La crisi del ciclismo italiano

Il mondo dei professionisti tra gare e complessità, e più in generale l'approccio al ciclismo di ogni appassionato
Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Evidentemente no
I risultati son disastrosi


Kanso
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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cycling_chrnicles ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 20:15
Kanso ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 15:06 Se il problema fosse la base allora saremmo invisibili anche nelle categorie giovanili e non mi sembra sia così, anzi
Ni.

In Italia molti ragazzini fanno i professionisti già da allievi, spesso vanno forte perché sono più avanti nello sviluppo dei coetanei provenienti da altri paesi e, poi, arrivano ai pro già cotti.

Posto che l'anno scorso Ayuso da primo anno U23 è venuto in Italia e ha umiliato tutti e la stessa cosa sta capitando quest'anno con Grégoire.
Potrebbe essere, però a livello junior ci sono squadre straniere che fanno quasi professionismo, come Team Auto Eder (squadra junior della Bora) e AG2R U19 che ha dominato l'ultima gara delle coppa delle nazioni. Prendono i piu forti da varie nazioni e partecipano a tutte le gari uci juniores, spesso dominando. Si allenano come i pro, hanno già agenti e contratti con squadre WT..

I nostri fanno perlopiù attività in Italia, ad esclusione di europei e mondiali, come fanno ad essere già cotti? Sbagliano tutti preparazione e si allenano male?


rododendro
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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E la domanda che pongo, può darsi (e spero vivamente) che i nostri maturino più tardi, però mai che una volta tanto un Turner, uno Sheffield, o financo un Fred Wright vengano fuori dallo stivale, diventare un corridore da GT è complicato e richiede un percorso più lungo e siamo d'accordo,, Bagioli Covi Baroncini sono e diventeranno (ri-spero) ottimi corridori però intanto, avendo un lungo momento down nelle corse di un giorno (escluso Roubaix 21)si soffre in attesa di segnali positivi della nuova generazione, alla quale non vorrei mettere ingiustamente troppa fretta ...


cycling_chrnicles
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Kanso ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 21:14
cycling_chrnicles ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 20:15
Kanso ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 15:06 Se il problema fosse la base allora saremmo invisibili anche nelle categorie giovanili e non mi sembra sia così, anzi
Ni.

In Italia molti ragazzini fanno i professionisti già da allievi, spesso vanno forte perché sono più avanti nello sviluppo dei coetanei provenienti da altri paesi e, poi, arrivano ai pro già cotti.

Posto che l'anno scorso Ayuso da primo anno U23 è venuto in Italia e ha umiliato tutti e la stessa cosa sta capitando quest'anno con Grégoire.
Potrebbe essere, però a livello junior ci sono squadre straniere che fanno quasi professionismo, come Team Auto Eder (squadra junior della Bora) e AG2R U19 che ha dominato l'ultima gara delle coppa delle nazioni. Prendono i piu forti da varie nazioni e partecipano a tutte le gari uci juniores, spesso dominando. Si allenano come i pro, hanno già agenti e contratti con squadre WT..

I nostri fanno perlopiù attività in Italia, ad esclusione di europei e mondiali, come fanno ad essere già cotti? Sbagliano tutti preparazione e si allenano male?
I tedeschi (Auto Eder), infatti, hanno lo stesso problema. Da juniores volano, da U23 sembrano buonini e da pro spariscono.

Che fine hanno fatto Herklotz, Mayrhofer, Markl e compagnia?

Al Lunigiana del 2019 mi sembravano pro sia gli italiani che i tedeschi onestamente.

Dove corri, se in Italia o in giro per l'Europa, alla fine, conta il giusto. Ad oggi ci sono sempre meno squadre e sempre meno gare, per cui per fare il salto di categoria devi ottenere i risultati. E per ottenere risultati si bruciano le tappe, ma sul lungo periodo si rischia pure di bruciare il resto.


Stasis
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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cycling_chrnicles ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 20:28
Winter ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 20:20
rododendro ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 14:54 pare che i nostri una volta approdati al professionismo non migliorino mentre oggi perfino l'emergente ciclismo scandinavo propone talenti in rampa di lancio....certo la base non sarà ampia però qualcosa non torna....
La base resta la seconda al mondo dopo la francia..
Anche per me qualcosa non torna
Io non capisco perché non si parli mai, ma mai mai mai, di chi dovrebbe seguire lo sviluppo di questi ragazzi.

I tecnici delle squadre giovanili lavorano bene?

Ma anche a un livello più alto: in Bardiani vanno tutti piano. Sono tutti brocchi?

Team Friuli e Corratec hanno vinto gare di categoria .1 quest'anno, Bardiani ed Eolo no? E' solo colpa dei corridori che sono scarsi? Dei DS, dei preparatori atletici e via dicendo parliamo solo quando hanno dei "presunti" meriti?
Quoto tutto, soprattutto il riferimento al CTF esempio virtuoso che da solo fa di più per il movimento di tutte e tre le professional messe insieme. Se non fosse per loro e la Colpack non avremmo neanche i pochi neoprof validi che passano.

Il problema é che non sforniamo più gente pronta (al netto dei risultati più o meno buoni di quelli già maturi).

A cosa sia dovuto non lo so, ma è chiaro che c'entra molto la preparazione atletica dei ragazzi nella fascia di età tra i 18 e i 23 anni che sono anni cruciali nello sviluppo di un atleta e che fanno la differenza tra il passaggio e la permanenza tra i prof e ritirarsi dopo 2 anni di contratto (ancora riferimento alla Bardiani).

Dall'esterno ho l'impressione che le tecniche evolvano mentre i nostri dirigenti e tecnici giovanili rimangono ai gloriosi fasti degli anni 90 e alle corse del lampredotto, agli espedienti dei preparatori di provincia e alle rivalità piccole di squadre piccole.


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Slegar
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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cycling_chrnicles ha scritto: mercoledì 20 aprile 2022, 22:19
Slegar ha scritto: mercoledì 20 aprile 2022, 20:37
Kanso ha scritto: martedì 19 aprile 2022, 20:37

Direi che Marta Cavalli ha decisamente più possibilità di andare a podio rispetto ai 3 citati
Vero, però nelle gare a tappe la coperta è comunque parecchio corta; ci sono Cavalli, Longo Borghini (quest'anno sarà la 12ª partecipazione) e Guderzo (che ha esordito al Giro un anno prima di Nibali), poi il resto è parecchio grigio. L'ultimo Giro femminile è stato vinto nel 2008 da Fabiana Luperini ed in questo periodo i ciclisti italiani l'hanno vinto 3+1 volte.
Gaia Realini, classe 2001, l'anno scorso ha fatto undicesima al Giro Rosa piazzandosi al sesto posto a Prato Nevoso, al nono nella cronoscalata di Cascata del Toce e all'undicesimo sul Monte Matajur.
Una tratto comune che vedo, sia al maschile che al femminile, è che quando la strada sale i giovani prospetti calano.
cycling_chrnicles ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 21:31
Kanso ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 21:14 Potrebbe essere, però a livello junior ci sono squadre straniere che fanno quasi professionismo, come Team Auto Eder (squadra junior della Bora) e AG2R U19 che ha dominato l'ultima gara delle coppa delle nazioni. Prendono i piu forti da varie nazioni e partecipano a tutte le gari uci juniores, spesso dominando. Si allenano come i pro, hanno già agenti e contratti con squadre WT..

I nostri fanno perlopiù attività in Italia, ad esclusione di europei e mondiali, come fanno ad essere già cotti? Sbagliano tutti preparazione e si allenano male?
I tedeschi (Auto Eder), infatti, hanno lo stesso problema. Da juniores volano, da U23 sembrano buonini e da pro spariscono.

Che fine hanno fatto Herklotz, Mayrhofer, Markl e compagnia?

Al Lunigiana del 2019 mi sembravano pro sia gli italiani che i tedeschi onestamente.

Dove corri, se in Italia o in giro per l'Europa, alla fine, conta il giusto. Ad oggi ci sono sempre meno squadre e sempre meno gare, per cui per fare il salto di categoria devi ottenere i risultati. E per ottenere risultati si bruciano le tappe, ma sul lungo periodo si rischia pure di bruciare il resto.
Il problema italiano, sempre a mio avviso, non è l'approccio alla categoria juniores, ma negli esordienti ed allievi. Gli juniores devono essere la categoria della scelta, per capire se si può avere un futuro sulle due ruote oppure no, però questa selezione non può essere spostata tra gli esordienti e gli allievi, perché in questo modo si buttano via potenziali talenti che a quelle età non sono ancora emersi per svariati motivi.


fair play? No, Grazie!
CicloSprint
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Ieri gli Italiani alla Liegi hanno fatto peggio del 2020 (l'edizione in conteporanea con il Giro), vero ?


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Visconte85
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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CicloSprint ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 11:35 Ieri gli Italiani alla Liegi hanno fatto peggio del 2020 (l'edizione in conteporanea con il Giro), vero ?
perchè ?


2022: Rund um Koln, Giro t.20, combinata giro
CicloSprint
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Visconte85 ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 12:21
CicloSprint ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 11:35 Ieri gli Italiani alla Liegi hanno fatto peggio del 2020 (l'edizione in conteporanea con il Giro), vero ?
perchè ?
Nel 2020 il miglior Italiano era De Marchi (31°), ma era un edizione fatta a ottobre e in conteporanea con il Giro, la Liegi di quest'anno era nella collocazione classica (e senza grandi corse in conteporanea) ma il miglior italiano è stato Ulissi 22° a 2 minuti e 30 secondi da Evernepoel, il ciclismo italiano è ancora dentro un tunnel... :(


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Visconte85
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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CicloSprint ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 13:08
Visconte85 ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 12:21
CicloSprint ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 11:35 Ieri gli Italiani alla Liegi hanno fatto peggio del 2020 (l'edizione in conteporanea con il Giro), vero ?
perchè ?
Nel 2020 il miglior Italiano era De Marchi (31°), ma era un edizione fatta a ottobre e in conteporanea con il Giro, la Liegi di quest'anno era nella collocazione classica (e senza grandi corse in conteporanea) ma il miglior italiano è stato Ulissi 22° a 2 minuti e 30 secondi da Evernepoel, il ciclismo italiano è ancora dentro un tunnel... :(
Alessandro caro
i numeri sono negativi, soprattutto per quanto riguarda i team made in italy
ricordiamoci che abbiamo vinto la Roubaix lo scorso anno e il Fiandre due anni fa
non scoppiamo di salute ma non abbattiamoci troppo


2022: Rund um Koln, Giro t.20, combinata giro
Andrea93
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Situazione davvero preoccupante, parlando nello specifico i corridori da cui mi aspettavo qualcosa in più in questa primavera sono Bagioli, Covi e Aleotti, anche se tutti e tre hanno fatto qualcosa di buono speravo fossero già ad un livello superiore


Bomby
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Andrea93 ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 15:14 Situazione davvero preoccupante, parlando nello specifico i corridori da cui mi aspettavo qualcosa in più in questa primavera sono Bagioli, Covi e Aleotti, anche se tutti e tre hanno fatto qualcosa di buono speravo fossero già ad un livello superiore
Su Aleotti interessante intervista a bici.pro: praticamente tra Covid preso a fine inverno (dopo i 2 training camp) e malanni vari la forma è traballante ed ha esordito in pratica alle Ardenne (alla Sanremo gli era tornata la febbre, costringendolo a saltare altre corse). Dovrebbe fare il giro, comunque.


Cthulhu
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Comunque io non sarei così pessimista.
Intanto siamo sempre quarti nella classifica UCI per nazioni che non sarà un exploit ma nemmeno un disastro.
Poi come ha fatto giustamente notare il più saggio di tutti noi, Uganda, i nostri spesso danno il meglio dopo i 30 anni.
Soprattutto lo sport italiano in genere almeno negli ultimi anni campa spesso su straordinari exploit out of the blue piuttosto che su un alto livello costante: nel calcio abbiamo vinto un Mondiale e un Europeo con squadre sulla carta nulla di che in mezzo a una serie di prove disastrose.
Nell'atletica dopo anni di nulla abbiamo vinto un mucchio di ori - e che ori - alle Olimpiadi e con ogni probabilità in futuro dovremmo tornare a sperare nel solito bronzetto della marciatrice di turno per entrare nel medagliere. Nel ciclismo sbucano fuori all'improvviso Bettiol ( Bettiol...) che ti vince il Fiandre, Colbrelli ( Colbrelli...) che ti vince la Roubaix e Caruso ( Caruso...) che arriva secondo al Giro.
Facciamo tutti previsioni apocalittiche, poi magari Nizzolo ti vince il Mondiale...


Bike65
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Cthulhu ha scritto: lunedì 25 aprile 2022, 21:31 Comunque io non sarei così pessimista.
Intanto siamo sempre quarti nella classifica UCI per nazioni che non sarà un exploit ma nemmeno un disastro.
Poi come ha fatto giustamente notare il più saggio di tutti noi, Uganda, i nostri spesso danno il meglio dopo i 30 anni.
Soprattutto lo sport italiano in genere almeno negli ultimi anni campa spesso su straordinari exploit out of the blue piuttosto che su un alto livello costante: nel calcio abbiamo vinto un Mondiale e un Europeo con squadre sulla carta nulla di che in mezzo a una serie di prove disastrose.
Nell'atletica dopo anni di nulla abbiamo vinto un mucchio di ori - e che ori - alle Olimpiadi e con ogni probabilità in futuro dovremmo tornare a sperare nel solito bronzetto della marciatrice di turno per entrare nel medagliere. Nel ciclismo sbucano fuori all'improvviso Bettiol ( Bettiol...) che ti vince il Fiandre, Colbrelli ( Colbrelli...) che ti vince la Roubaix e Caruso ( Caruso...) che arriva secondo al Giro.
Facciamo tutti previsioni apocalittiche, poi magari Nizzolo ti vince il Mondiale...
Questa mattina sulla gazzetta il commento di Cassani.

“Nel biennio nei under23 abbiamo vinto molto
Guardiamo alle donne siamo il punto di riferimento
Il problema è la mancanza di un team nel WT
Manca il faro che possa crescere i giovani
Ganna può vincere nel 2023 una monumento
Colbrelli senza il problema al cuore avrebbe portato in alto il tricolore
Siamo stati sfortunati.”

Il 4º punto mi soffermerei su quello, per il resto come tanti si vive nel sottosopra sportivo.


Salvatore77
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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A me sta cosa della squadra italiana WT sembra più un alibi che una vera causa.


1° Tour de France 2018
Campionato del mondo gara in linea 2021.
CicloSprint
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Da "La Gazzetta dello Sport" del 26 aprile 2022
Allegati
La Gazzetta dello Sport 26 aprile 2022-42.jpg
La Gazzetta dello Sport 26 aprile 2022-42.jpg (265.63 KiB) Visto 1004 volte
La Gazzetta dello Sport 26 aprile 2022-41.jpg
La Gazzetta dello Sport 26 aprile 2022-41.jpg (269.43 KiB) Visto 1004 volte


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jan80
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 7:41 A me sta cosa della squadra italiana WT sembra più un alibi che una vera causa.
infatti una squadra WT italiana non serve a nulla,con chi corri se italiani non ne hai??il problema sta nelle categorie giovanili,non si capisce perche' ma dopo i 20 anni i corridori si perdono per strada( forse esagerano troppo nelle categorie inferiori oppure abbiamo troppi pochi praticanti)


ciclistapazzo
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 7:41 A me sta cosa della squadra italiana WT sembra più un alibi che una vera causa.
Peraltro le varie voci di nuove squadre si fanno sempre più improbabili. La famosa squadra professional di alto livello di Cassani (come esempio si citava la Alpecin) sembra destinata a rimanere tale, almeno per quest'anno. In una intervista a gennaio diceva di essere fiducioso, ma che novità sarebbero arrivate a Marzo, perché quello era il tempo limite per allestire una professional forte. Si diceva che avrebbe avuto già un contatto con la squadra under23 della regione Emilia-Romagna (InRomagna mi pare si chiami) per trasformarla nella squadra di sviluppo della sua professional facendola passare continental. Lo ha ripetuto anche il direttore di questa squadra un paio di mesi fa. Siamo a fine Aprile e non è uscito nulla, il che mi sembra un pessimo segnale.

Alla fine restiamo per ora con 3 professional. La Eolo accumula nuove piccole sponsorizzazioni e sembra crescere a piccoli passi, ma per ora sembra lontana anni luce da fare quel salto che certi giornalisti davano per scontato. Lavora bene, sa tenere i suoi talenti (Fortunato), ma resta una squadra con 1 elemento forte, un ristretto gruppo di gente di livello e poi tanti ciclisti mediocri. La Drone Hopper è quella che sta ottenendo risultati migliori, ma Savio si sa che è bravissimo con i giovani. Non sembra però cambiato moltissimo rispetto alla epoca Androni, si lavora sui giovani e penso che quando qualcuno di loro (Tesfatsion) farà il salto di qualità verrà lasciato andare a lidi migliori. Mi sembra molto improbabile che la Drone possa diventare wt o una professional stile Arkea Samsic. Pensare che quando si preannunciava il nuovo sponsor, si lasciava credere che Savio avesse trovato un colosso in grado di portarlo nel WT.
La Bardiani continua a sembrarmi una squadra in crisi totale. Ora hanno mezzo organico fatto da under, e da anni sembra che chiunque passi da loro non riesca a fare il salto verso il professionismo. Per me c'è qualcosa che non va nelle scelte e nei metodi di lavoro. Fiorelli è del '94 e l'anno scorso prima del Giro correva ancora corse .2 tra Croazia e Rodi. L'ultimo prodotto Bardiani che è arrivato a alti livelli è stato Ciccone. Lasciamo perdere le operazioni nostalgia in stile Battaglin o Modolo...


Bike65
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 7:41 A me sta cosa della squadra italiana WT sembra più un alibi che una vera causa.
La globalizzazione si usa quando fa comodo


qrier
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da qrier »

La squadra italiana World Tour per me servirebbe per fare sì che dei nostri buoni atleti abbiano un trattamento migliore con più libertà e meno gregariato e scelta delle corse migliore per loro.

Abbiamo pochi talenti e tante volte vengono sprecati per interessi di squadra.

Se poi la squadra world tour avesse anche il team development meglio ancora, per far crescere i talenti.

Non è certo l'unico problema ma è uno dei problemi.


CicloSprint
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Ricordate quando nacque il vituperato Pro Tour? A fine 2004, l'Italia poteva vantare il corridore numero 1 al mondo (Damiano Cunego) e il Team numero 1 al Mondo (Mapei).

Il Pro Tour venne creato anche per dare più prestigio al Giro, nel 2004 Cunego (che era da classiche) vinse un corsa rosa senza grandi nomi da GT, anche un uomo da classiche lo poteva vincerlo, se Astarloa avesse avuto la forma che permise di vincere Freccia e Mondiale nel 2003..... e se Rebellin avesse avuto la forma che permise di fare il TREbellin (Amstel, Freccia e Liegi) a aprile 2004....

Dal 2005 in poi abbiamo assistito a un declino lento e inesorabile..... :( :( :(


nibali-san baronto
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Re: La crisi del ciclismo italiano

Messaggio da leggere da nibali-san baronto »

Opinione schietta e sintetica sui vari punti della pagina della Gazzetta.

Parto dal trafiletto intitolato I MOTIVI:
1) L'assenza di un team è un dato di fatto. Ma proprio essendo un dato di fatto sarebbe interessante chiedersi se sia una causa oppure un effetto.
2) I costi sono saliti senza dubbio... ed è una causa di quanto detto al punto 1.
3) Questa è una castroneria indicibile. Esempio: in Toscana il calendario allievi è completamente pieno, c'è almeno una corsa tutte le domeniche e spesso ce ne sono due. Peccato che ci siano soltanto 120 allievi toscani, tant'è che abbiamo startlist zeppe di fuori-regione, spesso infinitamente più forti dei toscani. La storia delle amministrazione che non collaborano è un'invettiva ipocrita che meriterebbe un'analisi quantomeno approfondita.
4) Ah beh... sono anni che lo scrivo qui, così come sono anni che tutti lo dicono per lavarsi la coscienza, però nessuno fa niente. Poi abbiamo bici.pro che intervista a casaccio DS di squadre giovanili ritenendoli voci autorevoli, con il risultato di pubblicare\rilanciare osservazioni indicibili.
5) Questo è un problema serio, ma non è assolutamente l'unico. Il ciclismo su strada per come viene svolto tra i bambini non è per niente attraente ed appetibile per un bambino. Ormai corrono soltanto i figli degli ex-corridori.

Cassani
Già l'incipit è quanto di più condivisibile si possa dire. L'unica cosa superflua è dire che il casus belli sia l'assenza di un team WT. Mentre per il resto condivido il suo pensiero (vedasi l'articolo scritto dal sottoscritto su Tiberi).

Basso
Fosse anche solo perché il progetto EOLO mi è piaciuto fin dall'inizio merita attenzione quello che dice, ma anche guardando direttamente al contenuto mi sembrano considerazioni di uno che si sporca le mani, ha la testa sulle spalle e riesce a misurare la reale dimensione del problema, senza proclami e catastrofismi. (qui addirittura Tiberi è citato direttamente, peraltro in modo intelligente visto che non è un corridore "suo")

Moser
Vabbè... come se Caruso al Giro risolvesse i problemi del nostro movimento.

Bennati
Il fatto che si accontenti di una professional in stile Alpecin è un segnale di realismo e concretezza da parte del CT. Anche se io guarderei più al modello Uno-X, teoricamente replicato dalla Bardiani, ma come qualcuno ha detto restano delle perplessità. Rimango dell'idea che abbiano fatto molto bene a creare il settore giovani e si vede dagli ordini di arrivo delle corse U23 internazionali, dominate dalle squadre di sviluppo. La Bardiani U23 (se così si può chiamare, pur sapendo che la squadra tesserata è una sola) è assolutamente competitiva e non sfigura assolutamente con le altre squadre di sviluppo. Il settore prettamente professionistico non decolla e qui mi trovo in difficoltà a trovare una spiegazione... da anni.

Fondriest
Vedasi il punto 3 del primo trafiletto... anche se devo dire che alcune squadre trentine (a partire dalla stessa Val di Non che lo stesso Maurizio ha sostenuto negli anni) lavorano secondo me molto bene e si è visto dal grande numero di ciclisti e cicliste trentini che si sono affacciati al professionismo negli ultimi anni. Quindi per quanto banale risulta un'osservazione apprezzabile quantomeno per un fatto di coerenza.

Guercilena
Ha analizzato un unico punto, ma lo ha fatto in modo interessante. E' sicuramente utile a capire ed eventualmente risolvere l'assenza di quadre italiane. Rimane il dubbio sul fatto che questa sia o meno la soluzione per il nostro movimento.

Saronni
Stranamente ha preso uno dei punti fondamentale, che già citavo più su. Quello che fa sorridere è dire che bisogna momentaneamente tamponare con un'attività federale che salvi i pochi talenti presenti e parli di Ganna come di uno casualmente venuto fuori: fa sorridere perché Ganna è venuto fuori proprio per l'attività dei tecnici federali e lui è proprio quello che gli aveva sparato merda addosso non capendone la crescita graduale. La contraddizione è sostanziale.


Stylus
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Il faro? Il faro è stato Vincenzo Nibali per anni, praticamente la foglia di fico, il parafulmine di un intero movimento ciclistico al quale addossare tutte le pressioni e cui si cerca di trasformare Ganna e dovremmo sentirne la mancanza? Deo gratias il re è nudo. Negli ultimi anni ci ha tenuti alti in classifica delle nazioni l'exploit da underdog di vittorie non pronosticabili, come il Fiandre di Bettiol o la Roubaix di Colbrelli, le vittorie in una monumento "falsano" la classifica, sono punti importanti che non rispecchiano chiaramente il movimento ciclistico, vedremo quest'anno. Credo che nella storia non siamo mai stati più in basso delle prime 4 nazioni, oggi siamo l'ottavo https://www.cyclingranking.com/countries/2022 (Non è l'UCI ma lo considero più veritiero e comunque sempre da raffontare alle annate precedenti sullo stesso sito)

Sono d'accordo che il movimento amatoriale è esasperato per la gioia dei costruttori, ma posso dire che il ciclismo amatoriale si è gonfiato in modo pazzesco pure all'estero (anzi, direi che la spinta green che ha prodotto più investimenti e sensibilità verso la mobilità due ruote e con essa il mercato delle bdc è stata decisamente maggiore fuori dai confini) e le bici costano 12000 euro anche per francesi / belgi / olandesi.
Ultima modifica di Stylus il martedì 26 aprile 2022, 12:58, modificato 1 volta in totale.


Salvatore77
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Le classifiche vanno analizzate a fine anno perché adesso sono frutto di una serie di gare in cui i nostri hanno reso poco per motivi anche di salute.
Secondo me finiremo comunque il 2022 meglio dell'ottavo posto. Spero. :)


1° Tour de France 2018
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Stylus
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 12:50 Le classifiche vanno analizzate a fine anno perché adesso sono frutto di una serie di gare in cui i nostri hanno reso poco per motivi anche di salute.
Secondo me finiremo comunque il 2022 meglio dell'ottavo posto. Spero. :)
Non è l'UCI ma lo considero abbastanza affidabile perché premia più la costanza dei "picchi" e comunque il giudizio è fatto confrontando la stessa classifica delle stagioni precedenti.

In testa ai primi 3 posti ci sono Belgio, Francia e Spagna che considero irraggiungibili, il Belgio ha 3500 punti di vantaggio, Francia e Spagna 1500 in meno ma hanno molti più nomi spendibili nelle gare a tappe. Al quarto posto c'è la Slovenia e non serve neppure commentare chi potrà portare punti a questa nazione.
Quindi in ordine Olanda, cui probabilmente le corse su cui fare più punti sono passate, con buon bottino di Van Baarle MVDP ma c'è ancora un mondiale di mezzo e lo scorso anno l'Olanda era appena dietro di noi "rubandogli" punti alla Roubaix. Quindi la Danimarca, e la Colombia, cui nomi migliori però sono quelli delle corse a tappe, Higuita e Martinez o il vecchio Uran, M.A. Lopez faranno peggio dei nostri nei GT? Non credo. Alle nostre spalle siamo tallonati dall'Australia (O'Connor, Hindley,Haig) ma soprattutto GBR, con i fratelli Yates. Potremmo recuperare un paio di nazioni ma allo stesso modo essere superati. Considero il podio al Giro di Caruso, la Roubaix di Colbrelli degli exploit e ribadire un podio in un GT la vedo impossibile, rimane l'unica classica monumento su cui puntare, il Lombardia.


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Slegar
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Alcune considerazioni:
nibali-san baronto ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 11:34 Opinione schietta e sintetica sui vari punti della pagina della Gazzetta.

Parto dal trafiletto intitolato I MOTIVI:
1) L'assenza di un team è un dato di fatto. Ma proprio essendo un dato di fatto sarebbe interessante chiedersi se sia una causa oppure un effetto.
2) I costi sono saliti senza dubbio... ed è una causa di quanto detto al punto 1.
1) Effetto, senza dubbio; nel 2005 le squadre italiane WT erano quattro, dieci anni dopo una, poi si passa al punto 2
2) I costi sono alti anche per gli altri. Della vicenda Ferrettti, visto che si parla delle quattro squadre ad inizio WT, stendiamo un velo pietroso, però giova ricordare che il suo posto è stato preso da una squadra che porta ora sulla maglia il marchio Citroën. Stanga per continuare, dopo il primo anno WT, andò a cercarsi sponsor in Germania, ma dal 2008 fu costretto a cedere la licenza ai tedeschi. Amadio aveva una squadra con Sagan e Nibali già lanciati, ma non riuscì a trovare uno sponsor che sostituisse la Liquigas e vendette la licenza (e le bici) a Vaughters; però Amadio è diventato Team manager di tutte le squadre nazionali (spero per la federazione che non debba trovare finanziatori). Saronni, con tutti i suoi limiti, è quello che ha resistito più a lungo, però per salvare la squadra ha dovuto affidarsi a Gianetti ed agli emiri. E sulle nostre professional neanche inizio.


fair play? No, Grazie!
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Slegar ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 13:26 Alcune considerazioni:
nibali-san baronto ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 11:34 Opinione schietta e sintetica sui vari punti della pagina della Gazzetta.

Parto dal trafiletto intitolato I MOTIVI:
1) L'assenza di un team è un dato di fatto. Ma proprio essendo un dato di fatto sarebbe interessante chiedersi se sia una causa oppure un effetto.
2) I costi sono saliti senza dubbio... ed è una causa di quanto detto al punto 1.
1) Effetto, senza dubbio; nel 2005 le squadre italiane WT erano quattro, dieci anni dopo una, poi si passa al punto 2
2) I costi sono alti anche per gli altri. Della vicenda Ferrettti, visto che si parla delle quattro squadre ad inizio WT, stendiamo un velo pietroso, però giova ricordare che il suo posto è stato preso da una squadra che porta ora sulla maglia il marchio Citroën. Stanga per continuare, dopo il primo anno WT, andò a cercarsi sponsor in Germania, ma dal 2008 fu costretto a cedere la licenza ai tedeschi. Amadio aveva una squadra con Sagan e Nibali già lanciati, ma non riuscì a trovare uno sponsor che sostituisse la Liquigas e vendette la licenza (e le bici) a Vaughters; però Amadio è diventato Team manager di tutte le squadre nazionali (spero per la federazione che non debba trovare finanziatori). Saronni, con tutti i suoi limiti, è quello che ha resistito più a lungo, però per salvare la squadra ha dovuto affidarsi a Gianetti ed agli emiri. E sulle nostre professional neanche inizio.
Assolutamente d'accordo.


Krisper
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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In una puntata di smartcycling, in piena campagna elettorale, L'attuale presidente della FCI parlava di campus estivi per bambini.
Mi è parsa una buona idea, magari in località a basso traffico e con molta attenzione delle polizie locali a controllare le strade.
Qualcuno sa qualcosa del progetto?
Campus dove far avvicinare e provare la dimensione sportiva della bici in tutte le sue espressioni. Bella occasione per socializzare e crescere.

Da genitore posso dire che la più grande preoccupazione è la sicurezza delle strade.

Poi c'è il discorso bici-scuola.
Qui le cose sono più complesse, con importanti problemi pratici.

Personalmente credo che si debba ragionare sport in generale-scuola.
I test sportivi scolastici per "selezionare" i dotati non mi piacciono. Non perché non possano essere utili, ma confina lo sport in una dimensione culturalmente pericolosa (darwinismo sociale).
Io sogno uno sport come strumento di espressione culturale del singolo, nella sua ricerca personale del gioco e del limite, e della società.
Non amo uno sport espressione solo della società ipercompetitiva in cui viviamo.

Tutte giuste le analisi sulla crisi del ciclismo italiano, ma pensiamo anche a che idea di sport vogliamo nel nostro futuro, quindi anche a che idea di ciclismo.
Non necessariamente deve essere lo sport dei campioni! Poi se arrivano, ben vengano.
Si progetti avendo le idee chiare di cosa si vuole, non la semplice ricerca del fenomeno!

Se lo sponsor investe nello sport solo per confermare "questa è la mia squadra, io sono capace di fare" (cito Guercilena), difficilmente vedremo uno sport diffuso, utile alla società, educativo.
Saremmo sempre relegati alla ricerca del risultato ad ogni costo, con tutto quello che ne consegue.

Infine, il mondo amatoriale in Italia non è causa della crisi del ciclismo italiano, ma una brutta copia dei suoi problemi.


La Tribuna del Sarto, luogo esterno alla Plaza de Toros occupato da chi segue la corrida ascoltando le voci del pubblico; un'eco, ago e filo di una narrazione, un “restar qui sullo stradone impolverato” a descrivere il silenzio tra una moto e l’altra
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Stylus ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 13:07
Salvatore77 ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 12:50 Le classifiche vanno analizzate a fine anno perché adesso sono frutto di una serie di gare in cui i nostri hanno reso poco per motivi anche di salute.
Secondo me finiremo comunque il 2022 meglio dell'ottavo posto. Spero. :)
Non è l'UCI ma lo considero abbastanza affidabile perché premia più la costanza dei "picchi" e comunque il giudizio è fatto confrontando la stessa classifica delle stagioni precedenti.

In testa ai primi 3 posti ci sono Belgio, Francia e Spagna che considero irraggiungibili, il Belgio ha 3500 punti di vantaggio, Francia e Spagna 1500 in meno ma hanno molti più nomi spendibili nelle gare a tappe. Al quarto posto c'è la Slovenia e non serve neppure commentare chi potrà portare punti a questa nazione.
Quindi in ordine Olanda, cui probabilmente le corse su cui fare più punti sono passate, con buon bottino di Van Baarle MVDP ma c'è ancora un mondiale di mezzo e lo scorso anno l'Olanda era appena dietro di noi "rubandogli" punti alla Roubaix. Quindi la Danimarca, e la Colombia, cui nomi migliori però sono quelli delle corse a tappe, Higuita e Martinez o il vecchio Uran, M.A. Lopez faranno peggio dei nostri nei GT? Non credo. Alle nostre spalle siamo tallonati dall'Australia (O'Connor, Hindley,Haig) ma soprattutto GBR, con i fratelli Yates. Potremmo recuperare un paio di nazioni ma allo stesso modo essere superati. Considero il podio al Giro di Caruso, la Roubaix di Colbrelli degli exploit e ribadire un podio in un GT la vedo impossibile, rimane l'unica classica monumento su cui puntare, il Lombardia.
Vediamo che succede. Le considerazioni che fai sono valide, ma poi in qualche maniera l'Italia risale, vuoi per il numero di corridori che fa punti, vuoi perché alcuni velocisti con tenuta raccolgono parecchio.
Io non credo che chiuderemo il 2022 ottavi, ma anche quarto o quinto il problema resta.


1° Tour de France 2018
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Krisper ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 15:10 In una puntata di smartcycling, in piena campagna elettorale, L'attuale presidente della FCI parlava di campus estivi per bambini.
Mi è parsa una buona idea, magari in località a basso traffico e con molta attenzione delle polizie locali a controllare le strade.
Qualcuno sa qualcosa del progetto?
Campus dove far avvicinare e provare la dimensione sportiva della bici in tutte le sue espressioni. Bella occasione per socializzare e crescere.

Da genitore posso dire che la più grande preoccupazione è la sicurezza delle strade.

Poi c'è il discorso bici-scuola.
Qui le cose sono più complesse, con importanti problemi pratici.

Personalmente credo che si debba ragionare sport in generale-scuola.
I test sportivi scolastici per "selezionare" i dotati non mi piacciono. Non perché non possano essere utili, ma confina lo sport in una dimensione culturalmente pericolosa (darwinismo sociale).
Io sogno uno sport come strumento di espressione culturale del singolo, nella sua ricerca personale del gioco e del limite, e della società.
Non amo uno sport espressione solo della società ipercompetitiva in cui viviamo.

Tutte giuste le analisi sulla crisi del ciclismo italiano, ma pensiamo anche a che idea di sport vogliamo nel nostro futuro, quindi anche a che idea di ciclismo.
Non necessariamente deve essere lo sport dei campioni! Poi se arrivano, ben vengano.
Si progetti avendo le idee chiare di cosa si vuole, non la semplice ricerca del fenomeno!

Se lo sponsor investe nello sport solo per confermare "questa è la mia squadra, io sono capace di fare" (cito Guercilena), difficilmente vedremo uno sport diffuso, utile alla società, educativo.
Saremmo sempre relegati alla ricerca del risultato ad ogni costo, con tutto quello che ne consegue.

Infine, il mondo amatoriale in Italia non è causa della crisi del ciclismo italiano, ma una brutta copia dei suoi problemi.
:clap: :clap: :clap:


Tommeke92
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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nibali-san baronto ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 11:34 Opinione schietta e sintetica sui vari punti della pagina della Gazzetta.

Parto dal trafiletto intitolato I MOTIVI:
1) L'assenza di un team è un dato di fatto. Ma proprio essendo un dato di fatto sarebbe interessante chiedersi se sia una causa oppure un effetto.
2) I costi sono saliti senza dubbio... ed è una causa di quanto detto al punto 1.
3) Questa è una castroneria indicibile. Esempio: in Toscana il calendario allievi è completamente pieno, c'è almeno una corsa tutte le domeniche e spesso ce ne sono due. Peccato che ci siano soltanto 120 allievi toscani, tant'è che abbiamo startlist zeppe di fuori-regione, spesso infinitamente più forti dei toscani. La storia delle amministrazione che non collaborano è un'invettiva ipocrita che meriterebbe un'analisi quantomeno approfondita.
4) Ah beh... sono anni che lo scrivo qui, così come sono anni che tutti lo dicono per lavarsi la coscienza, però nessuno fa niente. Poi abbiamo bici.pro che intervista a casaccio DS di squadre giovanili ritenendoli voci autorevoli, con il risultato di pubblicare\rilanciare osservazioni indicibili.
5) Questo è un problema serio, ma non è assolutamente l'unico. Il ciclismo su strada per come viene svolto tra i bambini non è per niente attraente ed appetibile per un bambino. Ormai corrono soltanto i figli degli ex-corridori.

Cassani
Già l'incipit è quanto di più condivisibile si possa dire. L'unica cosa superflua è dire che il casus belli sia l'assenza di un team WT. Mentre per il resto condivido il suo pensiero (vedasi l'articolo scritto dal sottoscritto su Tiberi).

Basso
Fosse anche solo perché il progetto EOLO mi è piaciuto fin dall'inizio merita attenzione quello che dice, ma anche guardando direttamente al contenuto mi sembrano considerazioni di uno che si sporca le mani, ha la testa sulle spalle e riesce a misurare la reale dimensione del problema, senza proclami e catastrofismi. (qui addirittura Tiberi è citato direttamente, peraltro in modo intelligente visto che non è un corridore "suo")

Moser
Vabbè... come se Caruso al Giro risolvesse i problemi del nostro movimento.

Bennati
Il fatto che si accontenti di una professional in stile Alpecin è un segnale di realismo e concretezza da parte del CT. Anche se io guarderei più al modello Uno-X, teoricamente replicato dalla Bardiani, ma come qualcuno ha detto restano delle perplessità. Rimango dell'idea che abbiano fatto molto bene a creare il settore giovani e si vede dagli ordini di arrivo delle corse U23 internazionali, dominate dalle squadre di sviluppo. La Bardiani U23 (se così si può chiamare, pur sapendo che la squadra tesserata è una sola) è assolutamente competitiva e non sfigura assolutamente con le altre squadre di sviluppo. Il settore prettamente professionistico non decolla e qui mi trovo in difficoltà a trovare una spiegazione... da anni.

Fondriest
Vedasi il punto 3 del primo trafiletto... anche se devo dire che alcune squadre trentine (a partire dalla stessa Val di Non che lo stesso Maurizio ha sostenuto negli anni) lavorano secondo me molto bene e si è visto dal grande numero di ciclisti e cicliste trentini che si sono affacciati al professionismo negli ultimi anni. Quindi per quanto banale risulta un'osservazione apprezzabile quantomeno per un fatto di coerenza.

Guercilena
Ha analizzato un unico punto, ma lo ha fatto in modo interessante. E' sicuramente utile a capire ed eventualmente risolvere l'assenza di quadre italiane. Rimane il dubbio sul fatto che questa sia o meno la soluzione per il nostro movimento.

Saronni
Stranamente ha preso uno dei punti fondamentale, che già citavo più su. Quello che fa sorridere è dire che bisogna momentaneamente tamponare con un'attività federale che salvi i pochi talenti presenti e parli di Ganna come di uno casualmente venuto fuori: fa sorridere perché Ganna è venuto fuori proprio per l'attività dei tecnici federali e lui è proprio quello che gli aveva sparato merda addosso non capendone la crescita graduale. La contraddizione è sostanziale.
Grazie per il tuo commento :clap:


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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nibali-san baronto ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 11:34 3) Questa è una castroneria indicibile. Esempio: in Toscana il calendario allievi è completamente pieno, c'è almeno una corsa tutte le domeniche e spesso ce ne sono due. Peccato che ci siano soltanto 120 allievi toscani, tant'è che abbiamo startlist zeppe di fuori-regione, spesso infinitamente più forti dei toscani. La storia delle amministrazione che non collaborano è un'invettiva ipocrita che meriterebbe un'analisi quantomeno approfondita.
La Toscana è proprio l esempio migliore per descrivere la crisi del ciclismo Italiano
Da 40 professionisti si è passati a 6..7
Una volta c erano tre corse juniores in contemporanea
Poi han voluto strafare
Con i corridori pagati anche da junior, spesso provenienti dal sud italia
I preparatori
Le piccole squadre son sparite
Le gare organizzate da quelle società pure


Mad
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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L'articolo della Gazzetta vorrebbe forse parlare anche del ciclismo giovanile, solo che non ha intervistato nessuno che se ne occupi anche solo lontanamente.


luketaro
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Io non capisco in che modo l'assenza di una wt italiana possa influire sulla mancanza di risultati dei corridori italiani. Ai colombiani è stata necessaria
la wt casalinga? E agli sloveni? A Carapaz, Bennett, Pedersen, Kristoff, Vlasov, Ghirmay, Sagan, Almeida, Padun, Kung, Kwiatkowski, Stybar, Vingegaard, Woods?

Vendrame, Basso, Battistella, Gazzoli, Martinelli, Moscon, Nibali, Velasco, Colbrelli, Milan, Zambanini, Aleotti, Fabbro, Consonni, Ganna, Rota, Affini, Conca, Bagioli, Ballerini, Masnada, Colleoni, Konychev, Sobrero, Dainese, Baroncini, Ciccone, Mosca, Moschetti, Tiberi, Covi, Oldani, Mareczko, Viviani, Fancellu, Conci, Piccolo.

Sono 37 corridori che dal 2016 in poi hanno avuto un'opportunità nel wt con una squadra straniera.

Una wt italiana può essere utile per dare una possibilità a dei giovani che altrimenti non avrebbero modo di testarsi in certi contesti. Però qui i nostri passano pro, ma poi in pochissimi esplodono.

Anche tra le altre nazioni storiche ci sono molti esempi di corridori di primo piano che sono entrati nel wt all'estero: Teuns, Van Baarle, Sivakov, Porte, Yates, Vanmarcke, Gilbert, Mas, Garcia Cortina, Van Aert, Dennis, Alaphilippe, Cavagna, Senechal, Stuyven, Ayuso, Rodriguez, Vine, O'Connor, Hindley, Carthy, Matthews. Tutta gente che fosse italiana come minimo sarebbero tra i nomi tirati in ballo quando ci si domanda "chi dei nostri potrebbe fare bene?" e che non ha avuto bisogno della squadra wt casalinga per fare il passo.

Se un giovane promette bene, un posto nel wt lo trova senza difficoltà anche all'estero. Questo giovane, se è forte, scalerà velocemente le gerarchie della squadra (indipendentemente da quale sia) e si conquisterà un ruolo da capitano. Di giovani italiani ultimamente ne sono passati diversi, ma in pochissimi sono riusciti ad imporsi nei loro team prima ancora che nelle gare più importanti. Un'eventuale presenza di una wt nostrana non cambierebbe nulla, perchè se nel team straniero ci sono dei ciclisti che sono più forti, avere la possibilità di fare il capitano di una squadra italiana significherebbe comunque perdere da quelli che attualmente sono i loro leader.

Per me bisogna cercare altre risposte ai quesiti posti da questa crisi del professionismo maschile:

Perchè solo Ganna, Colbrelli (per 6 mesi...) e Bettiol (ma è molto discontinuo) hanno raggiunto un certo livello? E questo nonostante gli italiani sono terzi per numero nel wt (4 in meno dei francesi, molti di più degli spagnoli, più del doppio degli inglesi, danesi e colombiani).

Perchè nessuno dei giovani velocisti è diventato stabilmente uno dei possibili vincitori delle volate nel wt?

Dove sono finiti gli scalatori?

Soprattutto l'ultima domanda secondo me merita un riflessione. Questo thread è attivo da ben prima di questa pessima campagna primaverile, che è stata caratterizzata da eventi eccezionali. Se quest'ultima debacle così fragorosa è da imputare ad una serie di coincidenze molto sfortunate (praticamente tutti i nostri sono stati male), negli anni scorsi globalmente la situazione non era disastrosa, seppur comunque non esaltante. Nelle scorse stagioni c'erano diversi corridori italiani che potevano essere delle seconde linee che magari trovando la giornata favorevole potevano diventare protagonisti, ma mancava la punta di diamante (posizione poi presa da Colbrelli in maniera un po' casuale). Se però si guardava solo l'ambito dei gt il panorama era già desolante, visto che i possibili nuovi uomini da gt usciti negli ultimi 10 anni si possono contare sulle dita di una mano.
Penso che alcuni di quelli che già negli anni scorsi parlavano di crisi del movimento in realtà si concentravano sulla penuria di gtisti italiani.


TheArchitect99
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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luketaro ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 23:21 Io non capisco in che modo l'assenza di una wt italiana possa influire sulla mancanza di risultati dei corridori italiani. Ai colombiani è stata necessaria
la wt casalinga? E agli sloveni? A Carapaz, Bennett, Pedersen, Kristoff, Vlasov, Ghirmay, Sagan, Almeida, Padun, Kung, Kwiatkowski, Stybar, Vingegaard, Woods?

Vendrame, Basso, Battistella, Gazzoli, Martinelli, Moscon, Nibali, Velasco, Colbrelli, Milan, Zambanini, Aleotti, Fabbro, Consonni, Ganna, Rota, Affini, Conca, Bagioli, Ballerini, Masnada, Colleoni, Konychev, Sobrero, Dainese, Baroncini, Ciccone, Mosca, Moschetti, Tiberi, Covi, Oldani, Mareczko, Viviani, Fancellu, Conci, Piccolo.

Sono 37 corridori che dal 2016 in poi hanno avuto un'opportunità nel wt con una squadra straniera.

Una wt italiana può essere utile per dare una possibilità a dei giovani che altrimenti non avrebbero modo di testarsi in certi contesti. Però qui i nostri passano pro, ma poi in pochissimi esplodono.

Anche tra le altre nazioni storiche ci sono molti esempi di corridori di primo piano che sono entrati nel wt all'estero: Teuns, Van Baarle, Sivakov, Porte, Yates, Vanmarcke, Gilbert, Mas, Garcia Cortina, Van Aert, Dennis, Alaphilippe, Cavagna, Senechal, Stuyven, Ayuso, Rodriguez, Vine, O'Connor, Hindley, Carthy, Matthews. Tutta gente che fosse italiana come minimo sarebbero tra i nomi tirati in ballo quando ci si domanda "chi dei nostri potrebbe fare bene?" e che non ha avuto bisogno della squadra wt casalinga per fare il passo.

Se un giovane promette bene, un posto nel wt lo trova senza difficoltà anche all'estero. Questo giovane, se è forte, scalerà velocemente le gerarchie della squadra (indipendentemente da quale sia) e si conquisterà un ruolo da capitano. Di giovani italiani ultimamente ne sono passati diversi, ma in pochissimi sono riusciti ad imporsi nei loro team prima ancora che nelle gare più importanti. Un'eventuale presenza di una wt nostrana non cambierebbe nulla, perchè se nel team straniero ci sono dei ciclisti che sono più forti, avere la possibilità di fare il capitano di una squadra italiana significherebbe comunque perdere da quelli che attualmente sono i loro leader.

Per me bisogna cercare altre risposte ai quesiti posti da questa crisi del professionismo maschile:

Perchè solo Ganna, Colbrelli (per 6 mesi...) e Bettiol (ma è molto discontinuo) hanno raggiunto un certo livello? E questo nonostante gli italiani sono terzi per numero nel wt (4 in meno dei francesi, molti di più degli spagnoli, più del doppio degli inglesi, danesi e colombiani).

Perchè nessuno dei giovani velocisti è diventato stabilmente uno dei possibili vincitori delle volate nel wt?

Dove sono finiti gli scalatori?

Soprattutto l'ultima domanda secondo me merita un riflessione. Questo thread è attivo da ben prima di questa pessima campagna primaverile, che è stata caratterizzata da eventi eccezionali. Se quest'ultima debacle così fragorosa è da imputare ad una serie di coincidenze molto sfortunate (praticamente tutti i nostri sono stati male), negli anni scorsi globalmente la situazione non era disastrosa, seppur comunque non esaltante. Nelle scorse stagioni c'erano diversi corridori italiani che potevano essere delle seconde linee che magari trovando la giornata favorevole potevano diventare protagonisti, ma mancava la punta di diamante (posizione poi presa da Colbrelli in maniera un po' casuale). Se però si guardava solo l'ambito dei gt il panorama era già desolante, visto che i possibili nuovi uomini da gt usciti negli ultimi 10 anni si possono contare sulle dita di una mano.
Penso che alcuni di quelli che già negli anni scorsi parlavano di crisi del movimento in realtà si concentravano sulla penuria di gtisti italiani.
Condivido tutto, però é indubbio che avere una squadra italiana importante sarebbe utilissimo, penso all'esempio della Uno-X che ha un progetto ottimo per far crescere i corridori norvegesi e danesi, una squadra del genere riempita di corridori giovani italiani che partecipa a corse di alto livello buttala via.
Poi che il problema sia piú profondo non c'é dubbio, ma avere una o più squadre della propria nazione che puntano su corridori di quella nazione é importante.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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luketaro ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 23:21 Dove sono finiti gli scalatori?
Questa è una domanda sacrosanta, a cui ti rispondo con un post scritto un po' di tempo fa.
nibali-san baronto ha scritto: giovedì 29 aprile 2021, 9:48 Da noi ci sono corse molto più impegnative che all'estero, ma quasi mai sono corse per scalatori. In Toscana ci dovrebbero dare il Nobel per le corse disegnate a caso (per non dire di peggio). Io ho sempre sostenuto la necessità di concentrarsi su corse pianeggianti con arrivo in salita impegnativo (alcune già esistono, ma troppe poche, e circoscritte alle solite aree geografiche. Fare circuiti con salite di 2 km, fa vincere i soliti uomini veloci. E così abbiamo Bagioli, Moscon, Bettiol, Trentin, Colbrelli, ecc... Ma abbiamo pochissimi scalatori. Gli unici che hanno speranze sono quelli che vanno forte a cronometro e che in linea sono costretti a vincere in solitaria (un po' come lo stesso Nibali). Se ci uniamo che il panorama delle corse a tappe è desolante (al netto degli sforzi di Cassani tra gli U23), non abbiamo possibilità di trovare qualcuno da GT.
Ragioniamo per assurdo: io da corridore (e tutto sommato anche ora) pesavo circa 57 kg. Prendiamo come riferimento la mia annata da junior 1o anno (visto che durante la seconda è andata tutta alla rovescia). Di corse con salite lunghe dove conti il rapporto peso potenza ne avrò trovate un paio (e parliamo di salite di 4/5 km circa). In entrambe scollinavo suddette salite con i più forti (parliamo di Manfredi, Benedetti, Innocenti, nomi arcinoti anche se due son caduti in disgrazia per motivi completamente diversi). Di corse a tappe ne ho fatte 0. ZERO. A me chi la dà la certezza che correndo sullo Stelvio (ormai faccio l'iperbolico fino in fondo) non sarei andato forte?
È evidente che i numeri fossero quelli, non mi voglio sopravvalutare, ma sta di fatto che un ragazzo di 57 kg che arrivava spesso tra la 20a e la 10a posizione in corse ondulate non ha mai avuto modo di fare né una salita di 10 km né una corsa a tappe.
Quanti ne stiamo perdendo? Io sicuramente no. Ma qualcun altro molto probabilmente sì.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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nibali-san baronto ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 11:26
luketaro ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 23:21 Dove sono finiti gli scalatori?
Questa è una domanda sacrosanta, a cui ti rispondo con un post scritto un po' di tempo fa.
nibali-san baronto ha scritto: giovedì 29 aprile 2021, 9:48 Da noi ci sono corse molto più impegnative che all'estero, ma quasi mai sono corse per scalatori. In Toscana ci dovrebbero dare il Nobel per le corse disegnate a caso (per non dire di peggio). Io ho sempre sostenuto la necessità di concentrarsi su corse pianeggianti con arrivo in salita impegnativo (alcune già esistono, ma troppe poche, e circoscritte alle solite aree geografiche. Fare circuiti con salite di 2 km, fa vincere i soliti uomini veloci. E così abbiamo Bagioli, Moscon, Bettiol, Trentin, Colbrelli, ecc... Ma abbiamo pochissimi scalatori. Gli unici che hanno speranze sono quelli che vanno forte a cronometro e che in linea sono costretti a vincere in solitaria (un po' come lo stesso Nibali). Se ci uniamo che il panorama delle corse a tappe è desolante (al netto degli sforzi di Cassani tra gli U23), non abbiamo possibilità di trovare qualcuno da GT.
Ragioniamo per assurdo: io da corridore (e tutto sommato anche ora) pesavo circa 57 kg. Prendiamo come riferimento la mia annata da junior 1o anno (visto che durante la seconda è andata tutta alla rovescia). Di corse con salite lunghe dove conti il rapporto peso potenza ne avrò trovate un paio (e parliamo di salite di 4/5 km circa). In entrambe scollinavo suddette salite con i più forti (parliamo di Manfredi, Benedetti, Innocenti, nomi arcinoti anche se due son caduti in disgrazia per motivi completamente diversi). Di corse a tappe ne ho fatte 0. ZERO. A me chi la dà la certezza che correndo sullo Stelvio (ormai faccio l'iperbolico fino in fondo) non sarei andato forte?
È evidente che i numeri fossero quelli, non mi voglio sopravvalutare, ma sta di fatto che un ragazzo di 57 kg che arrivava spesso tra la 20a e la 10a posizione in corse ondulate non ha mai avuto modo di fare né una salita di 10 km né una corsa a tappe.
Quanti ne stiamo perdendo? Io sicuramente no. Ma qualcun altro molto probabilmente sì.
Come è possibile Francesco che nessuno si occupi di fare qualcosa a livello organizzativo per cambiare questa situazione?


nibali-san baronto
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Tommeke92 ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 11:49 Come è possibile Francesco che nessuno si occupi di fare qualcosa a livello organizzativo per cambiare questa situazione?
"Si è sempre fatto così"
"Le amministrazioni ci vogliono male"
"La corsa deve venire dura"
ecc.


luketaro
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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nibali-san baronto ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 11:26
luketaro ha scritto: martedì 26 aprile 2022, 23:21 Dove sono finiti gli scalatori?
Questa è una domanda sacrosanta, a cui ti rispondo con un post scritto un po' di tempo fa.
nibali-san baronto ha scritto: giovedì 29 aprile 2021, 9:48 Da noi ci sono corse molto più impegnative che all'estero, ma quasi mai sono corse per scalatori. In Toscana ci dovrebbero dare il Nobel per le corse disegnate a caso (per non dire di peggio). Io ho sempre sostenuto la necessità di concentrarsi su corse pianeggianti con arrivo in salita impegnativo (alcune già esistono, ma troppe poche, e circoscritte alle solite aree geografiche. Fare circuiti con salite di 2 km, fa vincere i soliti uomini veloci. E così abbiamo Bagioli, Moscon, Bettiol, Trentin, Colbrelli, ecc... Ma abbiamo pochissimi scalatori. Gli unici che hanno speranze sono quelli che vanno forte a cronometro e che in linea sono costretti a vincere in solitaria (un po' come lo stesso Nibali). Se ci uniamo che il panorama delle corse a tappe è desolante (al netto degli sforzi di Cassani tra gli U23), non abbiamo possibilità di trovare qualcuno da GT.
Ragioniamo per assurdo: io da corridore (e tutto sommato anche ora) pesavo circa 57 kg. Prendiamo come riferimento la mia annata da junior 1o anno (visto che durante la seconda è andata tutta alla rovescia). Di corse con salite lunghe dove conti il rapporto peso potenza ne avrò trovate un paio (e parliamo di salite di 4/5 km circa). In entrambe scollinavo suddette salite con i più forti (parliamo di Manfredi, Benedetti, Innocenti, nomi arcinoti anche se due son caduti in disgrazia per motivi completamente diversi). Di corse a tappe ne ho fatte 0. ZERO. A me chi la dà la certezza che correndo sullo Stelvio (ormai faccio l'iperbolico fino in fondo) non sarei andato forte?
È evidente che i numeri fossero quelli, non mi voglio sopravvalutare, ma sta di fatto che un ragazzo di 57 kg che arrivava spesso tra la 20a e la 10a posizione in corse ondulate non ha mai avuto modo di fare né una salita di 10 km né una corsa a tappe.
Quanti ne stiamo perdendo? Io sicuramente no. Ma qualcun altro molto probabilmente sì.
Questo è un post molto interessante, ma che non spiega come facciano ad esempio Inghilterra e Australia a sfornare fior fior di scalatori. Dove le trovano loro le salite lunghe su cui testarsi?
I percorsi delle corse giovanili sono sicuramente un problema, ma penso che ci siamo anche altre motivazioni.


nibali-san baronto
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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luketaro ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 12:35 Questo è un post molto interessante, ma che non spiega come facciano ad esempio Inghilterra e Australia a sfornare fior fior di scalatori. Dove le trovano loro le salite lunghe su cui testarsi?
I percorsi delle corse giovanili sono sicuramente un problema, ma penso che ci siamo anche altre motivazioni.
In parte avevo già risposto qui:
nibali-san baronto ha scritto: giovedì 29 aprile 2021, 14:42 Intanto ti invito a notare che magari non hanno salite, ma puntano molto sulle cronometro (cosa ben diversa dalle corse per velocisti). E anche qui Nibali insegna, visto che vinse il bronzo (sia da junior che da U23 se mi ricordo bene).
Si potrebbe dire lo stesso Tiberi il cui percorso di crescita verso i GT è passato dal mondiale a cronometro juniores.

Aggiungo che si tratta di un fatto di concorrenza e spazio per emergere. Il problema che pongo io è che uno scalatore puro se non va abbastanza forte smette di correre se non ci sono corse del tipo che dicevo prima. Per far emergere uno scalatore tra gli junior basta anche un arrivo in salita dai 5 km in su, magari impegnativo, non c'è bisogno del Mortirolo o dello Stelvio (a parte l'iperbole che facevo nel primo post).

Se avessimo un sistema che garantisce a tutti di correre fino a 23 anni ed emergere a quell'età non ci sarebbe bisogno del distinguo. Ma se smetti a 18 anni, al Giro della Valle d'Aosta non ci arriverai mai a testarti. Ragionando alla rovescia, se ci fossero più corse a tappe tra gli junior (aperte a tutti, non su convocazione) ci sarebbero palcoscenici per mettere in mostra delle qualità che altrimenti non emergono.

Se vogliamo più scalatori/diesel/GTisti dobbiamo risolvere almeno uno di questi problemi.


Salvatore77
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Con gli strumenti di oggi non è difficile capire se un corridore è forte in salita. Basta fare dei test in allenamento e certe attitudini si intuiscono.
Naturalmente se le corse con salite sono rare, va a finire che emergono altri tipi di corridori ma soprattutto per questioni di risultati che anche nelle categorie giovanili contano parecchio.


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nibali-san baronto
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Salvatore77 ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 16:59 Con gli strumenti di oggi non è difficile capire se un corridore è forte in salita. Basta fare dei test in allenamento e certe attitudini si intuiscono.
Naturalmente se le corse con salite sono rare, va a finire che emergono altri tipi di corridori ma soprattutto per questioni di risultati che anche nelle categorie giovanili contano parecchio.
Questo è vero, ma i test hanno il grosso difetto di non essere rapportabili a prestazioni reali. Il mondo è pieno di ciclisti che fanno test esorbitanti e poi in corsa non rende, per infiniti motivi. Diciamo che se vedo di avere un ragazzo che ha quel tipo di caratteristiche lo posso volontariamente portare ad un certo tipo di corse per capire quanto rende davvero.
Dopodiché vale quello che ho evidenziato nel tuo post.


Mad
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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nibali-san baronto ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 12:18
Tommeke92 ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 11:49 Come è possibile Francesco che nessuno si occupi di fare qualcosa a livello organizzativo per cambiare questa situazione?
"Si è sempre fatto così"
"Le amministrazioni ci vogliono male"
"La corsa deve venire dura"
ecc.
Vero che non bazzico più gli juniores maschili dal 2020, ma di gare con arrivi in salita di 5 o più km ce ne sono, a livello nazionale.


Bomby
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Anche io mi domando la necessità per gli juniores di fare tutta una serie di corse attorno al campanile. Non che sia sempre facile essere originali, se ti trovi in un paesello in mezzo alla pianura padana puoi fare poco se non la corsa per velocisti. Cara grazia che la facciano. Ma se hai la possibilità di creare qualche variazione, perché non tentare? La società ciclistica locale organizza una gara nazionale (Francesco c'ha portato la squadra l'anno scorso e non m'ha nemmeno salutato), tutta in pianura, con l'unica difficoltà costituita da una stradina di larghezza belga piuttosto tortuosa. Per fare il tracciato bloccano di fatto tutte le strade di accesso al paese (che non è un problema in una domenica d'estate, il fatto è che trovi sempre qualcuno che vuole passare lo stesso col serio rischio che finisca sulla corsa, e i volontari hanno un bel daffare per farli desistere). Peccato che giusto dall'altra parte del paese ci siano km e km di sterrati in condizioni accettabili, su strade non trafficate (che sono più facili da chiudere della provinciale) e che soprattutto consentono di creare un anello senza interrompere l'accesso al paese. Soprattutto, a livello agonistico la corsa diventa molto più interessante: non sarà la Toscana o il Belgio, ma almeno a livello tecnico è meglio di una corsa tutta piatta.


Winter
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Mad ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 20:22
Vero che non bazzico più gli juniores maschili dal 2020, ma di gare con arrivi in salita di 5 o più km ce ne sono, a livello nazionale.
Pure a me..
In generale si son organizzate meno gare ma di corse con arrivo in salita ce ne sono
Trofeo Madonna della guardia, arrivo al colle della guardia sopra gozzano
Olgiate ghisallo
Pordenone tramonti di sopra
Pian camuno - monte campione
Zanica monte pora
Trofeo bottecchia a piancavallo
Collegno sestriere
Ecc


Io ne farei di piu
Però ce ne sono


Bomby
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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Forse però l'ottica di Francesco è quella di un ragazzo che ha corso in Toscana e nel centro Italia. Tutte le corse che dite non sono esattamente dietro l'angolo... Gli juniores in buona parte vanno ancora a scuola, e i trasferimenti non costano certo 2 lire, se poi serve un pernottamento, arrivederci. Tutto sulle spalle dei genitori e delle società: credo che il problema sia quello, oltre al fatto che sciropparsi trasferte di 3-400 km ad andare e altrettanti a tornare, con in mezzo un centinaio di km di corsa non è esattamente una passeggiata, tutte le settimane magari.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Bomby ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 23:03 Forse però l'ottica di Francesco è quella di un ragazzo che ha corso in Toscana e nel centro Italia. Tutte le corse che dite non sono esattamente dietro l'angolo... Gli juniores in buona parte vanno ancora a scuola, e i trasferimenti non costano certo 2 lire, se poi serve un pernottamento, arrivederci. Tutto sulle spalle dei genitori e delle società: credo che il problema sia quello, oltre al fatto che sciropparsi trasferte di 3-400 km ad andare e altrettanti a tornare, con in mezzo un centinaio di km di corsa non è esattamente una passeggiata, tutte le settimane magari.
E bravo Bomby. Non devo aggiungere altro, se non che come scrivevo più su, proprio dal nord Italia esce il maggior numero di professionisti ultimamente. Guarda caso.
Bomby ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 20:30 (Francesco c'ha portato la squadra l'anno scorso e non m'ha nemmeno salutato)
Detta così non è che io passi tanto bene :diavoletto:


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nibali-san baronto ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 23:21
Bomby ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 23:03 Forse però l'ottica di Francesco è quella di un ragazzo che ha corso in Toscana e nel centro Italia. Tutte le corse che dite non sono esattamente dietro l'angolo... Gli juniores in buona parte vanno ancora a scuola, e i trasferimenti non costano certo 2 lire, se poi serve un pernottamento, arrivederci. Tutto sulle spalle dei genitori e delle società: credo che il problema sia quello, oltre al fatto che sciropparsi trasferte di 3-400 km ad andare e altrettanti a tornare, con in mezzo un centinaio di km di corsa non è esattamente una passeggiata, tutte le settimane magari.
E bravo Bomby. Non devo aggiungere altro, se non che come scrivevo più su, proprio dal nord Italia esce il maggior numero di professionisti ultimamente. Guarda caso.
Bomby ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 20:30 (Francesco c'ha portato la squadra l'anno scorso e non m'ha nemmeno salutato)
Detta così non è che io passi tanto bene :diavoletto:
Nessuno può negare il discorso economico, ma se hai uno che vale lo sforzo lo fai. Adesso che sono impegnato nel femminile poi, lo sforzo lo devi fare altrimenti non corri proprio.


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Re: La crisi del ciclismo italiano

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Dal Nord Italia sono sempre storicamente usciti la maggior parte dei professionisti, anzi, direi che l'evoluzione degli ultimi anni che ha visto primeggiare soprattutto atleti del sud nelle corse a tappe è qualcosa di unico.

Che comunque continua a non spiegare il perché il ciclismo italiano sia in crisi, e vadano tutti piano, che siano sopra o sotto il Po :D


nibali-san baronto
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Mad ha scritto: giovedì 28 aprile 2022, 7:41
nibali-san baronto ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 23:21
Bomby ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 23:03 Forse però l'ottica di Francesco è quella di un ragazzo che ha corso in Toscana e nel centro Italia. Tutte le corse che dite non sono esattamente dietro l'angolo... Gli juniores in buona parte vanno ancora a scuola, e i trasferimenti non costano certo 2 lire, se poi serve un pernottamento, arrivederci. Tutto sulle spalle dei genitori e delle società: credo che il problema sia quello, oltre al fatto che sciropparsi trasferte di 3-400 km ad andare e altrettanti a tornare, con in mezzo un centinaio di km di corsa non è esattamente una passeggiata, tutte le settimane magari.
E bravo Bomby. Non devo aggiungere altro, se non che come scrivevo più su, proprio dal nord Italia esce il maggior numero di professionisti ultimamente. Guarda caso.
Bomby ha scritto: mercoledì 27 aprile 2022, 20:30 (Francesco c'ha portato la squadra l'anno scorso e non m'ha nemmeno salutato)
Detta così non è che io passi tanto bene :diavoletto:
Nessuno può negare il discorso economico, ma se hai uno che vale lo sforzo lo fai. Adesso che sono impegnato nel femminile poi, lo sforzo lo devi fare altrimenti non corri proprio.
Ma fin tanto che non lo testo (sul campo, non sui rulli) non so se valga o meno lo sforzo. Rimane il fatto che di corse a tappe non ce ne sono, né al nord né al sud. Ci sono squadre che vanno già all'estero, ma lì sì che volano quattrini.
Stylus ha scritto: giovedì 28 aprile 2022, 7:52 Dal Nord Italia sono sempre storicamente usciti la maggior parte dei professionisti, anzi, direi che l'evoluzione degli ultimi anni che ha visto primeggiare soprattutto atleti del sud nelle corse a tappe è qualcosa di unico.

Che comunque continua a non spiegare il perché il ciclismo italiano sia in crisi, e vadano tutti piano, che siano sopra o sotto il Po :D
Il fatto è che Nibali, Pozzovivo e Caruso non sono fiori all'occhiello del ciclismo meridionale, bensì il canto del cigno di quello settentrionale: Nibali e Caruso vengono dalla Mastromarco, mentre Pozzovivo è stato prima con Locatelli e poi alla Zalf. Si tratta di gente con un grandissimo motore, che è stata in grado di emergere pur avendo pochi mezzi a disposizione e una volta entrati in contatto con squadre di alto livello il salto di qualità è stato immediato. Ma perché erano tre grandi motori.

La prova del 9 è anche il fatto che stanno avendo carriere molto lunghe e raccogliendo risultati anche in età avanzata, sintomo che quando sono venite al nord da junior\u23 erano ancora molto freschi sia di testa che di fisico.

EDIT. Diciamo che, per paradosso, vivere in aree meno ciclisticamente attive potrebbe essere stata la loro fortuna. Un grande talento meno lo si allena e meglio è, perché così puoi riservarti il salto di qualità quando veramente serve. Ed ecco che Caruso a 33 anni riesce a salire sul podio del Giro.

Se ci riallacciamo al fatto delle corse, basta vedere che tipo di palmares ha Caruso tra gli U23: o corse a tappe (e relativi successi di tappa) oppure classiche molto impegnative. Non solo: se prendiamo il Giro della Lunigiana, a cui si partecipa solo su convocazione, è molto più facile farlo se si vive in Sicilia, perché hai meno concorrenza per essere convocato. Il responsabile della rappresentativa toscana invece prende la classifica di rendimento e porta quelli che hanno fatto più punti. Vai tranquillo che lo scalatore potrebbe essere ancora a 0.


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