Re: Musica!
Inviato: lunedì 4 aprile 2022, 22:05
Mai sentita nominare Aimee Mann, ascolterò.
Il poco che ho ascoltato mi piace. Ti propongo un gruppo che probabilmente conoscerai o forse no...dovrebbe esser nelle tue corse. Fu scoperto e lanciato dal cantante dei REM e hanno fatto davvero delle belle tracce nei '90. Qui una versione semi-acustica della loro canzone più conosciuta suonata a tipo 15 anni dell'uscita. La tipa ha una voce e tecnica rarissima.
Quando gli Eels facevano musica figa.
Quegli anni spaccavano davvero e facevano anche una buona ricerca sui suoni con feedback strani, ecc
Bel aneddoto! Ma che figura di merda..molto triste tralaltro data la storia tragica di Everett, sua sorella, ecc. Ma sicuramente già la sai...bicycleran ha scritto: ↑mercoledì 27 aprile 2022, 14:25 Mi piacerebbe ritrovare la puntata di Help in cui Red Ronnie, guardando la copertina di Beautiful Freak, chiede al leader una cosa tipo: "Chi è questo essere inquietante?"
"È mia sorella"
"Ma dai non prendermi per il culo!"
E lui tira fuori una foto di famiglia, con grande imbarazzo del conduttore.
Splendida.matteo.conz ha scritto: ↑mercoledì 27 aprile 2022, 21:31Bel aneddoto! Ma che figura di merda..molto triste tralaltro data la storia tragica di Everett, sua sorella, ecc. Ma sicuramente già la sai...bicycleran ha scritto: ↑mercoledì 27 aprile 2022, 14:25 Mi piacerebbe ritrovare la puntata di Help in cui Red Ronnie, guardando la copertina di Beautiful Freak, chiede al leader una cosa tipo: "Chi è questo essere inquietante?"
"È mia sorella"
"Ma dai non prendermi per il culo!"
E lui tira fuori una foto di famiglia, con grande imbarazzo del conduttore.
Io non sapevo che è il figlio di Everett il fisico quantistico ma in certi momenti si vede uscire il genio. Una delle mie preferite è Not ready yet
Io le benzo le voglio togliere ma non puoi dimezzarmi la dose di bottobicycleran ha scritto: ↑giovedì 28 aprile 2022, 10:16 Per consolarti dico che fu un concerto deludente.
Per il resto a me Citalopram ha cambiato la vita, mentre le benzo da sole avevano fallito. Parlane con il medico.
Mi scappello dinanzi a tanta saggezza e rendo omaggio con un video del più famoso cantante ugandeseUganda ha scritto: ↑martedì 10 maggio 2022, 21:05 Salve, sta per cominciare la song euro champs che l anno scorso hanno vinto i mazepin e sono convinto che sara una manifestazione canora di alto livello perche tutti i cantanti hanno preparato meticolosamente questa race conseguendo il picco di forma delle corde orali al momento giusto e speriamo che l italia facci un altra vittoria con mammut e baldo ma forse era meglio puntare su artisti piu affermati come il grande albano o i cugini di campagna o ancora il grande rossi da non confondersi con l altro grande rossi ma speriamo che questa bella manifestazione possi svolgersi nei pieni spiriti sportivi di condivisione e amicizia tra i popoli.
Grazie, spaccano e non li conoscevo ma la traccia mi è piaciuta dopo neanche un minuto, mi piace iol contrasto tra suono pulito e sporco e la ritmica "storta" e son a ricerca di musica "nuova". Beati voi che avete sempre a portata concerti fighi...io ormai so' casalingobicycleran ha scritto: ↑giovedì 12 maggio 2022, 15:33 Martedì c'è il concerto dei Notwist a Milano. Visto che al momento non ho trovato compagnia per andarci, mi consolo riascoltando il loro brano che preferisco
Bella, nella sua semplicità.
Stesso brano dal live di stasera.bicycleran ha scritto: ↑giovedì 12 maggio 2022, 15:33 Martedì c'è il concerto dei Notwist a Milano. Visto che al momento non ho trovato compagnia per andarci, mi consolo riascoltando il loro brano che preferisco
beh, visto che li hai citati nella stessa pagina non puoi non ascoltare questa cover:
Apperò!Road Runner ha scritto: ↑martedì 31 maggio 2022, 20:15 Il 23 settembre uscirà il nuovo Album di Beth Orton !!!!!
Si parla già di disco epocale, di un qualcosa che alzerà
per sempre l'asticella a livelli siderali e che renderà
la musica attuale e passata del "resto del mondo" un semplice
e inutile insieme di suoni senza senso.
Quando una è un Genio c'è poco da fare...
Ecco la traccia che darà il nome all'album :
Weather Alive official video (from the new Album incoming "Weather Alive") =
Copio incollo la recensione di Paolo Vites di Central Reservation, da annoverare tra i dischi del secolo. Per me la sua opera omnia è comunque "Sugaring Season" del 2012. Una bellezza da lacrime agli occhi.Road Runner ha scritto: ↑giovedì 30 dicembre 2021, 5:54 Eccone un altro !!! Un altro che ha (ri-)scoperto Beth Orton a 20 anni di distanza!!!
Paolo Vites, massimo critico musicale, spara una mega-recensione di Central Reservation definendolo "uno dei capolavori della storia della musica" e "uno dei dischi più importanti della Storia" !!!
Dunque, io ho riscoperto Beth Orton 20 anni dopo, Delli Paoli di OndaRock idem, Paolo Vites idem. Tre indizi fanno una prova: la "mia" Beth è avanti 20 anni!!!
Copio-incollo l'intervista-recensione che spiega diverse cose anche della sua vita, e in calce metto il link dell'articolo.
Mitico Vites che giustamente coglie il segno e la definisce "l'anti star delle anti star" !!! Questa è l'essenza di Beth.
Una recensione così entusiastica non l'avevo mai letta neanche per il miglior disco di Bob Dylan o di Springsteen!!!
da "Il Sussidiario 09.03.2019" di Paolo Vites:
Venti anni fa usciva Central Reservation, il più bel disco di Beth Orton e uno dei capolavori della storia della musica
“Ma eri consapevole di star registrando uno dei dischi più importanti della storia?”. “No, ero fuori di testa e incasinata come al solito”. Solo Beth Orton, un’artista che quando le chiesi perché era venuta a Verona a presentare un suo nuovo disco invece delle usuali città della musica come Milano e Roma dove vanno tutti gli artisti, rispose “Perché è forttutamente meravigliosa” può rispondere in questo modo. Anti star delle anti star, apparentemente ingenua e timorosa, nel momento del passaggio tra secondo e terzo millennio, quando tutti erano coinvolti in quella grande ansia, della fine del mondo o quantomeno del grande caos di Internet che poi non ci fu (neanche la fine del mondo) si impose come la più significativa cantautrice del momento. Non solo: Beth Orton è una delle più significative cantautrici di ogni tempo.
Era il 9 marzo 1999 quando usciva il suo secondo album solista, dopo qualche interessante collaborazione con i Chemical Brothers, “Central Reservation”. Se il precedente, bellissimo anch’esso, “Trailer Park” di due anni prima aveva fatto notare ai pochi attenti, l’esordio di una cantautrice dalle grandi doti, “Central Reservation” era l’esplosione di quel talento. Per lei fu coniato il termine “folktronica”, la solita etichetta che i giornalisti danno quando non sanno in che casella inserire i personaggi talentuosi, capaci appunto di superare ogni classificazione. Voleva dire unione di musica folk ed elettronica, quel disco conteneva 11 pezzi di trascendenza emotiva e profondità dell’animo come non si sentivano dai tempi di “Blue” di Joni Mitchell.
Prodotto in parte dal geniale Ben Watt, ex Everything but the Girl con la partecipazione fra gli altri di Ben Harper, Dr. John e Terry Callier, “Central Reservation” spalancava un mondo sonico nuovo ed emozionante, con una intensità vocale e lirica che per una rara volta non faceva sentire l’ascoltatore uno stupido perché non era capace di soffrire come l’artista. Quella superiorità che era distanza, complessi di inferiorità, ad esempio di personaggi come Leonard Cohen e Bob Dylan, troppo in alto sulla “torre della canzone” per essere a contatto con noi comuni mortali che possiamo solo stare lì sotto ad ammirarli.
Beth Orton era (ed è) una di noi. Ragazza difficile, dal temperamento incasinato, figlia dei dance floor londinesi degli anni 90, in cerca di quel qualcosa di più che rende la vita degna di essere vissuta, Beth Orton in questo disco si mette semplicemente a nudo, crea melodie meravigliose e coinvolgenti, spezza il cuore con quel suo cantato timido e forte allo stesso tempo. Attinge dalla tipica canzone d’autore di matrice folk e la impreziosisce con spruzzi di elettronica mai eccessiva. E’ davvero la musica di fine millennio, un ponte di bellezza che conduce da un’epoca storica a un’altra e calma quell’ansia che prendeva tutti rimandando l’ascoltatore a quello che conta davvero.
Brani come Stolen car, Sweetest decline, Pass in time, la title track, Stars all seem to weep, pongono in primo piano la fragilità di una piccola donna che chiede solo di essere amata e che da quel dolore trova la forza di continuare a guardare oltre senza cadere nella tristezza fine a se stessa ma con quel senso di malinconia che appartiene a tutti, la nostalgia per un Io che la vita moderna ha sommerso nell’apatia. E se Devil song, registrata solo voce e chitarra, quasi un demo, spacca in due il cuore dell’ascoltatore, le intricate infiltrazioni elettroniche di Central Reservation portano a viaggiare in spazi cosmici di rarefatta bellezza.
La cosa forse più sorprendente è che “Central Reservation” non è invecchiato di un giorno, come tutti i grandi dischi della storia, ed è ancora un album stupendo e privo di riempitivi, il miglior set di canzoni che Orton abbia mai scritto: canzoni popolari con un cuore rock e una inclinazione confessionale che non ha mai superato il limite.
“Central Reservation” funziona grazie alla messa a fuoco e all’impegno della cantante per ogni canzone, non esiste una singola performance vocale che non si senta sia autentica al 100%. Il pezzo di apertura, Stolen Car, brucia di energia nervosa, con la chitarra selvaggia di Ben Harper, evidenziando versi come “Sei entrato in casa mia l’altra notte/ Non ho potuto fare a meno di notare/ Una luce che era spenta da tempo che brillava intensa/ Eri seduto, le tue dita come fusi /I tuoi occhi erano cannella”. Dettagli semplici, nitidi e precisi che regolano la scena ma non ti dicono mai direttamente cosa provare. Sono momenti come questo che rendono la cantante un narratore efficace, attirandoti nella natura del momento invece di raccontarti la morale della storia.
C’è poi una gemma assoluta, il duetto con la leggenda del folk americano Terry Callier, in Pass in Time, canzone che tocca il tema doloroso della morte della madre e della possibilità col tempo di accogliere questo dolore. Su Instagram, Beth Orton ha raccontato quel momento: “Incontrare Terry e poi fare musica e cantare con lui è stato quando ho iniziato a credere veramente nella magia. Vidi Terry suonare al Jazz Café intorno al ’97, un regalo a sorpresa di un mio amico per me… A quel tempo non pensavo che i miei idoli esistessero effettivamente al di là della loro musica. Rimasi estasiata per tutto il concerto, un sorriso così ampio e il mio cuore pronto a scoppiare. Poi abbiamo incontrato Terry dopo lo spettacolo. Il suo manager mi suggerì di cantargli una canzone. Cantai Pass in Time con la sua chitarra e lui si mise ad accompagnarmi e il passo successivo fu che ci trovammo in studio a registrarla. Continuavo a darmi dei pizzicotti per rendermi conto che tutto questo stava davvero accadendo… La prima volta che ci siamo esibiti dal vivo ho improvvisamente capito cosa stavamo per fare e mi sono bloccata in piedi davanti al pubblico. Ho sussurrato a Terry “come possiamo farcela?” tanto ero terrorizzata. Lui sorrise e sussurrò “Tu suona e canta come me e io cercherò di suonare e cantare come te” e poi mi prese la mano e uscimmo fuori. Fu il momento più bello della mia vita”.
“Central Reservation” si erge ancora oggi come un trionfale, potente lavoro di una cantautrice al suo meglio. A 20 anni dalla sua uscita, non è invecchiato di un solo giorno. Beth Orton, pur con altri grandi dischi incisi in seguito, non è mai stata in grado di migliorarsi se non con queste 11 canzoni definitive, ognuna scritta con perizia, eseguita diligentemente, e magistralmente messe in sequenza. Potrebbe non uscire mai dalla sua bolla cult, che il successo di massa inspiegabilmente non lo ha mai ottenuto, ma finché esiste “Central Reservation”, quel gruppo di appassionati non smetterà mai di crescere: “Tante cose restano sconosciute sin quando viene il loro tempo. Potevi immaginarti che saresti stato così forte e poi che saresti stato a guardare le tue paure che diventano il tuo conforto? Il tuo mare di dubbi che diventa l’unica certezza? Anche se le lacrime non vengono per pianger via il dolore, le lacrime ti aiuteranno a capire veramente di cos’hai bisogno”.
ecco il link al sito :
https://www.ilsussidiario.net/news/musi ... o/1856814/
ed ecco la Title Track : Central Reservation live in november 1999 =
Vites numero 1.Road Runner ha scritto: ↑martedì 31 maggio 2022, 20:34Copio incollo la recensione di Paolo Vites di Central Reservation, da annoverare tra i dischi del secolo. Per me la sua opera omnia è comunque "Sugaring Season" del 2012. Una bellezza da lacrime agli occhi.Road Runner ha scritto: ↑giovedì 30 dicembre 2021, 5:54 Eccone un altro !!! Un altro che ha (ri-)scoperto Beth Orton a 20 anni di distanza!!!
Paolo Vites, massimo critico musicale, spara una mega-recensione di Central Reservation definendolo "uno dei capolavori della storia della musica" e "uno dei dischi più importanti della Storia" !!!
Dunque, io ho riscoperto Beth Orton 20 anni dopo, Delli Paoli di OndaRock idem, Paolo Vites idem. Tre indizi fanno una prova: la "mia" Beth è avanti 20 anni!!!
Copio-incollo l'intervista-recensione che spiega diverse cose anche della sua vita, e in calce metto il link dell'articolo.
Mitico Vites che giustamente coglie il segno e la definisce "l'anti star delle anti star" !!! Questa è l'essenza di Beth.
Una recensione così entusiastica non l'avevo mai letta neanche per il miglior disco di Bob Dylan o di Springsteen!!!
da "Il Sussidiario 09.03.2019" di Paolo Vites:
Venti anni fa usciva Central Reservation, il più bel disco di Beth Orton e uno dei capolavori della storia della musica
“Ma eri consapevole di star registrando uno dei dischi più importanti della storia?”. “No, ero fuori di testa e incasinata come al solito”. Solo Beth Orton, un’artista che quando le chiesi perché era venuta a Verona a presentare un suo nuovo disco invece delle usuali città della musica come Milano e Roma dove vanno tutti gli artisti, rispose “Perché è forttutamente meravigliosa” può rispondere in questo modo. Anti star delle anti star, apparentemente ingenua e timorosa, nel momento del passaggio tra secondo e terzo millennio, quando tutti erano coinvolti in quella grande ansia, della fine del mondo o quantomeno del grande caos di Internet che poi non ci fu (neanche la fine del mondo) si impose come la più significativa cantautrice del momento. Non solo: Beth Orton è una delle più significative cantautrici di ogni tempo.
Era il 9 marzo 1999 quando usciva il suo secondo album solista, dopo qualche interessante collaborazione con i Chemical Brothers, “Central Reservation”. Se il precedente, bellissimo anch’esso, “Trailer Park” di due anni prima aveva fatto notare ai pochi attenti, l’esordio di una cantautrice dalle grandi doti, “Central Reservation” era l’esplosione di quel talento. Per lei fu coniato il termine “folktronica”, la solita etichetta che i giornalisti danno quando non sanno in che casella inserire i personaggi talentuosi, capaci appunto di superare ogni classificazione. Voleva dire unione di musica folk ed elettronica, quel disco conteneva 11 pezzi di trascendenza emotiva e profondità dell’animo come non si sentivano dai tempi di “Blue” di Joni Mitchell.
Prodotto in parte dal geniale Ben Watt, ex Everything but the Girl con la partecipazione fra gli altri di Ben Harper, Dr. John e Terry Callier, “Central Reservation” spalancava un mondo sonico nuovo ed emozionante, con una intensità vocale e lirica che per una rara volta non faceva sentire l’ascoltatore uno stupido perché non era capace di soffrire come l’artista. Quella superiorità che era distanza, complessi di inferiorità, ad esempio di personaggi come Leonard Cohen e Bob Dylan, troppo in alto sulla “torre della canzone” per essere a contatto con noi comuni mortali che possiamo solo stare lì sotto ad ammirarli.
Beth Orton era (ed è) una di noi. Ragazza difficile, dal temperamento incasinato, figlia dei dance floor londinesi degli anni 90, in cerca di quel qualcosa di più che rende la vita degna di essere vissuta, Beth Orton in questo disco si mette semplicemente a nudo, crea melodie meravigliose e coinvolgenti, spezza il cuore con quel suo cantato timido e forte allo stesso tempo. Attinge dalla tipica canzone d’autore di matrice folk e la impreziosisce con spruzzi di elettronica mai eccessiva. E’ davvero la musica di fine millennio, un ponte di bellezza che conduce da un’epoca storica a un’altra e calma quell’ansia che prendeva tutti rimandando l’ascoltatore a quello che conta davvero.
Brani come Stolen car, Sweetest decline, Pass in time, la title track, Stars all seem to weep, pongono in primo piano la fragilità di una piccola donna che chiede solo di essere amata e che da quel dolore trova la forza di continuare a guardare oltre senza cadere nella tristezza fine a se stessa ma con quel senso di malinconia che appartiene a tutti, la nostalgia per un Io che la vita moderna ha sommerso nell’apatia. E se Devil song, registrata solo voce e chitarra, quasi un demo, spacca in due il cuore dell’ascoltatore, le intricate infiltrazioni elettroniche di Central Reservation portano a viaggiare in spazi cosmici di rarefatta bellezza.
La cosa forse più sorprendente è che “Central Reservation” non è invecchiato di un giorno, come tutti i grandi dischi della storia, ed è ancora un album stupendo e privo di riempitivi, il miglior set di canzoni che Orton abbia mai scritto: canzoni popolari con un cuore rock e una inclinazione confessionale che non ha mai superato il limite.
“Central Reservation” funziona grazie alla messa a fuoco e all’impegno della cantante per ogni canzone, non esiste una singola performance vocale che non si senta sia autentica al 100%. Il pezzo di apertura, Stolen Car, brucia di energia nervosa, con la chitarra selvaggia di Ben Harper, evidenziando versi come “Sei entrato in casa mia l’altra notte/ Non ho potuto fare a meno di notare/ Una luce che era spenta da tempo che brillava intensa/ Eri seduto, le tue dita come fusi /I tuoi occhi erano cannella”. Dettagli semplici, nitidi e precisi che regolano la scena ma non ti dicono mai direttamente cosa provare. Sono momenti come questo che rendono la cantante un narratore efficace, attirandoti nella natura del momento invece di raccontarti la morale della storia.
C’è poi una gemma assoluta, il duetto con la leggenda del folk americano Terry Callier, in Pass in Time, canzone che tocca il tema doloroso della morte della madre e della possibilità col tempo di accogliere questo dolore. Su Instagram, Beth Orton ha raccontato quel momento: “Incontrare Terry e poi fare musica e cantare con lui è stato quando ho iniziato a credere veramente nella magia. Vidi Terry suonare al Jazz Café intorno al ’97, un regalo a sorpresa di un mio amico per me… A quel tempo non pensavo che i miei idoli esistessero effettivamente al di là della loro musica. Rimasi estasiata per tutto il concerto, un sorriso così ampio e il mio cuore pronto a scoppiare. Poi abbiamo incontrato Terry dopo lo spettacolo. Il suo manager mi suggerì di cantargli una canzone. Cantai Pass in Time con la sua chitarra e lui si mise ad accompagnarmi e il passo successivo fu che ci trovammo in studio a registrarla. Continuavo a darmi dei pizzicotti per rendermi conto che tutto questo stava davvero accadendo… La prima volta che ci siamo esibiti dal vivo ho improvvisamente capito cosa stavamo per fare e mi sono bloccata in piedi davanti al pubblico. Ho sussurrato a Terry “come possiamo farcela?” tanto ero terrorizzata. Lui sorrise e sussurrò “Tu suona e canta come me e io cercherò di suonare e cantare come te” e poi mi prese la mano e uscimmo fuori. Fu il momento più bello della mia vita”.
“Central Reservation” si erge ancora oggi come un trionfale, potente lavoro di una cantautrice al suo meglio. A 20 anni dalla sua uscita, non è invecchiato di un solo giorno. Beth Orton, pur con altri grandi dischi incisi in seguito, non è mai stata in grado di migliorarsi se non con queste 11 canzoni definitive, ognuna scritta con perizia, eseguita diligentemente, e magistralmente messe in sequenza. Potrebbe non uscire mai dalla sua bolla cult, che il successo di massa inspiegabilmente non lo ha mai ottenuto, ma finché esiste “Central Reservation”, quel gruppo di appassionati non smetterà mai di crescere: “Tante cose restano sconosciute sin quando viene il loro tempo. Potevi immaginarti che saresti stato così forte e poi che saresti stato a guardare le tue paure che diventano il tuo conforto? Il tuo mare di dubbi che diventa l’unica certezza? Anche se le lacrime non vengono per pianger via il dolore, le lacrime ti aiuteranno a capire veramente di cos’hai bisogno”.
ecco il link al sito :
https://www.ilsussidiario.net/news/musi ... o/1856814/
ed ecco la Title Track : Central Reservation live in november 1999 =