tracciolino ha scritto: ↑lunedì 15 maggio 2023, 14:45
altroché paura mediatica... Chi investe su Remco si consulta con lo staff medico e sa che farlo correre positivo al coronavirus adesso non ripaga nel lungo termine
Dr. Solma Di Cormano ha scritto: ↑lunedì 15 maggio 2023, 12:24
Ecco, questo è il punto più critico, in cui appare più marcata la dissonanza cognitiva tra addetti ai lavori e appassionati ed esperti di salute dell'atleta.
Gareggiare (o comunque praticare sport ad elevato impegno cardiovascolare) in corso di stato infettivo, specie se virale, è quanto di più sbagliato si possa fare. Le miocarditi acute sono per lo più secondarie ad eventi infettivi apparentemente blandi (se non asintomatici). Non esiste alcuna proporzionalità tra i sintomi e il rischio di questa complicanza. Pur trattandosi di eventi rari, è comunque la terza causa per frequenza di morte improvvisa sport-correlata tra i giovani under 35. E ovviamente, non c'è visita d'idoneità agonistica che aiuti in questo caso (almeno nella fase acuta). In realtà, sono molti più numerosi i casi in cui vediamo aritmie persistenti e, indagando a fondo, scopriamo esiti cronici di vecchie infezioni "prese sotto gamba". Serve solo educazione e informazione alle persone, che in NUMEROSISSIMI casi ancora non hanno piena coscienza di questi rischi che corrono facendo, ad esempio, una partitella a pallone con 38 di febbre e una tachipirina in corpo. Posso concedere al massimo un margine di discussione in una situazione come quella di Remco: vale la pena rischiare qualcosa in cambio della vittoria di un Grande Giro? Da medico, faccio comunque fatica a ritenere eticamente accettabile una risposta positiva, anche i grandi campioni sono uomini, e una vittoria non vale il rischio della vita.
Viceversa, anche tutti i ragionamenti fatti in questi anni sul doping dovrebbero essere rivisti: non val la pena di rischiare con 60 di ematocrito, per poter vincere?
Spero che anche da questo punto di vista la mentalità possa progressivamente cambiare, da parte mia cerco di profondere tutto l'impegno possibile in questo senso.
da sempre più di metà dei corridori contraggono varie forme di infezioni alle alte vie respiratorie durante un grande giro, ma spesso anche tracheiti e bronchiti, curate,perfino gareggiando con antibiotici.
Da sempre: è la normalità.
Nel caso del Covid, per altro, esiste un antivirale specifico che può essere assunto nell'immediatezza dell'esordio dell'infezione, come in questo caso.
Bisogna anche sapere che significa andare in bicicletta, per esprimersi, a ragion veduta, nel merito.
Un ciclista ha meccanismi di risposta fisici, biologici,. immunitari, TOTALMENTE differenti da quelli di un individuo che fa l'impiegato, generati da una lunghissima pratica di una attività di natura aerobica in condizioni climatiche difficili, ad esempio ha meccanismi metabolici che tendono al massimo risparmio, diversissimi da quelli di una persona normale, motivo per il quale le normali diete, col ciclista anche amatoriale, non funzionano. Curarli con lo stesso metro e gli stessi sistemi, è una grave superficialità, da un punto di vista clinico.
Un tempo la medicina curava efficacemente calibrando i sistemi di cura sull'analisi clinica del paziente, che era imprescindibile, poichè ogni organismo funziona, nel dettaglio, a suo modo e risponde anche in maniera molto differente alle stesse sostanze. Oggi viene applicato un protocollo spesso alla cieca. Situazione deprimente.