il ciclismo in Italia è finito

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
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Emit Flesti
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Emit Flesti »

Frank VDB ha scritto:Pur non avendo letto per brevità tutti i messaggi precedenti (mi scuso per eventuali ripetizioni), sono anch'io dell'opinione che il ciclismo italiano sia finito.
Il punto non è il rifiuto di uno sport di fatica: altrove il ciclismo è diventato sport molto trendy, associato anche alla promozione dell'uso urbano della bici e alla promozione della sua valenza ambientale tra le classi agiate. A Londra a vedere la prova olimpica c'erano un milione e passa di spettatori! E parliamo di un paese senza alcuna tradizione di ciclismo agonistico. A vedere le prove della pista c'era la famiglia Reale e Chris Hoy è diventato un eroe della delegazione inglese.
Da noi? Beh, da noi:
1) non si è mai fatta una seria politica di promozione giovanile, di tutela della bici e di veicolo per la mobilità;
2) non si è mai fatta azione di lobbing rispetto alle problematiche relative al traffico e alle strade: i genitori sono terrorizzati dal mandare un figlio alla scuola di ciclismo per i pericoli che subisce in strada! E hanno ragione.

E con questi due punti abbiamo spiegato già un buon 70% del perchè il ciclismo italiano è alla frutta: manca una seria azione di base di promozione della bici.

A cascata, poi, le conseguenze si vedono nel mondo professionistico: meno bambini allevati nelle squadre, meno professionisti, meno probabilità di trovare un fuoriclasse. Meno "appeal" del ciclismo e della bici sui potenziali spettatori, meno sponsor, meno investimenti, meno soldi per i grandi team o per i campioni, che scappano a correre all'estero.

Poi il ciclismo italiano soffre di eccesso di "parrocchialismo": gli amichetti della parrocchietta prima corrono, poi diventano direttori sportivi, o tecnici, o opinionisti, si autocelebrano nelle cene invernali, il tutto contribuendo a creare un ambiente da conventicola autoreferenziale. Da quella dei mostri sacri degli anni '60 e '70 intervistati tutti gli anni dalla Rai nelle tappe da sbadiglio del Tour, a quella dei pedalatori degli anni '80 e '90 diventati subito Ds, team manager o collaboratori di Rcs Sport. Gestiscono squadre ricorrendo alle cerchie della conventicola, senza un briciolo di preparazione manageriale, senza sapere cosa è la comunicazione, come si gestisce un campione... ricordatevi sempre che ai tempi in cui Pantani era il massimo sportivo italiano, aveva un portavoce personale (un disastro) mentre la squadra (che qualcuno lodava perchè i corridori potevano trovare famigliarità nel dialetto!!!) non era in grado di gestire mediaticamente un patrimonio di quel calibro.

Non voglio andare fuori tema e torno a bomba: ma voi dareste soldi a squadre così?! Cioè, con la crisi economica che c'è, voi daresti in mano 1,2 o 3 milioni di preziosissimi euro (pochi nel ciclismo di oggi) ad un ciclista ritiratosi qualche anno fa, con la pancia e la barba incolta che mette su una squadra in cui ognuno si allena a casa sua, con il suo massaggiatore e il suo medico, col rischio che poi venga travolto da qualche scandalo? No, non li daresti: li dareste magari ad una struttura magari eticamente più compromessa, ma con uno staff manageriale che curi al millimetro il profilo sportivo, la comunicazione, il merchandising, il business, il rapporto con la politica... in altre parole, gli stessi soldi, anzichè darli ad una squadra di ciclismo, li date ad una squadra di calcio di serie B, perchè vi sentite di avere fatto un migliore investimento.

E senza soldi, il ciclismo muore. Anche se è il maggior veicolo pubblicitario attualmente in circolazione, quanto meno in termini di rapporto tra investimento e visibilità.
Senza soldi non si allestiscono grandi squadre, non si allevano giovani, non si aprono squadre giovanili... non arrivano i successi e i nostri corridori migliori (quei pochi...) scappano all'estero.

Paradosso: da sport popolare il ciclismo è diventato sport di élite. Lo praticano banchieri, manager pubblici, presidenti della Rai, industriali di successo internazionale. Ma le loro aziende? Non scuciono una lira... un euro... niente. Ci sarà un perchè?

Forse perchè a sentire un vecchio trombone del passato che in tv, il giorno del trionfo di Wiggins a cronometro al Tour, non ha altro da dire che sui calzini neri dell'inglese che non erano il massimo... forse perchè andare in un raduno di partenza e sentire Ds che si esprimono in dialetto e che reclutano massaggiatori e meccanici un tanto al chilo, mentre Sky investe 20 milioni di euro ed ha una struttura aziendale di supporto ai corridori... forse perchè quando vedono che il mondo del ciclismo non fa nulla per togliersi di dosso la sua patina contadinotta (con rispetto parlando) e ama presentarsi con il volto del vecchio corridore semi analfabeta che fa ridere tutti... forse perchè quando hanno messo insieme questi elementi e quelli che non ho detto, al massimo organizzano una granfondo e lasciano lo sport della bici morire lentamente...
Mi associo agli apprezzamenti per il post di FVDB.
Credo però sia giusto mettere in evidenza due variabili non irrilevanti nel quadro da lui ben tratteggiato.
Innanzitutto, pur nella giusta critica delle competenze manageriali di molte figure naïf del ciclismo italiano, non approvo la correlazione con il mondo del calcio (peraltro gravato da scandali micidiali e da evidente incompetenza, data la situazione attuale). Non dobbiamo dimenticare che il ciclismo è, cronologicamente, la prima e più grande “vittima” della supremazia totale del calcio sugli altri sport italiani: un fenomeno che, per proporzioni, non ha eguali nel resto d’Europa e che, appunto, affonda le proprie radici nella Storia e nella storia politica del nostro Paese, a partire dal secondo dopoguerra. La questione è trattata in modo semplice, ma utile, in alcuni passaggi (cito a memoria, sperando di non ricordare male) del libro: D. Marchesini, L’Italia del Giro d’Italia, Il Mulino, Bologna 1996. :old: :)

La seconda variabile riguarda la struttura profonda del capitalismo italiano.
Quando FVDB scrive:
Frank VDB ha scritto:Paradosso: da sport popolare il ciclismo è diventato sport di élite. Lo praticano banchieri, manager pubblici, presidenti della Rai, industriali di successo internazionale. Ma le loro aziende? Non scuciono una lira... un euro... niente. Ci sarà un perchè?
...a me, immediatamente, vengono in mente nomi e volti di alcuni imprenditori che, complessivamente, stimo perché hanno saputo posizionare la propria produzione e i propri “marchi” anche sui mercati internazionali, senza limitarsi a usare il nostro Paese come “riserva di caccia” protetta.
Il “problema” di questi imprenditori è che il loro core business, storicamente e spesso ancora oggi, è legato a brand che coincidono con il cognome di famiglia.
Inutile nasconderci: chi si azzarderebbe a sponsorizzare con il proprio cognome uno sport che risulta, purtroppo, costantemente a rischio “scandali” (doping e altre amenità) come il ciclismo attuale? Non possiamo chiedere tanto a queste persone... :(
Certo, essendo imprenditori spesso dalle multiformi attività, potrebbero farlo con altri marchi, non riconducibili direttamente alla loro persona/famiglia. Potrebbero farlo, sostanzialmente, “di nascosto”…in questo caso, però, si tratterebbe di sostanziale beneficienza, non di sponsorship. Sinceramente, spero e credo che questi imprenditori già facciano beneficienza per cause umanitarie più importanti di uno sport professionistico ;)


"Il tempo è un servo, se tu sei il suo padrone. Il tempo è il tuo dio, se tu sei il suo cane. Noi siamo i creatori del tempo, le vittime del tempo e gli assassini del tempo [...] Il tempo è senza tempo..."
(Willem Dafoe/Wim Wenders, 1993)
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Emit Flesti
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Emit Flesti »

Frank VDB ha scritto:Pur non avendo letto per brevità tutti i messaggi precedenti (mi scuso per eventuali ripetizioni), sono anch'io dell'opinione che il ciclismo italiano sia finito.
Il punto non è il rifiuto di uno sport di fatica: altrove il ciclismo è diventato sport molto trendy, associato anche alla promozione dell'uso urbano della bici e alla promozione della sua valenza ambientale tra le classi agiate. A Londra a vedere la prova olimpica c'erano un milione e passa di spettatori! E parliamo di un paese senza alcuna tradizione di ciclismo agonistico. A vedere le prove della pista c'era la famiglia Reale e Chris Hoy è diventato un eroe della delegazione inglese.
Da noi? Beh, da noi:
1) non si è mai fatta una seria politica di promozione giovanile, di tutela della bici e di veicolo per la mobilità;
2) non si è mai fatta azione di lobbing rispetto alle problematiche relative al traffico e alle strade: i genitori sono terrorizzati dal mandare un figlio alla scuola di ciclismo per i pericoli che subisce in strada! E hanno ragione.

E con questi due punti abbiamo spiegato già un buon 70% del perchè il ciclismo italiano è alla frutta: manca una seria azione di base di promozione della bici.

A cascata, poi, le conseguenze si vedono nel mondo professionistico: meno bambini allevati nelle squadre, meno professionisti, meno probabilità di trovare un fuoriclasse. Meno "appeal" del ciclismo e della bici sui potenziali spettatori, meno sponsor, meno investimenti, meno soldi per i grandi team o per i campioni, che scappano a correre all'estero.

Poi il ciclismo italiano soffre di eccesso di "parrocchialismo": gli amichetti della parrocchietta prima corrono, poi diventano direttori sportivi, o tecnici, o opinionisti, si autocelebrano nelle cene invernali, il tutto contribuendo a creare un ambiente da conventicola autoreferenziale. Da quella dei mostri sacri degli anni '60 e '70 intervistati tutti gli anni dalla Rai nelle tappe da sbadiglio del Tour, a quella dei pedalatori degli anni '80 e '90 diventati subito Ds, team manager o collaboratori di Rcs Sport. Gestiscono squadre ricorrendo alle cerchie della conventicola, senza un briciolo di preparazione manageriale, senza sapere cosa è la comunicazione, come si gestisce un campione... ricordatevi sempre che ai tempi in cui Pantani era il massimo sportivo italiano, aveva un portavoce personale (un disastro) mentre la squadra (che qualcuno lodava perchè i corridori potevano trovare famigliarità nel dialetto!!!) non era in grado di gestire mediaticamente un patrimonio di quel calibro.

Non voglio andare fuori tema e torno a bomba: ma voi dareste soldi a squadre così?! Cioè, con la crisi economica che c'è, voi daresti in mano 1,2 o 3 milioni di preziosissimi euro (pochi nel ciclismo di oggi) ad un ciclista ritiratosi qualche anno fa, con la pancia e la barba incolta che mette su una squadra in cui ognuno si allena a casa sua, con il suo massaggiatore e il suo medico, col rischio che poi venga travolto da qualche scandalo? No, non li daresti: li dareste magari ad una struttura magari eticamente più compromessa, ma con uno staff manageriale che curi al millimetro il profilo sportivo, la comunicazione, il merchandising, il business, il rapporto con la politica... in altre parole, gli stessi soldi, anzichè darli ad una squadra di ciclismo, li date ad una squadra di calcio di serie B, perchè vi sentite di avere fatto un migliore investimento.

E senza soldi, il ciclismo muore. Anche se è il maggior veicolo pubblicitario attualmente in circolazione, quanto meno in termini di rapporto tra investimento e visibilità.
Senza soldi non si allestiscono grandi squadre, non si allevano giovani, non si aprono squadre giovanili... non arrivano i successi e i nostri corridori migliori (quei pochi...) scappano all'estero.

Paradosso: da sport popolare il ciclismo è diventato sport di élite. Lo praticano banchieri, manager pubblici, presidenti della Rai, industriali di successo internazionale. Ma le loro aziende? Non scuciono una lira... un euro... niente. Ci sarà un perchè?

Forse perchè a sentire un vecchio trombone del passato che in tv, il giorno del trionfo di Wiggins a cronometro al Tour, non ha altro da dire che sui calzini neri dell'inglese che non erano il massimo... forse perchè andare in un raduno di partenza e sentire Ds che si esprimono in dialetto e che reclutano massaggiatori e meccanici un tanto al chilo, mentre Sky investe 20 milioni di euro ed ha una struttura aziendale di supporto ai corridori... forse perchè quando vedono che il mondo del ciclismo non fa nulla per togliersi di dosso la sua patina contadinotta (con rispetto parlando) e ama presentarsi con il volto del vecchio corridore semi analfabeta che fa ridere tutti... forse perchè quando hanno messo insieme questi elementi e quelli che non ho detto, al massimo organizzano una granfondo e lasciano lo sport della bici morire lentamente...
Mi associo agli apprezzamenti per il post di FVDB.
Credo però sia giusto mettere in evidenza due variabili non irrilevanti nel quadro da lui ben tratteggiato.
Innanzitutto, pur nella giusta critica delle competenze manageriali di molte figure naïf del ciclismo italiano, non approvo la correlazione con il mondo del calcio (peraltro gravato da scandali micidiali e da evidente incompetenza, data la situazione attuale). Non dobbiamo dimenticare che il ciclismo è, cronologicamente, la prima e più grande “vittima” della supremazia totale del calcio sugli altri sport italiani: un fenomeno che, per proporzioni, non ha eguali nel resto d’Europa e che, appunto, affonda le proprie radici nella Storia e nella storia politica del nostro Paese, a partire dal secondo dopoguerra. La questione è trattata in modo semplice, ma utile, in alcuni passaggi (cito a memoria, sperando di non ricordare male) del libro: D. Marchesini, L’Italia del Giro d’Italia, Il Mulino, Bologna 1996. :old: :)

La seconda variabile riguarda la struttura profonda del capitalismo italiano.
Quando FVDB scrive:
Paradosso: da sport popolare il ciclismo è diventato sport di élite. Lo praticano banchieri, manager pubblici, presidenti della Rai, industriali di successo internazionale. Ma le loro aziende? Non scuciono una lira... un euro... niente. Ci sarà un perchè?
...a me, immediatamente, vengono in mente nomi e volti di alcuni imprenditori che, complessivamente, stimo perché hanno saputo posizionare la propria produzione e i propri “marchi” anche sui mercati internazionali, senza limitarsi a usare il nostro Paese come “riserva di caccia” protetta.
Il “problema” di questi imprenditori è che il loro core business, storicamente e spesso ancora oggi, è legato a brand che coincidono con il cognome di famiglia.
Inutile nasconderci: chi si azzarderebbe a sponsorizzare con il proprio cognome uno sport che risulta, purtroppo, costantemente a rischio “scandali” (doping e altre amenità) come il ciclismo attuale? Non possiamo chiedere tanto a queste persone... :(
Certo, essendo imprenditori spesso dalle multiformi attività, potrebbero farlo con altri marchi, non riconducibili direttamente alla loro persona/famiglia. Potrebbero farlo, sostanzialmente, “di nascosto”…in questo caso, però, si tratterebbe di sostanziale beneficenza, non di sponsorship. Sinceramente, spero e credo che questi imprenditori già facciano beneficenza per cause umanitarie più importanti di uno sport professionistico ;)


"Il tempo è un servo, se tu sei il suo padrone. Il tempo è il tuo dio, se tu sei il suo cane. Noi siamo i creatori del tempo, le vittime del tempo e gli assassini del tempo [...] Il tempo è senza tempo..."
(Willem Dafoe/Wim Wenders, 1993)
Bogaert
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Iscritto il: lunedì 13 dicembre 2010, 20:58

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Bogaert »

Altra bella notizia e altri corridori a piedi :boh:
Il Team Idea l'anno prossimo sarà esclusivamente una formazione dilettantistica. A comunicarlo è stato il General Manager Pier Garfuri che ha voluto sottolineare come in Italia sia particolarmente difficile far ciclismo per una formazione Continental. Le infinite vicende burocratiche, gli alti costi di gestione e tanto altro impediscono ad una giovane squadra di poter sostenere un progetto che si è comunque rivelato vincente. Il nostro augurio è quello di vedere nel 2014 nuovamente i colori della squadra lombarda in gruppo.

Ecco il comunicato, che non risparmia nessuno.

Il nostro progetto prosegue nel 2013 solo con il team dilettantistico. Dopo un susseguirsi di riunioni, incontri in comune accordo con gli Sponsor abbiamo preso una decisione. Con immenso rammarico ma in Italia è impossibile continuare, ci siamo trovati di fronte a delle scelte e riteniamo di aver scelto la strada che ci permette di continuare ad avere un team dilettanti all’altezza e di programmare il futuro in maniera più tranquilla per un ritorno al mondo professionistico magari con un team professional, se in Italia non cambieranno le disposizioni in materia Continental, come piu’ volte ventilato. A pochi giorni dalla chiusura delle affiliazioni team professionisti all’UCI è impensabile poter richiedere affiliazione in assenza di certezze poi per quanto riguarda i regolamenti attuativi in Italia. E’ giusto che a stagione finita si sollevi il coperchio e si portino all’esterno i problemi che per noi esistono in Italia . Iniziamo dicendo che del nostro progetto ben pochi hanno parlato e sostenuto, dei nostri risultati neppure, nessuno si è degnato di vedere le classifiche di Team ed individuali e scoprire che un team appena costituito e formato da giovani o da atleti scartati da altre società è riuscito a mettersi alle proprie spalle team professionistici ben piu’ quotati, ma noi siamo una formica, una continental e le continental in italia sono bistrattate sinonimo di avventurieri con scarsa organizzazione e professionalità…..peccato che in Italia costino piu’ di una professional. Altro problema i regolamenti e noi ci chiediamo il perché di tutto questo, perché in altre nazioni europee i regolamenti non impongono quello che viene imposto in Italia? Le continental nelle nazioni ciclisticamente evolute sono considerate il vivaio naturale per i grossi team, il passaggio obbligato per i giovani che non trovano spazio nelle pro tour e nelle professional qui no in Italia le continental sono delle società appestate, si cerca di non farle correre a partire dalla RCS ORGANIZZAZIONI SPORTIVE e gli altri organizzatori se ti invitano spesso ti fanno pagare le trasferte gli alberghi ecc. ecc. Allora ci poniamo la prima domanda ma perché da regolamento dobbiamo avere gli stessi costi di una professional se poi non ci fanno correre ci escludono e ci addebitano pure gli alberghi? Seconda considerazione, una professional si affilia all’UCI direttamente ottiene la licenza e se rispetta le regole non ha problemi di nessuna sorta, se non puo’ rispettare le regole nessuno dice nulla ed a fine stagione o si mette in regola o viene esclusa . In Italia no, per le continental abbiamo inventato un ente di controllo che impone alle società di avere un proprio collegio sindacale (3 commercialisti + 1) con costi aggiuntivi che certifica sotto propria responsabilità civile e penale trimestralmente tutti gli atti compiuti dalla società sportiva, non contenti di questo occorre trimestralmente produrre all’organo di controllo COVISP bilanci, buste paga estratti conti f24 DURC ecc. ecc. insomma le società sportive italiane hanno costantemente la finanza in casa, noi abbiamo pagati dalla società 4 commercialisti che ci certificano e poi altre 8 persone circa della COVISP che controllano il lavoro dei nostri commercialisti…..ha senso tutto questo? Si ha senso se il giro d’affari di una società sportiva è rilevante ma nel caso di una continental ritengo sia un voler creare paletti inutili tanto vale che si cancellino in Italia se dobbiamo agire così. Ci abbiamo provato in Italia, ma per gente come noi che lo fa per passione e non per profitto è impossibile. Un altro dato che immagino faccia rabbrividire…. come continental abbiamo fatto 63 giorni gara, un’inezia il costo di un Atleta che ha firmato per il minimo federale di € 27.500,00 è di 39.412,70 euro di puro stipendio pari ai € 107,98 al giorno ma non per giorno gara ma dal 1 gennaio al 31 dicembre, a questo dobbiamo aggiungere poi tutti i costi dai mezzi, agli alberghi al personale alle assicurazioni al tesseramento ecc. ecc. E oltre all’aspetto economico il fattore piu’ stressante è l’aspetto burocratico….si è vero una professional di matrice italiana ma di gestione estera affiliata all’UCI ha meno aspetti burocratici da rispettare. Ma perchè all’estero non esiste tutta questa burocrazia stressante ed assillante che c’è in Italia? Siamo tutti affiliati alla UNIONE CICLISTICA INTERNAZIONALE ma continuiamo a non capire perché solo in ITALIA ci sono determinate regole e in tutte le altre nazioni no? In tutte le altre nazioni vige il regolamento UCI in Italia è un mondo a se per le continental esiste un regolamento diverso , una domanda spontanea, ma allora sono fuori posto tutte le altre nazioni o in materia continental siamo fuori posto solo noi qui in Italia? Ti fanno pagare inoltre una tassa di iscrizione alla LEGA CICLISMO PROFESSIONISTICO ITALIANO, ma se poi sei trattato e considerato meno di un team dilettantistico perché buttare altri 5.000 Euro all’anno? Siamo consapevoli che questa nostra scelta scatenerà le ire di qualcuno e che in Italia per noi sarà vita dura, ci auguriamo di no perché vorrebbe dire costringerci veramente a chiudere tutto. Ci viene naturale ringraziare tutti quelli che hanno collaborato con noi e che si sono adoperati per noi anche a livello istituzionale che sono sempre stati al nostro fianco aiutandoci costantemente. Ci auguriamo che tutte queste persone si attivino per far si che le regole in Italia cambino, si riveda la legge 91 altrimenti il nostro ciclismo si impoverirà sempre più, non ci saranno piu’ team e neppure atleti, se le cose cambieranno saremo i primi ad attivarci per far si che con i nostri sponsor si riesca a fare in Italia quello che in altre nazioni si fa e cioè la crescita tramite le continental dei giovani campioni del futuro.


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Subsonico
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Subsonico »

questa è una signora mazzata, in completa controtendenza con le proposte della FCI. Altra figura barbina della federazione, ma credo che l'operazione continental sia solo un'operazione per salvare la faccia e per poter dire che la proposta continental è stata fatta.


VINCITORE DEL FANTATOUR 2016 SUL CAMPO: certe fantaclassifiche verranno riscritte...

"Stufano è un Peter Sagan che ha smesso di sognare (E.Vittone) "
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Pavè
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Pavè »

Che brutta notizia, davvero mi spiace molto. Un team che ha dato spazio a giovani che nella categoria U23 hanno avuto difficoltà , hanno fatto passare molti che dietro le spalle non avevano sponsor, dato fiducia a corridori dati per bolliti ed hanno ottenuto belle soddisfazioni.
Giusto il discorso del presidente quando mette in luce la differenza tra l' italia e il resto del mondo , le continental sono il bacino per il WT.


Cancellara, Valverde
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Maìno della Spinetta
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Iscritto il: giovedì 9 dicembre 2010, 15:53

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Maìno della Spinetta »

a cosa servono tutte quelle burcrazie?
A pagare i commercialisti, i 1000 laureati inutili di giurisprudenza, i politici corrotti.
Che domande,
certo che una continental deve costare tanti in Italia,
se no come campa la Bestia?

Mi spiace, perché il Team Idea era spesso all'attacco,
perché Palini è stato una grande rivelazioni dell'anno,
perché - e lasciatemi essere nostalgico - vedere la scritta Carrera in mezzo al gruppo fa sempre un certo effetto,
e ne sentirò la mancanza


“Our interest’s on the dangerous edge of things.
The honest thief, the tender murderer, the superstitious atheist”.
Andrew
Messaggi: 473
Iscritto il: venerdì 6 maggio 2011, 14:42

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Andrew »

mi dispiace veramente tantissimo....
non più di 20 giorni fa avevo scritto su questo forum che vedevo nel Team Idea una nuova realtà sulla quale puntare per il futuro del ciclismo italiano....
purtroppo in Italia alle belle idee invece di dargli una mano si fa di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote :muro:

ma il prossimo anno nelle corse italiane chi correrà?
niente più Acqua e Sapone, niente più Team Idea, l'Utensilnord non si sa, si rischia di rimanere sotto gli 80 corridori...


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Slegar
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Iscritto il: venerdì 10 dicembre 2010, 16:49

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Slegar »

Hat-Trick.

Dopo Miche e WIT anche il Team Idea chiude per gli stessi motivi.


Preservare lo spirito di quel tempo, in cui credevamo nell'unità e allo stesso tempo nella diversità

Nataša Pirc Musar, 8 febbraio 2024, presidente della Slovenia,
Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
Winter
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Iscritto il: giovedì 9 dicembre 2010, 19:33

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Winter »

Cioe' quali ?
Buste paga , F24 , Durc.. ma qualsiasi Partita Iva li fa..
Burocrazia ? come il resto delle persone che lavorano in proprio..

La Frase : "Un altro dato che immagino faccia rabbrividire…. come continental abbiamo fatto 63 giorni gara, un’inezia il costo di un Atleta che ha firmato per il minimo federale di € 27.500,00 è di 39.412,70 euro di puro stipendio pari ai € 107,98 al giorno ma non per giorno gara ma dal 1 gennaio al 31 dicembre, a questo dobbiamo aggiungere poi tutti i costi dai mezzi, agli alberghi al personale alle assicurazioni al tesseramento ecc. ecc. "

Per giorno di gara ? ma che discorsi sono ?

Nei professionisti non basta il rimborso spese.. ci vanno stipendi , buste paga ecc
Se no si resta dilettanti


herbie
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Iscritto il: sabato 26 febbraio 2011, 17:19

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da herbie »

Winter ha scritto:Cioe' quali ?
Buste paga , F24 , Durc.. ma qualsiasi Partita Iva li fa..
Burocrazia ? come il resto delle persone che lavorano in proprio..

La Frase : "Un altro dato che immagino faccia rabbrividire…. come continental abbiamo fatto 63 giorni gara, un’inezia il costo di un Atleta che ha firmato per il minimo federale di € 27.500,00 è di 39.412,70 euro di puro stipendio pari ai € 107,98 al giorno ma non per giorno gara ma dal 1 gennaio al 31 dicembre, a questo dobbiamo aggiungere poi tutti i costi dai mezzi, agli alberghi al personale alle assicurazioni al tesseramento ecc. ecc. "

Per giorno di gara ? ma che discorsi sono ?

Nei professionisti non basta il rimborso spese.. ci vanno stipendi , buste paga ecc
Se no si resta dilettanti

non so quanto sei al corrente della situazione economica dei corridori di queste squadre, che per molti aspetti anche tecnici indispensabili per lo più devono comunque arrangiarsi da soli facendo ricorso al proprio portafogli, ma per quanto ne so io il riconoscimento di questo stipendio, dei costi delle trasferte e degli alberghi non è certo la cosa più scontata. Nonostante ciò ci sarebbero ancora molti corridori che sarebbero disposti a correre anche con uno stipendio minimo federale minore. In un momento disastroso come questo, dove le speranze di non far smettere anche i corridori più forti delle prossime generazioni sono ridotte al lumicino, non sarebbe fuori luogo ridurre quel minimo per agevolare le squadre e gli sponsor che abbiano passione. La frase mi sembrava una critica a chi ha stabilito questo limite ormai purtroppo anacronistico.


Winter
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Iscritto il: giovedì 9 dicembre 2010, 19:33

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Winter »

Basta che ci mettiamo d'accordo le Continental son professioniste o no ?
Se lo sono i corridori devon esser pagati e assicurati , come normali lavoratori (professionisti)
Son appena riusciti ad aumentare gli stipendi e tu li vuoi diminuire (ma dov'e' finito Pacho ?)

http://www.cicloweb.it/news/2012/06/14/ ... a-squadre-
27.500 euro lordi.. ti sembrano tanti ? A occhio son 1.200 euro al mese..
800 posson andar bene ? poi si potrebbero non pagare i contributi ?

Ripeto La Frase è molto infelice


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pacho
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Iscritto il: giovedì 8 settembre 2011, 19:29

Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da pacho »

Eccomi :D
Herbie, credo che il problema delle finanze delle squadre non derivino certo dagli stipendi dei corridori!
Il problema come ben sai è molto più semplice: da un lato l'internalizzazione del ciclismo professionistico ha aumentato le barriere di ingresso dei team (=ci vogliono più soldi per fare una squadra che sia sufficientemente forte da essere invitata alle corse); dall'altro, il fatto che qui da noi il nocciolo delle sponsorizzazioni ciclistiche sia costituito dalle PMI ha fatto sì che le difficoltà economiche di queste ultime, le più colpite dalla crisi, si siano immediatamente tradotte in tagli alle voci marginali del bilancio (=come le sponsorizzazioni alle squadre, appunto).
Se a ciò aggiungiamo che negli ultimi 3 anni la lotta all'evasione abbia conosciuto, per motivi di forza maggiore (=crisi fiscale dello stato), un'accelerazione sensibile che ha di fatto posto un freno alla spirale sponsorizzazione/evasione, capiamo bene che il problema, a mio avviso, non è costituito dai 'costi di produzione' della squadra, bensì dalla mancanza di profitti e/o risparmi con i quali fronteggiare i costi, indipendentemente dal loro ammontare.
La ciliegina sulla torta poi è messa dalla Federazione che secondo me fa più o meno questo ragionamento, al netto delle lotte clandestine al suo interno: perché sovvenzionare e sostenere squadre professionistiche, quando sul breve termine abbiamo una massa enorme di corridori, in ambito amatoriale, ben disposti a sborsare 30-40-50 euro a domenica per gareggiare ( e moltiplicate questa cifra per 7000-8000 partenti quasi ogni domenica da marzo a ottobre)?

ps: sebbene formalmente vi sia il tetto minimo degli stipendi, molte squadre di fatto lo eludono (ad es., molti corridori si auto-pagano lo stipendio con gli sponsor personali che portano in squadra; altre non pagano gli stipendi; ecc ecc). E questo non ha certo aiutato queste squadre a mantenersi a galla.
pss: in ultimo c'è una questione di dignità: permetti che un giovane tra i 23-24 anni e 34-35 sia pagato uno stipendio decente con cui costruirsi una vita?
E ammesso e non concesso che della dignità non frega più a nessuno, la soluzione sarebbe semplice: gli stipendi superiori ad una certa cifra, ad es. 1 milione di euro, vengono tassati ed il prelievo trasferito ad un fondo che finanzia gli stipendi da fame.
Spesso ci si lamenta della mancanza di solidarietà tra i corridori. Iniziamo a costruirla su basi materiali, e vediamo che pian piano potrebbe trasferirsi anche in altri ambiti (la butto li: fronte comune contro la lotta al doping/antidoping farlocco?)


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Admin
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto:La ciliegina sulla torta poi è messa dalla Federazione che secondo me fa più o meno questo ragionamento, al netto delle lotte clandestine al suo interno: perché sovvenzionare e sostenere squadre professionistiche, quando sul breve termine abbiamo una massa enorme di corridori, in ambito amatoriale, ben disposti a sborsare 30-40-50 euro a domenica per gareggiare ( e moltiplicate questa cifra per 7000-8000 partenti quasi ogni domenica da marzo a ottobre)?
Questo, in prospettiva ma non solo, è il vero nodo della questione.


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herbie
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto:Eccomi :D
Herbie, credo che il problema delle finanze delle squadre non derivino certo dagli stipendi dei corridori!
Il problema come ben sai è molto più semplice: da un lato l'internalizzazione del ciclismo professionistico ha aumentato le barriere di ingresso dei team (=ci vogliono più soldi per fare una squadra che sia sufficientemente forte da essere invitata alle corse); dall'altro, il fatto che qui da noi il nocciolo delle sponsorizzazioni ciclistiche sia costituito dalle PMI ha fatto sì che le difficoltà economiche di queste ultime, le più colpite dalla crisi, si siano immediatamente tradotte in tagli alle voci marginali del bilancio (=come le sponsorizzazioni alle squadre, appunto).
Se a ciò aggiungiamo che negli ultimi 3 anni la lotta all'evasione abbia conosciuto, per motivi di forza maggiore (=crisi fiscale dello stato), un'accelerazione sensibile che ha di fatto posto un freno alla spirale sponsorizzazione/evasione, capiamo bene che il problema, a mio avviso, non è costituito dai 'costi di produzione' della squadra, bensì dalla mancanza di profitti e/o risparmi con i quali fronteggiare i costi, indipendentemente dal loro ammontare.
La ciliegina sulla torta poi è messa dalla Federazione che secondo me fa più o meno questo ragionamento, al netto delle lotte clandestine al suo interno: perché sovvenzionare e sostenere squadre professionistiche, quando sul breve termine abbiamo una massa enorme di corridori, in ambito amatoriale, ben disposti a sborsare 30-40-50 euro a domenica per gareggiare ( e moltiplicate questa cifra per 7000-8000 partenti quasi ogni domenica da marzo a ottobre)?

ps: sebbene formalmente vi sia il tetto minimo degli stipendi, molte squadre di fatto lo eludono (ad es., molti corridori si auto-pagano lo stipendio con gli sponsor personali che portano in squadra; altre non pagano gli stipendi; ecc ecc). E questo non ha certo aiutato queste squadre a mantenersi a galla.
pss: in ultimo c'è una questione di dignità: permetti che un giovane tra i 23-24 anni e 34-35 sia pagato uno stipendio decente con cui costruirsi una vita?
E ammesso e non concesso che della dignità non frega più a nessuno, la soluzione sarebbe semplice: gli stipendi superiori ad una certa cifra, ad es. 1 milione di euro, vengono tassati ed il prelievo trasferito ad un fondo che finanzia gli stipendi da fame.
su questa ultima frase, penso che sia inutile ancora pensare che una logica elementare possa ancora fare capolino. Bisogna cominciare a riflettere sul modo in cui far funzionare ugualmente le cose avendo a che fare con sistemi e regole evidentemente incoerenti, incompleti e autolesionistici.
Se prima si vuole incominciare a d adottare regole dalla logica semplice e immediatamente funzionanti è una battaglia persa in partenza.
Non si voleva dire che le continental chiudono perchè gli stipendi dei corridori sono troppo elevati. Chiudono perchè ovviamente, tra i tanti problemi congiunturali, SOPRATTUTTO il ciclismo professionistico non lo segue più nessuno e non ci sono luci all'orizzonte da un punto di vista sportivo capaci di ricoinvolgere il grande pubblico. Poi tutto il resto. Lo sportivo professionista però è una professione che ha dinamiche totalmente diverse dalla maggioranza degli altri impieghi.
Un anno a stipendio da fame pur di migliorare il proprio livello atletico, pur di correre e non restare fermo, partecipare con continuità alle corse ti fa crescere atleticamente, ha senso e come. Da un anno all'altro può cambiare molto. Cambia le prospettive professionali anche a breve termine. Ne vale la pena. Ovviamente, tutt'altra dinamica è quella del "normale" lavoro dipendente. Lì sempre lavori allo stesso modo, essere sottopagati è solo essere sfruttati ed inutilmente esuariti nelle proprie risorse umane, è esattamente il contrario. Sono dinamiche professionali molto differenti.
Di certo diminuire questo "minimo sindacale" non risolverebbe i problemi del ciclismo professionistico "di base", assolutamente no. Però non griderei allo scandalo, vedendo quanti corridori rimangono a piedi.


herbie
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Admin ha scritto:
pacho ha scritto:La ciliegina sulla torta poi è messa dalla Federazione che secondo me fa più o meno questo ragionamento, al netto delle lotte clandestine al suo interno: perché sovvenzionare e sostenere squadre professionistiche, quando sul breve termine abbiamo una massa enorme di corridori, in ambito amatoriale, ben disposti a sborsare 30-40-50 euro a domenica per gareggiare ( e moltiplicate questa cifra per 7000-8000 partenti quasi ogni domenica da marzo a ottobre)?
Questo, in prospettiva ma non solo, è il vero nodo della questione.
già.
E pericoloso a livello sociale.
Ma se non cominciamo a rifletterci noi praticanti....
finirà che al posto del Tour de France ci toccherà sorbirci la Maratona dles Dolomites....


Admin
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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herbie ha scritto:
Admin ha scritto:
pacho ha scritto:La ciliegina sulla torta poi è messa dalla Federazione che secondo me fa più o meno questo ragionamento, al netto delle lotte clandestine al suo interno: perché sovvenzionare e sostenere squadre professionistiche, quando sul breve termine abbiamo una massa enorme di corridori, in ambito amatoriale, ben disposti a sborsare 30-40-50 euro a domenica per gareggiare ( e moltiplicate questa cifra per 7000-8000 partenti quasi ogni domenica da marzo a ottobre)?
Questo, in prospettiva ma non solo, è il vero nodo della questione.
già.
E pericoloso a livello sociale.
Ma se non cominciamo a rifletterci noi praticanti....
finirà che al posto del Tour de France ci toccherà sorbirci la Maratona dles Dolomites....
Quella che ho grassettato è un'utopia bella e buona: qualche praticante potrà pure rifletterci individualmente, ma mi pare impossibile che "i praticanti" si mettano a riflettere su questo fatto. A che scopo? In quali termini?

Devono essere le politiche federali a capire quanto alla lunga ciò sia deleterio (che facciamo, limitiamo l'attività di punta, con le immaginabili ricadute sul medio-lungo termine, a livello di promozione?) e indirizzare opportunamente l'evoluzione del movimento.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Admin ha scritto:
herbie ha scritto: Ma se non cominciamo a rifletterci noi praticanti....
finirà che al posto del Tour de France ci toccherà sorbirci la Maratona dles Dolomites....
Quella che ho grassettato è un'utopia bella e buona: qualche praticante potrà pure rifletterci individualmente, ma mi pare impossibile che "i praticanti" si mettano a riflettere su questo fatto. A che scopo? In quali termini?

Devono essere le politiche federali a capire quanto alla lunga ciò sia deleterio (che facciamo, limitiamo l'attività di punta, con le immaginabili ricadute sul medio-lungo termine, a livello di promozione?) e indirizzare opportunamente l'evoluzione del movimento.
già solo il fatto di sborsare una certa cifra dovrebbe indurre a riflettere su quale genere di soddisfazione sportiva ci si aspetta di ottenere. E su quali siano gli altri prezzi che si pagano. A me sembrerebbe più probabile e logico che comincino a rifletterci quelli ci rimettono salute, ore e soldi, rispetto a quelli che, sul momento, ci guadagnano...


Dino
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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herbie ha scritto:
Admin ha scritto:
herbie ha scritto: Ma se non cominciamo a rifletterci noi praticanti....
finirà che al posto del Tour de France ci toccherà sorbirci la Maratona dles Dolomites....
Quella che ho grassettato è un'utopia bella e buona: qualche praticante potrà pure rifletterci individualmente, ma mi pare impossibile che "i praticanti" si mettano a riflettere su questo fatto. A che scopo? In quali termini?

Devono essere le politiche federali a capire quanto alla lunga ciò sia deleterio (che facciamo, limitiamo l'attività di punta, con le immaginabili ricadute sul medio-lungo termine, a livello di promozione?) e indirizzare opportunamente l'evoluzione del movimento.
già solo il fatto di sborsare una certa cifra dovrebbe indurre a riflettere su quale genere di soddisfazione sportiva ci si aspetta di ottenere. E su quali siano gli altri prezzi che si pagano. A me sembrerebbe più probabile e logico che comincino a rifletterci quelli ci rimettono salute, ore e soldi, rispetto a quelli che, sul momento, ci guadagnano...
premetto, non faccio Gran fondo, ma cosa bisognerebbe fare, vietarle? da un certo punto di vista li capisco, una delle poche cose con le quali è possibile fare qualche utile con il ciclismo...se il mercato c'è!!!

Il problema forse è che dovrebbe essere parallelo al movimento "agonistico" che purtroppo com'è già stato ben esposto sta scomparendo...


Mont Ventoux
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Mont Ventoux »

Il problema non è il ciclismo amatoriale ma cosa il ciclismo amatoriale è diventato negli ultimi anni. Le granfondo, sia grandi sia piccole, sono infatti diventate sia un vero e proprio business per chi le organizza sia una specie di valvola di sfogo per professionisti e dilettanti "trombati".
La conseguenza è stata sia l'innaturale innalzamento del livello del ciclismo amatoriale dovuta anche a questo travaso, che per conseguenza ha portato anche i normali cicloamatori ad esasperare il loro rendimento per cercare di stare al passo dei "fenomeni", sia lo spazio sempre minore che trovano le normali corse in circuito, che erano tradizionalmente il normale campo di prova per gli amatori, perchè è chiaro che a chi organizza conviene molto di più organizzare una granfondo fasulla con un'alta quota di iscrizione e centinaia di partecipanti piuttosto che organizzare una normale corsa su strada a 8 euro di iscrizione e 80 ciclisti al via.
Le granfondo prima di tutto hanno rovinato il ciclismo amatoriale tradizionale, io me ne sono accorto e infatti le evito quasi completamente e mi dedico solamente alle gare normali.

Per il resto condivido davvero le considerazione di Frank VDB sulla sensazione di provincialismo che emana dal ciclismo italiano, anche ai livelli più alti. Autocelebrativo e pieno di sterile ancoraggio al passato. Peraltro questo elemento è anche altamente indicativo di quanto basso sia l'interesse e l'appeal che il ciclismo attuale e i suoi protagonisti riscuotano in Italia. Giusto celebrare gli anni di Gimondi ma altrettanto triste è pensare che probabilmente Gimondi sia ancora il ciclista italiano più noto, perchè almeno lo conoscono le persone dalla mezza età in sù.


Frank VDB
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Frank VDB »

Ragazzi, fate attenzione!
Se vogliamo parlare dei problemi o delle opportunità del ciclismo amatoriale, possiamo farlo a lungo, e verrebbero fuori tanti spunti tutti interessanti.
Ma se parliamo del fatto che "il ciclismo in Italia è finito", intendendo il ciclismo nel suo complesso (con particolare interesse all'ambito agonistico professionistico e dilettantisico), beh... attualmente il ciclismo amatoriale è l'unica branca di successo dell'intero movimento: mai quanto oggi ci sono tanti cicloamatori (turisti, agonisti, granfondisti, randonneurs, mountain-bikers, anziani panzoni e chi più ne ha più ne metta) per strada in Italia.
Attualmente il mondo del ciclismo amatoriale (che io chiamerei ciclismo di base, per non fare confusione) è l'autentica linfa buona del movimento:
1) da fiato al mercato della bicicletta e al suo indotto (abbigliamento, etc.)
2) dalle famiglie dei cicloamatori emergono i pochi ragazzini che ancora si vogliono cimentare con il ciclismo giovanile
3) le società con tante difficoltà organizzano gare giovanili o, in alcuni casi (azzardando nel rischio di fare saltare i bilanci), tengono in piedi gare elite e under 23 altrimenti spazzate via dalla storia
4) i ciclisti di base sono il grande pubblico che ancora affolla le strade delle grandi corse, spingendo gli sponsor a scucire ancora un pò di denaro


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Bob Fats
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Bob Fats »

Quindi per qualche utente le Gran Fondo sono il male da estirpare per permettere al ciclismo italiano di non morire? A differenza di qualcuno io queste grandi manifestazioni che riuniscono ogni tipo di ciclista, dal professionista trombato, all'amatore di ogni ordine e grado, al camperista ciclista con famiglia (quale io sono), al panzone, io le frequento e mi ci diverto pure. Quindi? Posso essere accusato di omicidio del ciclismo italiano? Direi proprio di no!
Penso invece che tutte le persone che amano il ciclismo e che frequentano ogni tipo di corsa, gimcana, fiera di paese, a loro modo aiutano il movimento, ne sono la linfa, come già sottolineato da Frank VDB, che saluto caramente dopo aver combattuto con lui sui muri di Arenzanberg, é da ricercare altrove la causa di quanto riporta il titolo di questo thread. Dove? Adesso vado a dormire e magari la notte mi porterà consiglio...
:D


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pacho
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da pacho »

pacho ha scritto: La ciliegina sulla torta poi è messa dalla Federazione che secondo me fa più o meno questo ragionamento, al netto delle lotte clandestine al suo interno: perché sovvenzionare e sostenere squadre professionistiche, quando sul breve termine abbiamo una massa enorme di corridori, in ambito amatoriale, ben disposti a sborsare 30-40-50 euro a domenica per gareggiare ( e moltiplicate questa cifra per 7000-8000 partenti quasi ogni domenica da marzo a ottobre)?
Credo che la piaga che sta prendendo il discorso sulle GF derivi da un'estremizzazione da quanto scritto sopra dal sottoscritto (ah, preciso che ho appena iniziato a fare GF e credo che continuerò a farle...ergo, non ho nulla in contrario)

Naturalmente, il problema non è l'amatore, il panzone, il cicloturista, la famiglia o il professionista fallito che fa le Gf, ognuno con uno spirito diverso. Ci mancherebbe altro.
Al contrario, il problema è che la Federazione, facendo due conti, semplicemente ha deciso di sorreggere questo tipo di manifestazioni, sacrificando il ciclismo professionistico. Semplicemente, perchè con le GF si riesce a fare cassa sul breve periodo (per i motivi sopra esposti, paghi per correre, e non il contrario), mentre con le decine di corse professionistiche che stanno scomparendo negli ultimi anni, no.
Il punto centrale è che a mio avviso c'è una complementarietà, o trade off, tra i due fenomeni. Si trova tanto dinero per la 5 stars league, con copertura della corsa con elicotteri e diretta televisiva, mentre corse storiche del panorama professionistico italiano vengono fatte morire.

Ps: mi sembra(va) palese che il 3D fosse riferito al ciclismo professionistico (inteso come l'universo che va dal ciclismo giovanile, junior, under per arrivare ai prof).
Pss: trovo vergognoso che si arrivi a far pagare 100 mila lire per partecipare ad una corsa in bicicletta come successo nella GF di Roma.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto:
Al contrario, il problema è che la Federazione, facendo due conti, semplicemente ha deciso di sorreggere questo tipo di manifestazioni, sacrificando il ciclismo professionistico.
Semplicemente, perchè con le GF si riesce a fare cassa sul breve periodo (per i motivi sopra esposti, paghi per correre, e non il contrario), mentre con le decine di corse professionistiche che stanno scomparendo negli ultimi anni, no.
Il punto centrale è che a mio avviso c'è una complementarietà, o trade off, tra i due fenomeni. Si trova tanto dinero per la 5 stars league, con copertura della corsa con elicotteri e diretta televisiva, mentre corse storiche del panorama professionistico italiano vengono fatte morire.

Ps: mi sembra(va) palese che il 3D fosse riferito al ciclismo professionistico (inteso come l'universo che va dal ciclismo giovanile, junior, under per arrivare ai prof).
Pss: trovo vergognoso che si arrivi a far pagare 100 mila lire per partecipare ad una corsa in bicicletta come successo nella GF di Roma.
diciamo che 50 euro SOLO per partecipare ad una corsa dove poi qualunque danno riportato anche accidentalmente rimane a tuo carico, oltre alle spese della trasferta, lo stress della mezz'ora/ ora/ ora e mezzo in griglia giusto prima di 8 ore di bici ecc. ecc. uno decide lui se è il caso di OFFRIRLE oppure no in base alle sue valutazioni.
Per quanto mi riguarda ne varrebbe forse la pena nel caso che mi potessi divertire NEL fare la gara, ovvero almeno potessi CAPIRE in quale posizione sono e in base a quello fare la mia gara facendo le mie scelte e giocando le mie carte nell' ottica di un piazzamento in tale GARA.
Tale prospettiva nel caso delle garette locali in circuito a cui faceva riferimento Mont Ventoux esiste quasi per tutti, e lì l'agonismo amatoriale con tutte le sue poco edificanti dinamiche non lo amo particolarmente, ma tuttavia posso arrivare a comprenderlo. La competizione c'è, è aperta, si può partire e si può arrivare davanti, non parto già sconfitto dal primo metro visto che ho davanti 1500 concorrenti e un paio di minuti di ritardo come minimo, e un gap di preparazione colmabile solo nel caso che salutassi moglie, figli e lavoro.
Viceversa, divertirmi NEL fare un giro in bici in posti belli, ci riesco molto meglio da solo o con i miei amici senza lo stress e i pericoli derivanti da quella folla di scatenati inseguitori di tutto e di tutti, per lo più inseguitori dell'amico di una vita al quale, chissà per quale motivo, hanno qualcosa da dimostrare....chiuso OT.

E' vero che l'attività amatoriale è un serbatoio di risorse economiche e umane di grande quantità.
Ma la stessa cosa sarebbe anche se l'attività amatoriale assumesse altre forme, che aveva PRIMA delle gran fondo e che potrebbe sempre tornare ad avere.
Basta andare in Francia o Belgio o Germania per capire che i grandi numeri si farebbero anche con le cicloturistiche, le randonnee, financo i brevetti permanenti, quando mediaticamente propagandati e curati come da noi lo sono le gran fondo.
Un mezzo buono secondo me sarebbe accoppiarle alle corse professionistiche, come avviene per le classiche del nord.
In questo modo ritorniamo in tema, :D l'attività amatoriale invece di ingnorare totalmente il patrimonio storico delle corse professionistiche rimanendone del tutto parallela, re-indirizzerebbe alla corsa del giorno dopo, che l'amatore ha provato il girono prima. Ma la gara vera di 250 km. la fa il professionista con tutte le tutele e le sequele del caso. L'amatore, il quale da se soltanto tutela la propria salute, fa il percorso, ma NON la gara.
Dove l'amatore tutto sommato posso tutelarlo, ovvero in gare con numeri limitati, su circuiti ben circoscritti in una piccola area, e su distanze dove la preparazione essenzialmente dopo-lavoristica permetta di prepararsi adeguatamente anche a chi ha orari meno agevoli, allora lì l'amatore FA LA GARA, tutto sommato con pari opportunità per tutti.


Belluschi M.
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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herbie ha scritto: non parto già sconfitto dal primo metro visto che ho davanti 1500 concorrenti e un paio di minuti di ritardo come minimo, e un gap di preparazione colmabile solo nel caso che salutassi moglie, figli e lavoro.
Viceversa, divertirmi NEL fare un giro in bici in posti belli, ci riesco molto meglio da solo o con i miei amici senza lo stress e i pericoli derivanti da quella folla di scatenati inseguitori di tutto e di tutti, per lo più inseguitori dell'amico di una vita al quale, chissà per quale motivo, hanno qualcosa da dimostrare....chiuso OT.
Ma scusami (parlo da ignorante), la posizione in griglia presumo sia determinata dal valore del ciclista, in base probabilmente ai piazzamenti ottenuti nelle varie gare. O mi sbaglio?

Perché in questo caso non vedo quale sia il problema. Parti nelle medesime condizioni di chi è al tuo livello, mentre chi ti sta davanti non lo batteresti neanche se gli partissi di fianco.
L'unico problema si manifesta per chi rientra alle competizioni dopo anni senza gare (tipo mi par di capire Pacho) e quindi viene spedito in ultima griglia. Ma presumo che dopo 2-3 gare di sbattimento di palle, nelle successive passi mano a mano nella griglia che ti compete.

Se la premesse iniziale fatta è errata, chiedo scusa.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Herb,
Diamine! È ne più ne meno la mia opinione sulle gf!
Come è possibile?? :P


...oh, ghè riat Dancelli!
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pacho
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Apro e chiudo OT subito:secondo me il meccanismo delle griglie così com'è, è demenziale perchè avvantaggia ancora di più chi parte già avvantaggiato (vuoi perchè è pagato per fare l'amatore, ha più tempo libero per allenarsi, ecc). Una cosa con un minimo di senso prevederebbe che più sei forte, più parti in fondo. Più sei debole, più parti davanti.

In altri termini, si dovrebbe passare dall'applicazione del principio di uguaglianza formale - uno sta nella griglia più avanzata secondo i risultati (meriti) acquisiti, ad uno (più umano) di uguaglianza sostanziale. Marx e Lenin ne chiariscono il motivo:

"Un "uguale diritto", dice il primo, "è ancora il "diritto borghese", che, come ogni diritto, presuppone la disuguaglianza. Ogni diritto consiste nell'applicazione di un'unica norma a persone diverse, a persone che non sono, in realtà, né identiche, né uguali. L'"uguale diritto" equivale quindi a una violazione dell'uguaglianza e della giustizia. Infatti, per una parte uguale di lavoro sociale fornito, ognuno riceve un'uguale parte della produzione sociale."
Il problema, come specifica Lenin, è che gli individui però non sono uguali: uno è più forte, l'altro è più debole, uno è ammogliato, l'altro no, uno ha più figli, l'altro meno, ecc.
Conclude pertanto Marx:"...supposti uguali il rendimento e quindi la partecipazione al fondo di consumo sociale - l'uno riceve dunque più dell'altro, l'uno è più ricco dell'altro e così via. Per evitare tutti questi inconvenienti, il diritto, invece di essere uguale, dovrebbe essere disuguale."


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto:Apro e chiudo OT subito:secondo me il meccanismo delle griglie così com'è, è demenziale perchè avvantaggia ancora di più chi parte già avvantaggiato (vuoi perchè è pagato per fare l'amatore, ha più tempo libero per allenarsi, ecc). Una cosa con un minimo di senso prevederebbe che più sei forte, più parti in fondo. Più sei debole, più parti davanti.

In altri termini, si dovrebbe passare dall'applicazione del principio di uguaglianza formale - uno sta nella griglia più avanzata secondo i risultati (meriti) acquisiti, ad uno (più umano) di uguaglianza sostanziale. Marx e Lenin ne chiariscono il motivo:

"Un "uguale diritto", dice il primo, "è ancora il "diritto borghese", che, come ogni diritto, presuppone la disuguaglianza. Ogni diritto consiste nell'applicazione di un'unica norma a persone diverse, a persone che non sono, in realtà, né identiche, né uguali. L'"uguale diritto" equivale quindi a una violazione dell'uguaglianza e della giustizia. Infatti, per una parte uguale di lavoro sociale fornito, ognuno riceve un'uguale parte della produzione sociale."
Il problema, come specifica Lenin, è che gli individui però non sono uguali: uno è più forte, l'altro è più debole, uno è ammogliato, l'altro no, uno ha più figli, l'altro meno, ecc.
Conclude pertanto Marx:"...supposti uguali il rendimento e quindi la partecipazione al fondo di consumo sociale - l'uno riceve dunque più dell'altro, l'uno è più ricco dell'altro e così via. Per evitare tutti questi inconvenienti, il diritto, invece di essere uguale, dovrebbe essere disuguale."
Perdonami ma non sono d'accordo nel modo più totale.
In modo concreto, è un meccanismo inapplicabile, perché creerebbe casini non indifferenti con annesso aumento dei pericoli. Immaginati davanti in prima fila quelli che han tolto le rotelle dalla bici da due mesi e ultimi i più forti. Pronti via e iniziano scene da far west con tentativi impossibili di sorpasso che porterebbero cadute stile domino.

Ma tralasciamo questo e parliamo nel campo teorico. Chi arriva davanti alle gare, sacrifica con certezza molto più tempo della sua vita nell'allenarsi rispetto a chi arriva dietro. Cercare di operare un'equiparazione, equivale a creare un'ingiustizia nei confronti di quest'ultimi.
Nelle prime 20 posizioni della classifica di una GF, supponiamo per ipotesi ci siano 12 amatori professinsti, 3 figli di papà mantenuti che corrono e basta e 5 lavoratori normali (8 ore al giorno) che fanno salti mortali per allenarsi.
La regola da te applicata, sarebbe giusta per i 3 figli di papà, che godono di uno status da priviligiati.
- Per i 12 amatori professionisti sarebbe ingiusta, perché nel bene o nel male è il loro lavoro (e non credo proprio facciano la bella vita, specie se si mettono a pensare al futuro) e verrebbero penalizzati. Fare i professionisti poi non è così una passeggiata. Non tutti ci riuscirebbero Oltre alle gambe serve la testa per reggere certi tipi di sacrifici.
- Per i 5 lavoratori sarebbe ingiusta all'n-esima potenza. Il motivo è chiaro. Trascurano una marea di aspetti (magari famiglia compresa) e vengono comunque portati alo stesso livello di chi si allena meno di loro.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da pacho »

Secondo me fai un po' di confusione.

-se correre è la tua professione, per definizione sei un professionista e non amatore. Ergo, aria.
- Non so se sia mai venuto a contatto con il mondo del lavoro, ma ti metto al corrente che farsi 8-9 ore di fonderia e cantiere al dì, non è proprio come farsi 6 ore di sportello bancario, di studio commercialista, il prete, lo sbirri, l'insegnante,ecc con pausa dalle 12.30 alle 15.00 tutti i giorni, sabato e domenica a casa. Ergo,spesso, chi va meno non è perchè è un lavativo che non ha voglia di allenarsi, ma molto più semplicemente perchè non ne ha il tempo e/o le forze.
- Quindi, è giusto che il commercialista o gente come il sottoscritto che a livello fisico sul luogo di lavoro non facciamo un cazzo (e quindi siamo più freschi e abbiamo più tempo di allenarci) siamo ulteriormente avvantaggiati dal regolamento della corsa (partiamo più avanti perché nella maggior parte dei casi facciamo una vita meno di merda di altri, e quindi abbiamo più tempo di allenarci)?!

Non so...è questione di sensibilità. C'è chi interiorizza l'egoismo e la competizione proprio del modello di società in cui siamo immersi. E con fare da giudice equanime, pretende di applicare un principio meritocratico nonostante la palese disparità delle condizioni di partenza. E chi, quando vede un operaio (o un contabile, o un informatico, o un operatore di un call center, o un facchino,ecc) che dopo 8 ore di fatica ha ancora la grinta di uscire in bici a soffrire, lo ammira... preferendo che almeno il regolamento della gara domenicale possa livellare le disparità create durante tutto l'arco della settimana.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Admin »

Bella discussione, ma credo che in ogni caso che la questione attenga al campo della sicurezza in gara.
Far partire dietro quelli più forti creerebbe più malloppi di corridori, con aumentati rischi. Tutto qui. Capisco che a livello filosofico Pacho abbia molte ragioni, ma a livello pratico condivido l'appunto di Belluschi.

Resta il fatto che ci si dovrebbe porre seriamente la questione sul senso che possono avere "gare" con migliaia di partecipanti. In questo senso sono con Herb, l'agonismo amatoriale dovremmo lasciarlo a gare con pochi partenti, gare decisamente più gestibili, lasciando le altre all'ambito cicloturistico.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da nemecsek »

Admin ha scritto:Bella discussione, ma credo che in ogni caso che la questione attenga al campo della sicurezza in gara.
Far partire dietro quelli più forti creerebbe più malloppi di corridori, con aumentati rischi. Tutto qui.

Bella discussione.
Poi c'è il concetto di Finisher, estraneo al modo del ciclismo.
Chiaro a chi il ciclismo odierno appare sempre più estraneo.


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Dopo Campiglio qualcuno ha abbandonato il ciclismo, qualcun altro ha ripreso a seguirlo.
I veri campioni erano quelli che dicevano no [Winter]
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da mestatore »

ma guardate che una gf si puo' correre con il coltello tra i denti ( per il 1° o il 200° posto, con l' intensita' ed il buon senso che uno ritiene giusto dedicarci ) oppure fermandosi ad ogni ristoro a mangiare la porchetta se c'è. se no si puo' stare a casa, non averne mai corso una e sparare giudizi.

mi sembra limitante pensare che l' unico agonismo consentito praticare sia quello dei circuiti , dove , purtroppo per ragioni organizzative ( difficoltà di chiudere le strade , permessi) si deve girare 16 volte attorno ad un capannone in zona industriale con unica asperità un cavalcavia nella maggioranza dei casi.

poi, qui, siccome siamo l' università del ciclismo e dei grandi intellettuali riuniti per salvare il pedale, possiamo permetterci di sputare sentenze su un movimento che comunque coinvolge , dati alla mano, molte decine di migliaia di appassionati, gente che comunque fa sport per davvero e non solo davanti alla tastiera.

poi, si puo' uscire per gli amici, fare le randonnee, il gavia di notte oppure niente

in francia le gf hanno uno spirito diverso, da noi sono diventate ipercompetitive perchè gli italioti sono così.

se i soldi vanno alle gf e non al ciclismo prof è solo perche' questo è malorganizzato e malgestito e quindi poco attraente. le gf sono un poco come le maratone nel podismo, tenendo presente le differenze tra i 2 mondi. anche all' atletica mancano gli sponsor, anche se le differenze sono tante.

comunque è piu' facile che segua un poco il ciclismo chi si mette alla prova sulle strade piuttosto chi ne legge solo sui giornali o ne vede alla televisione, almeno nel terzo millennio.
mi stupisce che non si capisca che il problema è intercettare la passione di chi va in bicicletta, gf o promenade che sia, e si preferisca pensare che il problema sono le gf .
bizzarro, deve essere l' università del ciclismo...io non ci arrivo, faccio qualche gf lo ammetto :D


non sono ciclisti, la fatuita' delle loro vite mi sciocca- T. Krabbe', la corsa.
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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mestatore ha scritto:ma guardate che una gf si puo' correre con il coltello tra i denti ( per il 1° o il 200° posto, con l' intensita' ed il buon senso che uno ritiene giusto dedicarci ) oppure fermandosi ad ogni ristoro a mangiare la porchetta se c'è. se no si puo' stare a casa, non averne mai corso una e sparare giudizi.

mi sembra limitante pensare che l' unico agonismo consentito praticare sia quello dei circuiti , dove , purtroppo per ragioni organizzative ( difficoltà di chiudere le strade , permessi) si deve girare 16 volte attorno ad un capannone in zona industriale con unica asperità un cavalcavia nella maggioranza dei casi.

poi, qui, siccome siamo l' università del ciclismo e dei grandi intellettuali riuniti per salvare il pedale, possiamo permetterci di sputare sentenze su un movimento che comunque coinvolge , dati alla mano, molte decine di migliaia di appassionati, gente che comunque fa sport per davvero e non solo davanti alla tastiera.

poi, si puo' uscire per gli amici, fare le randonnee, il gavia di notte oppure niente

in francia le gf hanno uno spirito diverso, da noi sono diventate ipercompetitive perchè gli italioti sono così.

se i soldi vanno alle gf e non al ciclismo prof è solo perche' questo è malorganizzato e malgestito e quindi poco attraente. le gf sono un poco come le maratone nel podismo, tenendo presente le differenze tra i 2 mondi. anche all' atletica mancano gli sponsor, anche se le differenze sono tante.

comunque è piu' facile che segua un poco il ciclismo chi si mette alla prova sulle strade piuttosto chi ne legge solo sui giornali o ne vede alla televisione, almeno nel terzo millennio.
mi stupisce che non si capisca che il problema è intercettare la passione di chi va in bicicletta, gf o promenade che sia, e si preferisca pensare che il problema sono le gf .
bizzarro, deve essere l' università del ciclismo...io non ci arrivo, faccio qualche gf lo ammetto :D
Noto tra le righe una serie di stilettate... o sciabolate, proprio :D

Nella mia misera condizione di essere inferiore che sta davanti alla tastiera potrò anche farmi delle idee (a parte che ho frequentato e frequento anche le gare amatoriali, sul campo). In ogni caso lungi da me l'idea di vietare alcunché.
Ho già espresso il pensiero (se mi è concesso, senza sputare sentenze) che dovrebbe essere impegno della Federazione far conciliare le cose, e non colpevolizzo i cicloamatori, so bene che si tratta di un grande movimento (e lo sanno bene anche quelli che ci stanno lucrando economicamente, in sede federale, e che proveranno a lucrarci anche in termini di voti). Ho solo detto che mi sfugge il senso di una gara con 10mila partecipanti, mi sfugge proprio in senso fisico, per le cose che scriveva Herbie (che a quanto pare in bici ci va e pure parecchio... ha sicuramente più titoli per parlare), ovvero il non sapere in molti casi a che punto della corsa ti trovi e concetti simili. Non vedo coniugarsi l'agonismo (in senso proprio) col gigantismo. Non so se sia un'eresia, ma la domanda me la pongo.

Quando scrivo "dovremmo lasciare l'agonismo amatoriale a gare con pochi partenti" non mi riferisco a porre divieti, bensì a rendere più appetibili le gare cicloturistiche. Insomma, provare a far cambiare un po' prospettiva a tanti italioti (come li definisci tu), avvicinarli al tuo citato esempio francese.

Spero di non essere stato troppo acido in questa replica.

Ps: Nemecsek, non ho capito il tuo post, me lo espliciti meglio? :cincin:


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto:Secondo me fai un po' di confusione.

-se correre è la tua professione, per definizione sei un professionista e non amatore. Ergo, aria.
- Non so se sia mai venuto a contatto con il mondo del lavoro, ma ti metto al corrente che farsi 8-9 ore di fonderia e cantiere al dì, non è proprio come farsi 6 ore di sportello bancario, di studio commercialista, il prete, lo sbirri, l'insegnante,ecc con pausa dalle 12.30 alle 15.00 tutti i giorni, sabato e domenica a casa. Ergo,spesso, chi va meno non è perchè è un lavativo che non ha voglia di allenarsi, ma molto più semplicemente perchè non ne ha il tempo e/o le forze.
- Quindi, è giusto che il commercialista o gente come il sottoscritto che a livello fisico sul luogo di lavoro non facciamo un cazzo (e quindi siamo più freschi e abbiamo più tempo di allenarci) siamo ulteriormente avvantaggiati dal regolamento della corsa (partiamo più avanti perché nella maggior parte dei casi facciamo una vita meno di merda di altri, e quindi abbiamo più tempo di allenarci)?!

Non so...è questione di sensibilità. C'è chi interiorizza l'egoismo e la competizione proprio del modello di società in cui siamo immersi. E con fare da giudice equanime, pretende di applicare un principio meritocratico nonostante la palese disparità delle condizioni di partenza. E chi, quando vede un operaio (o un contabile, o un informatico, o un operatore di un call center, o un facchino,ecc) che dopo 8 ore di fatica ha ancora la grinta di uscire in bici a soffrire, lo ammira... preferendo che almeno il regolamento della gara domenicale possa livellare le disparità create durante tutto l'arco della settimana.
Io sono uno di quelli che non fa un cazzo, però, non avendo anche mai fatto una granfondo, secondo il tuo criterio partirei davanti. Ecco, a me non piacerebbe partire davanti, sapendo che nel giro di poco tempo mi troverò a destra e a sinistra gente molto più forte di me (e molto più abituata di me a stare in bici in gruppo) che mi passa da tutte le parti. E non credo di essere il solo a pensare così.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da herbie »

mestatore ha scritto:ma guardate che una gf si puo' correre con il coltello tra i denti ( per il 1° o il 200° posto, con l' intensita' ed il buon senso che uno ritiene giusto dedicarci ) oppure fermandosi ad ogni ristoro a mangiare la porchetta se c'è. se no si puo' stare a casa, non averne mai corso una e sparare giudizi.
E' qui che si sbaglia. Se tu indici le elezioni, la gente quel giorno fa l'azione di prendere foglietto e matita e scrivere semplicemente un voto, se convochi l'assemblea, la gente invece scende in piazza e si mette a discutere, foglietto e matita restano a casa.
Se organizzi una gara, è logico che la gente gareggia.
Tira via ogni genere di classifica e allora sì che vedrai quelli che si fermano in santa pace ai ristori, invece di azzuffarsi per arraffare una borraccia e un pezzo di banana (cose che si vedono per le posizioni dalla 500esima in su, perchè quelli prima manco si sognano di fermarsi e perdere il gruppetto).
Ora ditemi se è "partecipare con spirito cicloturistico" questa specie di zuffa perpetua di individui morsi dalla tarantola che si sparano un mezzo panino in due boccate e ripartono di corsa magari anche prendendosela con i VOLONTARI che sono lì dalla mattina alle 8 e sono li a SERVIRE....ma ne vale la pena? tanto vale che non ti fermi nemmeno perchè, volente o nolente, STAI GAREGGIANDO. Per la 750esima posizione, ma stai gareggiando.
Stai nei gruppetti dietro alle gf? Forse vedi qualcuno che se la pedala liberamente ai 25 all'ora guardando il panorama? Anche fosse, chi vuol fare così, perchè butta 50 euro per ISCRIVERSI AD UNA GARA?
E' questo che deve fare riflettere, non l'agonismo di quelli che a ragion veduta sono stati chiamati amatori-professionisti, (e altrettanto a ragion veduta è stato osservato che dovrebbero cercarsi il loro posto....appunto tra i professionisti!): possibile che si debba incentivare e finanziare un tipo di agonismo del genere, se proprio devo dirla tutta, immotivato (vedi corridori arrivare al traguardo alla spicciolata, chiacchierando, per la 150esima posizione della Milano-Sanremo, piazzamento che conta poco, ovviamente, anche se pagherei per raccontarlo ai nipoti....poi vedi gente che ci rimette il fegato e altro per la 700esima posizione della gf della valle olona e allora delle domande DEVI fartele....), a scapito di uno degli sport professionistici in cui a livello mondiale vantiamo una tradizione che non teme confronti?
Nessuno vuole cancellare le gran fondo, ma dovrebbero venire molto dopo altre priorità, e, per il bene di tutti, andrebbero regolamentate diversamente.

L'inversione delle partenze tra chi va forte e chi va piano effettivamente creerebbe pericolo, imbottigliamenti, e ovviamente, i soliti furiosi litigi. Però le argomentazioni di pacho sono da condividere in pieno.
E' ovvio che quando i numeri superano certe cifre la gara ciclistica di per se, partendo dal presupposto che in una gara i partecipanti partano tutti alla pari e con uguali possibilità, assistenza, mezzi, non ha i presupposti minimi per essere considerata una gara. Almeno facciamo come nelle grandi maratone, un primo gruppo fa la prova agonistica vera e propria, il resto è una cicloturistica. Naturalmente bisognerebbe studiare delle gare di selezione per accedere semestralmente o annualmente a questo gruppo di atleti di prima fascia che, alle gf, gareggia. Avrebbe più senso, per lo meno, anche se sarebbe discriminante per chi non tempo e forze sufficienti.

PS: discussione che pè andata fuori tema, ma mi pare che si abbia la benedizione del'Admin, per ciò.... :)


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pacho
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Deadnature ha scritto:Io sono uno di quelli che non fa un cazzo, però, non avendo anche mai fatto una granfondo, secondo il tuo criterio partirei davanti...
E perchè mai? se volessi partire dietro, assieme agli sveltoni che hanno paura di stare in gruppo, saresti liberissimo di farlo. E poi don't worry,è difficile che uno che sa portare la bici metta sotto un cicloturista.

Senza appellarsi a Marx ed Engels che potrebbero creare bastion contrari a prescindere, lo stesso regolamento del campionato delle moto Superbike adotta il principio secondo cui vigono regole differenti per livellare le disparità di partenza, per creare opportunità realmente pari: vai troppo forte? Ti penalizzo.
Credo che la crescita esponenziale dello spettacolo e di pubblico di questo campionato in confronto a quello 'meritocratico' della Motogp, confermi quanto enunciato.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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herbie ha scritto:PS: discussione che pè andata fuori tema, ma mi pare che si abbia la benedizione del'Admin, per ciò.... :)
Ma benedizione de che??? Qua sono costretto a vincere la Kobram per risalire nei sondaggi... :D Mi aspettano mesi invernali di duro allenamento sui rulli!!! :bici:


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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herbie ha scritto: Tale prospettiva nel caso delle garette locali in circuito a cui faceva riferimento Mont Ventoux esiste quasi per tutti, e lì l'agonismo amatoriale con tutte le sue poco edificanti dinamiche non lo amo particolarmente, ma tuttavia posso arrivare a comprenderlo. La competizione c'è, è aperta, si può partire e si può arrivare davanti, non parto già sconfitto dal primo metro visto che ho davanti 1500 concorrenti e un paio di minuti di ritardo come minimo, e un gap di preparazione colmabile solo nel caso che salutassi moglie, figli e lavoro.
Viceversa, divertirmi NEL fare un giro in bici in posti belli, ci riesco molto meglio da solo o con i miei amici senza lo stress e i pericoli derivanti da quella folla di scatenati inseguitori di tutto e di tutti, per lo più inseguitori dell'amico di una vita al quale, chissà per quale motivo, hanno qualcosa da dimostrare....chiuso OT.

Dove l'amatore tutto sommato posso tutelarlo, ovvero in gare con numeri limitati, su circuiti ben circoscritti in una piccola area, e su distanze dove la preparazione essenzialmente dopo-lavoristica permetta di prepararsi adeguatamente anche a chi ha orari meno agevoli, allora lì l'amatore FA LA GARA, tutto sommato con pari opportunità per tutti.
Hai capito perfettamente a cosa alludevo, lo spirito ma anche l'andamento di una corsa ciclistica viene del tutto snaturato in competizioni con centinaia o migliaia di partecipanti. Sarebbe così anche se si trattasse di professionisti.

Non è neanche vero però che le corse in circuito si possano organizzare solo su strade "insignificanti". A volte è così ma tante volte fortunatamente no. Dipende poi pure molto da ciò che offre un territorio a livello di percorsi e strade.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto: - Non so se sia mai venuto a contatto con il mondo del lavoro, ma ti metto al corrente che farsi 8-9 ore di fonderia e cantiere al dì, non è proprio come farsi 6 ore di sportello bancario, di studio commercialista, il prete, lo sbirri, l'insegnante,ecc con pausa dalle 12.30 alle 15.00 tutti i giorni, sabato e domenica a casa. Ergo,spesso, chi va meno non è perchè è un lavativo che non ha voglia di allenarsi, ma molto più semplicemente perchè non ne ha il tempo e/o le forze.
- Quindi, è giusto che il commercialista o gente come il sottoscritto che a livello fisico sul luogo di lavoro non facciamo un cazzo (e quindi siamo più freschi e abbiamo più tempo di allenarci) siamo ulteriormente avvantaggiati dal regolamento della corsa (partiamo più avanti perché nella maggior parte dei casi facciamo una vita meno di merda di altri, e quindi abbiamo più tempo di allenarci)?!
Ho capito cosa vuoi intendere, ma con un discorso del genere andiamo a finire in un vicolo cieco da cui è impossibile uscirne a livello pratico.
Ogni soggetto è unico nel suo genere, quindi cercare di trovare un metodo di risoluzione della disuguaglianza a livello sportivo diventa utopico, a meno di realizzare un pesantissimo modello statistico che tenga conto di più di 100 variabili.
Già tra un impiegato con famiglia a carico e un impiegato single (magari colleghi di lavoro), sorgono differenze. Il secondo ha disponibilità di impiegare il tempo libero per allenarsi senza limitazioni o casini, mentre il primo se vuole tenere il ruolino di marcia negli allenamenti del collega deve mettere in conto che rischia il divorzio. E' una sottiliezza, ma serve a far capire come piccoli aspetti contribuiscano già a scavare differenze

Ma prendiamo un altro caso:
ragioniere, 30 anni.
Posizione nelle Gf: ultimi posti.
Allenamenti a settimana: 1, per di più non pesante.
Motivazione: preferisco finito il lavoro dedicare il tempo alla ragazza e alla raccolta di francobolli.

In base al ragionamento teorico dell'invertimento delle griglie di partenza, il soggetto in questione si troverebbe davanti traendo un vantaggio del tutto immeritato, sicché il fatto di non volersi allenare è una sua scelta.

Non so se è chiaro il ragionamento. Ogni tentativo di mettere mano alla disuguaglianza, dà vantaggi ad alcuni e ne toglie ad altri. Legge della coperta troppo corta.
E da ciò scaturisce, che nel campo sportivo, l'unico mezzo che minimizza le ingiustizie della disuguaglianza sono i meriti acquisiti sul campo. Perché puoi avere i miliardi e 24 ore di tempo libero, ma se non ti alleni non vai un cazzo allo stesso in gara.

E' chiaro che è un metodo che va a danneggiare il povero diavolo che avrebbe voglia di spaccare il mondo, ma è limitato dalla stanchezza che accumula in pesanti giornate di lavoro.
Ma purtroppo ogni fattispecie del mondo ha situazioni grottesche sulle diversità. Difficile pretendere che lo sport sia un giardino pulito e limpido, se tutto ciò che ti circonda è inquinato.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Belluschi M. ha scritto:
pacho ha scritto: - Non so se sia mai venuto a contatto con il mondo del lavoro, ma ti metto al corrente che farsi 8-9 ore di fonderia e cantiere al dì, non è proprio come farsi 6 ore di sportello bancario, di studio commercialista, il prete, lo sbirri, l'insegnante,ecc con pausa dalle 12.30 alle 15.00 tutti i giorni, sabato e domenica a casa. Ergo,spesso, chi va meno non è perchè è un lavativo che non ha voglia di allenarsi, ma molto più semplicemente perchè non ne ha il tempo e/o le forze.
- Quindi, è giusto che il commercialista o gente come il sottoscritto che a livello fisico sul luogo di lavoro non facciamo un cazzo (e quindi siamo più freschi e abbiamo più tempo di allenarci) siamo ulteriormente avvantaggiati dal regolamento della corsa (partiamo più avanti perché nella maggior parte dei casi facciamo una vita meno di merda di altri, e quindi abbiamo più tempo di allenarci)?!
Ho capito cosa vuoi intendere, ma con un discorso del genere andiamo a finire in un vicolo cieco da cui è impossibile uscirne a livello pratico.
Perchè?
Belluschi M. ha scritto:Ogni soggetto è unico nel suo genere, quindi cercare di trovare un metodo di risoluzione della disuguaglianza a livello sportivo diventa utopico, a meno di realizzare un pesantissimo modello statistico che tenga conto di più di 100 variabili.
A livello metodologico questo non ha senso, perchè è il fine di ogni teoria fornire un livello di astrazione in grado di catturare le peculiarità dell'oggetto d'analisi - peculiarità che a loro volta ci consentono di comparare oggetti tra loro. Altrimenti, ogni comparazione sarebbe impossibile.
Belluschi M. ha scritto:Già tra un impiegato con famiglia a carico e un impiegato single (magari colleghi di lavoro), sorgono differenze. Il secondo ha disponibilità di impiegare il tempo libero per allenarsi senza limitazioni o casini, mentre il primo se vuole tenere il ruolino di marcia negli allenamenti del collega deve mettere in conto che rischia il divorzio. E' una sottiliezza, ma serve a far capire come piccoli aspetti contribuiscano già a scavare differenze.
Se sei un amatore e scegli di rischiare il divorzio per non sacrificare gli allenamenti, i casi sono due:
- o sei un professionista di fatto. Ergo, ripeto, aria (vedi sopra)
- sei un poveretto.
Belluschi M. ha scritto:Ma prendiamo un altro caso:
ragioniere, 30 anni.
Posizione nelle Gf: ultimi posti.
Allenamenti a settimana: 1, per di più non pesante.
Motivazione: preferisco finito il lavoro dedicare il tempo alla ragazza e alla raccolta di francobolli.

In base al ragionamento teorico dell'invertimento delle griglie di partenza, il soggetto in questione si troverebbe davanti traendo un vantaggio del tutto immeritato, sicché il fatto di non volersi allenare è una sua scelta.
Io non so se abbia mai fatto una gran fondo. Dalle parole che dici, non parrebbe, dal momento che il 90% di chi partecipa alle GF è un soggetto allenato.
Ma accettiamo per assurdo ciò che dici. A questo punto la questione diventa 'politica' o meglio di semplice buon senso:
- preferisco fornire un piccolo vantaggio, dando l'ebrezza delle prime posizioni, ad uno che dopo 10 km si staccherà ugualmente (dato che lo sfaticato si allena una volta a settimana), influendo pertanto in nulla sull'esito finale della gara (dato che non si mette certo a scattare e/o fare trenate a 60km/h)?....oppure
- penalizzare pesantemente sin dall'inizio uno già penalizzato?...e che potenzialmente, una volta livellate un pochino le disparità di partenza, potrebbe influire sull'andamento della corsa e raggiungere pertanto un piazzamento migliore?

Non so, vedi tu.
Belluschi M. ha scritto:Non so se è chiaro il ragionamento.
Il tuo non l'ho capito.
Belluschi M. ha scritto: Ogni tentativo di mettere mano alla disuguaglianza, dà vantaggi ad alcuni e ne toglie ad altri. Legge della coperta troppo corta.
E da ciò scaturisce, che nel campo sportivo, l'unico mezzo che minimizza le ingiustizie della disuguaglianza sono i meriti acquisiti sul campo. Perché puoi avere i miliardi e 24 ore di tempo libero, ma se non ti alleni non vai un cazzo allo stesso in gara.
Si va beh, tanto va la gatta al lardo ci lascia lo zampino, rosso di sera bel tempo si spera, ecc.
Seriamente:si tratta di stabilire delle priorità semplici semplici, partendo dal presupposto che nel mondo amatoriale le condizioni di partenza, al contrario di quanto avviene nel mondo agonistico dove uno è pagato per correre (ma sotto sotto neanche li), sono estremamente diseguali ed è quindi estremamente ingiusto dare un ulteriore vantaggio a chi ce l'ha già.
Belluschi M. ha scritto:E' chiaro che è un metodo che va a danneggiare il povero diavolo che avrebbe voglia di spaccare il mondo, ma è limitato dalla stanchezza che accumula in pesanti giornate di lavoro. Ma purtroppo ogni fattispecie del mondo ha situazioni grottesche sulle diversità. Difficile pretendere che lo sport sia un giardino pulito e limpido, se tutto ciò che ti circonda è inquinato.
Eh?


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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pacho ha scritto:E poi don't worry,è difficile che uno che sa portare la bici metta sotto un cicloturista.
Però è più facile che un cicloturista si faccia mettere sotto da uno che sa portare la bici (per incapacità del primo, ovviamente).


Preservare lo spirito di quel tempo, in cui credevamo nell'unità e allo stesso tempo nella diversità

Nataša Pirc Musar, 8 febbraio 2024, presidente della Slovenia,
Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Deadnature »

Slegar ha scritto:
pacho ha scritto:E poi don't worry,è difficile che uno che sa portare la bici metta sotto un cicloturista.
Però è più facile che un cicloturista si faccia mettere sotto da uno che sa portare la bici (per incapacità del primo, ovviamente).
Questa infatti era la mia preoccupazione. Che si potrebbe risolvere, come dice Pacho, lasciando libero chi vuole di partire dietro (sarebbe il mio caso). Ma non so se tutti farebbero come me, rinunciando all'ebbrezza del partire davanti. In definitiva, io ho sempre pensato alle griglie come a una soluzione logisticamente ineccepibile, capisco il senso dell'argomentare di Pacho, ma sul punto della sicurezza non riesco a trovare un compromesso migliore dell'attuale.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Frank VDB »

Leggo tante cose condivisibili e tante altre no, negli interventi qua sopra.
Il problema di questo thread è che mi pare siamo andati off-topics.
Quando si parla di "il ciclismo in Italia è finito" significa porsi domande quali:
1) perchè gli italiani dal 2008 hanno vinto una sola corsa monumento in linea?
2) perchè i pochi campioni italiani in attività nel 2013 correranno tutti per squadre estere?
3) perchè abbiamo solo una formazione world tour effettivamente italiana (Lampre)?
4) perchè i grandi sponsor non si affacciano al mondo del ciclismo professionistico?
5) perchè a livello giovanile le squadre diminuiscono di anno in anno?
6) perchè il pubblico a bordo strada è sempre meno, tranne che al Giro?
7) perchè all'estero, rispetto a quanto sopra elencato, tutto è in controtendenza, anche in paesi a bassa tradizione ciclistica?

Ecco, non capisco cosa c'entri con tutto ciò la griglia delle GF, il circuito amatoriale, etc. etc. etc. Se andiamo avanti così metteremo in relazione la crisi del ciclismo italiano al prezzo all'ingrosso delle ciliege di Vignola...

Credo che se vogliamo parlare di difetti e opportunità delle varie modalità di interpretare il ciclismo di base, potremmo riempire tanti thread, ma tutto ciò non ci spiega lo stato comatoso del ciclismo italiano, proprio nel momento in cui mai prima d'ora si è assistito ad una crescita così impressionante del numero di cicloamatori e nell'anno in cui le vendite di bici, per la prima volta, hanno superato le vendite di auto.

Io continuo a ribadire la mia tesi: il ciclismo italiano ad ogni livello (FCI, enti di promozione sportiva, organizzatori di corse, squadre da quelle professionistiche a quelle giovanili), ha abdicato la professionalità e la managerialità necessarie per rendere qualsiasi tipo di prodotto un prodotto di successo, all'approssimazione, alla superficialità e alla cooptazione tipiche di un mondo chiuso e arcaico, rimasto in tutte le sue espressioni ancorato a dinamiche vecchie di 30 anni almeno.

Vogliamo discutere di questo?

PS mi cimento sia in qualche GF che in circuiti amatoriali e cronoscalate, quando ne ho tempo e voglia, mi faccio 7 mila km l'anno facendo anche lavoro specifico. Vi prego: non incolpatemi della crisi del ciclismo italiano. Mi ritengo innocente :dunce:


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da pacho »

Che per te sia un problema di 'governance' è del tutto legittimo, ci mancherebbe.
D'altra parte, è stato argomentato che tra crescita (anzi, vero e proprio sostegno federale) del movimento amatoriale e crisi del circuito professionistico potrebbe esserci una connessione - connessione prima di tutto dovuta a motivi materiali (i.e. col primo, date le specificità italiane spiegate sopra, si fanno i soldi nel breve periodo; mentre col secondo, no). Come direbbe Moretti, il ciclismo amatoriale non c'entra ma c'entra.
Non vedo con che pretese cerchi di sminuire le argomentazioni altrui ed imporre su cosa c'è da discutere (o meglio, illuminare su quale siano le vere cause della crisi del ciclismo italiano).
Che poi le griglie non c'entrino nulla, sono stato il primo io a dirlo.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

Messaggio da leggere da Frank VDB »

pacho ha scritto:Non vedo con che pretese cerchi di sminuire le argomentazioni altrui ed imporre su cosa c'è da discutere (o meglio, illuminare su quale siano le vere cause della crisi del ciclismo italiano).
Scusa, non voglio sminuire le argomentazioni altrui, forse mi sono espresso male. Volevo solo dire che se ci mettiamo a discutere sulle differenze tra GF e circuiti e su chi dei due fa più male al ciclismo, siamo off topic ma soprattutto usciamo dal paradigma (che dovrebbe vederci tutti unanimemente d'accordo) che ogni bicicletta in più che gira per le strade (indipendentemente da chi la guida, come la guida, a che velocità, con quali obiettivi, verso quali mete) è un punto di successo in più per il movimento; ogni bici in meno è un punto di sconfitta.

Personalmente non mi sono mai iscritto a GF da 8-10 mila partenti per i motivi che qualcuno ha ben descritto; ho limitato anche l'iscrizione alle GF perchè il rapporto costi-benefici era sbilanciato verso l'organizzatore, come altri hanno sottolineato; ho incrementato la mia partecipazione ai circuiti sebbene veda coi miei occhi le esasperazioni di tali iniziative, come è stato detto. Tuttava, dopo avere fatto le critiche che tali eventi si meritano, non vedo come queste manifestazioni nuociano al mondo della bici in generale. Secondo me nuoce di più l'assenza di una politica per la bici nella mobilità quotidiana e una classe dirigente dell'universo bici inadeguata a tutti i livelli. Si tratta di elementi fortemente correlati, anche se non sembra.


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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Frank VDB ha scritto: Scusa, non voglio sminuire le argomentazioni altrui, forse mi sono espresso male. Volevo solo dire che se ci mettiamo a discutere sulle differenze tra GF e circuiti e su chi dei due fa più male al ciclismo, siamo off topic ma soprattutto usciamo dal paradigma (che dovrebbe vederci tutti unanimemente d'accordo) che ogni bicicletta in più che gira per le strade (indipendentemente da chi la guida, come la guida, a che velocità, con quali obiettivi, verso quali mete) è un punto di successo in più per il movimento; ogni bici in meno è un punto di sconfitta.

.
io non la vedrei in maniera così drammatica. Negli anni 50-60-70 nonostante un traffico automobilistico nemmeno della metà rispetto ad oggi, cicloamatori in allenamento sulle strade mi sa che se ne vedevano pochini. Però in ogni paese c'era una squadra ciclistica giovanile e a livello professionistico eravamo la nazione-guida. Esattamente l'opposto oggi. Cicloamatori ne trovi uno ogni 500 metri di strada, ma siamo qui a parlare di questa tremenda crisi del ciclismo e di metà dei già pochi corridori che abbiamo, a piedi.
Mi sa che i due fenomeni sono piusttosto scollegati l'uno dall'altro. E anche, valutando il fenomeno su questi puri dati numerici, ci potrebbe essere già solo in questo un aggancio per parlare per lo meno di "azione di disturbo" dell'uno sull'altro.
D'altra parte, per quel che riguarda la mia esperienza, se faccio un nome appena meno conosciuto rispetto a quei quattro-cinque celeberrimi, 9 colleghi cicloamatori su 10 non sanno nemmeno se sto parlando di un pittore o di un corridore...figuriamoci rispetto al ciclismo femminile, alla pista, alla mountain bike ecc. ecc. questo per dire di quanto poco il ciclismo amatoriale faccia da "traino" per quello professionistico. Che poi sarebbe il ciclismo vero e proprio se mi permettete, di cui l'amatorialità dovrebbe essere un riflesso "minore" per chi, da appassionato, non può permettersi di dedicare la vita, ma soltanto una attività parziale....

Che infine questa crisi di cui stiamo parlando abbia anche ben altre cause rispetto all'azione di "disturbo", a livello economico e anche, in un certo senso, culturale, portata dal boom dell'agonismo amatoriale, sono perfettamente d'accordo.
Il discorso è andato fuori tema, ma insomma, si fa presto anche a riportarlo in tema, come hai fatto tu! dilungarci a discutere sulle griglie non sarà utile in questa sede, ma a qualcuno interessava, mi pare...e soprattutto era un modo per mettere in luce lo "spirito" e il senso di queste manifestazioni.


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cauz.
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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riesumo questo thread (quanto mai attuale dopo levico terme) per portarci il discorso sulla crisi delle corse in italia.
se c'e un thread migliore, mi sposto


questo articolo parla addirittura di "rischio" per la strade bianche.
http://www.cyclingtime.it/index.php/cyc ... de-bianche

senza portare prove, pero', se non gli inviti... che se non sbaglio anche l'anno passato furono fatti autonomamente e non insieme alle grandi corse RCS (cosi' come giro del piemonte o MI-TO d'altronde).
certo, se fosse vero sarebbe una mazzata mica male...


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Subsonico
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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cauz. ha scritto:riesumo questo thread (quanto mai attuale dopo levico terme) per portarci il discorso sulla crisi delle corse in italia.
se c'e un thread migliore, mi sposto


questo articolo parla addirittura di "rischio" per la strade bianche.
http://www.cyclingtime.it/index.php/cyc ... de-bianche

senza portare prove, pero', se non gli inviti... che se non sbaglio anche l'anno passato furono fatti autonomamente e non insieme alle grandi corse RCS (cosi' come giro del piemonte o MI-TO d'altronde).
certo, se fosse vero sarebbe una mazzata mica male...
Mah, mi sembra un articolo che si basa sul niente. Anche se non ricordo se l'anno scorso RCS diramò gli inviti della strade bianche in corrispondenza con gli altri.


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cauz.
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Subsonico ha scritto:Mah, mi sembra un articolo che si basa sul niente. Anche se non ricordo se l'anno scorso RCS diramò gli inviti della strade bianche in corrispondenza con gli altri.
a mia memoria no. gli inviti WT furono assegnati tutti insieme, gli altri ognuno per se'.


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Coppel
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Concordo. E' un articolo fatto tanto per attirare visite in un periodo in cui tutti temono che le corse italiane saltino. Si fa sensazione senza nulla in mano :blabla:


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Bazzia
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Re: il ciclismo in Italia è finito

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Coppel ha scritto:Concordo. E' un articolo fatto tanto per attirare visite in un periodo in cui tutti temono che le corse italiane saltino. Si fa sensazione senza nulla in mano :blabla:
La corsa si fa so di corridori di WT straniere che l'hanno già in calendario, idem le squadre che per la logistica. :pss:


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