolo, nei quali abbiamo assistito alla rinascita in alcuni gruppi di "intellettuali" di idee che i loro nonni colti avrebbero descritto come *superstiziose e barbariche!* :grr:


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Per chi vuol conoscere la storia iniziale del fascismo e del bolscevismo (secondo me) deve ascoltare per forza questa conferenza/lezione di storia di Emilio Gentile


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLVII

I movimenti antimperialisti e anticolonialisti prima del 1914 erano meno consistenti di quanto si possa pensare alla luce della quasi totale liquidazione degli imperi, avvenuta entro mezzo secolo dalla scoppio della Grande Guerra. Solo l'impero britannico ebbe difficoltà talmente grandi che non poté permettersi di reagire solo con la repressione poliziesca e dovette concedere una serie di autonomie alle colonie, che dal 1907 avevano preso il nome di "dominions".
La Guerra e, a seguire, la Grande Crisi cambiò tutto: per la prima volta gli interessi delle economie del territorio metropolitano e delle colonie cozzarono visibilmente, se non altro perché i prezzi dei prodotti primari, dai quali dipendeva l'economia del Terzo mondo, crollarono molto più di quelli dei manufatti. Si formò così una base di massa per la mobilitazione politica e questo riguardò in particolare l'India, dove il movimento nazionalista si era formato già da tempo, ma i caratteri fondamentali della politica del futuro cominciarono a delinearsi: il populismo latino-americano, basato su leader autoritari in cerca dell'appoggio della classe operaia, un movimento rivoluzionario con una forte base fra i lavoratori emigrati in Francia e ritornati, come in Algeria, una resistenza nazionale comunista, con forti legami contadini, come in Vietnam etc.
Alla fine degli anni '30 la crisi del colonialismo si era estesa a quasi tutto il mondo, anche se in Italia l'impero era ancora in espansione, con la conquista dell'Etiopia, così come quello giapponese, che stava cercando di conquistare la Cina, ma non sarebbero durati ancora per molto.
Solo l'Africa subsahariana restava ancora tranquilla, per il momento, fu esiziale per il vecchio colonialismo in quelle zone (ma anche altrove) la dimostrazione che l'uomo bianco e i suoi stati potevano essere battuti in maniera vergognosa e disonorevole!
Non è da trascurare il fatto che le due potenze che avevano sconfitto la Germania e il Giappone (S.U.A. e URSS) erano entrambe, per diverse ragioni, ostili al vecchio colonialismo, anche se l'anticomunismo americano trasformò ben presto Washington nel difensore della conservazione nel Terzo mondo.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - XLVIII

La guerra fredda

I quarantacinque anni che vanno dalla fine della guerra al crollo dell'Unione Sovietica non costituiscono un unico periodo omogeneo; essi si dividono in due metà e lo spartiacque sono i primi anno '70. Però la storia è stata saldata in un unico contesto dalla particolare situazione internazionale, ovvero dal costante confronto delle due superpotenze, che prese il nome di "guerra fredda".
Intiere generazioni crebbero sotto l'ombra funesta di conflitti nucleari mondiali, che potevano scoppiare da un momento all'altro! (Vedasi la legge di Murphy)
Questa legge non si verificò, ma per una quarantina d'anni apparve come una possibilità concreta.
Nei fatti la situazione mondiale si stabilizzò ben presto e tale rimase fino alla metà degli anni '70, quando il sistema internazionale entrò in un periodo di prolungata crisi economica e politica e quindi si può dire che fino allora la guerra fredda in realtà era sta un pace fredda e gli Stati Uniti mai avevano pensato di intervenire in Ungheria nel 1956, né in Cecoslovacchia anni dopo. Lo fecero invece in Vietnam, ma perché l'Asia era al di fuori della zona d'influenza Russa e, sempre loro, avevano pianificato un intervento militare in Italia, nel caso i comunisti avessero vinto le elezioni nel 1948. L'URSS fece altrettanto, eliminando i non comunisti dalle "democrazie popolari" multipartitiche, che, da allora in poi furono chiamate "dittature del proletariato". Stalin non riuscì a far proprie né la Finlandia, né la Jugoslavia e quindi l'una passò al campo occidentale e l'altra ruppe solo con Mosca, dichiarandosi neutrale fra i due campi.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - IL

La politica del blocco comunista divenne monolitica, mentre negli stati europei alleati degli S.U. esistevano vari partiti, anche se in Giappone e in Italia di fatto il potere era in mano a uno soltanto. La conseguenza fu di rendere stabilmente i comunisti in Italia e i socialisti in Giappone il più importante partito di opposizione e di insediare un regime governativo di corruzione istituzionale su scala così vasta che, quando esso venne alla luce nel 1992-93, lasciò di stucco perfino gli italiani e i giapponesi. Sia il governo che l'opposizione, entrambi congelati in un sistema immobile, crollarono con la fine dell'equilibrio fra le superpotenze, che li aveva tenuti in piedi.
La base politica dei governi occidentali durante la Guerra fredda si estendeva dalla sinistra socialdemocratica alla destra moderata e i partiti collegati alla Chiesa cattolica si rivelarono particolarmente utili, perché le credenziali conservatrici e anticomuniste della Chiesa non erano seconde a nessuno.
L'effetto della G.f. sulla politica internazionale fu ancora più evidente: fortunatamente per gli alleati dell'America, la situazione dell'Europa occidentale sembrava così tesa nel 1946-47 che Washington comprese che la priorità più urgente era sviluppare una forte economia europea, di conseguenza fu lanciato il "Piano Marshall", ovvero sovvenzioni, non prestiti.
Benché gli S.U.A. non fossero in grado di dettare minutamente agli europei i propri piani politico-economici, erano forti abbastanza da pilotare la condotta internazionale: la Germania fu riarmata e le tentazioni di un neutralismo europeo furono represse e ogni tentativo di indipendenza (ad es, la crisi di Suez) abortì su pressione americana. Il massimo che uno stato alleato potesse permettersi era di rifiutare una completa integrazione nell'alleanza militare, senza effettivamente abbandonarla (come fece il generale De Gaulle).


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - L

Nei primi anni Sessanta la guerra fredda parve muovere qualche passo in direzione del buon senso e divenne piuttosto familiare la parola *distensione*.
Essa si era affacciata per la prima volta con Nikita Krusciov (o Chruscev) che aveva svuotato i campi di concentramento creati da Stalin e che fu forse l'unico statista di origine contadina. :) La distensione dovette però superare quello che sembrò uno scontro insolitamente duro con il presidente americano più sopravvalutato del secolo, a Cuba.
A metà degli anni Settanta il mondo entrò in quella che è stata definita seconda Guerra Fredda, che coincise con un grande cambiamento dell'economia mondiale: un lunga crisi, cominciata con un grande aumento dei prezzi del petrolio.
Gli S.U.A. erano indeboliti dalla guerra nel Vietnam e dal sostegno *dovuto* a Israele e se a ciò si aggiunge che nel periodo 1974-'79 una larga parte del globo fu investita da una nuova ondata di rivoluzioni, si può ricavare l'impressione che il piatto della bilancia fra le due superpotenze si spostasse a favore dell'URSS.
Quest'ultima fece uno sforzo (forse eccessivo) per costruire una marina che fosse presente sugli oceani di tutto il mondo, o meglio sotto gli oceani, visto che si era finanziata soprattutto la costruzione di sottomarini nucleari. Gli strateghi americani pensarono allora che la supremazia occidentale sarebbe finita, se non fosse stata riaffermata da una dimostrazione di potenza, anche se questa isteria non si fondava su un ragionamento realistico (ma la paura fa Novanta!) E così partì la corsa all'incremento delle armi nucleari e mai come allora il pianeta corse il rischio di una terza guerra mondiale.
Quando le due superpotenze riconobbero la sinistra assurdità di simile corsa e accettarono di credere nel desiderio dell'altra di porvi fine, la Guerra Fredda ebbe termine.
Il mondo ha un enorme debito di gratitudine verso Michail Gorbacev :clap: :clap: che, non solo prese l'iniziativa, ma abbe successo da solo nel convincere tutti i governi occidentali che parlava con intenzioni sincere; comunque non dobbiamo neppure sottovalutare il contributo del presidente Reagan, che seppe aprirsi un varco fra tutti quei fanatici guerrieri di professione che lo circondavano e scelse invece secondo la personali convinzioni. :clap:


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La fine della guerra fredda comportava forse la fine del sistema sovietico? I due fenomeni sono connessi: il socialismo reale aveva sostenuto di essere un'alternativa globale al capitalismo mondiale. Dal momento che quest'ultimo non era crollato, né sembrava in agonia, questa affermazione si era trasformata in speranza e poi in utopia. Già dal 1960 si era compreso che lo iato fra i due sistemi si andava espandendo, a favore del capitalismo e quando la competizione prese la forma dello scontro fra le due superpotenze politiche, militari e ideologiche, l'inferiorità del sistema socialista diventò rovinosa. Gli S.U.A. erano in grado di assorbire i tre trilioni di dollari di debiti, contratti per spese militari, l'URSS invece no.
Finché le economie non avevano che contatti marginali, tutto sommato il regime sovietico e satelliti potevano anche funzionare, ma quando la distensione prese vigore e si sviluppò l'integrazione dell'economia dei due tipi, ci si accorse ben presto che non c'era gara.
La fine della Guerra fredda fece dire al bambino: "Il re è nudo!" ...


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Gli anni d'oro

Nel corso degli anni '50 (e fino ai '70) molti divennero consapevoli che i tempi erano migliorati e, a es, un politico conservatore inglese vinse nel 1959 con lo slogan "Non siete mai stati così bene." Tuttavia, ex post, soprattutto gli economisti capirono che il mondo aveva attraversato una fase eccezionale della storia, forse addirittura unica.
Ora ci appare evidente che l'Età dell'oro riguardò essenzialmente i paesi capitalistici sviluppati, mentre all'inizio sembrava che anche l'area socialista fosse in grande crescita, se non addirittura in vantaggio. L'opulenza di quel periodo invece non fu nemmeno intravista dalla maggioranza della popolazione mondiale, anche se non ci furono carestie di massa, tranne che in conseguenza di guerre e di follia politica, come nel caso del "grande balzo in avanti" della Cina!
L'economia mondiale nel complesso stava crescendo a un ritmo vertiginoso e in agricoltura, a es, non perché erano messe a coltivazione nuove terre, ma grazie all'aumento della produttività. Una conseguenza di tale esplosione non fu allora notata: l'inquinamento e la degradazione dell'ambiente e in particolare nei paesi socialisti l'industrializzazione fu particolarmente cieca e si costruì un sistema arcaico, basato sul carbone (e acciaio); a Londra già nel 1953 il carbone era stato messo al bando come combustibile, ma lo smog rimase per molto tempo ancora.


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Nell'età dell'oro ciò che ci colpisce maggiormente è il terremoto tecnologico e in particolare, tre aspetti.
1) Esso trasformò la vita quotidiana, in primis nei paesi ricchi ma..: con la radio a transistor e pila si potevano raggiungere i più remoti villaggi, dove la rivoluzione "verde" aveva trasformato la coltivazione del riso e del grano. La maggior parte dei cibi erano contenuti nel frigo e nel congelatore (sconosciuti prima del 1945), per non parlare dei prodotti freschi importati per via aerea da regioni lontanissime.
La rivoluzione tecnologica è entrata nella coscienza del consumatore a un livello così profondo, che la novità è diventata il richiamo principale per vendere qualunque cosa; il presupposto è che "nuovo" equivale non solo a migliore, ma a completamente rivoluzionato.
Quanto ai prodotti che rappresentano la nuova tecnologia, la loro lista è interminabile e quindi non importa enumerarla, ciò che è invece da notare è il sistematico processo di miniaturizzazione dei prodotti.
2) Ricerca e sviluppo, diventati un settore essenziale della crescita, fecero sì che ne uscì rafforzato il vantaggio che le economie di mercato dei paesi sviluppati su quelli del resto del mondo e in particolare su quelli delle economie c.d. socialiste (ovvero a capitalismo di stato).
3) Le nuove tecnologie erano ad alta intensità di capitale e quindi c'era sempre meno bisogno di operai e gli uomini restarono ancora necessari, ma solo nella veste di consumatori. Questo fenomeno all'inizio fu compensato dal forte sviluppo e per alcuni anni la classe operaia mantenne (o anche più) la sua quota fra la popolazione occupata, ma poi...


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Come dobbiamo spiegarci questo straordinario trionfo di un sistema che era sembrato sull'orlo della rovina?
L'età della catastrofe aveva attirato l'attenzione sulle fluttuazioni, la cui natura rimane alquanto oscura e quindi in prospettiva l'età dell'oro potrebbe anche essere considerata un'oscillazione verso l'alto, come il grande boom vittoriano. Però quel che va spiegato è la straordinaria dimensione e profondità del periodo.
Non ci sono spiegazioni sodisfacenti per il "grande balzo in avanti" dell'economia mondiale capitalistica e l'imitazione degli altri paesi verso lo sviluppo americano non basta, perché in effetti ci fu una vera e propria ristrutturazione e riforma del capitalismo, che consentì agli stati di pianificare e dirigere più facilmente la modernizzazione economica e che accrebbe anche la domanda in misura enorme. Allo stesso tempo l'impegno politico dei governi per l'attuazione della piena occupazione e per attenuare le disparità, creò per la prima volta un mercato di massa anche per i beni di lusso, facendoli quasi passare per necessari. :D L'internazionalità dell'economia rese possibile una divisione del lavoro assai più sofisticata fra i vari paesi.
Rimane da capire quale fu il contributo della rivoluzione tecnologica: essa divenne massiccia solo dopo i decenni di crisi, che seguirono il 1973, anche se poi diventò parte così importante del grande boom, che va tenuta in conto in ogni possibile spiegazione, anche se non la considerassimo da sola un fattore determinante.


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Il capitalismo post-bellico operò una sorta di matrimonio fra il liberalismo economico e la democrazia sociale, con aspetti non secondari presi a prestito dalla politica economica sovietica, che per prima aveva praticato la pianificazione. F. von Hayek reagì a quest'ultima con un libro "La via della servitù" (1944) ove si schierava per l'intoccabile purezza del mercato, ma fino agli anni '70 nessuno prestò orecchio ai "vecchi credenti".
Nel dopoguerra la supremazia americana fu un dato di fatto e l'iniziativa politica veniva sempre da Washington, anche quando le idee erano sorte altrove e, a es, quando ci furono divergenza di opinioni fra Keynes e H. White, in merito al nuovo Fondo monetario internazionale, la scelta americana ebbe la meglio. A differenza delle istituzioni politiche come l'O.N.U, il sistema internazionale del commercio e del pagamento funzionò e forse proprio grazie allo schiacciante dominio economico degli Stati Uniti e del dollaro, fino all'inizio degli anni '70.
Anche la Guerra fredda contribuì allo sviluppo occidentale: gli S.U.A. avevano bisogno che tutti gli stati non comunisti crescessero il più in fretta possibile e non importava se poi potevano diventare concorrenti temibili e il piano Marshall contribuì certamente alla modernizzazione dei paesi destinatari. Germania e Giappone, usciti sconfitti dalla guerra, quanto velocemente si sarebbero ripresi, se gli S.U.A. non si fossero trovati nella necessità di fare in fretta? Questi due paesi approfittarono anche del fatto che dovettero distrarre poche risorse per finanziare la competizione militare, la qual cosa si rivelo esiziale per l'Unione Sovietica e perfino gli Stati Uniti pagarono lo scotto con una crescente debolezza economica.
L'età dell'oro fu caratterizzata da una libertà di movimento internazionale dei fattori produttivi mai visto prima, con una sola eccezione: l'immigrazione, che fu ostacolata in vari modi e, nei difficili decenni dopo il 1973, doveva condurre a una netta crescita di sentimenti xenofobi nell'opinione pubblica.


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Dagli anni Sessanta l'economia divenne sempre più transnazionale e le frontiere furono solo strumento di complicazioni; dieci anni dopo tale tipo acquistò una forza globale effettiva: fra il 1965 e il 1990 la percentuale del prodotto mondiale che finì in esportazioni raddoppiò.
Tre aspetti del cambiamento erano più evidenti:
a) il formarsi delle multinazionali
b) la nuova divisione internazionale del lavoro
c) il sorgere di paradisi fiscali e finanziari (offshore).
Quest'ultimo termine, che alla lettera significa *isole al largo della costa*, designò la pratica di registrare la sede legale di una società in qualche territorio sperduto, ma fiscalmente generoso, che evitava quindi di pagare le tasse nel paese d'origine. Esistere ufficialmente a Curaçao, nelle Isole Vergini o nel Liechtenstein poteva fare mirabilia per il bilancio di un'azienda. :diavoletto:
Negli anni Sessanta ci fu un'altra piccola trovata: l'invenzione della moneta europea, ma soprattutto degli eurodollari, che trasformò la City di Londra in uno dei più grandi mondiali della finanza offshore.
Il mercato netto degli eurodollari salì in modo impressionante e divenne il meccanismo principale per riciclare i profitti petroliferi, che i paesi dell'OPEC aveva realizzato e che si trovavano nella necessità di spendere e investire. Alla fine tutti i governi erano destinati a diventarne vittime, avendo perduto il controllo sui cambi e sulla massa monetaria mondiale.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LVII

Lo spostamento delle industrie in paesi in cui il costo del lavoro era basso si verificò non appena divenne tecnicamente possibile e un vantaggio aggiuntivo fu lo scoprire che la manodopera nei paesi del "terzo mondo", per le industria ad alta tecnologia, poteva essere altrettanto abile quanto quella delle nazioni più sviluppate. Questo cambiamento non creò scompensi, perché nei paesi avanzati la politica seppe assicurarsi il consenso di massa con la tendenza al pieno impiego della classe lavoratrice e con la protezione di coloro che ne erano esclusi.
Questo stato di cose mutò, a sorpresa, con l'esplosiva irruzione del radicalismo studentesco, quasi in tutto il mondo, nel 1968. E questo fu il segno che l'equilibrio dell'età dell'oro non poteva durare.
Il movimento servì da "memento mori" per una generazione che aveva quasi creduto di aver risolto per sempre le difficoltà del capitalismo occidentale, sul presupposto della crescente armonia interna di una società sodisfatta nei bisogni fondamentali e che si fondava quindi sulla fiducia di un consenso sociale organizzato. Quel consenso non sopravvisse alla fine degli anni Sessanta!
Come epitaffio all'età dell'oro, possiamo dire che essa aveva realizzato la più sensazionale, rapida e profonda rivoluzione della condizione umana di cui vi sia traccia nella storia. :)


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LVIII

Il socialismo reale


Quando, all'inizio degli anni venti, si era ormai conclusa la grande guerra, così come quella civile in Russia, la maggior parte di quello che era stato l'impero russo ortodosso degli zar riemerse intatta nella stessa forma di impero, sebbene sotto il governo dei bolscevichi. Fu quello il solo degli antichi impero dinastico-religiosi a sopravvivere (erano in pezzi invece l'ottomano e l'asburgico).
Che la Russia riuscisse a sopravvivere come una singola entità multietnica lo si deve solo alla costituzione dell'Unione Sovietica e al pugno di ferro instaurato sui popoli e, alla fine degli anni '80, quando il sistema comunista abdicò, ecco che tutte le tensioni centrifughe ritornarono.
Nel 1945 quasi tutti i territori persi dalla Russia in seguito alla sconfitta nella Grande Guerra, furono recuperati e dipoi il campo socialista si estese nell'estremo oriente, con la conquista del potere in Cina, il che portò la popolazione sotto quei regimi a circa un terzo di quella mondiale.
La prima considerazione su quell'area, chiamata di socialismo reale, fu che i rapporti con i paesi a capitalismo sviluppato furono piuttosto scarsi: i due terzi del commercio internazionale negli anni Sessanta avveniva all'interno. L'emigrazione, come pure i viaggi temporanei, erano severamente controllati e talvolta negati e per lunghi periodi i paesi socialisti non lasciarono filtrare all'esterno informazioni sulla realtà interna e si rifiutarono di far entrare notizie sulle altre parti del mondo.
Ex post si può arguire che proprio questa separazione la salvò dal crollo e quando, negli anni '80, cominciò ad esserci una certa integrazione, essa fu l'inizio della fine per il socialismo reale.


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da Eric J. Hobsbawn "Il secolo breve" 1914 - 1991 - LIX

Tutto ciò sembra un paradosso: Marx e i teorici marxisti, avrebbero pensato che la Rivoluzione Russa poteva essere soltanto la scintilla di un'esplosione rivoluzionaria nei paesi industriali, perché solo lì erano presenti le condizioni per l'edificazione del socialismo. Nell'opinione di Lenin e Trockij, Mosca sarebbe stata il quartier generale del socialismo in via provvisoria, fino a che non si fosse arrivati alla capitale permanente: Berlino.
Quando si comprese che, per il momento, in Germania non sarebbe arrivata la rivoluzione, l'unica via percorribile in Russia era trasformare la nazione fra le più arretrate dell'Europa in ...
La concentrazione sulla crescita economica ultrarapida esercitò qualche attrattiva sul mondo capitalistico, che stava attraversando l'Età della catastrofe e, a maggior ragione in tutti quei paesi, al di fuori dell'Europa, che potevano specchiarsi nell'arretratezza agricola della Russia sovietica. Lo stesso accadde per i c.d. satelliti dell'URSS che erano tutti arretrati, a parte la Boemia in Cecoslovacchia e la Pussia orientale.
Nei primi quindici anni dopo la seconda guerra mondiale, le economie del campo "socialista" crebbero molto più velocemente di quelle dell'Occidente, al punto che il leader sovietico del tempo, Nikita Chruscev, credeva sinceramente che il sorpasso a vantaggio dell'URSS potesse verificarsi.
Il tutto era cominciato nel 1929, che trasformò di nuovo i contadini in servi della gleba e che fece funzionare importanti settori economici grazie al lavoro forzato dei prigionieri nei gulag (dai quattro ai tredici milioni) e ciò avvenne anche grazie al sostegno popolare, a parte i contadini. (nota mia, vedi le recenti elezioni in Russia)
L'economia dei primi piani quinquennali, che sostituì la NEP nel 1928, era uno strumento rozzo e funzionò finché l'economia rimase al livello di sussistenza e si propose soltanto di gettare le fondamenta di un'industria moderna.
I successi che questa politica ottenne non include per niente l'agricoltura, anzi ottenne l'effetto di provocare nel '32-'33 una grande carestia (Holodomor) e dipoi l'URSS non fu più in grado di sodisfare il fabbisogno della popolazione.


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L'altro aspetto dello sviluppo sovietico è l'ipertrofica burocratizzazione, derivante da un governo dirigista e accentratore, al quale lo stesso Stalin non seppe reagire, nemmeno con il Grande Terrore degli anni '30. Esso fu il tentativo, andato a vuoto, di sconfiggere il labirinto burocratico, che possedeva anche la capacità di sottrarsi ai controlli e agli ordini governativi. Alla fine dei Trenta l'apparato burocratico era cresciuto ancora e si calcola che all'approssimarsi del conflitto c'era più di un burocrate per ogni due operai! Questa pianta. che non poteva essere arrestata (si seppe poi) portò alla stagnazione del sistema, il che, insieme alla rigidezza della programmazione portò all'inevitabile crollo. L'unico miglioramento del livello di vita dagli anni '40 ai '70 poté verificarsi grazie all'economia in nero. Poiché le attività economiche sommerse sfuggono per definizione alla documentazione ufficiale, possiamo solo fare congetture e la stima più accurata che ci siamo procurati ci dice che la popolazione urbana sovietica spendeva (alla fine dei Settanta) in beni e servizi privati una somma paragonabile alle importazioni del paese.
In breve il sistema sovietico era finalizzato all'industria pesante, con il presupposto che la popolazione si sarebbe accontentata di poco più della sussistenza.
La rivoluzione industriale aveva portato il sistema a imporre la volontà unica del partito e scomparve ogni separazione dei poteri: sotto la direzione "dell'uomo di ferro" si arrivò a un'autocrazia che impose (nella misura in cui ci riuscì) il controllo totale su tutti gli aspetti della vita e del pensiero dei cittadini, ritornati sudditi e quel che Marx aveva sperato dovesse essere l'alba di un uomo nuovo, si rivelò la vecchia teologia, con un seminarista come papa indiscusso e indiscutibile per... (nota mia, fino ai giorni nostri con Putin, per ora).


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Si potrebbe sostenere che il socialismo marxista era per i seguaci un impegno personale sentito con passione, un sistema di speranze e credenze che aveva le caratteristiche della religione e aggiungere, forse con maggior pertinenza, che una volta diventato un movimento di massa, le sottigliezze teoriche si trasformarono nel miglior dei casi in un catechismo e nel peggiore in una bandiera alla quale ci si doveva inchinare.
Questi movimenti tendevano anche a idolatrare i capi e la costruzione del mausoleo di Lenin fu un chiaro tentativo di mobilitare a favore del regime sovietico il culto cristiano dei santi e delle reliquie! Se Lenin fosse rimasto in vita non avrebbe tollerato quella versione secolarizzata della religione e forse neppure Stalin l'avrà fatto consapevolmente e avrà solo seguito l'istinto che lo portava a percorrere la via maestra della tradizione autocratica e ortodossa, proprio della Russia arretrata e (paradosso) contadina. Senza Stalin però, è improbabile che il regime si sarebbe sviluppato in quella direzione e quasi certo che non sarebbe stato imposto agli altri regimi c.d. socialisti. Va però aggiunto che la dittatura è implicita in un sistema basato su un partito unico e inamovibile. Qualcuno, a es, potrebbe pensare a una Chiesa Cattolica democratica?
Rimane la domanda su come un uomo piccolo (1 metro e sessanta), cauto, insicuro, crudele, infinitamente sospettoso, del tutto insignificante da ogni punto di vista abbia potuto ingannare tutti gli altri in modo tale da raggiungere il vertice. :dubbio: :dubbio: :dubbio:
La risposta che possiamo darci è che il terrore staliniano fu uno strumento tattico non meno razionale della prudenza che egli dimostrò ogni volta che non aveva il pieno controllo della situazione. E tale prudenza lo portò alla convinzione che solo l'eliminazione di tutti gli ostacoli (come non aveva importanza) poteva garantire il successo finale del socialismo.


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Che cosa condusse l'uomo d'acciaio. e la politica basata su questo presupposto, verso l'assurdità omicida?
Stalin pensava che solo lui conosceva la via per andare avanti ed era deciso pertanto a seguirla. Le grandi purghe degli anni Trenta furono dirette contro coloro che avevano lo appoggiato nel decennio prima, ma non erano più disposti ad accettare la spietatezza fine a se stessa del periodo e i sacrifici imposti al popolo. Senza dubbio molti di costoro ricordavano il testamento di Lenin (contro Stalin) proprio per le brutalità insite da sempre nel carattere del georgiano.
Queste purghe fecero sì che nel 1939, al XVIII congresso, erano *37* i delegati sopravvissuti dei *1827* presenti al XVII. Il terrore staliniano fu l'applicazione del principio della guerra totale in ogni momento.
Il numero delle vittime si sa per certo (anche se non può esistere un numero preciso, stante la soppressione del censimento del 1937) deve essere misurato a milioni (fra i dieci e i venti). Aggiungo, senza commento che la popolazione totale dell'URSS nel 1937 *sembra* fosse di 164 milioni, ossia 16,7 in meno delle previsioni demografiche scritte nel secondo piano quinquennale (1933-'38).


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La Frana


La storia dei venti anni dopo il 1973 è quella di un mondo che ha perso i punti di riferimento e che non ha conservato quasi nulla dell'Età dell'oro, anche se nei paesi avanzati il disastro non fu riconosciuto, prima del crollo totale dei paesi c.d. socialisti. Non era stato spezzato il tabù che impediva di pronunciare la parola depressione, che rievocava l'Età della catastrofe, anche se si ammetteva che le recessioni degli anni Ottanta erano le più serie dopo gli anni Trenta.
All'inizio dei Novanta un sentimento di insicurezza e di rancore cominciò a diffondersi anche nei paesi più ricchi e, come vedremo, contribuì alla rottura degli assetti politici tradizionali. L'aspetto più... è che nessuno sapeva come affrontare le variazioni capricciose dell'economia mondiale e neppure l'intervento degli stati funzionava.
La storia dei governi negli anni Settanta fu un continuo tentativo di "guadagnare tempo" mentre gli economisti erano in continua lotta fra chi sosteneva che bisognava stimolare la domanda e gli altri, secondo i quali occorreva lasciare da sola la "mano nascosta" del libero mercato.
Alla fine del secolo breve perfino in Svezia, il c.d. modello svedese non funzionava più e un caso ancora più particolare fu l'Italia, allorché tutto il sistema politico fu mandato in frantumi da una ribellione contro l'endemica corruzione.
In sintesi si può dire che la crescente disoccupazione di quei decenni non fu ciclica, ma strutturale e i posti di lavoro persi non si sarebbero mai più recuperati, anche e soprattutto perché perfino i paesi preindustriali dovettero soggiacere alla logica ferrea dell'automazione, che faceva sì che anche l'operaio meno pagato risultasse più costoso di una macchina capace di svolgere lo stesso lavoro.


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