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aitutaki1
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lemond ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 10:03
La conferenza si potrebbe postare in politica o per il breve esempio attorno al minuto 20 anche in religione.
e nello specifico sull' esempio del cristianesimo potresti concordare.

In ogni caso mi accingo ad iniziare il libro che si preannuncia interessante.


Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza
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aitutaki1 ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 10:44
lemond ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 10:03
La conferenza si potrebbe postare in politica o per il breve esempio attorno al minuto 20 anche in religione.
e nello specifico sull' esempio del cristianesimo potresti concordare.

In ogni caso mi accingo ad iniziare il libro che si preannuncia interessante.
Ti ringrazio per il suggerimento e nel pomeriggio continuerò l'ascolto della conferenza, anche se a priori non credo di leggere il libro, perché i miei interessi (non so di preciso il motivo) esulano quasi sempre dalla storia contemporanea, forse perché la confondo con la cronaca. :)


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lemond ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 11:23
aitutaki1 ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 10:44
lemond ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 10:03
La conferenza si potrebbe postare in politica o per il breve esempio attorno al minuto 20 anche in religione.
e nello specifico sull' esempio del cristianesimo potresti concordare.

In ogni caso mi accingo ad iniziare il libro che si preannuncia interessante.
Ti ringrazio per il suggerimento e nel pomeriggio continuerò l'ascolto della conferenza, anche se a priori non credo di leggere il libro, perché i miei interessi (non so di preciso il motivo) esulano quasi sempre dalla storia contemporanea, forse perché la confondo con la cronaca. :)
Mi riferitivo unicamente al cristianesimo presentato come creazione artificiale* per condizionare e dirigere i comportamenti dei credenti.
Quella della conferenza tornando al libro è la presentazione della 2a edizione, ampliata principalmente negli aspetti attuali del tema trattato,
presenti suppongo anche nell' originale essendo M. Galli uno degli autori. La teoria invece viene fatta risalire letteralmente all' antidiluviano.
Presumo però che la trattazione sia eminentemente politica, pur tracciata nei suoi aspetti storici.

* Non ne ho mai scritto perchè mi interessa relativamente, oltre ad essere di pubblico dominio per chi voglia studiarla, ma la religione cristiana
(intesa come nuovo testamento per essere chiari)
è un prodotto ottenuto mescolando miti preesistenti (Horus, Krishna e molti altri), paganesimo, astrologia (madre "vergine", resurrezione dopo 3 giorni dal punto più basso del sole, 12 discepoli) adattati alla bisogna, simbologia compresa dalla croce celtica in poi.


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aitutaki1 ha scritto: lunedì 21 febbraio 2022, 11:55 * Non ne ho mai scritto perchè mi interessa relativamente, oltre ad essere di pubblico dominio per chi voglia studiarla, ma la religione cristiana
(intesa come nuovo testamento per essere chiari)
è un prodotto ottenuto mescolando miti preesistenti (Horus, Krishna e molti altri), paganesimo, astrologia (madre "vergine", resurrezione dopo 3 giorni dal punto più basso del sole, 12 discepoli) adattati alla bisogna, simbologia compresa dalla croce celtica in poi.
Nella discussione propria si trova anche codesto aspetto, perché l'ò sempre (o quasi) saputo e di certo ne avrò anche scritto. ;)


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I giorni del potere XXXIV

Quando Mario seppe che i Germani non avevano nessuna intenzione di muovere verso il territorio romano non fu per niente sodisfatto, perché i suoi uomini erano eccitati e pronti a dare battaglia: "Perché non scendono nei territori dopo la più grande loro vittoria!? Per me sono un mistero assoluto!"
Silla rispose che non ne sappiamo ancora abbastanza su di loro.
"È vero, conosciamo poco, ma di una cosa sono certo: per incontrarli non attraverseremo le Alpi, perché il nostro esercito è da tempo abituato all'Africa e non sopporterebbe bene il freddo; non voglio uomini congelati per l'eventuale battaglia. Da quanto tempo un esercito non raggiunge la Spagna o la Gallia marciando lungo la costa?"
- Credo non sia mai accaduto, rispose Aquilio! -
" È proprio per questo che lo faremo noi, voglio constatare di persona quanto sia difficile, quanto ci si mette, come sono le strade ... tutto quanto e poi i Germani non conoscono quale sia la via più breve per Roma e quindi chi ci dice che non li incontreremo lungo la costa?"
La strada romana terminava a Vado Ligure, dopo c'era solo una pista carrabile e Silla si rivolse a Mario: "Ti pentirai di aver scelto questo percorso!"
- Al contrario, ne sono sodisfatto, scorgo mille luoghi dov'è possibile un'imboscata, ma se questo percorso è difficile per noi, per loro è impossibile. :) Costruiremo una pista come si deve, anche se non proprio una strada. -
Ai primi di giugno, dopo quattro mesi di marcia, le quattro legioni arrivarono alle piane costiere, sempre più ampie, della Gallia Transalpina e fece tappa nella campagna, ricca di insediamenti, fra Arles e Ais-en-Provence, in prossimità della cittadina di Glanum e, fatto significativo, il convoglio dei vettovagliamenti era arrivato una decina di giorni prima, perché aveva attraversato le Alpi.
Mario scelse con estrema cura il luogo dove accamparsi: era una massiccia altura, con pendii scoscesi e rocciosi su tre lati, alcune ottime sorgenti sulla cima e un quarto lato né ripido, né stretto, per cui non avrebbe rallentato il movimento delle truppe in entrata o uscita. "Qui staremo per molte lune, per cui guardiamo di trasformarlo in un'altra Carcassona."
Sertorio non seppe trattenersi dal chiedere il perché, a differenza di Silla e Aquilio.
"Mio giovane amico, noi non sappiamo molto dei Germani, perché le notizie che abbiamo sui loro movimenti sono poche e arrivano da dubbia fonte, ma di una cosa sono sicuro: quando arriveranno ai Pirenei, dovranno tornare sui loro passi, perché nessuna tribù dei luoghi li vorrà e allora loro non potranno che guardare all'Italia, sicché ci fermeremo qui fino all'arrivo dei Germani e non m'importa se ci vorranno anni! E mentre li aspettiamo i nostri soldati nullatenenti, pagati dallo Stato, quindi da me, non staranno certo in ozio, bensi dovranno tutti lavorare alacremente. Quest'anno ripareranno la via Domizia, nel tratto da Nimes a Ulzio, l'anno prossimo scaveranno un canale navigabile tra il mare e il Rodano, all'altezza di Arles."
- E noialtri, domadò Silla, hai intenzione di trasformarci in ingegneri? - "Perché no, fece Mario di rimando. -
Ma Silla lasciò la riunione insodisfatto, perché lui aveva bisogno del dramma e poi se Mario fosse stato privato dell'imperium che cosa mai avrebbero potuto fare? Era ormai giunto il tempo di rivelare quel che aveva avuto in testa da mesi e chiese udienza al suo Generale.
"Vadi Gaio come hai ben notato i miei capelli sono lunghi e il motivo è che mi sto trasfromando in un Gallo, perché l'aspetto più irritante di questa campagna è la mancanza di informazioni. Ora, prima di lasciare Roma mi sono comprato due schiavi galli e li ho portati con me, uno è dei Carnuti, l'altro è un germanico dei Cimbri e nessuno dei due sa dell'esistenza dell'altro. Da circa cinque mesi sto studiando, con loro, la lingua dei Carnuti e dei Cimbri e con i capelli e la carnagione che mi ritrovo posso agevolmente farmi passare per uno di loro e addentrarmi in zone dove nessun romano oserebbe metter piede."
- Che piano, che UOMO, pensò Mario e coi capelli rossi come Odisseo e anche l'eroe greco si era introdotto nel campo troiano per raccogliere ogni brandello di informazione possibile. :diavoletto: E vorresti andare solo? -
"Vorrei con me Quinto Sertorio che è troppo bruno per passare da Gallo, ma potrebbe essere un greco con sangue celtiberico, dato che lui, su mie istruzioni ha imparato la lingua degli Illergeti. ;) E poi i capelli molto scuri incutono in quelle popolazioni un timore e può fingersi stregone di una tribù spagnola così lontana che nessuno potrà nemmeno immaginarsi di sapere qualcosa su di lui!" :)
- Hai pensato proprio a tutto! - :clap: :clap: :clap:


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I giorni del potere XXXV

A fine settembre Rutilio scriveva a Mario.
Come ben sai il Senato all'inizio dell'anno ha raccomandato al Popolo, riunito in tribù, di far approvare una legge intesa a liberare tutti gli schiavi italici, ma ciò che ignori sono le ripercussioni. In Febbraio il figlio di un cavaliere campano, cittadino di Roma, Tito Vezio, appena ventenne, è impazzito perché era finito in mano a degli strozzini, si è messo in testa un diadema e si è proclamato re di Campania, incitando ogni schiavo del distretto alla ribellione, ha armato i suoi schiavi e il piccolo esercito contro Marco Macrino Mactator (il massacratore di schiavi) e ha ucciso lui e i famigliari, rimettendo in libertà gli schiavi, fra cui alcuni italici, che Macrino deteneva illegalmente. In men che non si dica il re di Campania si è trovato quattromila unità "combattenti" e si è fortificato in cima a un'altura. Il tuo collega console, Fimbria ha pianto la morte del suo carissimo amico il Massacratore e ha ottenuto l'incarico per Lucio Licinio Lucullo di mettere insieme un esercito e stroncare la rivolta. Un aristocratico come Lucullo non ha preso bene che uno scarafaggio come Fimbria gli intimasse di ripulire la Campania! :x Ma, benché ob torto collo, ha fatto presto a togliere di mezzo il giovane Tito Vezio. La notizia della rivolta ha spinto all'imitazione e ora ci troviamo alle prese con una guerra su vasta scala contro gli schiavi di Sicilia! Tutto è cominciato perché Publio Licinio Nerva, in qualità di pretore-governatore della Sicilia ha eseguito gli ordini con estrema puntualità, procedendo alacremente alla liberazione degli italici, ma nella seconda metà di maggio a Siracusa si è presentata una delegazione di coltivatori di grano, minacciando di uccidere Nerva se avesse continuato nella sua dannata impresa! Il pretore si è fatto prendere dal panico e ha chiuso il tribunale e naturalmente questo ci ha portati all'attuale situazione! Gli schiavi si sono dati un capo, un italico che aveva tutti i diritti di essere affrancato, si chiama Salvio e appartiene alla nazione dei Marsi e ora va in giro con la toga dei magistrati e si fa precedere da littori, che recano fasci con tanto di scuri. :D Il raccolto di grano giace calpestato, se si esclude quello che gli schiavi hanno mietuto per se stessi e quest'anno Roma dovrà stringere la cinghia! Ma la rivolta non basta, si è saputo che Caio Memnio, aiutato dal console Fimbria avevano lavorato in Sicilia per arricchirsi puntando proprio su una finta penuria di grano, poi diventata vera, perché Memnio non aveva abbastanza soldi per candidarsi al consolato. Scauro è ormai a un buon punto per dimostrare la correità dei due!
Mario non aveva difficoltà a immaginare la costernazione che regnava a Roma: nè l'Africa, né la Sardegna producevano grano a sufficienza e se i "capite censi" non avessero avuto grano a prezzi ragionevoli la situazione sarebbe diventata incandescente.
Avevamo detto che Scauro era sulle tracce di Memnio e Fimbria, ma poi arrivò a un punto morto e allora ripiegò su una preda più facile, un romano del Piceno: Lucio Apuleio Saturnino, anche se non c'era nessuna prova contro di lui, ma accusato dal Princeps Senatus, nessuno credeva nella sua innocenza, per cui maturò dentro di sè un'unica possibilità: andare dal Grand'Uomo in Gallia e spiegarli le ragioni e come potesse essergli anche utile in futuro.
Fra i due nacque subito una spontanea simpatia, Mario e Aquilio ascoltarono in silenzio il racconto e soprattutto il fatto che Saturnino non aveva denaro sufficiente ad acquistare l'enorme quantitativo di grano all'ingrosso che gli si addebitava.
"Codesto è vero, disse Mario, però potresti aver contratto un prestito, ma io non lo credo, tu sei la vittima e non l'autore della turpitudine!" E lo stesso concetto espresse Aquilio.
-Allora aiuterai me e un mio amico a farci eleggere tribuni della Plebe, in modo che possa ricambiarti l'appoggio che mi darai sulla questione grano? -
"Certamente!" Dopo di che il patto fu siglato e Saturnino ebbe un cocchio e denari per ritornare velocemenete in Patria, perché a Settembre ci sarebbero state le elezioni.
Tre galli, uno dei quali in catene, varcarono la porta principale, proprio mentre Saturnino se ne andava e il Piceno ebbe il tempo di incrociare lo sguardo di uno di loro, pensando: che Barbaro è quello con lo sguardo gelido e con gli occhi chiarissimi! :worthy:
"Caio Mario prego", disse il capo dei tre, e furono subito introdotti. - Era ora che tornassi - disse Mario a Silla, afferrando la mano con calore e poi protendendosi a salutare Sertorio. :stretta:
"Non ci tratterremo molto, siamo venuti qui solo per consegnarti questo regalo in vista del prossimo corteo trionfale: re Copilio dei Volci Tettosagi, quello che ha annientato l'esercito di Lucio Cassio a Bordeaux e ha molte cose da dirti, specialmente una su certi stagni, un tempo pieni d'oro e che, mentre era in viaggio per Roma, è misteriosamente sparito non lontano da Carcassona, lasciando una coorte di legionari morti. Copilio si trovava là e ha visto gli assalitori, anche se erano in troppi per poterli attaccare, però ha potuto anche osservaree due romani che si erano salvati dall'eccidio: Furio, l'ufficiale superiore del genio e Bias un liberto greco e che poi hanno scortato (si è saputo) l'Oro fino a Smirne, sotto la voce "Salsa di pesce di Malaga" in un deposito di proprietà di Quinto Servilio Cepione. :grr:
Mai prima d'ora, pensò Silla, aveva visto Gaio Mario tanto sbalordito.
Ma gli ci volle poco a rientrare in sé e per dire che avrebbe accusato (a suo tempo) Cepione di estorsione alto tradimento. - Impossibile, replicò Silla, con tutti gli amici che possiede nelle Centurie! -
"Ma costoro non potranno aiutarlo quando sarà processato da un tribunale composto solo da cavalieri e io mi sono assicurato due tribuni della Plebe per l'anno prossimo." :)


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I giorni del potere XXXVI

Hai sentito quello che si dice a proposito di Gaio Mario, domandò Metello Numidico a Scauro? No, rispose il princeps Sematus.
"Lucio Cassio e Lucio Marzio si sono associati e intendono proporre alla'Assemblea della Plebe che si consenta a quell'incolto italico di candidarsi ancora una volta e, per di più, in absentia!"
- Non oserebbero mai! -
"Oh sì, invece, ma te lo immagini , un terzo mandato consolare, equivarrebbe a fare di quest'uomo un dittatore a lungo termine!"
- È solo colpa nostra, i nostri predecessori hanno avuto il coraggio di sbarazzarsi di Tiberio e Gaio Gracco, oltre che di Marco Fulvio e noi invece abbiamo lasciato vivere e prosperare un individuo del genere! - :muro:
I due non ebbero la possibilità di continuare, perché la seduta del Senato ebbe inizio. Dopo i riti preliminari, Scauro prese subito la parola per portare a conoscenza dei Padri Coscritti il rischio che Roma stava correndo: "Noi che siamo gli uomini più illustri ci stiamo abituando al fatto che il Popolo, nella migliore delle ipotesi dilettanti della politica a tempo perso, ci trascini nel fango! E io vi dico invece che il Popolo non ha alcun diritto di governare Roma!!! :grr: Questa augusta assemblea ha consentito l'accesso alle più alte cariche a troppi arricchiti, troppi Uomini Nuovi. E tutto ciò ha generato la corruzione di molti i quali si propongono l'unico scopo di minare l'autorità di questa augusta Assemblea e i motivi sono di due ordini, il primo è che si sono fatti comprare, mentre il secondo è più complicato a descrivere e, per far ciò occorre comprendere che cosa muoveva la gente come Tiberio Gracco, ovvero il più classico dei demagoghi. Costui e i suoi seguaci vedevano nella Plebe uno strumento al servizio della propria ambizione, cioè diventare primo a Roma, senza avere il coraggio di guadagarsela fra i suoi pari, come nel caso degli Scipioni e di Emilio Paolo o come, vi chiedo scusa per la mia presunzione, Marco Emilio Scauro. Noi dobbiamo impedire questa scorciatoia per il potere, che vuole utilizzare in questo momento Gaio Mario, il quale, a quanto mi consta, briga per farsi eleggere di nuovo console e non rivolgendosi al Senato, bensì al Popolo, dove riversa denari a profusione!" :muro:
Per quanto strenuamente si battessero, né Scauro, né Metello (del Porcile) riuscirono a raggranellare all'Assemblea della Plebe voti sufficienti per evitare la candidatura di Mario al consolato in assenza e l'Assemblea delle Centurie conferì al primo console un mandato prolungato per fermare i Germani e con questo mandato Gaio era l'uomo del momento e poteva, senza tema di smentita, proclamarsi "Il Primo a Roma" :champion:
E lo stupore di Metello (del Porcile) fu ancora maggiore quando seppe che anche Marco Livio Druso, amico e cognato di Cepione il Giovane, aveva votato per Mario e convinto gran parte degli amici a farlo. Quando lo incontrò lo appellò con queste parole: "Traditore della tua classe!" :x
Ma Druso rispose: "Io c'ero ad Arausio ed ho visto con i miei occhi che cosa succede quando l'esclusivismo degli aristocratici prevale sui dettami del vecchio buon senso romano e posso aggiungere che non m'importa nulla delle origini di Mario, perché Roma non possiede un altro uomo del suo calibro e non tollererei che il Senato ponesse al di sopra di lui un console che potesse trattarlo come Cepione ha fatto con Gneo Mallio Massimo!" :grr:


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I giorni del potere XXXVII

"Non è possibile, esclamò Metello, suo padre il censore è stato l'avversario più agguerrito di Gaio Gracco e ha educato il figlio secondo la tradizione più conservatrice del mos maiorum!"
- Arausio l'à cambiato, dichiarò Cepione il giovane. -
E riguardo a quella battaglia anche lui non era immune da sensi di colpa: mentre Druso, Sertorio, Cesare e quel tal Silone giacevano sul campo di battaglia, dati per morti, lui era scappato sull'altra riva come un cane bastonato e questo era un terribile segreto, del quale sperava che Druso non sospettasse. Con questi pensieri tornò a casa dalla piccola Servilia e dalla moglie. Per quest'ultima i diciotto mesi trascorsi dal giorno delle nozze non l'avevano mai indotta a rassegnarsi alla sorte, anche se il marito non aveva mai fatto nulla per meritarsi il violento disgusto che provava per lui. Il rancore per Cepione il giovane era accresciuto ancor più dalla presenza del suocero, un uomo orribile già di suo, ma ancora di più dopo che aveva perso il seggio al Senato e che era continuamente oggetto di accuse di tradimento e similia! :grr:
Quando Lucio Apuleio Saturnino fu eletto tribuno della plebe, la gratitudine per Gaio Mario non ebbe limiti, tanto più che era stato eletto con il massimo dei voti, seguito dal sodale Caio Norbano. :) I due sapevano che dovevano colpire subito, perché l'interesse dell'Assemblea della Plebe scemava molto dopo i primi tre mesi dell'anno e ciò che avevano in mente per il decimo giorno di dicembre, giorno in cui il collegio sarebbe entrato in carica, era una "leggina agraria". In essa si stabiliva che le terre delle isole africane fossero assegnate ai legionari nullatenenti di Mario alla fine del servizio militare: cento iugeri a testa.
Il giorno dopo Saturnino entrò al Senato come se ne fosse il padrone e salutò ambo i lati dell'aula gremita, segno certo che si profilava una battaglia, anche se tutti sapevano che l'esito non contava gran che, in quanto l'arena che avrebbe deciso le sorti del conflitto si trovava al di là delle porte della Curia Hostilia, ma intanto era ben lieto di prendersi una rivincita sui senatori che lo avevano accusato di malversazione! E parlò con tono suadente, ragionevole per far capire a tutti dove la visione politica di Uomini come Mario e lui stesso avrebbero condotto la loro diletta Roma. :)
In risposta, prese la parola Lucio Cecilio Metello Dalmatico, Pontefice Massimo. e la collera, perfettamente dissimulata fino a quel momento, esplose: "Roma non si tocca, tuonò, come osa un qualsiasi piccolo romano, innalzato al grande onore di far parte di questa Assemblea, proporre un programma inteso a trasformare il resto del mondo in una brutta copia della Patria? Lucio Apuleio Saturnino lo conosciamo tutti, è un ladro, uno sfruttatore della carestia, un volgare effeminato, un corruttore di fanciulli, ma soprattutto un fantoccio manipolato dal burattinaio arpinate, il quale vuol fare mischiare il nostro sangue con le genti di ogni provincia a cominciare dall'Africa. I Quiriti siamo soltanto noi e solo grazie al dio Quirino che noi non siamo mai stati vinti e mai Roma lo sarà!"
L'Assemblea scoppiò in assordanti acclamazioni, mentre il Dalmatico tornava, accasciandosi sul suo sgabello. C'erano uomini che piangevano e altri che si abbracciavano, ma tanta sfrenata emozione si esaurì come spuma di mare non appena la seduta si chiuse e ai Padri Coscritti, tornandosene a casa, non rimase altro se non rivivere in sogno quel magico momento in cui avevano avuto la visione di Quirino, il dio senza volto che si ergeva a stendere la divina toga su di loro, come un padre sui sinceri e fedeli figli.
Mentre gli altri se n'erano andati, Matello del Porcile si rivolse al fratello con espressione ancora entusiastica, perché per lui quella era stata la più grande orazione che avesse udita e allungò la mano per serrare la spalla del Dalmatico. Solo allora si accorse che il fratello era morto.
Ma né l'orazione del Dalmatico, né il suo decesso così glorioso, né tutta l'ira e il potere dei senatori, riuscirono a impedire all'Assemblea della Plebe
di tramutare in legge la proposta di Saturnino sull'assegnazione delle terre africane. :clap:


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I giorni del potere XXXVIIi

Saturnino e Glaucia cenevano insieme e, oltre a festeggiare l'approvazione della legge agraria Apuleia, si scambiarono opinioni sulla voce che girava in tutta Roma e cioè che Quinto Servilio Cepione aveva rubato l'oro di Tolosa! I due dovevano lavorare a una riforma dei processi: strappare quelli per alto tradimento alle Centurie e all'impossibile sequela di vicoli ciechi che comportava, e togliere quelli per concussione ed estorsione al controllo del Senato. Dovevano spuntare le ali ai politicanti di mestiere, dimostrando loro che non erano al di sopra della morale e della legge e questo potevano farlo solo in un'assemblea in cui non fossero presenti senatori.
"Da quando è stata fondata questa Repubblica, affermò Saturnino, il Senato ha imbrogliato il popolo, facendogli credere che i senatori sono una razza superiore e i Gracchi questo l'avevano ben compreso."
Ai primi di Gennaio, il tribuno della Plebe, Gaio Norbano denunciò Quinto Servilio Cepione all'Assemblea della Plebe, accusandolo ufficialmente per la perdita del suo esercito. Lo scontro fu durissimo, perché il Senato era presente con tutti i membri di origine plebea a sostegno di Cepione, ma la voce realtiva all'Oro di Tolosa aveva fatto pendere la bilancia contro Cepione il ladro, il traditore, l'egoista e inutilmente i suoi sostenitori cercavano di porre il veto; Norbano li ignorava e la folla cercava di colpirli con una nutrita sassaiola! Lo stesso Scauro, che essendo patrizio stava solo ad osservare, fu colpito al capo, ma la cosa non turbò nessuno e quando si giunse alla votazione le prime diciotto tribù, di trentacinque totali, condannarono Quinto Servilio Cepione e tanto bastava per mettere ai voti una sentenza specifica: privato della cittadinanza romana e confinato nelle Latomie sotto stretta sorveglianza, finché non fosse partito per l'esilio.
Cepione il giovane, udita la sentenza, si accasciò e Druso dovette cingergli le spalle con un braccio, mentre Rutilio Rufo domandò se qualcuno aveva pensato di mandare i littori a proteggere la casa di Quinto Servilio da un possibile attacco della folla? "Sì, riuscì a dire Druso, ci ho pensato."
Scauro si era ripreso, sorretto da Metello Numidico (del Porcile), il quale maledisse Cepione e il suo oro!
"Credi che sia stato davvero lui, domando Scauro?"
- Via Marco Emilio, lo conosci come me e sai bene che è stato proprio lui a organizzare tutto quanto e questo non glielo perdonerò mai! -
"Il guaio, disse Scauro, è che non disponiamo di un organismo interno con il quale la gente come te e me possa punire quelli di noi che tralignano!"
- Non può esistere, perché istituirlo sarebbe come ammettere che i Nostri, talvolta, non si comportano come dovrebbero e, se mostriamo la nostra debolezza al mondo, siamo finiti! -
Livia Drusa stava tessendo quando arrivò l'intendente mandato dal fratello per avvertire tutti di lasciare la casa, perché era possibile che la folla volesse saccheggiarla.
Alla fine dell'ora decima anche Cepione raggiunse la domus di Druso, dopo che Antistio l'aveva fatto uscire dalle Latomie: "L'ò liberato, perché nessun consolare romano sarà imprigionato finché sarò trribuno della Plebe! Sarebbe un affronto a Romolo e a Quirino!"
Cepione ammonì il figlio, mentre gli lasciava le consegne di pater familias, che da quel momento sarebbe spettato a lui far valere il diritto della famiglia a godere degli antichi privilegi e della naturale preminenza.
"Ti giuro, padre, che mai perderemo la nostra dignitas, finché sarò vivo." E lo disse in tono solenne.
Livia Drusa lo detestò ancora di più, vedendolo ancor più somigliante all'odioso padre e si domandò ancora una volta perché suo fratello l'aveva costratta a sposarlo? Poi però la pena si attenuò, perché lesse sul volto di Druso un'espressione che la sconcertò. Da essa Livia aveva capito che anche Druso detestava profondamente il loro suocero, in qualche modo il fratello era cambiato. :)
- Che intendi fare domandò Druso al suocero? - La risposta di Cepione fu tale che subito dopo tutti i presenti si resero conto di quel che stava sotteso e cioè che aveva effettivamente rubato l'Oro di Tolosa e che ora quest'oro era stato ripulito e lo aspettava a Smirne! :grr:


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I giorni del potere XXXIX

Incoraggiato dall'esito del processo Cepione, Saturnino cominciò a comportarsi con arroganza arbitraria che scosse il Senato dalle fondamenta e verso la fine di febbraio fu varata la nuova legge sull'alto tradimento, i cui processi sarebbero stati affidati a un tribunale speciale composto intieramente di cavalieri; il Senato non doveva interferire in alcun modo.
Ma, nonostante l'importanza del cambiamento, il fatto che attirava l'attenzione dei romani in quel periodo era l'elezione pontificale. La morte di Lucio Cecilio Matello Dalmatico (fratello di Numidico del Porcile) aveva lasciato addirittura due posti vacanti nel sacro collegio, perché il Dalmatico aveva due funzioni, anche se una "ad interim". Si stabilì di eleggere in un primo tempo il Pontefice Massimo e, poi si vedrà, disse Scauro. :) E aggiunse se sarò eletto io o Catulo Cesare procederemo anche all'elezione di un nuovo membro del collegio, visto che noi due ne facciamo già parte, altrimenti non importa. La legge imponeva che fossero estratte a sorte 17 sulle 35 tribù e solo quelle avrebbero votato.
Fu eletto Gneo Domizio Enobarbo, evitando così il ricorso a una doppia votazione, ma con sommo disgusto di Metello Numidico che proprio non riusciva a capire come si fosse potuto scegliere un simile coglione! "Roba da andare in esilio volontario!"

Dalla Gallia Mario, che doveva porganizzare un numero indefinito di preparativi per "accogliere" i Germani, trovò comunque il tempo di scrivere a Rutilio.
"Come riuscirò a farmi eleggere al quarto consolato (terza volta consecutiva)? Questo è un imperativo per me, altrimenti rischio di perdere tutto ciò cui aspiro; ll'anno prossimo di sicuro arriveranno i Germani. Sono contento del processo a Cepione, anche se mi dispiace che l'Oro di Tolosa non potrà mai essere recuperato, sarebbe bastato a pagare per anni molti eserciti di nullatenenti. Qui la via Domizia è in perfette condizioni e fa davvero onore ai miei uomini, i quali hanno costruito anche numerose altre infrastrutture.
Devo però riferirti anche un caso increscioso in modo che tu sappia il vero, nel caso che a Roma si propagasse qualche diceria, visto che riguarda il figlio della sorella di mia cognata, Gaio Lusio. Era stato aggregato al mio esercito come tribuno militare, ma subito si è scoperto che era un finocchio e che si era incapricciato di un legionario, lo assillava di continuo, nonostante questi non ne volessa sapere! Alla fine il soldato l'à ammazzato e la corte marziale, da me presieduta, si è espressa con piacere: "absolvo". Devo aggiungere, ma lo sai già che Lusio non era mio parente per vincoli di sangue e, se anche ci sono funzioni che i finocchi possono svolgere, queste non si trovano nelle legioni. Altro non ho da dirti, se non che aspetto con ansia le tue missive."
L'ossessione di Mario per un nuovo consolato poneva un vero e proprio dilemma a Rutilio, perché era legato molto all'amico, ma anche alla sua classe e alle tradizioni di Roma e Gaio non riusciva mai a lasciare le cose nello stato in cui le aveva trovate; si decise comunque a rispondere subito, perché una questione era davvero importante: quella del grano in Sicilia. Scauro era riuscito a trovare le prove di chi avesse fatto malversazioni e costui non era, come aveva creduto in un primo tempo, Saturnino. - Si è scusato pubblicamente con il tribuno della Plebe e gli ha offerto l'incarico di perseguire i colpevoli: il tuo collega console dell'anno scorso, Gaio Flavio Fimbria e il governatore della Macedonia, Gaio Memmio. I due saranno di sicuro condannati dal nuovo Tribunale dei cavalieri e la morale è che a volte i veri colpevoli hanno quel che si meritano. - :clap:


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I giorni del potere XL

A Mario arrivò la lettera di Rutilio lo stesso giorno del ritorno di Silla il quale era lì per restare, perché si era tagliato i lunghi baffi penduli e quasi fatto rasare i capelli. Si sistemarono nello studiolo del comandante, dopo che fu reso noto che nessuno doveva entrare, neppure Manio Aquilio!
Silla cominciò col dire che se i Germani avessero solo un decimo dell' organizzazione e autodisciplina romana, non potremmo mai sperare di batterli, ma per fortuna non è così. :) Poi proseguì con il rapporto vero e proprio:
" Non sono un unico popolo, ma tanti: Cimbri, Teutoni, Marcomanni, Cherusci, Tigurini, anche se è difficile distinguerli fisicamente. Le lingue sono un po' diverse, ma fra loro arrivano a capirsi. Allevano bestiame e la loro alimentazione consiste in carne di manzo, latte, qualche ortaggio e un po' di pane nero e duro. Una ventina di anni or sono c'è stata una grande inondazione e quando il mare si è ritirato, si sono accorti che il terreno era troppo salato perché ci potesse crescere l'erba e si sono dovuti mettere in marcia per trovare un'altra patria. I vecchi sono stati abbattuti e in seicentomila si sono diretti verso sud-est, lungo la valle del gran fiume che noi chiamiamo Elba. Sono arrivati nel territorio dei Boi (Dacia settentrionale), ma questi hanno impedito loro di proseguire e hanno dovuto deviare lungo il corso del Danubio, penetrando nella Pannonia. Nel punto in cui il Danubio confluisce con la Tisia e la Sava si sono trovati di fronte un'altra muraglia di Celti: gli Scordisci e hanno fatto dietro-front, dirigendosi verso ovest, fino ad arrivare nel Norico, cioè le terre dei Taurisci, i quali si sono appellati a Roma, che, come sai, ha mandato Carbone ... Hanno proseguito nella loro migrazione, ma si sono dati un re, Boiorix, è un cimbro, perché la loro popolazione è quella più numerosa, ma intanto hanno cominciato a subire le conseguenze di una guerra prolungata: ogni guerriero che cade lascia una vedova e degli orfani e se questi non trovano un sostituto entro tre mesi vengono uccisi e il loro carro tirato a sorte fra chi rimane. Uccidono anche quelli che sono ritenuti un peso, comprese le bambine in eccesso, perché il loro concetto di sopravvivenza non concerne gli individui, ma la comunità intiera. Per questo motivo Sertorio e ed io ci siamo trovati una vedova, però di due tribù diverse e i nostri contatti sono stati molto sporadici, solo di tanto in tanto per confrontare i nostri appunti. Io ero un guerriero gallo dei Carnuti, al servizio dei Cimbri e la "mia" tribù si era spinta a ovest, sperando di penetrare in Spagna e lì si è tenuto un gran consiglio, con i capi di tutte le tribù e da esso è emerso Boiorix e come, dirai tu? Semplicemente uccidendo uno, per uno, tutti gli altri! Costui si è rivelato un germano di tipo diverso, tanto per cominciare ha imparato a leggere e scrivere in latino, dipoi ha ordinato che tutti i popoli germani lo ubbidissero e ha scelto la destinazione: non più la Spagna, ma la Gallia Comata e infatti, attraverso la Garonna, la Loira e la Senna, siamo entrati nel territorio dei Belgi e, sorpresa delle sorprese, Boiorix ha intavolato trattative con loro, per avere la concessione di attraversare la Gallia Comata. E così abbiamo raggiunto la Mosa, mentre intanto io ero diventato un Thane e mia moglie proprio in quel lasso di tempo ha partorito due gemelli e la cosa è stata presa per un buon auspicio, il che mi ha permesso di essere elevato al rango di partecipante ai consigli. Nell'ultimo di questi Boiorix ha delinato la strategia, vale a dire si propone di invadere l'Italia da tre fronti: i Teutoni dovranno arrivare in Gallia Cisalpina da occidente e dovrebbero raggiungere l'Eridano all'altezza di Torino, i Cimbri attraverso il passo del Brennero, mentre il terzo gruppo, quello meno numeroso, dovrebbe giungere nei pressi di Aquileia. Ogni contingente ha circa sei mesi per coprire il percorso e potranno riuscirci perché sono tutti luoghi che conoscono. E almeno Teutoni e Cimbri, secondo me, ci saranno di sicuro. E poi c'è un'altra cosa molto grave: dopo 18 anni di vagabondaggi senza Patria, sono stanchi e hanno imparato ad apprezzare il nostro pane bianco e croccante e il calore del sole meridionale. Con Boiorix al comando, questa volta hanno deciso di combattere per conquistare davvero un nuovo mondo! E questo è tutto."


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I giorni del potere XLI

Si aveva la netta impressione in quel novembre che Gaio Mario non sarebbe riucito a farsi eleggere console per l'anno seguente e una lettera di L. Apuleio Saturnino tolse vieppiù le speranze.
"La maggioranza dei romani è convinta che non ci sarà un'invasione germanica e i tuoi nemici hanno sfruttato questo stato d'animo per pubblicizzare il fatto che tu ormai te ne stai da due anni a riparare strade in Gallia Transalpina. :diavoletto: Per ora il massimo che ho potuto ottenere sono appoggi in Senato per la proroga del comando con il rango proconsolare e così, purtroppo, avresti due superiori! A proposito, uno dei favoriti alla carica è Quinto Lutazio Catulo Cesare: gli elettori si sono talmente stancati della sua perenne candidatura che sembra abbiano deciso di votarlo una volta per tutte!" :crazy:
Mario rispose: "L'esigenza più immediata è ritardare il più possibile le elezioni, compito che afiido a te e a Gaio Norbano, dipoi dovete sfruttare ogni occasione possibile per far sì che il Senato mi richiami con urgenza a Roma."
Poco dopo la dea fortuna gli venne incontro attraverso la morte del secondo console Lucio Aurelio Oreste. Saturnino colse al volo l'occasione di indurre il Senato a richiamare l'unico console rimasto in vita, affinché potesse svolgere le funzioni per le quali era stato eletto. A questo punto non c'èra nemmeno più bisogno di ritardare le elezioni.
"Si parte, esclamò Mario giubilante, rivolto a Silla e tu dirai al Senatus popolusque romanus che i Germani invaderanno l'Italia su tre fronti nell'autunno del prossimo anno e io convincerò gli elettori che sono il solo in grado di fermarli!"
Quando Silla arrivò a Roma capì subito che il clima politico sarebbe presto migliorato per lui, ma quello domestico invece no! Iulilla beveva troppo, trascurava i figli e sua suocera continuava a non vederlo di "buon occhio". Ma non sarebbe stata buona politica ripudiarla, perché la fedeltà era l'unica virtù che alla figlia Cesare rimaneva; la convivenza sarebbe presto divenuta impossibile, perché un uomo non poteva fingere un desiderio sessuale che non aveva! Si sforzò di pensare a quanto belli erano i figli e separarsi da loro sarebbe stato difficilissimo, perché sentiva di amarli, un sentimento molto diverso da tutti quelli che aveva provato prima: altruismo puro, immacolato e completo. Lo faccio o no, pensava? Perché non tiro fuori la scatolina di polvere bianca e non le avveleno il vino? Oppure con qualche fungo perfetto o non le spezzo il collo mentre la bacio? La risposta che si dette era che Iulilla le aveva portato fortuna.
Mentre era attraversato da simili pensieri l'intendente gli annunciò una visita: era Metrobio, il suo amante di anni prima, il quale, appena entrato, lo guardò con perfetto amore e gli tese le braccia sorridendo. Le lacrime inondarono gli occhi di Silla e, oltre le finestre aperte del tablinium, Iulilla vide il marito che si gettava nelle braccia del bel giovane, li guardò baciarsi e sentì le parole d'amore che si scambiarono. Non occorreva che qualcuno le dicesse che era quella la vera ragione per cui il marito la trascurava e lei si era messa a bere e si vendicava, trascurando i figli! Non sopportò più l'idea di aver amato da anni un uomo che la tradiva con altri uomini e non volle più vivere perché costui continuasse a burlarsi di lei: si trafisse con una spada che riuscì a trovare. In quegli ultimi momenti diventò serena: non più tormenti. angosce, umiliazioni, non più vino e finalmente riuscì a pensare ai bambini come qualcosa di lei che sarebbe riomasto e s'inoltrò nelle dolci, basse acque del mare della Morte, augurando ai figli una lunga vita e tanta felicità.
La prima ad accorgesene fu Marzia che chiamò Silla per riferire e aggiungere che per i bambini era la cosa migliore: meglio che soffrano per la morte repentina che per la lenta degradazione dovuta al vizio del bere. Sono ancora abbastanza piccoli per dimenticare, mentre se ci fossero voluti ancora anni, avrebbe rannentato per sempre la loro disgraziata mamma! Silla era del tiutto d'accordo e contento del fatto che non aveva dovuto pensarci lui. ;)


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I giorni del potere XLII

Come detto la dea fortuna aveva partecipato e Gaio Mario fu di nuovo eletto primo console, dopo che Silla aveva spiegato a tutti che la minaccia dei Germani esisteva e era sempre più prossima. Il secondo console, come previsto, era Quinto Lutazio Catulo Cesare, un patrizio di grande affidamento, secondo Scauro e Metello e di lui si sarebbero ben serviti: dovrà essere una spina nel fianco dell'incolto arpinate!
Commiatatosi dal Numidico del Porcile, poco dopo Scauro incontrò Mario e la conversazione si incentrò sulla mancanza di grano. Gaio propose di convocare il Senato per risolvere la questione, insieme alla pirateria, che ne aggravava parecchio la risoluzione!
"All'opera, rispose, Scauro, se snidiamo i pirati non dovremmo più perdere metà dei carichi di grano che provengono dalla Cilicia, ma quante navi ci vorranno?"
- Da otto a dieci flotte e, diciamo, diecimila uomini ben addestrati e dovremmo affidarne il comando a Marco Antonio. -
"Penso che sia fattibile e ti ringrazio per non aver proposto il comando per tuo fratello."
- Noi siamo terricoli, mentre gli Antonii sono gente di mare da sempre. -
Mario e Silla ripartirono per la Gallia Transalpina alla fine di febbraio, lasciando al secondo console l'ardua impresa di reclutare un altro esercito e naturalmente molto dispiaciuto del fatto che avrebbe dovuto essere composto da "capite censi"! Un aristocratico come lui costretto a convivere con simile marmaglia! :grr:
In Gallia Marco Aquilio aveva mantenuto l'esercito in perfetta forma, mentre Quinto Sertorio era con i Cimbri e li avrebbe seguiti nel loro avvicinamento all'Italia, proponendosi di fare rapporto tute le volte che fosse stato possibile.
Nel mese di Marzo, arrivò una delle solite missive di Rutilio, incentrata su Metello del Porcile, che era stato eletto censore e che andavava dicendo a tutti che intendeva "epurare il Senato" e per far ciò ha convocato una riunione dell'assemblea della Plebe per enumerare quanto avevano (insieme all'altro censore, quel caprone di suo cugino) rilevato in merito alla non integrità e turpitudine morale di molti Padri Coscritti! Qualcuno però deve aver avvertito Saturnino e Glaucia che proprio loro sarebbero stati oggetto delle sanzioni porcilesche e, quando l'assemblea si è riunita, era piena di gladiatori e altri bravacci assoldati per evitare che i Comitia si prenunciassero secondo i desiderata di Metello Numidico del Porcile. :diavoletto: Quando è stata dichiarata terminata l'assemblea il Nostro aveva la faccia talmente gonfia che sembrava in tutto e per tutto un pugile greco dei tempi andati, che avesse partecipato ai giochi Olimpici. :diavoletto: :crazy: :diavoletto:
Poco prima, il cugino Caprario, vista la mala parata, aveva dichiarato di non essere d'accordo con il Nunidico circa l'esclusione di Saturnino e Glaucia e ha elogiato il popolo per le decisioni prese. :D :clap: :D
Metello del Porcile non si è perso d'animo e ha proseguito la sua crociata, questa volta contro i cavalieri, che dovevano dimostrare di possedere almeno 400.000 sesterzi l'anno per poter fare ancora parte dell'ordine equestre.
Uno dei primi a presentarsi per essere iscritto fra i cavalieri è stato Lucio Equizio, il sedicente figlio illegittimo di Tiberio Gracco, accompagnato da uno stuolo di scrivani e segretari, e con documenti attestanti la sua affrancazione. Ma questa volta è stato Metello a usare il pugilato contro il figlio di Tiberio e ha aggiunto: "Me ne infischio di tutti voi, andatevene e portatevi via codesto lurido forestiero!"
I gladiatori così apostrofati da Metello non l'ànno presa bene e c'è voluto l'intervento di Saturnino in persona per impedire l'uccisione del Numidico, dopo di che il Caprone ha subito iscritto Lucio Equizio nell'ordine dei cavalieri. :D


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I giorni del potere XLIII

Rutilio prese poi a scrivere della Sicilia: Lucio Licinio Lucullo ha fatto un ottimo lavoro nella lotta contro gli schiavi ribelli e ha costruito uno splendido accampamento così fortificato da essere al riparo da qualsiasi eventuale sortita, indi si è preparato a svernare sul posto, sicuro che gli sarebbe stato prorogato il comando. Invece è arrivata la notizia che sarebbe stato Gaio Servilio l'Augure il nuovo governatore. Lucullo ha reagito demolendo e dando fuoco (quel che poteva bruciare) tutto quello che aveva costruito e poi ha distrutto ogni singolo documento della sua amministrazione dell'isola, dipoi ha marciato con i suoi 17.000 uomini verso il porto di Agrigento. Colà ha congedato i soldati distribuendo loro fino all'ultimo sesterzio che era riuscito a raggranellare.
Non apperna Lucullo è partito i ribelli sono usciti dalla loro roccaforte e si sono rimessi a razziare le campagne al grido di battaglia: "Anziché essere schiavi, diventiamo padroni di uno schiavo!" La Sicilia è ridiventata uno scenario degno dell'Iliade.
Arrivato a Roma, Lucullo ha risposto a tutte le accuse, dicendo semplicemente che a lui piaceva lasciare le cose così come le aveva trovate! Gaio Servilio l'Augure è un Uomo novo e loro hanno un modo proprio di sbrigare le faccende, quindi penso di avergli fatto un favore. :D
Lucullo si rende ben conto di poter essere processato, ma, secondo me, non gliene importa un fico secco e intanto si è presa l'immensa sodisfazione di distruggere qualsiasi possibilità che l'Augure avesse di sfruttare il suo operato. :) P.S. E questo per ora è tutto.
A Maggio, Sertorio arrivò di persona a riferire che il piano di Boiorix stava procedendo senza intoppi e che in autunno i tre contingenti sarebbero arrivati nei luoghi stabiliti. Al che Mario disse che si sarebbe occupato per primi dei Teutoni e poi sarebbe stato il momento di intercettare i Cimbri e Boiorix prima che essi possano penetrare nella Gallia Cisalpina.
Silla obiettò che non avremo abbastanza tempo per trovarci in entrambi i posti al momento giusto.
"Vero, probabilmente, e allora rimarrò qui ad aspettare Teutobod, mentre tu ti trasferirai da Catulo Cesare (e le sue sei legioni) in qualità di legato anziano e non ti crucciare, perchè Catulo non sa nulla di tattica e men che meno di strategia e pensa invece di conoscere il tutto, grazie ai suoi illustri natali e di sicuro commetterà errori su errori! E io sono convinto che tu, con il cervello affilato che ti ritrovi, farai in modo di salvare Catulo Cesare da se stesso! :D Il tuo compito è di salvare quelle legioni a tutti i costi! :cincin: P.S. Anche a costo di Catulo Cesare.
Mario aveva dato prova del suo genio ancora una volta, mandando Silla e non Manio Aquilio, perché Lucio Cornelio dava tremendamente sui nervi a Catulo Cesare e, al contempo, lo temeva. E l'obiettivo di Silla era proprio quello di incrementare i timori del console e inoltre agiva in modo tale che tutti i graduati e i soldati conoscevano e nutrivano solo per lui rispetto e fiducia. E ciò era indispensabile nell'ipotesi che fosse stato costretto a eliminare Catulo. Questa cosa gli sarebbe dispiaciuta, non perché nutrisse affetto per costui, ma per la comune classe patrizia sì.
Come previsto i Cimbri giunserto all'Adige nel punto in cui confluiva con l'Isarco e Silla era a disagio, perché non sapeva per niente come avrebbe reagito Catulo alla notizia che i Cimbri stavano per invadere la Gallia Cisalpina.
La risposta del console fu: "Finché avrò vita nessun piede germanico calcherà il suolo italico, mettiamoci in marcia!"
e Silla, stupefatto domandò: - E per dove? -
"Risaliremo la valle dell'Adige finché non li troveremo"
Silla si rese subito conto che l'imperativo primario era far cambiare idea a Catulo!
Ma costui sembrava non avesse nessuna voglia di avere un'opinione diversa e fece marciare gli uomini fino a Trento e a lui quesl posto rammentava le Termopili. - Gli Spartani ci sono morti tutti - obiettò Silla!
"E che importa, se i Germani saranno respinti?" - Ma Silla scosse la testa - Non riusciremo a bloccarli qui! -
A tutti gli altri ufficali appariva chiaro che le azione di Catulo Cesare erano improntate alla pura follia e Silla ne scelse uno per fargli dire quello che gli altri pensavano solamente: Eneo Petreio, un centurione del primo manipolo. - I Germani sono 400.000 e noi 24.000 e se tentiamo di affrontarli in campo aperto, basta guardare il terreno per accorgersi che potranno al contempo tenerci impegnati e aggirarci, dopo di che ci troveremo fra l'incudine il martello. Silla confermò che il piano del console era pessimo.
"E allora, perché nessuno lo dice a Quinto Lutazio?" Chiese il giovane Marco Emilio Scauro, figlio del Princeps Senatus.
- Perché è il solito patrizio presuntuoso che non sa ascoltare! -
Al tramonto Silla andò da Catulo per comunicargli che le truppe si erano ammutinate e che era stato lui a organizzare il tutto, perché l'esercito non può ubbidire agli ordini di un generale, se costui è un emerito imbecille! Quindi il tuo essercito è passato ai miei ordini, perché solo così esso potrà sopravvivere fino all'arrivo di Gaio Mario, il quale sarà qui non appena avrà sconfitto i Teutoni. Gaio Mario è il comandante supremo e io sto eseguendo i suoi ordini.
Lutazio ottenne un colloquio privato con Silla e arrivarono allconclusione che il comando effettivo sarebbe passato a Lucio Cornelio a condizione che la parola *ammutinamento* non fosse mai stata pronunciata. - A nome dell'essercito, acconsento - rispose Silla. E all'alba ebbe inizio la ritira, formalmente decisa da Quinto Lutazio Catulo Cesare. ;)


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I giorni del potere XLIV

I Cimbri erano così impegnati a esplorare i sentieri che si accorsero parecchio dopo della ritirata romana e la confusione nei loro ranghi regnò sovrana, fino a che non sopraggiunse Boiorix a mettere ordine e preparare l'attacco. Quando ciò avvenne, la cavalleria dei barbari calò strillando e urlando nella valle, travolgendo le barriere difensive di cinque accampamenti romani abbandonati; poi però riuscirono a tagliare fuori la legione sannita, comandata dal giovane Scauro. Silla vide tutto e incitò mentalmente il comandante a ordinare la carica verso nord, così potrai respingere i Cimbri e portare in tuoi uomini in salvol, oltre il ponte che stava per essere demolito dai genieri romani.
Ma dov'era il giovane Scauro? Perché non impartiva quel comando? Poi tutti si avvidero che la carica era stata davvero eseguita, ma la decisione era stata presa non dal tribuno militare a cavallo, bensì da un centurione appiedato: Eneo Petreio. :clap: :clap: :clap:
Petreio riuscì perfettamente a realizzare lo sganciamento dei suoi sanniti e fu l'ultimo ad attraversare il ponte, senza che un solo guerrioro germanico li potesse seguire. :)
I buoi erasno stati messi all'opera da tempo per poter imprimere l'impeto necessario per mettere il ponte in trazione e, siccome si trattava di solido ponte romano, costruito a regola d'arte, tenne più a lungo di quanto i genieri pensassero, ma a un certo punto la forza dei cinquanta buoi prevalse. :clap:
Eneo Petreio era rimasto ferito a un fianco, ma non gravemente e Silla potè chiedergli che ne era del giovane Scauro?
- Si è fatto prendere dal panico, povero ragazzo, e quando l'ò incitato a prendere l'iniziativa, mi è svenuto fra le braccia e alcuni legionari lo hanno dovuto portare di peso da questa parte. In lui non c'è nessuna traccia del fegato del padre, avrebbe dovuto fare il bibliotecario! - :(
"Ti spetta la corona d'erba! (nota mia, massimo riconoscimento possibile per romani) Hai salvato un'intiera legione da morte sicura!"
L'esercito era già a Verona, prima che Boiorix riuscisse a far passare l'ultimo degli uomini su uno dei piccoli ponti traballanti della zona e così si ebbe il tempo di evacuare ogni città e villaggio da Aquileia a Mediolanum. I profughi si sarebbero trasferiti a sud dell'Eridano, abbandonando la Gallia Transpadana ai Cimbri. In questo modo, pensò Silla, saranno felici come maiali in un pastone di ghiande e Boiorix non riuscirà più a tenerli insieme: si sparpaglieranno tutti in cento direzioni diverse in cerca di facili bottini. :diavoletto:
Catulo Cesare si rese conto che doveva informare Roma per primo, altrimenti ci avrebbero pensato Silla e Mario e affidò il rapporto e la lettera personale per il Princeps Senatus al giovane Scauro, senza mancare di avvertirlo che quell'incarico era la punizione peggiore che un codardo come lui potesse ricevere: portare al padre la notizia di un fallimento militare e di quello suo personale!
Quando lesse la lettera, Scauro capì che la dinastia degli Emilii si sarebbe estinta con lui e purtroppo con una simile vergogna e decise di prendersela, comunque, tutta: "Riferisci, disse all'intendente, a Scauro minore che lo rinnego, ma non lo privo del nostro nome. Mio figlio è un codardo, un cane bastardo senza fegato e tutta Roma dovrà conoscerlo come tale e infine digli che non tollererò la sua presenza finché vivrò!"
Alcune ore più tardi il giovane era morto, Ma Marco Emilio Scauro mantenne fede alla parola data e si rifiutò di rivedere il figlio!
In Senato Scauro incontrò Metello Numidico (del Porcile) il quale, dopo le notizie "dell'impresa" di Catulo, fu costretto ad ammettere che l'unica possibile salvezza di Roma era Gaio Mario! :grr: Poi al Numidico venne l'idea che il Princeps Senatus avrebbe potuto sposare sua figlia Dalmatica e fra i due si accese una discussione, accompagnata da grandi gesti. Li videro Saturnino e Glaucia e si scambiarono idee sul comportamento di Scauro. Glaucia era molto sorpreso, ma Saturnino gli spiegò che l'onore della famiglia per un patrizio conta molto di più degli individui che la compongono.
Rutilio informò, al solito, Mario di ciò che stava accadendo a Roma e in primis disse che il vecchio Scauro aveva trovato un modo di far dimenticare la rotta di Catulo e della sua propria famiglia, sposando la fidanzata del figlio defunto: Cecilia Metella Dalmatica. Lui cinquantacinque e lei diciassette anni. :crazy:
Proseguì dicendo che la cronaca ha rafforzato la tua candidatura "in assenza" per il prossimo consolato, ma Catulo Cesare indirrà le elezioni solo dopo che ti sarai scontrato con i Teutoni. Se vinci sarai ovviamente rieletto console insieme a Manio Aquilio, se riuscirai a farlo ritornare a tempo a Roma. :)
Per la penuria di grano, Servilio l'Augure continua a combinarne di cotte e di crude in Sicilia e non vedo proprio soluzione, finché resterà lui a governare, perché sa solo piangere!


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I giorni del potere XLV

Un quarto di milione di Teutoni attraversò la Durance appena ad est del punto in cui si immetteva nel Rodano; la colonna disordinata si allungava per chilometri e i guerrieri saranno stati circa 130.000 e in testa ai combattenti marciava la tribù degli Ambroni.
Re Teutobod era fiducioso: avrebbe conquistato Massilia e poi, attraverso la via Domizia, raggiunto rapidamente l'Italia. :clap:
Quando gli Ambroni giunsero ai piedi dell'altura dove c'era la fortezza romana di Mario, si arrestarono, perché essa rappresentava una barriera psicologica e i Germani si assieparono alle loro spalle, finché non giunse anche Teutobod. Il re ordinò un attacco frontale, ma s'infranse subito contro le magnifiche fortificazioni e i barbari si resero conto che potevano soltanto aggirararle e lo fecero.
Ma appena l'ultimo carro era scomparso dall'orizzonte, Mario si mosse con tutte le legioni a doppia velocità rispetto ai Germani (nota mia, con una similitudine ciclistica si potrebbe comparare lo Zar al Bassino in salita o in discesa :crazy: :diavoletto: :crazy: ). Silenziosa, disciplinata, attraversò il fiume Ars e si attestò sulla sponda meridionale, in cima a una salda cresta, dominando il fiume dall'alto.
Quando gli Ambroni (sempre in testa alla colonna) giunsero al guado, videro un accampamento romano, ma valutarono che fosse cosa da poco e, senza attendere rinforzi, attaccarono, scalando l'altura. L'azione si concluse in meno di mezz'ora (allo Zar ieri c'è voluto di più per arrivare a Siena, una volta cominciata la battaglia delle Strade bianche :D ) e i cadaveri degli Ambroni erano stati accumulati in modo da formare un nudo bastione, lungo il margine del guado: il primo ostacolo che la successiva ondata di Barbari avrebbe dovuto superare.
I Teutoni si ammassartono in breve sulla sponda settentrionale dell'Ars, adocchiando disorientati e rabbiosi l'enorme muraglia di morti e in cima i romani che cantavano per l'euforia derlla vittoria: era la prima volta che ciò era accaduto!
Mario naturalmente era consapevole che si trattava solo di uno scontro preliminare e spedì Manio Aquilio ad attraversare il fiume di nascosto e attendere a valle che si scatenasse lo scontro generale, per poi piombare sui Germani alle spalle, quando la battaglia fosse al culmine.
La mattina dopo il sole si levò in un cielo senza nubi, promettendo una calura che avrebbe trasformato i cadaveri in una minaccia grave di epidemie e allora decise che era d'uopo attaccare, se non lo avesse fatto (come pareva) Teutobod. Avrebbero perso il vantaggio della loro carica in salita, ma in ogni caso le possibilità di successo erano maggiori lì che altrove. :) Decise di arringare i soldati, com'era consueto fra i romani e poi ordinò di seguire le aquile d'argento. :clap:
La battaglia fu lunga ed estenuante, ma a metà pomeriggio i Teutoni non esistevano più ed Aquae Sexstiae 102 a.C (Aix-en- Provence) è rimasta un luogo e una data memorabile nella storia di Roma. Ottantamila cadaveri si aggiunsero ai 30.000 Ambroni e fra i caduti c'era anche Teutobod. Mario distribuì il ricavato del tesoro germano e della vendita degli aschiavi intieramente ai suoi uomini, anche se, secondo la legge, sarebbe spettato a lui medesimo. :)
A Manio Aquilio consegnò subito il rapporto da consegnare a Roma, così da potersi candidare in presenza al consolato e Manio raggiunse la città eterna sette giorni dopo e Quinto Lutazio Catulo Cesare potè leggere la missiva davanti a tutto il Senato.
Roma intiera impazzì di gioia e il Senato dedicò a Mario tre giornate di ringraziamento, oltre che eleggerlo in assenza console per l'anno successivo, insieme a a Manio Aquilio. :clap:
Rutilio naturalmente scrisse di nuovo a Mario per lamentarsi del fatto che i c.d. Boni, cioè i patrizi e conservatori romani non imparano mai nulla dai fatti e a proposito della tua vittoria, attribuiscono tutto alla dea fortuna e non alle capacità di un generale, come li disprezzo!
So che tornerai a Roma quanto prima e vorrò vedere la faccia di Metello del Porcile non appena poserà lo sguardo su di te. :crazy:
Per le altre cose, re MItridate del Ponto chiede un trattato di amicizia e alleanza; Scauro è sfavorevole e mi domando perché? Ma il futuro ce lo dirà, penso. :)


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I giorni del potere XLVI

101 a.C. durante il consolato di Gaio Mario e Manio Aquilio

100 a.C. consolato di Gaio Mario e Lucio Valerio Flacco

Silla aveva visto (come sempre) giusto: i Cimbri non avevano nessun interesse a varcare l'Eridano e brucavano sodisfatti nella parte Nord della pianura; l'unico a preoccuparsi era Boiorix, che poi si dovette disperare quando seppe della disfatta dei teutoni e che Tigurini, Marcomanni e Cherusci si erano persi di coraggio e avevano intrapreso la strada per il ritorno "a casa".
Forse se il re dei Cimbri avesse capito che quella parte della penisola non era vitale per Roma e si fosse stanziato lì, il S.P.Q.R. avrebbe finito col lasciarlo in pace, ma nella mentalità dei Cimbri questa ipotesi non sussisteva e quindi Boiorix si dette da fare per riunire quanti più numerosi guerrieri poteva intorno a Placentia.
Nella grande città transalpina era accampato l'esercito romano, forte di 54.000 uomini, a capo dei quali erano i due consoli, e come ad Arausio, uno dei generali era un patrizio della più alta nobiltà e l'altro un Uomo nuovo, solo che qui le gerarchie erano chiare e Mario le esplicitò a Lutazio Cesare, il quale seppe con certezza che se non avesse ubbidito agli ordini dell'altro, sarebbe subito stato sostituito da Silla! E Mario fu talmente perspicuo nel chiedere l'obbedienza di Cesare che perfino Silla gli domandò se non fosse stato possibile per Gaio mostrare un po' più di tatto. :dubbio:
- Sono troppo vecchio per tollerare minimamente uno sciocco come Quinto Lutazio. -
"Va bene, ma non dirmi poi che non ti avevo avvertito, perché i Boni a Roma hanno ancora un grande potere!"
Mario e Boiorix erano d'accordo sul fatto che non potevano più sopportare a lungo una situazione di tensione e indecisione continue, volevano lo scontro decisifo e lo ottennero nell'ultimo giorno di Quinctilis, secondo il calendario ufficiale.
Come ad Aquae Sexstiae, a Vercellae (dove nel frattempo i Cimbri si erano spostati), Mario combatté una battaglia di fanteria, con i suoi uomini alle ali, composte da 15.000 ciascuna e al centro le truppe con Catulo, i 24.000 rimanenti, meno esperti. Naturalmente la preparazione della battaglia, l'addestramento e l'astuzia dei romani prevalsero e a mezzogiorno i Cimbri non essitevano più! 80.000 morti, compreso Boiorix e gli altri in fuga per cercare un riparo al di à delle Alpi. Soltanto l'enorme cumulo di tesori ricordava ai vincitori che poco prima era esistita la grande tribù dei Cimbri. :trofeo:
Al consiglio del "dopoguerra" Catulo si presentò, preparato a combattere un ultro tipo di battaglia, ma fu molto stupito nel trovare Mario disposto a sodisfare ogni sua richiesta. :dubbio: :)
- Mio caro Catulo, non mi sognerai mai di prendermi tuitto il merito, quando i tuoi soldati si sono battuti con eguale capacità ed entusiasmo. Oggi è un gran giorno e ora potremo tutti dormire in pace. - :drink:
C'era solo da scegliere il messaggero e Mario decise che sarebbe toccato a Gaio Giulio Cesare per una serie di ragioni: "Sei il mio questore, ma non è il punto, tu rappresenti una parte di noi tutti dello Statro maggiore, sei cognato di Lucio Cornelio e mio; e per nascita, Quinto Lutazio è un Giulio dei Cesari e quindi ... :clap: :clap: :clap:
Gaio Giulio tenne per anni il ricordo della missiva che aveva recato in Senato, insieme agli altri che gli derivavano dall'aver scelto di vivere nella Suburra. Secondo le previsioni generali la giovane coppia non avrebbe resistito a lungo e invece non era accaduto nulla di spiacevole e in breve furono rispettati da tutti, perché Aurelia aveva attuato il desiderio di gestire personalmente la proprietà e piano piano aveva conosciuto ogni inquilino. Però poi si era resa conto che per il marito non era opportuno che simile comportamento continuasse, perché ne avrebbe sofferto la dignitas della gens Iulia! Fortunatamente il dilemma fu risolto dalla gravidanza, per cui l'attività di amministratrice si ridusse moltissimo. :)
Dopo un travaglio abbastanza facile dette alla luce una bambina, una ennesima Iulia, bionda con gli occhi azzurri. Però Lia non cresceva bene e piangeva quasi sempre, finché Ruth, una delle ebree che stava al primo piano, non le rivelò la causa: la madre aveva poco latte e di lì a poco la piccola ebbe a disposizione un'intiera insula di balie. E cominciò a rifiorire. :)


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I giorni del potere XLVII

Una volta che Cesare era ritornato in Gallia il vero carattere di Aurelia riprese vigore e per prima cosa "fece polpette" di tutti i parenti di sesso maschile che Gaio aveva incaricato di "tenerla d'occhio": la sua vita gli apparteneva e per prima cosa tenne a tutti i dipendenti un discorso così chiaro e netto che avrebbe riempito di gioia lo stesso Gaio Mario, tanto era stato pronunciato con i toni da generale. :)
Poi decise di affrontare l'inquilino dell'altro alloggio a pianterreno, un famoso attore di nome Epafrodito, che abitava lì da tre anni e nonostante tutte le cerimonie di quest'ultimo, la prima cosa che disse Aurelia fu: "Devi far fagotto! Ti do otto giorni di tempo" - NOn puoi, ho sempre pagato l'affitto. -
"Non mi piace il tuo modo di vivere: contrasta con il dover crescere una figlia, lei non può vedere continuamente puttane di ambo i sessi che nel cortile svolgono le loro attività.
- Ripeto che non puoi e andrò subito dal pretore urbano per far sì che ti metta in riga! -
"Fallo pure, si chiama Gaio Memmio ed è mio cugino, però ha molto da fare e quindi dovrai farti ricevere prima dal sostituto, è un senatore di nuova nomina ... Sesto Giulio Cesare. :diavoletto: Ah, ti ringrazio per tutte le spese che hanno migliorato la casa, ma la legge mi assicura che il padrone non deve rifondere alcunché." :cincin:
Otto giorni dopo Epafrodito se ne andò, imprecando all'indirizzo di tutte le donne!!!
Qualche settimana dopo si trovò la persona ideale come nuovo inquilino: Gaio Mazio, aveva la stessa età di Cesare e sua moglie quella di Aurelia, entrambi colti e ben educati e avevano una bimba che poteva diventare amica di Lia. E quello fu il primo dei numerosi cambiamenti che la domina apportò al modo di condurre l'insula. :clap:
Aurelia voleva da sempre creare un giardino, ma una cosa era sognare, un'altra realizzarlo e per fortuna Gaio Mazio, fra le tante qualità, possedeva il genio del giardinaggio e, dopo un anno, il vecchio cortile divenne un ombroso pergolato con rampicanti che salivano avviluppandosi ai tralicci fissati alle colonne, verso lo squarcio di cielo lassù in alto.
Poco dopo la "creazione" del giardino, Shimon, il calligrafo ebreo, venne atrovarla per chiederle un favore a nome di tutti gli inquilini dei piani superiori: "Se ti dessimo la nostra parola che non getteremo mai nel vuoto rifiuti o immondizie, potresti rimuovere gli schermi di legno tutt'intorno alla balconata sul cavedio? Respireremmo meglio e godremmo della vista del tuo bellissimo girdino." :)
Di lì a poco solo le conigliere rimasero inscatolate. :clap:
In primavera, prima della battaglia di Aquae Sextiae, Cesare fece una capatina dall'altro versante delle Alpi, recando dispacci per Roma e la breve visita ebbe come risultato una seconda femminuccia, destinata a chiamarsi Iu-Iu. e poi Aurelia cominciò a occuparsi della taverna del crocevia, che per lei era sempre stata una "spina nel fianco".
Tramite la sua (quasi amica, oltre che ancella) Cardixa si accorse dell'aspetto oscuro della confraternita religiosa che si riuniva nella taverna: ogni bottega dell'isolato doveva versare una tangente per poter tenere aperti i battenti! I tavernieri in teoria fornivano protezione, ma in pratica, da loro stessi! :grr:
Aurelia compì tutta una serie di indagini e poi si decise a farla finita una volta per tutte con questi estorsori e si diresse a passo di carica per parlare con il respondabile di quella accozzaglia di bifolchi.
L'uomo che ne era a capo si chiamava Lucio Decumio (nota mia, già lo conosciamo per l'affare Giugurta) e a lui si rivolse la domina: "Questo posto è una vergogna, voi lo trascurate e io vi do lo sfratto!"
Lucio sapeva chi aveva di fronte e invece di rispondere picche, chiese la possibilità di una trattativa, al che la Nostra constatò che le stava accadendo una cosa orribile, quel Lucio Decumio un po' le piaceva!
"Stai a sentire, disse Lucio, se ce ne andiamo noi, il nostro posto sarà preso da un altro gruppo, perché la confraternita e legalmente registrata e forse tu hai più interessa ad addivenire a un accomodamento con noi, ormai ci conosci, che con i prossimi lupi che non sai chi potrebbero essere. Noi ti garantiamo che terremo pulito questo posto, andremo via, senza fa rumore all'imbrunire, smetteremo per sempre di esercitare i nostri piccoli ricatti, insomma ci trasformeremo in vere e proprie colonne della società!"
- Sempre meglio scegliere il male che si conosce, eh, Lucio Decumio? - :) :cincin:


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Re: Storia

Messaggio da leggere da JineteRojo »

Sto seguendo da non tanto questo thread.
Posso provare a fare una cosa simile a lemond con un libro un po' più pesante e meno romanzesco?
E poi scrivo davvero male credo, quindi nel caso accetto qualsiasi critica volentieri :)


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Re: Storia

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JineteRojo ha scritto: mercoledì 9 marzo 2022, 1:13 Sto seguendo da non tanto questo thread.
Posso provare a fare una cosa simile a lemond con un libro un po' più pesante e meno romanzesco?
E poi scrivo davvero male credo, quindi nel caso accetto qualsiasi critica volentieri :)
La risposta la devi trovare da te, nessuno ti può dare l'imprimatur, dato che si tratta di storia e non di religione. :D


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Re: Storia

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I giorni del potere XLVIII

Fu poco tempo dopo che Gaio Giulio tornò con l'annuncio della grande vittoria di Mario sui Cimbri, ma prima di darne l'annuncio a Marco Emilio Scauro passò da casa sua, perché vedere Aurelia era ... E tutti questi fiori? Chiese Cesare. - Sono bellissimi vero? Me li regala un amico ogni quattro o cinque giorni. -
"Sicché ho un rivale?" - Non credo che avrai motivo di preoccuparti, dopo che l'avrai conosciuto, si chiama Lucio Decumio ed è un assassino. O, meglio, dice di esserlo, ma forse lo fa per conservare tutto l'scendente sui confratelli: è il custode della taverna. -

Fu, al solito, Publio Tutilio Rufo a informare Gaio Mario sugli avvenimenti di Roma dopo l'arrivo di Cesare.

"C'è qualcosa di molto spiacevole nell'aria, perché TU sei riuscito in quello che ti eri proposto e, siccome il popolo ti adora, la parola che ricorre più spesso sulle labbra dei Boni è *dittatore*! L'intiera struttura politica e tradizionale di Roma è concepita al fine di soffocare le pretese di chi s'innalzi al di sopra dei suoi pari, il primo può essere solo "inter pares" e ormai i tuoi consolati sono stati troppi! Scauro è disgustato, ma con lui potresti ragionare, ma con Metello del Porcile no.
Dal momento che c'era con te anche Catulo, Metello Numidico e il Porcellino si sono fatti in quattro per gonfiare il contributo di costui nella campagna contro i Cimbri e hanno proposto due trionfi separati per te e per Catulo Cesare, che diventerebbe il trionfatore (appunto) di Vercellae! Saturnino ha obiettato, ma è stato subito zittito, perché quest'anno è solo un privato cittadino e la prospettiva, dopo il voto del Senato, è che tu non hai avuto assolutamente parte nella battaglia decisiva di quest'anno e che Catulo è il solo eroe! Caro Mario, devo proprio dirti che quando lasci venire a galla la tua naturale generosità, è allora che commetti gli errori più gravi e non so come si possa rimediare a questo! :muro:
La Sicilia invece fa ben sperare, perché finalmente un uomo che fa un buon lavoro c'è, nella persona di Manio Aquilio, anche se Servilio l'Augure è riuscito a trarre in giudizio Lucullo e a farlo condannare, e ora è in esilio, ma Scauro sostiene che non aspetterà molto a suicidarsi. Lascerà due figli che, non appena adulti, perseguiranno l'Augure al tribunale per le estorsioni, istituito da Glaucia."

- Ma sì, che posso fare qualcosa, disse fra sé Mario, tetro; tirò verso di sé un foglio di papiro e si mise a vergare una breve missiva. Dopo di che mandò a chiamare un Quinto Lutazio, carico di entusiasmo. Ma Gaio gli tolse subito quel sorrisetto nascosto, informandolo che non gli avrebbe dato il permesso di andare a Roma da solo: torneremo insieme alla fine di novembre, come stabilito. Infatti ho appena scritto una lettera al Senato, a nome di entrambi, che ora ti leggo. "Gaio Mario e Quinto Lutazio Catulo cesare celebrewranno un solo trionfo in due, tutta Roma dovrà essere testimone dell'accordo e amicizia che regnano fra i due generali." :clap: :clap: :clap:
- Il Senato ha decretato due trionfi e due saranno, rispose Catulo, tremando! -
Ah, ah, rispose l'altro, puoi insistere quanto vuoi, per andare prima a Roma, ma no, questo è quanto: la lettera fu spedita al Senato e il trionfo congiunto fu annunciato per il mese di dicembre.
Catulo cercò di prendersi la rivincita, annunciando che Mario aveva usurpato le prerogative del Senato e da parte sua poteva addurre il possesso di 35 vessilli germanici, in qualità di vincitore di Vercellae, contro i due soltanto di Mario!
Per tutta risposta Mario fece circolare la lettera di Catulo fra i legionari e aggiunse che il ricavato di quanto gli sarebbe spettato, lo avrebbe devoluto a 24.000 legionari di Catulo, perché non avrebbe mai voluto che si sentiissero completamente trascurati, visto che Quinto LUtazio si era trattenuto il bottino tutto per sé!
Glaucia lesse tutto davanti al Foro e il Popolo rise fino alle lacrime: non potevano esserci dubbi su chi fosse il vero vincitore e su quale dei due tenesse ai soldati, più che a se stesso. :) :clap:
- Ma quand'è che ci potremo sbarazzare di questo male incurabile? - Disse il Numidico, disperato, a Scauro.
Ma il Princeps Senatus lo rassicurò osservando che Mario era solo un generale e non era tagliato per la politica e, se ti candiderai al consolato, non sarà divertente per lui avere un collega ostile come te! E quando affonderai i tuoi denti consolari sul groppone di Gaio Mario, e così farò io con Lutazio, lui non resisterà alla tentazione di invocare l'aiuto di Saturnino e costui sarà l'alleato peggiore che possa trovarsi a portata di mano, aspetta e vedrai ... ;)


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Re: Storia

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I giorni del potere IL

Saturnino stava proprio raggiungendo Mario nella Gallia e quest'ultimo, appena lo vide gli disse che non voleva Metello come collega nel consolato.
- Non ci riuscirai, temo, i politicanti di mestiere stanno già brigando per ottenere voti al "tuo amico del Porcile"! Ma tu perché non ti concedi un meritato riposo? -
"Ho due eserciti di nullatenenti da congedare e devo assegnare loro un pezzo di terra, altrimenti Roma diventerà più povera: quei cinquantamila diventerebbero fonte continua di disordini. D'altra parte abbiamo bisogno invece della presenza di romani di umili origine nelle Province, soprattutto di legionari in congedo. Ad es, Grecia e Macedonia sono luoghi in cui non abbiamo nessuno, solo latifondisti alla mercé delle scorrerie degli Scordisci. Vorrei destinare quelle terre ai miei veterani, il paese si ripopolerebbe e avremmo a disposizione una guarnigione in caso di guerra."

Prima che Mario e Catulo giungessero, con i loro eserciti, a Roma ebbero luogo le elezioni per il nuovo collegio dei Tribuni della Plebe. Enorme somme di denaro erano passate di mano e addirittura Saturnino mancò il bersaglio: arrivò solo undicesimo! Ma Glaucia, che presiedeva il collegio dei tribuni in carica, gli disse di non preoccuparsi, perché qualcosa ancora poteva succedere. E di lì a poco si seppe che uno degli eletti, Quinto Nonio, era morto, insieme a due suoi amici. Saturnino lo conosceva e era veramente dispiaciuto, perché lo considerava una brava persona.
- Vero, disse Glaucia, ma era anche l'unico che abitasse alle Carine e sarebbe stato troppo difficile mettere in piedi qualcosa sul Palatino! -

Gaio Mario e Quinto Lutazio Catulo Cesare celebrarono insieme il loro trionfo; il patrizio recitava solo una parte di secondo piano nello spettacolo e il nome che correva sulle bocche di tutti era quello di Gaio Mario e c'era persino un carro scenografico, messo su da Silla, nel quale si vedeva Mario nell'atto di acconsentire agli uomini di Catulo di impossessarsi dei 35 vessilli cimbrici, perché lui ne aveva presi gia troppi in tutta la campagna gallica.
Subito dopo il trionfo Mario ottenne il sesto consolato e Metello Numidico del Porcile non riuscì invece a ottenere la carica, perché il trionfatore dei Galli aveva apertamente dichiarato di appoggiare come secondo console Lucio Valerio Flacco e così fu lui l'eletto. ;) Non sorprese, del pari, nessuno l'elezione a pretore urbano, il primo dei sei, di Gaio Servilio Glaucia, tutti sapevano che era un uomo di Mario.

Alla Plebe, Saturnino faceva il bello e il cattivo tempo e né Catulo, né Metello poterono indurre i loro amici a emettere qualsiasi veto, per cui otto giorni dopo il Nostro presentò la prima, di due proposte di legge intese ad assegnare terre demaniali ai veterani dei due eserciti che si erano battuti contro i Germani. Queste terre si trovavano in Sicilia, Grecia, Macedonia e sul continente africano e in questa legge si prevedeva altresì che si delegasse a Gaio Mario la possibilità di concedere la cittadinanza romana a tre legionari italici insediati in ciascuna della colonie future.
Il Senato manifestò una profonda opposizione: - Lui è un italico, non un romano, e favorisce quelli della sua razza! -
"L'Italia è Roma, tuonò Mario, sono una stessa e unica cosa".
Malgrado la netta opposizione dei Boni, la prima legge agraria fu approvata dall'Assemblea della Plebe. :)
Una seconda legge fece seguito e questa riguardava tutti i nuovi suoli demaniali che Roma aveva acquisito nell'ultima guerra: riguardava terre vergini e potenzialmente ricche di altre cose, come minerali, gemme, pietre. Questo fece cambiare idea su Mario a tutti quei cavalieri che non vedevano l'ora di espandere i loro traffici nella Gallia Transalpina; il fatto che queste terre fossero destinate ai legionari nullatenenti li fece diventare addirittura suoi ostinati nemici! D'altra parte la campagna diffamatoria di Metello, Catulo e Scauro proseguiva sottotraccia, ma si stava sempre più espandendo e persino Saturnino e Glaucia cominciarono a temere che la seconda legge agraria sarebbe stata bocciata! :(


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Re: Storia

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I giorni del potere L

"Devo asolutamente ottenere quella terra!" Gridò Mario disperato, parlando con la moglie.
- La legge passerà, ne sono sicura, però non devi avere troppa fretta, aspetta che l'opinione pubblica torni a volgere in tuo favore. Anche se poi non basterà, perché il Senato potrebbe sempre abrogarla non appena non ci fosse più Lucio Apuleio Saturnino all'Assemblea della Plebe per difenderla. E poi le leggi agrarie non si possono applicare dalla sera alla mattina, occorrono anni e anni di lavoro. -
"Certo, un modo ci sarebbe, perché alla seconda legge Glaucia ha aggiunto una clausola, con la quale si richiede che ogni senatore giuri solennemente di rispettarla per sempre!"
- Se fate questo, non te lo perdoneranno mai! -
La discussione fra loro continuò e alla fine il buon senso di Iulia riuscì a calmarlo, almeno per quel giorno. E la sera a cena, tutto sembrava tranquillo, alla presenza degli invitati: Gaio Giulio, Aurelia e Rutilio. :)
Cesare sarebbe partito l'indomani per l'isola africana di Kerkennah e annunciò agli altri che non sarebbe stato a Roma per la nascita del primo figlio maschio. :D

Quando Saturnino presentò la seconda legge agraria, la clausola fece sul Foro lo stesso effetto (forse di più) di un tuono! Essa, fra l'altro, non si limitava all'obbligo del giuramente, ma stabiliva altresì la sorte che sarebbe toccata ai senatori che si fossero rifiutati: interdetti dal fuoco e dall'acqua entro i confini d'Italia e privati della cittadinanza!
- Questa legge non deve passare, disse Enobarbo, dobbiamo combatterla ricorrendo alla religione, basta che al momento dell'approvazione gli auspici siano infausti e continueremo così finché uno dei nostri tribuni della plebe non troverà il coraggio di porre il veto, adducendo motivazioni, anche queste, religiose. E ciò rappresenterà la fine della legge, dato che il Popolo si stanca sempre in fretta.
Il piano fu posto in essere, però anche Saturnino faceva parte del collegio degli àuguri e subito cominciò a gridare che era un trucco! - Sappiamo tutti quanti che il Princeps senatus, Metello Numidico e Catulo sarebbero disposti a qualsiasi cosa, pur di privare i nostri soldati delle giusta ricompensa! -
Il popolo credette a Licio Apuleio Saturnino. :) E quando un tribuno fece un passo per andare sui rostri a porre il veto, alcuni amici dell'oratore gli fecero salire di corsa il Clivo Argentario fino alle celle della Latomie e ve lo tennero finché la riunione non si sciolse. :)
La legge fu approvata e il giorno dopo Metello Numidico si levò in piedi al Senato e annunciò che non avrebbe prestato giuramento.
Gaio Mario chiuse subito la seduta, invitando i senatori a riflettere, perché, pensò, per Metello sarà facile stare in esilio, ha denaro in abbondanza per assicurarsi un comodo esilio, ma per gli altri ... :dubbio: -


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Re: Storia

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I giorni del potere LI

Nei tre giorni che aveva accordato ai senatori gli tornava sempre a galla la paura di perdere la "dignitas", se avesse subito una sconfitta su un tema così importante!
L'assemblea si riunì in un insolito silenzio e Mario, imponente e perfettamente padrone si sé si alzò in tutta la terribile maestà:
"Un fatto è palese (fece qualche passo e si fermò) se questa legge è valida, tutti noi siamo tenuti a giurare di rispettarla (fece qualche altro passo e si fermò di nuovo). Se questa legge è valida tutti noi dobbiamo prestare solenne giuramento, ma è valida? (domandò levando alta la voce) Tra voi c'è chi sostiene che nessuna legge approvata nelle circostanze della legge Apuleia sia conforme al mos maiorum: "in primis" perché gli auspici per qualcuno erano infausti e "in secundis" perché è stata fatta violenza a un tribuno, impedendogli (forse) di presentare il veto. MI sembra giusto che l'Assemblea della Plebe possa riesaminare il tutto alla luce delle osservazioni di cui sopra, ma oggi non è questo l'argomento della riunione di voi Padri coscritti, oggi è l'ultimo giorno nel quale possiamo prestare solenne giuramento e ad oggi questa legge è valida, per cui dobbiamo giurare!" Ritornò al podio e poi si volse di nuovo per affrontare entrambi gli schieramenti dell'assemblea per cocludere - Qualsiasi giuramento si presti, rimarrà valido finché la legge in questione sarà operante, se la Plebe deciderà di abrogarla, anche i nosri giuramenti saranno nulli. -
Si levò, subito dopo, in piedi Scauro per porre una semplice domanda al console: "Vorrei conoscere la tua opinione personale sulla legge, in altre parole, prima di giurare, vorrei sapere se per te personalmente la legge Apuleia è valida? -
Mario si sentì morire! Non aveva previsto che simile domanda potesse venire in mente all'unico cervello davvero acuto fra i suoi avversari! E ora non aveva più scelta, Scauro mi ha agguantato i testiticoli e li tiene ben stretti: sono stato io a far credere che ci potesse essere un dubbio, perché proprio quello rendeva ammissibile prestare giuramento. Se dichiaro che la legge è priva di validità perderò Saturnino, un uomo che è importantissimo per la mia politica e ancora peggiò Roma non avrà più Glaucia, il più grande legislatore della sua storia! Eppure, devo tradirli, perché altrimenti queste puttane non presteranno giuramento e i miei soldati non avranno il loro pezzo di terra.
Le cose così andarono avanti così e tutti si dichiararono felici di prestare giuramento, dopo che Scauro aveva estorto a Mario il parere che la legge non fosse valida, tranne Metello Numidico (del Porcile), che confermò il proposito di andare in esilio il giorno dopo!

Silla ritornò a Roma (dalla Gallia Cisalpina) nella tarda primavera e fece subito capire all'amico che la di lui credibilità era stata messa in dubbio in modo grave.
- Vero, e in più mi sono fatto nemico Lucio Apuleio che non perde occasione di accusarmi per averlo tradito, puoi biasimarlo? Parla ogni giorno dai rostri contro di me e tutti lo ascoltano perché si può dire, con termine greco, che possiede "kharisma". -
"Ma, in un certo senso, hai salvato la terra."
- Sì, ma io ho perso la Plebe e non so come continuare a far finta di niente, quando Saturnino pronuncia la solita orazione contro di me, con Scauro e Catulo che sorridono di scherno alle battute di Lucio Apuleio! Non mi resta che andarmene al più presto da Roma."
Parve che tutti avessero bisogno di un po' di riposo, perché quando Mario partì per Cuma, a Roma la vita pubblica si ridusse a una tiepida inerzia sotto la canicola che opprimeva quasi tutti.
Aurelia invece era insediata in una fresca caverna, come l'amica Priscilla, moglie del grande (fra l'altro) giardiniere Caio Mazio. Quest'ultima era incinta come lei e si prevedeva che avrebbero partorito a poca distanza. Lucio Decumio passava ogni giorno a accertarsi che ogni cosa andasse per il verso giusto, così come Publio Rutilio Rufo.
Il bambino "Gaio Giulio Cesare" nacque il tredicesimo giorno di Quinctilis (due giorni prima delle Idi) e appariva robusto, solenne e quieto, poco incline al pianto; aveva capelli così chiari da risultare invisibili e gli occhi erano di un azzurro verdastro chiarissimo, con le iridi cerchiate di un blu così cupo da sembrare quasi nero. "Diventerà qualcuno questo tuo figlio, puntualizzò Lucio Decumio: guarda gli occhi, mettono paura solo a guardarli!"


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I giorni del potere LII

Fra le persone importanti che vennero a trovare il neonato, ci fu anche Silla, il quale trovò il modo di parlare abbastanza a lungo con Aurelia e, in particolare sul fatto che lui sposava solo donne che non amava: prima Iulilla e ora Elia, la moglie che mi ha trovato la mia ex suocera Marzia. E invece sono stato innamorato della cimbra che mi ha dato due gemelli e ora di Dalmatica, che è moglio di Scauro, il quale potrebbe essere suo nonno! Silla proseguì sul tema dell'innamoramento e dell'amore (e similia) e Aurelia ricostruì, pezzo per pezzo, la personalità di Lucio Cornelio, comprese da dove era giunto e le terribili difficoltà di cui il carattere e l'educazione l'avevano gravato. Aveva fatto valere, alla fine, i diritti di nascita, però sarebbe stato macchiato per sempre dai lupanari (e similia) di Roma! E alla fine, decise di rivolgere all'ospite la domanda se Dalmatica lo ricambiasse?
- Non ci sono dubbi! Ma ormai non posso fare alcunché, sono troppo inserito nella politica romana e se non mi muovo con grande prudenza per me sarà impossibile accedere al cursus honorum che mi spetta per nascita! I Boni nutrono per me gli stessi sentimenti che hanno per Mario e quindi devo stare molto attento! -
"Hai ragione, rispose Aurelia e poi col tempo imparerai a voler bene a Elia, che so per certo essere molto brava con i tuoi figli." :)

Iulia sapeva che Mario non avrebbe passato tutta l'estate a Cuma, ma intanto riusciva ad assaporare ogni giorno nel quale i due stavano insieme. Però, mentre l'estata felice scorreva, Mario ebbe un colpo apoplettico, anche se lui non se ne accorse proprio. Ma Iulia vide la faccia abbassata dalla parte sinistra e non c'erano dubbi! Gli disse che doveva aspettare e riposarsi, non poteva certo tornare a Roma in quelle condizioni. Magari la paresi dopo un po' di tempo sarebbe potuta sparire, perché non dovrebbere essere troppo grave, dato che non c'erano altri sintomi apparenti.
Roma intanto si trovava a dover far fronte alla scarsità di grano per il quarto anno consecutivo e, in ottobre, i nullatenenti cominciarono a dare segni di irrequietezza; la paura si propagava, per osmosi, in tutte le altre classi. :x
Lucio Valerio Flacco si rivolse al Senato per avere fondi per acquistare cerali dovunque, ma i due questori dell'Erario appartenevano quell'anno alla schiera dei Boni e se ne infischiavano dei "capite censi"! (nota mia, figuriamoci, erano Cepione il giovane e il Porcellino!)
Ai primi di novembre si era ormai diffusa la notizia che non ci sarebbe stato grano di Stato da distribuire e Lucio Apuleio Saturnino convocò l'Assemblea della Plebe per approvare una legge, volta ad acquistare grano in Gallia Cisalpina, anche se sapeva bene che colà non ce n'era un chicco. Ciò cui aspirava era la folla e presentarsi come suo unico salvatore.
Di fronte a quella moltitudine plaudente, Saturnino pensò di essere diventato il primo a Roma, perché il vero potere s'incarnava nel Tribuno della Plebe e d'altra parte se la seconda legge agraria era ancora in vigore, nonostante il tradimento di Gaio Mario, lo si doveva a lui e non ai consoli.
Voleva presentare la legge in una giornata tranquilla, in modo che non ci fosse troppa moltitudine al Foro e quella si presentò quando morì un cavaliere favolosamente ricco e molta gente andò alla onoranze funebri di costui e non, quel giorno, ai Comitia.
Cepione minore però, mandò all'aria i piani di Saturnino, chiedendo consiglio a Silla su come potevano contrapporsia a Lucio Apuleio?
"Lasciatelo fare, rispose Lucio Cornelio, il Popolo può legiferare tutto quel che vuole, tanto poi spetta al Senato fornire i fondi richiesti dalla legge, oppure negarli. Ma intanto potremo dare a quei discoli, riuniti al Foro, una dimostrazione della nostra forza" :D
Così, mentre Saturnino stava esortando gli elettori, Cepione il giovane guidò un paio di centinaia di seguaci, armati di bastoni e randelli, nel settore inferiore del Foro romano, ben visibili da tutti i presenti. Saturnino capì l'antifona e sciolse il raduno.


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Re: Storia

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I giorni del potere LIII

Il giorno seguente i nullatenenti si ripresentarono ai Comitia e la legge sul grano fu approvata, ma Saturnino non era ancora del tutto contento e accusò formalmente, in Senato, Cepione il giovane di tradimento, per avere, il giorno prima, mandato i suoi bravacci ad intralciare il lavoro di un tribuno della plebe nell'ersercizio delle funzioni!
- Ma oggi sono qui, non per questo motivo, ma per chiedere fondi per la legge approvata. -
Erano presenti meno di ottanta senatori e Lucio Apuleio li ottenne!
Ma accusando Cepione di fronte al tribunale dei cavalieri, Saturnino aveva fatto "il passo più lungo della gamba", perché la giuria aveva più simpatia per Cepione che per lui, inoltre anche la dea Fortuna gli si schierò contro. :x Proprio quel giorno giuse da Smirne la notizia che il padre, Quinto Cecilio Cepione, era morto. I giurati si commossero e votarono "absolvo".

Marco Antonio Oratore aveva condotto con successo una campagna triennale contro i pirati di Cilicia e Panfilia e si trovava ora ad Atene, pronto a tornare in patria e candidarsi al consolato. Alla fine di novembre il senato gli accordò il trionfo, però gli fu detto che doveva aspettare dieci giorni, perché non si erano ancora tenute le elezioni tribunizie e il Foro era sempre affollato di "capite censi". In questo modo, però, forse non avrebbe potuto candidarsi in presenza, in quanto, prima del trionfo, doveva restare al di là del pomerium. I Boni, però, pensavano che Antonio in quel momento era popolarissimo e intendevano sfrutture la cosa per contrapporlo, in coppia con l'amico Gaio Memmio, a Mario, perché loro non dubitavano affatto che il Grand'uomo avrebbe posto la candidatura per la settima volta, nonostante la paresi!
Ma Antonio non voleva in nessun modo rinunciare al trionfo e Scauro/Catulo non riuscirono a fargli cambiare idea!
Catulo, comunque, riuscì a trovare una soluzione da proporre al Senato: "Vi prego di spostare per una volta il tribunale dei candidati alle elezioni curuli a dopo che i tribuni della plebe saranno scelti ed entrati in carica. La folla non sarà più presente nel Foro e Antonio potrà celebrare il trionfo e poi, nel caso, eletto console. :) Il Senato approvò.

L'ultimo giorno di novembre giunse un messaggio di Gaio Mario con il quale convocava il Senato e l'aula era gremita ancor prima che facesse giorno alle Calendi di dicembre; chiunque era impeziente di vedere come fosse ridotto il primo console uscente.
Mario fece ingresso per ultimo nell'assemblea con il solito passo marziale, ma tutti potero vedere com'era conciato il viso nella parte sinistra! :grr:
"Vi ringrazio, Padri Coscritti, del benvenuto, sono stato malato e, sebbene abbia superato la malattia, ne porto ancora i segni! Non ripresenterò la candidatura al consolato per due ragioni: "in primis" l'emergenza è stata superata definitivamente; "in secundis" non sono sicuro nel mio stato attuale di poter svolgere tutti i doveri di console e proprio il caos che regna a Roma in questo momento lo prova; se fossi stato qui, invece che a Cuma, insieme a Lucio Valerio e Marco Emilio forse ..."
Una sola voce si levò in aula, quella del Porcellino: - Be-be-bene! Ora mio pa-pa-padre potrà to-to-to-tornare a casa. -
"Sciocco ragazzo! Borbottò Scauro a Catulo, se fosse stato zitto avremmo potuto richiamare Metello senza scalpore e ora invece ..."

Era finita, pensava Mario, quando se ne stava tornando a casa a piedi, con quel nuovo accorto incedere, imposto per dissimulare una lieve tendenza a trascinare la gamba sinistra.
A cena c'erano Silla e Rutilio e il primo disse agli altri che aveva un messaggio importante da comunicare: l'aveva saputo da Aurelia, che era ben edòtta su quel che accadeva nella suburra (tramite Lucio Decumio), riguardava la folla che ci sarebbe stata durante le elezioni tribunizie - Se pensate che ci sia stata moltitudine al Foro, non avete ancora visto niente. Quel giorno il mare di volti diverrà un oceano! -


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I giorni del potere LIV

Aurelia e Lucio Decumio avevano ragione e al sorgere del sole la folla si stendeva a perdita d'occhio dal Clivo Capitolino alla Velia, mentre Mario e Silla guardavano dall'alto.
- Sono venuti, non certo per votare, disse Silla, ma solo per farci sapere che esistono. -
"Sono i devoti seguaci del primo che si sia mai mostrato sui rostri e li abbia presi sul serio, ma forse sanno che Saturnino non può mantenere la promessa del grano dalla Gallia e hanno bisogno di farglielo sapere oggi!" (rispose Mario)
I venti candidati al tribunato si dichiararono e il primo a presentarsi fu Lucio Apuleio; l'immensa folla scoppiò in assordanti esclamazioni, chi avrebbe mai avuto il coraggio di escluderlo dalla carica? :dubbio:
Gli altri furono accolti con muta indifferenza, ma intanto la folla, come una inesorabile onda di marea, stava schiacciando sempre più l'uno contro l'altro gli uomini presenti nei Comitia e fremiti di panico cominciarono a scorrere sugli aspiranti elettori!
Gaio Mario se ne accorse e cominciò a urlare di fermarsi! E - Presto sciocco, latrò a Saturnino, di' che hai udito un tuono o qualsiasi altra cosa per sciogliera l'adunata, perché la folla sta per ucciderci tutti con il semplice peso del numero! - Poi ordinò anche di suonare le trombe e si udì "Ha tuonato, la votazione avrà luogo domani1" E il popolo di Roma se ne tornò a casa.
Restarono, insieme a Mario e Silla, pochi senatori, ma erano i più importanti e tutti si rendevano conto di aver assistito a qualcosa di mai ... nemmeno immaginato!
Il giorno dopo le elezioni si tennero nel modo che Mario aveva orchestrato, senza cioè una calca impossibile da controllare e Saturnino fu eletto per primo, ma non con grande distacco dagli altri e, fra questi, c'era anche l'ex schiavo (figlio di Tiberio Gracco) Lucio Equizio. E in risposta a Cepione il giovane che li appellava come feccia, Mario: - No, sono romani e sono poveri, ma non sono ladri o assassini e non ne possono più di "stringere la cinghia"; si sono comportati tutti bene durante queste dannate elezioni, ma le cose potrebbero cambiare se il miglio e le rape continuano ad aumentare di prezzo! -
"Fra qualche giorno la situazione migliorerà, intervenne Gaio Memmio, ho notizie da Marco Antonio Oratore che i nostri emissari della Provincia d'Asia sono riusciti ad acquistare un grosso quantitativo di grano e la flotta granaria dovrebbe approdare a Pozzuoli da un giorno all'altro."
- Sei un imbecille, Gaio Memmio, (disse Catulo) ad aver tenuto per te una simile notizia, senza avvertirne almeno il Princeps Senatus, che è il curatore dell'annona! -
Il candidato console non rispose, perché pensò che non era il caso di avere un diverbio con un esponente dell'alta aristocrazia e si avviò verso la casa di Marco Antonio.
Ma il giorno delle elezioni lo scontro lo ebbe davvero con Glaucia, che intendeva presentarsi (anche lui) al consolato e purtroppo ebbe la peggio, tanto da essere ucciso! Glaucia, quando se ne accorse, capì che anche per lui le cose si mettevano male e l'unico modo per salvare la vita era andarsene! La notizia fu subito reacata a Saturnino, il miglio amico di Glaucia.


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Re: Storia

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I giorni del potere LV

Saturnino fece venire Glaucia da lui e insieme cercarono di studiare unpiano. "Credo che resti un'unica scelta, attirare la folla dalla nostra parte e così costringere il Senato a concederci la garanzia che nessuno di noi sarà perseguito legalmente. Non appena Tito Labieno e Lucio Equizio saranno qui, ci recheremo al Foro." - Dovrei venire anch'io, domandò Glaucia? - "Meglio di no, all'imbrunire dovremo avere il controllo di Roma o, altrimenti saremo tutti finiti! L'unico che potrebbe sbarrarci la strada sarebbe Gaio Mario, perché la folla è anche con lui, ma non ho niente in contrario a spartire il potere, perché ormai è vecchio e malato e non ci sarebbe nulla di strano se morisse, dopo un altro colpo :) ."
Quando i Nostri arrivarono al Foro, si accorsero che la Folla non c'era più, anche se qualcuno era rimasto: i peggiori, quelli che pretendevano la distribuzione gratuita di grano!
In primis a Saturnino vennero le lacrime, ma poi si disse che avrebbe fatto con quelli e cominciò l'arringa, terminando con l'invito a tornare lì con tutti gli altri per rappresentarli nell'acquisto del grano e per ogni altra incombenza e così mostreremo al Senato e alle prime classi chi realmente governa la città e l'impero.

Tra i primi a rispondere invece agli amici di Gaio Memmio ci furono Mario e Silla, subito dopo arrivarono altri senatori di alto rango, fra cui Scauro, Princeps Senatus. Mario stava piangendo e, quando vide l'altro gli chiese se era d'accordo nel convocare subito il Senato nel tempio di Bellona?
- Certo, rispose Marco Emilio, questo è stato un anno assolutamente orribile e non ne rammento uno così, dopo Gaio Gracco! -
Alle assise del Tempio, Mario disse che Gaio Servilio Glaucia doveva essere processato per il suo delitto, perché nessun cittadino romano poteva essere codannato senza, a meno che non dichiari guerra a Roma.
"Temo che invece sia così, rispose Silla, Lucio Apuleio e un gruppo di uomini, fra i quali il questore Gaio Saufeio, si sono impadroniti del Foro Romano e hanno dichiarato che intendono soppiantare il Senato, la prima e la seconda classee sostuirli con un governo di popolo, capeggiato da lui stesso."
- La nostra città è in crisi, affermò Scauro e propongo di adottare lo stesso metodo che fu usato contro Gaio Gracco e quel suo tentativo di colpo di stato e cioè emettere un decreto senatoriale sulla tutela della Repubblica. -
La votazione fu unanime e Gaio Mario, in qualità di primo console, ebbe il potere di difendere la città in qualsiasi modo avesse scelto, dopo che il Princeps Senatus ebbe esclamato "Lunga vita a Roma!"
Mario designò subito Silla come sostituto e ordinò che le armi conservate nei sotterranei fossero distribuite. Quest'ultimo mandò per prima cosa un messaggio ad Aurelia e Lucio Decumio con il quale intimava di non mettere piede al Foro per qualche giorno, perché la sicurezza di Aurelia stava molto a cuore a Lucio Cornelio Silla.
Due ore più tardi, tutti erano pronti e un migliaio di uomini in tenuta da guerra ascoltarono Mario che li arringava: "Ricordatevi che siamo romani e varcheremo il pomerium, ma i nostri nemici sono anch'essi romani e quindi dovremo usare la violenza solo se è del tutto necessaria e mai alzare una lama contro chi fosse disarmato. Cercate di ripararvi con scudi e usate le lame di piatto e in ogni modo preferite il randello e sappiate che prima di tutto il nostro compito è impedire la violenza, non provocarla. Non ci dovrà essere un bagno di sangue e se mi accorgessi che qualcuno di voi ha intenzioni di causarlo, mi avventerò su di lui. Infine sappiate che dovete obbedire solo a due uomini, a me e a Lucio Cornelio Silla, avete capito?"
Catulo Cesare si tirò il ciuffo in segno di beffardo ossequio e - Abbiamo udito e obbediamo, ho militato ai tuoi ordini e so che hai parlato sul serio! -


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Re: Storia

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I giorni del potere LVI

Si era nel tardo pomeriggio quando Gaio Mario guidò il piccolo esercito oltre i confini del "territorio nemico" e colse di sorpresa la folla ammassata nella parte inferiore del Foro. Gli uomini di Saturnino saranno stati circa 4.000, ma, confronto ai mille compatti di Mario, erano solo una masnada di sbandati e già alla vista dei nuovi arrivati, una metà decise di scapparsene verso casa.
"Lucio Apuleio arrenditi!" Tuonò Mario. L'altro rise, ma quella risata, che avrebbe dovuto denotare sicurezza e sfida, suonò invece roca e falsa.
"Carica!" Urlò il console e la manovra sortì un effetto immediato e non ci fu una vera e propria battaglia, solo una disfatta. Era trascorso pochissimo tempo e già l'occupazione del Foro terminata, quasi senza spargimento di sangue. Saturnino, Labieno, Saufeio ed Equizio si rifugiarono nel tempio di Giove Ottimo Massimo e da lì il capo dei ribelli urlò a Mario che lo avrebbe costretto a uccidere romani e contaminare così il tempio!
Mario rise di cuore, - li staneremo senza versare una goccia del loro sangue. :D Lucio Cornelio, vai all'acquedotto e ordina di sospendere la fornitura al colle Capitolino. -
Mentre cominciava l'attesa, dall'altro console arrivò la notizia che Glaucia si trovava rinserrato in casa di Gaio Claudio e che Lucio Valerio sarebbe rimasto a presidiare la domus.

Lucio Apuleio Saturnino fu il primo ad arrendersi, seguito naturalmente dagli altri e tutti i romani (tranne i capi) rivoltosi furono processati e condannati a morte (per tradimento) mediante lancio dalla Rupe Tarpea. Fu uno spettacolo molto apprezzato, perché era da molto tempo che non si vedeva una simile esecuzione. :diavoletto:
Restavano sedici romani importanti da processare e la folla ormai si è rivolta contro, ma - Non possiamo lasciare che siano linciati -, disse il Princeps Senatus.
"Vero, aggiunse Mario, dobbiamo trovare un posto sicuro dove alloggiarli e suggerisco di rinchiuderli nella Curia Hostilia."
- Ma come, ribatté Scauro, imprigionare questi traditori nell'Aula del Senato!?" -
"Hanno già profanato il tempio di Giove, quindi ... e la Curia è priva di finestre e possiede le porte più sicure di Roma; altrimenti dovremo ospitarli nelle nostre case, tu Scauro, te la senti di prendere Saturnino, mentre io ospiterò Equizio?" Non ci fu risposta e Mario proseguì:
"Bene, mentre mi occupo dei particolari, tu, Marco Emilio, vai a spiegare ai tuoi Boni nostri colleghi il motivo per il quale siamo costretti a usare come carcere la nostra venerabile sala di riunione!" :D

Il decimo giorno del mese era quello in cui entravano in carica i nuovi tribuni della plebe, ma due di loro era rinchiusi nella Curia e tutti si preoccupavano all'idea che la folla risorgesse, dato che in tanti erano interessati all'operato dei tribuni della plebe e all'acquisto promesso di grano! Ma poco prima dell'alba Cepione il giovane e il Porcellino, alla testa della loro aggressiva cobriccola si arrampicavano fino ad arrivare al tetto, presero a strappare le tegole dall'intelaiatura e, una volta creato lo spazio sufficiente, comincarono a scagliarle contro i prigionieri! Saturnino fu il primi ad essere colpito, seguito quasi subito da Lucio Equizio e ...
Quando giunsero Mario e i suoi legati era tutto finito, c'erano solo quindici corpi ammucchiati l'uno sull'altro, semisepolti dalle tegole fracassate.
Mario ordinò che solo lui e Scauro potessero entrare, non tanto per constatare i danni, bensì per arrivare a una soluzione concorde su come dovevano essere trattati Cepione, il Poprcellino e gli altri incursori?
Quando uscirono, Mario sentenziò un'amnistia generale: " Tornate alle vostre case o, chi deve, proceda alla nomina dei due tribuni in sostituzione di Lucio Apuleio e Lucio Equizio e che i cadaveri dei quindici siano consegnati alle famiglie per avere onorevole sepoltura; non erano stati giudicati per i reati e perciò sono ancora cittadini romani di buona reputazione!"
La voce dell'accaduto si era sparsa in un baleno e la folla stava accorrendo numerosissima; Mario la vide e capì quel che aveva pensato Saturnino, ma comprese altresì che ciò non faceva per lui, non avrebbe mai voluto essere il re di Roma per il capriccio di quei creduloni, gli era piaciuto molto di più essere il primo in base alle regole antiche. :) E allora gli restava da dire una sola cosa al popolo:
"Roma è salva e ho il grande piacere di annunciarvi che una flotta di navi granarie ha attraccato nel porto di Ostia ieri: il prezzo calmierato sarà mantenuto finché non decadrò dalla carica, vale a dire fra 19 giorni, poi saranno i nuovi magistrati a stabilirlo. Lunga vita a Roma".
Ce l'à fatta un'altra volta, disse Scauro, mentre scoppiava in una risata scrosciante, ci ha tenuto testa e ora ci fa pagare anche il conto del grano che lui ha regalato ai capite censi. :crazy: :diavoletto: :crazy:
Glaucia si uccise, gettandosi sulla spada e tutto sembrava finito, tranne che i giovani fratelli Lucullo citarono in giudizio Gaio Servilio l'Augure per alto tradimento e gli animi erano particolarmente accesi, perché quel caso aveva diviso i Boni: Catulo e Scauro erano solidali con i Lucullo, mentre il Pontefice Massimo Enobarbo e Crasso Oratore erano impegnati per vincoli di amicizia e protezione a sostenere Servilio.
La giuria di cavalieri aveva deciso in anticipo che si sarebbe schierata in favore di Servilio l'Augure e la violenza aveva fatto comparsa già al momento della scelta dei giurati: la combriccola di aristocratici, capeggiata da Cepione e il Porcellino avevano allontanato i sostenitore dell'Augure e ucciso uno di loro e Mario disse a Silla che non ci sarebbe stata storia: "Servilio sarà condannato!" E la cosa andò così.
Di lì a due giorni Marco Antonio celebrò il trionfo e dopo fu eletto primo console; il collega sarebbe stato Aulo Postunio Albino, la cui invasione della Numidia dieci anni prima, aveva fatto precipitare la guerra contro Giugurta e questo fece indignare Gaio Mario, perché per lui quell'uomo rappresentava uno dei peggiori esempi di grande ambizione accompagnata da una totale mancanza di talento! :grr:
Giusto pensò Silla e poi, ma io, quando mi potrò candidare per lo meno alla carica di Pretore? Purtroppo sono conosciuto dai Boni come uomo di Mario e come faccio a dissociarmi da colui che ha fatto tanto per me? ...

FINE DEI GIORNI DEL POTERE. DOMANI PROSEGUIREMO CON - IGIORNI DELLA GLORIA - :)


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Colleen McCullough - I giorni della gloria I

Era passato ormai molto tempo dall'ictus di Mario, ma il viso portava ancora i segni, la cosa peggiore, però, era che l'attacco aveva scavato un sottile solco nella mente: l'umore si accendeva per un nonnulla e provocava sempre eccessiva enfasi negli atteggiamenti!
E così, disse Silla, Cecilio Metello del Porcile torna a casa.
- Non intono inni di gioia, rispose Mario e tu? -
"Sono incerto, perché mi annoio e quando il Nostro rientrerà in Senato le cose potrebbero diventare più interessanti, mi mancano quelle titaniche battaglie che combattevamo un tempo."
- Nel qual caso, rimarrai deluso, perché quando arriverà Metello, non sarò a Roma, me ne vado in pellegrinaggio a Pessinunte.
A quella discussione era presente anche Rutilio Rufo, che però stava pensando al rapporto che vedeva un po' deteriorato fra i due e poi pensò al fatto che l'anno prima Silla si era candidato a pretore e non era stato eletto! Il motivo, si era saputo dopo, era stato Cecilia Metella Dalmatica, diciannovenne moglie di Marco Emilio Scauro, ma innamoratissima di Lucio Cornelio!
Silla non aveva fatto nulla per approfondire la conoscenza, ma lei era di altro avviso e dovunque costui andasse, c'era anche Dalmatica, magari nascosta, ma c'era!
Silla si decise a chiedere consiglio all'unica persona che considerava sua amica e che aveva l'intelligenza per aiutarlo: Aurelia.
"Non dire nulla e non fare nulla, Lucio Cornelio, aspetta fino a quando Scauro non verrà da te, in questo modo sembrerai completamente innocente e mi raccomando fino ad allora impedisci con ogni mezzo a tua moglie di lasciare la casa quando ci sei tu, così sarai sicuro che Dalmatica non possa corrompere uno dei tuoi servi e convincerlo a farla entrare.
Quando arriverà Scauro, sii gentile e guarda di mantenere intatto il suo orgoglio, dopo tutto ha un potere paragonabile a quello di Mario e, se vuoi diventare pretore non puoi permetterti di offenderlo."
Silla accettò il consiglio di Auirelia solo in parte: non fu né gentile, né disponibile e diventò un acerrimo nemico del Princps Senatus! Quel fatidico giorno non riuscì a dire niente che potesse confortare Scauro e neppure acconsentì ad andare in Spagna, nonostante Scauro quasi lo implorasse.
"Non posso, perché devo candidarmi a pretore!"
- Se ti candiderai quest'anno, ti assicuro che non sarai eletto né questo né per i prossimi anni, almeno finché avrò voce in capitolo! -


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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

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lemond
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I giorni della gloria II

"Nel tuo viaggio a Pessinunte andrai a far visita a Mitridate! Disse Silla, perché c'è questo solo motivo che può spingerti nell'Anatolia."
- Spero di non essere così trasparente per gli altri, come lo sono per Lucio Cornelio! E mi pare che sia doveroso andare là, perché non sappiamo quasi nulla di quel che accade, solo che il giovane re Mitridate del Ponto è passato dal non avere altro territorio che quello originario, all'essere padrone delle migliori terre circostanti il Ponto Eusino. E questo per me può anche voler dire, in futuro, guai per Roma. -
Rutilio era d'accordo che Mitridate stava sbavando al pensiero della Provincia d'Asia.
Ma Mario e Silla pensavano invece che la Provincia d'Asia non correva rischi, perché Mitridate aveva troppa paura di Roma, invece la Cappadocia, non essendo romana, sarebbe stata prendibile. Ma vediamo la situazione odierna, per quanto ne sappiamo: due re molto ostili fra loro. Nicolmede (amico di Roma) che cerca di mantenere ciò che aveva all'inizio del regno, mentre Mitridate è un conquistatore. "Sì, proseguì Mario, devo proprio fargli visita."

Pochi giorni dopo ci fu una festa a casa di Mario e tutti ibambini erano là; il volto dell'uomo che teneva in braccio Cesare il Giovane non era familiare a Iulia e, a un certo punto gli arrivò una specie di illuninazione e afferrò con ansia il braccio di Auirelia: "Quello è Lucio Decumio!", disse quasi senza fiato.
- Certo che è lui, il viaggio verso casa, come tu sai, non è fra i più raccomandabili. -
Iulia non replicò, ma a letto, prima di dormire stette molto a parlare con il coniuge sulla situazione di Aurelia e del piccolo Cesare di ventidue mesi, che si comportava quasi come se avesse sei o sette anni, è un bambino davvero sorprendente, così come il figlio di un tuo conterraneo, cioè di Arpino, almeno così ne parla Crasso Oratore. Non conosco questo Marco Tullio Cicerene, che ha otto anni, ma invece so che mio nipote, il piccolo Gaio Giulio Cesare, non è normale, a 22 mesi conosce paroloni e frasi corrette e addirittura sa perfettamente il significato dei primi e mettere in ordine le seconde come prescrive la sintassi.
Quelle parole ebbero il potere di far scattare in Mario il ricordo di ciò che gli aveva profetizzato Marta e cioè lui, nonostante i suoi sette consolati, non sarebbe stato il più grande di tutti i romani e lo sarebbe invece stato un altro Gaio. Per quanto amasse la moglie e ammettesse che solo il nome aristocratico dei Iuli gli aveva procurato la prima carica di console, non vedeva di buon grado che il nipote salisse più in alto del Terzo Fondatore di Roma! Sapeva, sempre per vaticinio di Marta, che sarebbe diventato console una settima volta e si ripromise che non avrebbe lasciato che un bel discendente, con i capelli dorati della dea Venere, figurasse nei libri di storia davanti a lui!


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I giorni della gloria III

Manio Aquilio era riuscito a spengere (spegnere) anche l'ultimo focolaio della rivolta in Sicilia degli schiavi ed era ritornato in patria per ricevere l'ovazione (il trionfo spettava solo a chi sconfiggeva eserciti stranieri). Come ex consolare e detentore di un'ovazione, pensava di potersi candidare a censore, però i Boni approfittarono che Mario non era più al potere per portarlo in tribunale sotto l'accusa di esazione illegale.
La causa era priva di fondamento, ma rappresentava un modo di far pagare ad Aquilio l'essere stato un uomo di Gaio Mario e naturalmente quest'ultimo dovette assoldare, per difenderlo, i migliori avvocati di Roma e solo così la giuria poté emettere la sentenza: ABSOLVO!
In quell'occasione Rutilio disse a Mario che Silla aveva intenzione di andarsene nella Spagna Citeriore come legato anziano di Tito Didio.
- Penso che sia la cosa migliore da fare e magari andrà con loro anche Quinto Sertorio, che sta per candidarsi a tribunm militum. Sì, caro Lucio Cornelio, penso che fai bene ad andare a combattere i Celtiberi, piuttosto che a venire con me per vagobondare attraverso l'Anatolia come privatus. -
Per Mario fu una partenza strana, quella: era la prima volta che era accompagnato da moglie e figlio e riuscì a resistere fino a Venusia, dove non riuscirono a trovare una locanda abbastanza grande per ospitare tutti i loro bagagli.
"È ora di farla finita! Dobbiamo abbandonare quasi tutto quello che abbiamo portato con noi e che ormai reputo solo dannoso, o acceleriamo il ritmo, oppure ce ne torniamo a Cuma a passare l'estate!"
Iulia fu molto colpita, perché comprendeva bene le ragioni del marito e avrebbe voluto accontentarlo, solo che, disse: - Non ho la più pallida idea di come riusciurci! -
Mario non aveva mai pensato che avrebbe udito la moglie ammettere che qualcosa andava oltre le sue capacità, la strinse a sé e la baciò. Però l'unica soluzione la conosceva lui ed era di disfarsi di quasi tutto il bagaglio, solo così il viaggio poteva proseguire senza inconvenienti. :)
Taranto si dimostrò felicissima di accogliere il grande Gaio e il Terzo fondatore di Roma scoprì le radici della città, che erano greche, non romane: era stata un avamposto di Sparta e nella cultura e consuetudini i vecchi costumi spartani sopravvivevano ancora. C'era anche un risentimento contro Brindisi, mentre si aveva grande simpatia per i cittadini italici, alleati degli strati più bassi della società. Mario comprese che doveva fare qualcosa per aiutarli, anche perché ricordò che molto spesso lui era stato chiamato italico (non romano) con disprezzo. La soluzione era una sola: presto sarebbe arrivato il giorno che gli Italici avrebbero avuto la piena cittadinanza; questo pensava mentre stava per imbarcarsi sulla nave che lo avrebbe portato a Patrasso.


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Re: Storia

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I giorni della gloria IV

Arrivati a Patrasso Iulia volle andare ad Olimpia ed era così strano, pensò che il tempio di Zeus più grande del mondo fosse così nascosto in una zona depressa del Peloponneso, invece che ai piedi del monte Olimpo! :x
Passarono da Corinto e Mario si rese conto che il proposito di destinare quelle terre ai legionari avrebbe dovuto andare a buon fine, visto che le campagne era spopolate. La legge era stata emanata da Saturnino e proprio per questo, poi, abrogata, ma di fronte a Corinto tutti avrebbero dovuto comprendere l'insensatezza dei senatori! :muro:

Intanto a Roma, Aurelia aveva trovato il suo mestiere: padrona di casa. :) Aveva congedato gli agenti, cominciato a tenere i libri contabili e gli inquilini erano divcentati amici e clienti ed era riuscita addirittura a "mettere in riga" la confraternita del crocevia; tutto questo poteva continuare finché Gaio Giulio Cesare fosse rimasto a Cercina, nella provincia d'Africa, dove stava svolgendo un lavoro molto apprezzato da Mario. Aurelia in qualche modo temeva il ritorno del marito, ma intanto si godeva la vita e non si preoccupava dell'educazione dei tre piccoli aristocratici, se era o no del tutto conforme al mos maiorum, né in quale lingua si divertissero a parlare. :) Il piccolo Gaio, però, era un caso speciale e anche Aurelia si sentiva sfiorare da un'ignota minaccia, ogni volta che che si fermava a pensare a quel figlio, alle qualità e al suo futuro. :dubbio: (cfr. )

P.S. Non sopporto il Che e men che meno la leggenda creata intorno, ma a questa canzone :worthy:


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Re: Storia

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I giorni della gloria V

Aurelia cercava di nascondere il più possibile a tutti la precocità del figlio e si diceva che doveva cercare di conoscerlo prima possibile: era sensibile e ferirlo era facile, ma poi si riprendeva presto; entusiasmo sconfinato ed era sempre affamato di informazioni, ma soprattutto ciò che la preoccupava era la fiducia di poter essere amico di tutti, senza pensare minimamente che ci potessero anche essere persone che amavano distruggere!
Il piccolo aveva debolezze e difetti, ma ciò che vedevano gli altri era il fascino; lui lo sapeva e ne approfittava, piegandoli alla propria volontà, specie con zia Iulia, particolarmente incline a cadere vittima delle manovre accativanti di Gaio Giulio Cesare il giovane.
Per Aurelia il fascino era il segno distintivo delle persone poco serie e quindi sperava proprio che il figlio non dovesse servirsene mai da adulto, dove l'importanza sarebbe stata data alla serietà e alle corrette virtù romane: pietas e dignitas. :) Ultima preoccupazione della madre: il figlio era anche bello! Infine terminò i pensieri con l'imperativo di dovere essere per lui la sorellastra cattiva; Cornelia, la madre dei Gracchi, non avrebbe esitato e quindi nemmeno lei!
La prima decisione da prendere riguardava un pedagogo, perché, secondo lei, la scuola collettiva era fuori discussione, l'alternativa era solo una: suo figlio sarebbe stato o lo zimbello o l'idolo di tutti ed entrambe queste ipotesi non gli avrebbero giovato! Decise di chiedere consiglio allo zio Rufo, il parente che Aurelia stimava di più. :)
Era riuscita bene a nascondere le qualità straordinarie del figlio, per cui ebbe difficoltà a convincere i genitori e lo zio che il bambino, che non aveva ancora due anni, avesse bisogno già di un pedagogo e alla fine Rutilio affermò che voleva vedere con i suoi occhi; i nonni furono subito convinti che dovevano seguirlo, ma Aurelia invece si oppose, perché il figlio non aveva certo bisogno di una "folla" che lo avrebbe fatto sentire importante, no, solo lo zio sarebbe andato a trovarlo e lei sapeva che avrebbe usato tutto il tatto necessario. :)
Naturalmente anche Rutilio rimase impressionato dal bambino e così parlò alla madre: "Mia carissima nipotina, tuo figlio appartiene a una delle stirpi più antiche e illustri che ancora sopravvivono in Roma; solo i Fabii possono paragonarsi alla gens Iulia, eppure qui, in Cesare il giovane, c'è tutta l'energia e l'intelligenza di un Uomo Nuovo, egli è quella speranza che non avrei mai pensato di vedere; affinché Roma possa continuare a crescere con le proprie radici dovrà essere governata anche da uomi di di sangue patrizio. Voglio molto bene a Gaio Mario, ma lui ha fatto scomparire le tradizioni, ha eroso il mos maiorum, lasciando la città e lo stato alla mercé di stirpi di lupi, creature che non hanno nessuna relazione con quella gentile che allattò Romolo e Remo! Dobbiamo fare in modo che, in Lui, i piedi poggino saldamente sul cammino che conduce all'eccellenza, in modo che possa al contempo preservare il mos maiorum e rinnovare il vigore del vecchio sangue."
E fu così che il bambino fu affidato a un certo Marco Antonio Gnifo, un gallo di Nemausus (Nîmes), che aveva studiato ad Alessandria e poi diventato uno dei più importanti aii a Roma. Certo non fu facile ingaggiarlo, ma non appena conobbe il c.d. bamboccio, subito disse che si sarebbe preso cura di lui, ma non per i soldi di Rutilio Rufo, né per la precocissima intelligenza del giovane, ma perché: - Temo per il suo futuro. - :x


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Re: Storia

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I giorni della gloria VI

Silla passò da Aurelia per comunicarle la prossima partenza: Tito Divio aveva fretta di far arrivare le truppe in Spagna e mentre conversavano gli venne insopprimibile il grido: "Oh Aurelia, perchè non riesco mai ad essere felice!?"
- Non lo so, ma penso che tu abbia bisogno di qualcosa che ti tenga occupato, è così pure per me, anche se penso che la vita dovrebbe essere qualcosa di più! -
Quelle ultime parole fecero scattare fra i due una scintilla, che già esisteva, ma che loro non volevano vedere e le bocche si baciarono come se fossero affamati d'amore e arsi fino a diventare cenere. Ma ...
- Non posso!, disse Aurelia, con un grido urlato sottovoce. -
"Allora che tu possa, come me, non conoscere mai più un momento di pace!" E uscì dalla stanza, sapendo che non vi sarebbe più tornato.
Arrivò a casa in preda a uno stato d'animo mai conosciuto prima, avrebbe dovuto ucciderla, come aveva fatto con le altre due, ma poi si accorse che non poteva assassinare le donne della propria classe e allora, che fare per uscire da quello stato di ... Decise di andare a trovare Quinto Cecilio Metello Numidico del Porcile.
Al suo ritorno dall'esislio costui era stato trasformato in una specie di leggenda e questo lo riempiva d'orgoglio: la battaglia contro Gaio Mario era terminata e, secondo lui, vinta: mai più Roma avrebbe sofferto per l'indegnità dell'incolto italico di Arpino!
Accolse l'arrivo di Silla con piacere, anche perché Lucio Cornelio aveva un'espressione che voleva indicare sottomissione. e infatti così parlò: "Devo farmi un vero amico a Roma, prima di partire e vorrei tanto che quell'amico fossi tu, nonostante i tuoi stretti legami con Scauro, certo, in quanto Cornelio, non posso essere tuo cliente, ma posso contare su di te?"
Metello e Silla cenarono come buoni amici, dopo, però ... il NUmidico cominciò a lottare per respirare, chiama i servi Lucio Cornelio, disse ... i polmoni! Arrivò anche Metello Pio il Porcellino, insieme ai dottori, ma nessuno poté far altro che vedere il dominus lasciare la vita e Silla assistette con piacere alle lagrime del figlio, compiaciuto di essere stato non solo l'esecutore, ma anche il ministro e in qualche modo si sentiva sodisfatto. :)


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Re: Storia

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I giorni della gloria VII

Giove! Esclamò Gaio Mario, riponendo la lettera, è morto Cecilio Metello del Porcile!

La missiva sosteneva che il funerale era stato il più grande a memoria dello scrivente (Silla). "Il Porcellino si è attaccato molto a me in questi giorni, perché ero presente alla morte del padre, però lo lascerò presto, perché sono in partenza per la Spagna, dove i Celtiberi e i Lusitani stanno devastando la provincia Ulteriore."
- Che ci faceva, chiese IUlia, Silla a casa di Metello? -
"Se lo stava ingraziando, penso, rispose Mario; non lo biasimo, il potere del Numidico era superiore al mio in quei giorni e deve diventare pretore, per cui presumo che Lucio Cornelio cercherà di addivenire a ottimi rapporti con i Boni."

In ottobre la famiglia si era insediata ad Alicarnasso, quella che forse era la più bella fra tutte le città dell'Egeo e, nella primavera seguente, cominciò il pellegrinaggio a Pessinunte, che si trovava in un altipiano privo di aree boschive, ma che quando i Nostri vi giunsero, era verde di distese di frumento.
Entrato nel tempio, Mario poté ammirare la statua d'oro, a grandezza naturale rappresentante la dea seduta. Indossava un alto copricapo a guisa di corona e una sottile veste, che ne metteva in risalto la bellezza del seno.
"Perché questa dea asiatica è così interessata a Roma, chiese Mario al gran sacerdote, Battace?"
- Cibele Kubaba non rivela le ragioni nemmeno a noi, tuttavia sembra sentire che Roma continuerà ad accrescere d'importanza nel mondo e forse un giorno arriverà fino a Pessinunte. D'altra parte voi l'avete ospitata per oltre cento anni quale Magna Mater e il vostro tempio è quello che le interessa di più! -
"Bene per lei, rispose Mario, facendo trasalire l'archigallo, ma vorresti dirmi oh Battace, qual è il modo migliore per prendere contato con il re del Ponto?"
- Non saprei, rispose, perché Mitridate è sempre in viaggio e quindi dipende da quanto tempo sarai capace di aspettarne il ritorno. -
Ma una volta congedatosi dal romano, andò nello studio e prese il materiale per scrivere e spedì subito la missiva a Sinope, dove sapeva che Mitridate si trovava. :)


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Re: Storia

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I giorni della gloria VIII

Il contenuto della lettera non piacque a Mitridate e chiese ai consiglieri se avesse dovuto incontrare Gaio Mario?
Archelao, con la dovuta circospezione rispose che: - Se non lo vuoi, mio grande re, non devi incontrare nessuno, tuttavia immagino che sarebbe interessante conoscere quel romano. -
"In Cappadocia, allora, lasciamo che prima si faccia un'idea di Nicomede, che non gli piacerà e poi anche di quell'insettucolo di Ariarate.

Il cammino per arrivare era stato lungo per Mitridate: figlio minore di Mitridate V, nato nell'anno in cui era morto Scipione l'Emiliano, aveva davanti a sé il fratello Mitridate Cresto (ovvero consacrato). Suo padre aveva perso il titolo di amico e alleato di Roma dopo la scoperta di una grande somma d'oro pagata al proconsole romano (Manio Aquilio padre). Quando il nostro Mitridate (Eupatore) aveva nove anni, la madre fece assassinare il re suo marito e pose sul trono Cresto, diventando reggente.
Poco dopo, Eupatore fuggì, convinto che sarebbe stato ucciso a sua volta, perché non era mai stato docile come Cresto e rammentava alla madre, anche nelle sembianze, il re precedente! Il ragazzo restò nel Ponto, passando da un villaggio all'altro con i locali orgogliosi di poter nascondere un membro della casa reale. Durante quei sette anni riuscì a conoscere il Paese come nessun altro principe aveva mai fatto.
A 17 anni si sentì di fare la prima mossa, inviando un messaggio segreto allo zio Archelao e insieme elaborarono un piano, incontrando a uno a uno, i nobili che Archelao riteneva affidabili, ricevendo da loro il giuramento di fedeltà. E poi, tutto andò secondo i piani e Mitridate VI diventò re a neppure diciotto anni.
Nei primi anni le principali energie furono dirette ad aumentare la forza degli eserciti; però nonostante l'aspetto di leone, era soprattutto un pensatore e riusciva a vedere lontano: Insieme ai suoi maggiorenti, travestiti da mercanti greci, si spostò lungo le sponde orientali del Ponto Eusino alla ricerca di alleanze commerciali, arrivando fino alla leggendaria Colchide e poi oltre giunsero alle grandi pianure dei Sarmati e degli Sciti.
Quelle terre dovevano essere conquistate dal Ponto, ma lui sapeva di non essere un buon generale e le truppe erano male addestrate, per cui doveva ricorrere ai mercenari, i quali sarebbero stati fedeli finché li si pagava con regolarità, altrimenti ...
A comandarli scelse suo zio Diofanto, esperto generale sin dai tempi del padre e il risultato fu enorme per il Ponto che, in capo a un anno, possedeva l'intiero Chersoneso Taurico. Di questo Diofanto fece un resoconto trionfale per il suo giovane re, al che Mitridate, geloso e intimorito, fece giustiziare lo zio! Fu così che, non ancora trentenne, era padrone di un esteso impero e chiese di ritornare a essere amico e alleato di Roma.
Era l'anno in cui Gaio Mario (e Q.L. Catulo Cesare) stavano terminando la guerra con i Germani e il Grand'Uomo seppe, attraverso una lettera di Rutilio che Nicomede si opponeva aspramente alla concessione e Saturnino aveva preso le parti della Bitinia, per cui l'ambasceria del Ponto fu rifiutata!
Trascorso un mese di collera furiosa, Mitridate decise di andare travestito a conoscere i paesi confinanti con il Ponto, in partcolare la Bitinia e la Provincia d'asia, perché sapeva che per combatterlo bene, occorreva prima conoscere il nemico.
Ritornò all'inizio dell'estate e scoprì che i maggiorenti avevano l'aria troppo tranquilla: qualcosa stava succedendo, ma finché non ne avesse scoperto la natura, decise di non dire una sola parola su dove fosse stato nella sua lunga e misteriosa assenza.


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Re: Storia

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I giorni della gloria IX

Fu Gordio, che venne a trovarlo di lì a poco, a spiegargli quel che era accaduto: "Laodice tre mesi fa, convinta che non saresti più ritornato, fa si è scelto tuo cugino Farnace come amante."
- Conosco la mia moglie-sorella, cercherà di uccidermi e so anche come, il veleno! E lasciamo che ci provi, così avrò le prove del tradimento e lei, come tutti, non sa che nei miei sette anni in cui sono stato nascosto, mi sono reso immune da ogni tipo di veleno, prendendone a piccole dosi, ma con costanza di tutti i tipi, per esempio, tu conosci il Cobra egiziano, ne presi di ogni dimensione e cominciai a farmi mordere dal più piccolo e poi ... arrivai a un mostro lungo due metri e mezzo e grosso come il mio braccio! :) Feci lo stesso con ogni altro tipo di animale e poi mi sono preparato a dosi sempre maggiori con cicuta, aconito, mandragora, funghi etc. Che Laodice architetti pure il migliore dei piani, non riuscirà a uccidermi! -
Lei ci provò al banchetto ufficiale che si celebrava per il ritorno del re, facendo bere al marito dal proprio calice. Mitridate bevve senza esistazione e ritenne in bocca l'ultimo sorso, per sentirne appieno il sapore e poi esclamò sodisfatto: "Doronico! :grr: Ma non morirò, anzi questa indegna mistura non mi farà alcun male, ma ce n'è rimasta abbastanza da uccidere te e poi ordinò ai suoi di uccidere Farnace."
Tutti coloro che videro quel giorno morire la regina e poi l'amante appresero la lezione: non ci sarebbero stati altri tentativi di assassinare il grande re Mitridate VI. :)

Mario vide che la Bitinia era molto ricca e appunto gli abitanti erano ben nutriti, sodisfatti e in buona salute, ma da re Nicomede sentì narrare una storia diversa e cioè che il regno si trovava in piena crisi! "Sì, continuò il re, né noi, né la Provincia d'Asia siamo riusciti a fornire nemmeno metà del grano che Roma aveva chiesto e infatti la maggior parte dei cereali è arrivata da terre dominate dal re del Ponto. Sì, Gaio Mario, Mitridate, è quella la serpe che assilla la mia casa e la causa della declinante prosperità della Bitinia! MI occorre mantenere un esercito di mercenari, perché non posso proprio sottovaluralo, basta conoscere quel che ha fatto in Galazia solo tre anni fa! Ora governa tutte le nazioni confinanti e ti posso dire che se Roma non lo ferma, se ne pentirà presto!"
-Sono d'accordo, tuttavia l'Anatolia è molto lontana e dubito che qualcuno a Roma se ne preoccupi troppo, tranne Scauro, ma anche lui sta invecchiando. Vado appunto a incontrare il re del Ponto e forse così avrò materiale sufficiente per persuadere il Senato a prenderlo più sul serio. -


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Re: Storia

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I giorni della gloria X

Il vecchio Nicomede presumeva che gli ospiti sarebbero rimasti almeno un mese e fu sconcertato quando, dopo pochi giorni, seppe che Mario e Iulia se ne sarebbero andati a Pergamo; cercò di opporsi, ma contrastare Mario non era facile e la famiglia partì per l'Eolide, dove ad attenderli c'erano Rutilio Rufo e il governatore Quinto Muzio Scevola, ma non poterono fare la conoscenza di quest'ultimo, perché lui doveva essere a Roma prima che la stagione rendesse il viaggio per mare troppo rischioso.
Fu quindi Rutilio a riferire che Gaio Servilio Augure era morto in esilio alla fine dell'anno passato e perciò era stata indetta l'elezione per il sostituto e il prescelto era stato ... Gaio Mario. ;)
All'arpinate mancò il respiro e non sapeva che dire. Ma Rutilio gli spiegò che quella vittoria era stata salutata con piacere da Roma intiera, ad eccezione del Porcellino e del suoi gruppo! Certo se fosse stato ancora in vita Cecilio Metello del Porcile non avresti vinto, perché l'unica funzione che gli era rimasta era quella di contrastare ogni tuo possibile progetto o, ancor meglio, cercare di distruggerti!
Mario rifletteva ad alta voce sul perché alla morte del Numidico fosse stato presente Silla e Rutilio così introdusse la questione della nipote: "Ha litigato molto seriamente con Silla; lò saputo da Aurelia medesima, la quale mi ha, però, solo detto che Lucio Cornelio non sarebbe più stato il benvenuto nella sua casa!"
Non essendo molto interessato alle liti personali, Mario si strinse nelle spalle e i due se ne andarono a passeggiare.
Pergamo era forse la città del mondo più ben progettata e costruita, però un'atmosfera di disfacimento aleggiava su di essa: ogni cosa rivelava di non essere più tenuta come durante i regni degli Attalidi e anche gli abitanti non avevano l'aria di persone sodisfatte, cosa sorprendente per un paese ricco.
"Sono i nostri publicani, disse Rufo, l'intiera Provincia d'Asia è stata sfruttata e oppressa per anni dall'avidità di questi idioti! Una commissione mandata qui durante la tua amministrazione (se ci avessimo pensato) avrebbe determinato in breve tempo le cifre effettive e punito i publicani, invece si è concesso loro di diventare insopportabilmente arroganti e ora sono loro a governare la Provincia!" Quinto Muzio ed io stiamo cercando di porre riparo e proprio per questo Scevola è dovuto rientrare a Roma: fermare il gruppo di pressione dei publicani che a Roma ci stanno intentando giudizio, perché chiunque abbia proposto di ridurre le entrate dell'erario è un traditore della patria: anche se qui abbiamo portato un grande miglioramento nelle vite dei comuni cittadini che, per la prima volta, hanno visto al lavoro dei veri romani. Tutto sta ora a vedere se Quinto Muzio riuscirà a convincere il Senato che è lui, e non i publicani, ad avere ragione. Penso che tutto dipenderà a chi darà appoggio Scauro e, meno male che lui è un romano retto, di vecchio stampo." :clap:


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I giorni della gloria XI

Mario trascorse l'inverno nella villa di Alicarnasso e poi andò via mare a Tarso, per un incontro con Arariate VII, previsto per il mese di marzo. Ma, a maggio inoltrato, non gli era arrivato nessun messaggio dal piccolo re e allora la famiglia dovette procedere verso il nord, per non dover sopportare la calura estiva del luogo. Il viaggio si svolgeva a dorso di muli, perché il percorso era molto irto e aspro, però il clima era decisamente migliore di quello torrido di Tarso. In una stretta valle, trovarono un villaggio di pastori e fu lì che Iulia e Mario il giovane avrebbero aspettato il ritorno del capofamiglia, che intanto se ne sarebbe partito per la Cappadocia, a cavallo, accompagnato soltanto da due schiavi e una guida. Gli altri sarebbero rimasti nella valle.
Stavano per giungere a Mazaca, quando alla vista di Mario si erse una montagna, quella più imponente che un romano avesse mai visto: il monte Argeo, descritto dai greci e, ai suoi piedi, sapeva che sorgeva la città del re. Però, lui veniva da sud, mentre Mazaca era nella parte settentrionale della montagna. ;)
Ma la prima cosa che vide, insieme agli edifici della città, furono i resti di un campo di battaglia: corpi rigonfi, spogliati dell'armatura giacevano ovunque in stato di decomposizione e si poteva non temere una pestilenza, solo i virtù dell'aria gelida.
Mario proseguì imperturbabile e due miglia a nord-est vide una imponente moltitudine di tende e una coltre di fumo verdognolo che saliva. Mitridate, non poteva essere altri che lui e capì subito il motivo per cui il piccolo re non era arrivato a Tarso!
Finalmente aveva scovato Mitridate Eupatore, anche se non sulla di lui terra e spronò il cavallo per giungere prima possibile all'incontro. :)
Le strade di Mazaca erano deserte e il portone del palazzo reale era incustodito: come si sentiva sicuro MItridate!?
In risposta al suo bussare, gli fu aperto un battente e un uomo anziano gli chiese che cosa volesse e riferì che re MItridate sarebbe arrivato prima del calar della notte.
"Lo aspetterò e intanto mi occorre un alloggio per me e questi tre uomini, i nostri cavalli sono fuori, devono essere messi in stalla, mentre io devo fare subito un bagno caldo!"


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lemond
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I giorni della gloria XIi

Il re arrivò scortato da centinaia di uomini ed era impossibile distinguerlo, perché non guidava lo squadrone di cavalleggeri (i cavalli non erano ferrati, per cui Mario dedusse che il Ponto non era provvisto di fabbri).
MItridate scese da cavallo e si fermò ai piedi delle scale non appena vide Mario vestito con la toga praetexta, probabilmente non aveva mai visto un romano così acconciato. :) Salì le scale senza fretta e, dopo avergli stretto la mano, disse che quello era un piacere inaspettato, in un greco che aveva lo stesso accento di quello di Mario.
Fu offerta una cena a base di agnello e altri cibi semplici, divorati dai due piuttosto affamati e solo alla fine Gaio chiese dove fosse Ariarate VII?
- È morto due mesi fa, di una malattia incurabile, era qui nel palazzo, quando è successo e ne sono stato informato poco dopo; il trono era stato reclamato da un pretendente siriaco e sono dovuto intervenire affinché invece il trono della Cappadocia rimanga nelle mani della stirpe attuale. -
Mitridate mandò a chiamare il successore (Ariarate VIII), che arrivò accompagnato da Gordio, spiegando che aveva conosciuto entrambi dieci anni prima, stanziati fra i trogloditi (abitanti delle caverne naturali, molto funzionali e usate in quei luoghi).
"Be' sembra che le cose siano state sistemate in Cappadocia, ne deduco che stai per ritornare nel Ponto."
- Non posso farlo. -
"E invece devi, se cominci a tenere eserciti di occupazione in Paesi che non ti appartengono, posso assicurarti che l'interesse di Roma in queste regioni crescerà a dismisura!"
Il re dimostrò subito ira, ma notò Mario, stava crescendo in lui anche la paura e che Mitridate avrebbe riportato a casa l'esercito non aveva dubbi, ma poi ripensò a come aveva fatto Mitridate a riconoscere in lui proprio Gaio Mario? La risposta era semplice, l'aveva saputo da Battace, l'archigallo di Pessinunte, che era dunque una spia del re.
MItridate se n'era andato subito, mentre lui andò da Gordio il giorno dopo per dirgli che conosceva la verità: quel bambino (chiamato Ariarate VIII) era figlio del re del Ponto e che lui (Gordio) era il nonno e solo la madre (figlia di Gordio) era della Cappadocia, anche se non di nobili origini, perché tu ti sei dato da solo il titolo di principe e quindi puoi riferire a Mitridate che so anche questo. :)
Gordio trovò Mitridate il giorno successivo, non lontano da Mazaca e alle parole del suocero fu preso dall'ira, ma non fece alcun commento se non che accettava la definizione di barbaro e che avrebbe fatto qualunque cosa per emendarsi, a cominciare dal far sgomberare il campo di battaglia dai cadaveri, anche se era una cosa inutile, ma se appariva ... era meglio adeguarsi.
Poi rimandò l'esercito nel Ponto e si mise in cammino per l'Armenia insieme a quasi tutta la corte, perché voleva fosse chiaro che quella era una visita di rappresentanza al nuovo re dell'Armenia, Tigrane un coetaneo di Mitridate. Il re del Ponto pensava di poter fare dell'altro un alleato.
Fu così e, per suggellare il patto, Mitridate offrì in sposa a Tigrane la figlia quindicenne di nome Cleopatra. :)


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Re: Storia

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I giorni della gloria XIII

Mario fu molto felice di ritrovare la famiglia in buona salute e contenta di aver abbracciato la vita dei pastori, in particolare Mario il giovane sapeva condurre il gregge di capre. Quando il padre gli disse che dovevano partire subito non era contento, ma si dichiarò pronto. Iulia gli chiese il perché della preoccupazione che vedeva sul volto del marito.
"La Cappadocia è stata vittima di un colpo di Stato e non vorrei che Mitridtae (l'autore) si fosse pentito di avermi lasciato andare!"
Il programma fu eseguito e a gennaio raggiunsero, via mare, Alicarnasso ed ivi trovarono una lettera di Rutilio:
- Sarai ferlice di sapere che Quinto Muzio è sfuggito alla minaccia di essere citato in giudizio, anche grazie all'appoggio ricevuto dal cugino Crasso Oratore e dallo stesso Princeps Senatus; entrambi sono d'accordo con quanto lui ed io abbiamo fatto nella Provincia d'Asia contro i publicani. D'ora in poi i tributi si baseranno sulle stime nostre. :) Abbiamo nuovi consoli, nientemeno che Lucio Licinio Crasso Oratore e il mio caro Quinto Muzio Scevola. Altra cosa interessante è la morte di Tolomeo Apione, re di Cirenaica, che non aveva eredi e ha disposto che il regno fosse donato a Roma, così come aveva fatto poco tempo fa Attalo di Pergamo. :) Spero che ritornerai presto a Roma, perché senza di te la città sembra vuota, tanto più che non c'è nemmeno più Metello del Porcile, sul quale gira la notizia che sia morto avvelenato. Il Porcellino si è sempre opposto e infatti il cadavere non fu sottoposto ad autopsia e ora minaccia di portare in tribunale chiunque si azzardi a proporre una simile tesi! L'ultima notiziola riguarda pettegolezzi di famiglia, il marito di mia nipote, dopo essere tornato dall'estero e aver visto i luminosi capelli rossi del nuovo figlioletto, ha divorziato per adulterio!"
Mario lasciò andare la lettera come se fosse infuocata, perché suppose che si riferisse ad Aurelia, ma Iulia disse che non era possibile, ma che se ne sarebbe tornata subito a Roma; Mario poteva far quel che voleva, ma lei sarebbe andata a trovare il fratello.


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I giorni della gloria XIV

Capitolo II


Andrò a Smirne a riprendere i miei soldi, disse Quinto Servilio Cepione al cognato Marco LIvio Druso. Quest'ultimo rispose che non gli sembrava molto saggio, dato che tutta Roma crede che a Smirne ci sia l'oro di Tolosa, rubato da tuo padre e oggi vige la legge Servilia Glaucia, che tratta proprio del recupero di denaro acquisito illegalmente, quindi mio caro cognato pensaci, non vorrei vedere mia sorella e i figli privati della fortuna e del paterfamilias!
- Tranquillo Marco, sono anni che ci penso e credo di aver trovato il modo: nessuno sa dove sono diretto, tranne che sono nella Gallia Transpadana a compiere approfonditi studi sulle proprietà in modo da avviare le città-fonderie e tutto il denaro sarà investito in queste aziende, tutte fuori dal territorio romano. -
Druso rimase colpito da tanta astuzia, ma replicò comunque: "Perché non lasciare il denaro a Smirne?"
- Non posso, perché è molto probabile che la Provincia d'Asia, prima o poi, si ribellerà a Roma e la prima cosa che faranno gli insorti sarà saccheggiare i templi e le banche! -
"Va bene, ma dentro di sé pensava che Servilio Cepione era, come il padre, una persona spregevole, a cui non importava nulla degli uomini massacrati, ma solo dell'oro, quella famiglia è sempre stata il "re Mida" di Roma!"
Livio Druso e Servilia Cepionide pensavano di non poter avere figli e avevano adottato due anni prima il figlio minore di Tiberio Claudio Nerone, un uomo impoverito, come la maggior parte dei Claudii, mentre Cepione aveva due figlie: la maggiore, Servilia, sette anni, mentre Lilla cinque.
La famiglia di Druso aveva quasi un aggiunta nell'amico Quinto Poppedio Silone, i due si erano incontrati ad Arausio, dove 8000 soldati romani erano rimasti uccisi, soprattutto grazie al padre di Cepione; l'amicizia era cresciuta a motivo dell'interesse comune per il destino degli alleati italici. Silone era dei Marsi, di cui il padre era l'uomo guida e, dopo la morte, il figlio ne aveva preso il posto ma, purtroppo, al momento era considerato dai romani un essere inferiore: non era un romano e non godeva dei diritti latini!
Da secoli i Marsi erano stati gli alleati più fedeli di Roma, ma al momento la situazione non era diversa, se non peggiore, per questi italici e Druso pensava spesso a come cambiare le cose, anche se non voleva rendere pubbliche le intenzioni fino a quando non avesse trovato quella che poteva essere una soluzione. Silone era l'unico a conoscere il pensiero di Druso, anche se le idee non coincidevano: il marsico auspicava una secessione da Roma e una nuova nazione unita, composta da tutta l'Italia! E poi si sarebbe visto chi, fra i due popoli avrebbe prevalso! :x


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Re: Storia

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Oggi la notizia della morte di Silvano Girotto.
Pubblicai mesi fa il link della sua audizione alla commissione stragi (se componete il numero del ministero romano vi rispondono: stragi diccaaaa...)
anzi era Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi
lettura illuminante per molti versi

Pure di oggi la notizia della morte dell'italiano che combatteva in Donbass, così sobriamente annunciata:


«Il martirio di Edy Ongaro serva a rompere il castello di bugie di questa guerra, ma soprattutto a rilanciare la lotta antifascista e internazionalista. Il sacrificio di Edy mostri la forza del proletariato che saprà portare al trionfo del comunismo – scrivono i compagni di battaglia su Facebook –. Ti salutiamo Compagno Partigiano con il motto che ti era tanto caro: 'Morte al fascismo, libertà al Popolo».


PIU' MANGANELLI

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Re: Storia

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I giorni della gloria XV

Silone aveva trovato nel capo della nazione sannita uno che credeva, come lui, nella secessione, anche perché Gaio Papio Mutilo odiava proprio tutti i romani! In breve, nonostate i motivi diversi, i due fecero proseliti e gli italici decisero che ogni energia e denaro disponibile doveva essere destinato alla costruzione di materiale da guerra per quei centomila uomini (stimati) che occorrevano alla bisogna, il tutto, naturalmente, in modo clandestino, ergo sarebbero trascorsi anni per poter raggiungere l'obiettivo.
Silone sperava, in cuor suo, che tutto questo non fosse necessario e magari proprio Druso avrebbe trovato una soluzione pacifica. Quest'ultimo annunciò a tutti che Cepione li avrebbe lasciati per qualche tempo e Silone vide un lampo di gioia negli occhi di LIvia Drusa e per un momento si chiese il perché e che tipo di donna fosse, ma poi si mise in ascolto di quel che che Cepione aveva da dire:
- Cercherò di ottenere il ferro del Norico, queste miniere sono molto vicine alle foreste, ideali per fare carbone, con il quale poi provvederò, appunto, alla produzione di acciaio. Comprerò terra adatta per costruire case e officine e persuaderò fabbri e artigiani a stabilirsi. -
"Quanto ci vorrà affinché le tue città comincino a produrre?" Lasciò cadere Silone.
- Nella Gallia italica spero due anni. -
Dopo la cena Livia Drusa si fece portare uno scialle e andò nella loggia. dove nessuno avrebbe pensato di cercarla e così poteva godere di un'ora di pace assoluta; essere sola le dava una mervaigliosa sensazione di sollievo. :)
Finalmente Quinto Cepione se ne sarebbe andato via! Non sapeva le ragioni, ma che importanza avevano, quel che contava è che per un certo periodo sarebbe stata felice, oh Marco, perché mi obbligasti a sposarlo!? :muro:
Alla fine di febbraio, Cepione partì, come da progetto, per un anno o forse più. Drusa chiese subito un colloquio con il fratello.
"Sono qui per chiederti un favore, vale a dire, mi piacerebbe, finché Cepione è via, trasferirmi con le bambine in campagna, nella villa di Tuscolo, dove non abita nessuno da anni. Ti prego Marco, lasciami vivere un po' per conto mio."
- Beh sorella, non vedo perché rifiutarti la cosa. -
Quando lo seppe, Servilia Cepionide si dispiacque di saper che la cognata l'avrebbe lasciata, ma subito dette disposizioni affinché la villa di Tiscolo fosse trasformata in qualcosa in cui si potesse vivere comodamente.


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Re: Storia

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I giorni della gloria XVI

Le figlie di Livia Drusa reagirono molto diversamente al trasferimento: Lilla era entusiasta, mentre Servilia, composta e restia a parlare, faceva però comprendere che detestava quel posto e la madre, che l'aveva scelto!
Il calendario sosteneva che fosse primavera, ma in realtà era inverno, perché il Pontefice Massimo (Gneo Domizio Enobarbo) non aveva sollecitato il collegio a fare il suo dovere e quindi adoperava ancora il calendario più corto, non in accordo con le stagioni!
Livia Drusa cominciò subito, nonostante il freddo, a girovagare per i campi e andò oltre la pietra che segnava il confine, troppo cittadina per capire che si trovava nel terreno di un altro e infatti alla fine lo vide. "Salve gli disse, senza alcuna timidezza o segno di disagio, ho rubato una pera, è squisita." :) L'altro gli sembrava Lucio Domizio Enobarbo, il fratello del Pontefice Massimo, colui sul quale Drusa aveva fantasticato da bambina e scoprì che lo amava ancora e subito si accorse che lui ricambiava il sentimento. :clap: Però seppe anche che sul nome si sbagliava: era veramente lui quello che aveva sempre visto sul balcone davanti a casa, ma si trattava del cognato di Lucio Enobarbo, vale a dire Marco Porcio Catone Saloniano
- Non ti avevo mai vista prima, ma oggi sei stata un'apparizione, che sono sicuro, mi cambierà la vita. -
Cominciò così l'anno più felice della vita di Drusa, anche se c'erano aspetti imbarazzanti nel rapporto e il principale era la dubbia discendenza dell'amante e voleva che Lucio non dovesse avere MAI l'impressione che lei lo guardasse dall'alto in basso! :x
Ma per lui quest'aspetto non rappresentava una debolezza, anzi era fiero di essere il nipote di Marco Porcio Catone il censore, di ricca stirpe latina, anche se non romana! Costui si era travestito da contadino, dopo che un patrizio l'aveva deriso quando era un cadetto di 17 anni nella guerra contro Annibale; e si trovò così bene in quelle vesti che non dismise più quei panni e noi pensiamo che fece benissimo. Ora nessuno più dimentica Catone il Censore. E d'altra parte lui non era un Uomo Nuovo, aveva antenati, di cui possiamo andare fieri, non come quel "parvenu" di Gaio Mario, il primo della sua gens a essere senatore! :grr:
...
Quando scoprì di essere incinta Drusa non sapeva veramente chi fosse il padre, ma sperò che fosse figlio di Catone, mentre L'altro rispose: - Spero di no! -


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Re: Storia

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I giorni della gloria XVII

Quando Lucio Valerio Flacco e Marco Antonio Oratore furono eletti censori in aprile, Quinto Poppedio Silone arrivò a casa di Druso in uno stato di grande eccitazione: - I nostri censori stanno stanno progettando un modo diverso e migliore di raccogliere i dati, penso proprio che la secessione e la guerra si siano molto allontanate! - :)
"Come puoi, anche solo pronunciare codeste parole?"
- Lo so, amico mio, e devi credermi se dico che esse sono ben lontane da ciò che voglio, l'Italia e Roma non hanno bisogno di guerre civili! E proprio ora mi è venuto in mente un modo per dare la cittadinanza a tanti italici, in modo da cambiare radicalmente il modo con cui Roma ci considera. Una naturalizzazione abbastanza estesa tale che, una volta cominciata, avvierà anche il processo verso la totalità. -
"E come?"
- I censori si sono sempre più interessati di scoprire chi e che cosa viveva entro Roma di qualsiasi altra cosa. I censimenti rurali e provinciali invece lenti e completamente volontari; oggi invece ho conosciuto Flacco, il quale mi ha chiesto i nomi dei cittadini Marsi romani, disposti a farsi censire, mentre a domandato ad altri i nomi degli italici di loro competenza, perché lui e Antonio vogliono fare un censimento di tutte le località, anche le più nascoste, dell'area rurale. Se noi italici possiamo collaborarecon i funzionari del censimento, riusciremo a fare in modo che registrino un numero elevatissimo di italici meritevoli di essere cittadini romani! -
"Non puoi farlo, è illegale! E sarebbe altrettanto facile da scoprire!"
La posizione di Silone era diventata difficile e non poteva nemmeno più fidarsi di Druso; solo di una cosa era sicuro: nessuno si sarebbe accorto di nulla, perché i censori si aspettavano molte migliaia di nuovi cittadini da registrare, perché mai avrebbero dovuto fare indagini se questi fossero italici o no? Non c'era tempo da perdere, doveva concertare con i sanniti e con gli altri popoli italici il modo di corrompere i funzionari e metterli nei posti dove fosse facile modificare i registri di cui venissero in possesso. Ma prima doveva andare da Druso, per cancellare quella conversazione indiscreta dalla mente di lui.
Con aria penitente la mattina dopo: - Sono stato fuorviato, una notte di sonno mi ha fatto capire che avevi assolutamente ragione. - :x
"Bene", replicò Druso. :)


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Re: Storia

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I giorni della gloria XVIII

Quinto Servilio Cepione ritornò nell'autunno dell'anno seguente, dopo aver trasformato l'oro di Tolosa in vaste estensioni di terra ricca lungo il Guadalquivir, nella Spagna Ulteriore, condomini con molti appartamenti in vari luoghi dei territori sottoposti a Roma e piccole città dell'acciaio e del carbone. Non lasciò nulla nella banche dell'Asia MInore romana.
L'arrivo non era stato annunciato e trovò solo la sorella in casa di Druso, che gli disse che moglie e figlie non erano lì, ma a Tuscolo e comunicò altresì che aveva un nuovo figlio, nato alle Calende di dicembre. Quest'ultima notizia non era sufficiente a diminuire l'irritazione, ma poté solo ordinare che qualcuno andasse a riportare tutti a casa! :x
Quando arrivò Druso, confermò che lui e la sorella sapevano che Cepione aveva dato il consenso al trasferimento della moglie a Tuscolo.
- Io non l'ò dato e dovrà essere punita per questo! -
"Non mi riguarda."
Il viaggio da Tuscolo durò cinque terribili ore e la famiglia fu al fine riunita, con Livia Drusa che teneva in braccio il piccolo di 10 mesi, un bambino non particolarmente bello, né sorridente, né altro di particolare, se non una massa di capelli lisci con un'aggressiva tonalità di rosso.
- Per Giove, esclamò Cepione, da dove ha preso quei capelli!?" - Dalla famiglia di mia madre, rispose Livia. -
D'accordo, ma ora portatelo via, è tempo che tu e io rimaniamo soli, anche se è l'ora di cena non ho fame e se ne hai, peggio per te! :x
Gli assalti di Cepione durante la notte furono numerosi, ma Drusa rimase sempre fredda, apatica e addirittura si addormentò nel bel mezzo dell'ultimo tentativo del marito. :diavoletto:
Al mattino Cepione chiese spiegazioni, ma ottenne, come risposta, che lei aveva perso interesse per gli quegli atti e non voleva altri figli e se ciò non fosse accettabile, per il marito, avrebbe potuto divorziare.
Per tutta risposta Cepione prese la cintura e cominciò a colpirla con violenza: le urla di lei gli arrivavano come un peana di gioia! :grr:
Per due mesi Cepione continuò a battere la moglie a intervalli di cinque giorni, concentrandosi su un'area specifica del corpo, permettendo così alle altre zone di guarire e Liviia Drusa non lo disse a nessuno, anche se il cambiamento era talmente evidente che il fratello e la cognata si preoccuparono. L'unica speranza di Drusa, invece, era che sarebbe morta presto, perché la morte era di gran lunga preferibile alla vita con Cepione! :x
Alla fine Druso si decise ad affrontare un servitore: Cratippo, per chiedere che cosa stesse succedendo alla sorella e, così gli pareva, anche a tutti i servi della casa?
Con grande orrore di Druso, Cratippo scoppiò a piangere e dopo parecchio tempo disse il motivo delle lagrime: le botte continue che Livia riceveva da Cepione! "Finirà per ucciderla!" :grr:


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Re: Storia

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I giorni della gloria XIX

Nota mia, per la legge romana il pater familias aveva potere di vita e di morte su tutti gli altri componenti, però ...

Per un uomo della classe senatoria come Druso non c'era maggior disprezzo di quello che si doveva provare per gli uomini che picchiavano la moglie! :grr:
Cepione non trovò il coraggio di impedire che il fratello denudasse Livia e così furono scoperte dozzine di echimosi vecchie e nuove!
"Vattene da casa mia!"
- MIa moglie è mia proprietà e, se voglio, posso anche ucciderla! -
"Lei rimane con me e, ripeto, vattene, picchiatore di mogli!"
Una voce acuta, urlò dietro di loro, con astioso risentimento: "Se lo merita" Se lo merita! Non picchiarla padre, uccidila! Mia madre aveva un amante, un uomo dai capelli rossi, si vedevano tutte le mattine in una casa nella proprietà di lui e lo so, perché li seguivo e ho visto quello che facevano sul letto! So anche il nome: Marco Porcio Catone Saloniano. Tata, se non vuoi ucciderla, lasciala qui, tanto è solo una plebea, non una patrizia come te e me!"
Per tutto ringraziamento Cepione afferrò la bambina e la spinse lontano così violentemente da farla cadere a terra e poi urlò contro la propria stupidità, lasciando la stanza, con Servilia che lo rincorreva in lagrime, gridando di aspettarla.
Druso pensò che in parte fosse colpa sua se la sorella fosse adultera, meretrix! E le chiese se avesse un amante?
- Non era questo il motivo per il quale mi picchiava, era la mia indifferenza a mandarlo in collera e dopo un po' ha scoperto che questo gli piaceva, lo ... eccitava! -
"Ti ho trattata ingiustamente, facendotelo sposare a forza!"
- Tu hai agito in base alla coscienza di romano, ma ormai quel che dobbiamo fare è che la mia colpa non ricada su di te e Servilia Cepionide, alla quale voglio molto bene. -
Cepione mandò la notifica di divorzio il giorno stesso, facendola seguire da una lettera privata nella quale negava la paternità di ciascuno dei suoi tre figli e rifiutandosi così di restituire la dote, né aveva intenzione di rimborsare le spese per l'ospitalità di cui ha goduto per sette anni!
Marco Druso ritornò nello studio, prese un pezzo di pergamena della migliore qualità (voleva che il documento rersistesse alle ingiurie del tempo) e rispose a Cepione.


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Re: Storia

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I giorni della gloria XX

Contenuto della missiva di Druso a Cepione


"Sei libero di negare la paternità dei tuoi tre figli, Quinto Servilio, ma altrettao io lo sono per giurare che sono invece tuoi ed è quanto farò, se si dovrà giungere a tanto, in Tribunale! Tu hai mangiato il mio pane e hai bevuto il mio vino da aprile dell'anno in cui Gaio Mario era console per la terza volta, fino a quando sei partito per andare all'estero, 23 mesi fa. Ho continuato a nutrire, vestire e offrire alloggio alla tua famiglia, mentre eri via. Ti sfido a trovare una qualsiasi prova di infedeltà di mia sorella durante gli anni che siete vissuti in questa casa e, se leggi i certificati della nascita di tuo figlio, vedrai che anche lui deve essere stato concepito qui (non a Tuscolo).
Ti suggerisco di abbandonare qualsiasi intenzione di diseredare i tuoi figli, perché altrimenti mi adopererò per condurti in Tribunale, facendoti causa a nome di loro. Durante l'arringa alla giuria farò uso molto liberamente di certe informazioni riguardanti l'aurum Tolosanum, nonché del luogo in cui si trovano le ingenti somme di denaro, che hai prelevato da Smirne e investito in banche, proprietà e pratiche di commercio non propriamente conformi all'attività senatoria, in tutta l'area occidentale del Mediterraneo. Fra i testimoni che mi troverei obbligato a convocare ci sarebbero alcuni medici, fra i più prestigiosi di Roma, i quali, concordemente, testimonierebbero della natura delle percosse inflitte a mia sorella, che sono potenziali cause di menomazione!
Quanto alla dote e a tutte le spese, tientiti pure il denaro, non voglio sporcarmi le mani con esso!
Infine, la questione del mio anello: la sua posizione fra i cimeli della famiglia LIvia è un fatto di così pubblico dominiio che sarebbe cosa saggia se desistessi dall'iidea di rivendicarne il possesso!"

Dopo si recò nel giardino e chiamò Servilia, quella bambina seriosa e vendicativa come suo padre (dalla testa ai piedi), lei sì che si sarebbe meritata di essere ripudiata!
"Devo comunicarti che tuo padre ha divorziato" - Bene, farò i bagagli e andrò da lui subito! -
"No Servilia, Lui non ti vuole!"
La bambina divenne così pallida che sembrava dovesse svenire, ma durò poco e riuscì addirittura a rispondere: - Non ti credo, il mio tata non lo farebbe mai! -
"Va bene, vai da lui e accertatene." E poco dopo Servilia dovette ritornare, conoscendo i fatti per come erano.
Druso nella stessa mattina ricevette una visita inaspettata, nella persona di Marco Porcio Catone Saloniano.
"Cepione e Lucio Marzio Filippo (presumo come testimone) sono venuti pochi minuti or sono a informarmi che Livia Drusa è stata ripudiata, adducendo, come motivazione, l'adulterio con me e l'à detto di fronte a mia moglie, che è ritornata dal padre."
Druso gli spiegò che la situazione era anche peggio di quel che sapeva e dovette faticare non poco per calmarlo e impedire che Catone andasse a tentare di uccidere colui che era stato suo cognato e amico! Dipoi condusse Catone dalla sorella e bastò uno sguardo fra i due per capire l'amore che li legava e provò tanta pena per loro.
Alla sera Druso ricevette un'altra visita inaspettata, quella dello zio Rufo Rutilio e di fronte a quell'uomo intelligente e arguto come pochi e che gli portave tutte le voci del popolo romano, non riuscì a trattenersi dal piangere dalle risa. :)


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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