intervista a Malori
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parla della sua vuelta dell'utima crono del mondiale e dei pugni dell'altro giorno
Se non pedali, non fatichi. E se non fatichi, non pedali. Adriano Malori conosce bene questa equazione e anche durante la Vuelta, che sta disputando in Spagna con la sua Movistar, ha avuto modo di confermarlo. Se la prima settimana l'aveva trascorsa, come al Giro d'Italia, pedalando al servizio di Quintana (leader designato e possibile vincitore finale), ...
... la seconda l'ha invece fatta appoggiando Valverde (diventato nuovo capitano dopo il ritiro del colombiano ex maglia rossa per la frattura ad una scapola nel corso dell'11a frazione), andando alla ricerca di buone sensazioni in vista soprattutto del Mondiale a cronometro, sia a squadre (domenica 21 settembre) che individuale (mercoledì 24 settembre).
Proprio la prova contro il tempo di Borja alla 10a tappa (chiusa al 24^ posto a 2'07" dal mostro Tony Martin) ha fatto da spartiacque alla sua condizione: "Vero, speravo di fare meglio – spiega il 26enne, campione italiano di specialità – ma sapevo che il percorso era troppo duro per me, anche se la salita dell'inizio l’ho fatta forte cercando di trovare subito un buon ritmo. Arrivato in cima però ho accusato un po’, respiravo male e a quel punto ho finito la crono senza mai spingere a fondo. Se lo avessi fatto avrei comunque migliorato il mio tempo di una quarantina di secondi e la mia posizione di una decina di posti, tanto valeva non spremersi”.Giusto risparmiare energie per la settimana finale e per l’appuntamento iridato, ora che invece sembra essere ritornato in forma, come dimostrano i 140 km di fuga nella tappa più dura della Vuelta (la 16°, San Martin-La Farrapona di 159 km, con quasi 5000 metri di dislivello): “Ero preoccupato – prosegue il traversetolese – ma adesso sono un paio di giorni che sto davvero bene e anche in fuga ho avvertito ottime sensazioni. Sento di chiudere la Vuelta in crescendo e questa è una buonissima cosa. Lunedì sono entrato in fuga fin dal primo gpm dopo circa 10 km perché tutte le nostre avversarie avevano piazzato un uomo ed io potevo tornare comodo ad Alejandro più avanti. Ci hanno preso sull’ultima salita dove ormai si erano rotti gli indugi. Certamente Valverde è il meno scalatore dei suoi diretti rivali e noi Movistar cercheremo di difendere il suo secondo posto in classifica (ritardo di 1’36” dal leader Contador e con 3” di vantaggio su Froome e 53” su Rodriguez, ndr), anche se non dobbiamo escludere un tentativo di far saltare il banco. Ora mancano tre tappe, di cui due con gli ultimi arrivi in salita, poi la chiusura a Santiago de Compostela”.
L’ultima tappa, una crono individuale completamente piatta di 10 km all’ombra del celeberrimo santuario che disegnerà la graduatoria finale, sarà anche l’ultimo test da acido lattico puro di Malori prima di tuffarsi nell’atmosfera mondiale, restando sempre in terra spagnola per provare i tracciati di Ponferrada: “Di certo vorrò fare bene la prova di Santiago, tanto più che Martin si è ritirato, poi mi concentrerò su cronosquadre e crono individuale insieme ai miei compagni di squadra, con cui studierò bene i segreti dei percorsi, prima di andare in ritiro con la Nazionale. So che mi avevano preso in considerazione anche per la gara in linea del 28 settembre ma non vi parteciperò. Farò solo le crono e cercherò di sfruttare anche l’assenza di Cancellara, che già ad inizio Vuelta mi aveva confidato la sua volontà di puntare tutto sulla prova in linea. A lui, che ha vinto già 4 Mondiali, un secondo o un terzo posto non cambia la vita, mentre a me arricchirebbe notevolmente il palmares. Ci proverò”.
Le ultime considerazioni sono sulla vergognosa lite tra Rovny della Tinkoff e Brambilla dell’OmegaPharma sul Puerto de San Lorenzo: “Pessimo spettacolo – conclude Malori, prima di andare a cena – non possiamo fare figure del genere, tanto più se davanti alle telecamere, visto che eravamo a 30 km dall’arrivo e che dobbiamo essere un esempio per i più giovani. Rissa inutile perché non bisogna cadere nella provocazione se uno non tira quando si è in fuga (Brambilla ha colpito Rovny, reo di non collaborare per far rientrare il gruppo maglia rossa, ndr) nonostante ci si arrabbi molto se qualcuno fa il furbo, ma così come hanno fatto loro è da censurare. Poi hanno iniziato a sbandare e rischiare di farci cadere, eravamo su una salita durissima, facevamo una faticaccia dannata. Ecco, se mi passate la battuta, non so cosa avrei fatto se mi avessero fatto cadere!” Già, perché chi fatica, pedala. E basta.
i fondamentalisti del ciclismo e gli ultras dei ciclisti sono il male di questo sport.