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lemond
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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CXLVIII

La semiotica


La riflessione sui segni risale a tempi antichissimi, ma è a cavallo fra l'Otto e il Novecento che prende forma il progetto di fondare una disciplina all'uopo e i pionieri sono stati F. de Saussure e C.S. Pierce, indipendentemente l'uno dall'altro.
Saussure è uno studioso di lingue europee e auspica la fondazione di un campo di studi unificato che consideri la lingua come un qualsiasi sistema di segni, come il linguaggio dei sordomuti e il codice dei segnali militari.
Egli comincia col contrapporre la langue (aspetto astratto e sociale) alla parole (gli usi individuali e concreti dei parlanti).
La lingua è un patrimonio collettivo, culturalmente acquisito che rende possibile l'esecuzione dei singoli atti di parole e a ciascun individuo di produrre sintagmi indefinitamente variabili (es, di unità sintattica significativa autonoma; nella frase Paltone è amico di Socrate, i sintagmi sono tre: soggetto ( Platone ), predicato ( è amico ), complemento di specificazione ( di Socrate ) e idiosincratici (ovvero specifici del singolo parlante).
Nella lingua non c'è nessun legame naturale fra le parole e le cose che esse designano, ma solo una rete di equivalenza fra significanti e significati, arbitrariamente posti dalla lingua stessa. Ne consegue che si può studiare la lingua come una struttura chiusa di parti interagenti, ciascuna delle quali dà valore alle altre. È questo il principio di immanenza su cui si fonda la linguistica strutturale. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CIL

Per Pierce invece la semiotica è una teoria della conoscenza, che spiega come funziona l'attività cognitiva degli umani: il segno è il prodotto, provvisorio e fallibile, di un processo logico. Ad es, per il cacciatore il segno dell'impronta è interpretato come il passaggio della preda. Tra il segno inteso come pura espressione (l'impronta) e l'oggetto, che tale segno designa (l'animale impressore) si frappone un secondo segno, che Pierce chiama interpretante è che consiste nell'inferenza (ergo) del cacciatore (di qua è passata la preda). Sempre secondo Pierce, in definitiva il pensare altro non è che concatenare segni.
Nei concreti processi comunicativi le teorie di Saussure e Pierce non sono incompatibili, anzi posso presupporsi: l'interpretazione richiede il ricorso a una qualche lingua o codice, ovvero alla memoria strutturalmente organizzata di una serie di esperienze comunicative precedenti; d'altra parte la lingua è il prodotto della cristallizzazione sociale di un numero altissimo di episodi comunicativi e interpretativi.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CL

La traduzione


Tradurre non è un'attività che si intente e si pratica in un modo solo, per es, la cultura greca aveva un modo del tutto diverso di tradurre da quella latina. I Greci la consideravano un'attività non degna di molto interesse, dato che per loro esisteva solo la loro lingua e chiamavano gli altri "barbari", ovvero coloro che balbettavano e quindi parlavano in modo incomprensibile! :x
I Romani invece segnano l'inizio della riflessione occidentale sul tradurre e proprio nella lingua greca trovano una fonte di grande ricchezza culturale. :)
Essi inventano la traduzione artistica, proprio per interpretare liberamente i poeti greci (a proposito di Grecia e greci, loro si autoproclamavano elleni e sono stati i Romani a tramandare ai posteri il nome tradotto in Greci e ancor oggi in tutte o quasi lingue del mondo vale il termine inventato dai Romani).
L'attività di traduzione in latino è intensissima, tanto da far dire che la cultura romana è fondata sulle traduzioni dal greco.
La tendenza della traduzione artistica è tuttora dominante: le pubblicazioni, i corsi, i convegni e i dibattiti che ancor oggi proliferano a livello internazionale sono ad essa dedicati; si ritiene che in primis nei drammi e nella poesia si concentrino le questioni più difficili e allo stesso tempo interessanti per il tradurre. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLI

Fin dall'antichità si sono sempre contrapposti due tipi di traduzione: letterale vs libera. All'inizio le due strategie erano contrapposte in base a criteri linguistico-stilistici, ora si profilano invece parametri di ordine culturale e politico e la mossa forse più significativa per capire la traduzione nella sua più ampia complessità è quella che colloca gli studi nell'interculturalità. Parafrasando l'esempio che faceva W. Benjamin, la parola tedesca *brot* ha sì un equivalente linguistico nella parola francese *pain*, o nell'italiano *pane*, ma le tre parole hanno significati culturali non equivalenti: il loro uso nell'alimentazione è del tutto diverso, così come lo sono i loro ingredienti e il loro aspetto. Per Umberto Eco tradurre non significa *mai* dire la stessa cosa, ma, come recita il titolo del suo libro: "Dire *quasi* la stessa cosa."


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLII

Il viaggio


Un tempo esisteva (forse) il viaggiatore, ormai c'è solo il turista. Per un viaggio più praticabile, la civiltà occidentale ha cercato di renderlo il meno traumatico possibile, elaborando una vasta infrastruttura che faccia sentire chi arriva come a casa: usi, confort, cibo non diverso dai suoi. Non si deve avvertire affatto lo shock dell'incontro con i nativi; l'organizzazione turistica farà in modo che gli indigeni che incontra siano corrispondenti a un modello accettabile ai suoi schemi mentali e alle attese. Molti di costoro sono educati in modo da sembrare "nativi per il turista", assumendo atteggiamenti non loro, ma che sono quelli che la tradizione dell'esotismo ha assegnato. Si consentono sacche (comunque controllate) di "natività selvaggia", come mercati, luoghi di prostituzione, quartieri "caratteristici, mentre il resto della popolazione vive separato dal turista. :)
Infine, con l'imposizione di una lingua veicolare internazionale, il viaggio non rappresenta neppure più l'occasione per l'apprendimento di lingue diverse. Risultato finale, si è perduta la vera esperienza del viaggio come incontro con cultura "altra".
Per farsi un'idea della differenza si pensi a ciò che era l'ospite per certe culture del passato; ormai esistono solo quelli che gli antropologi hanno definito non luoghi, ovvero ciascuno eguale all'altro. :diavoletto:


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLIII

Teologie del Novecento


La storia segnala un continuo processo di secolarizzazione, con il tentativo di frenarlo da parte di cattolici e protestanti. In ambito ebraico le riflessioni teologiche trovano una nuova e drammatica formulazione alla luce della Shoah.
"È possibile costruire una salvezza eterna sopra un fatto storico?" In questo paradosso formulato dal filosofo danese Soren Kierkegaard è racchiuso un nodo decisivo incontrato in epoca contemporanea dalla teologia cristiana.
Una risposta potrebbe essere "L'epistola ai Romani" di K. Barth, che accetta la teoria di S.K. che presuppone "infinita differenza qualitativa fra il tempo e l'eternità" fra storia e religione, tra cultura umana e fede; si deve cercare l'Assoluto nelle Bibbia e solo in Essa, non più nella storia, nella morale, nella ragione, nel sentimento, nella soggettività umana etc!
In ambito cattolico invece ci si limita, con il Concilio Vaticano II, a un tentativo di confronto con la modernità, senza arroccarsi in una cieca difesa dei capisaldi della fede, giungendo addirittura al dialogo con la cultura marxista. Spunti di questo genere sono recepiti e, per certi versi radicalizzati, dalla c.d. teoria della liberazione.
Il filosofo ebreo Hans Jonas espone il suo concetto della teodicea in una conferenza intitolata "Il concetto di Dio dopo Auschwitz" (1984). Se tradizionalmente a Dio si attribuivano bontà, onnipotenza e conoscibilità, questi tre attributi non possono più coesistere nella medesima persona. Il Dio di Jonas non è onnipotente e si è ritratto dalla storia, per lasciare sempre più spazio di libera manovra all'uomo e in questo libertà, c'è posto anche per il male.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLIV

Karl Popper e la filosofia della scienza


Il contributo principale del filosofo viennese è quello di sostenere che il criterio che separa la scienza dalla non-scienza (metafisica, etica, estetica, religione) è che per la prima non basta ne una, né cento conferme, perché in tal modo richiederebbe un controllo infinito di casi: una sola falsificazione basta a rendere la teoria o la legge in questione, falsa. Pertanto il criterio che differenzia le due è dato dalla falsificabilità delle teorie scientifiche che oggi accettiamo provvisoriamente. Ogni teoria scientifica deve avere dunque un carattere congetturale e fallibile, mentre una teoria che fosse immune da qualunque falsificazione (libri sacri) sarebbe compatibile con tutto quel che accade ex post e quindi non ci direbbe nulla, ovvero sarebbe del tutto vuota dal punto di vista conoscitivo.
Anche da queste riflessioni si arguisce che ogni volta che uno scienziato cerca di interpretare la sua teoria, ovvero cerca di capire che cosa essa ci dica del mondo, solleva domande filosofiche e proprio da domande di questo tipo, che riguardano ad es, la meccanica quantistica, sollevate da Einstein intorno agli anni Trenta, che la fisica degli ultimi anni ha conosciuto inaspettati progressi teorici e sperimentali.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLV

La filosofia dei fisici


Nel dopoguerra, per quanto riguarda la cosmologia, i modelli statici sono stati abbandonati in favore di un universo in espansione, anche se si discute se essa sia accompagnata da continua creazione di materia, oppure proceda da un unico evento iniziale. Per molti astronomi la definitiva rinuncia alla teoria dello stato stazionario giungerà nel 1965, con la scoperta della radiazione cosmica di fondo, interpretata come traccia fossile del "big bang".
Nella fisica che studia invece le proprietà microscopiche della materia, si afferma con vigore la c.d. fisica della materia condensata". A partire dagli anni Cinquanta prospera moltissimo il settore degli acceleratori, che permette di indagare le particelle già osservate nei raggi cosmici. Le particelle elementari rappresentano l'unica fonte di informazione sulla costituzione intima della materia e, grazie agli acceleratori si arriva a produrre una pletora di nuove particelle che hanno portato a un'adeguata sintesi teorica che è chiamata "modello standard". Esso consiste in una teoria coerente delle particelle elementari e delle loro interazioni, che comprende una teoria unificata delle interazioni elettromagnetiche e deboli e dell'interazione tra le particelle (i quark) che compongono protoni, neutroni e muoni.
Oltre a quella relativa al bosone di Higgs, che sembra definitivamente risolta, una questione lasciata in eredità dalla fisica del Novecento riguarda l'interrogativo se la lista delle particelle a noi note sia sostanzialmente completa, oppure se ne esistano ancora di non osservate. Al contempo i fisici aspirano a una teoria completa, che tenga conto delle indicazioni quantistiche, ma anche della gravità. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLVI

La teoria della relatività


È noto che le leggi della meccanica newtoniana non dipendono dalle differenti velocità di un sistema fisico, per cui un sistema considerato in quiete e uno che si muovo di moto rettilineo uniforme relativamente a esso, sono sperimentalmente indistinguibili, dato che all'interno di uno dei due sistemi è impossibile stabilire se siamo fermi o se ci muoviamo con velocità costante.
Maxwell invece dimostra che la velocità ha un ruolo fondamentale e mette in evidenza la dipendenza della forza elettromagnetica dalla velocità di un corpo rispetto a un sistema inerte. La luce è un fenomeno elettromagnetico ed essa ha una velocità, che va misurata rispetto all'etere stazionario, La meccanica newtoniana sembra quindi essere smentita dall'elettromagnetismo e uno dei contributi della relatività speciale di Einstein è l'eliminazione del conflitto concettuale, generato fra queste due branche della fisica. Tale eliminazione comporta una modifica profonda della natura dello spazio e del tempo fisici. (continua)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLVI

Già alla fine dell'Ottocento erano stati approntati esperimenti allo scopo di determinare l'ipotetica velocità relativa della Terra, rispetto all'etere stazionario, ma non avevano dato nessun risultato e questo indurrà poi Einstein a costruire una teoria, basandola su due principi fondamentali:
il primo estende la relatività anche all'elettromagnetismo e, potenzialmente a tutta la fisica, eliminando con ciò il bisogno di ipotizzare un sistema inerziale privilegiato;
il secondo, che riguarda la velocità della luce, è quello più profondamente innovativo e cioè che la luce ha la stessa velocità costante in tutti i sistemi di riferimento inerziali, a prescindere dalla sorgente che la emetta.
Il secondo postulato comporta che il tempo scorra in maniera diversa per osservatori inerziali diversi: mentre nella teoria newtoniana esiste un presente cosmicamente identificato, tipo il nostro "qui e ora", nella relatività speciale di Einstein la dipendenza della simultaneità da un particolare stato di moto, fa sì che il presente di un evento si riduca all'evento stesso.
La seconda grande innovazione è l'unificazione di spazio e tempo in un tutto quadrimensionale.


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLVII

Sotto l'influenza del pensiero di Ernst Mach, che ritiene che tutti i tipi di movimenti siano moti di un corpo rispetto a un altro, il passo successivo di A.E. è quello di provare a generalizzare ciò che, fino allora era valido solo per sistemi inerziali, anche a quelli uniformemente accelerati, in funzione dell'osservazione che tutti i corpi immersi in un campo gravitazionale sono soggetti alla stessa accelerazione.
Da questo principio, si possono trarre due conseguenze osservabili: la gravità deve incurvare i raggi di luce e che la frequenza delle radiazioni è spostata verso il rosso o verso il blu, secondo che risalga o scenda un campo gravitazionale.
Da qui la prima evidenza è che la geometria dello spazio-tempo (in questo caso lo scorrere del tempo) può dipendere dal campo gravitazionale locale e può dunque variare con la distribuzione della materia.
In questo modo Einstein esprime per la prima volta l'idea che il campo gravitazionale non uniforme di una porzione dell'universo possa essere descritto da una superficie a curvatura variabile, come una sella o una palla da rugby. Tale superficie è costituita da pezzettini in cui il campo può essere considerato quasi uniforme, e dove la superficie curva può essere messa in corrispondenza con la superficie euclidea (piatta) (si pensi a un piano tangente a una sfera). In tale intorno vale la relatività ristretta con le sue leggi, mentre l'intiera superficie dell'universo, in cui il campo non è uniforme, ha caratteristiche non euclidee (esistono più parallele, o nessuna, a una retta data.
La vera, grande novità concettuale della relatività generale è che la geometria dello spazio-tempo dipende dalla distribuzione della materia e spazio e tempo non sono più inerti spettatori del dramma rappresentato dalla storia dell'universo, ma vi partecipano attivamente. La materia, generando il campo gravitazionale, influenza la curvatura dello spazio-tempo, ma quest'ultima a sua volta guida il moto della materia. Con una metafora, si può dire che un telo elastico (lo spazio-tempo) incurvato dalla presenza di una bilia di ferro (la materia) ne determinerà il moto, deviandone la traiettoria. :)


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da Umberto Eco e Riccardo Fedriga - La filosofia e le sue storie - L'età contemporanea CLVIII

La Teoria dei quanti


Nel 1927 W. Heidemberg presenta le (ormai) famose relazioni di indeterminazione fra la posizione e l'impulso e tra l'energia e il tempo: con quanta maggior precisione si misura la posizione di una particella, tanto più indeterminata sarà la posizione dell'impulso e lo stesso vale per la misurazione dell'energia e del tempo di rilascio. E W.E. considera ciò come un limite alla nostra possibilità di conoscere con precisione entrambe le proprietà in questione di una particella.
N. Bohr dà un'interpretazione diversa della relazione di indeterminazione di W.H; vede in essa non un limite alla nostra capacità di conoscenza, ma una proprietà della stessa realtà quantistica. Mentre in fisica classica è possibile fornire simultaneamente quanto sopra, nella fisica quantistica ciò non lo è più! Gli oggetti quantistici non possono essere pensati come dotati di ben definite proprietà fisiche, indipendenti dalle nostre capacità di osservazione e misurazione. Proprietà e misurazione sono strettamente collegate, per il semplice fatto che se uno osserva una particella, nel momento stesso in cui lo fa, produce un effetto. Pertanto ha senso parlare della posizione di una certa particella solo e se si è in presenza di un apparto che ne rende possibile la misurazione e (come detto) quest'ultimo nel mentre la misura, la condiziona.
Einstein rispose che "dio non gioca a dadi", ma il dibattito che ne seguì, va ancora avanti e le implicazioni concettuali sono ancora oggetto di studio e d'indagine filosofica. :clap:


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Re: Filosofia

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Mark Fisher sostiene che il suo "realismo capitalista" è sinonimo (o quasi) di post-modernismo; quel quasi è dovuto al fatto negli anni Ottanta, quando Jameson e altri proposero quelle tesi, al capitalismo c'erano ancora alternative: il socialismo reale e lo sciopero dei minatori in Gran Bretagna e poi la vitalità del modernismo. Infine c'erano i Nirvana e il rock.

Queste prime pagine mi dicono che questo libro non parla né di politica, né di economia, ma di filosofia e fantascienza, per cui è meglio inserirlo in altra discussione.


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Re: Filosofia

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Sono arrivato a circa un terzo del libro di M. Fisher e per ora mi fa venire in mente il film "Supponiamo che dichiarino la guerra e nessuno ci vada". O anche "Il mago di Oz". ;)


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