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lemond
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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" L

Ventidio stava selezionando i veterani che si volevano arruolare di nuovo, in modo che i migliori andassero a formare sei legioni di primo ordine e gli altri sarebbero stati distribuiti in modo da avere altre nove legioni di esperienza uniforme; mentre Cesare stava pensando che la Gallia Cisalpina doveva essere incorporata nell'Italia e anche ai siciliani si doveva concedere la cittadinanza, infine non era ammissibile che Alessandria avesse una biblioteca da quasi un milione di volumi, mentre a Roma non ce n'era nemmeno una pubblica! Ma la questione che lo assillava di più era l'eliminazione del regno dei Parti e purtroppo era cosciente che lui solo poteva riuscirci. Crasso ci aveva provato, ma ...
Se non si fosse provveduto, i Parti un giorno avrebbero invaso il mondo occidentale: bastava un solo uomo che avesse quell'idea per riunire tutti i popoli di quel vasto impero e forse tutte le altre civiltà sarebbero state sopraffatte! Solo lui poteva impedire questa "profetica" visione.
Ma qual era la soluzione di Cesare per Roma? Esaminò la situazione nei singoli aspetti e vide che molto era stato sistemato in modo proficuo per tutte le classi, c'era una sola cosa in cui lui poteva aver fallito e cioè che aveva fatto tutto da solo e quindi poteva essere accusato di essere un autocrate o, peggio, volersi fare re! Ma su questo non poteva farci niente, solo sperare che, col passare del tempo, sempre più cittadini avessero visto la bontà di quella specie di costituzione cesariana e ne avessero voluto mantenere i vantaggi. :)
Però avrebbe dovuto assentarsi per almeno cinque anni e allora una questione urgente era sta come controllare Antonio, che non poteva portare con sé? Marco era una mina vagante e dove lo mettevi faceva danni, però non poteva escluderlo del tutto dal potere e quindi sarebbe stato console e poi a combattere in Siria, mentre intanto il magister equitum, che avrebbe comandato in assenza del dittatore, sarebbe stato Lepido e, se poi lui voleva andare a governare una provincia, l'avrebbe sostituito Calvino.
Infine bisognava mettere governatori nelle Spagne e nelle Gallie, uomini di cui poteva fidarsi e che detestassero a Antonio (se la prima condizione era difficile, la seconda invece ... quasi tutti a Roma detestavano Antonio! :diavoletto:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LI

Cesare si mosse in fretta, come al solito anche se non per ragioni belliche, bensì per il Testamento. Chi sarebbe stato l'erede?
Ovviamente aveva abbandonato ogni pensiero su Marco Antonio: troppo stupido per avere buon senso!
Quinto Pedio, benché fosse un uomo eccellente, sarebbe sempre rimasto un cavaliere campano, quel sangue era dominante e i figli non avrebbero mai avuto l'aspetto dei Giulii, per quanto la madre fosse una Valeria Messala, patrizia. Neanche il giovane Lucio Pinario era promettente, i Pinarii, che erano stati una volta patrizi potenti, erano già decaduti da tempo. Sua sorella Giulia maggiore aveva sposato il nonno di Pianario, un perdigiorno, che era morto poco dopo.
Sua sorella, Giulia Minore era andata sposa di un ricco uomo di Ariccia, Marco Azio Balbo, dal quale aveva avuto una figlia, Azia, che, in secondo matrimonio, aveva sposato l'eminente Filippo, mentre il fratello di Azia era morto senza eredi.
La scelta si era ridotta infine a Decimo Giunio Bruto Albino o Gaio Ottavio.
Il primo era nel fiore degli anni e non aveva mai sbagliato niente, la sola cosa che gli si poteva rimproverare era la spietatezza contro i Bellovaci, ma anche in quel caso aveva saputo dare una buona spiegazione.
Gaio Ottavio avrebbe compiuto diciott'anni alla fine di settembre e lui lo amava teneramente, ma era troppo giovane e malato, anche se le preoccupazioni per l'asma si erano attenuate: non ne aveva dato quasi segno durante quei mesi in Spagna, né sulla strada di casa. :) Il medico aveva detto che Cesare lo rassicurava e quindi nessun fatto psicosomatico avrebbe potuto aggredirlo, finché era con lui. Ma l'erede di Cesare sarebbe diventato tale dopo la sua morte ...
Chiuse gli occhi e richiamò alla mente i due: ciò che disponeva contro Decimo era il sangue da fellatrix di sua madre, sì i Sempronii Tuditani erano dissoluti e aveva sentito storie anche intorno a Decimo.
Visto da vicino, Otttavio appariva meno femmineo e gli occhi rivelavano una persona temibile e sottile.
Cesare, Cesare, deciditi! E poco dopo, disse in greco, fra sé e sé: il dado è tratto e cominciò a scrivere ...


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LII

Da ottobre 45 alla fine di marzo del 44 a.C.


Il trionfo spagnolo si tenne il quinto giorno di ottobre; la prima classe lo disprezzò, ma al resto di Roma piacque moltissimo. Cesare non fece alcun tentativo per insabbiare il fatto che il nemico battuto non fosse straniero e quindi nessun bottino. L'unico che osò essere sprezzante fu Lucio Ponzio Aquila, rifiutandosi di alzarsi al passaggio e il dittatore dichiarò che l'amante di Servilia non avrebbe avuto nessun'altra pubblica promozione da lui.
Gaio Trebonio ne approfittò per reclutare un altro membro nel circolo dei liquidatori. La congrega degli aspiranti assassini stava crescendo, ma ancora mancavano uomini davvero carismatici, nomi che la prima classe conoscesse tanto bene da rispettarli fino in fondo e quindi Gaio Trebonio doveva armarsi di pazienza e aspettare.
Il giorno successivo al trionfo Cesare si dimise da console, mantenendo però la carica di dittatore; fece nominare per quello scorcio di anno due consoli suffecti (provvisori) nelle persone di Quinto Fabio Massimo e, ironia della sorte, Gaio Trebonio!
"Non posso ancora dimettermi da dittatore, disse Cesare in Senato, per cui devo sostituire il magister equitum, Marco Antonio Lepido, che diventerà governatore, il suo posto sarà preso da Gneo Domizio Calvino."
Antonio, che pensava di udire il proprio nome, ascoltò quello di Calvino come un secchio d'acqua gelata in inverno! Calvino era il suo peggior nemico! Poi seppe che l'anno successivo sarebbe stato console, sì, ma "subalterno a Dolabella, meglio morto", urlò a Cesare! :muro:
Cassio ascoltava attentamente e in quel caso era d'accordo con Cesare. Bruto era addirittura entusiasta e disse a Cicerone che quelle disposizioni erano un passo verso la restaurazione della Repubblica.
"Alle volte Bruto dici delle vere sciocchezze! Solo perché quell'uomo ti ha fatto pretore, all'improvviso pensi che sia una meraviglia, e invece non lo è, è una piaga per tutti noi, veri romani catoniani!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LIII

Cesare, a causa dell'imminente spedizione in Oriente, non aveva tempo di partecipare a molte sedute del Senato e Antonio, insieme a Trebonio, ebbe buon gioco nel far apparire il dittatore come aspirante re: in futuro sestile si sarebbe chiamato luglio (mese di Giulio), si creava una nuova tribù di cittadini romani dal nomeTribù Giulia e anche i nuovi Luperci (sacerdoti di un'antica divinità rurale) avrebbero avuto il nome Giulii e Marco Antonio, che era già un lupercus, ne sarebbe stato il prefetto. Si doveva costruire un tempio alla clemenza di Cesare e, durante i giochi il dittatore sarebbe stato posto su un seggio curule d'oro, con il capo coperto di una ghirlanda dorata e adorna di gemme!
Cassio naturalmente si oppose ai senatus consulta, sostenendo che Cesare non era un dio, mentre i promotori si comportavano come se lo fosse, ma fu uno dei pochi che nella votazione andò a sinistra, mentre quasi l'intiera aula, con Marco Antonio alla testa, si schierò a destra.
Bruto cercò di spiegare a Cassio e a Porzia che nessuno di quegli omaggi era nato da un'iniziativa di Cesare, anzi credeva che a lui facessero orrore, ma purtroppo non era presente, dovendo stare in Campania a preparare la spedizione contro i Parti. "Lo dimostra, disse, il fatto che Marco Antonio è il promotore e lui non ama certo Cesare e i proponenti hanno aspettato che fosse assente!"
Passò del tempo prima che Cesare si rendesse conto di quelle onorificenze. :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LIV

Il primo giorno di gennaio entrarono in carica i magistrati e uno dei compiti del console superiore era fissare la data per le Ferie Latine, la festa di Giove laziale, che di solito si teneva di marzo, ma quell'anno Cesare avrebbe chiesto di poterle anticipare per poter essere presente, in quanto i Giulii erano sacerdoti ereditari di Alba Longa, la città che in qualche modo aveva dato origine a Roma. Per chiedere quella concessione Cesare doveva andare in Senato e sulla strada incontrò Marco Antonio, Trebonio e Cimbro i quali gli gridarono "entusiasti" tutto l'elenco dei nuovi onori che gli sarebbero spettati.
Una folla si radunava intorno a loro e Cesare assistette pietrificato a tutto ciò: lo sgomento non gli permetteva nemmeno di parlare e addirittura non poteva muoversi!
Alla fine riuscì a dire che non poteva accettare niente, "portate via le tavolette, fondetele e rimettetele al loro posto, all'Erario!"
- Tu c'insulti, esclamò Turullio! -
Ma Cesare, lo ignorò , e chiese ad Antonio di convocare una riunione del Senato di lì a un'ora.
Con così poco preavviso, l'aula non era piena quando Cesare entrò, preceduto dai 24 littori, ma il quorum sufficiente a deliberare c'era.
Cesare mise in evidenza il nuovo pontefice, Bruto, facendogli pronunciare le orazioni e il nuovo augure, Cassio, chiedendogli di leggere gli auspici, poi prese la parola.
"Padri coscritti, vi ho convocati affinché facciate cessare immediatamente ogni onorificenza alla mia persona, è giusto che il dittatore riceva alcuni omaggi, ma solo quelli che si addicono a un uomo, non a un re o a un dio! Le nostre leggi poi sono iscritte in tavolette di bronzo e non d'argento, come quelle che ho fatto fondere. Questi gesti che sembrano ossequiosi, sono solo ridicoli, non li desidero e non li accetto. Sono il dittatore per un altro anno e questo mi basta, non voglio altro! Per essere ancora più chiaro congedo i miei 24 littori finché starò dentro le mura. Ricordate quel che ho detto, in me non alberga il desiderio di governare Roma come un re, in nessuna circostanza. Rex è solo un a parola, niente di più e Cesare non ha bisogno di nessun titolo, essere Cesare gli basta!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LV

Il giorno dopo la dichiarazione di Cesare in Senato, Flavio e Marullo si trovarono per caso nelle vicinanze dei nuovi rostri, che ospitavano un busto del grand'uomo. I due cominciarono a strepitare che quella statua altro non era che il segno che Lui si voleva farsi re!
Il giorno seguente si tennero le Ferie Latrine sul monte Albano, con Cesare a officiare, abbigliato con le antiche vesti regali dei re-sacerdoti albani, com'era suo diritto, in quanto giuliano.
"Ave rex" intonò qualcuno fra la folla, ma Lui rispose che avevano sbagliato cognome: "Mi chiamo Cesare, non rex!"
Marullo, Flavio e Antonio approfittarono dell'occasione per creare scompiglio, cercando di arrestare il "povero cristo" che aveva chiamato rex Cesare, cosa assurda alla quale il dittatore si oppose, il che fece nascere la questione se lui aveva il potere di annullare la decisione di un console (Antonio)!?
Altra soluzione non c'era, se non convocare di nuovo il Senato il giorno seguente.
"Lucio Cerezio Flavio e Gaio Epidio Marullo, voi disonorate la carica di Tribuni1"
- Re, rex, cominciarono a latrare all'unisono i due. -
"Quello che avete fatto sulla via Appia, approfittando di un commento infelice di uno qualunque fra la folla, è da incoscienti: avete trasformato un buffone qualsiasi in un circo intiero! Per che cosa volevate arrestarlo? Non è reato uscirsene con un'affermazione provocatoria e addirittura non è reato nemmeno calunniare, altrimenti Marco Cicerone sarebbe in esilio permanente per aver detto che Lucio Pisone era un gorgo di avidità e molte altre cose! I membri di questo consesso hanno chiamato altri in molti modi, da stupratori di bambini a mangiatori di feci! Voi volete infangarmi, ma, in qualità di dittatore, posso privare ciascuno di voi della cittadinanza e delle proprietà, per cui è ovvio che non ho bisogno di essere rex!"
Gaio Elvio Cinna si alzò dai banchi tribunizi e presentò una mozione che privava Flavio e Marullo della loro carica.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LVI

Al circolo dei liquidatori avevano aderito in ventuno, dopo l'ingresso di Servio Sulpicio Galba, un patrizio, ex pretore, che godeva di un'enorme influenza. Lui era anche uno dei cornuti di Cesare e era stato dispensato dall'attuale dittatore dal comando militare per l'inettitudine dimostrata, durante una campagna sulle Alpi.
Solo sei dei ventuno potevano vantare una qualche distinzione, ma il resto, come diceva Trebonio a Decimo, "è solo un gruppetto patetico di vorrei, ma non posso! Se avessimo almeno altri due congiurati dell'importanza di Galba, saremmo pronti. Fra l'altro il numero di ventitré mi sembrerebbe giusto, perché andando oltre potremmo aumentare le possibilità che qualcuno propalasse qualche notizia, anche non volendo."
Mentre i due parlavano fu annunciata la visita di Gaio Cassio che rivelò gli stessi intenti dei due, sostenendo altresì che anche Bruto la pensava come loro, anche se l'amico non credeva possibile fare qualcosa.
Trebonio gli parlò del Circolo e Cassio vi aderì con la stessa velocità con la quale aveva deciso di abbandonare Crasso a Carre, anche se, quando seppe i nomi, non sembrò molto sodisfatto, ma Decimo gli rispose che almeno erano tutti senatori e tanti per far pensare a un complotto segreto e complotto era proprio la parola che volevano non fosse mai accostata al Circolo.
Trebonio proseguì: "La tua partecipazione è un regalo che disperavamo di meritare, perché tu sei davvero importante, ma se potessimo reclutare anche Bruto, il discendente di colui che bandì da Roma l'ultimo re, allora potremmo dire di essere pronti e sicuri di essere patrioti e non assassini!"
Anche Cassio era dell'avviso e non disperava di poterlo convincere, perché negli ultimi tempi aveva guadagnato in coraggio ed era rimasto inorridito dal decreto sul dictator perpetuus, "ci lavorerò e lo persuaderò che è suo dovere morale nella posizione non solo di Giunio Bruto, ma anche discendente di Servilio Ahala, che uccise Spurio Melio, quando provò a farsi re! È un tuo dovere sbarazzare Roma dall'attuale tiranno!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LVII

Antonio cercò in tutti i modi (legali e no) di non far eleggere Dolabella console superiore, ma Cesare era sempre un passo avanti e alla fine dovette dichiararsi sconfitto. Con Calvino come magister equitum e l'Erario completamente nelle mani di Balbo Maggiore e Oppio, sì, Antonio era sotto controllo ben stretto. :)
Ben consapevole di ciò, Antonio era dominato da una furia devastante e andò a parlare con Gaio Trebonio.
"Che cosa ti preoccupa?" chiese Trebonio.
- Il vostro progetto a che punto è? Il tempo stringe. -
"Siamo in ventidue e stiamo aspettando un capo rappresentativo che ci faccia apparire, fuor di ogni dubbio, patrioti e proprio in questo momento Cassio sta cercando di convincere Bruto a essere quel che ci occorre."
- Edepol, sarebbe perfetto. Ma voi che ne pensereste di qualcuno che potrebbe facilitarvi il dopo con il Senato e con il Popolo? I miei fratelli sono pretore e tribuno della plebe e posso garantirvi che nessuno sarà posto sotto processo, né privato della magistratura, provincia, proprietà o diritti acquisiti. Non dimenticate poi che sono l'erede di Cesare e sarò io a controllare le legioni, che amano me, ben più di Lepido, Calvino o Dolabella. Nessuno oserà darmi contro in Senato o alle assemblee! Quindi, voglio fare un patto: tu assicurati che io non diventerò un bersaglio per nessuno di voi e farò in modo che non dobbiate pagare le conseguenze della vostra azione liberatrice. -
"Affare fatto." :stretta:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LVIII

All'inizio di febbraio un esercito Parto, al comando del principe Pacoro aveva invaso la Siria e Antistio Veto era assediato in Antiochia. Cesare dette subito ordine che tutte le legioni disponibili si portassero in Macedonia, lui le avrebbe raggiunto colà e informò il Senato che avrebbe dato le dimissioni da console alle idi di marzo. Lo sbigottito Gaio Ottavio si vide recapitare una secca richiesta di recarsi a Brundisium, per imbarcarsi alla fine di febbraio con Agrippa e Salvidenio Rufo. Salutò Cesare velocemente, prima di partire e gli assicurò che si sarebbe occupato in sua assenza dei fondi di guerra che si trovavano a Brundisium.
Intanto Marco Antonio pensava di aver inserito un'altra tessera nel mosaico del re di Roma, il giorno precedente alla festa dei Lupercali, allorché aveva approfittato del fatto di essere alle spalle di Cesare per legargli un nastro bianco intorno alla testa già coronata di foglie di quercia. Cesare fu lesto a toglierselo e a gridare che solo Giove Ottimo massimo era il re di Roma, ma Antonio era sicuro che qualcuno non avrebbe creduto a Cesare!
Il dittatore l'indomani al Senato si rivolse ad Antonio pregandolo di limitare gli entusiasmi verso di lui, "altrimenti una delle tue parti del corpo dovrò farla cadere, anche se non so quale sia quella che contiene il tuo cervello!"
Gaio Trebonio era stato tribuno della plebe e andava spesso al tempio di Cerere, dove erano contenuti i registri della plebe, e quel luogo era adatto a tenere anche le riunioni dei liquidatori, perché sarebbero passati inosservati. Come molti templi era un edificio senza finestre e dotato di porte di bronzo stagne e, una volta chiuse, nessuna luce sarebbe vista dal di fuori.
La notte che cadeva due giorni dopo il dettato di Cesare di registrare il suo rifiuto a farsi chiamare re, si presentarono al tempio tutti i membri e Cassio prese la parola per primo: "Finora non ho visto uno straccio di prova che fate sul serio, di parlare siamo capaci tutti, ma ho bisogno di fatti!"
- E tu hai concluso qualcosa con Bruto? - Chiese Staio Murco.
"Datemi un altro nundinum e vi dirò se ce l'ò fatta, ma c'è un'altra cosa che mi preoccupa, ovvero che non basta uccidere Cesare, dobbiamo fare altrettanto con Antonio, Dolabella e Calvino!"
- Se facessimo ciò, rispose Trebonio, saremmo dichiarati nefas e ci mozzerebbero subito la testa! Mentre limitandoci a Cesare potremo sostenere di aver agito entro la legge e in concordanza con il mos maiorum. -


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LIX

Il mattino dopo Cassio andò a casa di Bruto e lo trascinò nello studio, chiudendo a chiave la porta: "Bruto, quando ti renderai conto che Cesare è già re di Roma?"
- Certo che me ne sono reso conto. -
"E allora che cosa intendi fare? Proprio tu, che discendi dal primo Bruto e pure da Servilio Ahala, ormai dovresti sapere qual è il tuo dovere, quello di uccidere Cesare!"
Il viso di Bruto si trasformò in una maschera di terrore!
"Se Cesare non muore, Roma non tornerà mai a essere una repubblica, se gli si permette di continuare, si sceglierà un erede a cui passerà la carica di dittatore a vita, pertanto alcuni di noi sono decisi a por fine alla vita del re!"
- Cassio no! Io non posso!-
"Certo che puoi! E in quel momento entrò Porzia (dal colonnato sul retro) per dire che la pensava come Cassio, uccidere il re sarebbe stato l'unico modo di rispettare la volontà del padre e di onorarlo, riportando allo status quo ante l'amata repubblica di Catone. (Nota mia, un'oligarchia formata da patrizi e plutocrati che si spartivano consensualmente le cariche, a prescindere da altri tipi di meriti politici; solo una volta, a causa dell'emergenza provocata dai Cimbri, Teutoni e Ambroni, un homo novus era potuto salire al vertice e rimanerci per più anni).
Bruto cercò di replicare, sostenendo che Catone non avrebbe mai approvato un omicidio.
"TI sbagli Bruto, mio padre avrebbe approvato di buon grado, perché Cesare ora è il boia delle Repubblica e quindi sarebbe stato d'accordo con me e Cassio; è così che tutti i veri romani devono pensare!"
Bruto si mise le mani nelle orecchie e fuggì dalla stanza.
"Non ti preoccupare, disse Porzia, lo spingerò a farlo e fra un giorno o due sarà pronto per il suo dovere e so come fare: non bisogna lasciargli il tempo per pensare e instillargli molta più paura di non farlo che del contrario. Ah, disse trionfante e se ne andò, lasciando Cassio affascinato."
- È l'immagine di suo padre, esalò. -


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LX

Quando Bruto si recò in tribunale, in qualità di pretore cittadino accompagnato da numerosi clienti, trovò il Foro pieno di scritte inneggianti al primo Bruto e la statua recava le parole: "Bruto, perché mi hai dimenticato", mentre quella accanto, dedicata a Servilio Ahala, diceva: "Bruto non ti ricordi di me? Io uccisi Spurio Melio, quando provò a farsi re!"
Bruto era terrorizzato da quelle scritte, perché era sicuro che Cesare ne sarebbe venuto presto a conoscenza e si sarebbe chiesto il perché? La risposta non sarebbe stata difficile per lui!
A nulla valsero gli ordini di far cancellare le scritte, perché il giorno dopo ce n'erano di nuove e addirittura più esplicite, del tipo "Bruto colpisci!"
A casa, naturalmente Porzia, che era l'ideatrice di ogni frase, non smetteva mai di punzecchiarlo, fino ad arrivare ad auto-infliggersi ferite per fargli vedere che lei non aveva nessuna paura di versare il sangue!
Alla fine Bruto dovette cedere e fu così che il Circolo si guadagnò il prezioso portavoce. :grr:
Però, pusillanime com'era, andò da Cesare per dirgli che lui non c'entrava con le scritte, poi tornò a casa ad affrontare sua moglie e riuscì a blandirla, dicendole che dovevano imparare la dissimulazione, solo così sarebbero riusciti nell'impresa. "Era un segreto e tu, mia cara figlia di tanto padre, l'ài reso noto a tutti!" :x
- Dovevo spingerti alla decisione e non c'era altro modo! -
"Ho capito, ma non hai usato la maniera migliore e poi resto convinto che ucciderlo risolverà ben poco e forse addirittura potrà volgere le cose al peggio!"
"Mio caro, le tue critiche sono giuste e da qui in avanti mi comporterò bene, disse la figlia di Catone, ma uccidere lui è la cosa più giusta che sarà fatta di qui a poco, in tutta la storia di Roma!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXI

Il Senato fu convocato alle calende di marzo per l'ultima seduta prima delle dimissioni da console e la partenza di Cesare per l'Oriente.
La notte prima il Circolo si riunì al tempio di Cerere e quando Cassio entrò insieme a Marco Bruto, gli altri li fissarono quasi increduli.
Bruto appariva tranquillo, ormai rassegnato a ciò che sarebbe accaduto, benché lo angustiasse posare lo sguardo su alcuni presenti: facce da galera e non altro!
"Benvenuto fra noi, disse Trebonio e vediamo se da questa riunione possiamo prendere le decisioni necessarie alla bisogna. Sappiamo che Cesare deve rimanere a Roma fino alle Idi di marzo e il fatto che non abbia littori e che quel giorno la seduta del Senato si svolga fuori dal pomerium volge a nostro favore. Cesare però è quasi sempre circondato dai clienti, per cui dobbiamo colpire nell'unica zona dove non sarà accompagnato, vale a dire quando andrà da Cleopatra."
Ma Bruto si oppose fermamente a un'imboscata: l'uccisione doveva avvenire alla luce del sole, perché loro erano liberatori, non assassini! Poi volle sapere perché Cicerone non era con loro.
Rispose Decimo Bruto: "Due sono le ragioni per il quale non è stato invitato, in primis è un coniglio e in secundis è incapace di tenere la bocca chiusa! Ci serviremo di lui dopo, non prima o durante."
Cassio in qualche modo si sentì rincuorato dalla parole di Bruto e capì che anche morire, per la libertà ed essere ricordati così, non sarebbe stato un brutto destino e prese la parola: "Tacete tutti quanti e comprendete che Bruto ha ragione, dobbiamo andare a testa alta e non per qualche vicolo angusto!"
E Bruto proseguì: - Mentre colpiamo, proclamiamo a gran voce che stiamo uccidendo il tiranno e liberando Roma, poi lasceremo cadere i pugnali e andremo ai rostri, dove parleremo con orgoglio, senza vergogna. I nostri migliori oratori dovranno smuovere le montagne, mentre noi staremo là con indosso il berretto dei liberti, per rinforzare il concetto. -
Trebonio, pensò che non aveva mai sentito un insieme di simili sciocchezze, tutte in una volta, ma poi ebbe un'idea, che poteva salvare loro la dignità, ma anche la vita. "Si può fare in pubblico e tuttavia in modo abbastanza sicuro, alle Idi di Marzo, nella Curia Pompea, mi sembra un luogo abbastanza pubblico, che ne dici Bruto?"
- Una Curia del Senato è proprio il luogo pubblico che ci vuole. -
L'ultima frase in quella riunione fu espressa da Staio Murco: "Suggerisco di chiamare Cicerone subito dopo, sarà lietissimo di vedere il cadavere." :)


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXII

"Gaio, vorrei proprio che tu richiamassi i littori", disse Lucio Cesare al cugino, ma l'altro non ne fu per niente convinto, mentre intanto i due attraversavano il Foro romano. Colà stava spesso un certo Spurinna, che godeva di una reputazione senza pari fra i vaticinatori (i romani erano un popolo superstizioso); il suo angolo preferito era vicino all'ingresso pubblico dl lato del Tempio di Vesta nella Domus Publica. Il suo aspetto ispirava fiducia, perché era scarno, sudicio e il viso solcato da rughe. :)
Quando i due Cesari gli passarono davanti, Spurinna gridò: "Guardati dalle Idi Marzo!"
- Grazie dell'avvertimento, disse Gaio e tirò avanti -, mentre il cugino argomentò che di solito Spurinna indovinava davvero e che sarebbe stato più prudente richiamare i littori.
"Per ammettere che ho paura? Mai!"
Otre a Lucio Cesare un altro consolare era in angustie, Marco Tullio Cicerone, che stava sperimentando tutta l'impopolarità che gli stava creando l'essere nemico di Cesare. La pubblicazione del Cato era stato un passo falso di cui si pentiva, ma la testardaggine, l'orgoglio e l'odio per Cesare gli impedivano di "fare ammenda".
Stava pensando a tutto ciò allorché Dolabella gli riferì la voce secondo la quale Cesare sarebbe stato assassinato.
"Si sa qualche nome?
- Nessuno. -
"Farò un salto d Bruto" e si congedò dal suo ex genero.
"C'è qualcosa di vero, chiese al figlio di Servilia?"
- Per quanto ne so io, no, quel pazzo di Matinio ha coperto tutta Roma di scritte per ordinare a me di uccidere il re! -
"Che delusione, magari ci fosse davvero qualcuno capace di sbarazzarci del dictator perpetuus!"
Cicerone se ne andò con la vaga impressione di aver ricevuto fumo negli occhi, ma poi si scosse dai pensieri allorché vide Antonio e Trebonio che, nel Foro, parlavano fittamente in disparte. Trebonio lo vide e lo chiamò, mentre Antonio si allontanava.
"Detestò quell'uomo, disse Cicerone!"
- Abbaia ma non morde -, ma non disse altro a Cicerone, perché non si poteva mai essere sicuri di lui; intanto era ben contento di quel che Antonio gli aveva detto e cioè che lui non avrebbe partecipato, ma nemmeno intralciato gli atti del Circolo. :)


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXII

Marco Emilio Lepido sapeva che Cesare avrebbe lasciato Roma non appena fosse finita la riunione del Senato il giorno delle idi e quindi aveva organizzato una cena la sera prima, assicurandosi naturalmente la presenza del dittatore. Aveva invitato partigiani e oppositori, compreso Cicerone, che però aveva risposto di non "poter" venire.
Con grande sorpresa di Lepido, Cesare arrivò per primo, ma Gaio gli spiegò il motivo di tanta solerzia: "Temo di essere terribilmente scortese lavorando per tutta la cena, per cui ti chiedo di assegnarmi il peggior triclinio, cioè quello più in disparte, dove potrò leggere, scrivere e dettare, senza disturbare gli altri ospiti."
- Metterò Antonio al locus consolaris da solo, ma d'altra parte è un tale bestione che in tre sul divano, con lui, starebbero troppo stretti! -
Fu così che quando gli altri arrivarono, trovarono Cesare già sistemato sul divano meno invidiabile, con un segretario su una sedia dietro di lui e il resto della superficie ingombro di pile, carta e rotoli.
Naturalmente l'operosità di Cesare non sorprese nessuno e la conversazione procedeva allegramente, ma a un certo punto Dolabella ebbe una domanda diretta per Cesare: "Ho notato che vuoi cento macchine da guerra per legione, non ti pare un po' troppo?"
- No, dato che i Parti hanno i catafratti, una cavalleria coperta intieramente di maglia metallica (cavalli e cavalieri). -
Ad Antonio non interessava per niente la campagna partica, perché lui era destinato altrove e allora introdusse un altro argomento: "Secondo voi, qual è il miglior modo di morire?"
Bruto sobbalzò, si fece cereo e posò subito il cucchiaio!
- In battaglia - rispose invece Cassio. - Di vecchiaia ;) - disse Dolabella. Ed altri ... e alla fine Cesare "Il modo non importa, purché sia istantaneo.
All'improvviso Calvino emise quasi un urlo, dicendo che la sua morte forse stava arrivando proprio in quel momento. Fu chiamato il medico di Cesare che diagnosticò uno spasmo al cuore, ma che avrebbe pensato lui a curarlo.
"Un argomento malaugurante è stato il tuo, Antonio!" Argomentò Cesare.
- Tu non sai quanto, si disse Antonio in silenzio." :)


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXIII

Bruto e Cassio percorsero insieme quasi tutta la strada verso casa, senza parlare finché non giunsero alla porta del secondo. "Domattina, disse Bruto, andrò da solo al Campo Marzio, la compagnia dei littori mi basterà."
- Spero che tu non abbia intenzione di ritirarti!? -
"Certo che no!"
Arrivato a casa, Bruto ebbe mal di stomaco e cercò di non pensarci, andando a trovare Statilo, che viveva con loro, per dirgli che non ce la faceva più con Porzia, "è isterica!"
Statilo conosceva bene la figlia di Catone e aveva tentato di impedire che fiorisse l'amore con Bruto: temeva che lei lo avrebbe consumato con le scenate, quel che non aveva considerato era l'avversione di Servilia, il che aveva aggravato di molto la situazione! Cercò di consolarlo come poteva e al fine riuscì a farlo addormentare, ma il sonno era agitato e poco dopo si svegliò in preda al parossismo. Si alzò e uscì, rendendo grazie agli dèi che Servilia non sarebbe tornata da Tuscolo prima del pomeriggio.
Porzia stava dormendo, ma poco dopo se la vide arrivare nello studio con gli occhi fuori dalle orbite e la veste che le cadeva dalle spalle: "Bruto, è per oggi!" Poi prese una penna da un contenitore e cominciò a pugnalare nell'aria: "Prendi questo, mostro! E questo, assassino della Repubblica! Io sto benissimo, non sono pazza, muori Cesare, muori!" (Nota mia, tal padre, tal figlia!)
- Chiudetela nelle sue stanze e state attenti che non ci siano forbici o tagliacarte in giro e cercate anche di darle una qualche porzione calmante, io devo uscire, perché ormai è l'alba. -
Bruto entrò nel portico delle cento colonne dall'ingresso sud e si fermò, battendo le palpebre nell'ombra improvvisa, per vedere dove fossero riuniti i Liberatori. Quella era l'unica parola alla quale restare aggrappato, la sola che gli aveva dato la forza di arrivare lì!
Cassio lasciò il gruppo per venire a salutarlo e per condurlo da Gaio Trebonio.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXIV

Cesare si sentiva bene e riposato quando si svegliò un paio d'ore prima dell''alba, lieto altresì che la permanenza a Roma fosse giunta al termine.
Fu però turbato da Calpurnia che gli riferì di un brutto sogno, anzi un incubo, in cui aveva visto uomini che lo circondavano per pugnalarlo, a morte!
"Era così reale, ti prego, Cesare, non andare alla seduta!"
- Oggi è il termine dei miei incarichi ufficiali a Roma, devo essere presente, non si può fare altrimenti, ma ti assicuro che farò in modo di non essere colpito nella curia di Pompeo. -
Un'ora dopo arrivò Decimo Bruto per accompagnarlo in Senato e Calpurnia si rivolse a lui affinché avesse cura del marito e lui le fece un sorriso assai rassicurante. Durante il tragitto, incontrarono ancora Spurinna che confermò l'ammonimento precedente, asserendo che le Idi di marzo erano arrivate, ma, di certo, non ancora finite! :x
Prima di andare in Senato, passarono a trovare Calvino, per accertarsi che lo spasmo al cuore fosse ormai cosa passata e il magister equitum rassicurò Cesare che avrebbe potuto svolgere il lavoro, perché il medico aveva regolarizzato i battiti, che erano andati per pochi secondi un po' troppo veloci!
Mentre oltrepassavano il Circo Flaminio, Decimo chiese se poteva mandare qualcuno ad annunciare l'arrivo e, avuta l'approvazione, uno dei servi partì di corsa.
Quando entrarono nel colonnato, c'erano circa 400 senatori sparsi per il giardino e fra questi, riuniti, gli altri ventidue a cui Decimo si avvicinò per dire che era il momento; vicino al dittatore, che si era già messo al lavoro, c'erano solo una quarantina di pedari, nessun curule.
Trebonio si diresse immediatamente verso Antonio, che doveva tener fuori Dolabella e mentre i due discutevano quale fosse il modo migliore, Decimo condusse dentro i Liberatori e ... di lì a poco accadde quello che tutti sanno, più o meno bene. :x

Annaspando, per riprendere fiato, i Liberatori si guardarono l'un l'altro con gli occhi feroci e poi, come per un accordo spontaneo e muto, si voltarono e corsero verso le porte. Dimenticato ogni piano grandioso di discorsi e oratoria tonante, i Liberatori fuggirono!


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXV

La reazione di Antonio fu simile: emise uno strillo e si mise a correre chissà per dove? Trebonio provò a raggiungerlo per calmarlo, ma inutilmente e decise di andare da Cicerone, che non era in casa, ma che sarebbe dovuto tornare a minuti. Mentre aspettava lo schiavo gli riferì che la Curia Pompea era deserta e che i Liberatori erano fuggiti, cercando rifugio nel tempio di Giove Ottimo Massimo.
Trebonio si prese la testa fra le mani e cercò di capire che cosa fosse andato storto e perché i suoi amici non erano sui rostri a rivendicare l'azione?
Cicerone accolse con piacere Trebonio, il quale comprese che l'arpinate non sapeva niente e quindi lo informò che un gruppo di senatori aveva ucciso Cesare nella Curia Pompeia quattro ore prima e che lui non era presente, ma aveva organizzato l'azione.
La vecchia faccia scavata si illuminò come il faro di Alessandria: "Notizia meravigliosa e dove sono i patrioti, immagino sui rostri o nella Curia a parlare?"
- Doveva essere così, ma a cominciare da quel tanghero di Antonio, che doveva capeggiare la campagna dei Liberatori, si sono messi tutti paura e sono scappati! -
"Anche Decimo Bruto si è fatto prendere dal panico? Impossibile!"
- Te lo confermo: tutti quanti, credo che sia stato tutto invano, ormai nessuno potrà sanare la nostra posizione! -
"Speriamo di no, io intanto vado in Campidoglio, ma ti suggerisco di radunare qualcuno dei gladiatori di Decimo Bruto, sono a Roma per i giochi funerari e penso che dovevano servire anche da guardie del corpo. Va' amico mio e poi ritroviamoci ai rostri. Mentre usciva, emise un altro grido di giubilo: "Cesare è morto, oh che gran giorno per la libertà. I Liberatori dovranno essere encomiati, lodati, come non mai!"
L'unica persona più entusiasta di Cicerone della morte di cesare era stata poche ore prima Porzia che era addirittura morta dalla gioia ancor prima che il fatto fosse compiuto: appena aveva saputo che Bruto era arrivato alla Curia Pompeiana fu presa da un improvviso parossismo e cadde fulminata!


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXVI

Era tardo pomeriggio quando Cicerone entrò nel tempio di Giove Ottimo Massimo per congratularsi con i LIberatori e subito si stupì, vedendo Marco Bruto; non comprendeva proprio come avevano fatto a convincerlo!?
Però erano tutti terrorizzati, così prese a parlare per attenuare il panico, ma quasi subito si accorse che niente di quel che diceva avrebbe spinto qualcuno a uscire per parlare dai rostri.
Di lì a poco arrivò anche Trebonio per dire che Antonio si era chiuso in casa e non voleva uscire per nessun motivo, ma voi, aggiunse, "perché non siete andati, come concordato, ai rostri per spiegare ai popolani cos'è successo?"
Nessuno rispose e Cicerone si decise a prendere Bruto e Cassio per mano e condurli fuori a spiegare le loro ragioni.
Al cospetto dei romani affollati, Bruto si convinse che Cicerone era nel giusto e, dopo essersi messo il berretto da liberto e liberatosi dalla toga, si indirizzò ai concittadini: "È vero che Cesare è morto, ma era intollerabile che rimanesse in vita, almeno per tutti coloro che amano la libertà. Alcuni di noi, me compreso, hanno deciso di liberare Roma dalla tirannia, non potevamo permettere che il dittatore a vita strappasse la terra a uomini che l'avevano posseduta per secoli, solo per sistemare i suoi veterani in Italia. Cesare era troppo sbilanciato da una parte!" E proseguì per molto tempo, sempre su quel tema. cosa che alla maggior parte degli ascoltatori non diceva niente, sembravano proprio frasi senza senso.
Cicerone ascoltava con il cuore pesante e poi, più Bruto parlava e meno desiderava dire qualcosa anche lui: per dire cose sensate avrebbe avuto bisogno di un uditorio di gente che sapesse ascoltare e non di quella massa lì presente!
Mentre Cicerone pensava e Bruto stava per terminare, un urlo proveniente dalla direzione del Velabro, frantumò di schianto il silenzio. Era dovuto all'arrivo di Lucio Giulio Cesare in tunica, accompagnato da due Galli che spingevano un carretto con sopra un cadavere coperto dalla toga purpurea di Lucio.
Bruto cominciò a gridare e subito prese a correre insieme a Cassio e Cicerone li seguì.
Quando arrivarono di nuovo al tempio, li accolse Trebonio che, con aria mesta disse: "Sono in lutto, nessuna gioia, mi pare ovvio che quelli giù al Foro preferissero Cesare alla libertà!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXVII

Il medico egiziano si era dato un gran daffare affinché Cesare potesse essere esposto alla visione di quei romani che avessero voluto, ma prima Lucio Cesare era andato a trovare Cleopatra e sulla via del ritorno aveva incontrato il più vecchio amico di cesare, il cavaliere Gaio Mazio, che aveva vissuto da bambino nell'altro appartamento a pianterreno del condominio di Aurelia, nella Suburra.
Si gettarono l'uno nelle braccia dell'altro, piansero e solo dopo un po' di tempo, Lucio chiese se sapeva chi era stato?
"Ho sentito fare dei nomi ed è proprio questo il motivo per il quale Pisone mi ha mandato a cercarti: Marco Bruto, Gaio Cassio e persino due dei luogotenenti in Gallia, Decimo Bruto e Gaio Trebonio, gli dovevano tutto e così lo hanno ripagato!"
- L'invidia è il vizio peggiore, Mazio! -
"L'idea è stata di Trebonio, anche se lui non ha sferrato il colpo, il suo ruolo nell'azione era tener buono Antonio e così è andata; sono stati furbi, ma dopo sono crollati e si sono fatti prendere dal panico."
- Ma anche Antonio faceva parte del complotto? -
"Alcuni dicono di sì, altri no, Lucio Pisone e Filippo sono di quest'ultimo partito, ma chi può dirlo? con certezza?"
Poi Mazio ritornò a piangere e a gridare: "Oh Lucio, cosa faremo, se Cesare, con il suo genio, non è riuscito a trovare una via per Roma, chi altri resta per tentare? Siamo perduti!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXIX

Quando Servilia tornò a casa quel giorno fu accolta dalla notizia che Porzia per diverso tempo sembrava fosse morta, ma che in effetti si trattava solo di uno svenimento, ma che invece una morte importante per lei c'era stata davvero: Cesare era stato ucciso ... "dal "mio Bruto" gridò proprio Porzia appena la vide.
Servilia rimase paralizzata dal trauma e la prima cosa che fece, appena rientrò un po' in sé, fu di saltare addosso a Porzia e colpirla con il pugno chiuso! Poi l'afferrò per i capelli e la trascinò verso la pozza urinaria e le sfregò lì il viso finché non riprese i sensi. Subito dopo Porzia si gettò contro Servilia e le due si allacciarono in una lotta furibonda e ci vollero parecchi uomini per separarle.
"Chiudetela in una camera e non fatela uscire per nessuna ragione, altrimenti sarete tutti crocefissi! Per ora niente cibo, né acqua."
Poi entrò in camera sua e si accasciò sul divano, pensando che le origini dell'assassinio erano da ricercare in Catone, che potesse spostare macigni nel Tartaro in eterno! Lui aveva allevato quella lecca-piscio, aveva messo in testa a Bruto l'idea di sposarla e provocato quindi tutta una seria di nefandezze! Si mise a sognare come avrebbe potuto uccidere Porzia, ma poi si rese conto che ciò che era pressante davvero fosse come tirar fuori Bruto da quell'insana catastrofe e come assicurarsi che la famiglia di Servilio Cepione e quella di Giunio Bruto non perdessero il loro patrimonio. Cesare era morto e la rovina famigliare non lo avrebbe riportato in vita. :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXX

"È buio da due ore, dovrei essere al sicuro", disse Antonio a Fulvia.
- Al sicuro da che cosa? -
"Voglio andare alla Domus Publica per accertarmi che sia morto."
- Ma che dubbi hai, se non lo fosse lo avremmo saputo, resta qui e non mi lasciare sola, ti prego. -
Ma Antonio uscì e alla domus del Pontefice Massimo trovò una folla immensa e dovette ben spintonare per aprirsi un varco.
Una volta dentro andò al catafalco, ma non poté sopportare a lungo la visione di un Cesare quasi vivo e se ne andò a cercare rifugio nello studio; la sola cosa che chiese era se ci fossero i soldi in casa, perché mi occorrono subito? "Sono l'erede e sarà tutto mio in ogni caso!"
Pisone, arrabbiato come non mai, gli intimò di andarsene e che lui era l'esecutore testamentario e chi fosse l'erede sarebbe stato evidente solo all'apertura del testamento!
"Va bene, a questo possiamo rimediare e si avviò a grandi passi verso il tempio, dove Quintilia (la somma Vestale) aveva preso posto su una sedia per vegliare Cesare e le intimò di andare a prendere il testamento: muoviti, stupida troia!"
- Io prego, rispose Pisone che tu, idiota blasfemo, faccia una morte lenta e orribile! -
Nel frattempo, tornò Quintilia con un rotolo chiuso con la cera e perfettamente sigillato.
Pisone ruppe il sigillo, srotolò il breve documento e, dopo averlo passato rapidamente in rassegna, gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere fragorosamente: "Non sei per niente l'erede di Cesare, anzi, non sei nemmeno nominato. Grande Gaio Giulio sei sempre stato un passo avanti a tutti! :clap:
- Non ci credo, dammelo! -
"Stai attento, ci sono le Vestali a testimoniare, quindi non pensare nemmeno di distruggerlo!"
Quando Antonio lesse il nome di Gaio Ottavio, quello stupido finocchietto, pensò che Cesare era impazzito quando lo aveva scritto, ma riuscì solo a dire: "Lo impugnerò!"
- Spero proprio che tu lo faccia, sarà un piacere per me, affrontarti in tribunale! -


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXI

Appresa la notizia dell'assassinio di Cesare mentre attraversava Veio, Lepido giunse a casa di Antonio all'alba, cinereo per il trauma e la stanchezza, accettò un calice di vino e guardò fisso l'altro: "Sembra che tu stia peggio di me, strano non pensavo che la morte di tuo cugino ti avrebbe colpito così tanto!"
- Purtroppo mi ha colpito, quando ho saputo che non sono l'erede, bensì Gaio Ottavio! -
Lepido deglutì e chiese che cosa sarebbe successo, forse si doveva andare a chiedere lumi a Dolabella, che era il console superiore.
"Tu, disse Antonio, hai portato delle truppe?"
- Sì, duemila uomini, sono sul Campo Marzio. -
Proprio in quel momento arrivò Dolabella per dire che lui non se la sentiva, in quella temperie, di restare console superiore e avrebbe volentieri ceduto l'incarico ad Antonio, anche perché lui era l'erede di cesare.
"Non è l'erede, spiegò Lepido, per cui dobbiamo agire con prudenza e innanzi tutto mungere denaro al Senato, ora che il Grand'uomo è morto le norme su chi è autorizzato a prelevare dall'Erario dovranno sparire, ciascuno di noi è pieno di debiti! -
"E che cosa facciamo degli assassini?" Chiese Dolabella
Antonio rispose che Cicerone, l'uomo più felice di Roma al momento, voleva un'amnistia per i LIberatori.
"E sono d'accordo, disse Lepido, perché se non trattiamo la cosa nel modo più pacifico, ci sarà un'altra guerra civile e questa è l'ultima cosa che vogliamo."
- Ha ragione Lepido, disse Antonio, dovremmo andarci piano con i ventitré, fra loro c'è gente come Decimo Bruto che sa comandare truppe: non dobbiamo farli arrabbiare e la cosa non è facile, perché al momento sono a pezzi. -
"Va bene, concluse Dolabella, per il momento dobbiamo stare clami, ma non appena ci sarà una possibilità, dovranno pagarla!" :x


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXII

Cicerone era sodisfatto di quasi tutto, l'eccezione era la scarsa prestazione oratoria dei Liberatori: Bruto non era stato per niente all'altezza del compito e lui aveva una gran voglia di sostituirlo, ma l'istinto di conservazione era molto forte e lo fece tacere.
Decise pertanto di parlare con Antonio, Dolabella e Lepido per spingerli ad ammettere che dopo tutto l'uccisione di Cesare dittatore non era stato il crimine peggiore di tutti i tempi.
Quando il Senato si riunì all'alba del secondo giorno dopo le idi di marzo, non erano presenti gli amici di Cesare e Tiberio Claudio Nerone aprì la seduta chiedendo che ai LIberatori si concedessero particolari onorificenze per aver eliminato il Tiranno!
Ci furono ululati di sdegno da parte dei pedarii.
Prese la parola Antonio per dire che "Ormai quel che è fatto è fatto e forse era stato improvvido, ma non poteva esserci dubbio che gli uccisori di Cesare erano cittadini onorevoli e patrioti. L'aspetto più importante, insistette, era che il governo doveva procedere con i consoli in carica, con l'unico cambiamento nei ruoli: lui sarebbe diventato superiore su richiesta di Dolabella, che non voleva tale incarico. Chiuse l'intervento con la proposta di amnistia per i LIberatori.
Terminata la seduta, i magistrati anziani, insieme ad Aulo Irzio, Cicerone e qualche altro si recarono al tempio di Giove Ottimo Massimo per informare gli auto-reclusi che il Senato aveva decretato un'amnistia generale e che tutti loro erano al sicuro da ogni ritorsione. Per cementare il fatto, "propongo, disse Antonio, che ognuno di noi inviti a cene un LIberatore, oggi Cassio vuoi essere mio ospite?"
Lepido invitò bruto, Aulo Irzio lo chiese a Decimo Bruto, Cicerone invitò Trebonio e così via.
"Non ci posso credere, gridò gioiosamente Cassio a Bruto, a casa liberi!"
- Sì disse bruto con aria assente; si era ricordato solo in quel momento che Porzia poteva essere morta, ma poi pensò che quel che aveva sentito non doveva essere vero, altrimenti Cicerone gliene avrebbe parlato. Quando arrivò a casa, Servilia gli dette conferma che Porzia viveva, anche se era stata rinchiusa e picchiata, per il crimine di aver spinto Bruto a far uccidere Cesare!
"Ho liberato Roma da un tiranno e il Senato ha dichiarato l'amnistia, per cui sono ancora il pretore cittadino; le mie ricchezze e proprietà sono intatte."
- Non dirmi che ci credi davvero, Bruto? I decreti senatoriali non valgono la carta sulla quale sono scritti! Aspetta e vedrai, povero figlio mio! - :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXIII

La mente di Decimo Bruto era quasi sull'orlo della pazzia: panico totale! Lui, il veterano di tante battaglie, di situazioni a rischio della vita, per le quali non aveva mosso ciglio, di fronte al cadavere di Cesare era dovuto fuggire.
La sera era ospite di Aulo Irzio, che era amico di Cesare e sarebbe diventato console l'anno successivo, se i dettami del defunto fossero stati mantenuti. Ma chi era Irzio? Un contadino, una nullità, mentre io sono Giunio Bruto, un Sempronio Tuditano! La lealtà è una cosa che devo in primo luogo a me stesso e a Roma. Ho ucciso Cesare perché stava rovinando la Repubblica dei miei antenati, costruendo una città diversa, che nessuno di noi voleva!
Ma il subconscio gli rispondeva che lui aveva ammazzato Cesare, perché gli faceva tanta ombra che gli avrebbe impedito di lasciare il suo nome ai posteri per quel che era, sarebbe entrato nei libri di storia solo come una pedina di Cesare!
Alla fine della cena, Irzio gli rivolse la parola: "Ti sei cacciato davvero in un guaio terribile e non credere alla storia dell'amnistia. Vieni con me e ti faccio vedere."
Lo condusse sulla loggia, che godeva di una bella vista del Foro inferiore dove si poteva vedere una marea di persone: schiere su schiere di gente, che non si muoveva e non parlava, ma stava lì ferma come in preghiera.
"Metà degli uomini che vedi in quella folla sono vecchi soldati, vecchi in termini di servizio, ma non di età e sono venuti a Roma per il funerale, a migliaia. Il Senato non ha ancora fissato una data, ma guarda quanti ce ne sono già!? Di gente come me, Lepido, Pansa tu non ti devi preoccupare, ma dei veterani sì e, se loro lo pretendono, coloro che formalmente detengono il potere dovranno assecondarli, in primis Marco Antonio. Il Senato si rimangerà l'amnistia e quindi tu devi andartene, se vuoi vivere."
- Andarmene è come ammettere che abbiamo sbagliato! -
"È vero, ma l'alternativa sarebbe fidarsi di Antonio, il che non è di sicuro una bella cosa e sappi che non puoi andare nemmeno nella tua provincia, la Gallia Cisalpina, perché puoi star certo che avrai la provincia solo fino a quando starà bene ad Antonio!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXIV

Decimo Bruto scrisse a Marco Giunio e Cassio per riferire loro che intendeva lasciare Roma; mentre scriveva, la lettera si faceva sempre più ingarbugliata, rivelatrice del panico progressivo e finiva, chiedendo di vedersi.
S'incontrarono a casa di Cassio e gli altri due rimasero sconvolti dallo stato mentale di Decimo, arguendo che Irzio forse aveva voluto spaventarlo e c'era ben riuscito; ma loro due non avrebbero lasciato Roma, perché la cosa equivaleva a dichiarare di aver commesso un crimine!
"Fate come volete, io andrò in Gallia Cisalpina e mi tutelerò reclutando in segreto un po' di truppe fra i veterani di lassù."
- È terribile! gridò Bruto, dopo che Decimo se ne fu andato. Mia madre mi ha gettato il malaugurio, Porzia delira, caro Cassio la fortuna ci ha abbandonato! -
Cassio invece era di buon umore, perché aveva cenato con Antonio e aveva visto che costui era ben contento della fine di Cesare; solo il testamento lo aveva rattristato.
"Andrai in Senato domani, chiese Bruto?"
- Certamente e vedrai ci sarà anche Decimo. - :)


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXV

Lucio Pisone aveva convocato il Senato per discutere dei funerali di Cesare; parteciparono anche i LIberatori, che non furono accolti in modo ostile, anche se nessuno dei pedari andò loro vicino. Le esequie furono fissate di lì a due giorni, dipoi si sarebbe passati alla lettura del testamento.
L'aula si alzò come un sol uomo e si recò ai rostri per tale procedimento e colà trovò una marea di persone, così tante mai viste a Roma. Decimo notò quanta ragione avesse Irzio.
Lucio Calpurnio Pisone lesse ad alta voce che Gaio Ottavio era stato adottato da Cesare come figlio, oltre che erede; dalla folla si levò un mormorio sbigottito, perché nessuno lo conosceva. Alla menzione di Decimo Bruto fra gli eredi minori, si alzò un brontolio della folla, che fu tacitato da Pisone che arrivò al lascito più interessante per il popolo: trecento sesterzi per ogni cittadino romano maschio! Questa notizia fu accolta da un silenzio allarmante: nessuno applaudì, nessuno lanciò oggetti, nessuno gridò di giubilo.
Per due giorni la città si fermò, l'unica cosa che accadeva era che la folla aumentava di ora in ora e al calar delle tenebre l'intiero Foro e le strade che vi conducevano erano accese della luce di fuochi e lampade e i cittadini dei condomini circostanti non dormivano per la paura degli incendi.
L'alba del giorno dei funerali fu un sollievo per molti; Lucio Cesare e Lucio Pisone avevano deciso che i rostri erano un luogo troppo pericoloso per l'esibizione pubblica della salma e l'elogio funebre, quindi la processione ebbe inizio al limitare dell'acquitrinio della Palus Ceroliae dove c'era posto per riunire i partecipanti. Tutti i duemila soldati di Lepido tenevano la folla lontana dalla via Sacra vera e propria e difendevano uno spazio attorno al luogo dell'esposizione e dell'elogio, grande abbastanza perché vi prendesse parte un corteo sontuoso. Ivi il catafalco fu posato su di una piattaforma, in modo che fosse in piena vista.
Antonio guardava l'immensa folla vestita a lutto e pensava che avrebbe pronunciato la più grande allocuzione della sua carriera, ma così non fu, perché appena aprì bocca, la folla eruppe in un mai sentito grido di dolore e si mosse compatta verso il catafalco. I portatori e Antonio fuggirono giù per gli scalini e si gettarono verso la Domus Publica.
Qualcuno gettò una torcia e l'intiero luogo divampò in una colonna di fiamme e Cesare arse per desiderio del popolo, non per decreto del Senato.
E dopo tanti giorni, infine la massa chiese a gran voce il sangue dei LIberatori!
Fino al calar della notte regnò il caos più completo e solo allora il Foro Romano giacque deserto sotto una coltre di fumo rossastro.


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lemond ha scritto: lunedì 23 ottobre 2023, 9:20 da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXV


Antonio guardava l'immensa folla vestita a lutto e pensava che avrebbe pronunciato la più grande allocuzione della sua carriera, ma così non fu, perché appena aprì bocca, la folla eruppe in un mai sentito grido di dolore e si mosse compatta verso il catafalco. I portatori e Antonio fuggirono giù per gli scalini e si gettarono verso la Domus Publica.
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Gimbatbu ha scritto: lunedì 23 ottobre 2023, 18:15
lemond ha scritto: lunedì 23 ottobre 2023, 9:20 da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXV


Antonio guardava l'immensa folla vestita a lutto e pensava che avrebbe pronunciato la più grande allocuzione della sua carriera, ma così non fu, perché appena aprì bocca, la folla eruppe in un mai sentito grido di dolore e si mosse compatta verso il catafalco. I portatori e Antonio fuggirono giù per gli scalini e si gettarono verso la Domus Publica.
Non ti puoi fidare più neanche di Shakespeare...
Ma W.S. era come Dante, non certo uno storico. A proposito di Dante e della storia romana l'alternativa è solo una:
a) non ne sapeva nulla e vabbè :dunce:
b) la conosceva e allora molto peggio, visto che, dopo aver messo all'inferno nel luogo peggiore bruto e Cassio, nonostante che "Bruto sia un uomo d'onore" proclama il suo mèntore e padre dell'infame Porzia, che fa di tutto per spingere Bruto ... il paradigma della libertà! :muro:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXVI

Il giorno dopo, l'alba svelò che i lastroni anneriti, ove erano stati pedana e catafalco, erano coperti di mazzetti dei primi fiori primaverili e pupulae di pezza, nonché gomitoli di lana. I fiori li avevano lasciati le donne, le bambole i cittadini romani maschi e i gomitoli gli schiavi: tali offerte mostravano fino a che punto l'amore per Cesare era diffuso in ogni ceto cittadino, a parte gli ottimati (alias oligarchi).
Di tutte le classi, solo la prima non l'aveva universalmente amato e, al di là delle classi, i capite censi lo avevano adrato più di tutti, perché lo ricordavano bambino della Suburra.
Antonio furioso, anche perché geloso, ordinò la rimozione di tutto quanto, ma ben presto si accorse che era un esercizio futile: per ogni carico portato via, di lì a poco ne compariva il doppio! Otto giorni dopo, accanto a un altare costruito di notte non si sa da chi, si ergeva una colonna alta venti piedi in puro marmo bianco, tutta compiuta in marce nottetempo e i soldati di Lepido sostenevano di non aver visto nulla: anche loro amavano Cesare.
Lucio Cesare non era presente, fu preso da dolori in tutto il corpo e costretto a lasciare Roma per la villa di Neapolis. Malato anche nello spirito, non poteva restare in una città che consentiva a due assassini confessi in toga porpurea di continuare con i loro affari di pretori! :muro:
In viaggio, pensava che Mazio aveva ragione, se Gaio, con il suo genio, non aveva saputo trovare una via di uscita per Roma, chi restava per tentare? Un diciottenne, improbabile, i lupi della prima classe tenteranno di ridurlo in pezzi, noi della prima classe siamo i nostri peggiori nemici!


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXVII

Da aprile a dicembre del 44 a.C.


Gaio Ottavio, Marco Agrippa e Quinto Salvidenio erano giunti ad Apollonia all'inizio di marzo; i primi due alloggiarono nella casa che era stata assegnata loro da Cesare, ma Salvidenio si rese presto conto che per lui era difficile trovare una sistemazione giusta, anche perché era senza un soldo. L'alloggio che gli fu assegnato era occupato quasi tutto da un figlio di papà, tal Gaio Mecenate, il quale non gli voleva lasciare altro spazio.
Di questo non si poteva lamentare, perché non voleva crearsi la fama di piantagrane, ma ne parlò ai due amici.
"Mecenate, disse Ottavio, che nome straordinario, mi dà l'impressione che risalga agli etruschi, sarei curioso d'incontrarlo."
- Che magnifica idea, rispose Agrippa, andiamo a incontrarlo. -
"No, preferisco farlo da solo." E così fu.
Quando Gaio entrò nella stanza, vide che quattro quinti dello spazio erano occupati dalle suppellettili e il proprietario di tutte quelle masserizie era tutto, tranne che un tipo marziale.
A Mecenate era bastato uno sguardo per capire che aveva di fronte un pari ceto e lo accolse con la gentilezza, mai dimostrata a Salvidenio.
"Mi dispiace non poterti offrire una sedia, Ottavio, ma ho dovuto toglierla per far posto a uno zotico piceno!"
- Vuoi dire Quinto Salvidenio? -
"Proprio lui, rispose Mecenate con una smorfia di disgusto."
- Salvidenio ha condotto la carica di cavalleria a Munda, ha ottenuto nove phalerae d'oro e sarà aggregato allo stato maggiore, tu hai esperienza militare? -
Mecenate arrossì e seppe solo ribatter di essere stato il contubernalis di Marco Bibulo in Siria.
"Oh un repubblicano!"
- Era solo un amico di mio padre, ma siccome avevamo deciso di stare fuori dalla guerra civile, dopo poco tornai ad Arretium. -
"Sei partito proprio con il piede sbagliato, Cesare è l'opposto di Bibulo e non ti sarà concesso nessun privilegio perché sei un aristocratico, anzi semmai sarà il contrario e una carrettata di effetti personali ti attirerà solo disapprovazione, per cui ti consiglierei di liberarti di tutti i tuoi mobili, che non servono alla guerra e di lasciar metà dello spazio al tuo coinquilino piceno. Salvidenio è importante per Cesare e quindi anche per noi tutti, tu sei un rampollo viziato, ma, per qualche ragione, mi sei simpatico e quindi ti do un consiglio: quando arriva Cesare chiedigli un incarico come segretario e vedrai che per te ci sarà posto per avanzare nella carriera politica, come uomo di lettere, più che di armi." :)
Gaio Mecenate non era uno stupido e quell'amabile ragazzo emanava uno strano senso di autorità, per cui decise di seguire il consiglio.
Solo dopo seppe che Gaio Ottavio era il nipote di Cesare.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXVIII

Il fatto che Cesare non fosse giunto ad Apollonia alla fine di marzo fu attribuito ai forti venti equinoziali, ma alle calende di aprile Ventidio mandò a chiamare Gaio Ottavio, perché a lui (un semplice contubernalis) era arrivata una lettera per corriere speciale!
Ottavio aprì il rotolo e si afflosciò su una sedia, senza chiedere il permesso: bianco in volto e con un dolore negli occhi che chiuse la bocca a Ventidio!
"Come facevi, prima di leggere a sapere che erano cattive notizie intorno a Cesare?"
- Non mi era mai capitato prima, ma ora non c'è tempo da perdere, il mio patrigno dice che mi aspetta a Brundisium, spero che proprio ora non mi venga un attacco d'asma, Cesare è morto, e il mondo sta per finire e devo sapere tutto il possibile, non stare qui a boccheggiare ad ogni respiro! -
Quando gli amici lo seppero, Agrippa disse che sarebbe partito con lui, mentre Mecenate e Salvidenio sarebbero rimasti in loco, per organizzare l'esercito, presumendo che ci sarebbe stato da ricorrere alle armi.
Ottavio era quasi cianotico, ma non cambiò idea per quello: "La malattia non avrebbe fermato Cesare e non fermerà me!"
Salvidenio lo vide uscire e disse a Mecenate: - Assomiglia di più a suo zio di quanto non appaia. -
Anche Agrippa notò che Ottavio non stava bene, ma non ne fece parola, perché ormai aveva capito che era un argomento proibito e quindi si limito a chiedere chi poteva aver organizzato l'assassinio?
"Gli eredi di Bibulo e Catone, i maledetti Boni, ma non resteranno impuniti!"
L'imbarcazione si mise sul mare ingrossato e Agrippa si trovò a dover assistere direttamente Ottavio, perché il servitore stava ancora peggio e a un certo momento sembrò che fra mal di mare e attacchi d'asma, l'amico potesse anche morire; l'unica cosa che Marco poteva fare era tenergli il mento sollevato e la testa voltata di lato, mentre vomitava fluidi quasi trasparenti.
Ma, mentre precedeva alla bisogna, Vipsanio scopriva in sé convinzioni che non sapeva di aver avuto: quel ragazzo malaticcio sarebbe diventato importante per Roma, anche se l'onnipotente zio non poteva più spingerlo in alto. Avrà bisogno di chi lo aiuti con l'esercito e appena migliora gli chiederò se possa io diventare il suo primo cliente, insieme a Salvidenio. Mecenate è troppo aristocratico per abbassarsi a tale funzione, ma in qualche modo ci sarà di aiuto anche lui.
Lo sbarco avvenne sessanta miglia a Nord di Brundisium e Ottavio, in parte ripresosi appena toccato terra, disse che avrebbero dovuto noleggiare due carrozze.
"Domani", disse Agrippa.
- È appena l'alba, oggi e niente discussioni! -


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXIX

L'asma migliorò solo un poco durante il viaggio sulla via Minucia, ma Ottavio si rifiutò di fermarsi più a lungo del cambio alle poste e raggiunsero la casa di Aulo Plauzio al calar della notte. L'ospite gli consegnò due lettere da Roma, nella prima Filippo lo informava che Cesare lo aveva nominato erede, oltre ad averlo adottato e aggiungeva anche l'elenco completo dei c.d. Liberatori. Antonio sembrava molto tollerante con costoro, tanto da far sembrare che approvasse il loro operato. Era stata concessa dal console superiore addirittura un'amnistia generale!
"Benché Bruto e Cassio non si siano ancora visti riprendere le funzioni pretorili, si dice che lo faranno presto. Per fortuna la folla continua a raccogliersi ogni giorno al Foro e tutti esclamano che i Liberatori sono solo delle perfette canaglie e devono essere uccisi; l'ira è diretta in primis contro Bruto, Cassio e Decimo Bruto, anche se io penso che il peggior farabutto sia Gaio Trebonio!
In questi giorni un certo Gaio Amazio ha arringato spesso la folla e nell'ultima perorazione ha accusato Marco Antonio di complicità nel delitto e la folla ha cominciato a tumultuare. Subito dopo molti Liberatori hanno deciso di lasciare Roma, non così Bruto e Cassio che hanno partecipato alla riunione del Senato per sapere dove avrebbero governato l'anno seguente.
Il Senato, istigato da Cicerone, il quale ha fatto il suo ritorno in aula subito dopo l'uccisione di Cesare, si è messo a cantare lodi per i Liberatori, si sta prodigando per cancellare le leggi del tuo prozio, una vera tragedia!
Infine, se accetti un consiglio, ti suggerisco di non accettare l'eredità, perché essa ti costerà la vita, per mano di Antonio; costui non ha nessuno scrupolo e non conosce il significato dell'etica, ti schiaccerà come una noce."
"Che cosa significa essere l'erede di Cesare?" Chiese Agrippa.
- Significa che avrò tutta la clientela di mio padre e stai sicuro che l'accetterò a differenza di Filippo e di mia madre che mi scongiurano di fare il contrario: vogliono un figlio vivo! Puah! -
"Da questo momento ti chiamerò Cesare."
- E io non scorderò mai che il primo a chiamarmi con questo nome è stato Marco Vipsanio Agrippa! - :)
Dopo di che la prima cosa che pensò fu che l'erede di Cesare non avrebbe mai dovuto conoscere la paura e poi cercare di stare in salute con attività fisica e buon cibo, come aveva ordinato il medico di suo padre. In tal modo, senza paura e senza asma, avrebbe potuto imitare la calma di Cesare ed essere il depositario onorevole di un nome così glorioso. :)


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXX

La casa di Plauto era spaziosa, così Ottavio poté dormire in una camera da solo e quando si svegliò si accorse di respirare bene.
Secondo quando aveva detto l'ospite, tutta Brundisium sapeva che lui era l'erede di Cesare e ciò significava che, ovunque si fosse mostrato, la gente si sarebbe rimessa a lui e a maggior ragione se si fosse presentato con il nuovo nome. Ebbene da quel momento in poi non si sarebbe mai più chiamato in altro modo che Gaio Giulio Cesare Filius, il che sarebbe servito a distinguere fra amici e nemici: chi lo avesse chiamato Ottaviano voleva significare che non riconosceva la nuova condizione!
Il primo pensiero fu legato ai soldi e proprio a Brundisium c'era Gaio Oppio il primo banchiere di Roma e uno dei più leali sostenitori di Cesare. In quei forzieri c'erano probabilmente trentamila talenti d'argento, ovvero settecentocinquanta milioni di sesterzi.
Andò a svegliare Agrippa per chiedergli quanti talenti poteva portare un carro militare pesante e quanti buoi ci volessero per tirarlo?
"Bisogna che sappia per fare cosa."
- M'impadronisco dei fondi bellici, prima che Antonio possa metterci le mani sopra. Sono soldi di Roma, ma Antonio li prenderebbe per pagare i suoi debiti e per avere la possibilità di farne altri! -
Agrippa partì subito e Gaio andò a cercare la manodopera per il viaggio.
Arrivò a un campo militare dove erano due coorti di truppe e, non essendo un esperto di bivacchi legionari, il visitatore con mantello e cappucio per ripararsi dalla pioggia, dovette chiedere alle sentinelle dove fosse il centurione primipilus. Gli indicarono una baracca di legno e, appena l'uscio si aprì, si trovò di fronte un individuo alto e robusto, mentre altri uomini erano seduti intorno a un tavolo.
"Marco Coponio al tuo servizio."
- Sono l'erede di Cesare e quindi il mio nome è ... -
"Grande Giove, sei eguale a lui, anche se in forma ridotta, esalò Coponio."
- Sono qui per chiedervi un servizio: devo far uscire i fondi bellici da Brundisium prima possibile e quindi ho bisogno di manodopera per caricarli sui carri e non mi fido dei civili. Potreste voi mettere il denaro sui carri per mio conto? -
"Oh volentieri, giovane Cesare."
- Sappiate che al momento non godo di nessun imperium, quindi, ripeto, ve lo chiedo solo per favore."
"Se Cesare ti ha nominato erede, per noi non c'è migliore imperium!"
Dopo qualche ora sessanta carri procedevano sotto la pioggia battente sulla via Minucia, deserta quasi fini a Barium, poi si spostarono fuori strada sul terreno duro e pietroso verso Larinum.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXI

Gaio Giulio Cesare Filius lasciò Brundisium un nundinum più tardi e raggiunse i carri prima di Larinum, dove Agrippa gli disse che fino allora il percorso era stato facile, ma ben altro li aspettava quando sarebbero saliti in montagna.
"Allora segui la costa, non svoltare nell'entroterra finché non vedi una strada dieci miglia a sud di Sulmona. Io vado avanti verso i miei terreni, per assicurarmi che non ci siano indigeni chiacchieroni in giro e cercherò un nascondiglio accettabile.
I terreni erano foreste in un paese di foreste, Gaio decise che i carri sarebbero stati al sicuro in una radura diverse miglia oltre la villa, tanto più che il taglio dei ciocchi si faceva da un'altra parte e la gente lì non passava; c'erano troppi orsi e lupi. Un'altra assicurazione era data dal fatto che quasi nessuno sapeva di chi fossero quelle terre, chiamate "casa di Papio", dal nome del primo proprietario. :)
Lasciati i carri alla protezione e silenzio di Nonio, ritornò a Neapolis, dove arrivò verso la fine di aprile, trovando Filippo e la madre in preda a una preoccupazione febbrile, ma lui li rassicurò, non dando seguito alle loro domande personali e chiese notizie dei fatti più importanti accaduti.
"Gaio Mario Amazio è morto, dopo che aveva gridato a tutta Roma che Antonio era il vero assassino di Cesare! Costui l'à fatto giustiziare senza processo, perché non era un cittadino romano, ma uno schiavo greco! Cassio aveva provato a parlare dell'assegnazione delle province per i pretori, ma era stato zittito, poi, insieme a Bruto aveva provato ad andare in tribunale, ma desistito dopo pochi tentativi; anche se l'amnistia è ancora in vigore, non si è certi quanto durerà. Marco Lepido è il nuovo pontefice massimo per cooptazione e non elezione, ma la definizione di legalità attuale è ben confusa!"
Poi Filippo si alzò per prendere un oggetto dal cassetto, era un anello fatto per Cesare e glielo porse affinché lo mettesse al dito il nuovo Cesare. :)
"Ultima notizia, riprese il padrino, c'è stato un tumulto, perché un tribuno della plebe, Gaio Casca (un liberatore) voleva far distruggere due statue di Cesare. I soldati di Lepido si sono precipitati per sedarlo e un centinaio di persone sono state fatte prigioniere, poi divise fra cittadini e no: i primi sono stati gettai dalla rupe Tarpea e i forestieri flagellati e decapitati!"
- Dunque, chiedere giustizia per Cesare è considerato alto tradimento!? Antonio e e i suoi si stanno rivelando per ciò che sono davvero! La sua risposta alla violenza pubblica è il massacro, lui è un macellaio per natura e non macellaio-bambino come fu Pompeo per qualche anno! Ma io so come sconfiggerlo, il popolo ha sempre amato Cesare e non sopporta l'idea che non ci sia più, per cui lo ha resuscitato come Dio, qualcuno a cui chiedere consolazione. Lo stanno proclamando a chiare lettere contro Antonio e Dolabella, appellandolo divus, ma dimmi se è accaduto qualcos'altro? -
"Proprio ieri, Bruto e Cassio hanno lasciato Roma, il primo conducendo con sé Porzia e Servilia, nonostante la guerra omerica fra le due, mentre il secondo ha dato a intendere che deve stare vicino alla moglie incinta, ma invece Tertulla è tornata a Roma. :) Le legioni di Antonio stanno ritornando dalla Macedonia. I veterani aspettano le loro terre in Campania e sono irrequieti, perché per ora Antonio non li ha accontentati. Ma dimmi Ottavio, dopo tutto questo pensi ancora di accettare l'eredità? "
- Ma certo, ho la fortuna di Cesare. :D -


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Re: Storia

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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXII

Quel che devo fare, pensava Gaio, è convincere la gente, ma soprattutto i soldati romani, che quando Cesare aveva la mia età era proprio come me. Posso imparare a sorridere come lui, camminare allo stesso modo e imitare quant'altro è possibile. La statura rappresenta un handicap per cui indosserò sempre calzari alti quattro dita; veri stivali con la punta chiusa, in tal modo arriverò vicino ai sei piedi.
Antonio cercherà d'impugnare il mio legato, ma per fortuna mi sono impossessato dei fondi bellici e ci vorrà tempo perché quell'idiota se ne rammenti e poi negherò di averli presi, sostenendo che forse qualcuno si è spacciato per me. Dopo tutto l'appropriazione è avvenuta solo il giorno dopo che sono arrivato dalla Macedonia, come avrei potuto farlo così in fretta? Impossibile, secondo Antonio, per un finocchietto diciottenne! :D
Intanto alla villa di Filippo ebbe inizio un'alluvione di visitatori, ansiosi di conoscere l'erede di Cesare. Quasi tutti arrivavano convinti che il giovanotto non si sarebbe mostrato all'altezza del compito affidatogli, ma ripartivano con uno stato d'animo molto diverso.
Gaio Vibio Pansa e Aulo Irzio vennero, preoccupati che Antonio e Dolabella forse avrebbero ribaltato l'incarico al consolato del prossimo anno, ma furono confortati dalla mancanza di questa paura nel ragazzo, che sembrava guardare al destino suo e di loro due con l'equanimità di un uomo maturo. :clap:

Un altro pensiero fu che doveva essere lui ad andare da Cicerone, senza aspettarne la visita e trovò ben disposto l'arpinate a fare ciò che sapeva meglio, parlare.
"Mi trovi nel mezzo di sconvolgimenti personali e dello Stato. Mio fratello Quinto ha appena divorziato e non è in grado di rimborsarle la dote e poi è morta Tullia e in quel momento gli occhi si inumidirono! Ma io dovrei farti le condoglianze per la morte di Cesare, anche se certo saprai che non mi è mai piaciuto e quindi non potevo certo soffrire per il decesso."
Gaio gli rispose gentilmente che ciò era comprensibile, per cui Cicerone decise che quel ragazzo era quasi incantevole, un giovane bello, decoroso e umile e dopo altre visite arrivò alla conclusione che l'erede di Cesare gli voleva bene e che sarebbe stato contento di essere sotto la sua ala, una volta tornato a Roma. :)


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXIII

Cicerone fu invitato insieme ad altri alla villa di Filippo affinché aiutassero a convincere Ottavio a rinunciare all'eredità, mentre costui stava in disparte deciso a non dire nulla, se non interrogato. Tutti si espressero come desideravano i padroni di casa, tranne Cicerone che, mentre ridacchiava, disse con decisione: "Sciocchezze, possiamo fare quel che vogliamo, ma Gaio non cambierà idea, ormai ha già deciso di accettare."
Azia se ne andò sull'orlo del pianto.
- Purtroppo, disse Pansa, Gaio sei troppo giovane per affrontare Antonio, anche se per ora non può occuparsi di te, perché deve sistemare la questione dei veterani e suo fratello Gaio è impegnato appunto a varare nuove leggi agrarie, per costringere i proprietari a disfarsi delle loro terre! Non ha i soldi necessari e deve ricorrere a misura draconiane per ottenere i suoi scopi! -
"Ma perché non prende i fondi bellici?" Chiese Ottavio.
- Tu non preoccuparti di come Antonio vuole/può ottenere fondi, disse Cicerone, preoccupati invece di imparare la retorica, quello è il cammino per il mandato di console. -
Irzio intervenne per dire che "La terra non è l'unica preoccupazione di Antonio, alle calende di giugno intende chiedere che gli sia cambiata la provincia, non più la Macedonia, ma le due Gallie e chiederà anche che gli siano confermate quelle sei ottime legioni della Macedonia per riportarle in Italia a Giugno."
- A che cosa gli servono quelle sei legioni? - Chiese Cicerone, sudato e cinereo!
"Per proteggere se stesso contro chiunque possa tentare di buttarlo giù dal piedistallo e uno di cui ha paura è Decimo Bruto."
- Non ci libereremo più dalla guerra civile, disse Ottavio, Cesare l'aveva fatto, ma è stato assassinato e ormai il potere è di nuovo in subbuglio! -
Cicerone aggrottò la fronte, perché il ragazzo aveva usato il termine *assassinato*. :x E poi pensò che era più furbo di quanto si potesse pensare e non si sarebbe mai fatto strumentare.
Filippo indovinò quel pensiero e disse in tono tetro: "Temo che sarà Gaio Ottavio a usare gli altri come strumenti."


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXIV

Come sappiamo solo Bruto e Cassio, fra i Liberatori più importanti erano rimasti a Roma, con Servilia che consigliava loro di andarsene: "Se la gente non vede le vostre facce, presto dimenticherà che avete assassinato Cesare."
- Non è stato un assassinio, ma un atto di giustizia! - Gridò Porzia.
"Stai zitta tu, stupida che altro no sei!" (Fra l'altro costei stava davvero perdendo la ragione, ogni giorno di più)
I due pretori erano dilaniati dal dilemma e Bruto andò a cercare consiglio da Antonio, che fino allora era sembrato decisamente dalla parte dei Liberatori.
"Cassio deve andarsene comunque, visto che è pretore itinerante e fino ad oggi non si è mai mosso da Roma! Mentre per te è diverso, in quanto pretore cittadino, ma possiamo trovare il modo di farti allontanare, lasciando continuare mio fratello Gaio a fare da tuo vice, dato che il tuo compito principale, emettere gli edicta, lo hai già svolto."
- Allora potrai chiedere tu al Senato di esonerarmi dai miei doveri per una lasso di tempo indeterminato? -
"Certo, lo farò domani, davvero è meglio così, lascia che il popolo pianga Cesare, senza altri ricordi."
Bruto lasciò Roma il nono giorno di aprile insieme a Servilia e Porzia, ma dopo pochi chilometri disse alla madre che con lei non avrebbe viaggiato un minuto di più!
"D'accordo, andrò a Antium e aspetterò finché non ammetterai che senza di me non sei capace di prendere nessuna decisione, tu da solo sei un idiota totale! Guarda che cosa ti è successo quando, per una volta, invece che a tua madre, hai dato retta alla figlia di Catone!"
Rimasto da solo (Porzia ormai quasi non contava più) Bruto si mise a pensare che Cesare era stato saggio a nominare erede un diciottenne; per il momento non sembrerà un pericolo per nessuno, sarà ignorato e avrà tutto il tempo di crescere e maturare, così, invece che scegliere il più grosso albero della foresta, Cesare ha piantato un seme per il futuro della propria dinastia. Il denaro e i possedimenti nutriranno quel seme e con il tempo ci sarà un altro Cesare e questo lo fece rabbrividire. :x
Intanto a Roma Antonio confermò a Dolabella che aveva intenzione farsi dar la Gallia Cisalpina al posto di Decimo Bruto e ivi reclutare altre legioni in modo da essere pronto per ogni evenienza. "Ti figuri Bruto o Cassio o anche Decimo che marciano su Roma? Non c'è uomo al mondo che ha un simile fegato, tranne me, certo, ma io non ne ho bisogno." :D


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXV

Cicerone non capiva il motivo per cui il mondo sembrava ancora più folle dopo la morte di Cesare e, siccome aveva un "piccolo ego" attribuiva la causa al fatto che i Liberatori non avevano chiesto il suo consiglio sul modo di far andare le cose dopo il fatto. Si consolò, ma solo in parte, scrivendo lettere a tutti e ammonendo chiunque a vedere in Antonio la brutta copia di Cesare. Ma nessuno, si rese conto, lo ascoltava; i Liberatori avevano avuto il coraggio da uomini, ma insieme all'acume di un bambino di quattro anni! Forse solo Irzio potrebbe seguire i miei consigli, per impedire la guerra civile.

Gaio Giulio Cesare Filius entrò a Roma alle none di maggio, accompagnato soltanto dai servitori (sua madre e il patrigno si erano rifiutati di seguirlo); procedette lungo la via sacra con un incedere che lo faceva assomigliare al divo Giulio e la gente che lo vedeva passare, sussurrava all'unisono: "quello è l'erede di Cesare."
Arrivato al Foro, vi salì per affrontare il suo primo pubblico, dispiacendosi solo di non avere il sole alle spalle, doveva per questo fare a meno dell'alone intorno alla testa.
"Io sono Gaio Giulio cesare Filius annunciò con voce sorprendente per timbro e chiarezza, sì questo è il mio nome in quanto formalmente adottato per testamento. Poi passò ad illustrare i termini del lascito di Cesare al popolo di Roma e che, non appena ci fosse stata la convalida, avrebbe provveduto *subito* a distribuire il dovuto.
La folla pendeva dalle sue labbra, meravigliandosi altresì per la bellezza, il portamento virile, la magnifica capigliatura e la singolare somiglianza nei gesti e nelle espressioni del viso del divo-Giulio.
Gaio Filius parlava anche molto bene e fu applaudito a lungo e quando discese fra la folla, le donne gli toccavano la toga e cadevano in deliquio.
Lucio Antonio, che aveva previsto tutt'altra risposta del popolino. rimase da una parte, molto accigliato!


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXVI

Lucio Antonio andò a casa della cognata (Fulvia) e le disse che quel finocchietto era scaltro come una volpe e che gli aveva gettato fumo negli occhi proprio bene!
"Non avresti dovuto permettergli di parlare al popolo, sei proprio un idiota, Lucio! Dobbiamo avvertire Marco al più presto."
Due nundinae dopo Marco Antonio tornò a Roma, accompagnato da diverse centinaia di veterani, arrabbiato come non mai, da quando aveva scoperto che i fondi bellici di Cesare non erano a Brundisium, perché, si diceva, erano stati requisiti dall'erede di Cesare, ma Aulo Plauzio era pronto a giurare che Gaio Ottavio non aveva niente a che fare con il furto alla banca; era arrivato dalla Macedonia appena la notte prima e stava malissimo. Nessuno aveva visto carri capaci di trasportare tanto oro quel giorno e nessuna nave aveva preso il mare. I fondi bellici erano spariti dalla faccia della terra e nessuno sapeva come.
L'indomani accolse la visita di Aulo Irzio che era inquieto per la presenza dei veterani, armati di tutto punto! - La città brulica di voci per le quali tu intendi arrestare i Liberatori che sono rimasti. Sette di loro sono già venuti da me e hanno scritto a Bruto e Cassio che tu vuoi la guerra. -
"Non mi sento al sicuro senza una guardia del corpo, quel cunnus di Gaio Ottavio ha rubato i fondi bellici di Brundisium e con quelli potrebbe armare un esercito!"
- Allora chiediamogli che intenzioni ha" - E lo mandarono a chiamare.
"Ave Ottavio", disse Antonio.
- Sono Cesare, lo corresse gentilmente l'altro, mi appartiene per l'adozione legale. -
- Non finché non sarà passata la lex curiata di adozione e dubito che lo sarà! Sono il console superiore e non ho nessuna intenzione di convocare l'assemblea per ratificarla. Chi credi di essere, piccola checca fetente, per potermi sfidare!? -
Gaio rimase senza nessuna espressione, nulla che tradisse paura e rispose di essere Cesare e, in quanto tale, voleva la quota del patrimonio che Cesare pater voleva fosse distribuita al popolo.
"Il testamento non è stato convalidato, paga il popolo con i fondi bellici che hai rubato!"
- Chiedo scusa? disse Gaio dandosi un'espressione attonita. Non ho rubato proprio nulla! -
"Neghi di esserti presentato dal funzionario di Oppio, di aver annunciato che eri l'erede di Cesare e di aver fatto richiesta dei trentamila talenti dei fondi bellici?"
- Gaio prese a sorridere, deliziato, Edepol, che ladro astutissimo! Ma forse li ha rubati proprio il funzionario di Oppio. Comunque spero che li ritrovi, Antonio. Ma quando sarebbe stato commesso l'odioso crimine? -
"Nel giorno del tuo arrivo."
- Ah allora siamo scagionati tanto io quanto il mio schiavo: lui aveva il mal di mare e io l'asma, ma devo darti anche un'altra notizia e cioè che intendo celebrare i giochi della vittoria di Cesare nel mese di Luglio (ormai non più Quintile). -
"Te lo proibisco!"
- Non puoi farlo, disse Irzio indignato, il ragazzo ha ragione, è l'erede di Cesare e deve farlo e, per parte mia contribuirò finanziariamente e spero che lo farai anche tu. - E, dopo che Gaio se ne fu andato, argomentò intorno al furto, che chi aveva rubato i fondi doveva averlo progettato da diverse nundinae, mentre Ottavio era arrivato quel giorno stesso e stava male, - Mi sembra che le tue accuse non abbiano nessuna consistenza. -
Quando Irzio uscì trovò la scorta dei veterani con Ottavio in mezzo a loro e tutti stavano ridendo di quel che diceva con voce profonda, sempre più simile a quella di Cesare e questo gli dette da pensare.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXVII

La perdita dei fondi bellici ebbe un effetto profondo sui progetti di Antonio, perché da quando Cesare aveva passato il Rubicone ogni legione si aspettava di riscuotere ampie gratifiche per combattere. Ad es, Ventidio in Campania gli riferiva che ogni uomo per arruolarsi esigeva mille sesterzi già al momento della firma! Dove avrebbe trovato Antonio i denari necessari per le truppe? :dubbio:
"E la scorta per le emergenze nel tempio di Ops?" gli chiese Fulvia, alla quale confidava tutto.
- Non c'è più, è stata razziata da Silla, Cinna e Carbone! -
Ma Fulvia rispose che Clodio, dopo, l'aveva rimpinguata con una legge apposita.
Antonio si gettò su di lei e la ricoprì di baci: "Che cosa farei senza di te, la mia incarnazione privata di Ops?" :)
Muovendosi al crepuscolo e accompagnato solo da tirapiedi, Antonio forzò la porta del basamento di Ops e lasciò indugiare l lampada sulle alte pile di lingotti d'argento: aveva trovato i soldi (fatti i conti, erano settecento milioni di sesterzi). :clap: Le cose si stavano mettendo bene e il meglio sarebbe accaduto alle calende di giugno, quando avrebbe chiesto al Senato di scambiare le province e così strappare la Gallia Cisalpina a Decimo Bruto.
Una lettera di Bruto e Cassio, lo fece un po' ringhiare.
"Ci farebbe molto piacere essere presenti in Senato alle calende di giugno, ma ti chiediamo se saremo al sicuro, se le tue amnistie sono tuttora in vigore e se a Roma saremo i benvenuti?"
Sentendosi meglio ora, per il denaro trovato, Antonio rispose con scarsa considerazione per i LIberatori: - Non posso offrirvi nessuna garanzia, per cui venire o no, la scelta la lascio a voi. -
Le calende giunsero, ma la partecipazione fu talmente scarsa che non si raggiunse il quorum e proprio l'assenza di Bruto e Cassio, insieme a qualche loro amico, aveva fatto la differenza fra il poter deliberare o no.
Dolabella dovette chiedere a suo fratello Lucio la convocazione della Plebe di lì a due giorni.
Quell'assemblea non aveva norme relative al quorum e quindi due giorni dopo assegnò a Marco Antonio la Gallia Cisalpina, insieme alla Transalpina per un periodo di cinque anni, con imperio illimitato e poi proseguì, dando a Dolabella la Siria.
Il fratello più giovane di Antonio fece seguire un altro decreto agrario per la distribuzione di ager publicus ai veterani.
Da quell'assemblea si capì che i consoli avevano preso grande confidenza e annunciato il loro stile di governo: corruzione e interessi privati! :grr:
"A che cosa serve il potere, chiese Antonio a Dolabella, se non a usarlo a proprio vantaggio?" :D


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXVIII

"Ormai Roma è nelle grinfie di Marco Antonio", disse cupamente Irzio."
- Sta comprando le legioni, rispose Giunia, molto felice di vedere il marito a casa; dovremmo ammazzare mio fratello Bruto per aver messo in moto tutto questo, ma lui c'entra poco, è stata Porzia a tirare tutti i fili! Ormai non c'è nessuno di influente che possa opporsi ad Antonio. -
"Proprio nessune e il peggio è che lui è fuori controllo anche a se stesso!"
E così sembrava anche ai più importanti uomini in politica e in affari durante quella terribile primavera ed estate dopo le idi di marzo.
Cicerone, in visita alla casa di Bruto, trovò Servilia convinta di possedere ancora un potere sufficiente in Senato a far avere le province al figlio e a Cassio, ma i due erano affatto depressi, e se ne andò distrutto. Era un naufragio, i romani erano diventati solo strumenti in mano a soldati professionisti e a quel bruto senza scrupoli che li paga. I LIberatori non avevano saputo prendere il timone dello Stato e non avendolo fatto, avevano lasciato andare la nave sugli scogli!
A luglio, Gaio filius celebrò i ludi Victoriae Caesaris, che durarono undici giorni e naturalmente a lui spettava l'onore di dare il segnale per il loro inizio. In quel momento sembrò all'enorme folla presente, la reincarnazione di Cesare e, con gran fastidio di Antonio, fu applaudito per un intiero quarto d'ora. Poi, poco prima che calasse il sole, un'enorme comèta apparve nel cielo, sopra il Campidoglio e quasi subito tutti i duecentomila stipati nel Circo, furono in piedi a gridare selvaggiamente: "Cesare! La stella è Cesare! Cesare è un dio!"
Gaio agì in fretta e il secondo giorno dei giochi tutte le statue di Cesare recavano stelle dorate sulla fronte.
Antonio e Dolabella non potevano opporsi a un'evidenza così inoppugnabile e le cose per loro peggioravano grazie alla nuova strategia di Gaio, figlio del divo, che consisteva nel mettersi continuamente in mostra: passeggiava e parlava con chiunque, chiedendo loro quel che conoscevano di suo padre: per favore raccontatemi ogni cosa.
Molti di costoro erano veterani di Cesare e Gaio notò con sodisfazione che mentre i soldati raccontavano, parlavano anche degli sgarbi pubblici che Antonio aveva manifestato nei suo confronti e lo facevano per condannarli.
E in Gaio crebbe la consapevolezza che doveva essere il degno erede del divo Giulio e occuparsi sia dei Liberatori che di Antonio!


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" LXXXIX

All'ottavo giorno dei giochi una delegazione di centurioni spiegò a Marco Antonio che doveva smettere di trattare in malo modo il loro giovane Cesare e il portavoce spiegò che non era solo lui a lamentarsi, ma tutti!
Antonio rimase lì con una burrasca di sentimenti; la frustrazione aveva preso il primo posto, perché il punto principale era che lui si vedeva come l'erede vero di Cesare e aveva creduto che i veterani tutti fossero d'accordo.
Ma come facevano a essere così ciechi, Ottavio non assomiglia nemmeno un po' a Cesare, ottiene quel che vuole solo con l'inganno e lui stesso ammette di non saper comandare le truppe. È uno smidollato, ma questi idioti vogliono che sia gentile con lui per via di una dannata comèta! Il guaio è che ho bisogno di loro! E il giorno dopo in Campidoglio fece quello che volevano i veterani: attirò a sé Ottavio in un abbraccio e l'intiera, immensa, folla applaudì.
Giunse luglio (sestile) e recò un altro trauma per Antonio. Bruto e Cassio pubblicarono un editto pretorio in tutte le comunità e città d'Italia nel quale si rivendicava il loro diritto a svolgere le funzioni (appunto) di pretori e rigettavano ogni accusa che Antonio aveva mosso contro di loro circa una fantomatica sedizione tra le legioni macedoni che rientravano in Italia. Questa falsa accusa doveva essere ritrattata immediatamente da Antonio, perché in nessun caso i due volevano fomentare un guerra civile, chiedevano soltanto le province che gli spettavano.
La risposta di Antonio fu tipica: "Chiudete il becco e ritirate la testa o sarete in guai ben più grossi di quanto già non siate!"
La risposta di Bruto e Cassio fu lapidaria: "Vorremmo ricordarti quanto è stato breve il regno di Cesare!"
Antonio fu particolarmente scosso e pensava al perché tutto gli stava sfuggendo di mano, proprio quando credeva di essere arrivato? Ottavio lo aveva stretto all'angolo e gli aveva fatto capire che il controllo delle legioni era in forse e addirittura i due pretori gli facevano sapere che avevano il potere di mettere fine alla sua carriera allo stesso modo con il quale avevano terminato quella di Cesare! E poi c'era ancora Decimo su al nord, contro il quale doveva andare in guerra.
"Divide et impera" era sempre stato il motto dei romani e quindi decise di concentrarsi su Decimo, concedendo a Bruto e Cassio quel che volevano e così il giorno dopo riunì il Senato per concedere le province ai due.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XC

Cicerone si faceva ogni giorno più cupo, tanto più che oltre alle preoccupazioni politiche, anche il denaro era scarso, in larga misura a causa del giovane Marco, che stava facendo il viaggio di istruzione e scriveva di continuo a casa per chiedere soldi!
Gli incontri con Bruto "giravano intorno" poi alla fine quello stolto del figlio di Servilia prese il mare verso l'isoletta di Nesis, poco fuori dalla costa campana. mentre Cassio, da quanto sapeva, era in Sicilia. Cicerone, pertanto, si sentiva solo e accettò di lasciare l'Italia; la goccia che gli aveva fatto prendere quella decisione era stata il cambiamento del nome di un mese: quintile! Quando cominciò a ricevere lettere datate *luglio*, per lui fu intollerabile e si imbarcò da Puteoli!
Ma era destino che nessuna cosa dovesse andare per il verso giusto: la nave arrivò fino a Vibo, ma non riuscì a proseguire oltre per i forti venti contrari e dovette presentarsi al cancello all'antica proprietà di Catone in Lucania, aspettandosi di non trovare nessuno. Invece le luci erano accese e ad accoglierlo alla porta c'era ... Marco Bruto.
Cicerone non sapeva che a lui e Cassio erano state assegnate le province e l'altro lo mise al corrente, così come del fatto che fra loro erano sorte parecchie divergenze d'opinione, soprattutto a proposito del giovane Ottaviano, lui lo ritiene molto pericoloso, mentre secondo me non durerà molto.
"E i LIberatori?" chiese Cicerone.
- Le prospettive sono grame e Ottaviano è tutti giorni al Foro a chiederne la punizione! -
"Allora partirò per Roma all'alba!"


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCI

Quando Cicerone seppe che Marco Antonio si era allontanato dall'Urbe ebbe il coraggio di recarsi in Senato e imbarcarsi in quella che sarebbe stata, da lì in avanti, l'impresa della vita: una serie di discorsi contro Antonio, come aveva fatto a suo tempo con le catilinarie.
Nessuno se lo aspettava e quasi tutti rimasero sbigottiti o addirittura molto spaventati già dal primo, benché, ex post. possiamo dire che fu il più morbido.
"Le azioni di Antonio subito dopo le Idi di marzo erano state moderate e conciliatorie, ma da maggio in poi aveva cominciato a cambiare e alle calende di giungo si era rivelato un uomo diverso: nulla più si faceva per tramite del Senato e tutto invece attraverso l'Assemblea e talvolta anche la volontà del popolo era ignorata! I consoli elettivi, Irzio e Pansa non osavano entrare in Senato, i Liberatori erano stati esiliati. Proseguì, sostenendo che Antonio aveva la tendenza a trasgredire le leggi buone di Cesare e ad appoggiare quelle cattive e sia lui che Dolabella stavano usando il potere per creare un regime di terrore! Vazia Isaurico chiese la parola e parlò sullo stesso tono.
Antonio fu informato e tornò subito a Roma, reagendo con una scenata d'ira funesta, ma quella rabbia conteneva il timore; se due consolari prestigiosi avevano osato parlare in quel modo in Senato, allora il suo ascendente era sul punto di svanire! Ma se doveva incolpare qualcuno per quel cambiamento di atmosfera, si trattava più di Ottaviano che di Cicerone! Quel dolce, verecondo e seducente ragazzino lavorava contro di lui su tutti i fronti e ormai aveva capito che non aveva a che fare con un finocchietto, ma con un serpente. E alla riunione del Senato si settembre decise di cambiare strategia e disse chiaramente che i Liberatori avevano commesso un omicidio contro un grande romano, ma che Ottaviano a parte blaterare che costoro dovessero essere puniti, non aveva fatto altro e anzi aveva dovuto far arrestare alcuni soldati veterani amici del c.d. erede di Cesare, accusati di aver tentato di ucciderlo, anche se per il momento non aveva ancora deciso se giustiziarli.
Ma quel discorso non ottenne i risultati sperati, anzi nuove delegazioni di legionari e veterani andarono a portare il loro sostegno a Gaio filius.
"Ti stai mettendo da solo in un angolo, gli disse Fulvia, la cosa migliore che puoi fare è andare via da Roma a combattere Decimo Bruto, un capofila dei Liberatori. È vitale che tu mantenga il controllo dell'esercito, quindi metti l'energia in quello, perché, a differenza di Ottaviano e Cicerone, tu non sei un politico. Fai loro ritirare le unghie, lasciando Roma."


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCII

Decimo Bruto stava ignorando le direttive del Senato e dell'Assemblea della plebe, insistendo che era lui il governatore legale della Gallia Cisalpina e così Antonio, prima di lasciare Roma per Brundisium, dove era previsto l'attracco di ben sei legioni, gli inviò un secco ordine di lasciare la provincia, perché lui stesso sarebbe arrivato a sostituirlo!
Anche Gaio filius lasciò Roma, diretto ai campi legionari in Campania, dove erano accampati i soldati rientrati dalla Macedonia, oltre a quelli arruolati da Ventidio. Nel giro di quattro giorni aveva cinquemila soldati pronti a marciare con lui ovunque. Che cosa meravigliosa un fondo bellico. :)
Poi disse ad Agrippa che loro non avevano l'esperienza per combattere Marco Antonio, ma con queste cinque legioni si sarebbe data l'impressione giusta, vale a dire che l'erede di Cesare non vuole combattere, ma solo salvaguardarsi da chi volesse annientarlo!
A Brundisium le trattative con gli uomini delle legioni di veterani non andavano bene per Antonio, perché lui offriva poco, secondo loro e, in più, stavano fraternizzando con le truppe di Marco Coponio, che lavorava per l'erede di Cesare.
Reagì da par suo e fece giustiziare venticinque legionari per insubordinazione, ottenendo un subitaneo acquietamento, ma si attirò anche l'odio di tutti gli uomini armati e da allora l'intiero esercito prese a simpatizzare per Gaio filius e lungo la via Appia, scoppiarono nuovi tumulti. Antonio reagì, al solito, facendo giustiziare legionari alla cieca e non i capi, però poi si convinse che non era saggio andare in Campania e si diresse lungo la costa adriatica.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCIII

Dalla Siria arrivavano notizie che legioni ivi stanziate volevano avere Cassio come governatore! Dolabella fu preso dal panico e, nel giro di due giorni, partì per la provincia, lasciando Roma in mano al pretore cittadino, Gaio Antonio, senza nemmeno avvertire il Senato. Per lui era vitale raggiungere la Siria prima che arrivasse Cassio, anche se Servilia gli aveva detto che Gaio Longino non aveva nessuna intenzione di usurpargli la provincia.
Anche Cicerone sapeva che Cassio non era interessato a recarsi nella provincia di Dolabella e lui era invece preoccupato per i fatti della Campania: le lettere di Ottaviano indicavano che era risoluto a marciare su Roma per deporre Antonio e per far ciò aveva bisogno del suo aiuto: non appena fosse giunto fuori dalle Mura Serviane, il Senato doveva riunirsi in modo da poter illustrare le tesi contro Antonio.
Di questa preoccupazione ne face parte a Servilia. aggiungendo che Bruto non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore per andare in Grecia, sarebbe dovuto restare a difendere se stesso e gli altri LIberatori e, loro due insieme, avrebbero potuto allontanare il senato sia da Antonio che da Ottaviano e restaurare la Repubblica.
"Mio caro, gli rispose Servilia, tu con Bruto ti illudi, lui non è mai appartenuto a Roma e nemmeno a se stesso, è sempre succubo di Catone, anche dopo morto e della figlia, che ogni giorno è sempre più pazza! Antonio non rappresenta una grave difficoltà, perché si è spinto troppo oltre e Roma penso ne abbia avuto abbastanza di lui. Ottaviano è furbo come una volpe, ma non vale un'unghia di Cesare, lo paragono al giovane Pompeo Magno (il macellaio bambino), una testa piena di sogni. E poi, il tuo astio per Cesare ti fa dimenticare che a differenza di tutti i LIberatori e degli attuali potenti, lui era un uomo della costituzione, tutto avveniva "in suo anno" come comandava la Legge. Quando si decise ad agire "contra legem" fu solo perché gli Ottimati (e anche tu) lo costrinsero a reagire, altrimenti per lui sarebbe stata la fine!" :grr:


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCIV

Quando Gaio filius apprese che Antonio si dirigeva contro Decimo Bruto, decise di marciare su Roma, anche se era ben conscio di quanto pericolosa fosse quella decisione, ma restare inerte era impossibile, perché nel caso sia le legioni che i cittadini avrebbero concluso che l'erede di Cesare era solo parole! L'ultima cosa che voleva era la guerra: non aveva né le forze, né il talento per sconfiggere un militare navigato come Antonio, tuttavia, se muoveva su Roma, avrebbe fatto capire a tutti che da lì in poi avrebbero dovuto fare i conti con lui.
Occupò pacificamente il Foro e fu salutato dal tribuno della plebe Tiberio Cannuzio, che diede il benvenuto a quel nuovo patrizio e lo invitò a parlare alla folla.
"Non al Senato?"
- Sono tutti fuggiti, compresi i magistrati superiori! -
Salì sui rostri e cominciò un discorso che fu una gradita sorpresa per il pubblico: era un piacere ascoltarlo.
La parte centrale verteva sui Liberatori e li passò in rassegna uno per uno, cominciando con Bruto, del quale mimò la vigliacca condotta a Farsalo; parlò dell'ingratitudine di Decimo Bruto e Gaio Trebonio, che dovevano tutto a Cesare etc. Nessuno dei ventitré assassini sfuggì alla derisione impietosa e al sarcasmo tagliente. Poi chiese alla folla perché Marco Antonio, che era cugino diretto di Cesare, era stato così comprensivo e tollerante con costoro? Non era forse vero che, seppur in disparte, anche lui in qualche modo aveva partecipato alla congiura e poi non aveva abusato del suo potere contro centinaia di Romani e approfittato della sua carica mettendo in vendita di tutto per arricchirsi?
Era il decimo giorno di novembre e due giorni dopo giunse la notizia che Marco Antonio stava tornando di corsa con una legione e gli uomini di Gaio filius cominciarono a sperare in una battaglia, ma non sarebbe andata così, perché l'erede di Cesare spiegò che si rifiutava di combattere contro Romani concittadini e portò le truppe ad Arretium, patria di Gaio Mecenate per attendere le mosse di Marco Antonio.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCV

Antonio, appena arrivato convocò il Senato per far dichiarare *hostis* (nemico pubblico) Ottaviano, nel qual caso il reo poteva essere ucciso a vista, da chiunque; ma la seduta non ebbe mai luogo e addirittura si sparse la notizia che la legione Marzia si era dichiarata a favore di Gaio filius ed era diretta a Roma, dopo aver lasciato la strada adriatica. Antonio le andò incontro, ma non aveva troppi soldati con sé e quindi non poté usare le maniere forti e fu costretto a usare le parole, ma senza successo, per cui si dovette ritirare sconfitto; mentre la legione si affrettava a raggiungere l'erede di Cesare ad Arretium.
Di nuovo a Roma, Antonio continuò a compiere atti incostituzionali e convocò addirittura il Senato di notte, proibendo la partecipazione ai tribuni della plebe che gli erano contro e reiterò la richiesta di dichiarare Ottaviano +hostis*, ma prima del voto, arrivò la notizia che anche la Quarta legione si era schierata dalla parte del divi filius!
La cosa peggiore per Antonio era che non aveva Fulvia a consigliarlo, perché per la prima volta, dopo diversi parti encomiabili, aveva sofferto molto in quell'ultimo caso e anche dopo la nascita, era rimasta gravemente ammalata.
Senza consiglieri, se non i fratelli che avevano ancor meno cervello di lui, prese la decisione che gli aveva consigliato Fulvia prima di ammalarsi e cioè lasciar perdere Ottaviano e concentrarsi su Decimo Bruto, perché una volta sconfitto costui, ne avrebbe ereditato le legioni, che certo non si sarebbero schierate con l'erede di Cesare e allora avrebbe potuto agire.
Partito Antonio, Cicerone intraprese il secondo attacco contro di lui, non a voce ma scritto, nel quale confermava le insinuazioni che avesse fatto parte del complotto per assassinare Cesare e lo accusava di aver rubato i fondi pubblici non certo per vantaggio di Roma, ma solo per pagare i debiti e infine illustrò tutte le nefandezze sessuali compiute da Antonio con donne e uomini!
Roma ormai stava apprezzando sempre più i discorsi di Cicerone e ancor meglio, si accorse, se lui faceva trasparire una sorta di ammirazione verso Ottaviano e, siccome l'arpinate considerava la verità in senso molto relativo, decise che avrebbe seguito quest'ultima strada: volgere i fatti a favore di Ottaviano.
L'influenza dei catoniani/Liberatori era sparita dal Senato, che ora era spaccata in due: gli Ottimati per Antonio e tutti gli altri per Ottaviano, mentre comunque l'attenzione maggiore si era spostata a Modena dove stava calando un aspro inverno e l'azione militare Antonio vs Decimo Bruto sarebbe stata lenta e indecisa fino alla primavera.


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da Colleen McCullough "Le Idi di marzo" XCVI

Verso la fine di dicembre Gaio filius tornò a Roma, lasciando le tre legioni comodamente accampate ad Arretium. Filippo lo accolse con un piacere un po' forzato: aveva paura nello schierarsi con il figliastro in pubblico e lo ammoniva a non impegnarsi *mai* in una guerra civile contro Antonio.
"La prima cosa che devo fare, disse ad Agrippa, Mecenate e Salvidieno, è farmi ammettere per nomina in Senato. Finché non sarà così, potrò agire solo da privatus."
- È possibile, domandò Agrippa? -
"È possibilissimo, rispose Mecenate, ci serviremo di Tiberio Cannuzio, anche se il suo mandato da tribuno è terminato. Compreremo anche un paio di quelli nuovi, inoltre dobbiamo metterci in contatto con i nuovi consoli, non appena prenderanno servizio (a Capodanno). Irzio e Pansa appartengono a Cesare, non ad Antonio e una volta che Marco non sarà più console, prenderanno coraggio."
- Allora dovremo solo aspettare e vedere che cosa ci porta il nuovo anno. Ho la fortuna di Cesare e non fallirò, la sola direzione per me sarà in alto, in alto, in alto. - :)


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