cauz. ha scritto:Morris ha scritto:
Cauz, il pubblico è direttamente proporzionale alla pubblicità che si da ad un avvenimento e alla cultura che si produce verso la varabile del ciclismo che si va ad analizzare.
guarda, sul fatto che il pubblico del belgio sia di un altro pianeta non ci piove, che sia strada o cross... ma quello e' un discorso culturale. la' il ciclismo e' lo sport nazionale, qui no. in spagna negli stadi di calcio ci sono 100.000 persone, in belgio un decimo...
pero' se paragoni il pubblico della strade bianche con quello della sanremo o del lombardia (che spesso si corre con un clima ben peggiore) non c'e' storia, e non parliamo del giro, ovviamente a causa del fatto che e' una corsa nuova nuova, quasi sconosciuta ai non appassionati... e pure tra noi, in fondo, chi saprebbe dire quale sia il tratto "mitico" della strade bianche?
ci sono pero' due aspetti negativi di questa mancanza di pubblico che sottolineo, e uno dei quali mi vede in disaccordo con te.
1. la strade bianche si corre in una regione ad "altissimo tasso ciclistico"; la toscana e' il belgio d'italia, piena di ciclisti, di appassionati, e di campioni locali (ultimo in ordine temporale, ovviamente, paolo bettini). la corsa, inoltre, e' emanazione diretta di un appuntamento noto e stra-partecipato come l'eroica, che si svolge su quelle strade da anni.
2. la gazzetta (belusco o non berlusco) mi pare abbia fatto invece una grande promozione per la corsa, dandogli spazio da giorni con una sorta di coun-down, intervistando corridori preventivamente e presentando tratti della corsa. lo ha fatto tutto molto male, ma questo e' quel che passa il convento, ovvero, quando il materiale umano professionale e' basso non puo' che essere basso pure il risultato. pero' non si puo' dire che non abbia avuto promozione, non meno di un giro di lombardia, ad esempio. sicuramente piu' di una tirreno-adriatico, dove sono certo che vedremo piu' pubblico.
il "problema" del pubblico comunque non e' certo grave, lo trovo semplicemente indicativo su come questa non sia ancora paragonabile ad una classica, lo diventera' se ci lavoreranno bene, pero' e' un segnale di attenzione.
La BerluscoGazza deve onorare un contratto di sponsorizzazione e non può certo evadere i suoi impegni, evitando di scrivere. Un simile atteggiamento sarebbe stato da chiodi. A ben vedere però si poteva fare un lavoro più approfondito verso il territorio, che sfociasse su aspetti meno ciclistici o tecnici, ma decisamente più culturali. Una pagina in grado di intrecciare storia, specificità e status di un angolo tra i più belli del nostro Paese, ed un fiore all’occhiello di una Regione come la Toscana che, guarda caso, è residenza di tanti personaggi stranieri extra ciclismo. Era necessario, secondo me, creare un assioma col turismo in modo tale da stuzzicare chi nel luogo opera a livello amministrativo ed economico, creando quindi un volano ulteriore di interessi. Una corsa ciclistica si deve distinguere, ovunque, su questi aspetti. Tra l’altro è la medesima critica che qui rivolsi agli organizzatori della Parigi Tours. Il bello, lo storico, le essenze di un territorio, non possono e non devono essere estranei alla manifestazione che li può esaltare. La strada per elevare l’importanza di un avvenimento deve quindi essere multiforme, creando appropriati e non solo ciclistici aloni, che sono la base per sviluppare processi simpatetici e di curiosità in grado di spingere il pubblico. Soprattutto quando si tratta di manifestazioni nuove o relativamente nuove.
Ma la BerluscoGazza è mancata nella materia decisiva: spingere la RAI a dare il risalto dovuto e voluto (?). Un passo RCS sulla televisione di Stato (ribadisco maddechè), sarebbe stato raccolto, poiché insiste da anni, per non dire da sempre, uno schiacciamento della RAI sulla Gazza ed i suoi indotti. Avere la giusta importanza in TV, è oggi decisivo nel lancio di un avvenimento. Si ragiona con l’auditel, si fanno campagne di qualsiasi tipo con l’auditel, si decide con l’auditel. E l’auditel è probante, anzi si può dire esistente, solo se c’è diretta, perlomeno quando si parla di avvenimenti sportivi.
Che messaggio è dunque giunto al pubblico nazionale ed internazionale con questa scelta? Possono forse bastare le illustrazioni tecniche, gli zoom sui protagonisti e quanto svolto dalla BerluscoGazza cartacea e web? Decisamente no! Partiamo da un dato, che troppe volte si sottostoma. Un “aborto” televisivo, in Italia, viene considerato tale se raggiunge a malapena i 500-600 mila spettatori, ma quanti ne coinvolge realmente la comunque lettissima Gazza cartacea? 340.000! Aggiungiamo alla carta un ottimistico 100.000 sul web e arriviamo a 440.000, ovvero circa la metà del pubblico coinvolto dalla TV relativamente al Brixia Tour, che ha sfiorato gli 800.000! La presenza in TV, anticipata da opportuni annunci, dava una spinta alla manifestazione, ne stimolava l’importanza agli occhi di quel pubblico che non può essere solo quello che vediamo direttamente coinvolto sulla bicicletta e, in un sabato di marzo, magari già distratto da una delle ormai centinaia di granfondo italiane. Già, proprio quelle granfondo che hanno mosso la RAI a produrre, per una di queste, sei (o forse sette) ore di diretta ….
Resta dunque il fatto che sia la BerluscoGazza e sia la semidipendente RAI, hanno trasmesso nel pubblico, non solo tradizionalmente ciclistico ma pure in quei coinvolgibili operatori che creano volani, un messaggio di superficialità, di scarso interesse, di un “una-tantum”, che sono davvero come lame nel petto, per il lancio di una manifestazione. E qui si eleva come un macigno il sospetto che proprio chi organizza non creda alla Strade Bianche. Che non la veda come la più grande scoperta organizzativa degli ultimi decenni, ma come un segmento che vive perché te lo pagano e non hai bisogno di sforzarti. Se è così, come purtroppo temo, il destino di questa corsa originale, unica nel panorama internazionale, quindi collocabile e spendibile tecnicamente oltre i suoi normali confini, è segnato: quando Montepaschi si scoccerà dell’interlocutore, visto pure il quadro di diffidenza che il doping ha creato attorno al ciclismo, la corsa morirà. Fossi il presidente della FCI urlerei in ogni dove questo rischio, ma chiedere a Di Rocco un atto da schiena dritta e non da sorriso irritante, è come chiedere ad un piuma di mettere KO un massimo.
Le tragedie del ciclismo, purtroppo, stanno tanto su queste cose: il doping, se vogliamo, è spesso un ottimo paravento per coprire le miserie di chi dovrebbe dirigere e dare gambe a questo meraviglioso sport che, con Strade Bianche, ha scoperto un’altra fantastica pagina del suo immenso romanzo.
Tradizione e status da classica, nessuna corsa li raggiunge in un lustro, ma se chi ha prodotto l’evento non li vede come obiettivo, perché non sa leggere l’invenzione e la vive come fosse venuta per caso, non basterebbe mezzo secolo. Vivacchiare senza convinzione, in queste cose, significa percuotere i fondelli. E questi fanno male. Di sicuro, tanto e tanto più male di un Riccò.
Ciao!