Storia

Dove discutere di altri sport e di tutto il resto
Gimbatbu
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aitutaki1 ha scritto: giovedì 20 gennaio 2022, 18:55
lemond ha scritto: giovedì 20 gennaio 2022, 17:27
aitutaki1 ha scritto: giovedì 20 gennaio 2022, 17:10 Dal Triclinio siamo poi finiti al patto della crostata.
Ma non erano imparentati ? Come i Lettas tessitori dell' oligarchia attuale.
A dire la verità non ho capito nulla, perché non so che cosa sia "il patto della crostata", né i Lettas, ma forse qui ti riferisci a un paio di politici che di cognome fanno Letta? Mi pare uno fosse democristiano e l'altro invece di "sinistra", ma mi posso sbagliare; in ogni modo l'ultima volta che mi sono occupato di cronaca politica fu quando Giacinto (detto Marco) litigò di brutto con Bordin. :x
Mi pare grave,
anche non seguendo la politica il patto della crostata di cui ti accludo la definizione neutra della Treccani (essendo un tema sensibile e facile da colorare ideologicamente) è quello grazie al quale siamo nella disastrosa situazione attuale socio economica oltre ad un parlamento di nominati votati da nessuno ma eletti con la lista bloccata. Svoltosi appunto a Roma in casa Letta* nel 1997 :

"A casa di Gianni Letta, alla Camilluccia a Roma, vennero allora invitati lo stesso D'Alema (Pds) e Franco Marini (Ppi) per l'Ulivo; Berlusconi (Forza Italia) e Gianfranco Fini (An) per il Polo. Attorno alla crostata ... fu raggiunto un patto: governo di tipo semipresidenziale e legge elettorale maggioritaria a doppio turno. (Giornale.it, 21 dicembre 2009, Politica) • Nel cosiddetto "patto della crostata" D'Alema si impegna a non spingere sulla legge sul conflitto di interessi e Berlusconi intende proseguire i lavori della Bicamerale fino all'accordo finale. (Daniele Biacchessi, Sole 24 Ore.com, 20 gennaio 2014, Notizie)."

In pratica l' attuazione del piano per la rinascita di Gelli in cambio del salvataggio di un PiDuista. Esilarante.

* definirli democristiano 1 e di sinistra l' altro al massimo vale per l' estrazione ma era DC anche il secondo ! La storia politica di tutti e 2 è molto distante e direi opposta alle radici millantate. Gianni è l' espressione della congregazione affarista romana prima messo a presidiare l' informazione e poi per 3 volte sottosegretario alla presidenza del consiglio sempre nei governi Berlusconi.
Enrico ... cresciuto nei giovani DC è stato piazzato al ministero degli esteri a 27 anni, un boiardo modello, passato da DC-PPI-Margherita-Ulivo-PD
a cui dobbiamo tra l' altro l’approvazione del Pareggio di Bilancio costituzionale.
Riporto la definizione di un fratello :
"Enrico Letta, un Para-Massone diligente, mediocre, subalterno e servizievole, all’Obbedienza dei circuiti massonici sovranazionali più reazionari e antidemocratici" (G. Magaldi)
grave omissione della Treccani, a quella cena c' era pure Mattarella!


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I giorni del potere III

Il giorno di capodanno Lucio Cornelio Silla si era svegliato prima dell'alba con la matrigna alla destra e l'altra amante a sinistra, con le due erano vestite di tutto punto e ce l'avevano con lui, perché nonostante in quel periodo preferisse le donne, la sera prima aveva portato con sè Metrobio, un quattordicenne per età ma un millennio di vizi sulle spalle! :D
Il motivo per il quale Silla preferiva le donne era perché erano di gran lunga più sciocche e generose e due anni prima aveva conosciuto Nicopolis, una vedova benestante dispostissima a mantenerlo nel lusso, ma purtroppo non gli dava denaro contante, in quel caso le donne erano sciocche, ma anche scaltre! :x Dopo la morte di suo padre, a Nicopolis Silla aveva aggiunto la di lui vedova (Clitumna) che non era per nulla contraria a dividere il letto con l'altra e quindi il trio funzionava abbastanza bene, guastato solo (di tanto in tanto) dalla debolezza di Silla per i giovanetti. :) Ma in quella vigilia di capodanno Silla si era fatto vedere da tutti con Metrobio in un angolino che si erano immaginati più appartato di quanto realmente fosse! Anche le due "sue" donne ne erano venute a conoscenza e per poco quella "piccola" scappatella non si era trasformata in tragedia!
Lucio Cornelio Silla compiva trent'anni quel giorno e da sempre era vissuto nella menzogna: tutti credevano che dovesse il nome al fatto di essere stato un liberto della grande gens Cornelia, ma la verità era che, nonostante fosse stato iscritto dai censori come "capite censi" (nota mia, nullatenente), era un patrizio, figlio di aristocratico e così via per generazioni e quindi per diritto di nascita gli sarebbe spettato il consolato, se non fosse stato per la tragedia della miseria! E per questo, invece che entrare in Senato, era mantenuto da due donne volgari e non sembrava ci fosse nessuna speranza di poter riuscire a possedere beni tali da consentirgli di far valere i diritti di nascita!!!
Magari, se si fosse rivolto a qualche parente alla lontana e avesse implorato, avrebbe potuto ottenere un grosso prestito, ma l'orgoglio, che si poteva tacitare con le donne, si ribellava all'idea di chiedere l'elemosina: meglio una nullità che essere qualcuno, ma gemere sotto l'oneroso fardello clientelare di un grosso prestito, LUI, un PATRIZIO della Gens CORNELIA!


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I giorni del potere IV

Dove precisamente fosse diretto Silla, quando uscì dalla casa della matrigna, non lo sapeva nemmeno lui, ma appena uscito vide dinanzi le donne di Gaio Giulio Cesare. La moglie era una Marzia, figlia del costruttore dell'Aqua Marcia, più che quarantenne, ma comunque una matrona più che piacente, ma non poteva minimamente gareggiare, in bellezza, con le figlie: vere Iulie, anche se i loro borsellini erano snelli come i corpi. :)
Il denaro governava il mondo e, senza di esso non si poteva arrivare alla carica di pretore che aveva assicurato sempre a tutti un posto onorato nella società romana. Al pretore era affidato il governo di una Provincia e là era un "DIO" e i modi di arricchirsi ancora di più erano molteplici.
Di lì a poco incontrò anche le donne della famiglia di Claudio Pulcher e Silla conosceva molto bene (in senso biblico ;) ) Licinia e Domizia, e costoro a vederlo, si scambiarono sguardi furtivi, intimorite vieppiù dalla vicinanza di Marzia: pilastro di rettitudine, monumento di virtù! Licinia in particolare lasciava trapelare ciò che provava e cioè il pentimento per essersi concessa a quell'uomo, troppo pericoloso (questo lo sapevano tutti!)
Il piacere di giocare con le due, però svanì di colpo e, girando sui talloni, si diresse verso il Foro, anche se, per scelta personale, non si era mai curato di seguire l'andamento della politica, perché era ben conscio che non sarebbe servito a nulla interessarsi di una vita che non poteva MAI avere!
Stava per andarsene, quando incrociò lo sguardo di un fiero senatore di alta statura, con la toga da magistrato anziano. Quello sì che era un uomo, ma chi? A giudicare dai tratti non sembrava imparentato con nessuna delle famiglie patrizie, perché di costoro ne riconosceva, senza fallo, le caratteristiche fisiche.
Silla era inquieto e si girò di scatto per allontanarsi dalla folla, ma per andare dove? Una vocina della mente gli disse che quel giorno doveva metter piede al Senato.


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I giorni del potere V

Il guaio per un legittimo sovrano in visita a Roma era che non poteva varcare il *pomerium* (la cinta sacra) e quindi era lontano dalla città in quel capodanno, mentre stava pensando a come si dovevano affrontare i romani; se solo lo avesse saputo non sarebbe stato preoccupato quanto ammetteva di essere fra sé e sé.
Suo nonno era stato il grande Massinissa, che aveva creato il regno di NUmidia, dopo la sconfitta inferta da Roma a Cartagine. Sulle prime l'ascesa al potere aveva avuto l'aperta connivenza di Roma, ma poi, con l'accrescere della potenza, ai romani era venuto un fremito di inquietudine!
Per fortuna della Numidia, Massinissa era morto al momento giusto e Scipione l'Emiliano era intervenuto per spartire il regno fra i tre figli, ma non nel senso di dividere i territori, bensì ripartire fra i tre le varie funzioni di re, il che significava che il figlio, capo dell'esercito, non aveva il tesoro e viceversa. Ma ci volle poco tempo perché quest'opera tanto geniale perdesse effetto, perché due figli su tre morirono e Micipsa regnò da solo.Lui non aveva figli, mentre gli altri due avevano tre potenziali successori, vale a dire Giugurta, il maggiore, che era un bastardo e altri due, legittimi ma "in fasce"!
Massimissa prima e MIcipsa poi non avevano mai visto di buon occhio Giugurta, perché sua madre apparteneva al più umile gruppo etnico del regno e il re pensò bene di mandarlo a dar man forte a Scipione l'Emiliano nell'assedio di Numazia, ritenendo che il ragazzo sarebbe morto in Spagna.
Ma non andò così e addirittura seppe stringere amicizia con i tribuni militari che facevano parte dello stato maggiore di Scipione, vale a dire Gaio Mario e Publio Rutilio Rufo, li aiutava il fatto che avevano tutti la stessa età: 23 anni.
Giugurta tornò in Numidia con una lettera di encomio stilata da Scipione, il che fece cambiare idea su di lui a Micipsa, che ne fece il suo erede. E Giugurta pensò subito di sbarazzarsi dei bambini, ma la cosa se fu facile per Iempsale, non gli riuscì invece con Aderbale, che era fuggito a Roma. Da quel giorno per Giugurta si trattò di combattere Aderbale con la guerra e la corruzione e la cosa si compì, ma restavano altri prendenti, come Massiva che era riuscito a comprare il console Spurio Postumio Albino e se questi fosse diventato governatore della Provincia d'Africa avrebbe varcato rapidamente il confine e, mentre lui era confinato a Roma, avrebbe marciato su Cirta e fatto acclamare Massiva re di Numidia!
Quando saprò se davvero Albino avrà dal sorteggio l'Africa, deciderò il da farsi (pensò Giugurta)!


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I giorni del potere VI

Gaio Mario apparteneva alla nobiltà rurale e come tale sembrava destinato a restare per sempre una presenza limitata ad Arpino; nessuno avrebbe mai pensato che si potesse raggiungere il grado di senatore, visto che già Catone il censore, a suo tempo, aveva incontraro molte difficoltà, perché proveniente da un luogo come Tusculum, che distava comunque poche miglia dalle mura di Servio Tullio. Ma la svolta per Gaio fu il fatto di essersi innamorato dell'esercito e aveva avuto la fortuna di essere aggregato allo stato maggiore personale di Scipione l'Emiliano nell'assedio di Numazia. Scipione lo teneva in alta considerazione, perche secondo lui, Gaio era nato per fare il soldato, anzi, qualcosa di più, era nato per comandare soldati. :)
Lo riteneva addirittura superiore a se stesso come talento militare. A Numazia Mario conobbe un altro allievo diciassettenne, giunto colà per espresso desiderio di Scipione: Quinto Cecilio Metello, un tipico rappresentante della famiglia: uno sgobbone, privo di qualsiasi capacità che non fosse la determinazione a compiere il lavoro assegnatogli.
Quando Numaziia cadde, tutti quanti ebbero il permesso di ubriacarsi, ma per sovrappiù Mario e i suoi due più cari amici, Publio Rutilio Rufo e Giugurta, decisero di scaraventare colui che il quel giorno festeggiava il XVIII compleanno, in un porcile!
Va da sé che il festeggiato non la prese bene e emise i più variegati improperii contro i tre, sottolineando che i Cecili Metelli erano re in Etruria prima che si pensasse a fondare Roma! E voi mi trattate come se il sottoposto dovessi essere io, come osate!
Gli rispose Rutilio Rufo: "Non fraintendermi, ho apprezzato molto quel che hai detto, ma il guaio è che (oh re di Etruria) in testa, invece di una corona, hai una grossa merda di maiale!" :crazy: E poi aggiunse, conosco abbastanza l'etrusco per sapere che metello significa affrancato! :)
Cecilio gli saltò addosso e i due se le dettero di santa ragione, sguazzando nel porcile, finché Giugurta e Mario decisero che si erano divertiti abbastanza. Di fronte alle minacce dell'altro che urlava a ripetizione "Ve la farò pagare!" Risposero: "ma piantala", scoppiando in un altro parossismo di allegria. :crazy:


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I giorni del potere VII

Gaio Mario ripensò a lungo allo scontro con Metello nel porcile e alle parole che aveva rivolto al trio, definendoli come un sudicio straniero, uno buono solo a mendicar favori e uno zotico italico che non sa di greco. Secondo Roma e il suo "mos maiorum" era tutto vero! :grr:
Giugurta avrebbe dovuto essere riconosciuto re di Numidia, ma per l'opposizione del clan dei Cecili Metelli, in quel momento si trovava a Roma costretto a comprare ciò che avrebbe invece dovuto ottenere con i meriti.
Publio Rutilio Rufo , l'allievo prediletto del filosofo Panezio e ammirato dall'intiera cerchia degli Scipioni non era riuscito ad ottenere il consolato per l'opposizione dei soliti, ai quali si era aggiunto Marco Emilio Scauro (princeps senatus), fedelissimo alleato dei C. Metelli.
Per parte sua Mario se l'era cavata meglio, in quanto eletto alla carica di tribuno militare e poi questore, entrando anche a far parte del Senato e poi tribuno della plebe. C'era stata pure la possibilità della pretura. Il clan era ricorso alle consuete diffamazioni: Mario era impotente, molestava i bambini, mangiava gli escrementi, si lasciava corrompere e, la peggiore di tutte, che non era romano!
Per quanto meno grave, la calunnia che Gaio trovava più irritante era che "non sapeva di greco", perché era assolutamente falsa: parlava perfettamente quella lingua, anche se con accento della Ionia, per il fatto che i suoi maestri proveniva da là.
Ma alla fine, benché fosse errrivato ultimo fra gli eletti, era diventato pretore; l'elettorato romano aveva sempre manifestato un debole per i soldati e e così gli fu assegnato il governatorato della Spagna ulteriore, dove Lusitani e Cantabrici erano in guerra e il loro tipo di combattimento non si addiceva molto alle legioni romane: non davano mai battaglia in campo aperto e s'impegnavano invece in imboscate, scorrerie e assassinii di vario genere.
Ma quando arrivò in Spagna, Gaio si disse che poteva anche lui combattere con le stesse loro armi e lo fece con successo e espanse le frontiere di Roma in tutta la Lusitania e soprattutto a una catena di montagne ricche di minerali. In quel modo arricchì molto Roma, ma anche lui stesso ed ebbe la possibilità di tornare ion patria per celebrare un *trionfo*. :) Il Senato non potè opporsi e in quel giorno sognò di poter diventare console di lì a poco, ma dovette ritornare in Spagna per altri cinque anni e in quel lustro la fazione di Cecilio Metello aveva definitivamente vinto il che gli precludeva la scalata al consolato! :grr:


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Re: Storia

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I giorni del potere VIII

Con i proventi delle miniere lusitane Mario si era comprato una bella casa in cima alla Rocca del Campidoglio, ma era per lui solo uno sfoggio di ricchezza a cui non attribuiva nessuna importanza e dormiva infatti su una brandina nella stanza più piccola e spoglia, perché per lui l'unico valore era la vita del soldato e le eventuali cariche pubbliche, ma orami sapeva che console non sarebbe più diventato!
Con quello stato d'animo si avviò per andare a cena da Gaio Giulio Cesare e, siccome piovigginava, si era gettato sopra la sontuosa tunica, il vecchio saio militare: una spesso, sudicio, maleodorante mantello e quando l'ospitante l'ebbe ricevuto non lo consegnò subito allo schiavo per riporlo, lo tastò invece con rispetto e aggiunse: "Direi che ha partecipato a qualche campagna." - È l'unico che abbia mai posseduto - rispose Mario, e quando mi è toccato provvedere all'abbigliamento delle legioni, mi sono assicurato che i soldati avessero tutti quel tipo di mantello, perché è vano sperare che gli uomini siano in buona salute se s'infradiciano di gelida pioggia fino al midollo!
I due presero posto sul triclinio e Cesare esordì: "Mi risulta che tu non sia entusiata dei magistrati eletti quest'anno."
- Oh no, ma ogni qual volta Roma riesce a eleggere qualcuno bravo, di solito viene abbattuto, proprio perché i piccoli temono i più grandi di loro. -
"Eh sì, Roma è il governo di una minoranza di famiglie illustri con l'inserimento, di tanto in tanto, di un "uomo nuovo".
Di lì a poco entrarono i figli e le donne, la cena si svolse e, alla fine, quando queste ultime si accomiatarono, Mario notò che Iulia gli sorrise con quella che sembrava genuina simpatia, d'altra parte costei aveva conversato amabilmente ogniqualvolta l'aveva interpellata, senza tuttavia fare alcun tentativo di trasformare il discorso fra lui e suo padre in una conversazione a tre, limitandosi a seguire con interesse e intelligenza gli argomenti dei due. La sorella minore, Iulilla, gli pareva invece un gran grattacapo, anche se non sapeva dove, gli sembrava palese che celasse qualche pecca, non sul piano intellettuale, ma ...
Vabbe' non erano affari suoi.
Dopo di che, Mario si schiarì la gola e - Gaio Giulio, è stata una serata assolutamente deliziosa, però ora penso che sia arrivato il momento che mi dica perché all'inizio mi ha invitato a mantenermi il più possibile lucido e non abusare quindi del buon vino? -


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I giorni del potere IX

La risposta di Cesare fu esplicita: "Aiuto in cambio di aiuto, facendo di te un membro della mia famiglia. In altre parole ti sto offrendo quella delle mie figlie che vorrai preferire."
Mario vide subito le possibilità che gli si spalancavano e dall'emozione riusci solo a bere, senza poter ...
Fu Cesare a proseguire: "È del tutto comprensibile che tu possa desiderare un'altra moglie, dato che non hai figli e se te li partorirà una Iulia ... e poi, benche sia quasi povero, il nome che porto mi rende famoso tra gli elettori e sono sempre stato corteggiato dagli "arrampicatori sociali" e come sai le centurie votanti sono infarcite di simili "signori".
Tu aspiri al consolato e questo è chiaro a tutti e le attività nella Spagna ulteriore ti hanno procurato numerosi clienti, però si vocifera che tu sia cliente di qualcun altro!
- È una calunnia!
Io ti credo, ma non molti altri e ciò che pensa la maggioranza e più importante della verità (in politica). :x Il clan di Cecilio Metello si proclama tuo protettore e a loro la gente crede, anche perché tua madre è etrusca, i Mario possiedono terre in Etruria ed essa è il feudo in contrastato della gens Cecilia Metella!
E poi c'è un'altra calunnia che pesa su di te: si dice che tu sia in affari! E anche se non fai niente di diverso da chi possiede capitali, ti liquidano con tale locuzione, unita a un sorrisetto beffardo. :x
- E tu credi che sposando una delle tue figlie la mia immagine pubblica ... e poi perché proprio una Iulia? -
Semplice, perché se sposassi un'altra patrizia, tutti saprebbero che l'ài comprata, mentre è notorio che MAI la mia gens ha venduto una figlia.
- Ma qual è il motivo di offrirmi una simile opportunità? -
Le ragioni sono due: la prima è poco ragionevole, ma vedendoti alla cerimonia di insediamento, ho intuito di avere davanti un uomo destinato a grandi cose e la seconda, fin troppo concreta, è che sono arrivato a un'età nella quale ormai dovevo essere riuscito a provvedere all'avvenire dei figli e mi sono reso conto invece che non posso lasciar loro nemmeno il censo per una carica di cavaliere! Specie per il minore, ho proprio paura di far di lui un altro Lucio Cornelio Silla! :grr:
- Sono d'accordo: divorzierò volentieri e penso di essere disposto ad accettare "a priori" quello che vorrai chiedermi in cambio. ;) E prenderò Iulia. -
Non la piccola? Ne sono lieto e penso tu abbia fatto la scelta migliore. ;) Iulia sarà un'ottima moglie per un console. :clap:
Mario tornò a piedi verso casa senza neppur sentire il vento tagliente di tramontana, di fronte al pensiero di posare saldamente i piedi sul vuoto terreno dell'aristocrazia romana.


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I giorni del potere X

Gaio, Marzia e Iulia discussero l'indomani a proposito di Mario e il padre chiese alla figlia che impressione ne avesse ricevuta. Iulia, dopo aver soppesato la domanda rispose che l'aveva colpita soprattutto per la mancanza di affettazione e ciò in lei aveva confermato che i pettegolezzi che si sentivano su di lui fossero del tutto falsi: non è uno zoticone e non si comporta da campagnolo, è invece molto intelligente e colto e il suo greco non è bello a sentirsi, ma solo per l'accento, costruzione e vocabolario sono accellenti. E lo stesso dicasi per il latino.
Sono felicissimo di udire queste parole, disse Gaio, perché lo sposerai!
Iulia tacque, ma non Marzia: "Tu hai offerto a un Uomo Nuovo, più vicino alla tua età che a quella di Iulia di aspirare alla mano di tua figlia, chiese adirata!?"
- Gaio Mario è uno degli uomini più ricchi di Roma, ma ha bisogno di una moglie patrizia, avrebbe docuto essere eletto console tre anni fa, ma la fazione di Cecilio Metello ha fatto in modo che non lo fosse. La nostra Iulia costringerà Roma a prenderlo sul serio e lui si è impegnato a risollevare il nostro patrimonio, in modo tale che i nostri figli ... E l'altro giorno poi mi sono pure accorto che è un Grande Uomo. -
Quando l'indomani Mario arrivò a trovare la sposa, Marzia lo salutò e lo ringraziò per la sua generosità. - Non sono d'accordo con te, siete stati voi a mostrarvi generosi, perché Iulia è una perla di valore inestimabile. - (E il futuro avrebbe confermato che Mario aveva ragione. :) )
L'unica cosa da sistemare ora era il divorzio da Grania, la moglie campana sterile e ciò lo turbava, pur non provando un grande affetto per lei, sentiva comunque un certo senso di colpa, perché la moglie aveva sempre cercato di compiacerlo, anche se non ci era mai riuscita e il perché nessuno dei due lo sapeva! La discussione fra i due fu abbastanza penosa ... taglio.


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I giorni del potere XI

Il sorteggio (truccato) che assegnò la Provincia d'Africa a Spurio Postumio Albino ebbe luogo e, neppure 24 ore dopo il console inalberò i suoi colori, che erano quelli del principe Massiva e i componenti della fazione di Cecilio Metello applaudirono il futuro re di Numidia, insieme a Marco Emilio Scauro.
Giugurta quel giorno seppe che il Senato entro pochi giorni avrebbe votato contro di lui e decise di fare le cose non più "alla romana", bensì "come un numida!"
"Massiva va eliminito prima che il Senato voti e a ucciderlo deve essere un romano, pensa tu Bomilcare a trovare l'uomo giusto!"
Tutti dicevano che la Suburra era la sentina di Roma e fu lì che si recò Bomilcare. Dopo mezz'ora si era fatto una buona idea sul proletariato romano e scoprì che tutti lavoravano; non c'era distinzione fra schiavi, liberti e uomini liberi, anche se solo questi ultimi potevano decidere di continuare o no a fare quel lavoro. Lucio Decumio era il capo di un circolo di tali proletari, si chiamava "circolo di crocevia" ed era una specie di corporazione che tiene in ordine il tabernacolo dei Lari e badare che non manchino mai le offerte e, nel periodo di Capodanno, si organizzano grandi festeggiamenti e proprio in questi giorni i soci avevano dato fondo, per questo motivo, a tutti i propri risparmi.
Dopo un po' di tempo, gli amici del circolo si erano abbondantemente riempiti del vino offerto da Bolmicare e lui pensò che era giunto il momento di chiedere: accostò la testa a quella di Lucio in modo che solo questi potesse udire.
"Col denaro si può comprare qualsiasi cosa a Roma, non hai biosogno di cercare altrove" fu la risposta di Decumio.
In quei giorni si celebrava il trionfo di Marco Livio Druso sugli Scordisci e il principe Massiva era ospite del console Albino in uno dei migliori posti del Circo Massimo, ma come da istruzioni, doveva andarsene prima che l'ultima delle legioni di Druso varcasse la porta Capena.
Quando la comitiva consolare giunse all'incrocio con la via Nova fu intralciata da un fitto assembramento di folla e Massiva, scortato da una guardia del corpo personale, rimase indietro, tanto da perdere contatto con Albino e gli altri.
Era il momento che Lucio Decunio aspettava e, con impeccabile precisione, conficcò il pugnale nel costato, gli impresse un brusco movimento all'insù, accompagnato da una brutale torsione e, dopo aver lasciato l'impugnature, si confuse nella folla, prima che il sangue cominciasse a sgorgare o che il principe potesse lanciare un grido.
Passarono dieci minuti buoni prima che qualcuno pensasse di dare la notizia a Spurio Albino che i loro piani di insediamento di un nuovo re in Numidia erano andati in fumo e a loro non rimase altro da fare che continuare a osservare lo spettacolo che stava offrendo Roma per Marco Livio Druso.


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I giorni del potere XII

Non appena apprese la notizia, Marco Servilio Agelasto, al quale Bomilacare si era rivolto per primo per commissionare l'omicio, ricevendone un rifiuto, chiese udienza al console Albino. La dichiarazione scritta di Agelasto, pensò il magistrato, sarebbbe stata determinante nel perseguire Bomilcare e frustrare i tentativi di Giugurta di ottenere l'approvazione del Senato per la sua causa, dopo di che si troverà un altro pretendente al trono, per esempio il fratellastro Gaudia, per quanto mediocre, potrebbe fare la nostra fortuna in Numidia.
Il pretore urbano si presentò alla villa sul Pincio di Giugurta per arrestare Bomilacare e tradurlo alle Latomie, unica prigione, che di solito era deserta e l'arrivo del numida fece scalpore; la notizia si diffuse per tutta Roma in poco tempo.
Lucio Decumio comprese subito come erano andate le cose e andò alla prigione per conoscere chi era stato il traditore e, appena lo ebbe saputo, si assicurò un altra borsa d'oro, non prima di aver dato a Bomilcare il consiglio di lasciare Roma non appena il suoi capo lo avesse fatto uscire di lì a poco su cauzione e stai tranquillo per il tuo re, perché qui non ammazzerebbero mai uno straniero e non avranno altra possibilità che rispedirlo a casa, non appena tu te ne sarai andato.
Angelasto morì e la causa che Spurio intendeva muovere contro il dignitario numida aveva perso di mordente e Giugurta approfittò per fare uscire Bomilcare su cauzione. Quest'affare era regolato, ma la possibilità dell'appoggio dei romani ne era uscita molto danneggiata e quindi non gli rimaneva che tornare in patria, raccogliere un esercito e addestrarlo in vista della battaglia contro le legioni, che sarebbero presto arrivate.
Mentre se ne andava, Giugurta riuscì solo a pensare che Roma era una città in vendita e, quando troverà un acquirente, sparirà in un batter d'occhio!


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I giorni del potere XIII

L'intendente disse a Silla che nel tablinum c'era il nimone di Clitumna (Lucio Gavio Stichus) che stava aspettando la patrona. Lucio non aveva nessuna voglia di incontrarlo, ma questo nome gli fece tornare alla mente un altro Gavio (Quinto G. Mirtho) che era stato suo maestro.
Lo aveva conosciuto appena compiuto sette anni e il letterato si era offerto di insegnargli a leggere e scrivere gratis, perché gli riusciva intollerabile che un patrizio della gens Cornelia fosse in quelle condizioni miserevoli. Silla accettò, però riuscì a pagarlo comunque, grazie ai furtarelli in cui era molto bravo e. quando fu più grande, anche facendo commercio del proprio corpo (naturalmente senza farsene accorgere).
Grazie a Gavio, Silla fu in grado di parlare un purissimo greco attico, acquisire i primi rudimenti della retorica e, divorando ogni rotolo, scoprì un mondo che non avrebbe mai sospettato esistesse. Gavio morì otto anni dopo, Silla ormai ne aveva 15 e riuscì a onorare il maestro con un corteo funebre e una bella tomba di pietra; in compenso aveva ricevuto in eredità tutti i suoi libri.
Purtroppo non riuscì a conservare per molto quel preziosimmo dono, perché suo padre, approfittando dell'assenza del figlio, un giorno li aveva venduti per procurarsi ... DA BERE! Fu la sola occasione in cui Silla tentò di commettere parricidio, ma la sorella si interpose. Silla non dimenticò mai quell'episodio e, alla fine della vita, quando possedeva migliaia di libri avrebbe ancora indugiato col pensiero sulla perduta biblioteca di Quinto Gavio e sulla pena che ne aveva provato!
Per fortuna dopo poco Sthichus se ne andò, Silla andò a trovare Clitumna e si accorse subito che il nipote aveva agito con scaltrezza, perché disse la matrigna "Non fai il minimo sforzo per essere gentile con quel povero ragazzo, mentre lui cerca sempre di venirti incontro!?"
- Quello è solo un piccolo, sporco arrivista! -
Clitumna gli annunciò invece che di lì a una settimana suo nipote sarebbe venuto a stare da loro e Silla scappò di casa convinto che non ci sarebbe più ritornato.


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I giorni del potere XIV

Via dalla casa, diretto chissà dove, Silla ebbe la visione di sé che si allungava all'infinito in un terribile futuro, totalmente privo di scopo! E non si accorse nemmeno di emettere un lamento!
- Stai male? - domandò una voce flebile e timida.
Sulle prime non vide nulla, accecato dalla sofferenza, ma poi si accorse che di fronte c'era: Iulia? Ma la ragazza rispose che lei era la minore: Iulilla.
Silla comprese che poteva mettere nei guai oltre a se stesso anche la fanciulla e la invitò a non parlare con lui, perché se qualcuno la vedeva ...
- Non credo che tu sia un cattivo soggetto. - :)
"Ti ringrazio per la fiducia" - Si dice che tu disonori il nome che porti, ma io non lo credo, così come mio padre, che è l'uomo più saggio del mondo.-
"invece il mio, il più stolido!"
Iulilla sta va componensdo qualcosa con le mani e gliela dette: una corona d'erba, - dovrebbe essere di fiori, ma in questa stagione non ce ne sono-.
Silla capì di essere oggetto di una cotta infantile e fece di tutto per dissuaderla, un po' di onore gli era rimasto, anche se per far ciò dovette ferirla!
Ma quella corona lo aveva fatto ritornare in sé, perché una corona donatagli da una discendente di Venere doveva pur essere un segno fausto. :)
Tornato a casa, disse a Clitumna che aveva bisogno di 1000 denarii per fare un viaggio, altrrimenti se ne sarebbe andato per sempre, rispose Nicopolis: "Te ne daremo metà a testa".
Ma a che gli sarebbero serviti quei denarii? Silla non lo disse a nessuno, anche perché nemmeno lui sapeva il motivo per il quale intendeva dedicarsi all'indagine di argomenti come la farmacologia, la chimica e la botanica.
Ritornò a Roma ad aprile inoltrato e seppe che Stichus si era insediato nell'appartamento come un generale trionfante e anche Clitumana ha capito, gli disse Nicopolis, che l'unico motivo per il quale il nipote si era trasferito qui è perché tu te ne andassi; credo non passerà tanto tempo prima che dovrà essere lui a "far fagotto". :D
Silla se ne andò nella sua stanza e subito cercò un nascondiglio per riporre le ampolline e la scatoletta, che erano il prezioso frutto del viaggio appena terminato.
Sentendosi più a suo agio, poté andare a prendere posto sul triclinio e consegnare alle donne i regalucci contenuti nelle bisacce, vale a dire le cose di minor conto. :)


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I giorni del potere XV

Quattro giorni dopo il ritorno di Silla, Lucio Gavio Stichus ebbe un'indigestione che lo prostrò alquanto e Clitumna convocò una mezza dozzina di medici, i quali diasnosticarono un avvellenamento da cibo e suggerirono alla domina di convincerlo a rinunciare ai dolciumi, se proprio ha voglia di qualcosa di dolce, si può limitare a bere vino con miele. Le condizioni di salute migliorarono nella settimana seguente, ma non si riprese mai del tutto e perse peso, ma poco alla volta, per cui in casa nessuno ci fece attenzione.
A settembre però divenne evidente a tutti che era diventato molto debole e la necessità di buttar giù un boccone si trasformò in un'ardua impresa: riusciva a tollerare solo vino al miele e neppure sempre. E poco dopo, Stichus morì; Clitumna, fuori di sé per il dolore lasciò Roma subito dopo le esequie, pregando Silla e Nicopolis di andare con lei nella villa del Circeo, ma Silla rifiutò di trasferirsi. "Riprendo possesso del tablinum, visto che quel viscido è morto!"
La brocca di vino al miele era in bella vista e Silla, in onore del morto, la scagliò dalla finestra e una gran macchia di vino sciropposo chiazzò la liscia pietra del terreno sottostante. Nicopolis spedì la schiava a pulire e nessuno notò le tracce di polvere bianca che aderivano al marmo, anch'esso bianco; l'acqua fece il resto e la poverina sparì. :)
Silla si rivole alla schiava: "Lavati le mani, ragazzina, non sappiamo di che male è morto Stichus e andava matto per il vino al miele, per cui corri a lavartele bene, bene!"


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I giorni del potere XVI

Oggi ho scoperto un giovanotto molto interessante, disse Gaio Mario a Publio Rutilio Rufo, si tratta di tuo nipote Marco Livio Druso. L'ò ascoltato l'altro giorno, per caso, al foro esprimersi in un latino bellissimo, con voce del pari bella e, allorché ho saputo chi era, ho provato un grande imbarazzo all'idea di non aver collegato il nome con la tua famiglia!
Contro chi sostiene l'accusa questa volta, domandò Rutilio? - Questo è il lato più interessante: funge da difensore. Il querelante è il banchiere Caio Oppio e l'imputato di bancarotta è un uomo di affari marsicano di nome Lucio Frauco. L'obiettivo di Oppio è di spaventare tutti gli italici suoi debitori in modo che continuino a corrispondergli quelli che sospetto siano interessi a tassi esorbitanti! Se vieni con me, forse saremo in tempo per l'arringa finale. -
"In nessun luogo sta scritto che il semplice fatto di essere romano pone un uomo nel giusto (andava dicendo il giovanotto); non parlo in favore dell'imputato, bensì nell'interesse di Roma! Parlo in nome dell'onore, dell'integrità, della giustizia. La legge non dovrebbe essere una pesante lastra che precipita addosso a un uomo, dovrebbe essere invece un manto gentile, che ne esalta la singola forma. Lucio Frauco ha tutta l'intenzione di onorare il prestito ricevuto, compresi gli interessi, ma, per chi non sia cittadino romano, un verdetto di colpevolezza comporta che, per prima cosa, sia flagellato e quindi storpiato per la vita e come potrebbe poi ripagare il debito?"
Il verdetto fu di assoluzione e, dopo i covenevoli di rito, allorché l'avvocato rimase solo, Mario gli si rivolse - Sarebbe stata una gran brutta cosa per Roma se il tuo cliente italico fosse stato condannato! -
"Brutta davvero, Frauco è uno degli uomini più importanti della Marsica"
E Mario pensò che la sua idea di una cittadinanza romana per tutti gli italici forse aveva trovato un alleato. :)


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I giorni del potere XVII

Gaio Mario prima delle calende di marzo del 109 a.c. informò Publio Rutilio Rufo che aveva dovuto sobbarcarsi il poco invidiabile compito di recarsi dagli alleati italici oer convincerli a consegnarci truppe per la guerra, che il console anziano Quinto Cecilio Metello (del porcile) vuol intraprendere in Africa, contro Giugurta.
-Come si è comportato Metello con te? - "In modo abbastanza civile, tutto considerato, perché ha detto che ormai aveva sotterrato Numazia e che l'unica cosa che voleva era vincere la guerra e non vedeva modo migliore che servirsi dei due uomini più idonei a comprendere la strategia di Giugurta. Che gl'importa chi dovrà vincere la guerra per lui, perché sarà Metello a salire sul carro del trionfo e avere il diritto di fregiarsi del nomignolo di Numidico!"
Alle idi di marzo Iulia entrò in travaglio e le levatrici informarono Mario che non sarebbe stato un parto facile. Non si era mai trovato in simile circostanza ed era atterrito, ma quando la vide non sembrava esausta e gli rivolgeva un sorriso radioso. Il figlio di Mario nacque 24 ore dopo in un lago di sangue e per poco non costò la vita a sua madre, ma la volontà di Iulia era fortissima e con l'aiuto dei medici, che la tamponarono ben bene, l'emoragia cessò. Cesare riempì due coppe del miglior Falerno e ne porse una al genero, sprizzando fierezza da tutti i pori: "A tuo figlio e mio nipote e anche alla tua". :)
Così, alla fine di marzo Mario, insieme a Rutilio, Sesto Giulio Cesare, Gaio Giulio Cesare il giovane e a quattro promettenti legioni poté imbarcarsi per l'Africa nella consapevolezza che sua moglie era fuori pericolo e il figlio in perfetta salute. e prima di partire chiese alla moglie di fare un discorsetta a Iulilla, perché il padre era molto preoccupato dai suoi digiuni. "Parlerò con lei, promise Iulia".
Ma ancor prima che Iulia potesse accingersi a parlare con la sorella, si abbatté su Roma la notizia dei Germani, che aveva gettato tutti nel panico! La notizia era giunta troppo tardi per richiamare il console Quinto Cecilio Metello (del porcile), già sbarcato nella Provincia d'Africa e così, per quanto sciocco fosse l'altro console, Marco Giulio Silano, il Senato non poteva che accordare a costui il compito di intraprendere la guerra contro i Germani e poco dopo il console giovane si mise in marcia per la Gallia Transalpina alla testa di uno splendido esercito forte di ben sette legioni e con un cospicuo corpo di cavalleria ausiliaria.
Cesare e Marzia erano fra coloro che si erano recati ad osservare la partenza dell'esercito e Cesare era felice di come Roma in poco tempo avesse saputo organizzarlo, ma Marzia aggiunse "A patto che Silano sappia cavarsela, cosa di cui dubito!"
Ma questo non era il solo interrogativo che preoccupava i due, c'era anche Iulilla che continuava a non mangiare! Silla proprio per questo era in ambasce, fino a contemplare anche l'ipotesi di un suicidio; certo non l'amava, era incapace di tale sentimento lui, però ad ogni lettera di lei che arrivava e leggeva le suppliche appassionate e colme di disperazione, qualcosa sentiva.
Per uscire da tale stato d'animo decise di andare in campagna, Clituma non volle accompagnarlo, a differenza di Nicopolis che in quello splendido bosco che Silla gli fece scoprire, trovò un esercito di funghi che si fece servire per cena. A Silla i funghi non piacevano e Clitumna aveva annunciato che quella sera sarebbe stata da sola; non voleva far vedere che si era pentita di non aver partecipato alla scampagnata. E Nicopolis la sera stessa morì, assassinata dai funghi. "Blocco renale" sentenziò Atenodoro di Sicilia. :x


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Re: Storia

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I giorni del potere XVIII

Silla organizzò le esequie e quando ritornò a casa, con sua grande sorpresa, trovò Gaio Giulio Cesare.
Il fatto che un senatore fosse venuto a far visita a Clitumna in seguito alla morte prematura di una sgualdrina greca gli sembrava alquanto strano.
Cesare era venuto non per Clitunna, ma proprio per lui in quanto redattore del testamento di Nicopolis, dal quale risultava Silla erede universale.
-Non credo che abbia molta importanza, quel poco che aveva lo spendeva-.
"Non è così, a tutt'oggi i suoi beni superano i decentomila denarii, ovvero il censo di un cavaliere".
Dopo che Cesare se ne fu andato, Silla rimase immobile e trascorsero forse sei ore prima che si decidesse ad alzarsi e solo allora si rese conto di essersi finalmente ... "messo in marcia". :crazy:
Clitumna invece era invecchiata dalla sera alla mattina e l'unica cosa che seppe fare, oltre che piangere, fu rendersi conto che poteva aver perso anche Silla, visto che ormai non poteva trattenerlo con il denaro!
Intanto Silla era arrivato alla conclusione che i tempi erano maturi per sbarazzarsi di Clituma e di Iulilla, così verso la metà di ottobre andò a bussare alla porta di Cesare a un'ora in cui poteva sperare che fosse in casa, mentre le donne ancora confinate nei loro alloggi. Silla temeva che Marzia non fosse ben disposta con lui anche a causa degli stretti rapporti che aveva da un po' di tempo con Clitumna e per i suoi piani doveva essere sicuro di Cesare.
Il ragazzo che aprì la porta gli disse di attendere nella stanza d'ingresso, ma quasi subito dopo entrò Iulilla e lui si sentì piegare le ginocchia e addirittura cadde a terra, portandosi dietro anche una brocca con grande rumore. Iulilla, coprendosi il volto con le mani, scappò dalla stanza.
Quando Cesare e Marzia lo aiutarono a rimettersi in piedi aveva tutti i motivi per essere grato agli dei del colorito terreo del volto che dava l'immagine di un uomo davvero malato.
Ma a Cesare ci volle poco per arrivare alla conclusione che in qualche modo la presenza di Iulilla era stata importante e Silla non ebbe il coraggio di negare e spiegò quello che era a accaduto, in particolare il dono della corona d'erba.
Be' disse infine Cesare, "per quale motivo sei venuto a trovarmi?" Era il modo per significare che era convinto dell'innocenza di Silla, qualunque fosse la sua interpretazione della condotta della figlia.


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Re: Storia

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I giorni del potere XIX

Silla rispose che era venuto per parlare di Clitumna e del suo stato mentale con te o, forse meglio, con Marzia. È una donna sciocca e volgare, ma mi sento in debito, perché è stata buona sia con mio padre che con me, ma non so come agire nei suoi confronti.
Cesare si appoggiò allo schienale, conscio che c'era qualcosa di stonato in quella petizione, perché non capiva come Silla volesse chiedere lumi a lui, ciò non rientrava nella personalità di quell'uomo.
Silla capì che Cesare stava pensando e, vistosi con le spalle al muro, spiegò che, secondo lui Clitumna era sull'orlo del suicidio e che l'unico rimedio, forse, sarebbe stato l'allontanarsi da Roma, ma non certo in sua compagnia, pertanto chiedeva a Cesare se non potesse essere Marzia ad acoompagnarla per qualche tempo alla villa del Circeo?
A queste parole Cesare si rilassò visibilmente, perché poteva forse togliersi il sospetto che Iulilla fosse al centro della questione, ma dovette rispondere che non poteva fare a meno della moglie, nemmeno per poche settimane.
Ma quando, congedato Silla, si recò in cerca della figlia, trovò Marzia che declamava a labbra strette e in lacrime: "È terribile! Nostra figlia ha impiegato gli ultimi due anni a disonorare se stessa e la famiglia offrendosi spudoratamente a un uomo che non solo è indegno, ma che neppure la vuole" E c'è dell'altro, ha tentato di attirare la di lui attenzione digiunando, in modo da addossargli un senso di colpa che Silla non ha fatto niente per meritarsi! "
Cesare allora si rivolse alla figlia: "Come genitore e paterfamilias ti ho trattata sempre con onore, rispetto, gentilezza e ogni altro riguardo, ma tu non hai avuto sufficiente considerazione da ricambiarmi; non ti scaccio, né ti farò uccidere, ma da ora in poi qualsiasi cosa tu decida di fare ricadrà intieramente su di te, non esigo scuse, perché hai perso il nostro amore e ciò toglie ogni valore ad esse fra di noi, però, quando sarai più presentabile dovrai chiederle a Lucio Cornelio Silla, che nulla ti deve!"
Qualche giorno dopo scrisse al genero per informarlo del fallimento con la figlia, anche se non sapeva dove aveva sbagliato, ma gli comunicò anche che Marco Giunio Silano era stato duramente sconfitto dai Germani e c'erano stati più di trentamila morti fra i romani! Silano è riuscito a salvarsi, purtroppo, ed è corso a Roma a dare una versione "pro domo sua" della vicenda e forse riuscirà a sottrarsi alle accuse di alto tradimento, perché i Germani, invece di procedere verso Massilia (Marsiglia), hanno fatto dietro front e puntato verso il nord. Ma la paura resta incombente, perché prima o poi ritorneranno!
Alla metà di dicembre Silla accompagnò Clitumna al Circeo, tutto premure e gentilezza, contento che come esigevano i suoi piani, la matrigna sembrasse non uscire per niente dallo stato di depressione e allora passò all'attacco: "Ho una sorpresa per te Clitumna e la riceverai la prima notte di luna piena, ma per averla dovrai tener tutto segreto con chicchessia, giuri?" -Sì -
"Ciò che dovrai fare, sarà di sgattaioilare dalla casa all'inizio della terza ora di buio, contando otto giorni dalla notte scorsa e nasconderti in quel boschetto, aggiunse Silla, accarezzandole il fianco. Sarà la più grossa sorpresa della tua vita, a condizione che nessuno sappia, neppure la piccola Bitilla e se riuscirai a mantenerti abbattuta fino a quel momento, la sorpresa sarà addirittura migliore." :)
Ciò detto, Silla si rimise in viaggio per Roma, lasciando Clitumna in un apparente stato di depressione, tanto da ingannare persino Bitilla, che aveva l'abitudine di dormire con lei.


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Re: Storia

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I giorni del potere XX

Giunto a Roma, Silla convocò l'intendente della casa di Clitumna per comunicargli che di lì a poco avrebbe dato una festa e che sarebbe stato lui a pagare le spese; ci sarebbe stata una grossa gratifica per lui, se non riferisse nulla alla matrona al suo ritorno.
la festa fu data nella notte del plenilunio e mentre si svolgeva, Silla se ne andò per raggiungere Clitumna all'appuntamento; lei li tese le braccia e fu così in piedi, avvinghiati, che Silla le spezzò il collo. Non dovevano restare segni nell'erba, così la sollevò e la trasportò per un breve tratto fino ai bordi del dirupo, scagliandola lontano, nel vuoto fino alle rocce e là si sarebbe fermata, senza possibilità che il mare se la prendesse. Era molto importante che il cadavere fosse ritrovato, perché Silla non voleva che i suoi beni fossero bloccati senza procedere all'eredità, come accadeva per le persone scomparse.
Dopo essersi lavato le ultime tracce di Clitumna si incise la pelle della fronte con un pugnaletto molto taliente e poi si allargò la ferita in modo che il flusso di sangue fosse cospicuo.
Cavalcò tutta la notte e, imbacuccato nel mantello con cappuccio rientrò a Roma mentre il cielo a oriente andava assumendo riflessi perlacei. Si disfece poco prima del mantello e benda e appena fuori della porta la ferita riprese a sanguinare e così gli abitanti della strada di Clitumna si stupirono non poco alla vista dello scomparso (dalla festa) che avanzava barcollante, con indosso una tunica insanguinata: sudicio e confuso.
I servi lo misero a letto e mandarono a chiamare Atenodoro di Sicilia per far esaminare la ferita e, di sua sponte, Gaio Giulio Cesare si presentò a domandargli che cosa fosse accaduto.
Silla spiegò che aveva avuto un alterco con Ercole Atlante nella Suburra, non avrei dovuto, ma, durante la festa mi ero ubriacato e lui deve avermi dato una bastonato in testa. Sono stato svenuto forse per un giorno intiero e, sai come vanno le cose nella Suburra, nessuno è intervenuto. Quando sono rinvenuto sono ritornato a casa.
"Sei stato fortunato, perché hai corso il rischio di subire la stessa sorte di Ercole Atlante, trovato morto a casa sua, dopo che, insieme a te, aveva abbandonato la festa, probabilmente ucciso da un nemico.
Silla in cuor suo gongolava, sicuro che nessuno avrebbe sospettato che la morte del forzuto era stata opera sua. :D
E Cesare riprese: "Ti compiango profondamente Lucio Cornelio, ma benché ti assolva da ogni accusa, sei diventato un vicino troppo molesto e quindi sarebbe meglio se insieme a Clitumna vi trasferiste altrove."
Ma fu Silla, non Cesare a ricevere per primo una lettera dal Circeo, nella quale si annunciava la morte della matrona, per la quale non sussisteva alcuna circostanza sospetta.
Silla mandò subito a chiamare Cesare e si scusò per averlo incomodato, ma "Sono quasi sicuro che sia stato tu a redigere il testamento delle defunta, altrimenti non ti avrei mai disturbato."
- Infatti, ti ha lasciato erede universale e la somma è tale che potrai entrare in Senato -
"Non avrei mai pensato di dover dire che sentirò la sua mancanza, ma spero che negli anni a venire il mondo dirà che il suo massimo contributo l'à dato in morte. Infatti, intendo far di tutto per essere ornamento alla mia classe e al Senato." (La vita di Silla cambiò del tutto da quel giorno).


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Re: Storia

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Domanda: quanto può esserci di vero nella ricostruzione dei fatti della scrittrice australiana e quanto frutto di una sua interpretazione?


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Gimbatbu ha scritto: lunedì 7 febbraio 2022, 14:21 Domanda: quanto può esserci di vero nella ricostruzione dei fatti della scrittrice australiana e quanto frutto di una sua interpretazione?
Dalla bibliografia presentata, si arguisce che è storia scritta per non annoiare, un po' come i romanzi di Scurati su Mussolini. E, s.m. entrambi riscono benissimo nell'intento. :)


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I giorni del potere XXI

Anno 108 a.c, durante il consolato di Servio Sulpicio Galba e Quinto Ortensio

Gaio Mario ricevette in Africa una lettera di suo suocero e si domandò se Quinto Cecilio Metello (del porcile) fosse a conocenza del fatto che in quell' anno sarebbe diventato proconsole della provincia, vedendosi riconfermato nel comando e con la sicura prospettiva del trionfo. Nella lettera Cesare aveva scritto che nessuno o quasi a Roma era a conoscenza dell'enorme sconfitta di Silano con i Germani.
Mario a Utica si trovava sottoposto al figlio di Metello (soprannominato da tutti Porcellino) e la cosa non gli piaceva troppo, ma accantonò quei pensieri, perché da buon soldato, sapeva che il suo scopo primario (quasi unico) era vincere la guerra contro Giugurta e per far questo dovette consigliare il Porcellino su come arrivarci e il modo migliore era di spodestare il re a vantaggio del principe Gauda e così fece incontrare i due, ma l'arroganza del Porcellino si rivelò fatale per un accordo e allora Mario andò a parlarci di persona.
"La profetessa che conosco e che non sbaglia mai sostiene, disse Gauda, che tu, Gaio Mario, sarai presto il *primo a Roma* e per tale ragione desidero far parte dei tuoi clienti e mi assicurerò che tutti i miei sostenitori lo diventino e, quando sarò re, tutta la Nimidia sarà tua cliente!"
Mario rimase sbalordito ed espresse il desiderio di conoscere questa profetessa (Martha), la quale gli confermò quel che gli aveva anticipato Gauda:
" Il tuo è un grande destino, resisterai a molte cose e saprai soverchiare nemici potenti, sarai Console il prossimo anno e poi, altre sei volte e sarai chiamato il Terzo Fondatore di Roma. Hai l'amore e il rispetto di una grande donna e suo nipote sarà il più grande romano di tutti i tempi. Quest'ultima frase non piacque per nulla a Mario, perché voleva essere lui ...
Il giorno dopo Mario chiese udienza a Metello (del porcile) che gli comunicò la notizia, che lui già sapeva: il suo mandato in Africa era stato prorogato con l'imperium proconsolare. Metello era di ottimo umore per quella ragione, ma di lì a poco i due vennero quasi alle mani e un tribuno incitò Mario: "Digli il fatto suo a quell'arrogante coglione!" E a quelle parole molti altri presenti applaudirono.
Le sentì anche il Porcellino che accorse in difesa del padre, lanciando un'occhiata di disgusto verso l'homo novus!
L'arrivo del figlio riportò alla calma Metello e, per nascondere il tremito delle mani, le premette a palmo in giù sullo scrittoio e chiese per quale motivo avesse chiesto udienza?
"Sono venuto a dirti che intendo lasciare il servizio in questa guerra alla fine dell'estate, torno a Roma per candidarmi al consolato."
- Non ci andrai, rispose Metello, sei qui come mio legato anziano e non ti lascerò mai libero! -
"Sarò console l'anno prossimo invece, te lo garantisco" E se ne andò, lasciando i due Metelli a seguirlo con lo sguardo, in cui si mescolavano sgomento e timore.
Il giorno dopo Mario tornò a Cartagine dal principe Gauda e alla sua presenza, si piegò in ginocchio. In poche parole gli riferì la discussione con Metello (del porcile) e suggerì come si poteva fargli cambiare idea: Roma dovrà essere inoltrata di lettere tue e di ogni singolo libero cittadino di tutta la Provincia Romana d'Africa, lettere nelle quali si informa il Senato e il Popolo romano di quanto si sia dimostrato inefficiente e privo di competenza Quinto Cecilio Metello nella conduzione della guerra contro il nemico numida e che quei pochi successi sono dovuti al legato anziano e mai al console (ora proconsole)! Dovranno essere migliaia e migliaia di lettere.
Avuto l'assenso entusiasta del principe, Mario non si fermò e avvicinò di persona ogni romano, latino e italico della Provincia, prendendo a pretesto i suoi doveri di legato, per i continui spostamenti.
Qualche mese dopo lettere su lettere degli appartenenti alla fazione dei Metelli partivano alla volta del suo stimato membro (Quinto Cecilio) per chiedergli di attenuare l'arroganza nei confronti del principe Gauda e di trattare i legati anziani con maggior rispetto. Poi scoppiò lo scandalo di Vaga che si era arresa in autuno a Metello, e ora, in iverno, si era ribellata e aveva passato a fil di spada la maggior parte dei mercanti italici residenti. La rivolta era stata organizzata da Giugurta con la connivenza dell'amico personale di Metello, Turpilio e il proconsole fece lo sbaglio di prenderne le difese e a Roma se ne ricavò l'impressione che Metello fosse colpevole di alto tradimento.
Verso la fine dell'estate la posizione di Quinto Cecilio era stata scalzata e nessuno trovava una parola gentile da dire su di lui e, a causa sua, la guerra contro Giugurta si sarebbe trascinata per un altro anno almeno. Ma alle richieste quasi giornaliere di Mario rispondeva sempre: "Preferirei il disonore e la morte, prima di darti il permesso di tornare a Roma!"
-Se necessario, ti toccheranno entrambe le cose, disse Mario, lasciando la stanza! -


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I giorni del potere XXI

Publio Rutilio Rufo tentò di riportare alla ragione i due, sia per Roma che per Mario e rivolgendosi loro disse: tu Mario sei il più grande stratega di Roma, però per il momento non ti sei impegnato nella guerra contro Giugurta e se lasci le redini a questo borioso che vale poco più di Silano resteremo in un vicolo cieco estremamente costoso! Quindi, caro Cecilio Mettello, permetti a Mario di andare a Roma a condizione che da ora in poi consacri tutte l'energie a minare il potere di Giugurta sul suo popolo. - Non farò niente di quanto suggerisci - rispose Metello; mentre Mario tacque.
Dodici giorni prima che a Roma si tenessero le elezioni, Quinto Cecilio (del Porcile) congedò ufficialmente Gaio Mario dal servizio di legato anziano, convinto che l'altro non avesse più tempo per candidarsi e fece sapere a tutta Roma che lui, comunque, aveva avuto la bontà di lasciarlo libero. :diavoletto:
Mario raggiunse Utica due giorni dopo e all'alba del terzo fece vela per l'Italia; vento e mare perfetti fecero sì che occorressero tre giorni per la traversata e subito dopo si presentò al tavolo elettorale del console (sostituto) Aurelio per deporre sul tavolo la lettera di congedo, per tuffarsi poi nei cinque giorni più febbrili della sua vita. La fazione dei patrizi di Metello nel frattempo si stava alleando con ogni altra (patrizia o plebea) in un estremo tentativo di impedire allo zotico italico di accomodarsi sulla sedia eburnea. La forza di Mario risiedeva nei cavalieri.
Le elezioni si svolsero in modo tranquillo, ordinato e, subito dopo il voto delle prime centurie, si seppe che Lucio Cassio Longino sarebbe stato il console anziano, ma per il secondo console occorse arrivare allo spoglie delle ultime, così esiguo era la scarto fra Gaio Mario e Quinto Lutazio Catulo Cesare, ma poi si seppe e Gaio Giulio Cesare offrì un banchetto di celebrazione per il genero. :clap: Dopo di che gli presentò Lucio Cornelio Silla: "È mio vicino di casa , collega in senato e mi ha chiesto di sposare Iulilla."
Interessante, pensò Mario, è la prima volta che vedo Cesare imbarazzato, ma in qualche modo quest'uomo lo turba. Dal canto suo, invece Silla (notò Mario) reggeva bene la situazione e sembrava sinceramente affezionato a Iulilla, ma la cosa probabilmente non sarebbe durata oltre i primi sei mesi di matrimonio, perché nulla in lui lasciava intuire una propensione per la vita coniugale.
Dopo il pranzo Cesare riferì quel che era accaduto in sua assenza e in specie il cambiamento repentino nelle condizioni di Silla.
- Pecchi in ingenuità Gaio Giulio, o hai avuto tutte le prove che Silla non ha dato una spintarella? -
"No, Gaio Mario, ti assicuro che ho indagato a fondo e non ho avuto modo di ritenere Silla implicato in alcuna delle tre morti e ora è senatore a condizione però che si candidi alla carica di questore e sia eletto, altrimenti decade. Per questa ragione ti chiederei il favore di aiutare Lucio Cornelio a farsi eleggere questore."
- Vuoi che compri l'elezione? -
"Decisamente no, desiderei invece che tu facessi il suo nome come tuo questore personale, perché come ben sai quando l'elettorato si rende conto che un console eletto ... si può star certi che sarà votato."
Mario soppesò quasi tutte le implicazioni possibili e ce n'erano pro e contro, ma alla fine andò con la mente a quel primo gennaio sul Campidoglio, quando aveva notato per la prima volta, se pur di sfuggita, Silla e subito aveva capito che era un uomo importante, in nessun caso si doveva permettere che tornasse nell'oscurità, Roma, prima o poi ne avrebbe avuto bisogno,
- Benissimo, Gaio Giulio, domani chiederò al Senato quel che mi hai suggerito. -


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Re: Storia

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I giorni del potere XXII

Lucio Cornelio Silla e Iulilla si sposarono con l'antico rito della confarreatio, il che significava che i due erano uniti per la vita. La carriera di Silla fece un gran passo in avanti: l'Assemblea del Popolo lo elesse alla carica di questore e lui si presentò a casa di Mario già il giorno successivo, prima dell'alba. Il vasto atrio della casa er già gremito di clienti, dovevano aver dormito davanti alla porta, pensò Silla e si mise in un angolino, pensando di dover attendere a lungo. Ma Gaio Mario sbrigava le proprie faccende come nell'esercito: con efficienza e tranquilla diligenza, che mai si erano viste in un segretario professionista, tanto che in una ventina di minuti i 400 uomini che affollavano l'atrio erano già smistati e sistemati e più di metà se ne stavano andando sodisfatti. :)
"Lucio Cornelio, non occorre che tu aspetti fuori, entra nel tablinum e sarò da te fra poco."
Quando il grand'uomo ebbe sodisfatto anche l'ultimo cliente, venne, come promesso da Silla e questi subito gli domandò: - Dato che Cecilio Metello si è visto prorogare il comando in Africa, come puoi sperare di aiutare i tuoi clienti a ottenere concessioni in Numidia? -
"Beh, Lucio Cornelio, ho pensato al governatore d'Africa e non credo sia una questione insolubile. Sono soprattutto un soldato, ma non avrei torto a vantarmi di saperne di più, in fatto di legge e costituzione, di quanto possano conoscere cinquanta individui come Metello del Porcile (lo chiamo così da tempo)! Ti posso ordunque dire che i decreti del Senato per l'assegnamento della carica di governatore non hanno nessun valore legale, solo la forza della tradizione, non della legge! Di questi tempi è l'Assemblea della Plebe a legiferare e lì sono più forte di Cecilio Metello (del Porcile)." :D
Silla si stupì di come Mario si fosse subito fidato di lui e fu incapace di trattenersi - che cosa mi impedirebbe di recarmi a casa di uno della famiglia di Cecilio Metello e riferire quel che mi hai detto? -
"Diamine, proprio nulla! Ma ti ritengo un uomo di grandissima capacità e intelligenza e quindi hai capito benissimo che non sarebbe vantaggioso affidare il proprio destino a un Cecilio Metello, quando Gaio Mario ti sta offrendo la prospettiva di un lavoro molto interessante." :)
Silla scoppiò a ridere.
I dieci nuovi tribuni della Plebe entrarono in carica il terzo giorno delle idi di dicembre e Tito Manlio Mancino non perse tempo nel presentare una mozione intesa a togliere il comando della campagna d'Africa a Quinto Cecilio Metello, per affidarlo a Gaio Mario. Mancino era un ottimo oratore e la folla andò in estasi ascoltando la prolusione. Il plebei senatori cercarono di replicare colpo su colpo, ma l'unico del clan dei Metelli che avrebbe potuto far pendere la bilancia da quella parte, Marco Emilio Scauro, era un patrizio!
E Gaio Mario vinse :clap: e il nome di Quinto Cecilio Metello di lì a poco divenne più sudicio del Porcile di Numanzia.
"Metello, però, disse Mario a Silla, non mi darà mai i suoi soldati: la loro ferma termina contemporaneamente all'ufficio del reclutatore. Lui riporterà in Italia le sei legioni e le metterà a disposizione del suo amico Cassio Longino per la spedizione contro i Germani in Gallia Transalpina. Dovrò quindi, durante il mio anno di consolato, reclutare, addestrare, equipaggiare e infondere entusiasmo a nuove legioni in vista della guerra contro Giugurta e, siccome un anno non basterà, dovrò impegnarmi a fondo per farmi prorogare il comando in Africa per il prossimo anno, altrimenti farei un figura peggiore di Metello del Porcile! Non sarà facile, ma meglio così, qual è l'Uomo che desideri avere la strada spianata? Ma caro, Silla, aspetta che m'insedi in carica e vedrai ... :)


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Buona Giornata smemorelli :)

Un simpatico aneddoto per sdrammatizzare.

Poco più di un anno fa, io e la mia compagna accompagniamo la Grande Vecchia, profuga nel suo Paese, nell'ultimo viaggio.
Decidiamo poi di cercare la tomba del nonno, che fu il più giovane Legionario Fiumano a partecipare all'Impresa.
Ci aggiriamo per il cimitero con la sigla del settore, poi vediamo un custode e chiediamo informazioni.
-non saprei... qui sono sepolti i partigiani..
-allora direi che non è qui, grazie.

MUBUAHAHAHAH.... :lol: :lol: :lol:


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I giorni del potere XXIII

Anno 107 a.C. consolato di Lucio Cassio Longino e Gaio Mario


Mario, benché non detenesse i fasci per il mese di Gennaio, convocò egualmente il Senato per metterlo di fronte ai fatti nudi e crudi: Roma era impegnata in guerra su almeno tre fronti, senza contare la Spagna: Giugurta, gli Scordisci in Macedonia e i Germani e negli ultimi 15 anni erano morti sessantamila soldati.
Nell'aula calò un silenzio di tomba e fra i presenti ammutoliti c'era anche Marco Giulio Silano, responsabile di un terzo dei caduti, due anni prima!
"Non siamo in grado di colmare le liste di reclutamento, perché non abbiamo più uomini e se Cecilio Metello fornirà le sue legioni attualmente in Africa per i bisogni di Silano contro i Germani, rimarrà scoperta la nostra Provincia che dovrebbe operare contro Giugurta e, al momento Roma non dispone nemmeno di una legione di riserva. Metello non è riuscito a far niente con sei legioni, io mi accontenterei di quattro, ma ..."
"Dopo aver soppesato ogni possibile alternativa (continuò Mario) rendo noto a voi, Padri Coscritti, che recluterò per la guerra d'Africa solo volontari; non voglio uomini che vorrebbero restare a casa per coltivare (giustamente) i loro campi, dopo aver già servito la Patria per il tempo previsto dalla legge. Niente proroga della ferma quindi, ma dove li posso trovare ventimila uomini? La risposta è semplice: li cercherò fra i "capite censi"!"
L'aula intiera rimbombò di un solo grido: "NO, NO, NO!"
Alla fine i frastuono si quietò e Mario proseguì, dicendo che non aveva bisogno del loro permesso, non esisteva nessuna legge che gli proibisse di farlo! Ma "Vi dico di più, fra pochi giorni ci sarà una vera legge scritta, in base alla quale qualsiasi magistrato d'alto rango, legalmente eletto, che abbia bisogno di un esercito, potrà reclutarlo fra i capite censi."
MAI, MAI, MAI gridò l'assemblea e Scauro chiese la parola per confutazione, ma nessuno l'udì, mentre Mario decise di uscire dall'aula, seguito dal questore Silla e dal suo tribuno della plebe, Tito Manlio Mancino e subito convocarono l'Assemblea della Plebe (Silla non poté partecipare in quanto patrizio).
"I Padri Coscritti, cominciò, negano a me la possibilità di dare a migliaia di romani las loro grande occasione, cioè di dimostrare la loro lealtà e amore per Roma. E per quale motivo, forse perché i Senatori amano la nostra Patria più di voi e me? No, amano se stessi più di quanto siano fedeli a Roma o a ogni altra causa. E quindi sare voi, popolo, a darmi la possibilità di trasformare i più umili, addirittura gli infimi, in un corpo di cittadini di cui Roma possa andare fiera."
I presenti esplosero in grida di giubilo e i nove tribuni della plebe (oltre a Manlio Mancino) si scambiarono un'occhiata e convennero tacitamente di non porre il veto: tutti e nove preferivano vivere. :diavoletto:
Scauro parlò pochi giorni dopo l'entra in vigore della legge Manlia (sui capite censi) per dire tutto il male possibile di essa e di Mario, appoggiandosi su secoli di tradizioni tradite! Ma fu facile per il console rispondere che, "Se Roma vuol conservare tutto ciò che rappresenta, deve investire in tutto il popolo, compresi coloro che non hanno diritto di voto. Tu dici che non saranno bravi soldati, io invece ti dimostrerò che saprò addestrarli e non di questo dovremmo preoccuparci in futuro, bensì di non mettere al comando gente scervellata e incompetente come Carbone e Silano! Oh, ci sei anche tu, Marco Giunio Silano, scusami tanto!" :diavoletto:
I nullatenenti corsero ad arruolarsi a frotte. ma il più era ancora da fare, vale a dire l'addestramento e fra queste difficoltà c'era che quasi tutti non sapevano leggere e Mario escogitò un semplice nuovo emblema, carico però di valore emotivo e fece in modo che tutti avessero un timore reverenziale, religioso per esso: era una bella aquila d'argento, montata su un'asta altissima e doveva essere portata dal campione della legione, l'uomo che avrebbe indossato una pelle di leone e una corazza d'argento e che da allora prese il nome di Aquiliter

L'aquila sarebbe diventata il simbolo di ogni legionario e chiunque di loro avrebbe preferito la morte piuttosto che lasciarla in mano al nemico! :clap:


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Gimbatbu
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lemond ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 12:45 L'aquila sarebbe diventata il simbolo di ogni legionario e chiunque di loro avrebbe preferito la morte piuttosto che lasciarla in mano al nemico! :clap:
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pietro
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Una cosa che ho scoperto grazie a lemond è che Cesare fosse ugualmente imparentato con Mario e Silla! Non che fosse complicato ai tempi dei Romani :diavoletto:


pietro ha scritto: mercoledì 7 luglio 2021, 13:46 Continuo a non capire WVA. Era meglio se avesse perso altro tempo per potersi inserire nelle fughe dei prossimi giorni. Soprattutto ora che la Ineos li tiene a portata
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Re: Storia

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Gimbatbu ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 17:13
lemond ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 12:45 L'aquila sarebbe diventata il simbolo di ogni legionario e chiunque di loro avrebbe preferito la morte piuttosto che lasciarla in mano al nemico! :clap:
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: «Gavemo l’aquila là su la Tore (....) Gloriosa e splendida con l’ala tesa pronta a difesa de la città. (...) E dighe ai popoli anche lontani che qua i fiumani parla italian»


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Gimbatbu ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 17:13
lemond ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 12:45 L'aquila sarebbe diventata il simbolo di ogni legionario e chiunque di loro avrebbe preferito la morte piuttosto che lasciarla in mano al nemico! :clap:
Gaio Mario come Lotito!
Questa storia dell'aquila laziale l'ò sentita da te la prima volta quest'anno e ora scopro che l'à inventata Lotito; mi puoi spiegare com'è andata?


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pietro ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 17:50 Una cosa che ho scoperto grazie a lemond è che Cesare fosse ugualmente imparentato con Mario e Silla! Non che fosse complicato ai tempi dei Romani :diavoletto:
Alla lettera, nemmeno affini, perché "adfinitas adfinitatis non datur" :cincin:


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lemond ha scritto: sabato 12 febbraio 2022, 8:48
Gimbatbu ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 17:13
lemond ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 12:45 L'aquila sarebbe diventata il simbolo di ogni legionario e chiunque di loro avrebbe preferito la morte piuttosto che lasciarla in mano al nemico! :clap:
Gaio Mario come Lotito!
Questa storia dell'aquila laziale l'ò sentita da te la prima volta quest'anno e ora scopro che l'à inventata Lotito; mi puoi spiegare com'è andata?
Il simbolo della Lazio è da sempre l' aquila poiché si rifà appunto alla tradizione dell' antica Roma come il biancoceleste fu scelto dai fondatori perché uguale ai colori della bandiera greca in omaggio ai creatori delle Olimpiadi in quanto polisportiva. C' è una infinita diatriba tra laziali e romanisti. I primi in quanto più antichi rivendicano il fatto di essere la prima squadra della capitale. Non si misero nome Roma perché all'epoca esisteva una Ginnastica Roma e vollero differenziarsi. I romanisti anche se arrivati successivamente, per via del nome e dei colori della città affermano la loro supremazia cittadina contestata dai laziali proprio per via dell' aquila che è il vero simbolo di Roma a differenza della lupa che allatta i gemelli simbolo della Roma calcio in realtà non rappresentativo della tradizione storica romana.In questa querelle si inseri' il prode Lotito che per ribadire il concetto fece volare, e vola tuttora, l' aquila Olimpia prima delle partite casalinghe.


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Gimbatbu ha scritto: sabato 12 febbraio 2022, 9:56
lemond ha scritto: sabato 12 febbraio 2022, 8:48
Gimbatbu ha scritto: venerdì 11 febbraio 2022, 17:13

Gaio Mario come Lotito!
Questa storia dell'aquila laziale l'ò sentita da te la prima volta quest'anno e ora scopro che l'à inventata Lotito; mi puoi spiegare com'è andata?
Il simbolo della Lazio è da sempre l' aquila poiché si rifà appunto alla tradizione dell' antica Roma come il biancoceleste fu scelto dai fondatori perché uguale ai colori della bandiera greca in omaggio ai creatori delle Olimpiadi in quanto polisportiva. C' è una infinita diatriba tra laziali e romanisti. I primi in quanto più antichi rivendicano il fatto di essere la prima squadra della capitale. Non si misero nome Roma perché all'epoca esisteva una Ginnastica Roma e vollero differenziarsi. I romanisti anche se arrivati successivamente, per via del nome e dei colori della città affermano la loro supremazia cittadina contestata dai laziali proprio per via dell' aquila che è il vero simbolo di Roma a differenza della lupa che allatta i gemelli simbolo della Roma calcio in realtà non rappresentativo della tradizione storica romana.In questa querelle si inseri' il prode Lotito che per ribadire il concetto fece volare, e vola tuttora, l' aquila Olimpia prima delle partite casalinghe.
Grazie mille di avermi fatto conoscere tutto ciò. Figurati, pensavo che aa Roma fosse l'unica squadra della città, così come il Genoa e il Torino, mentre le altre, quelle del contado e per la Juve uno molto ampio, perché diffuso in tutta italia. Molto vero che l'aquila è un simbolo molto più romano antico della lupa, che è solo ... :clap:


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Ovviamente i sostenitori della Roma giocano su questo fatto e chiamano i laziali "burini" che altri non erano che i campagnoli che il sabato scendevano in città a vendere burro, formaggi ecc. E la tifoseria è effettivamente distribuita con una grande maggioranza di romanisti in città e prevalenza di laziali nella regione. Ma i laziali doc, tipo l' aquilotto, rivendicano dati alla mano la primogenitura cittadina. Un simpatico siparietto avviene durante le litigate tra aquilotto e lupacchiotto quando il primo al massimo del dileggio appella il secondo come tifoso della Corropolese! In quanto, a suo dire, la Roma calcio, nata dalla fusione di varie società calcistiche della capitale unione promossa dal duce che vedeva di buon occhio la creazione di una squadra con il nome della capitale, vide la luce con tanto di statuto firmato dai componenti in uno studio notarile della ridente città di Corropoli!


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Gimbatbu ha scritto: sabato 12 febbraio 2022, 10:51 Ovviamente i sostenitori della Roma giocano su questo fatto e chiamano i laziali "burini" che altri non erano che i campagnoli che il sabato scendevano in città a vendere burro, formaggi ecc. E la tifoseria è effettivamente distribuita con una grande maggioranza di romanisti in città e prevalenza di laziali nella regione. Ma i laziali doc, tipo l' aquilotto, rivendicano dati alla mano la primogenitura cittadina. Un simpatico siparietto avviene durante le litigate tra aquilotto e lupacchiotto quando il primo al massimo del dileggio appella il secondo come tifoso della Corropolese! In quanto, a suo dire, la Roma calcio, nata dalla fusione di varie società calcistiche della capitale unione promossa dal duce che vedeva di buon occhio la creazione di una squadra con il nome della capitale, vide la luce con tanto di statuto firmato dai componenti in uno studio notarile della ridente città di Corropoli!
:crazy: :clap:


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I giorni del potere XXIV

La reazione di Metello (del Porcile) stupì anche il Porcellino, che considerava, come tutti, suo padre un individuo razionale e controllato. Ma il fatto di essere sostituito con Mario gli provocò una crisi di nervi mai vista prima! La lettera di Lucio Cassio Longino, che gli chiedeva le sei legioni per schierarle contro i Germani, attenuò un po' la rabbia, ma si premurò comunque di lasciare subito Utica, per non dover incontrare l'incolto italico che non sa di greco!
Così, quando Mario gettò l'ancora nel porto c'era Rutilio ad accoglierlo sul molo e fu a lui che domando dove fosse il loro Metello del Porcile?
- Giù a Susa a covare la rabbia, insieme alle legioni, dopo aver fatto voto a Giove Statore che mai più ti avrebbe rivolto la parola. Te la farà/nno pagare la tua temerarietà, oh se te la faranno ... - :x
"Non credo, li ho portati dovevo volevo e ce li terrò fino al giorno della mia morte, stai sicuto amico mio. So che tu non vuoi restare qui, perché ti dispiacerebbe vedere Giugurta in catene, ma se ti proponessi in futuro di candidarti, con me, al consolato, saresti disposto?" :)
- Lo considerei un grande onore per me e la mia famiglia, ma ti prego di concedermi almeno un anno. - "Lo farò." :cincin:
Verso la fine di giugno, quattro legioni erano arrivate e Mario le aveva plasmate in modo tale da ricavarne un piccolo, ma formidabile esercito; nonostante Giugurta lo sapesse, decise di affrontare il rischio di riconquistare Cirta. Mario arrivò però prima che la città cadesse e i "capite censi" inflissero al principe numida una sconfitta così decisiva che lui stesso fu costretto a gettare lo scudo e la lancia, per sottrarsi alla cattura.
Nello stesso tempo entrambe le figlie di Cesare partorirono: una femminuccia settimina per Iulilla e un maschio sano e forte per Iulia, ma fu solo la femmina che resistette a un'epidemia di febbri enteriche che si era diffusa nella capitale e, fu ancora Iulilla a rimanere di nuovo incinta e, prima di partire per l'Africa, Silla gli disse: "Questa volta sarà un maschio!"
Lucio Cornelio sbarcò a Utica nella prima settimana di settembre con altre due legioni e duemila splendidi cavalleggeri celtici della Gallia italica. Fu accoltro con entusiasmo da Mario, che lo informò di prepararsi ad accompagnarlo nella spedizione verso Capsa e gli consigliò di comprarsi un copricapo quanto più possibile esteso, in modo da riparare quella sua carnagione bianchissima. "Capisco perfettamente che ti senta un po' a disagio per la pelle così delicata, ma per me, tuo comandante, è importante che ti mantenga in salute, più di quanto lo sia offrire ai tuoi pari quella che consideri la giusta immagine di te. Usa quel copricapo e magari coltivalo come una stravaganza e quanto prima, nessuno ci farà più caso." :)
Ma Silla doveva riferirgli soprattutto dei Germani, che erano diretti a Roma e da dove arrivano non si sapeva.
"Dimmi tutto quello che sai di Lucio Cassio Longino, perché i dispacci non dicono niente!"
-Ha guidato le sei legioni di Metello Numidico (nessuno sa come sia riuscito a farsi assegnare quel nuovo cognome?) e le ha coondotte fino a Narbona, dopo di che ha incontrato i Germani non lontano da Tolosa e li ha costretti a ingaggiare battaglia in un terreno a lui favorevole e di li a poco li ha messi in fuga. Li ha inseguiti fin verso Bordeaux, senza preoccuparsi di serrare i ranghi o far marciare gli uomini in formazione quadrata e neppure ha mandato qualcuno in ricognizione. Il nostro esercito è caduto in trappola al gran completo e insieme a 35.000 soldati sono morrti anche Longino e il suo legato anziano! :grr:
Popilio Lena, che era stato lasciato indietro con il resto dell'esercito, a guardia del convoglio dei vettovagliamenti, ha dovuto arrendersi e passare sotto il giogo e questa è stata la ragione principale dell'ondata di indignazione che si è prodotta in Roma contro di lui!


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lemond
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Re: Storia

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I giorni del potere XXV

"Dobbiamo sbrigarci con Giugurta, rispose Mario, e poi torneremo dal popolo per esigere il mandato per combattere i Germani!"
La spedizione contro Capsa ebbe un successo addirittura superiore alle aspettative, grazie all'abilità con cui era stata organizzata la campagna e Mario provò un acuto piacere a scrivere una soave lettera al Senato, che Cesare avrebbe provveduto a leggere ad alta voce; aggiunse anche, con grande piacere, che, dopo la pessima prova del defunto Longino, Roma avrebbe avuto bisogno di un altro esercito di "capite censi" per combattere i Germani.
Rutilio poco dopo gli scrisse che Gaio Giulio Cesare aveva letto il messaggio con un tono solennemente stentoreo e quante facce rosse di furore, in particolare Metello del Porcile ha dichiarato; "Non c'è giustizia!" Ma qualcuno gli ha subito risposto: "È proprio vero Quinto Cecilio, altrimenti non ti fregeresti del nomignolo di Numidico!" Anche il suo amico Scauro si è sganasciato dalle risa. :diavoletto: :crazy: :diavoletto:
All'inizio del mese di dicembre Gaio Popilio Lena era stato processato all'assemblea delle Centurie con l'imputazione di alto tradimento, ma grazie ai suoi natali e al fatto che il colpevole vero non era lui, il verdetto fu: ABSOLVO.

Anno 106 a.C. consolato di Quinto Servilio Cepione e Caio Attilio Serrano


Cepione, console anziano di quell'anno, ottenne l'incarico di guidare un esercito in Gallia e, nel primo discorso da primo console annunciò che MAI si sarebbe avvalso di un esercito di tipo nuovo: "Impiegherò i soldati di Roma, non quegli straccioni!" e il Senato lo acclamò a lungo. Erano presenti anche i senatori di Mario, ma era la cricca dei conservatori che che sedevano in prima fila a farsi sentire!
Circa 4.000 uomini dell'esercito di Cassio erano tornati dalla guerra ancora abili al servizio e Q.S.Cepione si trovò ad affrontare l'impresa di reclutare 41.000 fanti e altri 30.000 ausiliari vari. Si servì di modalità di reclutamento davvero singolari: si arruolava a forza il figlio quattordicenne, bastava che avesse l'aria matura, di un piccolo possidente, così come il nonno sessantenne, dall'aspetto ancora giovanile e se costoro non avevano denaro sufficiente per comprarsi le armi gli uomi del console era subito pronti a confiscare la terra e così oltre ai soldati, gli uomini del primo console riuscirono ad acquisire a quest'ultimo una gran quantità di nuova proprietà terriera!
Dipoi Cepione introdusse misure costituzionali atte a far diminuire il potere della Plebe: quasi tutti i diritti che aveva ottenuto da Gaio Cracco e dopo questa vittoria, alla fine di marzo si mise in marcia alla testa di otto legioni alla volta di Tolosa.


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bicycleran
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Re: Storia

Messaggio da leggere da bicycleran »

Ho letto questo:

https://www.ibs.it/cinema-italia-film-c ... 8851185633

Un secolo abbondate di storia d'Italia e di come il cinema l'ha raccontata. Metto nel topic Storia, perché l'ha scritto uno storico, non uno storico del cinema, e si vede.

Interessante per come evidenzia la doppia valenza dei film, che dicono qualcosa sia sul periodo in cui sono ambientati, sia in quello in cui sono stati realizzati. Per esempio uno dei capitoli più compiuti è l'ultimo, dedicato a La meglio gioventù. Giordana e gli sceneggiatori tratteggiano personaggi impregnati di un'etica che li contrappone al modello berlusconiano egemone e al governo nel periodo. Non ricordavo che la Rai di Del Noce avesse bloccato il film per mesi, dopo averlo prodotto.

Tuttavia di cinema non ce n'è tantissimo nel libro, anche se mi sono appuntato alcuni titoli che non conoscevo. Pazienza, a me piace anche la storia contemporanea e De Luna la divulga sempre in maniera piacevole.

Lo sto facendo leggere anche a mio padre ultrasettantenne, decisamente meno cinefilo di me. Gli sta piacendo tantissimo perché rivive le esperienze della sua vita.


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Gimbatbu
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Re: Storia

Messaggio da leggere da Gimbatbu »

Interessante. Da leggere. :cincin: per la segnalazione.


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lemond
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Re: Storia

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I giorni del potere XXVI

I venti e le correnti rendevano troppo rischiosi i trasporti marittimi, per cui le legioni di Cepione furono costrette a percorrere a piedi 1.600 km. e per raggiungere Narbona ci misero settanta giorni, intralciati come erano da animali, veicoli e schiavi personali che un soldato romano di vecchio stampo sapeva di aver diritto di portarsi appresso, per non rinunciare alle comodità.
Al solito Cepione era assistito da una fortuna strabiliante e in quel caso i Germani avevano avuto violente discussioni con i Volci Tettosagi e il loro re, Copillo di Tolosa, aveva intimato loro di lasciare la zona. Dipoi, rimasto solo, non appena vide le otto legioni, dette ordine di allontanarsi velocemente verso la foce della Garonna, sperando che Cepione fosse un comandante altrettanto sventato di Lucio Cassio.
Tolosa si arrese subito e Cepione, che sapeva dell'esistenza del famoso "Oro di Tolosa", entrò in città sicuro di trovarlo facilmente. :D
Cepione conosceva bene la storia e aveva sempre sognato di trovare quell'Oro, anche se in molti pensavano che fosse solo una leggenda. Trovarlo comunque non fu per niente facile, perché era nascosto sul fondo di certi laghetti che circondavano la città, celato dalla melma, dalle erbe palustri e dai detriti naturali di molti decenni. Alla fine, si scoprì che c'erano circa 50.000 lingotti, ciascuno del peso di sette chili e in più c'era anche molto argento e ora restava solo da organizzare il trasporto a Narbona e poi a Roma.
L'oro partì a bordo di 450 carri scortati da una sola coorte, perché la strada era sicura e d'altra parte re Copillo e i suoi si trovava dentro le mura di Bordeaux.
Ma, poco prima di raggiiungere Narbona i predoni, più di mille, sbucarono da una foresta e di li a pochissimo tempo neppure un legionario restò in vita.
Quando conobbe la notizia, Cepione pianse a singhiozzo, ma non ebbe altra scelta che scrivere a Roma per riferire, aggiungendo la fuga dei Germani e chiedere istruzioni. La risposta fu che anche l'anno successivo sarebbe stato il governatore della Gallia romana, ma ormai non era più lo stesso, era sempre corrucciato, malinconi e piangente!
A Utica si respirava altra aria, specie quando arrivò un questore dell'erario, latore della paga per le legioni. Mario, Silla e Quinto Sertorio (legato anziano) erano ben contenti del morale dei "capite censi" che li avrebbero, ne erano certi, conquistato Cirta e annientato gli eserciti di Numidia e Mauritania. La battaglia campale avvenne alla fine di Sextilis e la vittoria romana fu completa, totale, assoluta; solo i due re (Giugurta e Bocco) riuscirono a fuggire.
Tutti gli abitanti di Cirta assistettero a una cerimonia mai vista, con Mario a ricevere la corona d'erba, mentre Silla e Sartorio ne ebbero una d'oro, dopo di che Gaio prese la parola: "Ottimo lavoro oh nullatenenti, vi siete dimostrati più prodi dei prodi, più strenui degli strenui e più intelligenti degli intelligenti! Quando attraverseremo Roma in trionfo, daremo alla gente qualcosa da guardare, ovvero tutte le nostre decorazioni e in futuro nessun romano potra dire che i "capite censi" non tengono abbastanza a Roma per vincere battaglie nel suo nome." :clap: :clap: :clap:
Poco prima della fine dell'anno Mario ricevette una lettera da Publio Rutilio Rufo, che lo informava che gli si era presentata l'opportunità di candidarsi a console per l'anno prossimo e quindi gli chiedeva il permesso di non attenderlo, per potersi presentare insieme. Oltre a ciò gli faceva il panegirico di una sua nipote tredicenne: Aurelia che, insieme alla bellezza, possedeva una dote molto rara in una patrizia romana, un po' come Iulia, vale a dire intelligenza, unita a maturità senza pari e gli confessava di voler più bene a questa nipote che a tutti i suoi figli.
"Capisco e naturalmente, fatti sotto, carissimo Publio: sono sicuro che ti dimostrerai un ottimo console, per tua nipote vedremo, ma intanto, visto che Lucio Cornelio mi ha annunciato di essere diventato padre di un maschietto, ma che ne ha avuto notizia da Gaio Giulio e non da sua moglie, ti prego ti tener d'occhio Iulilla, perché non credo che lei assomigli, quanto a buon senso, molto a quella tua nipote. Infine ti ringrazio di avermi informato che Cesare non sta per niente bene e, naturalmemte spero che, quando riceverai questa mia, tu sarai già stato eletto console. :)


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Re: Storia

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Gimbatbu ha scritto: lunedì 14 febbraio 2022, 11:04 Interessante. Da leggere. :cincin: per la segnalazione.
Concordo anche se spero che Fellini abbia inciso poco nel formare gli italiani. ;)


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Re: Storia

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I giorni del potere XXVII

105 a.C. durante il consolato di Publio Rutilio Rufo e Gneo Manlio Massimo


La lettera di Rutilio aveva turbato Mario , a caus delle condizioni di salute di Cesare e autorizzò Manlio a ritornare in patria con i due figli di Gaio Giulio, nel mentre, ricevette una lettera di Silla che gli comunicava che il principe Bogud era arrivato a Ustica per parlare con lui, non sapendo che invece si trovava a Cirta. Mario rispose di stare attento, perché aveva saputo dal console suo amico (Rutilio) che Metello Numidico del Porcile aveva intenzione di perseguirlo (con false prove) per estorsione e corruzione nella Provincia d'Africa. Pertanto tu accompagnerai Bogud a Cirta, ma prima raduna ogni singolo senatore romano, tribuno e qualsiasi persona importante e portali a Cirta, affinché tutti ascoltino ogni mia parola e, se vogliono, approvino quel che deciderò di fare con gli ambasciatori di Re Bocco. :)
Il "pezzo più grosso" che Silla riuscì a trovare fu Gaio Billieno, governatore della Provincia d'Asia; disponeva però anche di un questore dell'Erario: Gneo Ottavio Rusone.
Prima di ricevere l'ambasceria dei mori, Mario convocò una riunione di tutti i notabili romani per illustrare loro il trattato di pace che aveva intenzione di stipulare con Bocco e la conclusione di tutti fu che quel trattato era auspicabile e vantaggioso per Roma; Rusone accompagnò Bogud affinché fosse ascoltato dal Senato.
Il primo console (Rutilio) pronunciò il verdetto del Senato a porte aperte ed esso assolveva Bocco da ogni accusa, a condizione di ricevere un favore e sarà lo stesso re a stabile quale.
Bocco andò da Mario per sapere quale dovesse essere e la risposta, ovvia, era Giugurta. E, ricevuto l'assenso del re, incaricò Silla di agire con l'aiuto dei Mori. La cosa non fu facile, perché Giugurta era molto astuto, ma alla fine l'impresa riuscì e nel mese di giugno la guerra in Africa poteva dichgiarasi finita. Per qualche tempo Giugurta fu ospirtato in un alloggio confortevole entro le mura di Utica, come stabilito da Mario e Silla e vennero lì portati anche i suoi figli, mentre la corte si disintegrava e cominciava la caccia alle cariche del nuovo regime.
Re Bocco ottenne il trattato di amicizia e alleanza del Senato e Gauda divenne re di una Numidia abbastanza ridotta, quanto a territorio, a vantaggio di Bocco.
Intanto a Roma il primo console era alle prese con i numerosissimi pretendenti alla mano della nipote Aurelia e il padre di lei (Marco Aurelio Cotta) si sentiva un po' come Tindaro, quando tutti i principi achei volevano sposare Elena, ma lui non aveva Odisseo ad aiutarlo per risolvere il dilemma! E invece l'Odisseo romano un giorno bussò alla porta nei panni proprio di Publio Rutilio Rufo, anche se non disse alla sorella e al cognato che la soluzione gli era arrivata da una lettera di Mario.
" Per evitare di trovarci alle prese con un branco di Romani litigiosi e vendicativi, lasciamo che sia la ragazza a scegliersi il marito che preferisce, perché Aurelia è una ragazza di grande buon senso e sono sicuro che non ci deluderà MAI!"
Il giorno dopo i gentiitori parlarono con Aurelia per sapere che cosa pensasse del prossimo matrimonio e la sua risposta fu: "Sarò felice di lasciar decidere a voi, a patto che non scegliate uno che di sicuro non è di mio gradimento e ne indicò diversi."
- La lista dei rimanenti è comunque piuttosto lunga, visto che in partenza gli aspiranti erano trentasette! E così abbiamo deciso di lasciar scegliere te, anche per essere sicuri di non farci una quantità di nemici. -
"Ma non posso farlo, non è previsto dalle norme di Roma!"
- Da quelle di Roma no, ma dalle norme di Rutilio ... sì."
"Quanto tempo ho?" - Non c'è fretta, compirai 18 anni a gennaio, ma non è detto che debba sposarti proprio all'età giusta."
"Grazie" E uscì dalla stanza, pensando a che cosa avrebbe fatto Cornelia, la madre dei Gracchi. :)


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Re: Storia

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I giorni del potere XXVIII

Alla fine Aurelia giunse all'unica conclusione che Cornelia avrebbe approvato: doveva vagliare i pretendenti con cura meticolosa e scegliere il migliore (non il più attraente!) :) In altre parole, colui che corrispondeva di più all'ideale romano. Ma come faceva una ragazzina a trovare "rara avis" da sola? E decise di andare a trovare lo zio.
Quel giorno il primo console aveva un invitato e Rufo presentò la figlia di sua sorella Rutilia e a lei disse che lui era il figlio di Gaio Giulio Cesare e che si chiamava Gaio come suo padre, ma non era il primogenito.
Appena lo vide Aurelia capì che era l'uomo del suo destino e non pensò più né all'ideale romano, né a Cornelia, la madre dei Gracchi. :D
Al momento della presentazione, ciò che Aurelia vide fu il lungo volto romano in cui spiccava il naso romano e gli occhi di un azzurro intenso, i capelli d'oro fittamente ondulati, la bella bocca; Aurelia capì che, dopo tutte le riflessioni profonde, aveva risolto il dilemma, sempklicemente ... innamorandosi. :diavoletto:
Aurelia dimenticò le buone maniere e interrogò il giovane su tutto ciò che desiderava conoscere e quando ebbe saputo tante cose di lui, si accomiatò.
Rufo, appena rimasto solo con l'ospite, chiese che cosa pensasse della nipotina? - Tanto varrebbe chiedermi se mi piace vivere, c'è un'alternativa? :) -
"E vorresti sposarla?" - Naturalmente, come quasi, purtroppo, metà degli uomini di Roma. - "E allora vai da mio cognato!"
Ma mentre tornava a casa, Cesare era meno speranzoso di poco prima: si rendeva conto che non poteva competere con gente come Marco Livio Druso o il giovane Scauro, Enobarbo e tanti altri patrizi e danarosi romani!
Arrivato a caso vide che il padre era in fin di vita e si sforzò inutilmente di nascondere l'emozione che gli incrinava la voce! Ma poi si decise a dire tutto su Aurelia. Cesare non aveva la forza di smuovere il figlio da tale decisione e così lasciò che lo aiutasse a raggiungere il letto, dove ormai dormiva da solo.
Il giorno dopo Aurelia chiese udienza al padre per comunicargli la decisione che ormai aveva preso e, se anche ad Aurelio Cotta non sembrava la scelta migliore, dovette "far buon viso" e disse "Va bene, dovrò andare subito a far scrivere 37 lettere, dopo di che sarà bene che vada a trovare Gaio Giulio padre e figlio, suppongo. :)
Gaio Giulio padre e Cotta erano d'accordo che quelle nozze non erano le più desiderabili, ma i ragazzi avevano scelto e allora, disse Cesare, non dobbiamo rendere loro la vita troppo facile, dobbiamo insegnare loro il prezzo dell'amore. Se davvero sono fatti l'uno per l'altra, qualche avversità non potrà che rafforzare l'unione, altrimenti ...
Ci assicureremo che Aurelia conservi intatta la dote e, per non ferire oltre misura l'orgoglio di mio figlio, compreremo un'insula a basso prezzo! Numi, rispose Cotta, mia figlia diventerebbe una volgare padrona di casa!
"E perché no?" fece Cesare, altrimenti può sempre recedere dal convincimento di sposare mio figlio.
Quando Aurelia fu aggiornata sulle decisioni prese in sua assenza e se lei fosse favorevole a un'insula oppure a una casa, le si ripropose la questione su che cosa avrebbe scelto Cornelia?
La casa sarebbe stata più comoda e consueta, però il suo diletto si sarebbe sentito ferito nell'orgoglio, perché avrebbe dovuto attingere alla dote della moglie e allora la decisione migliore, pensò, sarebbe stata un'insula, un immobile più redditizio e solido che si potesse trovare e, aggiunse Gaio il giovane, sarà registrata a tuo nome, così che il ricavo degli affitti sarà tuo.
Si sposarono in aprile, in una splendida giornata primaverile e persino Gaio Giulio padre sembrava migliorato. Il corteo nuziale dovette fare un lungo tratto di strada per raggiungere l'Insula della Suburra, dove avrebbero abitato e la sposa fu acclamata dagli abitanti del quartiere al gran completo. :)


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Re: Storia

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I giorni del potere XXIX

Durante l'inverno, che trascorse a Narbona a piangere l'Oro perduto, Quinto Servilio Cepione ricevette una lettera da Marco Livio Druso, un brillante avvocato e spasimante deluso di Aurelia. Cominciava col dire che suo zio, Publio Rutilio Rufo non si era comportato da romano, consigliando al cognato di far decidere alla figlia chi sposare e naturalmente la ragazza aveva scelto un damerino della gens Iulia, uno sciocco nobile decaduto che non combinerà mai niente di buono! Proseguiva chiedendo di poter sposare Servilia Cepionide e al contempo a Quinto Servilio Minore di sposare la sorella Livia Drusa. "I nostri vincoli di parentela risalgono a molte generazioni e sia mia sorella che tua figlia possiedono una dote simile e quindi non sarà necessario alcun passaggio di denaro, un vantaggio in questi tempi di scarsa liquidità. :)
Erano le nozze che Cepione aveva sempre sognato e quindi si mise a prendere tuti i provedimenti del caso.
Conosciuta la risposta Druso andò ad informare la sorella, la quale affermò di non poterlo sposare! -Perché?- "È disgustoso, rivoltante, preferirei la morte!"
-Come osi! Vai in camera tua e vi resterai, finché non metterai giudizio!- Non aveva nessuna idea sul da farsi, ma intanto ridusse il vitto della fanciulla.
Qualche tempo dopo ritornò dalla sorella per intimargli che finché non avesse preso la decisione giusta non ci sarebbero stati per lei più libri, né riscaldamento nella stanza e da mangiare solo pane e acqua!
Livia Drusa cominciò a comprendere la differenza fra le grandi opere che amava leggere e la vita reale. Penelope aveva goduto della libertà nelle sale del palazzo e della compagnia del figlio, invece nella vita sarebbe stata violentata, costretta a sposarsi e Telemaco sarebbe stato assassinato!
Lei si era illusa che il suo eroe, quell'Enobarbo dai capelli rossi (come Odisseo) sarebbe venuto a conoscenza della situazione e l'avrebbe rapita, ma ormai aveva capito che poteva solo piangere! :grr:
Quando il giorno dopo il fratello ritornò, ebbe la risposta che avrebbe voluto da tempo, anche se la voce della fanciulla era spenta!
I matrimoni furono fissati alle calende di maggio, ovvero prima del periodo infausto, ma "qualsiasi momento è infausto per me" pensò LIvia, ma non lo disse.


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Re: Storia

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I giorni del potere XXX

Publio Rutilio Rufo aveva scritto a Mario in giugno, prima che si conoscesse la notizia della cattura di Giugurta.
- Abbiamo avuto una primavera con qualche avvisaglia di panico: i Germani sono in marcia e puntano a sud, lungo il Rodano. La fazione di Metello del Porcile cercava di minimizzare il pericolo, ma per fortuna Scauro non è dell'avviso e Gneo Mallio ha avuto l'ordine di reclutare altre sei legioni, anche se il console giovane è pressoché privo di esperienza. Ma i porciliani conoscono l'amicizia fra te e me e così hanno fatto splendidi discorsi per dire che sono troppo vecchio per comandare un esercito e le mie innegabili doti sarebbero tornate più utili se fossi rimasto a governare Roma. Io non ho il tuo spirito e non ho saputo ribellarmi a tale dictat del Senato.
Gneo Manlio se l'è cavata bene con il reclutamento, potendo additare il successo del nullatenenti in Africa e quindi ha seguito la tua linea, però dopo abbiamo saputo che il numero dei Germani che si stanno movendo (meno male che ci sono anche donne e bambini) è di ottocentomila persone e Gneo ha ottenuto il permesso di avere altre quattro legioni, ma comunque tutta l'Italia ha paura, tant'è che i nostri alleati italici ci hanno volontariamente spedito i loro uomini e appunto tre, delle quattro legioni supplementari, saranno costituite in massima parte da Sanniti, Marsi, Piceni e altri. Si registra purtroppo una grande scarsità di centurioni e noi lo sappiamo che sono loro a tener unite le centurie e le coorti! E, se non bastasse tutto ciò, Mallio alla fine di maggio si è alzato in Senato, dichiarando di non poter garantire che tutti gli uomini ai suoi ordini avrebbero saputo comportarsi a dovere sul campo di battaglia, cosa ovvia, ma non è tanto da furbi proclamarlo in Senato! :x
Allora i Padri coscritti hanno scritto a Cepione di aggregarsi con le sue legioni di Narbona, il quale ha subito accettato, ma, nonostante gli ordini prevedano che sia subordinato al console in carica, tu ed io sappiamo che non sarà così! Lui, un patrizio della gens Servilia, il salvatore di Roma potrebbe agire da inferiore nei confronti di un Uomo Nuovo!? E infatti Quinto Servilio Cepione ha proprio detto che a Roma ci sono consoli e consoli e quest'anno le elezioni hanno sortito solo un vecchio della piccola nobiltà e un presuntuoso arricchito e quindi sarebbe stato lui il comandante supremo di quell'impresa congiunta contro i Germani. La lettera con le parole di Cepione era indirizzate a Scauro (non certo a me), e lui l'à letta in Senato con voce stentorea, il che ha generato una vera e propria rissa fra legalitari e porciliani! Dipoi il Senato ha confermato gli ordini di preminenza, ma non credo che sarà così di fatto! P.S. Gaio Giulio Cesare è morto oggi pomeriggio: si è lasciato cadere sulla spada e converrai che ha fatto la scelta migliore; nessuno dovrebbe indugiare tanto da diventare un peso per la famiglia, soprattutto se ciò sminuisce la sau dignità. Credo che Cesare avrebbe scelto di andarsene anche prima, se non si fosse preoccupato del figlio minore, che di recente si è sposato. Si è tolto la vita appunto nel momento in cui è stato certo che la scelta del figlio è stata la migliore possibile, perché Aurelia, il tesoro del mio cuore, lo ammetto, era proprio la moglie giusta per Gaio minore. -
Alla fine di giugno Gneo Mallio Massimo partì: il convoglio del vettovagliamento era enorme e la marcia penosamente lenta e dopo sedici giorni non aveva neppure raggiunto Fano e si dovette convincere a lasciare i viveri indietro con una sola legione se voleva raggiungere il Rodano prima che finisse l'estate!
Cepione raggiunse il gran fiume molto prima di Gneo con sette delle otto legioni e a Nimes fu accolto dal corriere con gli ordini del Senato. Lui scrisse una missiva di risposta con la quale confermava che non intendeva ricevere ordini da Mallio Massimo e che l'unica strada che poteva percorrere con onore era a ovest del fiume! Quando arrivò Mallio, naturalmente si trovò sulla sponda est del Rodano e il suo primo ordine fu quello di far trasferire Cepione su quel lato, ma il patrizio rispose con alterigia che spettava a lui il comando supremo, e che il "piccolo" console doveva adeguarsi se non voleva subire un processo per alto tradimento!
IL tentativo di arrivare a un accordo fu vano e Cepione continuò a fare di testa sua e non volle per nessuna ragione acconsentire alle sue truppe di possidenti di condividere un accampamento con quei pezzenti comandati da un Uomo Nuovo!
"Mi trovo 40 km. a nord di Gneo Mallio e sarò io il primo a incontrare i Germani e li batterò, senza lasciare a quel mercante un solo briciolo di gloria e sarà Quinto Servilio Cepione a celebrare il trionfo per le strade di Roma, come unico vincitore!"


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C'è sempre una soluzione semplice ad un problema complesso. Ed è quella sbagliata. A. Einstein
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matteo.conz ha scritto: venerdì 18 febbraio 2022, 14:41 Un pensiero per il grande Giordano Bruno con un giorno di ritardo ma meglio tardi che mai.
Fa parte dei due polli al mercato famosi acquistati, in questo caso, da El Condor: Uno, appunto Bruno, un grandissimo della storia umana e l'altro, Bagnino un farlocco della storia del ciclismo. :)


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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Re: Storia

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I giorni del potere XXXI

All'alba del secondo giorno di ottobre i Germani si mossero: le condizioni atmosferiche erano ancora buone e la prima fortificazione romana che trovarono fu quella di Marco Aurelio Scauro; mezz'ora dopo non restava un romano vivo ad eccezione di Marco che fu fatto prigioniero, perché vollero riservargli un trattamento diverso: farlo morire lentamente, ma il figlio del Princeps Senatus morì da vero nobile romano e non emise un lamento.
Il sesto giorno del mese le avanguardie, proseguendo verso sud, raggiunsero l'accampamento di Mallio Massimo, il quale preferì uscire, schierando le truppe fianco a fianco su un tratto di 60 Km. E fu un errore, perché fu possibile ai Germani aggirarlo agevolmente, dato che non disponeva di una cavalleria a proteggere il fianco e gli uomini erano anche schierati su una linea troppo esigua. Mentre Mallio Massimo aspettava a piè fermo l'attacco, i Germani stavano invadendo, più a nord, l'accampamento di Cepione e la ressa fu tale che i feriti furono calpestati insieme ai morti: non sopravvisse un solo uomo dei 56.000 di Cepione, il quale non perse tempo: si avvide subito che i suoi uomini non avevano la minima speranza e montò in barca, ordinando ai vogatori di trasportarlo sulla sponda occidentale del Rodano a tutta velocità.
Mallio Massimo non se la cavò molto meglio, pur battendosi valorosamente contro un nemico schiacciante per superiorità numerica. Quinto Sertorio in particolare cercò di tenere uniti gli uomini, ma anche lui cadde, ferito a una coscia, anche se la lancia non gli recise l'arteria femorale. Sesto Giulio Cesare fu abbattuto da uno dei suoi quando tentò di bloccare la ritirata e fra questi fuggitivi c'era anche Cepione il giovane!
I Germani non avevano l'abitudine di fare prigionieri e quindi al termine della battaglia di Arausio si misero a uccidere tutti i feriti, fortunatamente l'azione non fu troppo disciplinata e per questo qualcuno si salvò: Quinto Sertorio si finse morto, Marco LIvio Druso era svenuto e Sesto Cesare rantolava così forte che nessun guerriero nemico si prese la briga di finirlo. I due figli di Mallio Massimo perirono mentre galoppavano impartendo ordini alle forze rimaste, ma il figlio di Metello Numidico del Porcile era di tutt'altra pasta e invece di fare l'eroe, spinse Mallio e una mezza dozzina di collaboratori su una barca e così. oltre che la sua, salvò la vita al suo comandante.
All'imbrunire Druso si mise a cercare un po' acqua e riuscì nell'intento e cercò qualche sopravvisuto per aiutarlo; uno di questi era Sertorio, parecchio grave, mentre un altro, Quinto Poppedio Silone, era in discrete condizioni e poteva cooperare.
Quel che rimaneva dei maggiorenti romani era riunito ad Arausio e lì arrivò un interprete con la notizia che, dopo la battaglia, i Germani si erano separati: c'era stata un'enorme disputa tra i thane, specie fra Teutobod dei Teutoni e Boiorix dei Cimbri. Getorix capo dei dei Marcomanni, Cherusci e Tiburini ha cercato di trovare una soluzione, ma non ha ottenuto nulla e i Germani si sono divisi in tre popoli, ciascuno andando per la propria strada: Teotobod sta andando in Spagna, attraverso i territori dei Cardurci, Bolorix procederà anche lui verso la spagna, ma costeggiando i territori romani e Getorix rimarrà presso gli Edui e gli Ambarri. Nessuno scenderà a sud.
Oltre al console Mallio Massimo, fra i sopravvissuti il più eminente era Marco Aurelio Cotta e a lui fu detto che Cepione, dopo essere fuggito dal campo di battaglia, stava andando a Roma a dare la sua versione dei fatti. La reazione fu immediata: "Dovrò essere io a recare la notizia per primo della battaglia Arausio, a costo di farmi crescere le ali per volare! Datemi il miglior cavallo e partirò per Marsiglia alle prime luci dell'alba!"
Cepione non si curò di operare la deviazione per Marsiglia e preferì continuare il viaggio per terra, con i suoi cocchi e quando raggiunse Fano seppe di aver vinto: era la sua versione alla quale Roma avrebbe creduto. :clap:
E invece la dea fortuna gli aveva preferito Marco Aurelio Cotta, il quale, via mare, aveva trovato venti propizi, più di quanto si potesse prevedere in quel periodo dell'anno e la nave gettò l'ancora nel porto di Ostia alla vigilia delle Idi; subito Cotta si diresse alla casa del primo console Publio Rutilio Rufo affinchè il magistrato convocasse il Senato in sessione di emergenza nella Curia Hostilia, a porte aperte!
Cotta si alzò in piedi, denotando una grande stanchezza, ma riuscì a mantenere la figura di nobile romano quando cominciò a narrare ai Padri Coscritti Coscritti l'enorme disfatta subita ad Arausio, con la pedita di Ottantamila soldati! E questo perché Cepione si era rifiutato di sottostare agli ordini del console in carica, come gli aveva chiesto il Senato (e implicitamente gli doveva dettare il Mos Maiorum), Ciò aveva creato confusione nelle legioni di Mallio Massimo, perché ad es. il figlio di Cepione si era schierato con il padre e contro il comandante, portando all'isolamento di Marco Aurelio Scauro e della cavalleria, provocandone così l'annientamento e la morte drllo stesso Scauro (arso vivo)!
Tutti voi dovete assumervi una parte di colpa per aver mandato me, soltanto ex pretore, a rappresentarvi per far eseguire gli ordini a Cepione. E lui si è sentito in diritto di disobbedire a uno che non era mai stato console! In ogni modo Cepione si è posto al di sopra della legge, comportandosi come il Primo a Roma, ma noi tutti sappiamo che, dopo la caduta di Tarquinio, non c'è stato più questa figura nelle Repubblica!
Arausio è un disastro peggiore di Canne, perché i soldati superstiti hanno una tale paura dei Germani che preferiscono nascondersi sotto terra, piuttosto che essere arruolati di nuovo! E addirittura Sesto Giulio Cesare è stato abbattuto dai suoi stessi soldati, mentre cercava di arrestarne la fuga; per fortuna vi posso dire che è ancora in vita, perché l'ò trovato personalmente sul campo di battaglia e per quasi tre giorni i miei compagni ed io abbiamo fatto tutto il possibile per lui e gli altri feriti. Purtroppo molti sono morti, perché eravamo solo in 29 a prestare soccorso, nessun altro è venuto ad aiutarci!"
Prima che Cotta potesse sedersi, Scauro prese la parola ...


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I giorni del potere XXXII

"E dove sono ora i Germani!?" - Sinceramente oh Princeps Senatus non lo so, perché quando la battaglia si è conclusa, dopo appena un'ora circa, sono tornati a nord, presumo a recuperare carri, donne e bambini. Dopo però ho avuto notizie che avevano litigato e si erano divisi fra CImbri, Teutoni e gli altri e quando sono partito non c'erano segni di movimenti dei nemici verso sud. -
Si alzò a parlare Rutilio Rufo: "Domani sono le idi di ottobre e la stagione bellica è suppergiù conclusa, però ho comunque formulato un piano d'azione volto a impedire ai Germani di invadere l'Italia e, avverto i padri coscritti, che al minimo cenno di spaccatura in seno all'assemblea, sottoporrò il progetto al Popolo, attraverso l'Assemblea della Plebe. La condotta di Quinto Servilio Cepione sta a indicare l'estrema debolezza dell'ordine senatoriale e in particolare la volontà di non voler riconoscere il merito, invece del sangue! Ordino che sia varata una legge che impedisca da domani a qualsiasi uomo fra i 17 e i 35 anni, sia egli romano, latino o italico di lasciare il suolo patrio e arruolarsi. Naturalmente a prescindere dal censo di apparteneza e questa legge varrà anche per voi senatori. Dobbiamo attingere anche agli eserciti e primo fra tutti quello in Africa di Gaio Mario.
Sull'esercito e sulla guerra d'Africa ci sono tre aspetti che vanno menzionati. Il primo è la conclusione felice, con il re Giugurta agli arresti nell'abitazione di Quinto Cecilio Metello del Porcile :diavoletto: . ti chiedo scusa, volevo dire Numidico. :bll: Il secondo è che colà ci sono sei legioni perfettamente addestrate, appoggiate altresì da contingenti di cavalleria. Il terzo aspetto è comunque il più importante ed è un UOMO capace di eguagliare le vittorie di Scipione Emiliano! :clap: :clap: :clap:
Abbandonò il podio e si diresse alle porte, in modo che la voce fosse sentita in tutto il foro, Gaio Mario è l'unica risposta al bisogno che Roma ha di un esercito e di un generale in capo. E la prima fase della guerra contro i Germani sarà quella di nominarlo proconsole della Gallia con imperium irrevocabile finché non si arrivi alla vittoria."
Metello Numidico reagì all'istante: - Dovrete pèassare sul mio cadavere! - E a lui si aggiunse Scauro per dire che Roma aveva bisogno delle sue truppe, ma di generali ve n'erano altri che valevano quanto lui.
"Alludi al tuo amico Quinto Metello del Porcile, Marco Emilio?" :dunce: Ma lo sapete dove ci ha portato costui in Africa (lo so perché c'ero)? Nella merda fino al collo!"
Prese la parola Manio Aquilio per proporre che la decisione del comando supremo dovesse essere lasciata al settore del popolo romano che maggiormente conta nella Repubblica e cioè i Comitia Centuriata.
"Oh ecco Odisseo, pensò Rutilio Rufo, io non ci avrei mai pensato, ma in questo modo è riuscito a mettere con le spalle al muro la fazione di Metello e Scauro. Questo Manio Aquilio va tenuto d'occhio."
Alle idi di novembre giunse a Utica una lettera del primo console, dove si annunciava che lui, Gaio Mario, era stato eletto console in absentia, in base a un plebiscito che aveva autorizzato la sua candidatura e l'Assemblea dellle Centurie ha votato. E alla fine della lettura, Silla commentò: "E ce n'andremo in Gallia, se tu mi vorrai con te." :)
L'esercito d'Africa salpò da Utica alla volta di Pozzuoli verso la fine di novembre e per Mario significava il ritorno a casa, dopo due anni e mezzo e l'incontro con Iulia fu tutto ciò che ognuno dei due aveva sperato ardentemente, anche se poi la moglie gli dovette comunicare che, dopo Gaio Giulio Cesare era morto anche il vecchio padre di Mario, il quale però era riuscito a sapere dell'elezione del figlio a console.
Il ritorno a casa di Silla fu assai diverso, perché, a differenza di Iulilla, era cambiato in quergli anni e le forme esageratamente teatrali della moglie non gli erano più troppo congeniali. "Non avrei mai dovuto sposarla, pensò, perché lei non potrà mai aiutarmi nella carriera, anzi sarà sempre di ostacolo al mio cursus honorum, mentre la guardava tracannare una coppa di vino puro!"
Il primo uomo che incontrò Mario fu Lucio Marzio Filippo, tribuno della Plebe e con lui il console eletto concertò un piano di riforma agraria, vale a dire l'assegnazione ai suoi nullatenenti di un pezzo di terra in Africa al termine della ferma. Di lì a cinque giorni la legge fu varata.
Il secondo fu naturalmente Rutilio che gli dette notizie del giovane Gaio Giulio Cesare, nominato tribuno militare e di Quinto Sertorio, tornato a casa ferito, ma che si sarebbe rimesso in sesto per essere con Mario in Gallia. E poi su Cepione:- Non è ancora colato a picco, ma deve vogare con tutte le forze per tenersi a galla! - "Dovrebbe essere gettato nei sotterranei del carcere e lasciato a marcire" disse Mario tetro!
A proposito di Cepione, devo aggiungere che mio nipote, il giovane Marco Livio Druso è pronto a testimoniare contro di lui, pur essendo suo genero! E ho notato che da un po' di tempo il mio aristocratico parente non è più amico fraterno di Cepione il giovane. :)
Alla fine l'argomento fra i due fu l'enorme scontento italico che incombeva cupo sullo sfondo, diretto contro i privilegi della nobiltà romana. :grr:


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I giorni del potere XXXIII

104 a.C. consolato di Gaio Mario e Gaio Flavio Fimbria
103 a.C. consolato di Gaio Mario e Lucio Aurelio Oreste
102 a.C. consolato di Gaio Mario e Quinto Lutazio Catulo Cesare


Il compito di organizzare il corteo trionfale per la guerra d'Africa era stato affidato a Silla, il quale seguì alla lettera le istruzioni di Mario, anche se il festino fastoso era molto volgare e dentro di sé pensò che Mario sarebbe sempre rimasto un contadino! Sfilò anche Giugurta, nelle vesti di porpora regale. Fino allora era stato prigioniero in casa di Metello Numidico e aveva mantenuto un atteggiamento altero, rifiutandosi di ingraziarsi l'ego di quel romano, che rammentava ai tempi del Porcile. :) Certamente Metello era un gran signore, ma come uomo e soldato non era degno di allacciare le scarpe a Mario!
La sera che precedeva il trionfo, Quinto Cecilio e il figlio (il Porcellino) invitarono a cena Giugurta e un altro commensale, Publio Rutilio Rufo, per espresso desiderio del re numida, i tre, insieme a Mario erano stati buoni amici ai tempi di Numanzia e Scipione l'Emiliano.
La conversazione naturalmente prese a rievocare i fatti della guerra da poco terminata e Metello argomentò che Giugurta era stato catturato da Silla (patrizio romano) e non da Mario (contadino italico). "No, sbottò Giugurta, Silla è un felino maculato in modo diverso, Gaio è più retto, è un fenomeno, il frutto perfetto di un albero comune e trascurato, cresciuto appena al di là della cinta del frutteto. Uomini del genere non si possono fermare o piegare, possiedono quel tocco che permette loro di superare anche l'ultimo ostacolo, sono amati dagli dèi e, in particolare dalla dea Fortuna. Lucio Cornelio possiede il cervello, il fegato e magari anche il cuore, ma a lui pare sempre migliore la via tortuoso e non quella retta! Silla non ode mai la voce di Marte, mentre Gaio sembra un tutt'uno col dio della guerra e forse Mario è proprio una deformazione latina di Marte. :) "
Prima di terminare la cena, Giugurta rivolse una domanda a Metello: "Che faresti se a Roma nascesse un Gaio Mario di origini patrizie?"
- Non sarebbe possibile! - rispose il Numidico.
E Rutilio spiegò che, secondo Metello, Mario è un puro prodotto della sua classe.
"No, un Gaio Mario può appartenere a qualsiasi classe", insistette Giugurta.
Il giorno dopo il re numida incontrò Silla e gli riferì i discorsi della cena che lo riguardavano e per ringraziamento Lucio Cornelio decise che, invece del cappio, il condannato avrebbe avuto una morte lenta: sotterrato nella fossa a marcire! Ancora una volta Silla, pensò Giugurta, aveva scelto la via meno diritta! :muro:
La cerimonia trionfale non era durata molto, perché Mario guardava già alla cerimonia di insediamento come console e addirittura cercò di presenziare in completa tenuta trionfale, ma per fortuna Silla lo avvertì in tempo, perché ciò non era assolutamente previsto dal mos romano!
"Lì per lì, disse a Iulia che lo aiutava a cambiarsi, ho pensato, mentre lo trattenevo, che mi volesse butare nel Tevere, però poi ha capito e, che attore, ha fatto finta di aver dimenticato qualcosa e suppongo che, a parte Publio Rutilio, tutti ci abbiano creduto." :D
Non ci volle molto e Gaio Mario fu avvolto nella toga bordata di porpora, personificazione del console.
Nella prima seduta vera, dopo l'insediamento, Mario fece di tutto per placare gli alleati italici e così si indirizzò ai senatori:
"Voi e il popolo di Roma mi avete conferito il mandato di sbarazzare Roma e l'Italia dai Germani e ve ne do solenne garanzia, tuttavia, prima di partire, devo pregare quest'assemblea di fare ciò che può per attenuare le preoccupazioni dei nostri alleati. La spaventosa penuria di uomini abili al servizio nelle legioni colpisce nella stessa misura gli italici e quindi vorrei dare loro l'assicurazione che mai più perderanno la vita su un campo di battaglia, inutilmente! Ogni uomo sarà trattato con più riverenza e rispetto di quanto faccia con me stesso e di questo fo voto a tutti gli dèi!"
- Ma questo non basta, perché una situazione deplorevole è stata portata alla mia attenzione e cioè che noi abbiamo tratto in schiavitù per debiti molte migliaia di uomini delle popolazioni italiche, il che è una vera ingiustizia! Se non imponiamo più la schiavitù ai debitori romani, non dovremmo farlo neppure per i nostri fratelli minori! Questi "capite censi" italici ridotti in schiavitù potranno assere meglio impiegati come soldati, perché il tempo dimostrerà che i nullatenenti italici non saranno inferiori ai prodi nullatenenti romani impiegati in Africa! - :)


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