Francesco Guccini
Re: Francesco Guccini
Questo argomento mi era sfuggito. Bello! Ho letto un po' e come al solito ho trovato spunti notevoli ed estremamente costruttivi. Ero essenzialmente un rockettaro, ma a differenza dei miei colleghi "puristi" mi piacevano anche i cantautori italiani e quando era possibile li andavo a vedere dal vivo. Su Francesco ho un bellissimo ricordo datato di almeno una quarantina di anni, in una splendida serata di settembre nella cornice del Gianicolo da dove si vede tutta Roma e a mezzogiorno tuona lo storico cannone immortalato nella scena iniziale della Grande bellezza, fece un eccellente esibizione e dato l' affollamento e il rumoreggiare degli astanti che non potevano vedere, riuscì a farci sedere tutti con un convincente discorso nel quale dimostrava che "La mezza chiappa occupa meno posto di un piede!" Un grande
Re: Francesco Guccini
Grazie a Gimbatbu e continuiamo.
Incontro
A parte l'errore di pronuncia del "déjà-vu, siamo di fronte a una rappresentazione stupenda della tristezza che ci procura la vacuità di rivivere quello che è ... impossibile; ma l'esistenza dell'uomo è questa!
Incontro
A parte l'errore di pronuncia del "déjà-vu, siamo di fronte a una rappresentazione stupenda della tristezza che ci procura la vacuità di rivivere quello che è ... impossibile; ma l'esistenza dell'uomo è questa!
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì
"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Francesco Guccini
Il vecchio e il bambino
In più di un'occasione l'autore ha invitato a ricondurre l'interpretazione alla visione di un paesaggio distrutto da un'esplosione atomica (il tetro contorno di torri fumo). La cesura con il passato è troppo forte per poter rammentare il reale e quindi il vecchio spinge il bambino a vedere con la fantasia. E quindi giustamente il bambino risponde che gli piacciono le favole.
In più di un'occasione l'autore ha invitato a ricondurre l'interpretazione alla visione di un paesaggio distrutto da un'esplosione atomica (il tetro contorno di torri fumo). La cesura con il passato è troppo forte per poter rammentare il reale e quindi il vecchio spinge il bambino a vedere con la fantasia. E quindi giustamente il bambino risponde che gli piacciono le favole.
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Re: Francesco Guccini
Canzone dei dodici mesi
Sembra una canzone popolare, ma così non è, bensì intessuta da una tasso altissimo di letterarietà, ovvero pieno di riferimenti a scrittori e poeti. Da evidenziare la coincidenza fra identità e mutamento della natura e dell'uomo (diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale). E infine, visto che parliamo di Guccini è importante il riferimento alla vendemmia e per questo soccorre il suo amico persiano Khayyàm "La pena del mondo è veleno e vino l'antidoto buono".
Sembra una canzone popolare, ma così non è, bensì intessuta da una tasso altissimo di letterarietà, ovvero pieno di riferimenti a scrittori e poeti. Da evidenziare la coincidenza fra identità e mutamento della natura e dell'uomo (diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale). E infine, visto che parliamo di Guccini è importante il riferimento alla vendemmia e per questo soccorre il suo amico persiano Khayyàm "La pena del mondo è veleno e vino l'antidoto buono".
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Re: Francesco Guccini
Canzone delle osterie fuori porta
In questo brano si può leggere una specie di spartiacque fra la vita di un tempo e quella attuale, ovvero la gioventù di tutta la gente a lui intorno e quel che è venuto dopo. Certo, Francesco accetta il cambiamento, ma senza magnificarlo, come fanno in molti rinnegando con disprezzo le illusioni e le utopie d'antan, anzi riconosce di aver abbandonato i tragitti tortuosi dell'avventura solo per noia e per paura!
In questo brano si può leggere una specie di spartiacque fra la vita di un tempo e quella attuale, ovvero la gioventù di tutta la gente a lui intorno e quel che è venuto dopo. Certo, Francesco accetta il cambiamento, ma senza magnificarlo, come fanno in molti rinnegando con disprezzo le illusioni e le utopie d'antan, anzi riconosce di aver abbandonato i tragitti tortuosi dell'avventura solo per noia e per paura!
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Re: Francesco Guccini
Canzone delle situazioni differenti
La scena si apre con il ricordo di una ragazza americana e del tempo trascorso alla ricerca di una difficile intimità e si vede subito che Il protagonista appare più incuriosito dalla famiglia di artisti che dalla giovane.
Che l'urgenza della memoria riporti alla mente incontri passati a cui nemmeno la patina del ricordo riesce ad attribuire un'armonia ideale, ci fa comprendere l'enorme solitudine dell'io narrante, costretto anche a non poter desiderare molto di più di quel che ha ("Il faut faire avec" direbbero i francesi), ma forse il sogno esiste "nei mondi dentro agli occhi dei miei gatti" o meglio attraverso la compagnia delle sue amiche canzoni.
La scena si apre con il ricordo di una ragazza americana e del tempo trascorso alla ricerca di una difficile intimità e si vede subito che Il protagonista appare più incuriosito dalla famiglia di artisti che dalla giovane.
Che l'urgenza della memoria riporti alla mente incontri passati a cui nemmeno la patina del ricordo riesce ad attribuire un'armonia ideale, ci fa comprendere l'enorme solitudine dell'io narrante, costretto anche a non poter desiderare molto di più di quel che ha ("Il faut faire avec" direbbero i francesi), ma forse il sogno esiste "nei mondi dentro agli occhi dei miei gatti" o meglio attraverso la compagnia delle sue amiche canzoni.
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Re: Francesco Guccini
Tempo fa scrissi questo sull'album Stanze di vita quotidiana, rintracciandoci un'essenza da concept non è immediatamente visibile.
Spero possa essere interessante.
STANZE DI VITA QUOTIDIANA
Giunge la mezza età e un tedio profondo sembra influenzare Guccini (probabilmente solo nelle canzoni). In questo contesto viene fuori tutto il pessimismo di Leopardi e Schopenauer, nonché il pensiero di Kierkegaard. Si comincia con la celebre Canzone delle osterie di fuori porta in cui emerge con nostalgia il ricordo di un mondo che sta scomparendo, quasi come in La sera del dì di festa di Leopardi. Allo stesso modo la chiusura delle osterie rappresenta la fine della giovinezza e dell'illusione che rendeva più allegri quei giorni, che ormai vengono sostituiti dalla “vita quotidiana”. La seconda traccia (Canzone della triste rinuncia) invita a non rimpiangere le scelte fatte (le rinunce) e ad imputare la responsabilità solo a se stessi, senza cercare inutili scuse. Emerge in tutta la sua evidenza il concetto kierkegaardiano di esistenza come insieme di scelte fra possibilità tra loro incompatibili, per questo sempre portatrici di angoscia e\o rimorso. Con la terza traccia (Canzone della vita quotidiana) emerge il pessimismo cosmico in tutta la sua forza (dopo quello storico di Canzone delle osterie di fuori porta): la vita è solo un susseguirsi di eventi sempre uguali a se stessi che portano, senza che nemmeno ce ne possiamo accorgere, ad un tedio profondissimo che non lascia spazio ad alcuna soluzione (“inizia presto all'alba o tardi al pomeriggio, ma non c'è alcuna differenza”; “le ore che hai davanti son le stesse e son tante”; “col bisogno annega la speranza”; “non sono peggiori i mali dei rimedi”). E compaiono il coraggio della ginestra leopardiana (“coraggio chiede l'esistenza”), la teoria del piacere (il tempo è “un deserto annuale con le oasi in Ferragosto e per Natale”), la morte come unica via d'uscita (“consolati pensando che inizia e già è finita”), l'insensatezza della vita (“ti trovi vecchio e ancor non hai capito che la vita quotidiana ti ha tradito”), nonché ancora una volta le scelte di Kierkegaard (“le soluzioni ambigue e i compromessi vari”). L'autore trae una pace parziale dialogando con “un vecchio amico”, Piero, in una canzone (Canzone per Piero) che ha la funzione di un angulus oraziano in cui Guccini riassapora i piccoli piaceri della vita (secondo il concetto del “carpe diem” nella sua forma più pura) chiacchierando davanti a un bicchiere di vino. Ed è con l'amore (Canzone delle ragazze che se ne vanno) e il ricordo di aneddoti passati (Canzone delle situazioni differenti) che Guccini conclude l'album. Il pessimismo sembra svanire piano piano, forse proprio grazie alla consapevolezza raggiunta che, come il saggio senecano, gli permette di trarre sempre il meglio dal tempo che ha disposizione ed affrontare la vita che ha ancora davanti con maggiore forza. Ed è il tema politico, quasi del tutto assente in questo album, a fargli ritornare la voglia di combattere. Il '68 è passato da poco e la rivoluzione è ancora in atto: proprio con questa consapevolezza sembra ritrovare quel vigore che ha perso, ritrovare una nuova “illusione“, un nuovo motivo di vivere (“O sera, scendi presto! O mondo nuovo arriva! \ Rivoluzione, cambia qualche cosa! \ Cancella il ghigno solito di questa ormai corrosa \ mia stanca civiltà che si trascina.”). Così l'album si chiude con un messaggio di speranza (un topos della canzone d'autore: Dio è morto, Auschwitz, Saigon, Se ti tagliassero a pezzetti, La domenica delle salme, Nostra Signora dell'Ipocrisia, ecc.): “Uscimmo un po' accaldati per il troppo vino nero \ danzammo sulla strada, già albeggiava. \ Sembrava una commedia musicale americana \ tu non lo sai, ma dentro a me ridevo.” Infatti con l'album successivo (il mitico Via Paolo Fabbri 43) tornano in scena la voglia di vivere, l'anarchia, la protesta, torna in scena il Guccini che tutti conosciamo, con ancora più vigore.
Spero possa essere interessante.
STANZE DI VITA QUOTIDIANA
Giunge la mezza età e un tedio profondo sembra influenzare Guccini (probabilmente solo nelle canzoni). In questo contesto viene fuori tutto il pessimismo di Leopardi e Schopenauer, nonché il pensiero di Kierkegaard. Si comincia con la celebre Canzone delle osterie di fuori porta in cui emerge con nostalgia il ricordo di un mondo che sta scomparendo, quasi come in La sera del dì di festa di Leopardi. Allo stesso modo la chiusura delle osterie rappresenta la fine della giovinezza e dell'illusione che rendeva più allegri quei giorni, che ormai vengono sostituiti dalla “vita quotidiana”. La seconda traccia (Canzone della triste rinuncia) invita a non rimpiangere le scelte fatte (le rinunce) e ad imputare la responsabilità solo a se stessi, senza cercare inutili scuse. Emerge in tutta la sua evidenza il concetto kierkegaardiano di esistenza come insieme di scelte fra possibilità tra loro incompatibili, per questo sempre portatrici di angoscia e\o rimorso. Con la terza traccia (Canzone della vita quotidiana) emerge il pessimismo cosmico in tutta la sua forza (dopo quello storico di Canzone delle osterie di fuori porta): la vita è solo un susseguirsi di eventi sempre uguali a se stessi che portano, senza che nemmeno ce ne possiamo accorgere, ad un tedio profondissimo che non lascia spazio ad alcuna soluzione (“inizia presto all'alba o tardi al pomeriggio, ma non c'è alcuna differenza”; “le ore che hai davanti son le stesse e son tante”; “col bisogno annega la speranza”; “non sono peggiori i mali dei rimedi”). E compaiono il coraggio della ginestra leopardiana (“coraggio chiede l'esistenza”), la teoria del piacere (il tempo è “un deserto annuale con le oasi in Ferragosto e per Natale”), la morte come unica via d'uscita (“consolati pensando che inizia e già è finita”), l'insensatezza della vita (“ti trovi vecchio e ancor non hai capito che la vita quotidiana ti ha tradito”), nonché ancora una volta le scelte di Kierkegaard (“le soluzioni ambigue e i compromessi vari”). L'autore trae una pace parziale dialogando con “un vecchio amico”, Piero, in una canzone (Canzone per Piero) che ha la funzione di un angulus oraziano in cui Guccini riassapora i piccoli piaceri della vita (secondo il concetto del “carpe diem” nella sua forma più pura) chiacchierando davanti a un bicchiere di vino. Ed è con l'amore (Canzone delle ragazze che se ne vanno) e il ricordo di aneddoti passati (Canzone delle situazioni differenti) che Guccini conclude l'album. Il pessimismo sembra svanire piano piano, forse proprio grazie alla consapevolezza raggiunta che, come il saggio senecano, gli permette di trarre sempre il meglio dal tempo che ha disposizione ed affrontare la vita che ha ancora davanti con maggiore forza. Ed è il tema politico, quasi del tutto assente in questo album, a fargli ritornare la voglia di combattere. Il '68 è passato da poco e la rivoluzione è ancora in atto: proprio con questa consapevolezza sembra ritrovare quel vigore che ha perso, ritrovare una nuova “illusione“, un nuovo motivo di vivere (“O sera, scendi presto! O mondo nuovo arriva! \ Rivoluzione, cambia qualche cosa! \ Cancella il ghigno solito di questa ormai corrosa \ mia stanca civiltà che si trascina.”). Così l'album si chiude con un messaggio di speranza (un topos della canzone d'autore: Dio è morto, Auschwitz, Saigon, Se ti tagliassero a pezzetti, La domenica delle salme, Nostra Signora dell'Ipocrisia, ecc.): “Uscimmo un po' accaldati per il troppo vino nero \ danzammo sulla strada, già albeggiava. \ Sembrava una commedia musicale americana \ tu non lo sai, ma dentro a me ridevo.” Infatti con l'album successivo (il mitico Via Paolo Fabbri 43) tornano in scena la voglia di vivere, l'anarchia, la protesta, torna in scena il Guccini che tutti conosciamo, con ancora più vigore.
Re: Francesco Guccini
Molto interessante, anche se non credo che lo slancio politico abbia resistito più di tanto.nibali-san baronto ha scritto: ↑martedì 2 aprile 2019, 19:40 Tempo fa scrissi questo sull'album Stanze di vita quotidiana, rintracciandoci un'essenza da concept non è immediatamente visibile.
Spero possa essere interessante.
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Giunge la mezza età e un tedio profondo sembra influenzare Guccini (probabilmente solo nelle canzoni). In questo contesto viene fuori tutto il pessimismo di Leopardi e Schopenauer, nonché il pensiero di Kierkegaard. Si comincia con la celebre Canzone delle osterie di fuori porta in cui emerge con nostalgia il ricordo di un mondo che sta scomparendo, quasi come in La sera del dì di festa di Leopardi. Allo stesso modo la chiusura delle osterie rappresenta la fine della giovinezza e dell'illusione che rendeva più allegri quei giorni, che ormai vengono sostituiti dalla “vita quotidiana”. La seconda traccia (Canzone della triste rinuncia) invita a non rimpiangere le scelte fatte (le rinunce) e ad imputare la responsabilità solo a se stessi, senza cercare inutili scuse. Emerge in tutta la sua evidenza il concetto kierkegaardiano di esistenza come insieme di scelte fra possibilità tra loro incompatibili, per questo sempre portatrici di angoscia e\o rimorso. Con la terza traccia (Canzone della vita quotidiana) emerge il pessimismo cosmico in tutta la sua forza (dopo quello storico di Canzone delle osterie di fuori porta): la vita è solo un susseguirsi di eventi sempre uguali a se stessi che portano, senza che nemmeno ce ne possiamo accorgere, ad un tedio profondissimo che non lascia spazio ad alcuna soluzione (“inizia presto all'alba o tardi al pomeriggio, ma non c'è alcuna differenza”; “le ore che hai davanti son le stesse e son tante”; “col bisogno annega la speranza”; “non sono peggiori i mali dei rimedi”). E compaiono il coraggio della ginestra leopardiana (“coraggio chiede l'esistenza”), la teoria del piacere (il tempo è “un deserto annuale con le oasi in Ferragosto e per Natale”), la morte come unica via d'uscita (“consolati pensando che inizia e già è finita”), l'insensatezza della vita (“ti trovi vecchio e ancor non hai capito che la vita quotidiana ti ha tradito”), nonché ancora una volta le scelte di Kierkegaard (“le soluzioni ambigue e i compromessi vari”). L'autore trae una pace parziale dialogando con “un vecchio amico”, Piero, in una canzone (Canzone per Piero) che ha la funzione di un angulus oraziano in cui Guccini riassapora i piccoli piaceri della vita (secondo il concetto del “carpe diem” nella sua forma più pura) chiacchierando davanti a un bicchiere di vino. Ed è con l'amore (Canzone delle ragazze che se ne vanno) e il ricordo di aneddoti passati (Canzone delle situazioni differenti) che Guccini conclude l'album. Il pessimismo sembra svanire piano piano, forse proprio grazie alla consapevolezza raggiunta che, come il saggio senecano, gli permette di trarre sempre il meglio dal tempo che ha disposizione ed affrontare la vita che ha ancora davanti con maggiore forza. Ed è il tema politico, quasi del tutto assente in questo album, a fargli ritornare la voglia di combattere. Il '68 è passato da poco e la rivoluzione è ancora in atto: proprio con questa consapevolezza sembra ritrovare quel vigore che ha perso, ritrovare una nuova “illusione“, un nuovo motivo di vivere (“O sera, scendi presto! O mondo nuovo arriva! \ Rivoluzione, cambia qualche cosa! \ Cancella il ghigno solito di questa ormai corrosa \ mia stanca civiltà che si trascina.”). Così l'album si chiude con un messaggio di speranza (un topos della canzone d'autore: Dio è morto, Auschwitz, Saigon, Se ti tagliassero a pezzetti, La domenica delle salme, Nostra Signora dell'Ipocrisia, ecc.): “Uscimmo un po' accaldati per il troppo vino nero \ danzammo sulla strada, già albeggiava. \ Sembrava una commedia musicale americana \ tu non lo sai, ma dentro a me ridevo.” Infatti con l'album successivo (il mitico Via Paolo Fabbri 43) tornano in scena la voglia di vivere, l'anarchia, la protesta, torna in scena il Guccini che tutti conosciamo, con ancora più vigore.
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"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
Re: Francesco Guccini
Sempre meglio, vorrei dire "Ragazzo".nibali-san baronto ha scritto: ↑martedì 2 aprile 2019, 19:40 Tempo fa scrissi questo sull'album Stanze di vita quotidiana, rintracciandoci un'essenza da concept non è immediatamente visibile.
Spero possa essere interessante.
STANZE DI VITA QUOTIDIANA
Giunge la mezza età e un tedio profondo sembra influenzare Guccini (probabilmente solo nelle canzoni). In questo contesto viene fuori tutto il pessimismo di Leopardi e Schopenauer, nonché il pensiero di Kierkegaard. Si comincia con la celebre Canzone delle osterie di fuori porta in cui emerge con nostalgia il ricordo di un mondo che sta scomparendo, quasi come in La sera del dì di festa di Leopardi. Allo stesso modo la chiusura delle osterie rappresenta la fine della giovinezza e dell'illusione che rendeva più allegri quei giorni, che ormai vengono sostituiti dalla “vita quotidiana”. La seconda traccia (Canzone della triste rinuncia) invita a non rimpiangere le scelte fatte (le rinunce) e ad imputare la responsabilità solo a se stessi, senza cercare inutili scuse. Emerge in tutta la sua evidenza il concetto kierkegaardiano di esistenza come insieme di scelte fra possibilità tra loro incompatibili, per questo sempre portatrici di angoscia e\o rimorso. Con la terza traccia (Canzone della vita quotidiana) emerge il pessimismo cosmico in tutta la sua forza (dopo quello storico di Canzone delle osterie di fuori porta): la vita è solo un susseguirsi di eventi sempre uguali a se stessi che portano, senza che nemmeno ce ne possiamo accorgere, ad un tedio profondissimo che non lascia spazio ad alcuna soluzione (“inizia presto all'alba o tardi al pomeriggio, ma non c'è alcuna differenza”; “le ore che hai davanti son le stesse e son tante”; “col bisogno annega la speranza”; “non sono peggiori i mali dei rimedi”). E compaiono il coraggio della ginestra leopardiana (“coraggio chiede l'esistenza”), la teoria del piacere (il tempo è “un deserto annuale con le oasi in Ferragosto e per Natale”), la morte come unica via d'uscita (“consolati pensando che inizia e già è finita”), l'insensatezza della vita (“ti trovi vecchio e ancor non hai capito che la vita quotidiana ti ha tradito”), nonché ancora una volta le scelte di Kierkegaard (“le soluzioni ambigue e i compromessi vari”). L'autore trae una pace parziale dialogando con “un vecchio amico”, Piero, in una canzone (Canzone per Piero) che ha la funzione di un angulus oraziano in cui Guccini riassapora i piccoli piaceri della vita (secondo il concetto del “carpe diem” nella sua forma più pura) chiacchierando davanti a un bicchiere di vino. Ed è con l'amore (Canzone delle ragazze che se ne vanno) e il ricordo di aneddoti passati (Canzone delle situazioni differenti) che Guccini conclude l'album. Il pessimismo sembra svanire piano piano, forse proprio grazie alla consapevolezza raggiunta che, come il saggio senecano, gli permette di trarre sempre il meglio dal tempo che ha disposizione ed affrontare la vita che ha ancora davanti con maggiore forza. Ed è il tema politico, quasi del tutto assente in questo album, a fargli ritornare la voglia di combattere. Il '68 è passato da poco e la rivoluzione è ancora in atto: proprio con questa consapevolezza sembra ritrovare quel vigore che ha perso, ritrovare una nuova “illusione“, un nuovo motivo di vivere (“O sera, scendi presto! O mondo nuovo arriva! \ Rivoluzione, cambia qualche cosa! \ Cancella il ghigno solito di questa ormai corrosa \ mia stanca civiltà che si trascina.”). Così l'album si chiude con un messaggio di speranza (un topos della canzone d'autore: Dio è morto, Auschwitz, Saigon, Se ti tagliassero a pezzetti, La domenica delle salme, Nostra Signora dell'Ipocrisia, ecc.): “Uscimmo un po' accaldati per il troppo vino nero \ danzammo sulla strada, già albeggiava. \ Sembrava una commedia musicale americana \ tu non lo sai, ma dentro a me ridevo.” Infatti con l'album successivo (il mitico Via Paolo Fabbri 43) tornano in scena la voglia di vivere, l'anarchia, la protesta, torna in scena il Guccini che tutti conosciamo, con ancora più vigore.
Ma più precisamente dovrei dire "Artista dell'esegesi".
Von Rock ? Nein, danke.
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
Re: Francesco Guccini
Piccola storia ignobile
È importante conoscere la temperie di quegli anni (1976/'78): erano quelli del dibattito sull'aborto.
Guccini quasi costretto a raccontare (mi tocca narrare), fa propri tutti i "cliché" del conformismo religioso più spinto, ma soprattutto il maschilismo più volgare, perché l'omo ne è uscito con grande onere: gli ha procurato l'indirizzo e i soldi.
Ma la verità dell'autore si trova esplicita nella penultima strofa: ... E così ti sei trovata come a un tavolo di marmo ...
È importante conoscere la temperie di quegli anni (1976/'78): erano quelli del dibattito sull'aborto.
Guccini quasi costretto a raccontare (mi tocca narrare), fa propri tutti i "cliché" del conformismo religioso più spinto, ma soprattutto il maschilismo più volgare, perché l'omo ne è uscito con grande onere: gli ha procurato l'indirizzo e i soldi.
Ma la verità dell'autore si trova esplicita nella penultima strofa: ... E così ti sei trovata come a un tavolo di marmo ...
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Re: Francesco Guccini
Non vorrei allargarmi troppo (a volte divento un po' "narciso")...
Comunque ispirato dai feti di plastica di Verona ne ho abbozzato una mia versione.
Grazie
Re: Francesco Guccini
Via Paolo Fabbri, 43
L'esibizione modesta della propria "inferiorità" è rivolta a coloro che mercificano la musica e/o l'arte e che, con altezzosa superiorità, si atteggiano a giudici. Ma se lui ha letto Borges, Khayyàm, Orazio (Ut melius, quidquid erit, pati - è meglio sopportare tutto ciò che accadrà) etc, mentre per gli altri non si sa, ma è presumibile di no.
L'esibizione modesta della propria "inferiorità" è rivolta a coloro che mercificano la musica e/o l'arte e che, con altezzosa superiorità, si atteggiano a giudici. Ma se lui ha letto Borges, Khayyàm, Orazio (Ut melius, quidquid erit, pati - è meglio sopportare tutto ciò che accadrà) etc, mentre per gli altri non si sa, ma è presumibile di no.
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Re: Francesco Guccini
Canzone quasi d'amore
È un testo essenzialmente contro i luoghi comuni sul tema (e infatti nel titolo c'è quel quasi) e si può notare che il termine (che degrada) chiude per due volte tutta una serie di elementi aulici omogenei. A nulla vale fingere di essere ciò che non si è e presumere di disporre di ali abilitate a voli più nobili di quelli concessi ... a un tacchino! Solo dalla rinuncia alle false illusioni può venire il coraggio del faticoso "tirare avanti" quotidiano.
È un testo essenzialmente contro i luoghi comuni sul tema (e infatti nel titolo c'è quel quasi) e si può notare che il termine (che degrada) chiude per due volte tutta una serie di elementi aulici omogenei. A nulla vale fingere di essere ciò che non si è e presumere di disporre di ali abilitate a voli più nobili di quelli concessi ... a un tacchino! Solo dalla rinuncia alle false illusioni può venire il coraggio del faticoso "tirare avanti" quotidiano.
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Re: Francesco Guccini
Sto leggendo piano, piano tutto l' argomento e mi scuso se adesso riporto a galla argomenti passati, ma mi ha colpito l' accostamento tra Guccini e De Andrè. In un libretto che andava molto in voga all' epoca c' era una definizione abbastanza illuminante: in Canzone per Piero? (non sono certo) in un passaggio ""E' in gamba sai, legge Edgar Lee Masters" si cita un autore a cui De Andrè si ispira per costruire tutto un 33 giri, il che non significa che Guccini sia un superficiale, ma credo possa testimoniare un diverso modo anche di affrontare e vivere la cultura. Più rapido e portato alla semplificazione (che non significa superficialità) quello dell' emiliano, più ridondante, ecumenico, ma anche elitario quello di Faber.lemond ha scritto: ↑sabato 23 marzo 2019, 8:27Mi dispiace molto che tu la pensi così, ma tant'è non possiamo mica essere d'accordo su tutto, altrimenti sai che monotonia.nemecsek. ha scritto: ↑sabato 23 marzo 2019, 0:52 Bah, per me Vecchioni è una vecchia scurengia rancida.
Cadrà nell oblio, insieme a quasi tutti i cantautori citati; about Bertoli ricordo quel divertente, squisitamente politically incorrect, indovinello: è rosso e ha le ruote: cos'è?
L unico la cui figura, come sostiene nino, si mostra sempre più nella sua complessa grandezza è il Sommo De Andrè.
P.S. Per me Faber non era proprio genuino, come gli altri, "puzzava" di aristocrazia, ma questo non c'entra.
Re: Francesco Guccini
Mi sembra tu abbia ben visto la differenza.Gimbatbu ha scritto: ↑sabato 6 aprile 2019, 12:37Sto leggendo piano, piano tutto l' argomento e mi scuso se adesso riporto a galla argomenti passati, ma mi ha colpito l' accostamento tra Guccini e De Andrè. In un libretto che andava molto in voga all' epoca c' era una definizione abbastanza illuminante: in Canzone per Piero? (non sono certo) in un passaggio ""E' in gamba sai, legge Edgar Lee Masters" si cita un autore a cui De Andrè si ispira per costruire tutto un 33 giri, il che non significa che Guccini sia un superficiale, ma credo possa testimoniare un diverso modo anche di affrontare e vivere la cultura. Più rapido e portato alla semplificazione (che non significa superficialità) quello dell' emiliano, più ridondante, ecumenico, ma anche elitario quello di Faber.lemond ha scritto: ↑sabato 23 marzo 2019, 8:27Mi dispiace molto che tu la pensi così, ma tant'è non possiamo mica essere d'accordo su tutto, altrimenti sai che monotonia.nemecsek. ha scritto: ↑sabato 23 marzo 2019, 0:52 Bah, per me Vecchioni è una vecchia scurengia rancida.
Cadrà nell oblio, insieme a quasi tutti i cantautori citati; about Bertoli ricordo quel divertente, squisitamente politically incorrect, indovinello: è rosso e ha le ruote: cos'è?
L unico la cui figura, come sostiene nino, si mostra sempre più nella sua complessa grandezza è il Sommo De Andrè.
P.S. Per me Faber non era proprio genuino, come gli altri, "puzzava" di aristocrazia, ma questo non c'entra.
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Francesco Guccini
Il pensionato
Come nel Frate, anche qui si tratteggia una persona vera, il signor Mignani che Guccio aveva come vicino di casa a Bologna e tutti i giorni lui lo sentiva e lo vedeva; questi rumori e immagini servono quanto basta per la composizione del personaggio, che ha abitudini quotidiane opposte a quelle dell'io narrante. Ma l'affinità fra i due è evidente, perché Francesco è affascinato dalla cortesia e dal vivere (d'altri tempi) dell'anziano signore e si accorge che la riflessione sulla vita dell'altro richiama i dubbi della propria che, naturalmente, sono destinati a rimanere insoluti.
Come nel Frate, anche qui si tratteggia una persona vera, il signor Mignani che Guccio aveva come vicino di casa a Bologna e tutti i giorni lui lo sentiva e lo vedeva; questi rumori e immagini servono quanto basta per la composizione del personaggio, che ha abitudini quotidiane opposte a quelle dell'io narrante. Ma l'affinità fra i due è evidente, perché Francesco è affascinato dalla cortesia e dal vivere (d'altri tempi) dell'anziano signore e si accorge che la riflessione sulla vita dell'altro richiama i dubbi della propria che, naturalmente, sono destinati a rimanere insoluti.
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Re: Francesco Guccini
Amerigo
L'America nella fantasia del giovane Guccini era comune a molti italiani in quegli anni. Per Gaber no, gli americani non sono mai stati un mito.
Ma anche per Amerigo non ci vorrà molto perché la realtà della miniera lasci andar via il sogno e che si consumi uno dei tanti inganni della vita.
L'America nella fantasia del giovane Guccini era comune a molti italiani in quegli anni. Per Gaber no, gli americani non sono mai stati un mito.
Ma anche per Amerigo non ci vorrà molto perché la realtà della miniera lasci andar via il sogno e che si consumi uno dei tanti inganni della vita.
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Re: Francesco Guccini
Bel 3d. Complimenti a tutti.
Guccini lo adoravo da giovane, adesso non trovo piu tutta quella forza in questo autore. L'ho visto 5 p 6 volte in concerto fino a 20 anni fa.
Ho sempre ascoltato tanta musica, dal rock al post punk per arrivare a Nick Cave, L. Cohen, Dylan, adoro pure Blixa Bargeled con i suoi Einstürzende Neubauten. E naturalmente i cantautori italiani, anche se ho sempre più apprezzato Giovanni Lindo Ferretti che tanta altra musica Italiana.
Comunque l'infatuazione cantautorale c'è stata, é passata e ha lasciato traccia. Vecchioni non lo metterei a livello di De André e Guccini, forse De Gregori un po' di piu, ma son tutti figli della canzone francese e dei cantautori folk americani. Gaber ha fatto teatro canzone, senza l'ambizione di fare musica di facile ascolto.
Guccini piu viscerale, tira fuori sentimenti, rabbia, pathos.
De André più colto, lontano, snob ma leggermente superiore. Non tutto ad alto livello ma la Creuza de mà è un disco che ha lasciato un segno nella musica mondiale. E poi lo studio dei cantautori americani da Dylan a Cohen.
Guccini ora lo considero in parte deprimente, soprattutto il citato e da me consumato negli anni giovanili 'Stanze di vita quotidiana'. A volte è nichilismo spicciolo, e ne faccio a meno. Che la vita è una m...., lo so già da solo senza bisogno di martellarmi le gonadi alla tafazzi.
Ora mi emozionano ancora, Van loon, Bisanzio, culo dritto, amerigo, Keaton, Bologna e alcune altre, ma non avvelenata, locomotiva ecc. Fra don Chisciotte e Cyrano, molto meglio la prima, ma è sempre come andare in giro con la maglietta di che Guevara è dire di essere un alternativo. Mah, non ci credo più. Diciamo che sono più realista e mi accontento di un castello
Guccini lo adoravo da giovane, adesso non trovo piu tutta quella forza in questo autore. L'ho visto 5 p 6 volte in concerto fino a 20 anni fa.
Ho sempre ascoltato tanta musica, dal rock al post punk per arrivare a Nick Cave, L. Cohen, Dylan, adoro pure Blixa Bargeled con i suoi Einstürzende Neubauten. E naturalmente i cantautori italiani, anche se ho sempre più apprezzato Giovanni Lindo Ferretti che tanta altra musica Italiana.
Comunque l'infatuazione cantautorale c'è stata, é passata e ha lasciato traccia. Vecchioni non lo metterei a livello di De André e Guccini, forse De Gregori un po' di piu, ma son tutti figli della canzone francese e dei cantautori folk americani. Gaber ha fatto teatro canzone, senza l'ambizione di fare musica di facile ascolto.
Guccini piu viscerale, tira fuori sentimenti, rabbia, pathos.
De André più colto, lontano, snob ma leggermente superiore. Non tutto ad alto livello ma la Creuza de mà è un disco che ha lasciato un segno nella musica mondiale. E poi lo studio dei cantautori americani da Dylan a Cohen.
Guccini ora lo considero in parte deprimente, soprattutto il citato e da me consumato negli anni giovanili 'Stanze di vita quotidiana'. A volte è nichilismo spicciolo, e ne faccio a meno. Che la vita è una m...., lo so già da solo senza bisogno di martellarmi le gonadi alla tafazzi.
Ora mi emozionano ancora, Van loon, Bisanzio, culo dritto, amerigo, Keaton, Bologna e alcune altre, ma non avvelenata, locomotiva ecc. Fra don Chisciotte e Cyrano, molto meglio la prima, ma è sempre come andare in giro con la maglietta di che Guevara è dire di essere un alternativo. Mah, non ci credo più. Diciamo che sono più realista e mi accontento di un castello
Re: Francesco Guccini
Pennsylvania Ave.
Quella di Guccini qui non è la storia dell'America, ma di una singola famiglia americana e dell'amore che lo ha legato a quella ragazza, ma non ai genitori di lei. Ma l'amore è ormai lontano, così come gli ideali di quel tempo, che ormai sono diventati "ideali alla cogliona"!
Eppure il ricordo di una realtà non più condivisa non comporta un giudizio liquidatorio, quanto piuttosto la dolcezza della memoria di giorni belli, passati insieme.
Quella di Guccini qui non è la storia dell'America, ma di una singola famiglia americana e dell'amore che lo ha legato a quella ragazza, ma non ai genitori di lei. Ma l'amore è ormai lontano, così come gli ideali di quel tempo, che ormai sono diventati "ideali alla cogliona"!
Eppure il ricordo di una realtà non più condivisa non comporta un giudizio liquidatorio, quanto piuttosto la dolcezza della memoria di giorni belli, passati insieme.
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Re: Francesco Guccini
... Ti farem Governatore, avrai terre in abbondanza ...giorgio ricci ha scritto: ↑lunedì 8 aprile 2019, 18:45 Bel 3d. Complimenti a tutti.
Guccini lo adoravo da giovane, adesso non trovo piu tutta quella forza in questo autore. L'ho visto 5 p 6 volte in concerto fino a 20 anni fa.
Ho sempre ascoltato tanta musica, dal rock al post punk per arrivare a Nick Cave, L. Cohen, Dylan, adoro pure Blixa Bargeled con i suoi Einstürzende Neubauten. E naturalmente i cantautori italiani, anche se ho sempre più apprezzato Giovanni Lindo Ferretti che tanta altra musica Italiana.
Comunque l'infatuazione cantautorale c'è stata, é passata e ha lasciato traccia. Vecchioni non lo metterei a livello di De André e Guccini, forse De Gregori un po' di piu, ma son tutti figli della canzone francese e dei cantautori folk americani. Gaber ha fatto teatro canzone, senza l'ambizione di fare musica di facile ascolto.
Guccini piu viscerale, tira fuori sentimenti, rabbia, pathos.
De André più colto, lontano, snob ma leggermente superiore. Non tutto ad alto livello ma la Creuza de mà è un disco che ha lasciato un segno nella musica mondiale. E poi lo studio dei cantautori americani da Dylan a Cohen.
Guccini ora lo considero in parte deprimente, soprattutto il citato e da me consumato negli anni giovanili 'Stanze di vita quotidiana'. A volte è nichilismo spicciolo, e ne faccio a meno. Che la vita è una m...., lo so già da solo senza bisogno di martellarmi le gonadi alla tafazzi.
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Von Rock ? Nein, danke.
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
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Re: Francesco Guccini
Eskimo
Si parla di un rapporto amoroso ormai giunto al termine e da qui si parte per un excursus di uno scorcio sociale e politico, in particolare quello della contestazione giovanile. È una sorta di bilancio di ciò che resta e di quello che è invece cambiato. Per Guccini il Sessantotto è stato un fenomeno umano, prima che politico e quindi è meglio concentrasi sul rapporto con la donna di allora che, seppur a distanza, ormai si è liberata dei comportamenti del perbenismo borghese.
Si parla di un rapporto amoroso ormai giunto al termine e da qui si parte per un excursus di uno scorcio sociale e politico, in particolare quello della contestazione giovanile. È una sorta di bilancio di ciò che resta e di quello che è invece cambiato. Per Guccini il Sessantotto è stato un fenomeno umano, prima che politico e quindi è meglio concentrasi sul rapporto con la donna di allora che, seppur a distanza, ormai si è liberata dei comportamenti del perbenismo borghese.
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Re: Francesco Guccini
Bisanzio
La figura di Filemazio appare "in primis" come portatore di verità perentoria, ma subito dopo ci si accorge che così non è e costui non riesce ad avvertire i segnali di un cambiamento, che pure sembra esistere.
Ma questa Bisanzio è una città volutamente sottratta a precise coordinate storiche ed è solo una mescolanza confusa di canti e voci di gente venuta da ogni parte del mondo. Bisanzio è una soglia, un confine fra l'antico e il presunto nuovo.
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Re: Francesco Guccini
Bologna
https://mail.google.com/mail/u/0/#draft ... tlCthjhkMW
Ritratto pluriprospettico per nulla agiografico colto da da uno sguardo libero da usurati "cliché". Questa Bologna è dapprima trasfigurata dallo sguardo giovanile, ma ormai è diversa, soprattutto per la consapevolezza matura dell'autore.
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Re: Francesco Guccini
Però hai saltato Libera nos domine, nonché la perla di Canzone di notte n°2: un manifesto scritto su una metrica da capogiro.
Due snodi fondamentali della produzione gucciniana, visto che sono le uniche due canzoni che Guccini ha confessato essere "politiche": proprio in queste due secondo me si dichiara anarchico nella forma più completa ed evoluta ed esplicita il suo modo di pensare.
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Re: Francesco Guccini
Seguo il canovaccio dell'ultimo libro scritto su di lui e sintetizzo il commento della professoressa con, talvolta, qualche mio giudizio.nibali-san baronto ha scritto: ↑martedì 16 aprile 2019, 21:10 Però hai saltato Libera nos domine, nonché la perla di Canzone di notte n°2: un manifesto scritto su una metrica da capogiro.
Due snodi fondamentali della produzione gucciniana, visto che sono le uniche due canzoni che Guccini ha confessato essere "politiche": proprio in queste due secondo me si dichiara anarchico nella forma più completa ed evoluta ed esplicita il suo modo di pensare.
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Re: Francesco Guccini
Ah scusami non lo sapevo!lemond ha scritto: ↑mercoledì 17 aprile 2019, 13:18Seguo il canovaccio dell'ultimo libro scritto su di lui e sintetizzo il commento della professoressa con, talvolta, qualche mio giudizio.nibali-san baronto ha scritto: ↑martedì 16 aprile 2019, 21:10 Però hai saltato Libera nos domine, nonché la perla di Canzone di notte n°2: un manifesto scritto su una metrica da capogiro.
Due snodi fondamentali della produzione gucciniana, visto che sono le uniche due canzoni che Guccini ha confessato essere "politiche": proprio in queste due secondo me si dichiara anarchico nella forma più completa ed evoluta ed esplicita il suo modo di pensare.
Buona continuazione allora
Re: Francesco Guccini
Pas de quoi.
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Re: Francesco Guccini
Gulliver
Non è facile comunicare tutto ciò che un viaggio ha comunicato negli occhi e nei pensieri. La sconfitta della narrazione non sta solo nell'inadeguatezza della parola, perché chi ascolta trasforma le immagini evocate nelle proprie e quindi il viaggio si trasforma nella sua parodia e la conclusione è che del viaggio non si racconta niente!
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Re: Francesco Guccini
Argentina
Questo paese è particolarmente caro all'autore, una specie di luogo del cuore. Ma forse è l'emblema di un confine più complesso e più sottile: quello fra noto e ignoto, ovvero il sentimento di appartenenza o di estraneità al mondo. Come in Gulliver il tema del viaggio rifiuta le soluzioni facili del turista e rimane solo la soluzione che non piace: "E allora, com'è tutto uguale in Argentina!"
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Re: Francesco Guccini
Autogrill
Questo è un testo di pura invenzione e si parla della deludente realtà, contrapposta al del sogno di una fuga in un altrove, che non esiste. E il desiderio di sconfiggere la malinconia, che scivola via senza nulla di nuovo, naufraga nel gesto banale del pagamento.
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Re: Francesco Guccini
Inutile
Una spiaggia deserta e vuota è lo scenario inutile (come il titolo) che accoglie i protagonisti il che si unisce bene al fritto misto servito con “mala grazia naturale”. . Il tutto suggellato da limone ormai spremuto, che rappresenta (facile) la vita.
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Re: Francesco Guccini
Scirocco
Lo scirocco trasfigura un angolo di Bologna in una visione onirica, che poi richiama alla mente un addio: due vite si allontanano definitivamente. L’io narrante conosce l’ennesimo fallimento dell’uomo, ritratto nella ripetizione di gesti consueti, mentre ignora e può immaginare appena quali strade abbia preso la vita di lei.
Lo scirocco trasfigura un angolo di Bologna in una visione onirica, che poi richiama alla mente un addio: due vite si allontanano definitivamente. L’io narrante conosce l’ennesimo fallimento dell’uomo, ritratto nella ripetizione di gesti consueti, mentre ignora e può immaginare appena quali strade abbia preso la vita di lei.
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Re: Francesco Guccini
Signora Bovary
La vita è un cammino verso l’ignoto e che cosa ci sta in fondo, dentro quel buio infinito, non lo sa nessuno (a parte i teorici credini). Ma il pregio della canzone sta che l’interrogativo non è espresso con enfasi, ma sotteso, dissimulato sotto figure e immagini del viver quotidiano. Miserie dalle quali forse si sentiva oppressa e tormentata la protagonista flaubertiana? Ma forse anche Flaubert stesso, che una volta disse “Madame Bovary c’est moi”.
P.S. Qualcuno ha detto o scritto che il romanzo è la rappresentazione di una vita accanto a un idiota, ma non penso che il personaggio del dottore sia rappresentativo in tal senso, a meno che non si consideri il termine secondo l'etimologia greca.
La vita è un cammino verso l’ignoto e che cosa ci sta in fondo, dentro quel buio infinito, non lo sa nessuno (a parte i teorici credini). Ma il pregio della canzone sta che l’interrogativo non è espresso con enfasi, ma sotteso, dissimulato sotto figure e immagini del viver quotidiano. Miserie dalle quali forse si sentiva oppressa e tormentata la protagonista flaubertiana? Ma forse anche Flaubert stesso, che una volta disse “Madame Bovary c’est moi”.
P.S. Qualcuno ha detto o scritto che il romanzo è la rappresentazione di una vita accanto a un idiota, ma non penso che il personaggio del dottore sia rappresentativo in tal senso, a meno che non si consideri il termine secondo l'etimologia greca.
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Re: Francesco Guccini
Van Loon
Van Loon è il padre (Ferruccio Guccini) e l’autore prova rimpianto per quanto non ha saputo essere nei confronti dell’altro: una conoscenza viziata da ignoranza e superbia! E ormai è tardi e potrà solo rammentare quel suo ultimo viaggio!
Van Loon è il padre (Ferruccio Guccini) e l’autore prova rimpianto per quanto non ha saputo essere nei confronti dell’altro: una conoscenza viziata da ignoranza e superbia! E ormai è tardi e potrà solo rammentare quel suo ultimo viaggio!
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Re: Francesco Guccini
Culodritto
Teresa Guccini (la figlia) ha davanti a sé il tutto dell’infanzia; ma quel vorrei stempera ogni cosa e ci ci fa capire la consapevolezza di non poter consegnare alla piccola il testimone di esperienze non più possibili e il tutto da fare, si converte nel quasi tutto … da sbagliare.
Teresa Guccini (la figlia) ha davanti a sé il tutto dell’infanzia; ma quel vorrei stempera ogni cosa e ci ci fa capire la consapevolezza di non poter consegnare alla piccola il testimone di esperienze non più possibili e il tutto da fare, si converte nel quasi tutto … da sbagliare.
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Francesco Guccini
Quello che non
Ogni locuzione porta alla mente l’idea di occasioni perdute, di una felicità amorosa sperata, ma tradita dalla realtà. Ma forse c’è di più, perché molti oggetti, ad es. i sedili di un’ex terza classe, si fanno segnali di un tempo trascorso all’insegna di una banalità insignificante e malinconica.
Ogni locuzione porta alla mente l’idea di occasioni perdute, di una felicità amorosa sperata, ma tradita dalla realtà. Ma forse c’è di più, perché molti oggetti, ad es. i sedili di un’ex terza classe, si fanno segnali di un tempo trascorso all’insegna di una banalità insignificante e malinconica.
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Re: Francesco Guccini
Canzone delle domande consuete
Le domande consuete non possono avere risposta, perché la condizione umana è solo quella di un’incertezza paralizzante e non esiste, come ancora qualcuno crede, la verità assoluta dei dogmi trovati su qualche libro ispirato! Ahahahah
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Re: Francesco Guccini
Samantha
Samantha nasce da un paesaggio della periferia milanese osservato un giorno al tramonto e i due ragazzi sembrano il complemento necessario. La protagonista è ignara dello squallore che ha intorno, così come della sua bellezza in fiore e anche l’incontro con Andrea si risolve come deve e cioè in un … saluto fugace.
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Re: Francesco Guccini
Farewell
L’ebbrezza dello stato nascente fa intravedere l’entusiasmo do una vita che è pronta a sfidare ogni ostacolo. Ma è solo l’incipit, che presto sarà sostituito da “un’emozione non più piena”; e poi e poi …
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Re: Francesco Guccini
Acque
Naturalmente alle acque non si può chiedere molto, perché il loro scorrere è continuo e indifferente, anche se mutevole come ci ha insegnato Eraclito (non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume). Come la luna leopardiana, l’acqua (che pur è fonte di vita) rappresenta un po’ la natura spinoziana, con annesso determinismo.
Naturalmente alle acque non si può chiedere molto, perché il loro scorrere è continuo e indifferente, anche se mutevole come ci ha insegnato Eraclito (non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume). Come la luna leopardiana, l’acqua (che pur è fonte di vita) rappresenta un po’ la natura spinoziana, con annesso determinismo.
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Re: Francesco Guccini
Determinismo ed indeterminatezza.lemond ha scritto: ↑martedì 4 giugno 2019, 9:08 Acque
Naturalmente alle acque non si può chiedere molto, perché il loro scorrere è continuo e indifferente, anche se mutevole come ci ha insegnato Eraclito (non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume). Come la luna leopardiana, l’acqua (che pur è fonte di vita) rappresenta un po’ la natura spinoziana, con annesso determinismo.
Quantistica ?
O rappresentazione macroscopica del frullare quantistico ?
Von Rock ? Nein, danke.
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
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Re: Francesco Guccini
Bella domanda, ma la risposta non saprei proprio dartela.nino58 ha scritto: ↑martedì 4 giugno 2019, 9:17Determinismo ed indeterminatezza.lemond ha scritto: ↑martedì 4 giugno 2019, 9:08 Acque
Naturalmente alle acque non si può chiedere molto, perché il loro scorrere è continuo e indifferente, anche se mutevole come ci ha insegnato Eraclito (non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume). Come la luna leopardiana, l’acqua (che pur è fonte di vita) rappresenta un po’ la natura spinoziana, con annesso determinismo.
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Re: Francesco Guccini
lemond ha scritto: ↑martedì 4 giugno 2019, 9:20Bella domanda, ma la risposta non saprei proprio dartela.nino58 ha scritto: ↑martedì 4 giugno 2019, 9:17Determinismo ed indeterminatezza.lemond ha scritto: ↑martedì 4 giugno 2019, 9:08 Acque
Naturalmente alle acque non si può chiedere molto, perché il loro scorrere è continuo e indifferente, anche se mutevole come ci ha insegnato Eraclito (non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume). Come la luna leopardiana, l’acqua (che pur è fonte di vita) rappresenta un po’ la natura spinoziana, con annesso determinismo.
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Re: Francesco Guccini
Lettera
Questa lettera è stata scritta in seguito alla morte quasi simultanea di due suoi amici collaboratori ed ecco che la primavera su trasforma subito in una notte buia che porta dritto al non senso della vita e con quella domanda ingenua:”Ma il tempo, il tempo chi me lo rende?”
Questa lettera è stata scritta in seguito alla morte quasi simultanea di due suoi amici collaboratori ed ecco che la primavera su trasforma subito in una notte buia che porta dritto al non senso della vita e con quella domanda ingenua:”Ma il tempo, il tempo chi me lo rende?”
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Re: Francesco Guccini
Guccini ora su rai3, varie storie degli inizi che non conoscevo e momenti dolcissimi in cui si imbarazza a guardarsi da giovane. Bello.
Mondiale 2019: 1 matteo.conz 53
Svalorizzando gli altri non ti rendi superiore.
C'è sempre una soluzione semplice ad un problema complesso. Ed è quella sbagliata. A. Einstein
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C'è sempre una soluzione semplice ad un problema complesso. Ed è quella sbagliata. A. Einstein
Re: Francesco Guccini
Riesci a mandare l'url per poterlo vedere registrato? Ciao e gra§ie.matteo.conz ha scritto: ↑sabato 8 giugno 2019, 20:58 Guccini ora su rai3, varie storie degli inizi che non conoscevo e momenti dolcissimi in cui si imbarazza a guardarsi da giovane. Bello.
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Re: Francesco Guccini
https://www.raiplay.it/video/2019/06/La ... 9f7f6.htmllemond ha scritto: ↑domenica 9 giugno 2019, 8:05Riesci a mandare l'url per poterlo vedere registrato? Ciao e gra§ie.matteo.conz ha scritto: ↑sabato 8 giugno 2019, 20:58 Guccini ora su rai3, varie storie degli inizi che non conoscevo e momenti dolcissimi in cui si imbarazza a guardarsi da giovane. Bello.
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Re: Francesco Guccini
Vorrei
Per una volta si parla di un amore appagato, però la forma scelta è quella del desiderio e quindi si aspira ancora a qualcosa che non c’è. Ma d’altra parte la pienezza in questo campo (come in altri) non esiste.
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Re: Francesco Guccini
Autunno
Non è un’operazione semplice riuscire a tradurre in parole che non siano di maniera il turbamento dell’uomo che pensa (così come gli antichi greci) al ciclo del tempo e soprattutto senza più la speranza (cristiana) di una nuova estate.
Non è un’operazione semplice riuscire a tradurre in parole che non siano di maniera il turbamento dell’uomo che pensa (così come gli antichi greci) al ciclo del tempo e soprattutto senza più la speranza (cristiana) di una nuova estate.
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Re: Francesco Guccini
Odysseus (che si pronunci, mi raccomando con l’accento sulla y, altrimenti non si capirebbe come in italiano dia Ulisse e non Ulissèo.
Guccini si aggiunge a tantissimi altri cantori dell’eroe e colui che parla nei versi finali è consapevole di essere stato reso eterno dalla poesia (così come il composito Gesù, dai vangeli). Soltanto a essa può essere riconosciuto tale privilegio: rendere inalterato ciò che di solito il tempo consuma e distrugge.
Guccini si aggiunge a tantissimi altri cantori dell’eroe e colui che parla nei versi finali è consapevole di essere stato reso eterno dalla poesia (così come il composito Gesù, dai vangeli). Soltanto a essa può essere riconosciuto tale privilegio: rendere inalterato ciò che di solito il tempo consuma e distrugge.
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