Da cyclingPro:
ANTIDOPING MANCATI, “CAPELLI” VENDUTI: DUE STORIE SCONCERTANTI
La storia è in parte già nota ma non per questo meno sconcertante: la Federazione Ciclistica Italiana ha venduto alla Usl 10 della Regione Toscana i capelli di 300 suoi atleti, del settore giovanile e amatoriale. I capelli, avete letto bene. Della vicenda ha parlato per primo il sito ciclismoweb.net poco più di un mese fa. Oggi però (alla luce dei mancati controlli antidoping ai Tricolori Under 23 a cronometro e di nuovi documenti disponibili) la storia assume contorni ben diversi. Raccontiamoli con ordine.
Nel 2012 la Commissione di Vigilanza Antidoping (Ministero della Salute) e l’Usl 10 di Firenze decidono di realizzare assieme uno studio intitolato «Prevalenza dell’uso di anabolizzanti e stimolanti valutata mediante l’analisi del capello nella popolazione sportiva giovanile ed amatoriale». Lo studio ci può stare, l’abbinamento esclusivo con l’Asl 10 di Firenze non ci è affatto chiaro. Sta di fatto che si tratta di prelevare “masse di matrice pilifera” (traduzione: capelli) per sottoporle a una spettrometria cercando steroidi e altro. Non è nemmeno chiaro l’abbinamento tra “atleti del settore giovanile” e amatori.
Sta di fatto che lo Stato per l’indagine mette a disposizione dell’Azienda Sanitaria ben 136 mila euro, che di questi tempi non sono pochi, soprattutto per un’indagine conoscitiva. Viene subito da pensare che uno screening simile – magari su base nazionale – si può tranquillamente realizzare analizzando dal punto di vista statistico i dati dei normali controlli antidoping, visto che la base di ricerca sono gli stessi “atleti di interesse nazionale” sottoposti ai controlli. Ma Ministero e Asl decidono di andare avanti, elargendo anche 7.500 euro “per collaborazione e supporto” all’Agenzia Regionale di Sanità.
Ma il bello deve ancora venire. Bisogna trovare almeno 300 atleti da “scalpare”, 300 volontari a cui prelevare i capelli per le analisi. Ragionando a rigor di logica, noi che siamo ignoranti li andremmo a cercare in una decina di sport diversi e molto popolari, dal calcio all’atletica: solo così potremmo avere un’idea precisa di come funzionano le cose nello sport.
E invece no, l’Asl 10 Toscana vuole solo ciclisti. E quindi, lo scorso 7 marzo, firma un bel contratto con la Federciclismo il cui succo è: tu federazione prelevi e mi consegni in un anno almeno 300 “capelli” di atleti delle categorie giovanili e amatoriali di interesse nazionale, noi Asl ti paghiamo trentamila euro, in due rate. Una compravendita vera e propria.
Da notare la distribuzione dei costi (i documenti ufficiali completi li potete scaricare da qui
http://tinyurl.com/kuwglw9). Il finanziamento complessivo è di 136 mila euro (soldi pubblici della sanità, vale sempre la pena di ricordarlo): 7.500 vanno all’Agenzia Regionale, 30 mila alla Federciclismo, 52 mila servono per le analisi e gli altri per pagare le missioni dei prelevatori, assistenza tecnica, trasporti e altro. Il tutto, ribadiamolo, per un’indagine che si potrebbe tranquillamente realizzare in altri modi.
Il progetto è partito. E molti atleti (ieri ad esempio su Twitter l’azzurra Valentina Scandolara) raccontano di queste curiose analisi a cui sono sottoposti, sempre in parallelo con i controlli antidoping: è evidente che la Fci approfitta di esami sanitari per prelevare i capelli. Ci auguriamo, speriamo caldamente che l’informativa sulla privacy e sulla modalità del controllo sia eseguita in maniera esaustiva. Sarebbe fondamentale, a nostra opinione, spiegare anche che quei capelli (consegnati volontariamente dagli atleti e in forma anonima) verranno lautamente pagati: cento euro l’uno. E, aggiungiamo noi, magari spiegare che fine faranno quei trentamila euro.
Ma la vicenda non può non suscitare perplessità. Perché la Federciclismo accetta di essere soggetto unico di un’indagine che dovrebbe riguardare tutto lo sport italiano? Capisce la nostra federazione che in questo modo i risultati a) avranno rilevanza epidemiologica del tutto parziale e B) avvaloreranno l’equazione ciclismo = doping, visto che quando si tratta di avere un campione di ricerca la Asl è andata a cercare solo i ciclisti?
La storia – l’abbiamo detto – assume una luce triste alla luce del penultimo blog che abbiamo pubblicato, quello relativo ai mancati controlli antidoping ai Tricolori Under 23 di Ponte San Giovanni (Perugia). Molti lettori ci hanno scritto ricordandoci l’articolo 4 dell’Appendice Federale alle Norme antidoping che dice che il controllo antidoping è obbligatorio
«….fatto salve cause di forza maggiore indipendenti dalla volontà dell’atleta, nei campionati italiani su strada, fuori strada e pista. Nei campionati italiani che, nello stesso giorno di gara, si articolano in più specialità o per più categorie, le specialità o categorie sottoposte a controllo verranno stabilite tramite sorteggio effettuato il giorno della manifestazione dall’Ispettore Medico (DCO) e dall’ accompagnatore a norma WADA secondo le istruzioni ricevute dal CONI NADO»
Quindi la Federciclismo che non fa e non spiega i mancati controlli “obbligatori” vende i suoi atleti per altri controlli la cui natura ci sembra quantomeno discutibile. Vorremmo spiegazioni chiare. Le avremo?