Noi e Israele: un caso di coscienza

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
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jerrydrake
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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aitutaki1 ha scritto: mercoledì 3 aprile 2024, 16:55
jerrydrake ha scritto: lunedì 1 aprile 2024, 20:03 Con il bombardamento dell'ambasciata iraniana ci si avvicina al punto di non ritorno verso la WW3.
Non contenti dell' attacco terroristico ad un ambasciata, in un pese terzo, hanno ucciso a Gaza sette operatori umanitari di World Central Kitchen con un raid aereo
La morte degli operatori, tuttavia, non spinge verso un allargamento del conflitto. Il bombardamento dell'ambasciata e la possibile alleanza militare dei BRICS mi preoccupano di più.


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lemond
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Trullo ha scritto: giovedì 4 aprile 2024, 21:23 @winter, è esattamente il motivo per cui gli ebrei hanno fortemnte voluto uno stato indipendente, per non essere minoranza perseguitata e discriminato in un mondo arabo e musulmano. Anche spinti dal destino degli armeni, in parte massacrati e in parte costretti a emigrare dalla loro area storica di insediamento, la parte orientale dell'attuale Turchia
Secondo me gli ebrei, dopo secoli di pogrom ricevuti, avevano tutto il diritto di avere uno stato, però hanno scelto il posto sbagliato. Dipoi, finché i laburisti hanno governato, qualche speranza di un trattato con le popolazioni vicine c'è stata, ma quando si dà il potere ai religiosi è la fine per la pace, è sempre stato così nella storia, se dio lo vuole..! :x


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXIV

Quegli anni segnano la fine di una lunga traiettoria storica, i cui lineamenti sono in sintesi quelli visti in precedenza.
Il VI secolo fu quindi un secolo di svolta, ma non solo per Giuda-Israele; in tutto il mondo antico si instaura quella che è stata chiamata "età assiale".
In Cina Confucio (550-480) colui che davvero per primo ha detto "non fate agli altri..." In India Buddha (560-480), in Iran Zoroastro, in Grecia i filosofi e gli scienziati ionici e in Israele i grandi profeti etici dell'età esilica.
Non credo sia un caso se l'età assiale si pone in coincidenza con l'affermarsi, nelle formazioni imperiali universali, di élites intellettuali che non sono organiche al potere e ne rappresentano invece lo spirito critico.
Le principali espressione di questa età sono la religione etica e il pensiero razionale, come risposta alla fagocitazione totalitaria e si collocano negli interstizi geografici e/o sociali delle società imperiali.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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jerrydrake ha scritto: giovedì 4 aprile 2024, 22:26
aitutaki1 ha scritto: mercoledì 3 aprile 2024, 16:55
jerrydrake ha scritto: lunedì 1 aprile 2024, 20:03 Con il bombardamento dell'ambasciata iraniana ci si avvicina al punto di non ritorno verso la WW3.
Non contenti dell' attacco terroristico ad un ambasciata, in un pese terzo, hanno ucciso a Gaza sette operatori umanitari di World Central Kitchen con un raid aereo
La morte degli operatori, tuttavia, non spinge verso un allargamento del conflitto. Il bombardamento dell'ambasciata e la possibile alleanza militare dei BRICS mi preoccupano di più.
L' attacco terroristico di Israele all' ambasciata in Siria nell' ottica di un escalation è molto più preoccupante
ma anche l'operazione per uccidere i volontari è l' altra faccia della stessa medaglia.
Impunità e suprematismo etnoreligioso con le spalle coperte dagli US che antiteticamente agli strilli continuano
a rifornirli di armi , un paio di migliaia di bombe solo ieri.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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"Vediamo la nostra storia negli occhi dei palestinesi, una storia di abusi, privazioni, identità nazionale negata, migrazione forzata, discriminazione e ora fame".


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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lemond ha scritto: venerdì 5 aprile 2024, 8:58
Trullo ha scritto: giovedì 4 aprile 2024, 21:23 @winter, è esattamente il motivo per cui gli ebrei hanno fortemnte voluto uno stato indipendente, per non essere minoranza perseguitata e discriminato in un mondo arabo e musulmano. Anche spinti dal destino degli armeni, in parte massacrati e in parte costretti a emigrare dalla loro area storica di insediamento, la parte orientale dell'attuale Turchia
Secondo me gli ebrei, dopo secoli di pogrom ricevuti, avevano tutto il diritto di avere uno stato, però hanno scelto il posto sbagliato. Dipoi, finché i laburisti hanno governato, qualche speranza di un trattato con le popolazioni vicine c'è stata, ma quando si dà il potere ai religiosi è la fine per la pace, è sempre stato così nella storia, se dio lo vuole..! :x
Esattamente. L' assioma "chi non conosce la storia non ha futuro" si attaglia perfettamente a chi ha disegnato lo scenario della zona in questione alla fine di WW2. Chiunque dotato di un po' di conoscenza, poco mica tanto, avrebbe capito le conseguenze delle azioni adottate.


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Trullo
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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In realtà lì era pieno di ebrei da molto prima della fine della seconda guerra mondiale


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Trullo ha scritto: venerdì 5 aprile 2024, 14:31 In realtà lì era pieno di ebrei da molto prima della fine della seconda guerra mondiale
Non si nega questo aspetto. A chi spettava di ridisegnare la zona era obbligatorio fare sì che ci fosse una coabitazione tra le due parti e andava organizzata, indirizzata e monitorata in tal senso. Mettere ipso facto Israele era mettere un cerino acceso in un bidone di benzina. Il che è puntualmente accaduto.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Se si odiano è meglio la divisione netta della coabitazione, mi sembra quasi ovvio da non doverlo spiegare. Divisione netta che però presuppone il riconoscimento dell'esistenza dell'altro e del suo diritto a vivere in pace nei suoi confini riconosciuti bilateralmente


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

Messaggio da leggere da aitutaki1 »

Perfino Guterres chiede di investigare sulla strategia di Israele di eliminare i volontari a Gaza
196 fino ad oggi, oltre 130 i giornalisti



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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Trullo ha scritto: giovedì 4 aprile 2024, 21:23 @winter, è esattamente il motivo per cui gli ebrei hanno fortemnte voluto uno stato indipendente, per non essere minoranza perseguitata e discriminato in un mondo arabo e musulmano. Anche spinti dal destino degli armeni, in parte massacrati e in parte costretti a emigrare dalla loro area storica di insediamento, la parte orientale dell'attuale Turchia
Nèi paesi musulmani esistono minoranze non islamiche non perseguitate ?
Impero ottomana hai già citato tu gli armeni.. ma i cristiani d oriente?
Gli ebrei in Yemen, Marocco, Algeria ecc
I copti in Egitto?
I Caldei in Iraq?
I cristiani in Siria
Ecc

Be in qatar .. negli emirati , i filippini o gli indiani non son perseguitati..
Son solo degli schiavi , senza alcun diritto
Non hanno nemmeno più il passaporto
Per costruire i palazzi , gli stadi.. quanti son morti?
Chi lo sa.. non frega niente a nessuno


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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lemond ha scritto: venerdì 5 aprile 2024, 8:58
Trullo ha scritto: giovedì 4 aprile 2024, 21:23 @winter, è esattamente il motivo per cui gli ebrei hanno fortemnte voluto uno stato indipendente, per non essere minoranza perseguitata e discriminato in un mondo arabo e musulmano. Anche spinti dal destino degli armeni, in parte massacrati e in parte costretti a emigrare dalla loro area storica di insediamento, la parte orientale dell'attuale Turchia
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Si pensò anche all'Uganda - Ben Gurion e socio.
Prevalse il romanticismo Rothschild.
Logica avrebbe voluto un pezzo di Germania.


“Our interest’s on the dangerous edge of things.
The honest thief, the tender murderer, the superstitious atheist”.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Winter ha scritto: venerdì 5 aprile 2024, 21:35
Trullo ha scritto: giovedì 4 aprile 2024, 21:23 @winter, è esattamente il motivo per cui gli ebrei hanno fortemnte voluto uno stato indipendente, per non essere minoranza perseguitata e discriminato in un mondo arabo e musulmano. Anche spinti dal destino degli armeni, in parte massacrati e in parte costretti a emigrare dalla loro area storica di insediamento, la parte orientale dell'attuale Turchia
Nèi paesi musulmani esistono minoranze non islamiche non perseguitate ?
Impero ottomana hai già citato tu gli armeni.. ma i cristiani d oriente?
Gli ebrei in Yemen, Marocco, Algeria ecc
I copti in Egitto?
I Caldei in Iraq?
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Ecc

Be in qatar .. negli emirati , i filippini o gli indiani non son perseguitati..
Son solo degli schiavi , senza alcun diritto
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Per costruire i palazzi , gli stadi.. quanti son morti?
Chi lo sa.. non frega niente a nessuno
Maanfatti, tutti i popoli sono *IGNORANTI* e quindi pensano che i diversi siano anche inferiori, se non addirittura non uomini. In alcune lingue, anche nel bantù mi pare, l'indigeno si autodefinisce *uomo*. E nell'italiano, quando ero giovane, sentivo spesso la dicotomia fra cristiano e bestia. :muro:
E l'ONU ha scelto di creare addirittura uno stato che sarebbe stato visto come...


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXV

L'emergere del monoteismo è considerato un elemento importante della "rivoluzione" assiale. La bibbia lo presenta già compiuto sin dalle origine della storia di Giuda-Israele, ovvero con l'enigmatica presentazione di Yahweh a Mosè. Il testo però è assai tardo e non a nulla che vedere con una presunta, ma quasi sicuramente inesistente, età mosaica.
Yahweh è stato a lungo una divinità fra le tante, poi si è passati all'enoteismo (un solo dio per noi, ma non in assoluto), che fu rafforzato dalla diaspora.
Ma la questione importante non è tanto quella del numero degli dèi, ma della loro tipologia e del rapporto che si stabilisce fra fedele e divinità.
Il politeismo era nato con l'urbanizzazione e una società complessa: ogni dio è preposto a un compito preciso, il monoteismo annulla invece i particolarismi per puntare a una caratterizzazione globale di carattere etico. La religione diviene così punto di riferimento per distinguere il bene dal male e in questo tipo di credenza la diversificazione delle competenze settoriali si confina nella proliferazione di "dèmoni" e santi.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXVI

Naturalmente una religione etica tende a diventare universale: i valori possono essere gli stessi, il che comporterebbe il proselitismo, ma ciò sarebbe in contrasto con l'identità di un popolo e quello ebraico in cattività e diaspora non può accettarlo e quindi fu l'eccezione alla regola.
Sempre a causa di questi due fattori si sarebbero determinate le condizioni per una religiosità a livello personale, meno legata alla cerimonialità pubblica (il tempio era stato anche distrutto). Ma d'altra parte l'esilio tendeva a imprigionare l'individuo in una rete di rapporti di gruppo, anche in questo caso si configurò una situazione conflittuale.
Di sola interiorità non può sostenersi una comunità che voglia rimanere compatta, donde la vittoria arrise a chi voleva accentuare una cerimonialità formale, e al limite formalistica, che serviva da segno distintivo. I due simboli che distinguevano furono la circoncisione e l'osservanza del sabato, poi ci furono altri aspetti, come il terrore della contaminazione, che portò a un ritualismo quasi ossessivo.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXVII

Fin qui si è parlato di responsabilità collettiva, occorre però anche trattare quella individuale.
La collocazione dell'individuo in un piccolo stato e in un tessuto sociale compatto è ben diversa da quella di un impero. Nel primo caso l'individuo si sente partecipe delle decisioni politiche e della sorte della comunità di appartenenza. In Giuda-Israele (ma la cosa era comune in tutto l'Oriente) nel tardo bronzo vigeva la responsabilità comunitaria per i fatti di sangue di un singolo, invece il nuovo patto con Yahweh, prospettato dal Deutero-Isaia comporta solo una punizione personale. Tale approccio individualista riesce a mettere in crisi l'intiero costrutto della punizione di un popolo, mentre privilegia la sublimazione, rovesciando la piramide: Il servo di Yahweh (prefigurazione di Cristo) assume su di sé tutte le colpe del popolo, anche se lui è personalmente innocente! 😆
Non è probabile che tale sublimazione teologica abbaia avuto un grande effetto sulla popolazione comune e da qui nacque un dibattito che si protrarrà nei secoli.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Trullo ha scritto: domenica 7 aprile 2024, 13:42 https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 06099.html
Nessuno sano di mente ha dimenticato il 7 ottobre, ma questa intervista è a livelli di faziosità tali da non potere neanche essere presa in considerazione per carità di patria


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXVIII

Durante la cattività, Yoyakin fu riconosciuto dai babilonesi come re di Giuda e lo era ancor di più per gli esuli giudei in Babilonia e il nipote, Zerubbabel fu il leader dei reduci al momento del ritorno in patria. La vicenda è cronologicamente confusa, l'unica cosa certa era che la casata di Giosia (discendente secondo la leggenda da David) doveva assumere il potere anche in Israele. Si noti a questo proposito che anche il vaticinio di Ezechiele non può fare a meno della figura regia e, in forma simile e più poetica si esprime il proto-Isaia nel prospettare l'immagine di un re così perfetto che l'attuale rampollo della casa di David farebbe una ben meschina figura.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXIX

Nell'esilio, la famiglia reale di Giuda, che ormai si era autonominata anche regnante sulle dieci tribù "scomparse" di Israele, aveva dovuto adottare nomi babilonesi, mentre la popolazione minuta mantenne l'onomastica ebraica, segno di pratiche endogamiche. In quegli anni ci fu una chiusura totale verso gli alieni, mentre ci si mosse verso l'unità pan-israelitica e si creò il mito delle dodici tribù per assumere la tradizione settentrionale della casa di Giacobbe come un riferimento comune.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXX

La gente comune era impiegata nell'agricoltura e riuscì a ottenere un certo rilancio di questo settore molto importante nell'economia babilonese, il che comportò una ripresa demografica delle terre basso-mesopotamiche, in contrasto con l'abbandono delle regioni periferiche.
Le élite giudee invece si inserirono in attività finanziarie e commerciali e si ha notizie di ciò negli archivi della banca famigliare dei Murashu di Nippur (metà del V secolo) e in quella degli Egibi, attivi in Babilonia fra il 560 e il 500, agenti della casa reale caldea e persiana.
La comunità rimasta in Giudea si sgretolava nell'ambiente multi-etnico circostante, mentre, come già detto, a parte l'onomastica babilonese della famiglia reale, gli esuli mantennero molto bene la loro auto-referenzialità etnica e religiosa e continuarono a far riferimento al Tempio di Gerusalemme (anche se distrutto), senza sostituirlo con tempietti locali e continuavano a confidare in una restaurazione prossimo ventura.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXI

Diversa dai deportati era la situazione degli emigrati, come si può vedere nell'esempio dell'Egitto, ma possiamo ritenere che anche altre zone siano state interessate dalla diaspora in epoca babilonese.
Nel caso degli esuli volontari si ha una situazione molto diversa, suscettibile di innescare reazioni opposte, stante il fatto che gli emigrati non avevano alcuna motivazione di liberazione e riscossa; tendevano invece a integrarsi nel paese di accoglienza. In alcuni casi però, molto piccoli ma esistenti, si formarono agglomerati di gruppi provenienti da posti diversi, ma accomunati dal culto yahwidico, i quali riuscirono a federarsi in un progetto di riscatto nazionale e quindi trovarono un forte e persistente orientamento verso Gerusalemme e la terra, che ritenevano fosse di origine.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXII

Uno sguardo va pure indirizzato a quei pochi che erano rimasti in Giuda e sui loro diritti a essere considerati gli autentici eredi della nazione giudaico-israelitica. Per i rimanenti (che possiamo chiamare anche con la denominazione diffusa di *resto*) la questione è semplice: i deportati sono stati puniti da Yahweh, dunque erano colpevoli!
Gli esiliati hanno difficoltà a rispondere, ma replicano comunque che, pur in esilio, non si sono allontanati da Yahweh ed Ezechiele e il Deutero-Isaia confermano che il possesso della terra non significa niente e che il dio assicura che ci sarà un prossimo ritorno a casa da ogni paese gli esiliati si trovino. L'idea del resto si associa al concetto che esso riguarda chi è stato salvato dalla morte (si pensi alle storie fondanti di Noè e Lot).
Questa posizione pone le basi per il rovesciamento completo che identifica, con Ezra, il resto puro negli esiliati, incontaminato dall'abominio dell'idolatria e dei matrimoni misti che hanno invece fatto della "terra promessa" un luogo bisognoso di completa riconsacrazione.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

Messaggio da leggere da Principe »

Per CIA e Mossad l'Iran attacca questa notte... ovviamente prima del 7 ottobre, quando si sono mossi centinaia di palestinesi armati fino i denti, loro non sapevano nulla. Bha... :sherlock:


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

Messaggio da leggere da Principe »

Considerando il fuso ci hanno preso al minuto :clap: :pomodoro: :titanic: :roll:


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

Messaggio da leggere da jerrydrake »

Un attacco che è un vero e proprio assist a Netanyahu.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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jerrydrake ha scritto: sabato 13 aprile 2024, 22:54 Un attacco che è un vero e proprio assist a Netanyahu.
Come sempre.


Von Rock ? Nein, danke.
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXIII

L'esilio babilonese produsse nel popolo due fattori di compattamento:
a) i messaggi profetici proiettati verso il ritorno
b) la riscrittura del passato
La prima ebbe un'efficacia immediata, ma la seconda ha avuto un'importanza determinante per secoli e addirittura è ancora presente ai giorni nostri!
I profeti indirizzano verso il pan-israelismo, perché, secondo costoro, solo così si può ritornare al vecchio patto, formato dalla dodici tribù, anche se questo vecchio patto stavolta sarà un po' diverso: senza intermediazione regia ed eterno, dunque con carattere escatologico, non politico. Ci sarà una nuova Gerusalemme (una città-tempio). I profeti, in particolare Ezechiele erano visionari, ma gli scenari, ancorché non verosimili, facevano leva sul montante spirito nazionalistico e sull'esclusivismo religioso, che si dimostrarono potenti leve per l'azione politica.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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jerrydrake ha scritto: sabato 13 aprile 2024, 22:54 Un attacco che è un vero e proprio assist a Netanyahu.
vero, ma purtroppo forse Netanyahu si è già bruciato troppo


"L'attacco iraniano è veramente una di quelle occasioni che capitano una volta nella vita, e indurre Teheran a scoprirsi con un'azione diretta costituisce la prima cosa giusta che Netanyahu sia riuscito a combinare sin dall'inizio di questa sciagurata crisi in Ottobre: segno che la pratica rende pressoché perfetti, ma che nel caso del nostro eroe la curva di apprendimento si estende malauguratamente su di un arco temporale quasi ventennale.

Finalmente gli ayatollah si trovano dove avrebbero dovuto trovarsi sin dall'inizio: in prima linea, dopo essersi dovuti assumere la piena responsabilità politica di un'azione diretta. La catastrofe comunicativa israeliana derivante dall'autoinflitto dilemma politico di Gaza (comunque nel novero degli insolubilia) viene così sospinta ai margini e una sana misura di simmetria è ripristinata fra Teheran e Tel Aviv, le due vere sponde di questo conflitto: con gli iraniani privati della possibilità di baloccarsi ulteriormente con quella plausible deniability propria della guerra per procura che la stessa esistenza di Hamas e Hezbollah ha offerto sinora a Teheran come privilegiata linea di intervento politico-militare in Medio Oriente.

Ora vi sarebbe l'occasione per saldare molti conti, ad iniziare da quello col programma nucleare iraniano e con i suoi promotori: segnatamente Russia e Corea del Nord, da sempre fornitori del know-how nucleare e attori ben interessati a far deragliare il programma iraniano dal suo proclamato alveo civile fino a giungere al traguardo dell'atomica e al fallout diplomatico che ne deriverebbe. La distruzione delle infrastrutture di quel programma - d'altronde ben note sulla mappa - sarebbe una soluzione politicamente percorribile non solo perché giustificata dall'attacco di stanotte; ma anche perché, nell'ambito delle più ampie coperture diplomatiche, incasserebbe un inconfessabile, silenzioso sospiro di sollievo da parte di tre quarti del mondo arabo.

E questo a netto del fatto che la denuncia unilaterale del JCPOA da parte di Trump sia stato un terribile esempio di pessima diplomazia; e che, una volta combinato un simile accordo, meglio sarebbe stato rispettarne la lettera sino alla fine, lasciando eventualmente a Teheran l'onere di venire meno agli impegni presi magari sull'onda delle pressioni esercitate dalla Russia (giacché, assai poco sorprendentemente, il principale nemico del JCPOA assieme a Trump è sempre stato Putin).

Purtroppo questa occasione andrà presumibilmente sprecata, stante la puntualizzazione da parte di Biden dell'indisponibilità degli USA ad appoggiare ulteriori azioni israeliane contro l'Iran. E Tel Aviv, non potendo permettersi il lusso di irritare l'alleato statunitense oltre una certa fisiologica misura, anche decidendo di contrattaccare dovrà a questo punto limitare di molto la portata delle proprie ambizioni.

Si dimostra pertanto una volta di più l'assunto per cui in generale - e in particolare nel caso statunitense - la politica estera non è che la naturale prosecuzione della politica interna: e che questa politica a Washington entra in stato di morte cerebrale una volta ogni quattro anni, al confronto coi conti (spesso della serva) delle domestic policies. Il blocco repubblicano di ogni ulteriore pacchetto di aiuti all'Ucraina serve a racimolare i voti del ciarpame isolazionista e alt-right; il veto di Biden ad ogni ulteriore iniziativa israeliana a coagulare il consenso del ciarpame terzomondista e antisemita. E tutti, trasversalmente agli schieramenti, sono concordi nel voler evitare il costo economico di un eventuale shock energetico. Il proclamato timore di un allargamento del conflitto, stante così la situazione, è solo una patetica foglia di fico. Il meglio che si possa dire della politica statunitense è che, al paragone di quella europea, è pur sempre una politica e non un vagito: e che essendo ciò che è, e dovendovi fare per forza i conti, Netanhayu avrebbe fatto meglio a spendere in modo diverso il capitale politico di cui godeva ancora in Ottobre, invece di sperperarlo sbancando edifici a Gaza e arrivare nudo agli appuntamenti che contano davvero.

Sta di fatto che chi insiste a parlare degli USA come di una potenza imperiale, pertanto in grado di esprimere una stabile e coerente politica estera all'altezza di quelli che dovrebbero essere i commitment di una potenza imperiale, dimostra ancora una volta di parlare a vanvera: specificamente di ircocervi tratti a viva forza dall'armamentario stantio della politica europea primo-novecentesca. Non desta sorpresa che si tratti delle stesse persone disposte a dare credito politico all'imperialismo russo, invece di respingerlo come un brutale e stupido anacronismo."


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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jerrydrake ha scritto: sabato 13 aprile 2024, 22:54 Un attacco che è un vero e proprio assist a Netanyahu.
Attacco iraniano sostanzialmente simbolico, il tentativo di Netanyahu di provocare l'escalation è andato a vuoto ;)

https://www.analisidifesa.it/2024/04/li ... o-israele/

"Resta però da comprendere l’esatto numero di bersagli israeliani colpiti e la loro ubicazione e occorre riflettere, in prospettiva, su quante ondate di attacchi di queste proporzioni sia in grado di alimentare l’Iran e quante ne potrebbe reggere la difesa aerea israeliana prima di esaurire le munizioni e soprattutto i missili Tamir del sistema Iron Dome e gli Arrow 3.

A tal proposito, secondo quanto riporta oggi il giornale israeliano Yedioth Ahronoth, il costo dei missili da difesa aerea utilizzati la notte scorsa da Israele ha un valore di un miliardo di dollari."


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Principe
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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galliano ha scritto: domenica 14 aprile 2024, 19:30
jerrydrake ha scritto: sabato 13 aprile 2024, 22:54 Un attacco che è un vero e proprio assist a Netanyahu.
Attacco iraniano sostanzialmente simbolico, il tentativo di Netanyahu di provocare l'escalation è andato a vuoto ;)

https://www.analisidifesa.it/2024/04/li ... o-israele/

"Resta però da comprendere l’esatto numero di bersagli israeliani colpiti e la loro ubicazione e occorre riflettere, in prospettiva, su quante ondate di attacchi di queste proporzioni sia in grado di alimentare l’Iran e quante ne potrebbe reggere la difesa aerea israeliana prima di esaurire le munizioni e soprattutto i missili Tamir del sistema Iron Dome e gli Arrow 3.

A tal proposito, secondo quanto riporta oggi il giornale israeliano Yedioth Ahronoth, il costo dei missili da difesa aerea utilizzati la notte scorsa da Israele ha un valore di un miliardo di dollari."
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXIV

In esilio occorre anche una nuova teologia, perché la gloria, potenza, fama del re non può applicarsi agli sconfitti e quindi questa sfera concettuale sarà applicata direttamente a Yahweh. e "re della Gloria" ne verrà una specie di ipostasi.
Ciò consente di sanare l'assenza di un luogo fisico di residenza e mantenere dio in cielo. L'epiteto di Yahweh originale "dio delle truppe vittoriose" perde in età esilica la materialità e diventa "dio delle schiere celesti" e la teologia della Gloria consente di affermare una "presenza" in mezzo alla comunità, pur in assenza di un tempio.
Anche il calendario di culto subì cambiamenti significativi: si passa dai festeggiamenti della vittoria di Yahweh sulle forze del caos (capodanno in autunno) alla celebrazione pasquale dell'esodo (in primavera) evento fondante cui si agganciano tutte le speranze di liberazione e di ripresa nazionale.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXV

L'operazione storiografica di rileggere il passato era già cominciata all'epoca di Giosia, ma dopo il disastro nazionale del 587 occorreva ripensare al tutto in modo diverso e porre l'accento sul futuro, giacché il presente non configurava un lieto fine!
La nuova calibratura fu effettuata mantenendo fermo il ruolo della monarchia e della "casa di David" in particolare e così pure si conservarono i princìpi teologici deuteronomistici.
Non è difficile notare che la storia è divisa in due parti molto diverse: la prima è solo favolistica e vi troneggiano i 40 anni di David e altri 40 di Salomone (il numero è fittizio, ovviamente), mentre la seconda (il periodo dei regni divisi) è trattato in maniera scarna, ma cronologicamente ben circostanziata. Gli unici elementi leggendari sono i cicli profetici di Elia ed Eliseo.
Dipoi si aggiunge, nel libro dei Re, il giudizio su ciascun monarca secondo il comportamento tenuto nell'applicazione del patto con Yahweh.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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L'Iran minaccia di usare un'arma che non ha mai usato prima:
la diplomazia.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Scattista ha scritto: martedì 16 aprile 2024, 19:22 L'Iran minaccia di usare un'arma che non ha mai usato prima:
la diplomazia.
:diavoletto:

Scattista ha scritto: domenica 14 aprile 2024, 18:04 coagulare il consenso del ciarpame terzomondista e antisemita.
...hai capito... pure negli USA ne hanno... e hanno peso elettorale... :hammer:


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXVI

Anche il c.d. diluvio universale fu redatto in Babilonia e di questo si hanno reperti archeologici dal 1872, quando George Smith identificò una tavoletta proveniente dalla biblioteca di Assurbanipal, dove il racconto è descritto in maniera esaustiva. Si tratta però solo di un'opera letteraria, che riecheggia i poemi di Atram-khasis e di Gilgamesh. Lo stesso arenarsi dell'arca sulle montagne di Urartu, palesa non solo l'origine babilonese del racconto biblico, ma anche la sua trasmissione in età neo-babilonese.\
Del resto l'idea stessa delle terre sommerse non può riguardare il territorio palestinese, fatto di colline e montagne, mentre si attaglia bene alla mappa mentale intorno a Babilonia: un ampio alluvio (la vallata del Tigri ed Eufrate), ovvero un mondo a forma di scodella, con bordi rialzati a contenere le acque. ;) Colà l'esperienza delle inondazioni era ricorrente e infatti ci sono tracce ben evidenti di un'opera plurisecolare di sistemazione territoriale, con la costruzione di canali, bacini di raccolta e di drenaggio.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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nemecsek. ha scritto: martedì 16 aprile 2024, 23:18
Scattista ha scritto: martedì 16 aprile 2024, 19:22 L'Iran minaccia di usare un'arma che non ha mai usato prima:
la diplomazia.
:diavoletto:

Scattista ha scritto: domenica 14 aprile 2024, 18:04 coagulare il consenso del ciarpame terzomondista e antisemita.
...hai capito... pure negli USA ne hanno... e hanno peso elettorale... :hammer:
minchia sono tempi duri per il nostro liberale col berretto da marines


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Una domanda fatta da un giornalista ad un residente del Ghetto a Roma : “Ma non avete paura ora che è sceso in campo l’Iran?”

Ecco, questa domanda rappresenta la quintessenza dell’ignoranza che permea larghi strati della popolazione rispetto a quanto succede in Medio Oriente: l’Iran non è sceso in campo ieri notte, è sceso in campo più di 40 anni fa.

Se non si capisce questo, non si comprende Hezbollah in Libano e Siria (ho detto Siria? Oh, quel paese in cui una rappresentanza consolare, non un’ambasciata, è stata presa di mira uccidendo tra gli altri alti ufficiali iraniani), non si comprende come mai Giordania ed Egitto abbiano praticamente aperto il proprio spazio aereo al turkey shoot che è stato fatto con i droni iraniani, non si capisce come mai gli Houthi siano una spina nel fianco dell’Arabia Saudita sunnita.

Il Palestinismo, inteso come foglia di fico per giustificare una lotta tra grandi potenze nel ventesimo secolo ha già da tempo perso, all’interno del mondo arabo, quella che potrebbe essere definita la sua spinta propulsiva, rimanendo questa viva e vegeta solo nei circoli occidentali. I palestinesi, cresciuti nel mito della unicità (e quindi irrisolvibilità) della loro tragedia (come se la Storia non potesse fornire miriadi di esempi del genere, tra cui l’esodo giuliano-dalmata) già da tempo sono rimasti orfani del supporto fattivo dei “fratelli” circostanti.

L’Egitto ha costruito un muro lungo il confine sud di Gaza, e non da ieri, che al confronto quello israeliano è una bazzecola; gli altri paesi sono tutti presi a normalizzare le relazioni con Israele (e chissà chi potrebbe trarre giovamento dall’interruzione di questo processo, vedasi 7 ottobre) vedendo nell’esistenza del piccolo paese una fonte di progresso e benessere per l’area.

Quale migliore opportunità per l’Iran sciita, non arabo, a mille chilometri di distanza da Israele con cui mai ha avuto contenziosi territoriali, di raccogliere l’impolverato vessillo palestinista e dichiararsi campione degli indifesi?

Guarda caso, i Kornet (i micidiali missili anticarro che le unità militari di Hamas usano da anni) sono della versione taroccata costruita, vedi un po’, in Iran.

L’elemento di destabilizzazione nel Medio Oriente è l’Iran.

Si frigna tanto sul bombardamento dell’ambasciata, che poi era un consolato, che poi era la sede decisionale delle forze iraniane in Siria (rileggete: forze iraniane in Siria. Lì per sostenere le azioni militari contro Israele) ed infatti era pieno di militari, ma nessuno dice nulla sul fatto che da anni un paese ONU, l’Iran, dichiari apertis verbis la propria intenzione di distruggere fisicamente un altro paese ONU, Israele.
Immaginatevi se la Norvegia da quarant’anni dichiarasse come propria politica nazionale l’intenzione di spazzare via l’Italia.

E tra qualche mese, o tra qualche anno, l’Iran potrebbe raggiungere l’autonomia produttiva di materiale fissile “military grade” per fare ordigni nucleari, nonostante l’indefessa azione dei servizi israeliani e, non dimentichiamolo, della molto attiva componente di resistenza interna iraniana.

Siii, ma sò ragazzi…


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Video dell'arrivo dei missili e dei droni su Israele. Il sistema di difesa aerea israeliano ampiamente bucato al primo tentativo.
Nonostante fosse concordato qualche sorpresina è stata infilata per vedere l' effetto




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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Scattista ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 15:01

Il Palestinismo, inteso come foglia di fico per giustificare una lotta tra grandi potenze nel ventesimo secolo ha già da tempo perso, all’interno del mondo arabo, quella che potrebbe essere definita la sua spinta propulsiva, rimanendo questa viva e vegeta solo nei circoli occidentali.
e famose servì
mai sostantivo (circoli) fu più azzeccato.

Scattista ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 15:01 I palestinesi, cresciuti nel mito della unicità (e quindi irrisolvibilità) della loro tragedia (come se la Storia non potesse fornire miriadi di esempi del genere, tra cui l’esodo giuliano-dalmata)
...con patrimonio culturale esattamente invertito, cari i miei grebani...
Scattista ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 15:01 molto attiva componente di resistenza interna iraniana.
...speremmu ben a picaggetta....

Grazie per il contributo, Scattista, che de dischi rotti sul argomento ce s'era n'attimo stufati


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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https://qudsn.co/post/204172/%D8%B5%D9% ... e_vignette

Aiutataki ma è vero sto articolo?
E soprattutto sta foto?

Quds su wikipedia viene definito un giornale palestinese

Se fosse vero , c è qualcosa che non mi torna


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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nemecsek. ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 23:58
Scattista ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 15:01

Il Palestinismo, inteso come foglia di fico per giustificare una lotta tra grandi potenze nel ventesimo secolo ha già da tempo perso, all’interno del mondo arabo, quella che potrebbe essere definita la sua spinta propulsiva, rimanendo questa viva e vegeta solo nei circoli occidentali.
e famose servì
mai sostantivo (circoli) fu più azzeccato.

Scattista ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 15:01 I palestinesi, cresciuti nel mito della unicità (e quindi irrisolvibilità) della loro tragedia (come se la Storia non potesse fornire miriadi di esempi del genere, tra cui l’esodo giuliano-dalmata)
...con patrimonio culturale esattamente invertito, cari i miei grebani...
Scattista ha scritto: mercoledì 17 aprile 2024, 15:01 molto attiva componente di resistenza interna iraniana.
...speremmu ben a picaggetta....

Grazie per il contributo, Scattista, che de dischi rotti sul argomento ce s'era n'attimo stufati
:diavoletto:


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXVII

Il racconto del diluvio universale è il tipico mito di fondazione che serve a trasformare la negatività dell'evento nell'aspetto positivo di rinascita. Più banalmente, anzi, la parte finale del racconto lo configura come l'arcobaleno. Il collegamento alla figura di Noè può essere dovuto a etimologie e ragionamenti: il nome noah "aver riposo" da nwh, non da nhm come nell'etimologia popolare di Genesi, ben allude all'effetto di "quiete dopo la tempesta"; la discendenza tripartita (Sem, Cam, Yafet, capostipiti di tutti i popoli noti) ben si attaglia a una ripopolazione di tutta la terra rimasta, come azzerata dei precedenti abitanti. :diavoletto:


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXVIII

A Babilonia si ergevano molte torri, resti delle antiche ziqqurat (alti edifici templari a gradoni) edificate sin dalla fine del III millennio. Nel folklore popolare il rudere è spesso inteso alla rovescia: costruzione incompiuta e dunque spinge il popolo a immaginare storie che spieghino per quale motivo la torre non è stata completata e il racconto su quella famosa di Babele, si inserisce perfettamente in questa tipologia di storie eziologiche.
Nel racconto si inserì anche una vecchia idea (addirittura sumerica), che la pluralità delle lingue, con la conseguente incapacità di comprensione, faccia parte del mondo storico e degradato, che è succeduto al mondo perfetto e divino del paradiso terrestre, dove gli uomini parlavano una sola lingua. :angelo: :D


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Stai uniti nei fatti schierati con i sionisti terroristi :

https://www.lindipendente.online/2024/0 ... 1b7c9401eb


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXIX

Il paradiso terrestre è modellato sui giardini regi, che si ergevano in mezzo al paesaggio desolato e selvaggio. Era all'interno di fattorie agricole costruite attraverso canali di irrigazione e intensamente accudito dall'opera degli addetti e recintato per evitare danneggiamenti da parte di uomini e animali. All'interno, dicevamo, c'erano i giardini regi, di carattere soprattutto voluttuario e ostentatorio, dato che ivi si concentravano alberi e piante ornamentali, oltre che animali esotici.
Il termine ebraico pardes (parco) è di origine persiana (pairdaeza "recinto"), il racconto dovrà essere pertanto assegnato alla Babilonia di età persiana, anche se conviene trattarlo qui, per non disperderci troppo.


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXX

Il paradiso persiano ha del resto una lunga storia, che comincia forse nell'Egitto del nuovo Regno (Tuthmosi III ca. 1450). In esso si raccolsero tutte le piante esotiche che gli eserciti avevano portato dalle spedizioni in Siria e Nubia. La tradizione fu importata anche in Assiria, a partire dal 110 e, al culmine dell'impero si sa che tali giardini erano annessi al palazzo reale, per essere esibiti all'ammirazione dei sudditi. I babilonesi e i persiani proseguirono questa usanza, limitandosi solo ad ampliarla.
Il paradiso cominciò a rappresentare anche un simbolo di una condizione esistenziale, segnata da sentimenti contrapposti di inclusione/esclusione: dentro è tutto facile, le acque di irrigazione producono ciò che si vede e sembra quasi in modo spontaneo, mentre fuori tutto è difficile e faticoso. Ma l'accesso al giardino è vietato ai comuni mortali!


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXI

La storia del paradiso terrestre è anche espressione della vana ricerca dell'immortalità, ricorrente nella tradizione, che si ricollegava alla mitiche figure di Adapa e Gilgamesh i quali erano arrivati molto vicini a raggiungerla, il che aveva suscitato l'allarme del mondo divino. Adapa, su consiglio di Enki, poté comunque accedere alla conoscenza di ogni pratica cultuale, mentre Gilgamesh ottenne fama imperitura.
La storia di Adamo ed Eva ha dunque un'ambientazione paesaggistica babilonese, ma di età persiana ed elabora meditazioni sulla mortalità di chiaro stampo babilonese, pertanto si capisce che i redattori della storia biblica sono vissuti in Babilonia nella prima età achemenide.


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