Premesso che l'argomento è estremamente difficile e delicato; premesso anche che, per quanto ci si sforzi di essere neutrali, la nostra visione è tendenzialmente italo-centrica. Premessa di carattere storico: fino ad una trentina di anni fa, i corridori più forti e quindi famosi provenivano da 4-5 nazioni europee: Italia, Francia, Spagna, Belgio, Olanda, con qualche infiltrazione da Germania, Svizzera, Danimarca, Svezia e qualche esotica partecipazione dai paesi del blocco comunista o dall'altro mondo: Canada, USA, Colombia, Australia. E' chiaro che in quel contesto le corse più importanti e prestigiose si svolgessero principalmente nella ristretta cerchia europea, poichè non c'era alcun interesse oltre quei confini.Strong ha scritto:mi sembra sterile l'argomentazione della perdita del contesto ambientale storico (foglie morte), visto che anche quest'anno,
pur svolgendosi a metà ottobre, di foglie morte ce ne saranno poche.
Magari il 29 settembre dell'anno prossimo gli alberi saranno già scarichi. Chi lo può sapere...la natura fa ciò che vuole.
Più argomentato invece il discoso su posizionamento in base alle altre corse, ma anche qui sarebbe richiesta maggiore analisi e soprattutto maggiore obiettività.
Le scelte vanno prese, l'immobilismo sarebbe altrettanto criticabile, ed a volte le scelte possono essere condivise a furoro di popolo (classiche canadesi), moderatamente condivise (corse a tappe USA) oppure categoricamente bocciate (come questa).
Non mi sembra che l'operato dell'uci sia totalmente negativo, per cui chi critica a prescindere, per quanto mi riguarda, rischia di avere credibilità 0 (anche se probabilmente, in parte, dice cose giuste).
Come si fa a criticare ancor prima di aver valutato i risvolti?
Voi dite. "il nuovo posizionamento del Lombardia", ammazzerà la starting list dell'emilia"....ma perchè ne siete così sicuri, siete dei visionari?
Non è che quest'anno ci sia stata una partecipazione poi così altisonante....
La coppi&bartali di quest'anno è stata una tristezza unica e comunque anche le edizioni precedenti non è che vedessero presenze
internazionali di riguardo
Ora non è più così, e su questo occorre farsene una ragione. Quindi da un certo punto di vista ritengo inevitabile la partecipazione delle migliori squadre e dei migliori corridori anche a corse svolte in altri continenti diversi da quello europeo; corse che, ovviamente, non possono competere con le "nostre" in termini di storia. Sempre in quegli anni '80, il dibattito più frequente riguardava il fatto che i corridori italiani non svolgessero attività all'estero. E che le corse italiane, Giro d'Italia compreso, fossero riservate ai corridori tricolori, salvo le incursioni dell'Hinault di turno! La stessa programmazione televisiva delle grandi corse che si svolgevano lontano dall'Italia era davvero carente. Del Tour, quando andava bene, si vedeva l'ultima settimana, e delle classiche non si andava al di là di qualche fotogramma rubato, magari in differita: della vittoria di Contini a Liegi ad esempio, ricordo appena un breve filmato dell'ultimo chilometro!
La nascita della Coppa del Mondo prima e del Pro-Tour poi, si prefiggevano, a mio parere, uno scopo più che lodevole: creare un circuito di corse di alto livello per promuovere il confronto tra i campioni nel maggior numero di occasioni possibile! C'è però un limite oggettivo dettato dalla natura e dalla biologia: non possiamo pretendere che un ciclista faccia 200 corse all'anno!! Così ci si deve misurare con un problema conseguente: l'elezione di alcune corse, con l'obbligo di partecipazione per le squadre principali, per forza di cose svuota quelle corse che non hanno avuto la "fortuna" (perchè di merito raramente si tratta....) di essere elette! Ma così facendo, si corre gravemente il rischio di concentrare l'attenzione per il movimento ciclistico solo in alcuni territori, svuotandone però altri. E' quello che sta succedendo nel calcio: lo spostamento di tutta l'attenzione mediatica su Serie A e Champions League, ha totalmente svuotato gli stadi non solo dei campionati dilettantistici, ma anche di quelli professionistici fino alla ex serie C, per arrivare anche alla serie B ed anche in alcune piazze della stessa serie A!
Come se ne esce?
Uno sport come il ciclismo ha proprio nel contatto diretto con le persone uno dei suoi maggiori punti di forza; è uno sport dove il rapporto "visibilità televisiva" e "visibilità dal vivo" non ha partita, nel senso che dalla tv vedo tutto in maniera strepitosa, mentre dal vivo non vedo praticamente nulla!!! Però le strade si riempiono ugualmente di persone: il motivo è da ricercare nell'eccezionale possibilità, che nessun altra disciplina di alto livello possiede, di vedere, toccare, salutare, fotografare, il campione del mondo o la maglia gialla a pochi millimetri di distanza! Ora questa leva deve essere mantenuta, ne va dell'esistenza stessa di questo sport, fa parte della sua essenza. Se concentro i grandi eventi in pochi e remoti luoghi, questa essenza scomparirà. Ma nello stesso tempo, non posso pretendere che i migliori interpreti gareggino solo e sempre in Europa o adirittura in Italia.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di far ruotare, nel corso degli anni, le corse inserite nel world-tour. Mi spiego con alcuni esempi: perchè gli abitanti del centro Italia (Tirreno-Adriatico), o della zona a nord di Nizza (Paris-Nice), o dei Paesi Baschi (Vuelta al Pais Vasco), possono avere l'opportunità di vedere OGNI ANNO i migliori campioni, mentre la stessa opportunità non è offerta agli abitanti dell'Emilia Romagna, del Limousin o della Castylla e Leon? Perchè in Polonia sì mentre in Austria o Portogallo no? Allora, visto che ovviamente non si possono mettere in calendario 100 corse World-Tour ogni anno, si potrebbe attuare una rotazione in modo che, ogni 3-4 anni, ciascuna corsa (sto parlando ovviamente delle attuali corse 1.1 o 1.HC, oppure 2.1 e 2.HC) abbia l'opportunità di fregiarsi della prestigiosa qualifica. In questo modo, l'organizzatore di queste corse avrebbe certamente più possibilità di trovare sponsor interessati a finanziare un progetto che periodicamente li porterebbe su uno scenario mondiale di grande visibilità. In questo modo, ad intervalli, i territori interessati da questi grandi eventi potrebbe ricevere uno slancio tale da consentirgli di vivere bene, anzichè sopravvivere, anche in quegli anni in cui la corsa non è inserita nel principale calendario mondiale, sfruttando l'effetto volano del grande evento (un po' come accade per Olimpiadi o Mondiali di calcio).
Temo che l'alternativa a questo tipo di soluzione sarebbe la concentrazione mediatica e di pubblico solo su pochi grandi eventi, a discapito della base di un movimento, con la conseguenza che tra una decina d'anni, una volta esaurito il serbatoio attuale di entusiasmo, grandi porzioni di territorio mondiale finiranno col dimenticare il ciclismo! Inevitabile e logica conseguenza: la mancanza di praticanti (sto parlando di ciclisti agonisti, non turisti come il sottoscritto...) e quindi la carenza di campioni e di personaggi futuri e paraddossalmente il passaggio dalla globalizzazione alla localizzazione delle attività nelle zone baciate dal World Calendar... insomma, il ciclismo un po' come il tamburello o il ruzzolone.....