Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
Luciano Pagliarini
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Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Apro questo topic perché mi piacerebbe discutere di un periodo storico assai affascinante, quello che parte dalla fine del primo decennio del '900 e arriva fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

E' l'epoca in cui i pionieri, pian piano, si trasformano in sportivi veri e proprio, si parte dai Gerbi, Faber, Lapize (per me uno dei più forti di sempre) e si arriva a Sylvère Maes, a Giovanni Valetti, al primo Bartali, passando per Girardengo, Thys, i Pelissier, Brunero, Binda, Bottecchia, Frantz, Suter, Leducq, Magne e via dicendo.

E' qua che nasce il ciclismo come lo conosciamo oggi: i grandi giri, le tappe di montagna, le cronometro ecc...

Per inizare sto facendo un focus sulla generazione prodotta dal ciclismo francese negli anni '30 che furono, non a caso, l'unico decennio, da cent'anni a questa parte, in cui i francesi riuscirono a vincere il Tour de France con 4 corridori diversi (Leducq, Magne, Lapébie e Speichler).
Immagine Ovviamente non si può non partire dalla due stelle più luminose dell'epoca: Antonin Magne, detto "Tonin le sage", e André Leducq, conosciuto anche come "Dédé gueule d'amour et muscles d'acier".

Magne, boxer, come Merckx, prima di diventare ciclista, era un coraggioso, un corridore che, probabilmente, tutti quanti avremmo amato. Fu 6° nella generale e vincitore di una tappa al primo Tour della carriera, nel '27, mentre l'anno seguente confermò il sesto posto, ma conquistò una frazione in più. Fu anche uno dei primi grandi cronoman della storia, capace di conquistare tre GP delle Nazioni consecutivi tra il '34 e il '36.

Leducq, invece, era un corridore estremamente elegante e veloce, capace di vincere in ogni modo e su ogni terreno. E' l'ultimo corridore nella storia ad essere riuscito a vincere Tour de France, Parigi - Roubaix e Parigi - Tours, prima di lui ci riuscirono solamente Octave Lapize, Francois Faber e Henri Pelissier (Sean Kelly, invece, è l'ultimo ad aver conquistato Roubaix, Tours e uno qualsiasi dei grandi giri, lui e Moser sono, peraltro, gli unici ad esserci riusciti nel dopoguerra). Oltretutto le sue 25 vittorie di tappa alla Grande Boucle lo collocano al quarto posto dei plurivincitori di frazioni della corsa francese, alle spalle di Merckx, Hinault e Cavendish. Durante gli anni '30 fu, probabilmente, lo sportivo più amato di Francia.

Quando Desgrange, nel 1930, inaugurò il Tour per nazionali, per la Francia, ormai a secco da ben sette stagioni e vincente solo una volta negli ultimi 18 anni, arrivò la svolta. I cugini transalpini, difatti, potevano schierare un'autentica corazzata, con corridori del calibro di Charles Pelissier (vincitore di 8 tappe quell'anno), Marcel Bidot, i fratelli Pierre e Antonin Magne e, soprattutto, André Leducq.

Leducq strappa la maglia gialla a Learco Guerra nel corso della 9a tappa, la Pau - Luchon, che aveva visto vincente un altro italiano, il trombettiere di Cittiglio, Alfredo Binda. Binda, probabilmente l'unico che può realmente contendere a Merckx la palma di corridore più forte della storia, si ritirò il giorno seguente (pare avesse un accordo con Desgrange per correre le prime dieci tappe, inoltre, si dice, fosse furioso con la federazione italiana perché ancora non gli avevano dato i soldi che gli avevano promesso quando gli chiesero di saltare il Giro).

Ad ogni modo, con Binda ritirato, per Leducq la strada sembrava tutta in discesa, ma, ironia della sorte, fu proprio una discesa, anzi due, presenti nella stessa frazione, quella del Galibier e quella del Telegraphe, a riaprire i giochi. André cadde in entrambe e Guerra ne approfittò, attaccò e, ad un certo punto, arrivò addirittura ad avere 15 minuti di vantaggio sulla maglia gialla. Tuttavia la selezione francese si strinse attorno al proprio capitano, Bidot gli passò la bici, e, dando una dimostrazione di forza e coesione straripanti, ripresero tutti quanti, inclusa la "locomotiva umana". Il vincitore, quel giorno, fu proprio Leducq, il quale, allo sprint, superò il compagno Pelissier.

Quel guizzo fu la parola fine su un Tour dominato dalla nazionale francese, Leducq primo, due anni dopo il primo podio alla Grande Boucle (2° a 50' dal lussemburghese Frantz), Tonino il saggio 3°, Bidot 5°, Pierre Magne 6° e Pelissier 9°. 1° posto nella classifica a squadre con un'ora e 48 minuti sul Belgio e 12 tappe vinte (8 Pelissier, 2 Leducq e una a testa Antonin Magne e Jules Marviel).

L'anno seguente fu, invece, la volta di Magne. Il 1931 di Tonin le Sage, prima della Grande Boucle, fu tutt'altro che esaltante. Per via dei problemi economici della Alleluia - Wolber fu costretto a passare alla France Sport sul finire del 1930. La France Sport era tutt'altro che uno squadrone e spesso Magne era costretto a partecipare alla grandi corse da indipendente. Inoltre, una brutta caduta ne penalizzò l'inizio di stagione. A maggio, poi, venne al Giro, correndo per un'altra squadra modesta quale la Ganna, ma un problema meccanico, nella tappa con arrivo a Napoli, gli fece perdere moltissimo tempo e, per questo, non riuscì a far classifica.

Conclusa la corsa italiana Magne tornò in Francia e andò ad allenarsi sui Pirenei fino all'inizio della Grande Boucle. Qua, dopo un inizio tranquillo, fece fuoco e fiamme nella tappa che da Pau andava fino a Luchon. Partì tutto solo sull'Aubisque e nella discesa che precedeva il Tourmalet riprese un drappello di attaccanti, comprendente il pericolosissimo belga Jef Demuysere, già 3° nel '29, e l'italiano Antonio Pesenti, il quale aveva appena vinto il Giro battendo proprio il sopraccitato Demuysere, che si erano mossi in precedenza.

In seguito, sul Peyresourde, attaccò e si tolse di ruota tutti quanti. Pesenti fu 2° di tappa a oltre 4', mentre Demuysere, il quale, nel frattempo, era caduto, arrivò dopo 8'.

Da lì in poi corse sulla difensiva, forte di una nazionale solidissima in grado di proteggerlo in ogni frangente. Nella Nizza - Gap fu vittima di diversi problemi meccanici, ma Charles Pelissier, calatosi perfettamente nei panni di eccellente scudiero, rimase sempre al suo fianco e lo aiutò a contenere il distacco da Demuysere. Al traguardo Magne perse appena 2'22" dal belga.

Demuysere, in compagnia del connazionale tre volte vincitore della Roubaix Gaston Rebry, mise in attò un'imboscata disperata nei vari settori di pavé presenti nella penultima tappa, la Charleville - Malo-les-Bains. Magne, tuttavia, si inventò una prestazione fenomenale, arrivando al punto di mordere le ruote dei belgi pur di non mollarle. Rebry vinse la tappa con 11" su Demuysere e sullo stesso Magne che, quel giorno, mise il sigillo sul suo primo Tour de France.

Continua................


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da giorgio ricci »

Complimenti. Bellissima la tua rubrica. Questo dovrebbe essere la filosofia del forum . Uno spazio di approfondimento in cui tutti possano fare domande e soddisfare curiosità.
Io purtroppo non sono un grande esperto del ciclismo anteguerra ma proprio ultimamente pensavo che mi sarebbe piaciuto colmare le mie lacune.
Vorrei raccontare una curiosità su Binda. Un amico ristoratore conosce la moglie di Binda che mi dice essere vivente. Ebbene, lui mi ha detto che fu lo stesso Alfredo a rompere la sella, causa o scusa per il ritiro, e questo per i motivi che hai brillantemente citato.


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Niи
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Niи »

Leggo e leggerò con piacere questa rubrica :champion:


dietzen
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da dietzen »

non ne so praticamente nulla per discuterne, ma leggerò con piacere. :clap:


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Winter »

Grandissimo Paglia :clap: :clap:
conosco poco quell'epoca (tranne per jp Ollivier su france2)


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Mi perdonerete se andrò pianino, ma il tempo è quello che è, sono appena rincasato ora e tra poco devo uscire.

Nel '32, ad ogni modo, due dei membri più illustri del dream team francese, vale a dire Charles Pelissier e il vincitore uscente Antonin Magne, non si presentarono al via della Grande Boucle, il primo per via di una frattura alla clavicola e il secondo per concentrarsi sul suo grande obiettivo stagionale: il campionato nazionale francese (questo ci fa capire quanto il prestigio di certe corse sia variato nel corso dei decenni).

La nazionale transalpina, dunque, puntò tutto su Leducq, al cui fianco misero una selezione giovane, ma ricca di talento, tra le cui fila spiccavano Georges Speichler, Roger Lapébie e Maurice Archambaud (segnatevi questi nomi, ne riparleremo a tempo debito).

I rivali principali, questa volta, non furono né gli italiani né i Belgi, ma una nazione emergente che si stava pian piano affermando nel panorama ciclistico internazionale: la Germania.

Come i francesi anche i tedeschi, negli anni '30, si ritrovarono tra le mani una generazione d'oro. La quale, peraltro, si impose già prima dell'instaurazione del regime nazista, per cui, in questo caso, non vi è alcun merito di una dittatura dietro a un exploit sportivo.

La formazione teutonica del '32 può essere definita con una sola parola: stellare. Schieravano Ludwig Geyer, futuro vincitore di un Tour de Suisse, Herbert Sieronski, classicomane capace di arrivare sul podio sia a Roubaix che a Tours, il solidissimo Oskar Thierbach, il fenomenale austriaco Max Bulla (la nazionale, ufficialmente, era sia tedesca che austriaca, ma, in verità, erano 7 tedeschi più Bulla). E poi vi era il capitano, fresco di quinto posto al Giro d'Italia, Kurt Stopel, primo tedesco nella storia a vestire la maglia gialla, primo tedesco nella storia a vincere una tappa al Tour de France e primo tedesco nella storia ad arrivare sul podio della Grande Boucle.

Stopel, in salita e sul passo, non era inferiore a Leducq. Tuttavia era decisamente meno veloce. Il che, ad oggi, può sembrare un handicap relativo in una corsa a tappe, ma, ironia della sorte, Desgrange, per quell'edizione della Grande Boucle, aveva deciso di assegnare abbuoni enormi (4 minuti al primo) per favorire Charles Pelissier. Pelissier, come scritto sopra, fu costretto a rinunciare al Tour e così ad approfittarne fu l'illustre connazionale.

Leducq vinse 6 tappe e guadagnò 31 minuti complessivi grazie agli abbuoni. Stopel ne conquistò solo una e si fermò a 6 minuti di abbuoni. Il francese vinse il Tour con 24'03" di vantaggio sul tedesco, ma il distacco esente abbuoni tra i due era di soli 3". Peraltro, non fosse stato per una serie di forature che gli fecero perdere tempo nella Nantes - Bordeaux, terza tappa di quella Grande Boucle, Stopel avrebbe effettivamente concluso il Tour in meno tempo rispetto ad André.
Continua...........


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine
Al Tour del '33 la Francia si presenta al via con una formazione strabiliante, probabilmente superiore alle versioni viste in precedenza. Al campione uscente Leducq, infatti, si aggiungono i rientranti Antonin Magne e Charles Pelissier e, insieme a loro, ci sono anche Maurice Archambaud, carrarmato tascabile (era alto appena un metro e cinquantaquattro) che nel '32 vince il primo GP delle Nazioni e nel '37 fa il record dell'ora, Roger Lapébie, futuro vincitore della Grande Boucle, Léon Le Calvez, 3° alla Roubaix in quella stagione, un giovanissimo René Le Grevès e Geogers Speicher.

Speicher, ex nuotatore parigino, comincia ad andare in bicicletta molto tardi, a 17 anni (come un altro grande campione parigino, guardacaso), e prende parte al suo primo Tour del France solo nel 1932. Al netto di un inizio di stagione esaltante, in cui fa 2° al Criterium International, 5° con vittoria di tappa alla Parigi - Nizza e 3° al campionato nazionale, nel '33 Georges parte come luogotenente delle varie stelle della selezione francese, in una Grande Boucle ricca di montagne e con abbuoni dimezzati rispetto all'edizione precedente.

L'inizio di Tour ha un sapore agrodolce per i transalpini: Archambaud conquista, in solitaria, la frazione inaugurale, con 2'32" sui primi inseguitori, e con essa la maglia gialla. Tuttavia, Charles Pelissier, nel corso della terza frazione, si scontra con un auto ed è costretto a ritirarsi, mentre l'italiano Learco Guerra, il nemico pubblico numero uno per i padroni di casa, ottiene tre successi parziali nei primi sette giorni e si porta in seconda posizione in classifica generale a 4'24" da Archambaud.

Nel corso dell'ottava frazione, la Grenoble - Gap di 102 km, un gruppetto di 6, comprendente Archambaud e Speichler, ma non Leducq, Magne e Guerra, si avvantaggia notevolmente sul resto del plotone. L'ex nuotatore riceve, dalla maglia gialla, il permesso di correre per la vittoria parziale, che conquista in una volata a tre con l'italiano Martano e il belga Lemaire.

Il giorno seguente, al via della Gap - Digne-les-Bains, Archambaud si presenta alla partenza con un vantaggio su Guerra di 8'53" e la consapevolezza di poter guadagnare ancora. Tuttavia, l'ormai leader de facto della nazionale francese cade nella discesa dell'Allos e arriva al traguardo ben 15 minuti dopo il vincitore di giornata, vale a dire proprio Speichler, che bissa il successo del giorno precedente regolando, in uno sprint ristretto, Martano, i connazionali cicloturisti (nome degli indipendenti ndr.) Fayolle e LeGoff e lo spagnolo Trueba. La maglia gialla passa, così, sulle spalle di Lemaire, con Guerra primo inseguitore a soli 23" e Speichler 3° a 2'56".

Archambaud torna a ruggire appena due giorni dopo la beffa: nella Nizza - Cannes, infatti, si toglie di ruota tutti i rivali, rifila 2'31" a Speicher e Lemaire e 7'44" a Guerra. In classifica generale, invece, sale in seconda posizione, a 1'06" dal leader. E' un fuoco di paglia, tuttavia, all'indomani dell'impresa, infatti, il futuro recordman dell'ora crolla, mentre Speichler va all'attacco con Léon Level e René Bernard, altro cicloturista transalpino, e conquista, battendo allo sprint i due rivali, il suo terzo successo di tappa, che gli vale anche la prima maglia gialla della carriera.

L'ex nuotatore è chiaramente in formissima, mentre Magne non ingrana e Leducq riesce ad essere competitivo solo in volata (conquista due tappe consecutive a Montpellier e Perpignan, nel corso della seconda settimana). Per questo motivo, la selezione francese, che in quegli anni non brilla solo per talento, ma anche per l'incredibile coesione, probabilmente un unicum nella storia del ciclismo, si unisce tutta intorno a Speichler, nel tentativo di permettergli di portare la gialla fino a Parigi. Impresa che, al netto della condizione scintillante del parigino, sembra tutt'altro che semplice, dato che Lemaire, al termine della 15esima tappa, è ad appena 15" dal leader.

Speichler, tuttavia, oltre che su scudieri regali come Magne e Archambaud, può contare anche su delle favolose qualità di discesista, che gli permettono di gestirsi tranquillamente su ogni salita, senza il bisogno di chiudere immediatamente sugli attacchi dei rivali.

E così, mentre Lemaire va affondo sui Pirenei, Speichler si difende senza troppi patemi dagli attacchi degli italiani e arriva nella sua città natale in maglia gialla con 4'01" di vantaggio su Learco Guerra 2° e 5'08" su Giuseppe Martano che chiude il podio.
Immagine
Nonostante la vittoria nella Grande Boucle, tuttavia, non viene inizialmente convocato per il Mondiale casalingo di Montlhéry e solo la defezione di Paul Chocque, a 48 ore dal via, gli permette di prendere parte alla rassegna iridata. Voglioso di dimostrare il suo valore, Georges, parte a 125 km dall'arrivo e si leva tutti di ruota. Al traguardo arriva solitario e a braccia alzate, è campione del mondo, mentre, dopo oltre 5 minuti, Magne completa una doppietta memorabile regolando in volata l'olandese Marinus Valentijn.

Speichler è il primo, nella storia, a conquistare maglia gialla e maglia iridata nello stesso anno. Nel prosieguo della carriera i risultati, nelle corse a tappe, sono inferiori alle aspettative. Al Tour vincerà altre 6 frazioni, ma non tornerà più sul podio. Nelle corse di un giorno, invece, il parigino si toglie ancora delle grandissime soddisfazioni, conquista, infatti, ben 3 campionati nazionali (e considerando che Magne, nel '32, arrivò al punto di saltare il Tour per concentrarsi sul campionato francese, capite bene quanto questo fosse prestigioso all'epoca) e la Parigi - Roubaix del 1936 in cui, nel velodromo, andò in onda, con 50 anni d'anticipo, una parata identica a quella della Mapei del '96, solo che, al posto di Museeuw, Tafi e Bortolami, vi era il trio della Alcyon Dunlop composto da Georges e i due fenomeni belgi Romain Maes e Gaston Rebry.


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Patate
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Iscritto il: domenica 28 febbraio 2016, 23:23

Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Patate »

Semplicemente grazie! :clap:


dexter
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Iscritto il: venerdì 10 dicembre 2010, 9:38

Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da dexter »

Mi accodo ai ringraziamenti. Stai dando un senso a quei nomi che leggevo passivamente sull'albo d'oro del Tour!


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Figuratevi :cincin:


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Trullo
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Iscritto il: martedì 23 maggio 2017, 12:26

Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Grazie!
Interessante, conosco per averlo seguito personalmente il ciclismo a partire dalla seconda metà degi anni '70, e per racconti di mio padre o di amici più grandi il secondo dopoguerra. Questo periodo invece, specie per quanto avvenuto fuori dall'Italia, mi è quasi del tutto ignoto, per cui sto seguendo con molto interesse questa discussione


Luciano Pagliarini
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Iscritto il: mercoledì 27 settembre 2017, 21:54

Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine 24 frazioni, 22 tappe e 2 semitappe. Questo l'itinerario del Tour de France 1934, il primo grande giro, nella storia, a presentare nel suo percorso una prova contro il tempo, vale a dire la La Roche sur Yon - Nantes, in programma il 27 luglio.

Al via non vi è André Leducq. Il vincitore di due degli ultimi quattro Tour, sul finire del 1933, lascia l'Alcyon Dunlop, che gli negò un aumento dello stipendio di 200 franchi, per passare alla Mercier-Hutchinson diretta dalla leggenda Henri Pelissier. Henri Desgrange, che è grande amico del proprietario della Alcyon, Edmond Gentil, per ripicca decide di lasciare a casa il campione transalpino. Leducq, tuttavia, da grande uomo squadra qual è sempre stato, per poter incitare ogni giorno i suoi compagni, segue tutto il Tour in macchina insieme ai giornalisti del Paris-Soir Albert Baker d'Isy e Géo Villetan.

Al netto di una così grave defezione, la Francia, comunque, si presenta al via della Grande Boucle con l'ennesima parata di stelle. Il campione in carica Georges Speicher e il sempre taciturno Antonin Magne guidano la spedizione francese. Poi ci sono Archambaud, il detentore del titolo nazionale francese Raymond Louviot, Charles Pelissier, Roger Lapébie, fresco trionfatore della terza edizione dell'allora Criterium National, René Le Gravès e René Vietto, giovanissimo scalatore dotato di un talento debordante.

Vietto, originario di Rocheville au Cannet, ha solo 20 anni, ma ha già imparato sulla sua pelle quanto può essere dura la vita. Durante la prima guerra Mondiale, infatti, il padre, Jean, viene fatto prigioniero in Germania e solo dopo l'armistizio riesce a tornare dal figlio. René inizia a lavorare a 12 anni e, nel frattempo, culla dentro di sé un'indomita passione per il ciclismo, inebriato dalle imprese del grandissimo Alfredo Binda. E' piccolo e scattante, il più giovane degli alfieri della gloriosa selezione francese, in salita ha pochi eguali.

La Grande Boucle non può che iniziare sotto il segno della Francia: nella prima frazione vanno via in sette, Speicher e Magne, l'italiano Vasco Bergamaschi, i belgi Roman Maes, Sylvere Maes e Felicien Vervaeke (gli ultimi due cicloturisti) e il tedesco Willi Kutschbach. E' il campione in carica a vincere la volata e a indossare la prima maglia gialla.

Il giorno seguente, tuttavia, Speicher cade e perde 15' dai primi. La frazione la conquista René Le Gravès, mentre Magne, 2° di giornata, torna a vestirsi di giallo tre anni dopo l'ultima volta. Nelle tappe successive il Tour diventa un monologo blu-bianco-rosso: Lapébie vince la terza e la quarta tappa, Le Gravès e Speichler si aggiudicano ex aequo la quinta, poi il trionfatore del Tour del '33 fa sua anche la sesta davanti al sopraccitato Lapébie, mentre nella settima, la durissima Aix-les-Bains - Grenoble, tocca al novellino Vietto mettere il timbro. Il giovane René, sul Galibier, è l'ultimo a cedere al forcing del duo spagnolo composto da Federico Ezquerra e Vicente Trueba. Sulla seguente discesa, tuttavia, riprende e stacca i due rivali, involandosi tutto solo verso il suo primo sigillo sulle strade del grande giro francese. Ezquerra e Trueba, alla fine, arrivano a 3'23" dal nativo di Rocheville au Cannet, insieme anche agli italiani Giuseppe Martano ed Eduardo Molinar (cicloturista) e alla maglia gialla Magne.

A Gap, al termine della frazione numero otto, Martano spezza il dominio transalpino, conquistando la tappa con 7" di vantaggio su Magne e 28" su Vietto. Poco male perché Vietto, dopo aver staccato tutti sul Vars e aver scalato tutto solo l'Allos, torna vincente il giorno seguente, a Digne-les-Bains, dove arriva nuovamente solo al traguardo, precedendo di 2'23" Trueba e Molinar e di 6'28" un gruppetto comprendente Magne e Martano. All'indomani del secondo acuto di René, arriva una tripletta francese con Le Gravès che, in quel di Nizza, precede Lapébie e Louviot. A Cannes, invece, è ancora Vietto, trionfatore in una volata a due con Martano, a regalare l'ennesima gioia al paese organizzatore della Grande Boucle.

Mentre Magne continua a gestire, Lapébie vince le tappe numero 12 e 13, mentre Speichler si impone nella 14esima. Al 15esimo giorno di corsa, durante la Perpignan et Ax-les-Thermes, accade l'imponderabile: Magne cade sulla discesa Col de Puymorens e rompe ruote e telaio. Una situazione che, in altri casi, sarebbe costata il Tour. Ma nella nazionale francese la squadra viene prima del singolo, e per Tonin le Sage, un signore che non si è mai risparmiato ogni volta che si è trovato lui a dover lavorare per i compagni, anche assi del calibro di Vietto e Speicher sono disposti a sacrificarsi. Il primo gli cede la ruota, il secondo la bici e così il taciturno Antonin salva la maglia gialla arrivando a soli 45" dal gruppo di testa, regolato, per l'ennesima volta, da Roger Lapébie.

Il concetto di uno per tutti e tutti per uno, vigente nel dream team transalpino, viene sublimato al massimo nel corso della 16esima frazione, la Ax-les-Thermes - Bagnères-de-Luchon. Vietto fa fuoco e fiamme in montagna, come al solito, e si ritrova presto in testa alla corsa. Dietro, però, Magne cade in discesa e rompe la bici. Vietto, venuto a conoscenza di quanto accaduto, si gira dall'altra parte e, percorrendo la corsa in senso contrario, va da Magne per cedergli il suo mezzo. Tonin le Sage, grazie all'estremo sacrificio del giovanissimo compagno, è salvo. Più avanti riprende Lapébie, insieme a al quale si riporta anche su Martano. Solo il bolognese Adriano Vignoli riesce a resistere al ritorno dei due transalpini, conquistando, così, il successo parziale.

Magne, stanco dei vili scherzi della dea bendata, passa all'attacco nella brevissima Luchon - Tarbes (91 km). Fa fuoco e fiamme tra Peyresourde e Aspin, stacca tutti e trionfa con 6'31" su Trueba, 7'04" su Sylvere Maes, 7'46" su Mariano Cañardo e René Vietto. Martano arriva a ben 13 minuti dal re del Tour de France 1932.

La Grande Boucle, così, è in cassaforte per la selezione francese, la quale, comunque, non sazia, ottiene altri cinque successi parziali. Uno a testa per Vietto, Speicher, Le Grèves, Louviot e Antonin Magne, il quale, oltre a conquistare il suo secondo Tour, diventa anche il primo vincitore di una cronometro nella storia della corsa francese.

A gara finita, la ruggenta truppa d'astri transalpini può vantare la maglia gialla di Magné, il quale veste il simbolo del primato dal secondo all'ultimo giorno, la maglia a pois di Vietto e ben 20 vittorie parziali (5 Lapébie e Speicher, 4 Le Grèves e Vietto, 2 Magne e 1 Louviot). In classifica generale sono ben tre i francesi a piazzarsi tra i primi cinque. Oltre a Magne primo, infatti, ci sono Lapébie terzo e Vietto quinto. E' un Tour da incorniciare, frutto della coesione favolosa tra i vari componenti della nazionale francese.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da giorgio ricci »

Grazie Luciano Pagliarini.
Volevo farti due domande. Avendo studiato un po' in passato i Tour degli anni 30, ho l'impressione che il Tour 1933 fu il primo ad essere abbastanza livellato. Forse per gli abbuoni dimezzati, ma Speicher vinceva su gruppi ristretti e non faceva il vuoto in salita. Guerra non essendo uno scalatore non riuscì mai a vincere il Tour, ma i distacchi per la prima volta mi sembravano più risicati. Sto dicendo delle scemenze?
Sono poi molto curioso riguardo alla figura di René Vietto
Hai già accennato alla sua storia, ma la cosa che mi sorprende è l'eccezionale longevità agonistica. Cominciò ad essere protagonista nel 34 ma andò vicino a vincere il primo Tour del dopoguerra, nel 47, dove mi sembra si aggiudicò due tappe.
Mi piacerebbe potere approfondire la storia di questo campione.
Grazie Ancora.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

giorgio ricci ha scritto: lunedì 15 ottobre 2018, 22:02 Grazie Luciano Pagliarini.
Volevo farti due domande. Avendo studiato un po' in passato i Tour degli anni 30, ha l'inpressione che il Tour 1933 fu il primo ad essere abbastanza livellato. Forse per gli abvuoni dimezzati, ma Speicher vinceva su gruppi ristretti e non faceva il vuoto in salita. Guerra non essendo uno scalatore non riuscì mai a vincere il Tour, ma i distacchi per la prima volta mi sembravano più risicati. Sto dicendo delle scemenze?
Sono poi molto curioso riguardo alla figura di René Vietto
Hai già accennato alla sua storia, ma la cosa che mi sorprende è l'eccezionale longevità agonistica. Cominciò ad essere protagonista nel 34 ma andò vicino a vincere il primo Tour del dopoguerra, nel 47, dove mi sembra si aggiudicò due tappe.
Mi piacerebbe potere approfondire la storia di questo campione.
Grazie Ancora.
In verità, già all'epoca, i Tour spesso e volentieri erano abbastanza livellati e la differenza la facevano le squadre. Il Tour divenne per nazionali proprio perché l'Alcyon Dunlop era talmente forte che nel '29 fecero vincere il Tour a Maurice Dewaele nonostante quest'ultimo fosse malato durante le tappe pirenaiche....ciò mandò su tutte le furie Desgrange che optò per il cambio di formato.

Speichler non era il più forte in salita, anzi spesso trovava qualcuno che lo staccava. Però era fortissimo in discesa e all'epoca era più importante saper andare in discesa piuttosto che in salita (infatti Trueba non ha mai vinto una mazza). Poi era anche veloce, il che non guastava considerando quanto erano sostanziosi gli abbuoni.

Vietto è coetaneo di Bartali, per cui non riesco a considerarlo particolarmente longevo. Probabilmente il Vietto pre guerra il Tour del '47 lo avrebbe vinto abbastanza facilmente...dopo il conflitto globale non è più stato lui, pur non avendo un crollo totale come Valetti o Cosson.

Era un corridore dallo stile meravigliosamente armonioso, l'archetipo dello scalatore en danseuse. E' un peccato che, alla fine, si siano incrociati poco o nulla lui e il sopraccitato coetaneo toscano.

Peraltro, nel '51, nonostante si fosse ritirato ormai da un pezzo, si presentò al via della Sanremo e riuscì pure a finirla.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da giorgio ricci »

Grazie.
Di vietto mi ha ingannato il fatto che nel 34 fosse già performante. Mi studierò meglio i Tour ante guerra.
Ciò che non sono mai riuscito a spiegarmi é il motivo per cui, Bartali a parte, nessuno dei campioni degli anni 30 è riuscito ad ottenere risultati dopo la guerra.
E quindi Vietto, con i suoi risultati nel 47 mi ha sempre colpito. É come ci fosse stato uno sbalzo temporale ben più ampio di 6-7 anni.
Credo che sia anche questa mancanza di Continuità di nomi e risultati che ha creato questa divisione fra le due epoche, per cui anche i più appassionati tendono a non approfondire la storia del ciclismo prima del 47.
Ultima modifica di giorgio ricci il lunedì 15 ottobre 2018, 23:30, modificato 1 volta in totale.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Io credo che subire sei anni di guerra dal punto di vista fisico e mentale sia molto più logorante che farsi sei anni di ciclismo, considerando, poi, che Francia e Belgio hanno subito l'invasione tedesca sin da subito, al contrario dell'Italia.

Probabilmente è impossibile, per noi, comprendere quanto fossero forti, fisicamente e mentalmente, due come Bartali e Coppi.

Coppi è stato prigioniero di guerra, è tornato in Italia che era quasi un cadavere che deambulava e tempo sei mesi e già era tornato a dominare.

E l'airone, quantomeno, era ancora abbastanza giovane, Bartali, per fare quello che ha fatto (e Bartali fino al '49 non è inferiore a Coppi, anzi, ci volle quel mariuolo di Tragela per non fargli vincere il terzo Tour), doveva essere una persona in possesso di doti realmente disumane....difatti sono convinto che, senza guerra, staremmo parlando di uno che contende lo scettro a Merckx.


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Niи
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Io, sinceramente, faccio fatica a immaginarmi sulla strada quel tipo di distacchi. Si parla spesso di 5-10-20 minuti a favore di uno o di un altro a seconda della tappa. Ma come avveniva ciò? Perdevano minuti in incidenti meccanici? Non vi era ancora capacità di gestione delle forze e scarsità di rifornimenti come acqua e cibo, che potevano creare crisi di fame improvvise?
Lo stare a ruota era meno favorevole, per cui anche in pianura si staccavano uno con l'altro? Vi erano furbate irregolari?

Come è possibile tradurre una debacle di 10 minuti di allora, in termini di distacchi odierni? 30"? 1 minuto?

Grazie! :cincin:


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Niи ha scritto: martedì 16 ottobre 2018, 0:36 Io, sinceramente, faccio fatica a immaginarmi sulla strada quel tipo di distacchi. Si parla spesso di 5-10-20 minuti a favore di uno o di un altro a seconda della tappa. Ma come avveniva ciò? Perdevano minuti in incidenti meccanici? Non vi era ancora capacità di gestione delle forze e scarsità di rifornimenti come acqua e cibo, che potevano creare crisi di fame improvvise?
Lo stare a ruota era meno favorevole, per cui anche in pianura si staccavano uno con l'altro? Vi erano furbate irregolari?

Come è possibile tradurre una debacle di 10 minuti di allora, in termini di distacchi odierni? 30"? 1 minuto?

Grazie! :cincin:
Le grosse differenze rispetto a oggi sono, prima di tutto, il fatto che facessero tappe molto più dure (spesso c'erano tappe di montagna di 300/330 km) con mezzi molto meno performanti.

Questa è una bici di Coppi, ad esempio:
Immagine La prima cosa che si nota, ovviamente, è che pesa 3 kg in più rispetto alle bici di oggi. Oltre a ciò, particolare ancor più importante, sono i rapporti. Il rapporto corto di Coppi è il padellone di oggi.

Bici più pesanti, niente rapporti corti, tappe molto più dure....già questo basta per alterare totalmente i distacchi rispetto all'epoca odierna.

Se poi torniamo ai primi anni '30, il periodo in questione, troviamo bici ancor più pesanti con appena due rapporti, quello da pianura e quello da salita. Peraltro molti, all'epoca, preferivano scendere dalla bici e cambiare rapporto manualmente, onde evitare di avere problemi a causa dei cambi primordiali....Dunque all'inizio di ogni salita c'era l'attacco dei pochi che montavano gli allora modernissimi sistemi di cambio :champion:

Sempre parlando di biciclette, se hai/avrai mai modo di parlare con un produttore di biciclette chiedigli qual è il terreno in cui una buona bici può incidere maggiormente rispetto a una bici scarsa.....vedrai che ti risponderà la discesa. Ecco pensa all'epoca, dove la discesa, come dicevo prima, contava anche di più della salita (anche perché non si arrivava mai in salita), quanto potesse fare la differenza avere un mezzo un pelo più performante di un altro.

Dopodiché tu fai notare un altro punto importante: il rifornimento e l'assistenza tecnica non erano certo ai livelli odierni. Oggi se uno cade la bici gliela cambiano in un attimo, Magne, invece, aveva bisogno che i compagni si immolassero per lui. Archambaud, nel '33, non ha trovato nessuno che si sacrificasse per lui, nonostante vestisse la gialla, e in una sola tappa ha lasciato là 15'.

E il rifornimento....oggi basta mandare un corridore all'ammiraglia, all'epoca avevi bisogno che i gregari si fermassero nei bar di città in città. E quando eri da solo dovevi per forza piazzare qualcuno in un punto tattico della tappa che potesse passarti il cibo. Bartali, nel '49, ha perso un Tour perché, dopo aver staccato tutti sull'Izoard, giù dalla discesa non c'era Giovanni Tragella*, ovvero l'uomo che la nazionale aveva deciso di piazzare in quella zona per rifornire i corridori.

A margine, aggiungiamo un'ultima cosa: oggi vi è un impostazione tattica di base che viene applicata ad ogni corsa, ovvero fuga di qualche nome di secondo piano, inseguimento del gruppo e big che si muovono nel finale. All'epoca no, le gare venivano interpretate in modo diverso, gli uomini forti si muovevano appena trovavano il terreno per farlo, ogni tappa era tirata e chiaramente i corridori si stancavano molto più rapidamente (anche perché, post tappa, non avevano certo le comodità odierne).

*Tragella era DS di Coppi alla Bianchi, basta fare 2+2 per capire perché non c'era.


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Niи
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Grazie!

Bici performanti in discesa, nel senso che a 80 all'ora un modello era più "guidabile" di un altro? Quindi permetteva di sentirsi più stabili e tirare un po' meno i freni? Mmm mmm.

Tattiche quindi profondamente diverse, si staccavano quasi per logorio. E sempre in questo, il compito del gregario oltre a provvedere a rifornimenti e cambi di bicicletta, c'erano già uomini in grado di spaccare la corsa per il capitano? Nel senso più simile ad un team Sky o us postal, in cui la selezione la faceva la squadra, oppure più simile ad una mercatone uno, in cui la squadra doveva portare solo la sua freccia sana e salva sul terreno di attacco e poi il leader si arrangiava a far la selezione?

In pratica Coppi aveva rapporti da junior. Con la differenza che in salita dovevano per forza gestirsi perché non vi era margine per salvare la gamba alleggerendo. In un certo senso, per il più forte era più facile emergere alla distanza.


jumbo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Dubito che andassero a 80 in discesa, anche perché le strade di montagna negli anni 30 erano tutte sterrate.


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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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jumbo ha scritto: martedì 16 ottobre 2018, 8:05 Dubito che andassero a 80 in discesa, anche perché le strade di montagna negli anni 30 erano tutte sterrate.
Vero :ouch:


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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Niи ha scritto: martedì 16 ottobre 2018, 8:01 Grazie!

Bici performanti in discesa, nel senso che a 80 all'ora un modello era più "guidabile" di un altro? Quindi permetteva di sentirsi più stabili e tirare un po' meno i freni? Mmm mmm.

Tattiche quindi profondamente diverse, si staccavano quasi per logorio. E sempre in questo, il compito del gregario oltre a provvedere a rifornimenti e cambi di bicicletta, c'erano già uomini in grado di spaccare la corsa per il capitano? Nel senso più simile ad un team Sky o us postal, in cui la selezione la faceva la squadra, oppure più simile ad una mercatone uno, in cui la squadra doveva portare solo la sua freccia sana e salva sul terreno di attacco e poi il leader si arrangiava a far la selezione?

In pratica Coppi aveva rapporti da junior. Con la differenza che in salita dovevano per forza gestirsi perché non vi era margine per salvare la gamba alleggerendo. In un certo senso, per il più forte era più facile emergere alla distanza.
Ovviamente c'erano bici più stabili di altre in discesa. Poi considera pure che i freni non erano quelli di adesso, c'era gente che era costretta a tirarli per tutta la discesa e chi riusciva ad andare giù senza bisogno di farlo, vuoi perché più bravo a guidare il mezzo o vuoi perché aveva dei freni migliori, era avvantaggiato.

Le squadre non funzionavano in modo troppo diverso rispetto ad oggi, prima citavo l'Alcyon al Tour del '29 che fu una protosky, ad esempio. Ma la stessa Francia di cui stiamo parlando era solita stringersi attorno al leader e lavorare per rintuzzare gli attacchi delle altre nazionali.

Diciamo che, però, i gregari si usavano per lo più per difendersi, quando c'era da attaccare i capitani si arrangiavano.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine Il 1935 è l'anno in cui l'egemonia francese viene spezzata per mano del belga Romain Maes (rimando al ritratto di Maes fatto da un amico: http://www.museociclismo.it/content/art ... index.html).

Maes prende la maglia gialla nella prima tappa, dove, dopo aver attaccato, riesce a resistere al ritorno dei primi inseguitori grazie alla sbarra abbassata di un passaggio a livello. Tra lo stupore generale, inoltre, nella seconda semitappa della quinta frazione, la prima cronometro in programma in un'edizione della Grande Boucle che ne propone ben sei (tra cui le prime due cronosquadre), contiene il distacco dal suo primo inseguitore nella generale, vale a dire il capitano della nazionale transalpina, il campione uscente Magne, in soli 38".

La svolta, però, arriva due giorni dopo, nella Aix-les-Bains - Grenoble. Magne, il quale deve recuperare circa quattro minuti a Maes e può contare sul fatto di essere superiore nelle prove contro il tempo, si scontra con un'auto e si vede costretto al ritiro. La Francia, al netto della grave perdita, può contare ancora su numerose frecce presenti nelle sua faretra, come Speicher, Vietto, Archambaud e il rientrante Leducq.

In particolare è proprio il vincitore del Tour del '33 colui che sembra stare meglio, tanto che inizia pian piano a scalare la classifica, fino a portarsi in seconda posizione. Ma la defezione di Magne più passa il tempo e più sembra avere effetti negativi sul gruppo. Infatti, in assenza del suo leader, la nazionale francese si disunisce sempre più giorno dopo giorno e nella Perpignan - Bagnères-de-Luchon la situazione degenera definitivamente.

Speicher non sta bene e per questo, prima della tappa, i francesi stabiliscono di approcciarla in modo piuttosto blando. Tuttavia, Vietto va contro gli ordini di scuderia e attacca appena la strada sale, lanciando un assist a Romain Maes il quale, scortato dal fedele scudiero Felicien Vervaecke, lo segue immediatamente. Dietro Archambaud, dominatore, il giorno precedente, della cronometro da Narbonne a Perpignan, in cui ha rifilato 2'51" a Maes e 4'01" a Speicher, decide di abbandonare il capitano designato per non perdere le ruote degli altri favoriti. L'ex nuotatore, tradito dai compagni, affonda e perde 25 minuti.

L'idillio francese finisce così, il 20 luglio 1935. Maes vince il Tour davanti al cicloturista italiano Ambrogio Morelli e al compagno Vervaecke. Speicher, Archambaud e Vietto concludono, rispettivamente, 6°, 7° e 8°.

Magne, successivamente, tira pubblicamente le orecchie a Vietto e Archambaud, rei, a suo dire, di non aver aiutato a sufficienza Speicher. Leducq, invece, ammette che nella squadra non vi era grande fiducia nei confronti di Speicher, motivo per cui alcuni decisero di non aiutarlo. Inoltre, André chiederà anche di assumere un direttore sportivo per il Tour del '36, visto che, tra le grandi nazionali, solo la Francia ne è sprovvista.


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Niи
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Faccio una domanda, che è più una curiosità, agganciandomi anche al discorso bici.

Sempre parlando del ciclismo pre guerra, che abbigliamento avevano oltre alla classica maglietta di cotone? Dovendo correre da primavera ad autunno e salendo passi alpini, incontravano immagino sia i 40 gradi che la pioggia gelata o la neve. Come erano attrezzati per affrontare le avversità meteo? Ci son stati casi di tour, giri o classiche condizionate nel risultato, principalmente dal mal tempo? E la giuria come si poneva di fronte a queste problematiche? Ci son ciclisti passati alla storia per essere stati fortissimi col maltempo?
In caso non si facesse nulla, quando storicamente si è arrivati ad una tutela "moderna" della salute degli atleti?

Non so se è possibile rispondere a ciò. Chiedo, non si sa mai :D


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Niи ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 12:58 Faccio una domanda, che è più una curiosità, agganciandomi anche al discorso bici.

Sempre parlando del ciclismo pre guerra, che abbigliamento avevano oltre alla classica maglietta di cotone? Dovendo correre da primavera ad autunno e salendo passi alpini, incontravano immagino sia i 40 gradi che la pioggia gelata o la neve. Come erano attrezzati per affrontare le avversità meteo? Ci son stati casi di tour, giri o classiche condizionate nel risultato, principalmente dal mal tempo? E la giuria come si poneva di fronte a queste problematiche? Ci son ciclisti passati alla storia per essere stati fortissimi col maltempo?
In caso non si facesse nulla, quando storicamente si è arrivati ad una tutela "moderna" della salute degli atleti?

Non so se è possibile rispondere a ciò. Chiedo, non si sa mai :D
Le maglie erano in lana.

All'epoca non si facevano grossi problemi per via del maltempo, poi tieni presente che al Giro si saliva di rado più a nord di Milano e lo si faceva a fine maggio/inizio giugno.

Spesso e volentieri, invece, trovavano il diluvio al Lombardia, ma, anche in questo caso, se ne sbattevano altamente.

Un esempio di corsa condizionata dal maltempo, anche se, in questo caso, siamo già dopo la seconda guerra mondiale, è il Giro del '56. Pasquale Fornara, uno dei più forti corridori italiani di cui non si parla mai, a tre giorni dalla fine è in maglia rosa con buon margine sul secondo. Nella terzultima tappa, la Merano - Monte Bondone, una tormenta di neve si abbatte sulla corsa, Fornara, semi-assiderato, è costretto al ritiro, mentre Charly Gaul, alla partenza 14esimo a 16 minuti da Fornara, mette in piedi una delle più grandi imprese della storia, vince la tappa con 8 minuti sul secondo e balza fino al primo posto in classifica generale.

La tutela "moderna" è una cosa recentissima, ti basti pensare a cosa successe sul Gavia nell'88.


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Trullo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Parlando di maltempo come non menzionare la Liegi 1980? https://www.google.it/amp/s/www.ilfogli ... 90537/amp/


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Niи
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Niи »

Grazie! Non volevo andare troppo fuori tema, come periodo storico, ma è effettivamente affascinante ripercorrere le vicende meteo che condizionano la corsa più che il percorso. E sapere anche il diverso rapporto che vi era tra l'atleta e il rischio.

Non sapevo cmq che le Alpi fossero off limits in quei decenni :dubbio: :crazy: :hammer:
Quindi i tapponi erano quelli appenninici?

Il tour quindi, poteva permettersi grandi salite per via dell'estate.


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chinaski89
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da chinaski89 »

Fantastico questo thread :clap: :clap: :clap:

Seguo con moltissimo interesse, anzi in caso volessi procedere anche col primo dopoguerra non sarebbe male :D


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Niи ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 15:36 Grazie! Non volevo andare troppo fuori tema, come periodo storico, ma è effettivamente affascinante ripercorrere le vicende meteo che condizionano la corsa più che il percorso. E sapere anche il diverso rapporto che vi era tra l'atleta e il rischio.

Non sapevo cmq che le Alpi fossero off limits in quei decenni :dubbio: :crazy: :hammer:
Quindi i tapponi erano quelli appenninici?

Il tour quindi, poteva permettersi grandi salite per via dell'estate.
All'epoca i tapponi come li conosciamo noi non esistevano, si inizerà a vedere qualcosa di primordiale coi Giri di Bartali e Valetti, dunque dal '35 in poi.

In generale, comunque, il format era partenza e arrivo in città importanti. I primi arrivi in località di montagna si trovano proprio sul finire degli anni '30.
chinaski89 ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 15:48 Fantastico questo thread :clap: :clap: :clap:

Seguo con moltissimo interesse, anzi in caso volessi procedere anche col primo dopoguerra non sarebbe male :D

Sto andando abbastanza a braccio, salterò da un argomento all'altro, quando avrò finito con la generazione d'oro del ciclismo francese (vale a dire a breve), passerò a qualcosa di un po' più vecchio.


jumbo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da jumbo »

molte delle strade delle salite degli attuali tapponi a quell'epoca, se c'erano, erano in condizioni assai poco "stradali".
le località di montagna erano in molti casi degli isolati villaggi di pastori. le prime località sciistiche iniziarono ad esistere appunto negli anni '30, la prima fu il sestrieres, se ricordo bene, che fu non a caso uno dei primi passaggi sopra i 2000 m della storia del giro.


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Trullo
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Trullo »

Addirittura nel 1911, il primo passaggio dal Sestriere


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Winter »

Luciano Pagliarini ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 13:54
Niи ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 12:58 Faccio una domanda, che è più una curiosità, agganciandomi anche al discorso bici.

Sempre parlando del ciclismo pre guerra, che abbigliamento avevano oltre alla classica maglietta di cotone? Dovendo correre da primavera ad autunno e salendo passi alpini, incontravano immagino sia i 40 gradi che la pioggia gelata o la neve. Come erano attrezzati per affrontare le avversità meteo? Ci son stati casi di tour, giri o classiche condizionate nel risultato, principalmente dal mal tempo? E la giuria come si poneva di fronte a queste problematiche? Ci son ciclisti passati alla storia per essere stati fortissimi col maltempo?
In caso non si facesse nulla, quando storicamente si è arrivati ad una tutela "moderna" della salute degli atleti?

Non so se è possibile rispondere a ciò. Chiedo, non si sa mai :D
Le maglie erano in lana.

All'epoca non si facevano grossi problemi per via del maltempo, poi tieni presente che al Giro si saliva di rado più a nord di Milano e lo si faceva a fine maggio/inizio giugno.

Spesso e volentieri, invece, trovavano il diluvio al Lombardia, ma, anche in questo caso, se ne sbattevano altamente.
Diluvio.. ma mai come l'edizione del 26
Se uno guarda.. le medie orarie dei vari Lombardia.. escludendo la prima edizione
c'e' un'edizione con una media oraria piu' bassa
quella del 26.. Binda vinse alla media oraria di 25,416..
Il secondo arrivo' a mezzora.. media oraria poco sopra i 24 (piu' piano della prima edizione)
Il lago era tracimato a Como
Binda attacco' a 156 km dall'arrivo di Milano sul Ghisallo
non lo videro piu'
arrivarono solo in 24 (tanti per le condizioni apocalittiche non andarono nemmeno alla partenza..)
Leggendaria anche per le 34 uova mangiate da Binda prima e durante la corsa
Beppe Conti viene , ingiustamente , sbeffeggiato nel forum ma è una miniera di storie e aneddoti


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Walter_White
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Walter_White »

Winter ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 17:26
Luciano Pagliarini ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 13:54
Niи ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 12:58 Faccio una domanda, che è più una curiosità, agganciandomi anche al discorso bici.

Sempre parlando del ciclismo pre guerra, che abbigliamento avevano oltre alla classica maglietta di cotone? Dovendo correre da primavera ad autunno e salendo passi alpini, incontravano immagino sia i 40 gradi che la pioggia gelata o la neve. Come erano attrezzati per affrontare le avversità meteo? Ci son stati casi di tour, giri o classiche condizionate nel risultato, principalmente dal mal tempo? E la giuria come si poneva di fronte a queste problematiche? Ci son ciclisti passati alla storia per essere stati fortissimi col maltempo?
In caso non si facesse nulla, quando storicamente si è arrivati ad una tutela "moderna" della salute degli atleti?

Non so se è possibile rispondere a ciò. Chiedo, non si sa mai :D
Le maglie erano in lana.

All'epoca non si facevano grossi problemi per via del maltempo, poi tieni presente che al Giro si saliva di rado più a nord di Milano e lo si faceva a fine maggio/inizio giugno.

Spesso e volentieri, invece, trovavano il diluvio al Lombardia, ma, anche in questo caso, se ne sbattevano altamente.
Diluvio.. ma mai come l'edizione del 26
Se uno guarda.. le medie orarie dei vari Lombardia.. escludendo la prima edizione
c'e' un'edizione con una media oraria piu' bassa
quella del 26.. Binda vinse alla media oraria di 25,416..
Il secondo arrivo' a mezzora.. media oraria poco sopra i 24 (piu' piano della prima edizione)
Il lago era tracimato a Como
Binda attacco' a 156 km dall'arrivo di Milano sul Ghisallo
non lo videro piu'
arrivarono solo in 24 (tanti per le condizioni apocalittiche non andarono nemmeno alla partenza..)
Leggendaria anche per le 34 uova mangiate da Binda prima e durante la corsa
Beppe Conti viene , ingiustamente , sbeffeggiato nel forum ma è una miniera di storie e aneddoti
Fu l'edizione in cui Binda raccontò di vedere corridori ancora in corsa mentre era in treno per tornare a casa?


FCC 2019/20: rit.
FCC 2018/19: 1°; Superprestige; Gran Combinata
FCC 2017/18: 3°; Trofeo dei titoli; Campionato Europeo Donne Elite, Campionato del Mondo Donne Elite, ROTY
giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da giorgio ricci »

Il concetto di tappa con arrivo in Salita inizierà negli anni 50 ma quello di tappone al Tour esiste già prima della Grande guerra,
Nel 1910, anno in cui il Tour veniva corso a punti, vi era la Perpignan Luchon con il Port, il Portet d'Aspet e l'ares e la Luchon Bayonne di 326 km con il Peyresourde, l'Aspin, il Tourmalet e l'Aubisque.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Il tappone esiste al Tour, seppur in una variante ancora primordiale rispetto ad oggi.

Al Giro, invece, per trovare il primo tappone dolomitico dobbiamo aspettare il '37.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Luciano Pagliarini »

Walter_White ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 17:37
Winter ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 17:26
Luciano Pagliarini ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 13:54

Le maglie erano in lana.

All'epoca non si facevano grossi problemi per via del maltempo, poi tieni presente che al Giro si saliva di rado più a nord di Milano e lo si faceva a fine maggio/inizio giugno.

Spesso e volentieri, invece, trovavano il diluvio al Lombardia, ma, anche in questo caso, se ne sbattevano altamente.
Diluvio.. ma mai come l'edizione del 26
Se uno guarda.. le medie orarie dei vari Lombardia.. escludendo la prima edizione
c'e' un'edizione con una media oraria piu' bassa
quella del 26.. Binda vinse alla media oraria di 25,416..
Il secondo arrivo' a mezzora.. media oraria poco sopra i 24 (piu' piano della prima edizione)
Il lago era tracimato a Como
Binda attacco' a 156 km dall'arrivo di Milano sul Ghisallo
non lo videro piu'
arrivarono solo in 24 (tanti per le condizioni apocalittiche non andarono nemmeno alla partenza..)
Leggendaria anche per le 34 uova mangiate da Binda prima e durante la corsa
Beppe Conti viene , ingiustamente , sbeffeggiato nel forum ma è una miniera di storie e aneddoti
Fu l'edizione in cui Binda raccontò di vedere corridori ancora in corsa mentre era in treno per tornare a casa?
Sì, peraltro è una delle poche corse in cui Binda e Bottecchia si scontrarono.

Per chi chiedeva come funzionavano all'epoca le squadre: Binda, dopo essere stato attaccato da Bottecchia sul Ghisallo non segue il due volte vincitore del Tour in prima persona, ma gli manda dietro un suo gregario, Ermanno Vallazza.

Vallazza raggiunge Bottecchia e inizia a scattare e dopo ogni attacco si ferma. Ottavio chiude su tutti i tentativi del rivale, poi, quando la sua pedalata si fa più pesante, Binda, che era poco dietro in agguato, attacca e va via.


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da giorgio ricci »

Fra l'altro il Tour 1910 fu il Primo a scalare il Tourmalet.
Il vincitore, Lapize, vinse anche quella tappa che arrivava a Bayonne, resa famosa per l'accusa che lo stesso Lapize gridò a Desgrange e agli organizzatori.
Voi siete degli assassini!
Ricordo questo aneddoto perché veniva spesso citato dal grande De Zan, e poi anche da altri commentatori, direi ogni volta che si scala il Tourmalet.
Secondo di tappa, con lo stesso tempo di Octave Lapize fu l'italiano Pierino Albini, vincitore di tappe al Giro e secondo in un edizione.
Scusa, Luciano Pagliarini, se mi intrometto nel tuo ruolo, peraltro fantastico e svolto egregiamente ma questo episodio mi era rimasto impresso, e poi questo 3d mi piace parecchio
Ultima modifica di giorgio ricci il mercoledì 17 ottobre 2018, 18:32, modificato 1 volta in totale.


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

Messaggio da leggere da Winter »

Luciano Pagliarini ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 17:46 Il tappone esiste al Tour, seppur in una variante ancora primordiale rispetto ad oggi.

Al Giro, invece, per trovare il primo tappone dolomitico dobbiamo aspettare il '37.
http://velomontagne.over-blog.com/artic ... 63620.html


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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giorgio ricci ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 18:30 Fra l'altro il Tour 1910 fu il Primo a scalare il Tourmalet.
Il vincitore, Lapize, vinse anche quella tappa che arrivava a Bayonne, resa famosa per l'accusa che lo stesso Lapize gridò a Desgrange e agli organizzatori.
Voi siete degli assassini!
Ricordo questo aneddoto perché veniva spesso citato dal grande De Zan, e poi anche da altri commentatori, direi ogni volta che si scala il Tourmalet.
Secondo di tappa, con lo stesso tempo di Octave Lapize fu l'italiano Pierino Albini, vincitore di tappe al Giro e secondo in un edizione.
Scusa, Luciano Pagliarini, se mi intrometto nel tuo ruolo, peraltro fantastico e svolto egregiamente ma questo episodio mi era rimasto impresso, e poi questo 3d mi piace parecchio
De Zan citava spesso il macerone..
https://www.ilfoglio.it/sport/2017/02/0 ... ni-118302/


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Winter ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 18:33
giorgio ricci ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 18:30 Fra l'altro il Tour 1910 fu il Primo a scalare il Tourmalet.
Il vincitore, Lapize, vinse anche quella tappa che arrivava a Bayonne, resa famosa per l'accusa che lo stesso Lapize gridò a Desgrange e agli organizzatori.
Voi siete degli assassini!
Ricordo questo aneddoto perché veniva spesso citato dal grande De Zan, e poi anche da altri commentatori, direi ogni volta che si scala il Tourmalet.
Secondo di tappa, con lo stesso tempo di Octave Lapize fu l'italiano Pierino Albini, vincitore di tappe al Giro e secondo in un edizione.
Scusa, Luciano Pagliarini, se mi intrometto nel tuo ruolo, peraltro fantastico e svolto egregiamente ma questo episodio mi era rimasto impresso, e poi questo 3d mi piace parecchio
De Zan citava spesso il macerone..
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IL mitico episodio de 'la croce nella polvere'. Uno dei cavalli di battaglia del grande Adriano.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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giorgio ricci ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 18:30 Fra l'altro il Tour 1910 fu il Primo a scalare il Tourmalet.
Il vincitore, Lapize, vinse anche quella tappa che arrivava a Bayonne, resa famosa per l'accusa che lo stesso Lapize gridò a Desgrange e agli organizzatori.
Voi siete degli assassini!
Ricordo questo aneddoto perché veniva spesso citato dal grande De Zan, e poi anche da altri commentatori, direi ogni volta che si scala il Tourmalet.
Secondo di tappa, con lo stesso tempo di Octave Lapize fu l'italiano Pierino Albini, vincitore di tappe al Giro e secondo in un edizione.
Scusa, Luciano Pagliarini, se mi intrometto nel tuo ruolo, peraltro fantastico e svolto egregiamente ma questo episodio mi era rimasto impresso, e poi questo 3d mi piace parecchio
No no, figurati, anzi sono contento che si stia sviluppando un dibattito nel topic.

Poi, come scritto sopra, sono un grande fan di Lapize, il quale era veramente un fenomeno.

In nottata (prima non riesco) vedo di fare il post sul Tour e sul Mondiale nel '36, poi in caso torno indietro ai primi Tour, ho diverso materiale a proposito sulla tesi di laurea.


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Paglia , cosa ne pensi di Rene Vietto ?
aveva una popolarita' incredibile (piu' di altri che han vinto il tour)
Troppo poco completo?


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Il buon Vietto riscuote successo. :D


Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Prima del Tour , France 2 (e prima Antenne 2) faceva vedere una trasmissione che riguardava i tour del passato (tranne quelli dove l'esclusiva era di tf1)
Jean Paul Ollivier curava la trasmissione. Vietto me lo ricordo da allora , rivale di bartali
poi con le dirette di ore.. la trasmissione credo sia sparita
In piu' c'era un importantissima gara elite under 23 a lui dedicata ad inizio stagione (le souvenir Vietto Gianello)
anche se credo non si corra piu'


giorgio ricci
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Winter ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 21:16 Prima del Tour , France 2 (e prima Antenne 2) faceva vedere una trasmissione che riguardava i tour del passato (tranne quelli dove l'esclusiva era di tf1)
Jean Paul Ollivier curava la trasmissione. Vietto me lo ricordo da allora , rivale di bartali
poi con le dirette di ore.. la trasmissione credo sia sparita
In piu' c'era un importantissima gara elite under 23 a lui dedicata ad inizio stagione (le souvenir Vietto Gianello)
anche se credo non si corra piu'
Era una battuta perché pure io avevo, poco sopra, espresso curiosità su Vietto. Avevo letto le cronache del Tour 47, e lui era l'idolo dei francesi.
Mi aveva colpito il fatto che fosse uno dei pochi sopravvissuti, sportivamente parlando, alla pausa per la seconda guerra mondiale, Coppi e Bartali a parte, con cui condivido appieno il giudizio di Luciano Pagliarini, che si trattava di due autentici fenomeni.
Anche Silvere Maes fece quinto al Giro 47.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Winter ha scritto: mercoledì 17 ottobre 2018, 20:43 Paglia , cosa ne pensi di Rene Vietto ?
aveva una popolarita' incredibile (piu' di altri che han vinto il tour)
Troppo poco completo?
Per essere uno scalatore puro si difendeva bene sugli altri terreni: era veloce, in discesa non era negato come gli spagnoli e a crono comunque non usciva mai dai primi 15.

Se nel '47 gli fu fatale una crono di 140 km, nel '39 il Tour lo perse proprio sul suo terreno, in salita.

Alla fine la sua carriera ad alti livelli è durata molto poco, perché dopo le prime due stagioni super ha avuto tre anni abbastanza opachi fino al '39.

Durante la guerra, inoltre, partecipò anche alla Vuelta, vinse due tappe, ma in classifica generale arrivò solo 14esimo a un'ora e nove minuti da Berrendero.


Luciano Pagliarini
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Immagine Il 1936 è la stagione del canto del cigno della generazione d'oro del ciclismo francese, al netto della vittoria a dir poco rocambolesca di Lapébie al Tour del '37 (prima Bartali in maglia gialla cade in un torrente e si ritira, poi, Sylvere Maes, il quale aveva ereditato il simbolo del primato dal toscano, abbandona la gara insieme a tutta la sua squadra dopo che alcuni tifosi li avevano aggrediti).

La nazionale francese al via della Grande Boucle del '36 è nettamente inferiore alle versioni ammirate nelle edizioni precedenti. Leducq e Charles Pelissier non ci sono, mentre Vietto corre come cicloturista. Antonin Magne è il leader con Speicher, Archambaud e Le Grevès luogotenenti.

La corsa presenta cinque cronometro, tutte a squadre, le quali, tecnicamente, dovrebbero favorire la Francia. Ma Speicher si ritira presto, alla settima tappa, e nella 14esima frazione lo segue anche Archambaud. Persi due corridori di questo calibro, i francesi sono notevolmente indeboliti e nelle prove contro il tempo vengono sopraffatti (4 vittorie a 1) da un Belgio che, pur avendo perso per strada il campione uscente Romain Maes, si dimostra nettamente più forte grazie alla presenza, tra le sue fila, di campioni del livello di Sylvère Maes, Felicien Vervaecke e Marcel Kint.

Sylvère Maes, omonimo, ma non parente di Romain, prende la maglia nell'ottava frazione, la Grenoble - Briançon, e non la molla più. Antonin Magne è l'unico che prova ad insidiarlo, ma il fiammingo in salita va fortissimo e scalfirlo sembra impossibile.

Nella Bagnères-de-Luchon - Pau, ultima tappa pirenaica in programma, Magne tanta il tutto per tutto attaccando sul Tourmalet. Tonin le Sage, tuttavia, non riesce a sbarazzarsi del leader e crolla, mentre Maes fugge via, conquista la tappa e chiude definitivamente il Tour. Il fiammingo stravince la frazione, il 2°, il cicloturista francese Léon Level, arriva a 8'39", mentre il dominatore dei Tour del '32 e del '34 chiude a oltre 16 minuti.

Alla fine, grazie a una penalità di 10 minuti subita dall'altro belga, Felicien Vervaecke, che occupava la piazza d'onore, Magne riesce ad agguntare almeno il secondo posto. Sarà il suo ultimo podio al Tour.

Il 6 settembre 1936, sul circuito di Bremgarten (vicino a Berna), in una giornata da tregenda, si svolge la decima edizione dei campionati del mondo. Dopo 50 km dalla partenza Tonin le Sage attacca e porta via un drappello di 12 uomini. A 70 km dalla fine davanti restano in 3: Magne, il belga Gustaf Deloor e il danese Werner Grundahl. Il gruppo pian piano torna sotto e così, a 3 giri dalla fine, il due volte vincitore della Grande Boucle si vede costretto ad andare via da solo.

Magne, da quel momento in poi, mette in piedi uno dei più grandi spettacoli ciclistici nella storia di questo sport. Mentre pioggia e vento demoliscono uno dopo l'altro tutti i partecipanti, lui continua imperterrito nella sua azione, guadagnando metro dopo metro sugli inseguitori. Tonin la Sage, dimostrando forza e resistenza degne di Eracle, conquista la maglia iridata giungendo al traguardo con ben 9'27" di vantaggio sul secondo classificato Aldo Bini. Di 39 partenti solo 9 concluderanno la corsa (incluso il 22enne Gino Bartali).

Col trionfo di Magne in Svizzera si conclude questa prima serie di racconti dedicati alla generazione d'oro del ciclismo francese. Domani passiamo ad un altro argomento. Qualcuno vuol proporre qualcosa?


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nemecsek.
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Luciano Pagliarini ha scritto: Domani passiamo ad un altro argomento. Qualcuno vuol proporre qualcosa?

bravo Lucià
dopo i antichi romani volemo na botta de vita... modernità.. addrenalina...
propongo le classiche del nord... due righe de storie vecchie poi da Devlaeminch in avanti è tutto bono...


PIU' MANGANELLI

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Albino
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Luciano Pagliarini ha scritto: giovedì 18 ottobre 2018, 1:07 Col trionfo di Magne in Svizzera si conclude questa prima serie di racconti dedicati alla generazione d'oro del ciclismo francese. Domani passiamo ad un altro argomento. Qualcuno vuol proporre qualcosa?
Suggerisco o les forçats de la route, e in particolare la figura del Frank VDB ante litteram, Henri Pelissier (o Frank era il Pelissier postmoderno), o, il più grande ciclista cremonese di sempre, Tano Belloni, figlio dell'Adda, da Gera di Pizzighettone.


FantaCicloCross 2017-2018: Campionato del Mondo Uomini Elite
Winter
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Re: Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale

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Vista la tua grandissima preparazione :cincin: suggerisco il Gp Wolber (in specie l'edizione del 1924) e Trueba (leggendario scalatore spagnolo , che de zan ricordava in ogni tappa pirenaica.. con il suo soprannome la pulce dei pirenei.. citato pure in fantozzi)


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