Lingua italiana, domande e risposte.

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Aspettando Godot

Siamo arrivati alla fine del nostro personale "excursus" storico cominciato con l'antinozionismo del "donmilanismo, la fantasia alla Rodari, la nuova pedagogia dell'asse Berlinguer-De Mauro e le competenze dei tecnocrati europei. Bene, ora ci ritroviamo con esattezza alla domanda dalla quale eravamo partiti e cioè se il "nuovomondo" fosse l'ultimo stadio dell'inganno, lo strumento finale della distruzione, il tassello definitivo della scuola di massa antistudio e anticultura? La risposta per me è molto chiara: . E la ragione è molto semplice: perché, come tutti possono facilmente constatare, la parola non è ancora morta e potrebbe anche ... non morire mai! :) Il linguaggio verbale mi risulta che sia considerato, più che mai, utile e vantaggioso, così come il saper leggere e scrivere e che anzi convenga saper fare queste cose ai massimi livelli. Soltanto la padronanza estrema e più raffinata della parola apre ancora le porte del lavoro, del prestigio, del successo (sic) economico e professionale. E, aspettando la morte (o Godot), nel frattempo vedrei molto bene che la scuola italiana prevedesse ancora l'insegnamento della lingua italiana, in tutti i suoi più raffinati livelli e registri, fino appunto alla letteratura. ;) P.S. Scrivo cose ovvie e me ne vergogno. :x Eppure, quando le dico in pubblico, molti replicano polemicamente che tutto ciò appartiene ad un'idea vecchia di scuola. :dubbio:
Quarant'anni fa, quando le masse avrebbero avuto bisogno di una scuola di massa, noi avevamo una scuola d'élite (contro la quale si batté giustamente Don Milani) e oggi che c'è solo l'analfabetismo di ritorno della nostra scuola e per questo le masse avrebbero bisogno di una scuola d'élite (o come va di moda ora dire: d'eccellenza ;) ) noi proponiamo una scuola misera nei contenuti, alleggerita di cultura, anche se apparentemente superdotata di mezzi tecnologici. :grr: Proprio in questo modo stiamo creando una scuola *classista*. E Gramsci si rivolterebbe nella tomba. :grr:


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Tre parole che non ci piacciono più

Oggi, se parli di studio, sei subito vecchio, pesante, lento, bacucco. :x Studio è una parola perdente, *non studiare* invece è bello e nuovo, anche se la voglia di non studiare attraversa i secoli e forse i millenni. :) Quindi si potrebbe dire che è tutto normale; ma oggi sta accadendo qualcosa di strano: anche gli adulti sono d'accordo, non è proprio il caso di studiare. E allora facciamo una sosta e cerchiamo di vedere che cosa significhi la parola *studio*. Il possibile riassunto è che *studio* vuol dire stare fermi per lungo tempo su un oggetto di analisi (libro o altro) fino a che la sostanza di esso si trasferisca nella nostra mente e lì permanga a forza di memoria e sia, anche a nostra insaputa, trasfigurata in modo che divenga squisitamente nostra e della quale possiamo fare quel che vogliamo, anche per es. (se ne siamo capaci) creare. E' *questo* studio che sta oggi abbandonando la scuola. :grr:
Ci sono altre due parole, oggi, brutte e perdenti: cultura e letteratura, che, non a caso, sono legate alla parola di cui sopra. :x Letteratura non si usa più, si dice al suo posto scrittura creativa. Tasso, Pavese, Buzzati, Kafka non si possono far leggere ai giovani, perché per capire quello che scrivono bisogna entrare in un ordine di idee diverso dalla realtà che ci circonda: simboli, segni astratti, tutto ciò insomma che appartiene al codice letterario e allora ... "il cerchio si chiude". :(
La parola cultura è stata sostituita dal suo plurale: per molti anche il cono gelato sarebbe bene fosse cultura. Il pensiero delle culture plurali ci infonde serenità, ci leva un peso, quello che per farsi una *cultura* occorra studiare e che essa non ci venga spalmata invece sul pane, come la marmellata. :crazy:
Comunque è andata, o meglio, sta andando cos', ma non disperiamoci, perché il mondo continua, si è solo fermato un attimo e (avete presente il medioevo) fra qualche secolo il mondo ritonerà a leggere e a studiare e tutto ripartirà. Soliti cicli e ricicli della Storia.
Ma intanto noi viviamo adesso e per poco: dobbiamo chiederci che vogliamo fare in questo piccolo tempo che ci è dato, sempre che si decida di fare qualcosa e non di accompagnare con complicità la moda o di stare buoni a guardare e basta.


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Gli ultimi ...

Se non siamo più d'accordo che sia bene studiare, allora smettiamo di farlo, ma ... tutti insieme. Io non vorrei forzare i miei allievi a studiare, perché la scuola poteva obbligare quando era vera, non ora che rappresenta una specie di "vagone su un binario morto". Non voglio essere l'unica e l'ultima a pensare che sia bello leggere l'Edipo re per un quindicenne. :x E non sono nemmeno disposta a dire che certi autori (tipo Dante, Sofocle, Tasso) si possono fare senza studiare in senso tradizionale. :x Non sono disposta a fare l'istrione e ad andare a recitare qualche scenetta dellla Gerusalemme liberata davanti ai genitori, per Natale. :grr:
Io vorrei che tutti ancora studiassero le cose difficili per quella felicità mentale che ci dà poi il capire, una specie di gusto fisico di quell'aggeggio, fatti di carne e sangue, che ci portiamo dentro. :) Da lì non si torna indietro, una volta scoperto che puoi abitare mondi mentali, non vorresti essere altrove, né fare altro. :cincin: Solo che non basta che lo voglia io o alcuni di noi: bisogna che ... siano quasi tutti e questi tutti non li si può forzare più di tanto e ... io mi sono stancata. :grr:
Certo, smettere di studiare equivale a buttar via secoli di storia, di opere, di arte, di pensiero, di ... Però abbiamo troppa gente contro ed, essendo troppo soli, per forza di cose ci assale il dubbio che la nostra lotta non sia per niente giusta e allora è forse meglio "togliere il disturbo" e smettere di voler essere gli ultimi giapponesi della seconda guerra mondiale. :grr:


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Macigni

Ci sono, a mio parere, tre macigni che da anni ottundono la mente e ci impediscono di *chiarire* il concetto di scuola e di permettere ai ragazzi una vera scelta. Due di questi sono idee sbagliate, mentre uno è un equivoco. Cominciamo da quest'ultimo: il liceo dell'obbligo.
Quando abbiamo pensato alla scuola dell'obbligo, avevamo un gravissimo problema di analfabetismo da risolvere e volevamo aiutare i ragazzi delle famiglie meno abbienti a continuare a studiare, nonostante l'opposizione famigliare. Era un obbligo rivolto ai genitori per il bene dei giovani che, con l'istruzione, avrebbero potuto migliorare le proprie condizioni future, accedendo a professioni "a priori" negate loro. L'idea era buona per l'individuo e anche per la società. Ma oggi dobbiamo distinguere l'obbligo formativo con l'altro di diventare tutti laureati. :x Inoltre una cosa è l'obbligo di *andare* a scuola, un'altra è l'obbligo *di studiare* e infatti non è detto che coincidano. :x Forse qualcuno di questi "forzati" del liceo vorrebbe fare altro, ad es. l'animatore da spiaggia o il rappresentante di articoli sportivi o l'elettricista o ... Con quale diritto imponiamo loro il "martirio" (peraltro inutile) del liceo+università? Credo che l'equivoco basilare alla base del macigno sia l'idea che imparare un mestiere equivalga ad ignoranza e che la laurea conduca ad un ottimo lavoro. :grr: Ma soprattutto mi viene da dire che l'equivoco peggiore è che oggi al liceo scientifico ci vanno in maggioranza i figli di famiglie abbienti, mentre noi pensiamo sempre (vero Prince?) alla scuola come ad una opportunità per i poveri e gli svantaggiati. La pensiamo come un diritto, mentre stiamo parlando in generale di ragazzi che di quel diritto possono benissimo farsene ... due baffi. :x Non studiano perché sanno di poterselo permettere, perché la loro missione nella vita sarà solo quella di mantenere il patrimonio famigliare che, a tempo debito, riceveranno in eredità. Ciascuno può vedere che per costoro ... chiamiamoli "Les Routiniers" lo studio è un vero e proprio inutile ingombro, se non fosse che i genitori spingono per il mantenimento dello "status" sociale: "Non vorrai mica dirigere formalmente la ditta di tuo padre, senza essere laureato?" :grr:
A dispetto di ciò in moltissimi pensano che l'insuccesso scolastico e la demotivazione dei ragazzi siano da imputarsi all'insegnante, il quale dovrebbe convincere l'allievo della bontà del sapere, invece il docente può solo *incontrare* la motivazione (se c'è) dell'allievo e vivificarla (questo sì), ma non può farla nascere dal nulla. :no: :nonono: :no: :old: (continua)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Secondo e terzo macigno

Il secondo, intrinsecamente connesso al primo, è un'idea profondamente sbagliata che accompagna la mia generazione: che non sia bene andare a lavorare. Che il lavoro manuale sia cosa vile! :grr: Lo studio diventa così, forzato. E la cosa paradossale è che, proprio quando abbiamo esaltato la scelta dello studio, anzi l'abbiamo resa l'unica scelta possibile, abbiamo anche smesso di pretendere che i nostri allievi ... studiassero. :dunce: :crazy: :diavoletto: :drool: :dunce:
Altro paradosso, a forza di volere la laurea per i nostri figli, tutte le professioni ambite non valgono più, perché non assicurano più niente: né prestigio, né reddito (nota mia, vedi ad es. il Prince che, pur laureato, deve andare, per sbarcare il lunario, a vendere il Tavernello in Cina. :D :crazy: :diavoletto: ) Per non parlare poi di tutti quei ragazzi che, pur essendo iscritti da anni all'Università e con il livello così basso degli studi ... non si laureano nemmeno. :dunce: :dunce: :dunce:
Dario Di Vico scriveva sul "Corriere" : "In un Paese a basso tasso di occupazione, avere i posti di lavoro e non poterli coprire forse, più che un paradosso, è una sciagura. In Italia avremmo bisogno di 2,5 milioni di tecnici qualificati ed invece abbiamo un "esercito" di quelli che Giuseppe De Rita chiama "i qualcosisti". :grr: :grr: :grr:
Abbiamo anche il problema opposto (terzo macigno): dovremmo "liberare" non solo quelli che vogliono lavorare, ma anche chi vuole studiare. :old: Dico studiare nel senso ... che sapete. Saranno pochi, ma ci sono (diciamo un venti per cento). Essi non sono dei piccoli geni, ma giovani normali che provano interesse allo studio astratto che, nella scuola d'oggi incontrano notevoli difficoltà, perché l'isolamento e il rigore che lo studio richiede sono sempre stati bollati come elitari e quindi ingiusti, non solidali e colpevoli! Chi va bene a scuola, perché studia, è il nemico da abbattere! Il fraintendimento della parola "élite" è servito troppo spesso da alibi per coprire un'insofferenza ideologica. Infatti è appena il caso di ricordare che *elitario* non significa *per ricchi*, bensì *per pochi*, quei pochi che scelgono la fatica di uno studio rigoroso. :clap:


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Elitarismo ed egualitarismo

E pensare che l'arte, e nella fattispecie l'arte della parola, non isola mai ... Parte da un isolamento, per forza di cose, ma poi arriva agli altri. La voce degli artisti è quella degli individui per definizione, ma poi rappresenta l'umanità intiera. ;) Lo studio è uguale: c'è un primo tempo che ha bisogno di solitudine e poi c'è il secondo nel quale ciò che è maturato nella solitudine viene messo in circolo, usato *con* e *per* gli altri. :cincin: La massa ha invece paura dei pochi, perché sembrano dei privilegiati, degli eletti e quindi detestabili! :x Da qui l'odio per la parola *élite* ed i suoi derivati e così si isolano e si rifiutano proprio coloro (i pochi) che potrebbero meglio aiutare i tanti, meno avvantaggiati dalla sorte. In questo modo (separazione fra i "più idonei = aristoi e gli altri) abbiamo condannato le masse alla loro ignoranza (anche principesca :D ) e le "élite" alla loro gelida separatezza. :x
Dante, nella sua Commedia, isola i Grandi mentre li celebra e, dopo di lui, ancora per molti secoli l'umanità ha riconosciuto gli spiriti alti e quello che chiamiamo Umanesimo non è altro che una selezione degli (U)omini con i quali continuare, al di là del tempo, un colloquio. ;)
Quando A. Camus riceve il Nobel nel 1957 scrive: "Non posso vivere senza la mia arte, ma non ho mai posto quest'arte al di sopra di tutto. Se mi è necessaria, è proprio perché non si separa da nessuno e mi permette di vivere, qual sono, al livello di tutti. L'arte non è ai miei occhi un godimento solitario. E' un mezzo per destare emozioni, offrendo a tutti un immagine privilegiata delle sofferenze e delle gioie comuni. Essa obbliga l'artista a mettersi al servizio della verità, la più umile e la più universale. Ed è per questo che i veri artisti non disprezzano mai niente; si abituano a comprendere, invece di giudicare".
La vera democrazia deve stimolare e favorire il più possibile la diversità dei migliori, mentre quella falsa cerca di annientarla, perché la detesta, non la sopporta e probabilmente la invidia.
(Nota mia, l'esempio preclaro di demo/demagogia è proprio quello italiano, dove al potere (governo/opposizione) si sono trovati gente del calibro del BerlusKa, del Senatur, e di dIPIETRO) :grr: :grr: :grr:


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Inclinazioni e libertà

Seguire la propria natura dovrebbe essere la cosa più ... naturale. :D Ma non è così, perché è difficile essere consapevoli di sé ed essere certi del luogo verso cui naturalmente si pende (nota mia, il caso di Cuneghin è emblematico, perché all'età di 31 anni passati, non sa ancora "ciclisticamente" che cosa farà ... da grande. :bll: )
Dovremmo poter contare sui genitori, gli insegnanti, gli amici, anche se poi alla fine ...
L'altro giorno ho chiesto ai miei allievi: vi piacerebbe la la scuola prevedesse ogni tanto degli "stage" lavorativi? Ho visto i loro occhi illuminarsi. :) Temo davvero che abbiamo imprigionato i nostri ragazzi, credo che la follia iperegualitaria abbia creato questa massa infinita di giovani "forzati" e snaturati che ci sta di fronte. Liberiamoli! Bisogna che i ragazzi la smettano di "studiare" (cioè di andare a scuola) per far piacere a noi. :x Devono essere attirati dai libri, se scelgono di fare il liceo e poi l'Università. Altrimenti, per dirla con il mio amico di sopra si finisce per ... "avere un grido in cerca di una bocca". :grr:


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Il problema del pugile suonato

Rimae un unico, gigantesco problema: la scuola dell'obbligo attuale, dove prevalgono le attività di relazione, le modalità del gioco, gli strumentimultimediali, i metodi esperienziali. E' una scuola che va benissimo se poi i ragazzi scelgono di continuare così, ma se, per caso, scegliessero di voler *studiare* ... :dubbio: :dubbio: :dubbio:
Non sono preparati a passare dalle medie al Liceo, cadono dalle nuvole e dicono: ma io non ho mai studiato così, ma qui che cosa vogliono da me? Come si può risolvere questo problema, voi che dite? Per me è come se un ragazzo lo allenassimo per anni a fare pattinaggio e poi lo mandassimo ... "sul ring". :x Secondo me diventerebbe, dopo poco ... un pugile suonato. :x
Quindi, per me non ci sono alternative, dovrebbe essere la società a scegliere che tipo di scuola dell'obbligo dare ai nostri figli, ma questo non accade e allora ... :dubbio: :dubbio: :dubbio: Le famiglie dovrebbero avere un ruolo fondamentale, ma che cosa vogliono, forse non lo sanno nemmeno loro e molte volte la scelta è, di conseguenza, casuale, però se hanno lasciato che il proprio figlio guardasse per quattro ore (o più) al giorno la TV, se gli hanno regalato la "play-station" a cinque anni e il cellulare a otto, non possono pensare che tali scelte non si riflettano poi sul tipo di scuola che va meglio per loro. Certo il mondo non è così drastico e schematico come lo sto delineando, l'importante è però sapere quello che si vuole, in modo da poter prendere delle decisioni chiare e il più presto possibile. Quel che mi sembra affatto sbagliato è affidarsi al caso, senza osservare attentamente i propri figli e le loro inclinazioni. :x Osservare il bambino quando gioca ci regala una magnifica vista sull'essere umano "in fieri". Non so se si possa davvero scegliere lo stile scolastico più idoneo ai propri figli solo guardandoli giocare ai giardinetti ... Non vorrei arrivare a dire questo ... ma quasi. :)


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Emit Flesti
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Prima o poi, mi deciderò a intervenire anche in questo topic...:D :D :D :cincin:


"Il tempo è un servo, se tu sei il suo padrone. Il tempo è il tuo dio, se tu sei il suo cane. Noi siamo i creatori del tempo, le vittime del tempo e gli assassini del tempo [...] Il tempo è senza tempo..."
(Willem Dafoe/Wim Wenders, 1993)
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Emit Flesti ha scritto:Prima o poi, mi deciderò a intervenire anche in questo topic...:D :D :D :cincin:
Sarebbe meglio prima ... che poi. :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Padri (e madri) illuminati

Tutti conosco esempi di padri/madri poveri che avevano capito che far studiare il figlio/a era tutto (o quasi) ed hanno permesso loro di studiare, naturalmente con enormi "sacrifici". Però io vorrei che qualcuno scrivesse (del padre/madre) anche una lettera simile.
Non so se i miei genitori siano stati buoni o no. Cosa ne sa un figlio di quel che ha avuto e invece poteva avere? A me sono toccati costore e sai una cosa, per me sono stati due eroi. Persone che non si sono fermate davanti a niente, neanche di fronte ad un figlio che li ha "traditi". Lo sai che io non sono diventato quello che ... Ma devo riconoscere che mi hanno lasciato libero ed ho potuto scegliere la mia vita, come mi pareva. Adesso che non ci sono più, vorrei dire loro grazie, perché quando vi ho detto che volevo coltivare la terra (invece di seguire le orme di famiglia e studiare architettura), dopo qualche giorno di riflessione mi avete risposto: "Fai quello che credi meglio, caro figlio, basta che sia fatto bene!" :cincin:
Non si dimenticano cose così, la mia vita non è facile, ma è quella che volevo. Non ho uno studio importante, non giro il mondo, non sono diventato né ricco, né famoso, ma mi sento felice.
(nota mia, P.S.
Da qualche tempo mi gira in testa un'idea, forse potrei trovare qualcuno che facilitasse l'esportazione del mio vino in Cina che mi dicono sia un mercato in continua espansione.) :crazy: :diavoletto: :drool:
Erich Fromm nel 1941 scrisse un libro dal titolo emblematico "Fuga dalla libertà" La tesi fondamentale era che la libertà è di certo un valore grandissimo, ma è anche un peso insostenibile, perché ci chiede una grande responsabilità, esige da noi che diventiamo consapevoli di quel che siamo e coerenti con la nostra natura. La libertà esige che noi troviamo la nostra vera *identità individuale*, che è ciò che ci distingue e ci rende unici. E, appunto quel che auguro ai giovani oggi, ribaltando il titolo di fromm: di avere coraggio e fuggire verso la libertà.



FINE


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giusperito
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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tempo fa ebbi modo di scrivere questo piccolo articolo:
Dalle riforme impossibili alla riforma delle possibilità


Tutelare il merito e valorizzare le differenze dovrebbero essere i parametri di qualsiasi riforma scolastica che renda il diritto allo studio un diritto al proprio futuro.

In Italia possiamo dire che manchi tutto tranne le riforme della scuola. Non c'è ministro che in qualche modo non abbia sbandierato il proprio progetto megagalattico di trasformazione del sistema scolastico. La parola riforma, violentata nel suo significato, è diventata un termine onnicomprensivo di qualsiasi bislacca idea. La riforma Gelmini a pieno titolo si inserisce nel filone. La riforma che vorremmo, invece, è molto semplice e va tratteggiata a prescindere dagli spot politici. I punti di riferimento imprescindibili sono il merito e l'efficienza (dato il momento potremmo accontentarci dell'efficace, ma puntiamo ad un Paese normale).
In primo luogo è necessario garantire agli studenti la piena libertà nell'individuazione sia del percorso di studi sia dei soggetti deputati ad impartire tali conoscenze. In pratica si lascia allo studente, aiutato da appositi programmi di orientamento, la determinazione quasi totale delle materie che affronterà nel suo monte orario scolastico. Una volta determinato un programma di formazione valido per le scuole primarie, durante le quali lo studente acquisisce le nozioni fondamentali di grammatica e matematica, si permette a ciascuno di individuare quale percorso seguire, decidendo in piena autonomia cosa ritiene più utile ed opportuno per la sua crescita personale. Parallelamente le scuole sarebbe costrette a presentare una pluralità di offerte didattiche e di corsi che le costringerebbe a selezionare i migliori docenti e a pretendere che l'insegnamento sia di alto livello. Questa prospettiva potrebbe essere avversata da chi ritiene che in questo modo l'interesse collettivo ad una popolazione istruita (interesse che si lega anche alle esternalità positive derivanti dal livello di istruzione) venga messo nella completa disponibilità di singoli incompetenti e\o incapaci di scegliere il meglio tanto che gli studenti potrebbero orientarsi verso corsi meno impegnativi e con professori meno esigenti, creando in questo modo il risultato opposto in ordine alle competenze dei professori e in ordine alla loro stessa preparazione. Si tratta di critiche superficiali che non considerano come già normalmente nella massa degli studenti molti decidano di ritagliarsi un percorso semplificato non ostacolato in modo realistico né dai professori né dai debiti formativi. Spesso questo disimpegno si lega semplicemente ad errori di valutazione nel momento dell'iscrizione (errori non riparabili in itinere) e alla presenza di materie non gradite ma che devono essere studiate obbligatoriamente perché si possa conseguire il titolo di studio. Infatti si aumenterebbe la possibilità che i risultati siano migliori, permettendo agli studenti di creare un percorso di studi perfettamente adatto alle proprie capacità e volontà. Inoltre il percorso scelto sarebbe altamente qualificante e specializzante, evitando inutili dispendi di tempo in materie pressoché inutili o poco formative. La vera libertà consiste nella scelta e solo dalla scelta possono derivare direttamente incentivi all'impegno, perché oggi tutti gli studenti sanno che l'unico elemento di differenziazione degli uni dagli altri potrebbe essere il voto con cui si consegue il titolo, un semplice trofeo per i migliori un alibi di disimpegno per gli altri. Inoltre l'attuale sistema garantisce geni della matematica costretti ad investire il loro tempo a cavillare su questioni di letteratura o di storia e geni della scrittura costretti ad incespicare sui numeri. L'obiettivo principale di un sistema scolastico, invece, dovrebbe essere quello di valorizzare le differenze, rendendole occasioni di crescita e di affermazione personale e professionale. Infatti la libertà di autodeterminazione culturale, oltre ad essere un chiaro diritto dell'individuo, in quanto il percorso di studi inciderà in modo determinante sul suo futuro familiare, sociale ed umano, non solo esalta le capacità dei migliori, ma permette ai meno brillanti sia di responsabilizzarsi, assumendo la responsabilità del proprio futuro, sia di eliminare quanto proprio non gli riesce senza che ciò precluda la possibilità di eccellere laddove il proprio talento si manifesta.
Si tratta di rinnegare una volta e per tutte l'idea che lo Stato conosca meglio dell'individuo cosa sia giusto ed utile per il singolo, cioè eliminare quell'idea per cui tutti devono essere uguali anche nei desideri, nelle capacità e nella volontà. Non si può pretendere che un programma scolastico ideato secondo canoni arbitrari sia compatibile con ogni studente inteso come un'unità indifferenziata e priva di individualità. In Italia si è consolidato un sistema per cui ciò che è bene per uno deve essere necessariamente bene per un altro e ciò che poteva essere valido dieci anni fa continua ad esserlo oggi. Non è un caso che lo Stato si ritrovi con le sue tipiche lentezze, vedi la lunga resistenza della riforma Gentile, a rincorrere senza successo la società moderna velocissima, complessa e mutevole, abbandonando di fatto lo studente al suo destino. È una prospettiva ingiusta soprattutto per tutti coloro che hanno minori capacità economiche, ma uguale se non maggiore voglia di salire la scala sociale, di cambiare il proprio destino senza doversi scontrare con costosissimi corsi di perfezionamento e con anni di studi specializzanti durante i quali la disoccupazione potrebbe costringerli ad abbandonare tutto, provocando una chiara perdita di benessere sia per il singolo a cui viene sottratto il futuro sia per la collettività a cui viene negata l'esternalità positiva di un soggetto potenziale più capace e competente di un altro.
Tuttavia l'altro passo fondamentale sarebbe quello di creare un sistema scolastico in cui ci siano libere aggregazioni di soggetti competenti che offrono le loro capacità per “metter su scuola”. Un sistema che non deve essere piegato necessariamente alle mire economiche del privato, ma che permetta ai membri della società civile di aggregarsi per offrire istruzione in concorrenza con altri soggetti potenzialmente più preparati. Gli studenti si troverebbero a scegliere coloro che offrono le maggiori competenze e le offerte più attinenti ai loro obiettivi. Gli insegnanti sarebbe costretti a dimostrare il loro valore sul campo non solo all'inizio della loro carriera, ma per tutta la vita. Inoltre si eviterebbero posizioni corporativiste e di chiusura del mondo dei titolari nei confronti dei precari. L'offerta didattica diventerebbe, quindi, il risultato della domanda che a sua volta sarebbe orientata non al soddisfacimento di un mero percorso legale, ma alla realizzazione di un percorso formativo in grado di specializzare e di fornire le competenze per entrare nel mondo del lavoro e dell'università. Certo sarebbe necessario abolire il valore legale del titolo di studio, ma solo così si eviterebbe l'assurdo di master post laurea, di scuole di specializzazione e di voti di laurea e di diploma non corrispondenti a parametri oggettivi. Inoltre finirebbe lo spreco di risorse in istituti incapaci di adempiere alle funzioni a cui sono chiamati, ma efficientissimi nel tutelare le proprie cattedre grazie alla garanzia di regalare l'ambito pezzo di carta a studenti incapaci di scrivere legittimo con una sola g.


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Vittoria di tappa: Tour 2012 - 13a tappa: Saint-Paul-Troix-Châteaux - Le Cap d'Agde
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Giro d' Italia:
Posizione finale: Giro 2012 - 13° posto
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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giusperito ha scritto:tempo fa ebbi modo di scrivere questo piccolo articolo:
Dalle riforme impossibili alla riforma delle possibilità

Inoltre finirebbe lo spreco di risorse in istituti incapaci di adempiere alle funzioni a cui sono chiamati, ma efficientissimi nel tutelare le proprie cattedre grazie alla garanzia di regalare l'ambito pezzo di carta a studenti incapaci di scrivere legittimo con una sola g.
:clap: quanto al *leggitimo* a mio parere non è la cosa peggiore: si tratta solo di un influsso dialettale, come in toscana *accellerare*. Pensa inve te a tutti quelli che scrivono i monosillabi con l'accento? Qual mai potrà essere la giustificazione di una cosa simile? :dubbio: :dubbio: :dubbio:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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L'italiano, questo ... sconosciuto. :grr: http://video.corriere.it/acrobazie-ling ... fd72ebaa93


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Ricevo da una mia ex allieva che è andata oggi alla ...

1° prova del "concorsone"
La scuola di Borgo S.Lorenzo è davanti al deposito degli autobus Sita.
Giunta al parcheggio ho trovato un cartello formato A3 con indicazioni per l'aula dove dovevo recarmi, cartello che così recitava:
"CONCORSO PERSONALE DOCENTE.
PROVA PRESELETTIVA.
L'ingresso è davanti al parcheggio delle SITE :diavoletto:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Non so dove mettere quanto segue e quindi ho scelto questa discussione, visto che sempre di domande e risposte di tratta. :)

Qualcuno sa darmi risposta a questa domanda?

Chi ha studiato l'inglese sa come si traduce in inglese “Conti d’ordine dare “ e poi anche “avere” ?.

Mi serve per tradurre in inglese il bilancio di una società . Grazie.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lo consiglio anche qua, visto l'argomento è il topic che gli si addice di più. Un libro davvero bello, interessante, piacevole e che ti insegna qualcosa: Parlare L'italiano - Edoardo Lombardi Vallauri. Non parla di regole grammaticali, ovviamente c'è qualcosa, ma anche di come si parla nei giorni nostri, dell'influenza delle parole straniere, della pubblicità, della politica e quant'altro perchè abbiamo dimenticaato l'uso delle parole, perchè facciamo determinati errori, veramente un libro interessante. Ho letto diverse pagine questi giorni e una cosa mi ha colpito molto che è verissima, sacrosanta e legittima. Ovvero il professore Vallauri nel libro dice che utilizzare gli stessi vocaboli non è sbagliato, ma alla fine è banale, ci assopisce, tentare di utilizzare il vocabolo giusto, oltre che un esercizio per la mente e anche un apprezzare e conoscere appieno la nostra lingua che per tanti e tanti aspetti è davvero bella e vasta. Faccio un esempio banale a casa ho il forno a microonde però alla fine lo utilizzò solo per riscaldare le varie pietanze prima di mangiare :D oppure un altro esempio più calzante e realmente triste purtroppo è veder la gente utilizzare tramite computer o cellulari il mezzo internet per vedere siti pornografici, andare su facebook, giocare a poker online e altre piccolezze. :x


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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GiboSimoni ha scritto:lo consiglio anche qua, visto l'argomento è il topic che gli si addice di più. Un libro davvero bello, interessante, piacevole e che ti insegna qualcosa: Parlare L'italiano - Edoardo Lombardi Vallauri. Non parla di regole grammaticali, ovviamente c'è qualcosa, ma anche di come si parla nei giorni nostri, dell'influenza delle parole straniere, della pubblicità, della politica e quant'altro perchè abbiamo dimenticaato l'uso delle parole, perchè facciamo determinati errori, veramente un libro interessante. Ho letto diverse pagine questi giorni e una cosa mi ha colpito molto che è verissima, sacrosanta e legittima. Ovvero il professore Vallauri nel libro dice che utilizzare gli stessi vocaboli non è sbagliato, ma alla fine è banale, ci assopisce, tentare di utilizzare il vocabolo giusto, oltre che un esercizio per la mente e anche un apprezzare e conoscere appieno la nostra lingua che per tanti e tanti aspetti è davvero bella e vasta. Faccio un esempio banale a casa ho il forno a microonde però alla fine lo utilizzò solo per riscaldare le varie pietanze prima di mangiare :D oppure un altro esempio più calzante e realmente triste purtroppo è veder la gente utilizzare tramite computer o cellulari il mezzo internet per vedere siti pornografici, andare su facebook, giocare a poker online e altre piccolezze. :x
Applaudo al consiglio di leggere il libro del figlio di Luigi Lombardi Vallauri, che acquisterò subito. Per quanto riguarda invece utilizzare internet per giocare al poker online perché per te è sbagliato? Per me è una fonte di divertimento quando voglio, mentre mi sarebbe proprio impossibile giocare a Texas Holden dal vivo, visto che non mi riesce nemmeno di trovare una persona per giocare a tennis o al biliardo.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto:
GiboSimoni ha scritto:lo consiglio anche qua, visto l'argomento è il topic che gli si addice di più. Un libro davvero bello, interessante, piacevole e che ti insegna qualcosa: Parlare L'italiano - Edoardo Lombardi Vallauri. Non parla di regole grammaticali, ovviamente c'è qualcosa, ma anche di come si parla nei giorni nostri, dell'influenza delle parole straniere, della pubblicità, della politica e quant'altro perchè abbiamo dimenticaato l'uso delle parole, perchè facciamo determinati errori, veramente un libro interessante. Ho letto diverse pagine questi giorni e una cosa mi ha colpito molto che è verissima, sacrosanta e legittima. Ovvero il professore Vallauri nel libro dice che utilizzare gli stessi vocaboli non è sbagliato, ma alla fine è banale, ci assopisce, tentare di utilizzare il vocabolo giusto, oltre che un esercizio per la mente e anche un apprezzare e conoscere appieno la nostra lingua che per tanti e tanti aspetti è davvero bella e vasta. Faccio un esempio banale a casa ho il forno a microonde però alla fine lo utilizzò solo per riscaldare le varie pietanze prima di mangiare :D oppure un altro esempio più calzante e realmente triste purtroppo è veder la gente utilizzare tramite computer o cellulari il mezzo internet per vedere siti pornografici, andare su facebook, giocare a poker online e altre piccolezze. :x
Applaudo al consiglio di leggere il libro del figlio di Luigi Lombardi Vallauri, che acquisterò subito. Per quanto riguarda invece utilizzare internet per giocare al poker online perché per te è sbagliato? Per me è una fonte di divertimento quando voglio, mentre mi sarebbe proprio impossibile giocare a Texas Holden dal vivo, visto che non mi riesce nemmeno di trovare una persona per giocare a tennis o al biliardo.
Non è sbagliato giocarci, anche se essendo un gioco che crea dipendendza e non tutti siamo bravi a capire quando fermarci lo toglierei personalmente, ma non voglio essere drastico :D più che altro per me è sbagliato, utilizzare internet tramite smartphone, iphone, computer e quant'altro SOLO per giocare a poker online o stare su facebook o vedere cose pornografiche. Non so se è chiaro adesso :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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GiboSimoni ha scritto:Non è sbagliato giocarci, anche se essendo un gioco che crea dipendendza e non tutti siamo bravi a capire quando fermarci lo toglierei personalmente, ma non voglio essere drastico :D più che altro per me è sbagliato, utilizzare internet tramite smartphone, iphone, computer e quant'altro SOLO per giocare a poker online o stare su facebook o vedere cose pornografiche. Non so se è chiaro adesso :)
Ora ho capito (SOLO), però a me il poker fa l'effetto opposto: non mi riesce di starci più di mezz'ora al giorno. :) :cincin:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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maestro lemond e chiedo anche al maestro bitossi :D , si può utilizzare il termine "idola" ovviamente riferito a una donna? :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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GiboSimoni ha scritto:maestro lemond e chiedo anche al maestro bitossi :D , si può utilizzare il termine "idola" ovviamente riferito a una donna? :)
Direi di no: idolo è un sostantivo, non un aggettivo, e solo di genere maschile. Non è quindi paragonabile ad altri sostantivi che hanno versioni maschili e femminili, come quelli che designano professioni, o 'status' come i legami di parentela (zio/zia, nonno/nonna, ecc.).
Nel linguaggio figurato e metaforico succede spesso, a ben vedere anche al contrario. Per un uomo forte, abile, o che ha molto potere, si può dire "è una potenza", non "un potenzo"... :diavoletto:

PS: non avevamo già concordato che il termine 'maestro' è fuori luogo? 'Santità' (soprattutto per Lemond) è più che sufficiente... ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Bitossi ha scritto: PS: non avevamo già concordato che il termine 'maestro' è fuori luogo? 'Santità' (soprattutto per Lemond) è più che sufficiente... ;)
Occorre aggiungere anche un *Sua* :crazy: :diavoletto: :crazy:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Parlare Italiano, di Edoardo Lombardi Vallauri

Perché la lingua serve

Un primo fatto cruciale che rende utile la lingua può essere riassunto così: serve a comunicare con le persone. Se ne sei passabilmente "padrone" riesci a trasmettere abbastanza bene quello che pensi ed a comunicarlo nel modo più adatto ai tuoi interlocutori. Ad es. se sei uno studente, interrogazioni ed esami dipendono in larga misura dalla tua proprietà ed efficacia di linguaggio. Lo scriver bene non è il frutto di una mentalità scolastica ed arretrata, bensì una valutazione attuale che deve tener conto del rinnovato potere della parola, in un mondo sempre più intessuto di comunicazione. Inoltre, quando noi non parliamo, i nostri pensieri si servono della lingua per prendere forma e quindi il nostro pensare dipende, in buona misura, dalla qualità della lingua della quale ci serviamo. Un esempio credo possa servire. Se percepisco che il comportamento di una persona non mi piace, posso tradurre questa sensazione in pensieri più o meno precisi secondo il lessico di cui dispongo. Potrò dire in prima approssimazione che si comporta in modo brutto, ma mi servirà a poco, forse antipatico mi chiarisce di più che la spiacevolezza sta nella manifestazione, più che nell'essenza. Potrò andare ancora più a fondo e chiarire che l'antipatia è dovuta al suo essere "presuntuoso" e questo guiderà meglio i successivi rapporti con costui. Insomma la parola giusta permette di mettere a fuoco l'idea migliore e il comportamento conseguente da tenere. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Difficoltà di parole italiane

aeroplano e aeroporto sono meglio di areoplano o di aereoplano, perché queste parole sono formate dall'elemento di origine greca *aero*, che designa l'aria ed infatti un aeroplano è una cosa che *plana* nell'aria. ;)

meteorologo meglio di metereologo, perché la derivazione (sempre dal greco) è *meteora* che significa fenomeno atmosferico

Un'altra causa di errori in una parola può essere l'accento: baùle e non bàule, leccornìa, nòcciolo (nocciòlo è l'albero), guaìna (così come vagìna) sono le forme giuste. La ragione sta nella parola latina o straniera da cui queste parole provengono, ad es. guaìna viene dal latino vagina con la i di quantità lunga (-) il che significa che su quella sillaba lì cade l'accento.
Le pronunce diverse, talvolta sono così comuni, che ormai si tollerano, ma sono sempre errori.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Attenzione alle somiglianze ingannatrici: invenzioni di parole

Un musicista dilettante mi parlò una volta di certe *flautolenze*, di cui soffriva, se mangiava determinate pietanze. La parola che voleva usare, pur essendo parente vicina del flauto, è figlia invece del latino *flatus* -> fiato e infatti le *flatulenze* sono proprio dei fiati, seppur spostati. :D
Si dice canottiera (trattasi della maglietta che si usa per andare in canotto) e non *cannottiera*. A trarre in inganno è forse la doppia t che induce qualcuno a raddoppiare anche la n. Simile è il caso di *accellerare* invece del corretto accelerare (da celere = veloce) e così *avvallare*, anziché .., da avallo = garanzia. Quando qualcuno dice *a dorso nudo* in realtà intende *a torso* infatti il torso è tutta quella parte del corpo che sta fra la vita e il collo, mentre il dorso è solo la schiena. Siate *concisi* e non *coincisi*; la parola corretta viene dal latino e significa tagliato e quindi breve, ;) mentre il partecipio passato di concidere significa tutt'altro. O ancora (parole realmente sentite) alito per adito, autoparlante anziché altoparlante, fetiscente per fatiscente, leggiadro come leggero, anziché bello, stentoreo per stentato, schernirsi invece di schermirsi e reticente come riluttante. Concludo con una frase molto divertente: "Mi trovo bene con la professoressa di lettere, perché è abbastanza ... *lasciva* :crazy: :diavoletto: :drool:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto:"Mi trovo bene con la professoressa di lettere, perché è abbastanza ... *lasciva* :crazy: :diavoletto: :drool:
Hahahah

Io ho sentito una splendida "raggi ultraviolenti". :D Abbronzano in pochi secondi :D


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Attenzione alle parole difficili: interpretazioni errate

I politici fanno sempre discorsi *aleatori* in questo caso la parola viene usata a sproposito, perché aleatorio sta per rischio, dal latino "alea" -> dado e non per "fumoso".

La mia segretaria mette *anni luce* a battere una lettera. Ma *anni luce* indica una misura di distanza, non di tempo, Poiché l'espressione contiene anni, induce in errore. ;)

Il corso si può fissare telefonicamente, *previa* spedizione in un secondio tempo della caparra. Previo/a è un aggettivo che significa precedente e quindi disturba assai che compaia insieme ad "un secondo momento". :-( C'è da dire che ormai previo ha perso ogni significato in italiano corretto, da quando è entrato a far parte del burocratese, un po' come *iniziare*. :-(

Siamo arrivati in ritardo, *grazie* ad una foratura. Credo non servano commenti :D Stesso discorso vale per i verbi gustare e assaporare collegati a cose non piacevoli. :-(


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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http://www.lestorie.rai.it/dl/RaiTV/pro ... b4261.html

questa è la puntata dove ho conosciuto il professor Lombardi Vallauri e da quì ho consciuto una persona valida, una di quelle cui si può solo imparare, non solo nel suo campo... :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Attenzione ai termini troppo generici

Molti tendono ad usare sempre gli stessi pochi termini; non è un errore, ma impoverisce i contenuti della cominicazione. Es. "Per il poeta la visione della sua donna è una *cosa bellissima*. Lo scrivente in questo caso ha perso due buone occasioni, infatti al frase poteva essere "... è una sensazione sublime e dolcissima"; in questo caso chi non conosce il poeta si fa un'idea migliore dello stesso. Corollario di quanto detto è che se non ti sforzi di scegliere le parole giuste, spesso non hai ben chiaro neanche tu quello che stai pensamdo. ;)
Riflessione: occorre distinguere fra competenza passiva (le parole che conosciamo) e competenza attiva (quelle che usiamo) e lo sforzo da fare per automigliorarci è cercare il più possibile la coincidenza fra i due tipi. Ad es. *codesto* lo conoscono in molti, ma lo usano in pochi e, di solito per pigrizia mentale, sbagliano, perché non esiste un sinonimo. :-(
Un buon allenamento è la scrittura, perché si ha più tempo per cercare le parole e poi esse saranno disponibili anche nel parlato. :clap:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Lo spessore delle parole: sapere come è stato fabbricato lo strumento

le parole non sono entità semplici, la maggior parte ha molti significati. Ad es. per la parola *grana* ciascuno ne può pensare diversi. ;) Raramente i significati di una parola sono una semplice lista, rappresentano piuttosto un coacervo di valori collegati e dai confini incerti. Il formaggio *grana* ha questo nome, perché ... quindi è collegato al senso principale della parola. Con ogni probabilità anche il senso di denato dà l'idea di una pluralità di piccoli elementi tutti uguali o quasi, come lo erano i frammenti di metallo che servivano per lo scambio. Partendo da questo centro, la parola passa ad esprimere concetti diversi, ma collegati per analogia. E' un po' "mutatis mutandis" come la storia dell'evoluzione. :-) In conclusione, solo chi vede con chiarezza l'intiero quadro sarà capace di usare la parola al meglio. Si dice che una foto è sgranata, quando le piccole unità di colore che la compongono, diventano visibili all'occhio. :) Un consiglio per tutti: il modo migliore per non commettere "strafalcioni" è cercare sempre l'etimo della parola. :old:

P.S.

Per chi voglia esercitarsi: che differenza c'è fra *dotato d'ingegno" e "munito d'ingegno"? :dubbio: :)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto:Il formaggio *grana* ha questo nome, perché ...
"La falce non fa più pensare al grano, il grano invece fa pensare ai soldi"...


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Admin ha scritto:
lemond ha scritto:Il formaggio *grana* ha questo nome, perché ...
"La falce non fa più pensare al grano, il grano invece fa pensare ai soldi"...
Battiato è uno che alla lingua ci pensa. ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Sono davvero stanca, ho fatto un tour de france terribile.
Basta! Non voglio dare alito a queste polemiche.
È stato un avversario molto ostico e anche agnostico.
Anche l'occhio va dalla sua parte/Anche l'ottico vuole la sua parte.
Spezziamo un'arancia in favore della libertà.
Scambiamoci i connotati.
Che questo vi serva da monitor nella vita (frase famosa di LG :mrgreen:).
Ha bruciato tutte le mappe del successo.
Non mettere il dito nella piastra.
Eh, qui gatta ci cogna.
La lentezza e' il suo tallone da killer. (non è riferito a Di Luca)
Quando ho la pressione bassa cado in calesse.
Non posso mangiare dolci, ho l'abete alto.
"Si sa, gli omosessuali sono abusi a certe pratiche". La replica fu: "Purtroppo è nel mio carattere: sodomizzo tutto". :diavoletto:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Le parole straniere

In tutte le opoche ogni lingua ha accolto termini di altre culture . In Italia molti forestierismi erano stati adattati in modo tale da non sembrare più parole straniere, come ad esempio "guardare, brio o equipaggio", rispettivamente dall'antico germanico, dallo spagnolo e dal francese. Oggi la situazione è cambiata per vari ed ovvi motivi e sarebbe molto scomodo fare a meno di termini come "leasing" "routine" o "computer", soprattutto per brevità e chiarezza. Però non sempre questo vale, perché talvolta (nota mia: molto spesso) si vuol "vestire" un concetto di un alone straniero: le parole inglesi dànno, per lo più, sapore di modernità ed efficienza tecnologica, quelle francesi suggeriscono raffinatezza ed eleganza ...
D'altra parte la parola tedesca "Weltanschauung" non si limita a significare "visione del mondo" , ma evoca anche il clima e il contesto filosofico in cui questo concetto è stato sviluppato. In generale c'è il pro e il contro nell'uso (non smodato) delle parole straniere. Un'avvertanza è ovvia, anche se necessaria: bisogna stare attenti a non usarle a sproposito, altrimente il ridicolo è assicurato. :D (continua)


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Non usarle alla cieca

Esempi di alcune parole dette o scritte non seguendo il consiglio iniziale:

*Purpurri* (non certo scritto o pronunciato così) è un'espressione francese "pot-pourri" (vaso/piatto marcio) che si pronuncia con la degeminazione, perché in francese le doppie non esistono quasi mai, quindi *popurì*.

*Volavan*, qui con la pronuncia ci siamo, mentre lo scritto vero sarebbe "vol-au-vent" che significa volo al vento, termine usato per la loro leggerezza.

*In surplace* si è diffuso fra persone quasi colte per significare *agilità, morbidezza* confondendo con l'altra parola francese "souplesse" (continua)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Lemond, scusi, vol-au-vent", in famiglia la pronuncia era "vol ovan", mamma aveva fatto tutti gli studi in terra francese, papà solo in parte. Questa precisazione non è una critica a lei, ma un ricordo dei miei genitori. Si sa però che la pronuncia è diversa da una zona all'altra del paese.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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aria ha scritto:Lemond, scusi, vol-au-vent", in famiglia la pronuncia era "vol ovan", mamma aveva fatto tutti gli studi in terra francese, papà solo in parte. Questa precisazione non è una critica a lei, ma un ricordo dei miei genitori. Si sa però che la pronuncia è diversa da una zona all'altra del paese.
Hai ragione tu. :cincin:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Non è detto che sia inglese

Quasi tutti pensano di conoscere un po' d'inglese, mentre non è così per le altre lingue e questo fatto può produrre conseguenze e cioè pronunciare all'inglese parole che non lo sono. :x

Hinterland è tedesca e quindi va pronunciata come si scrive, così come Leit-motiv (motivo conduttore) che si pronuncia *laitmotiif*. La situazione diventa particolarmente drammatica con i nomi propri, come ad es. la Repubblica di Weimar, pensate un po' a chi la pronuncia all'inglese. :bll: Oppure I. Kant che qualcuno non distingue, nella pronuncia, da l'identità segreta di Superman, oppure E. Husserl e C.G. Jung tutti tedeschi. (Nota mia: ai tempi dell'università il professore di geografia si chiamava Nice (il prenome non lo rammento) e noi studiavamo sui suoi libri. Mentre assistevo all'esame di uno che mi precedeva e che non sembrava molto preparato, sentii il cattedratico chiedergli su quali testi si fosse preparato e lui candidamente rispose: "Su quelli di un certo Nais" :crazy: :diavoletto: :crazy: ).
Anche il francese è vittima dell'inglese: stage, budget, festival, dépliant, Canada sono tutte parole francesi. :)
Anche il latino ... media è diventato *midia*, così come errata corrige, qualcuno la pronuncia e la scrive (anche) ... :diavoletto:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Declinare o no?

La questione non si pone per i prestiti italianizzati e quindi il dubbio rimane solo per i plurali delle parole che terminano in consonante, tipo sport, computer, soviet o yogurt. La risposta potrebbe essere semplice: non si fa il plurale dei prestiti "acclamati" cioè parole ormai diventate comuni in italiano, mentre conviene declinare al loro modo le parole del tutto straniere. Però ci possono essere casi intermedi e allora un consiglio: nel dubbio è bene usare prudenza e quindi è meglio non mettere desinenze non nostre. Esiste anche l'interrogativo inverso: se una parola straniera è plurale non sempre ce ne accorgiamo, infatti si sente dire spesso: "Guarda che bel "murales" (o "silos") ".
I singolari (poco usati in italiano) sono invece mural e silo. Un altro aspetto, riguarda il genere che dovrebbe essere mantenuto, ma come si fa con il neutro? Di solito si rendono al maschile i neutri tedeschi: il "Leitmotiv" e il Terzo "Reich", ma la situazione è un po' meno chiara per l'inglese, dal momento che sono neutri tutti i nomi che non designano specificamente esseri animati di sesso maschile e femminile. Per es. "joint venture" in inglese è grammaticalmente neutro, ma da noi ci sembra più appropriato il femminile, perché in esso riconosciamo un termine di origine neolatina *ventura* che è femminile; lo stesso vale per "austerity" o "home page". Anche senza una somiglianza, come quella, in italiano si possono rendere al femminile le parole che nella nostra lingua (tradotte) sono di tale genere. Es. una "rockstar" perché stella ... Però ci sono eccezioni: il "web" è maschile, nonostante ... *la* rete. ;)


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Bitossi
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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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lemond ha scritto: [Anche il francese è vittima dell'inglese: stage, budget, festival, dépliant, Canada sono tutte parole francesi. :)
Qui forse conviene fare qualche precisazione, Carlo: sono tutti termini di derivazione latina, tranne ovviamente Canada che immagino abbia origini locali. I francesi saranno quindi stati i primi a sentirla, e a traslitterarla a modo loro.
Budget però è ormai in toto una parola inglese: deriva sì dal francese bougette, che però a sua volta deriva dal latino. Se continuiamo così arriviamo al sanscrito... :D
Come spesso succede, i francesi se la sono ripresa, e adesso dicono (più o meno) budje', e non bujett...
Secondo me quando una parola trova una sua forma nuova in un'altra lingua, diventa parte di quel vocabolario a pieno titolo, e si dovrebbe rispettarne anche la pronuncia. Altrimenti, appunto, dovremmo risalire alla preistoria.
Per quel che riguarda stage, fermo restando che si sente chiaramente la derivazione da "stare", so che gli inglesi si regolano così: lo pronunciano alla francese quando si intende "tirocinio" (e così colmano una lacuna del loro vocabolario: altrimenti bisognerebbe usare una perifrasi come "training period" o "unpaid work experience"), in forma anglosassone in tutti gli altri significati (palcoscenico, tappa dei GT, ecc.).

Per quel che riguarda i plurali delle parole straniere, io sarei per l'invariabilità totale, anche di quelle latine: chettedevodì, a me "fora" come plurale di "forum" fa ridere, e un po' pure "curricula"... ;)


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Bitossi ha scritto:
lemond ha scritto: [Anche il francese è vittima dell'inglese: stage, budget, festival, dépliant, Canada sono tutte parole francesi. :)
Qui forse conviene fare qualche precisazione, Carlo: sono tutti termini di derivazione latina, tranne ovviamente Canada che immagino abbia origini locali. I francesi saranno quindi stati i primi a sentirla, e a traslitterarla a modo loro.
Budget però è ormai in toto una parola inglese: deriva sì dal francese bougette, che però a sua volta deriva dal latino. Se continuiamo così arriviamo al sanscrito... :D
Come spesso succede, i francesi se la sono ripresa, e adesso dicono (più o meno) budje', e non bujett...
Secondo me quando una parola trova una sua forma nuova in un'altra lingua, diventa parte di quel vocabolario a pieno titolo, e si dovrebbe rispettarne anche la pronuncia. Altrimenti, appunto, dovremmo risalire alla preistoria.
Hai senz'altro ragione, l'interrogativo sorge però quando una parola è in due diverse lingue straniere, come prununciare appunto *festival* , ma soprattutto dépliant? Per me il modo francese è d'obbligo, così come ;)
Bitossi ha scritto: Per quel che riguarda i plurali delle parole straniere, io sarei per l'invariabilità totale, anche di quelle latine: chettedevodì, a me "fora" come plurale di "forum" fa ridere, e un po' pure "curricula"... ;)
Assolutamente d'accordo. :crazy: :cincin:


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Comportamenti linguistici di moda

Alcune marche di abbigliamento giovanile o di scarpe si sono avvicendate come simboli di un comportamento nel vestire, dell'accettazione prona e acritica di un modello di persona. Lo stesso vale per certi modelli di auto o per certi accessori di arredamento. Le ditte fabbricanti si sono certamente rallegrate delle abbondanti vendite, ma l'acquirente poteva ben essere giudicato una persona "plagiata" dalla moda. Per i comportamenti linguistici accade ... la stessa cosa. :-( In teoria non ci sarebbe niente di scorretto nell'usare la metafora *un attimino* per indicare una piccola quantità di qualcosa che non sia il tempo (anche se comunque sarebbe sufficiente attimo), però questa espressione è diventata troppo di moda e quindi chi si accorge di questa onnipresenza, tendo a farsi "un attimino" prudente. ;) Altre espressioni da evitare per lo stesso motivo sono/sono state *cioè, al limirte, a livello di, nella misura in cui, problemi di qualunque cosa etc. Autentici "passe-partout" che comparivano come il prezzemolo: buoni per tutti gli usi. ;) Al di là delle improprietà di significato, ciò che disturba è l'uso troppo frequente ed è per questa stessa ragione che occorre stare attenti quando si dice *senza se e senza ma, in prima persona, esternare, diciamo, mitico, fico/issimo*. Attenzione, non è che non si possano usare i termini di moda, basta farlo solo a ragione veduta, quando appunto servono veramente nel contesto della frase.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Il linguaggio giovanile

Queste parole non si possono contare ed hanno longevità molto diversa, ma resta comunque il fatto che se va bene fra loro, è difficile che questo linguaggio sia appropriato in altri contesti. Un esempio per tutti di italiano con traduzione giovanilistica: "Non ha fortuna con le ragazze, perché è scemo" - "Nessuna lo caga, perché è rinco". ;)

Ridondanza

C'è una regola implicita nella comunicazione linguistica, secondo cui bisogna evitare di dire cose inutili, per esempio "E' un uomo basso, di piccola statura", ;) oppure, un po' meno evidente, ma ... "Si prospetta la necessità di dover rimandare la riunione". Se è necessario, perché aggiungere dovere? Altro esempio di ridondanza inopportuna sono le costruzioni del tipo: quello che è ... ad es. "In questi anni Leopardi sviluppa (quelli che sono) i motivi fondamentali della sua poetica, Se si toglie la parentesi la frase guadagna in eleganza sintetica.
Concludiamo con "mi impegno in prima persona" :D


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Ipercorretismi burocratici


In questi casi siamo in presenza della ricerca maldestra di uno stile più elevato, credendo così di esprimersi in maniera più *corretta*. :-(
Il consiglio che posso dare è di stare attenti a non cadere in simili atteggiamenti e sappiate che di solito:

le persone muoiono e non decedono, i saluti si mandano alla moglie o alla signora e non alla sua signora, ci si chiama Mario Rossi e non Rossi Mario, etc.
Un tratto caratteristico del burocratese è la debordante invadenza della *d* eufonica e quindi è molto meglio Anna e io andiamo a Empoli, che non Anna ed io andiamo ad Empoli (mentre è giustificato dire/scrivere io ed Emma andiamo ad Asolo).
Inoltre è inutile *effettuare cancellazioni* quando è più semplice cancellare e, del pari: eseguire l'avviamento, sono incorso nel rivenimento, ho affettuato l'asportazione etc. :-) Queste espressioni, oltre a far sorridere le persone "di buon gusto" complicano anche la sintassi. :-(


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Ripetizioni anche parziali

Il ritornare della stessa parola a breve distanza disturba (io ho proprio l'ossessione di ciò e se proprio non ne trovo un'altra, metto ...:-) ). Meno ovvio, ma altrettanto vero è che non sono un bel sentire/leggere le ripetizioni anche di parte di di parole. Un esempio è il morfema -mente che si corre il rischio di usare troppo ... frequentemente. :D Per evitarle occorre un'attenzione particolare, ma se uno s'impegna ...


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Tratti che distinguono l'italiano *spontaneo* e *curato*

a) Parole sostenute o dimesse.

di davanti anteriore
di dietro posteriore
dell'occhio oculare
dell'orecchio auricolare
del padre paterno
del figlio filiale
di legno ligneo
speciale peculiare
quindi pertanto
braccia e gambe arti
macchina automobile
lavapiatti lavastoviglie
soldi denaro
costruire edificare
comprare acquistare
cambiare alterare
essere triste dolersi
errivare pervenire


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Tratti che distinguono l'italiano *spontaneo* e *curato*

b) Ripetizione pronominale

E' comune, nel parlato spontaneo, che una frase contenga un pronome *inutile* es. dagli la caramella anche a Luigi. Per quanto comuni, queste ripetizioni non sono corrette, anche se possono diventarlo , quando il nome viene aggiunto come una specie di ripensamento o di spiegazione: "Diglielo ... a Luigi". Stesso discorso per "a me mi piace", il cui senso è: parlando di me, devo dire che mi piace ed in questo caso la ridondanza è rafforzativa.

c) Ripetizione di locativi

Es. i fazzoletti di carta sono dentro nella borsa. :x

d) Forme contratte

L'alternativa fra *con il* e *col* riguarda proprio il tipo di linguaggio, più formale il primo, meno il secondo.

e) Gli unificato

*Gli* per *a lei* e *a loro* è un tratto ormai affermato dell'italiano spontaneo. Non disturba, perché nessuno, o quasi, se ne accorge, però la distinzione è ancora obbligatoria (a differenza del francese per *a lei*) nell'uso scritto.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Tratti che distinguono l'italiano *spontaneo* e *curato*

f) Sei stato te o sei stato tu?

g) Ho da fare o ci ho da fare? (nota mia, meglio sarebbe dire almeno *ciò* da fare,)

h) Stare a + infinito o stare più gerundio

es. sto a mangiare. :-( Usare con cautela, meglio mai. ;)

i) rafforzamento delle negazione

es. Non sono *mica* la tua serva. Mica in senso di negazione è di origine dialettale, così come *manco*

l) tempi verbali

Il passato remoto è ancora usato quasi solo in alcune regioni: Sicilia e Toscana e quindi la scelta di questo tempo rivela un tono piuttosto sostenuto. (Nota mia, invece c'è una bella regola grammaticale che distingue i due tempi, secondo che l'azione abbia o no ancora rapporti con il presente, es. Molti uomini morirono durante l'ultima guerra. E' stato Gesù a costruire la Chiesa).

L'anno prossimo andiamo in Giappone è meno formale di ... andremo in Giappone.


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Re: Lingua italiana, domande e risposte.

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Tratti che distinguono l'italiano *spontaneo* e *curato*

m) Modi verbali: congiuntivo e indicativo, imperativo mascherato

Il congiuntivo va senz'altro preferito di fronte a verbi che denotano incertezza, es. mi pare che sia finito tutto.

Simile, anche se meno rilevante, è la scelta fra le forme dell'imperativo identiche a quelle dell'indicativo: Si può dire ora vai a lavarti! oppure va' a lavarti. La scelta di usare le forme troncate (però con l'apostrofo che denota elisione :-( ) è un mezzo per ottenere maggior chiarezza. (nota mia, ma la eviterei, perché l'apostrofo è meglio non usarlo, se possibile con le parole tronche ad es. non capisco perché si scriva po' e non po?)

n) il *che* polivalente :-(

es. E' un posto che ci siamo già stati, dove si assume un ruolo di pronome relativo obliquo *in cui/nel quale* :-(

altri es. da evitare: Ci sono molti malati che non sai proprio cosa fare; questo è un caso che bisogna fare molta attenzione.

Dobbiamo sapere che quando usiamo questa parolina, lo facciamo allontanadoci dalla grammatica, perché la regola vorrebe che si usasse soltanto come pura congiunzione dichiarativa, oppure come pronome relativo, ma solo soggetto o eggetto (senza casi obliqui).


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