Noi e Israele: un caso di coscienza

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
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lemond
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXII

La deportazione fu foriera anche di un'altra invenzione, vale a dire la costruzione di un albo genealogico a dimensione mondiale che, con Noè, appunto, partiva dal "primo uomo" dopo il diluvio. :crazy:
La tavola dei popoli (Gen.10) è la realizzazione di questa genealogia globale, che comincia con i tre figli di Noè: Sem, Cam e Yafet.
Questa tavola, però non è un documento di origine israelitica (Giuda e Israele non vi compaiono neppure), ma nella temperie culturale tipica del periodo babilonese-persiano, l'élite giudaica trovò largamente disponibili gli strumenti ideologici e formali per affrontare l'impegnativo progetto di una ricerca e poi riscrittura del passato nazionale, che desse un senso e un motivo di fiducia nella rifondazione che si stava progettando.


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lemond
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXIII

Dopo il crollo dell'impero assiro, si è fatto un po' più consistente negli anni il pericolo dei nomadi Medi a nord e degli Arabi del deserto.
Nei testi storici assiro-babilonesi si possono seguire i dati di crescita, che non andrebbe sopravalutata, cosa che invece fanno i profeti. Addirittura Ezechiele lo trasforma in motivo letterario, con toni apocalittici intorno a Gog e Magog. La potenza immaginifica dell'oracolo di Ezechiele conferirà a questa invenzione lunga vita fino al medioevo cristiano e anche arabo!
I nomadi cammellieri del deserto arabo sono meno paurosi e meno estranei per lingua e cultura; fanno anch'essi razzie, ma prevale l'immagine commerciale, mentre per i Medi s'impone l'aspetto distruttivo.


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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXIV

L'esilio, vissuto in un clima di rassegnazione mista a speranza, non fu eterno e, come gli imperi precedenti, anche quello caldeo-babilonese cadde, per opera di Ciro, re di Persia. Anche se costui si guarderà bene da distruggere la città e dal rovesciare il dio Marduk, come avrebbe voluto e annunciato Geremia. L'avvento dei persiani segna un momento di grande euforia per gli esuli: il nuovo dominatore si presenta come tollerante e restauratore delle libertà conculcate dall'ultimo re caldeo, Nabonedo. Geremia fa un'altra delle sue previsioni, ovvero l'esodo da Babilonia, modellato sul quello mitico-fondante (e ovviamente mai esistito) dall'Egitto.
Ciro non aveva nessun bisogno dei sacerdoti yahwisti e probabilmente non aveva idea dell'importanza per certi sudditi del Tempio di Gerusalemme, ma la vastità del nuovo impero portò a una maggiore disposizione a utilizzare forme di governo locale e a lasciare i culti di quelle popolazioni, però il Nostro altro non fece.
Un paio di secoli dopo s'immaginò che Ciro avesse promulgato subito un editto che consentiva il ritorno degli esuli e la ricostruzione del Tempio a Gerusalemme. P.S. In realtà il ritorno cominciò durante il regno Dario. :D


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXV

I gruppi di reduci non potevano essere molto numerosi, specie considerando che il rientro fu scaglionato in almeno un secolo e soprattutto che a tornare fu solo una minoranza, alla quale si presume si siano aggiunti altri con credenziali genealogiche non troppo in regola. Possiamo solo attenerci a quanto trovato nei reperti e desumiamo dai loro nomi, che, per la maggioranza, i nonni provenivano da Gerusalemme (specie i sacerdoti) e dalle cittadine e villaggi di Giudea e Beniamino. Poi ci sono gruppi con provenienza geografica da Mo'ab e Elam, che però sono riusciti (come non si sa) a essere accettati come Israeliti autentici. Non rientrò nessuno da Hebrom o da Be'er-sheba: si sapeva che ormai il territorio era in mano agli Edomiti.
I gruppi con in mano i documenti di possesso delle terre avite erano poche centinaia, il grosso invece di origine oscura e si riversò tutto su Gerusalemme. La ricostituzione del "nucleo nazionale" giudaico avvenuta nel dopo esodo è solo *una storia inventata*. Essa avvenne in un progresso di tempo, mediante compattamento e crescita in loco.
Un discorso a parte meritano quelli che erano rimasti, anche se su questo aspetto le fonti posteriori sorvolano, preferendo sublimare a livello ideologico il rigetto dei rimanenti, come dovuto alla loro commistione (matrimoniale e cultuale) con gli idolatri non yahwisti! :x


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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza

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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXVI

Ma nel valutare il successo dei reduci e l'emarginazione dei residenti occorre soprattutto rammentare lo status sociale e il peso culturale dei primi.
I rimanenti erano i contadini poveri e fu facile per i reduci subornarli. Per designare il contadiname dei rimanenti, gli esuli coniarono il termine "popolo della terra", il che stava a significare che si trattava di un annesso fisico del territorio, senza voce e diritti propri. (Come l'attuale governo israeliano considera ora i palestinesi!)
Con la stessa espressione saranno indicati anche le nazioni diverse da quella israelitica: Samaritani, Edomiti, Ammoniti, con le quali non si dovevano stringere matrimoni misti, perché costoro non riconoscono e non osservano la legge divina!


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aitutaki1
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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXVII

Un'operazione molto importante che doveva essere fatta dagli esuli fu quella di millantare la proprietà della terra di Canaan per loro. Per arrivare allo scopo occorreva un mito di fondazione e così si dovette andare molto indietro e soprattutto creare ex novo una storia mai esistita davvero: la conquista della "terra promessa" da parte dei reduci della cattività egiziana (mai esistita). Il rientro dall'Egitto (migrazioni dovute alle carestie) era avvenuto in maniera tutt'altro che unitaria e senza episodi di scontri militari, ma il modello "forte" piaceva ai fondamentalisti, che volevano una chiusura netta con i popoli estranei. Dipoi tornarono in pochi in Palestina, la maggior parte dei Giudei rimase sparsa, più o meno ben inserita nelle terre della diaspora.
Lo scenario realistico è quello di un gruppo di volontari che si organizzarono per il rientro, sostenuti finanziariamente dalle comunità rimaste in loco.
La storia narrata nel libro di Giosuè non solo non è attendibile per il XII secolo e tanto meno per il VI-V, è solo un manifesto utopico che intende dar forza a un progetto che avrebbe dato i frutti in seguito! :grr:


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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXVIII

La Palestina in età achemenide

Importante per le giustificazioni ideologico-religiose della riconquista è conoscere il quadro dell'insediamento nel V secolo. La zona si trovava in uno stato di grande degrado e spopolamento e i re persiani si resero conto che era necessario un doppio intervento: la zona costiera e in minor misura l'interno. Lo sforzo maggiore fu esercitato sulla prima, mentre per il secondo si preferì dare il beneplacito alle iniziative di ripresa locale, come appunto quelle dei Giudei.
Questa distinzione del paese tra una fascia costiera popolosa e dotata di forte spinta propulsiva, oltre che ben inserita nei traffici e nelle grandi vicende politiche dell'epoca, di contro a una zona interna che stentava a riprendersi, divisione che riprende quella già verificatasi nel Tardo Bronzo, è il contesto del reinserimento giudeo a Gerusalemme e negli altipiani centrali.


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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXIX

Come detto i reduci trovarono solo gruppi di contadini poco inseriti nello sviluppo del V secolo e fu facile per i reduci approfittare dell'ignoranza di costoro e propinare la storiella dell'antica conquista avvenuta nel Tardo Bronzo.
Si formularono liste di popoli antichi, che non menzionavano affatto quelli storici e reali dell'età del Ferro: non inclusero Fenici, Filistei, Edomiti, Moabiti, Ammoniti, Aramei e Arabi. Sono invece costituite da nomi di popoli mai esistiti! I Cananei sono l'unico termine che non sia anacronistico alla fine dell'età del Bronzo, dato che nel XIV-XIII secolo Canaan ere il nome della Palestina e anche il nome della provincia egiziana con capoluogo a Gaza, che la comprendeva. Nel V-IV secolo il termine esisteva ancora e sarà molto utilizzato nella vicenda della conquista, perché non si poteva escludere che esistessero memorie relative al fatto che l'espansione antica delle tribù fosse avvenuta ai danni di un'entità definibile Canaan/Cananei. Sconfiggere i popoli intrusi (cioè quelli mai esistiti) fu più facile e non comportava rischi di sorta per i sacerdoti/profeti. :D


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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XC

L'altro tassello fondamentale è la promessa divina fatta a Mosè, con la conseguente uscita dalla fantomatica cattività egiziana, proseguita poi da Giosuè.
Si riprese un'idea che era stata proposta già nell'VIII secolo, che Yahweh avesse sottratto Israele al controllo egizio e gli avesse affidato il potere indiscusso su quelle terre, eco di un'accettabile memoria che aveva segnato il passaggio dalla condizione di sottomissione all'Egitto nel Tardo Bronzo a una certa autonomia nell'età del Ferro.
Quella egizia non fu mai una deportazione come poi accadde con gli Assiri e i Babilonesi, bensì un'egemonia su una popolazione diventata suddita, ma lasciata sul posto. A posteriori, dopo le esperienze della deportazione, si estese il termine anche al periodo precedente, mentre in Egitto i Giudei stanziati, lo erano per propria volontà.
Nel VII secolo la formula da parte della "storiografia favolistica del Proto-deuteronomio" fu: "Yahweh ci ha fatto uscire dall'Egitto per farci abitare in questo paese che ci ha donato." A conclusione del processo, nel VI-V secolo, il tutto fu rielaborato in funzione del nuovo esodo, prefigurato da quello mitico.


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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCI

A questa fase di elaborazione della favola-esodo appartiene anche lo schema colpa-punizione, per cui i responsabili di infedeltà verso Yahweh non potevano essere gratificati del possesso della terra e l'allontanamento (deportazione) era la fase di purificazione. Qualcuno si immaginò che il primo ritorno (dall'Egitto) fosse stato con un esercito destinato a entrare in forte conflitto con tutti i gruppi residenti.
La saldatura fra l'uscita dell'Egitto e l'entrata in Canaan è fra le più artificiose e complicate di tutto il corpus di storielle confluite nell'Antico Testamento. L'unica certezza è che è stata costruito dopo l'esilio babilonese (Mosè non era mai stato citato prima, il Sinai due volte, ma senza alcun collegamento al patto con il Dio).
La descrizione dell'itinerario di trasferimento del popolo in Palestina serve più che altro da supporto per l'inserimento di testi di carattere normativo, che nulla hanno a che rivedere con la vicenda del trasferimento che mai ebbe luogo. L'infittirsi di testi che dettagliano la legge, tutti collocati in una tappa dell'esodo, è ovviamente dovuto alla necessaria collocazione logica fra il *patto* e l'ingresso a Canaan, ma quei testi hanno origine e composizione del tutto diversa, rispetto al racconto della conquista. :crazy:


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Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCII

La figura di Giosuè, capo carismatico della vicenda-archetipo, doveva servire da modello per coloro che guidarono il vero esodo da Babilonia e forse non è un caso che il nome coincide con quello del capo sacerdote, associato al re Zerubbabel.
Non abbiamo notizie sugli aspetti militari del reinsediamento e quel che sappiamo (da fonti bibliche) la questione centrale verte sulla ricostruzione delle mura di Gerusalemme e del Tempio, punto di attrazione di grande prestigio. Si tratta di operazioni tendenti ad assicurare ai reduci protezione e potere e gli oppositori ebbero buon gioco nell'allarmare la corte persiana circa un'ipotesi di ribellione e di ciò si trova memoria nelle cronache babilonesi. Ma i capi dei reduci avevano molti sostenitori alla corte del Gran Re e con documenti di Ciro (questi quasi di sicuro falsi), ma anche di Dario e Artaserse, che consentivano il ritorno in sicurezza poterono porre le basi per la ricostituzione di un'entità nazionale


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