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lemond
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I giorni della gloria LXXXIII

L'assemblea della Plebe aveva eletto i nuovi Tribuni e ognuno di loro era un oppositore di Silla e fra questi, niente meno che Quinto Sertorio, al quale Lucio Cornelio aveva inutilmente consigliato di non presentare la candidatura. Queste elezioni fecero capire al console uscente che doveva assicurarsi l'elezione di magistrati curuli estremamente conservatori e convinti assertori delle leges Corneliae appena emanate. Per i questori, nulla quaestio, mentre per il consolato doveva essere eletto il nipote Lucio Nonio, che era nelle tasche dello zio, ma purtroppo era un tipo insulso. Due altri candidati erano bene accetti: il vecchio legato di Strabone, Gneo Ottavio Ruso e Publio Servilio Vatia, un Servilio plebeo, con un formidabile curriculum militare.
Tuttavia c'era un candidato che dava parecchie preoccupazioni: Lucio Cornelio Cinna. Era un patrizio della stessa gens di Silla, sposato a una Annia, aveva un splendido curriculum militare e ben noto come oratore, ma era legato a Mario.
Oltre alle elezioni le angustie di Silla derivavano anche dall'esercito, che pareva stanco di occupare Roma e voleva andare invece a combattere Mitridate nel Ponto.
Se Silla fosse stato disposto a spendere molto denaro, si sarebbe facilmente potutto comprare l'elezione di entrambi i consoli, ma lui non avrebbe acconsentito a separarsi dal piccolo gruzzolo d'oro per niente e per nessuno! Se Pompeo Rufo fosse stato ancora vivo, Silla avrebbe messo le mani sul patrimonio di quel ricco piceno, ma non ci aveva pensato quando aveva spedito il console giovane a nord verso la morte!
Si arrivò alle elezioni e solo allora Silla si rese conto della portata del rancore che i romani nutrivano nei suoi confronti e se Gneo Ottavio Rufo fu eletto console anziano, il secondo in carica era Cinna e fra i pretori non c'era nessuno fra i seguaci di Silla. Ma fu l'elezione dei tribuni militum che doveva preoccuparlo di più: tutti uomini pronti a mettere "sotto i piedi" i loro generali, ognuno di loro pensava Silla, è un potenziale Saturnino e chi volesse comandarli e marciare su Roma, avrebbe come risposta quello che Mario il Giovane aveva riservato al console Catone: l'assassinio!


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I giorni della gloria LXXXIV

Silla decise di fare l'epochè sulle elezioni e concentrarsi sulla guerra contro Mitridate, perché solo trionfando sul re e portando a casa l'oro del Ponto, il Popolo romano poteva perdonagli di aver occupato in armi la città; la mossa migliore era di andare in Grecia e preoccuparsi dell'Asia minore più tardi. Ma prima di lasciare Roma, nell'ultimo giorno del suo consolato riuscì a far giurare il Senato sul fatto che avrebbe mantenuto le leges Corneliae.
Ma Cinna non aveva nessuna intenzione di lasciarsi vincolare da un giuramento e sapeva esattamente come fare per renderlo nullo. Chiese a Quinto Sertorio di trovargli una pietra di un certo tipo e sapeva che, se mentre giurava, stringeva fra le dita della mano sinistra, quella piccolo pezzo della madre terra, quel che avesse detto non avrebbe avuto valore di promessa da mantenere! :) Dopo la proclamazione stentorea Cinna si fece vedere da tutti buttar via la pietruzza e così si era procurato centinaia di testimoni attendibili. :diavoletto:
Silla, dopo aver osservato i senatori giurare, lasciò il Campidoglio e si recò da Aurelia piuttosto contento, ma l'umore cambiò non appena vide il volto di lei: "Non dovresti essere qui! :x " E, per essere meglio protetta, chiamò Lucio Decumio! L'ometto arrivò, pure lui con il viso duro come la pietra, anche se Silla era uno dei pochi uomini che incuteva paura al custode del crocevia.
Aurelia vide che fra i due uomini poteva succedere di tutto e, per proteggere Decumio, lo congedò e poi, rivolgendosi all'altro Lucio, spiegò che la colpa, se tale ci fosse stata, non era di Gaio Mario, ma di Sulpicio.
- È un argomento specioso, ribatté Silla, tu non puoi non renderti conto che Sulpicio non avrebbe potuto far nulla, se non fosse stato appoggiato da qualcuno con un potere e influenza ben superiori a lui. Ora Sulpicio è morto, è stato catturato due giorni fa, resta Gaio Mario, ma perché dovrei volerne la morte? Non sono così pazzo da uccidere l'eroe del Popolo, spero solo di averlo spaventato e che si tenga lontano da Roma, almeno finché non sarò in Grecia. Non ho avuto altra scelta, quando Mario ha cercato di strappare a me, console in carica, il comando che mi spettava di diritto e di fatto (perché ero anche il più adatto). -
A quelle parole vide Aurelia piangere e lo cosa lo turbò assai, perché non l'aveva mai vista manifestare così tanto le emozioni e uscì dalla casa camminando eretto e orgoglioso, arricchito e risollevato, perché colei che non piangeva mai, aveva pianto per lui. :violino:


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I giorni della gloria LXXXV

Prima di lasciare Roma il giono dopo le calende di gennaio, Silla convocò Cinna al Foro perché guardasse la picca con in cima la testa di Sulpicio e, preso il Console per un braccio, con una certa rudezza, disse: "Ricordarti bene e sappi che ritornerò vincitore dall'Oriente e, se farai in modo di rovinare, in mia assenza, il lavoro fatto, anche tu vedrai la tua testa su una picca, te lo prometto!"
Lasciato solo, Cinna avrebbe potuto far rimuovere la testa dai rostri, ma decise altrimenti: - Rimarrà qui, che tutta Roma veda fino a che punto è capace di arrivare l'uomo che ha invaso Roma! -
Mentre Silla era a Capua, in attesa di partire per Brindisi e poi per l'Oriente, gli arrivavano di continuo notizie allarmanti, perché i suoi nemici stavano imperando a Roma e allora scrisse a Strabone: "Carissimo Gneo Pompeo, vorresti assumerti il compito di andare a Roma a informare Cinna e i suoi alleati mariani che il mio incarico è legale e che, se cercano di ostacolare la mia partenza, le conseguenze per loro saranno nefaste?"
La risposta arrivò con una velocità straordinaria e consisteva di una sola frase. - Non ti preoccupare, sistemerò tutto! -
Quattro giorni dopo, Silla partì per Brindisi sodisfatto e quando arrivò Lucullo era ancora acquartierato fuori della città e solo nel mese di marzo riuscì a salpare per Corfù con due legioni e 2.000 soldati a cavallo. Silla non poteva che attendere il ritorno delle navi e a maggio non aveva quasi più soldi per pagare le truppe, ma alfine cominciava l'attraversamento dell''Adriatico delle sue restanti tre legioni e un migliaio di muli. :)
A 53 anni si sentiva libera come non mai; stava finalmente andando a una guerra che poteva vincere con onore, contro un autentico nemico straniero: gloria, bottino, battaglie e sangue e Gaio Mario ormai non poteva portargliela via, questa guerra era sua! :clap:


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I giorni della gloria LXXXVI

Ma i nemici di Silla che avevano fatto, durante il periodo in cui lui stava apettando di partire per l'Oriente?
Sulpicio pensava che Silla non avrebbe osato colpire un tribuno o i grandi personaggi che gli si opponevano, ma Mario trovò in sé la forza di ridere: "Osare? Lucio Cornelio oserebbe qualsiasi cosa e l'à già fatto in passato, ma certo, non ci processerà per tradimento, non è tanto pazzo, ci farà portare di nascosto da qualche parte, ci ucciderà e farà sapere in giro che siamo morti combattendo."
E Lucio Decumio aggiunse che lui era capace di uccidere la propria madre, non è come tutti gli altri uomini. Io resterò, perché ho la fortuna di essere nessuno, devo proteggere Aurelia e Cesare il giovane e terrò d'occhio anche Iulia.
Potremo tornare a Roma, disse Mario, quando sarà troppo impegnate con la guerra da non potersi interessare a ciò che accade in Patria.
E fu così che Mario con i figlio fuggì da Roma in sella a cavalli presi in affitto, a differenza di Sulpicio che aveva preferito andare in barca alla ricerca di un porto dell'Etruria, lui scelse di ragggiungere Ostia, molto più vicina, e da lì riparare in fretta la Sicilia. A Ostia si separò dal figlio e disse che lui doveva andare a Ischia, andando per terra il più vicino possibile all'isola, mentre lui si imbarcava per la Sicilia, perché non poteva cavalcare molto.
Gaio Mario salpò da Ostia a mezzanotte e all'inizio i venti sembravano favorevoli, ma poi cambiarono e allora, non potendo pensare più alla Tinacria, sborsò altro oro affinché si togliessero le vele e, a forza di remi o quasi, si potesse raggiungere la vicina Ischia.


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Re: Storia

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I giorni della gloria LXXXVII

Sedici giorni dopo aver lasciato Ostia, la nave di Publio Murcio si arrese alla battaglia impari contro gli elementi e cercò riparo al Circeo, cinquanta miglia a sud di Ostia; Mario dovette sbarcare e per non essere catturato facilmente, la lancia depositò il Grand'uomo qualche chilometro a sud e il capitano attese finché uno schiavo non ritornò con un cavallo e del cibo. Prima di lasciarsi Murcio informò Mario di ciò che quest'ultimo non sapeva ancora: le Centurie lo avevano condannato a morte perduellio! Questa notizia lo fece trasecolare, non si sarebbe mai aspettato che Silla avesse osato tanto! Ma tant'era e l'unica cosa da fare era raggiungere per via di terra Minturno, evitando Terracina, che sapeva essere la meta del figlio.
Gli ci vollere quattro giorni per raggiungere il molo e subito entrò in una piccola taverna e disse con voce tonante: "Sono Gaio Mario, condannato a morte per alto tradimento; sono stanco più di quanto lo sia mai stato in vita mia e ho bisogno di un po' di vino,"
C'erano solo sei o sette uomini nella taverna, ma tutti si alzarono per toccarlo, increduli.
Mentre si stava rifocillando, raccontò la storia dell'invasione di Silla e di essere dovuto fuggire. Gli ascoltatori avrebbero dovuto ucciderlo essi stessi o partarlo alla magistratura locale per far eseguire la sentenza, ma invece lo aiutarono a salire una scala malconcia, per mettersi a letto.
Quando la mattina scese, trovò la taverna colma di gente e tutti decisi a non consegnarlo. Uno di essi si fece avanti e si presentò: - Sono Aulo Beleo, mercante di Minturno, posseggo alcune navi, dimmi di che cosa hai bisogno e lo avrai. -
Un'ora più tardi Mario fu trasportato con una barca su una tozza nave adibita a trasporto di grano, molto più abituata ai venti contrari e al mare in burrasca del piccolo vascello da cabotaggio di Publio Murcio.
Mentra salutava Beleo, che era sulla banchina, Mario fu visto dalla banda comprata da Sesto Lucilio, che lo stava cercando per tutta l'Italia e aveva avuto notizia che il Grand'uomo si trovava a Minturno. Subito il capo della banda urlò al capitano della nave che stava sottraendo un fuggiasco alla giustizia di Roma!
Il capitano faceva "orecchi da mercante", ma Mario, avendo visto che quei farabutti avevano preso Beleo "in custodia" non volle in nessun modo correre il rischio di farlo uccidere al posto suo e intimò al capitano di farlo scendere e così fu, in una zona di paludi costiere. Gli uomini a cavallo videro la lancia con Mario a bordo e la seguirono, perdendola di vista solo quando scomparve dietro le canne e i giunchi dei banchi fangosi del Liri. Alla fine, gli scagnozzi di Sesto Lucilio lo presero, proprio quando stava per affogare nel fango (in qualche modo per il momento gli avevano salvato la vita). :)
A metà pomeriggio la banda entrò a cavallo nel Foro, seguita da quasi tutta la città, ma una rabbia sorda stava crescendo nelle menti dei cittadini: di sicuro Mario non poteva aver commesso alto tradimento!
Il capo della banda pretese di portarsi via la testa di Mario, lasciando il corpo a Minturno e questo fece indignare il duunviro anziano che si rifiutò di eseguire simile procedura e pretese che questi cavalleggeri mostrassero un documento con il quale si dimostrasse che erano stati preposti alla cattura di Mario.
L'altro rispose che sarebbe tornato a Roma a prendere tutte le prove che erano chieste e fra tre giorni le avrebbe consegnate al duunviro e sarà meglio che per quel giorno Gaio Mario sia morto, altrimenti tutta la città dovrà risponderne al Senatus P.q.R.
Prima che la banda se ne andasse, intervenne Mario che riuscì a gridare con voce roca: "Roma non ha una cavalleria per dare la caccia a uomini condannati, ergo voi siete stati assoldati da un privato, chi è costui?"
- Sesto Lucilio - rispose il capo.
"Grazie, me lo ricorderò."
Dopo di che Mario fu scortato in prigione, mentre la folla restava a parlare in vari gruppi e Aulo Beleo cominciò a spostarsi da un gruppo all'altro.


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Qui Mario si rivela un grand' uomo. In seguito, in preda ad una sete insaziabile di vendetta, si macchierà di gravi colpe che graveranno nel giudizio degli storici su di lui. Ma Mario mi sembra un unicum nella pur variegata storia romana. È il solo che partendo da una posizione completamente svantaggiata, né nobile, né romano, raggiunge posizioni di eccellenza. Non è un nobile decaduto come Silla animato da una potentissima sete di rivalsa, non è un raccomandato e baciato dalla sorte come il ricco Pompeo, né un predestinato come Cesare. È il cosiddetto self made man, modernizza l' esercito, tenta di arginare lo strapotere degli ottimati, il tutto con una capacità unica di capire uomini e situazioni, sbaglia solo una volta: sottovaluta Silla. E gli è fatale.


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Gimbatbu ha scritto: martedì 21 giugno 2022, 21:51 Qui Mario si rivela un grand' uomo. In seguito, in preda ad una sete insaziabile di vendetta, si macchierà di gravi colpe che graveranno nel giudizio degli storici su di lui. Ma Mario mi sembra un unicum nella pur variegata storia romana. È il solo che partendo da una posizione completamente svantaggiata, né nobile, né romano, raggiunge posizioni di eccellenza. Non è un nobile decaduto come Silla animato da una potentissima sete di rivalsa, non è un raccomandato e baciato dalla sorte come il ricco Pompeo, né un predestinato come Cesare. È il cosiddetto self made man, modernizza l' esercito, tenta di arginare lo strapotere degli ottimati, il tutto con una capacità unica di capire uomini e situazioni, sbaglia solo una volta: sottovaluta Silla. E gli è fatale.
Tutto giusto, tranne che romano lo era, di Arpino, come Cicerone e homines novi entrambi. Anche Pompeo Strabone, padre del Magnus era simile, avendo avuto un console nella gens per sbaglio e anche loro erano periferici, il Picenovaleva Arpino.
Poi è vero che Mario si macchierà di crimini orrendi, ma ciò fu dovuto all'incapacità psichica derivante dagli ictus.
Già che sono a scrivere, vorrei dare un consiglio a chi ama imparare: il canale raiscuola, molto ben fatto, specie nei settori filosofia (M. Ferraris), storia (A. Barbero), Scienze (Pievani, Rovelli etc.) e nella rubrica Maestri (bravissimo il conduttore). Però c'è anche, per così dire, il marcio, vale a dire una prof, di cui non rammento il nome, analizzando, forse per la letteratura, gli eroi e gli antieroi, partendo dai greci ha messo ovviamente Achille e Tersite, ma a Roma come eroe tipico e grande ha citato (udite! udite!) il peggior figuro che la storia romana abbia conosciuto, non dico il nome, per non togliere nulla a chi vuol continuare a leggere i romanzi, ma, fate conto, il Buttiglione della politica italiana, rammentate quando andò alla Commissione europea per essere interrogato sui suoi principii? :muro:


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Sì è vero era cittadino romano, diciamo che rappresentava un po' la diatriba tra romanisti e laziali con i primi che reputano i secondi "burini" e quelli che replicano dicendo che sono nati prima. Forse un epigono di Mario poteva essere Quinto Sertorio, tra l' altro suo parente e luogotenente. Era un eccellente soldato che nella guerra civile susseguente si trovò nella parte perdente e creò un piccolo stato più o meno nell' attuale Portogallo. Sconfisse tutti i legati che Silla gli inviò contro finché il Senato decise di farla finita inviando un esercito al comando di Metello Pio e del giovane ambizioso Pompeo. Sertorio tenne a lungo in scacco ambedue e soltanto il tradimento di uno dei suoi fu la causa della sua fine. Sarebbe stato idealmente a fianco dei grandi condottieri romani.


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Gimbatbu ha scritto: mercoledì 22 giugno 2022, 9:47 Sì è vero era cittadino romano, diciamo che rappresentava un po' la diatriba tra romanisti e laziali con i primi che reputano i secondi "burini" e quelli che replicano dicendo che sono nati prima. Forse un epigono di Mario poteva essere Quinto Sertorio, tra l' altro suo parente e luogotenente. Era un eccellente soldato che nella guerra civile susseguente si trovò nella parte perdente e creò un piccolo stato più o meno nell' attuale Portogallo. Sconfisse tutti i legati che Silla gli inviò contro finché il Senato decise di farla finita inviando un esercito al comando di Metello Pio e del giovane ambizioso Pompeo. Sertorio tenne a lungo in scacco ambedue e soltanto il tradimento di uno dei suoi fu la causa della sua fine. Sarebbe stato idealmente a fianco dei grandi condottieri romani.
Tutto vero, ma tu ti stai portando avanti con gli studi, come quello scolaro russo che nel 1950 interrogato su Stalin a differenza degli altri compagni, disse peste e corna del dittatore e, appunto, il maestro lo giustificò dicendo ... :D


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lemond ha scritto: mercoledì 22 giugno 2022, 11:03
Gimbatbu ha scritto: mercoledì 22 giugno 2022, 9:47 Sì è vero era cittadino romano, diciamo che rappresentava un po' la diatriba tra romanisti e laziali con i primi che reputano i secondi "burini" e quelli che replicano dicendo che sono nati prima. Forse un epigono di Mario poteva essere Quinto Sertorio, tra l' altro suo parente e luogotenente. Era un eccellente soldato che nella guerra civile susseguente si trovò nella parte perdente e creò un piccolo stato più o meno nell' attuale Portogallo. Sconfisse tutti i legati che Silla gli inviò contro finché il Senato decise di farla finita inviando un esercito al comando di Metello Pio e del giovane ambizioso Pompeo. Sertorio tenne a lungo in scacco ambedue e soltanto il tradimento di uno dei suoi fu la causa della sua fine. Sarebbe stato idealmente a fianco dei grandi condottieri romani.
Tutto vero, ma tu ti stai portando avanti con gli studi, come quello scolaro russo che nel 1950 interrogato su Stalin a differenza degli altri compagni, disse peste e corna del dittatore e, appunto, il maestro lo giustificò dicendo ... :D
:crazy: :crazy: colpa tua, mi appassiono e anticipo!


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I giorni della gloria LXXXVIII

Minturno possedeva alcuni schiavi pubblici e fra questi il tuttofare Burgundo, un gigante molto obbediente, perché non era per niente offoscato dalla genialità dell'intelletto. :D Costui fu mandato a chiamare, affinché si occupasse dell'esecuzione di Gaio Mario, il tutto doveva essere fatto in sordina, all'insaputa della folla.
Il primo duunviro gli disse: "Lo strangolerai, è un traditore condannato a morte!"
Burgundo rimase stupito, interdetto e non trovava per niente piacevole il dover fare anche il boia. In ogni modo entrò nella prigione e vide una forma umana che, subito si alzò in piedi e affrontò il presunto carnefice.
"Che cosa vuoi? domandò il prigioniero con voce alta e imperiosa.
- Mi è stato detto di strangolarti. - rispose semplicemente Burgundo.
"Sei un germano, ma di quale tribù?"
- Provengo dai Cimbri, domine. -
"Cosa, uno schiavo e uno della tribù che ho annientato, per di più, pensa di uccidere Gaio Mario? Vattene!"
Piangendo, Burgundo corse via gridando - non posso uccidere Gaio Mario, non posso ... -
Aulo beleo arrivò a grandi passi dall'altra parte della piazza e prese con gentilezza le mani del gigante: "Tranquillo Burgundo, non dovrai farlo e nessuno ucciderà Gaio Mario, anzi, renditi utile in senso contrario, va' da Marco Furio e prendi il vino e la veste che ti darà, offrili a Mario, poi conducilo nella mia casa e aspettami con lui."
Poi si rivolse alla folla e ai duunviri che stavano arrivando nel Foro: - Minturno non può mettere a morte Gaio Mario! (La folla urlò il pieno appoggio), Non può rendersi còmplice di un atto efferato nei confronti di chi è stato sei volte console e salvato l'Italia dai Germani, quando tutti gli altri avevano fallito! -
E fu così che Mario dopo poche ore, rifocillato e ben vestito, salpò dal porto insieme a Burgundo, come schiavo personale, non sensa prima aver tranquillato Beleo sulla pericolosità del ritorno della banda.
"Conosco chi li ha assoldati, un uomo senza nessuna autorità e influenza, che cerca solo di farsi una reputazione. All'inizio avevo sospettato di Silla e allora sarebbe stato un affare molto più serio, meno male che così non è." :)


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I giorni della gloria LXXXIX

Da quel momento Mario non fu più in pericolo, anche se le peregrinazioni furono lunghe e spossanti, prima di raggiungere Ischia, dove si riunirono i molti fuggitivi, che attesero invano l'arrivo di Publio Sulpicio! :x Dopo otto giorni capirono, con dolore, che non sarebbe mai arrivato e salparono verso la Sicilia. Mario aveva sperato di non andare oltre l'isola dai tre promontorii, perché se anche il fisico pareva reggerlo sentiva dentro di sé qualcosa di oscuro che lo rodeva!
Il governatore della Sicilia era Gaio Norbano, cliente di Mario, ma non poteva dargli nessun aiuto, anzi lo doveva pregare di abbandonare l'isola e lo consigliò di uscire dal territorio romano e, per farti meglio capire, gli comunicò che la testa di Sulpicio era stata affissa sui rostri dallo stesso Cornelio Silla!
Anche nella provincia d'Africa gli fu rifiutato il permesso di entrare e pure il re di Numidia ebbe diverse incertezze prima di decidere di farlo sbarcare a Icosium, un posto periferico del regno.
Iempsale trascorreva molte ore con Mario, a parlare dei vecchi tempi e la cosa gli risultava piacevole, però non accettò di buon grado il sapere che Mario il giovane aveva rapporti notturni con una delle sue mogli: Salambo e l'unica cosa che poté fare fu di pregare Mario di andarsene.
"Sciocco di un ragazzo! Con tutte le donne disponibili, proprio con la moglie del re e quella poveretta ha dovuto dire addio alla testa, per colpa tua!"
Lasciarono Icosium, veleggiando lungo la costa nordafricana fino all'isola di Cercina, nella Piccola Sirte, dove erano stanziati alcune migliaia di veterani mariani, i quali li accolsero a braccia aperte.
Le cose sembravano andar bene, ma Mario il giovane si stava accorgendo ogni giorno di più che la personalità del padre andava sgretolandosi e secondo lui il settimo consolato sarebbe stato un sogno, o, peggio ancora, se si fosse rtealizzato, un incubo!
A Roma i rapporti fra i consoli erano turbolenti, per non dire di peggio e fino a quintilis nessuno dei due aveva fatto qualche passo in avanti per battere l'avversario. Nel mese di sextilis Cinna decise di andare da Pompeo Strabone per chiedergli "quasi" il permesso di poter effettuare modifiche alle leggi silliane.
- Fai quel che vuoi, rispose Strabone con l'aria indifferente, purché tu mi lasci in pace nel Piceno! Però sappi che quando ritornerà l'altro Lucio Cornelio tu non durerai più a lungo di un fiocco di neve nel fuoco! -
"Forse l'altro Lucio Conelio non ritornerà!?"
- Non contarci, Cinna! -
E il console ritornò a Roma con pensieri contrastanti.


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Re: Storia

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I giorni della gloria XC

All'inizio di settembre si tennero a Roma i giochi più importanti dell'anno: i ludi Romani e in quell'occasione, con tanti italici presenti, Cinna decise di agire.
"Promettiamo che, se le nostre leggi atte a ridare lustro al nostro sistema di governo e a distribuire equamente i nuovi cittadini italici, saranno approvate dai Comitia Centuriata, emetteremo una legge che sancirà la cancellazione di tutti i debiti. Le promesse di Sulpicio erano sospette, perché egli promulgava leggi a favore di creditori nei confronti del Senato, ma noi non abbiamo questo svantaggio e saremo creduti."
La posizione della maggioranza dei romani era così disperata, anche nella prima classe, che l'opinione generale si volse a favore di Cinna.
- Siamo nei guai, disse il console anziano Gneo Ottavio Rufo ad Antonio Oratore e ai fratelli Catulo Cesare, dobbiamo riconoscere che ha avuto l'accortezza di non convocare la Plebe per imporre i suoi provvedimenti! E se riesce a farli approvare nelle Centuriae, saranno legali addirittura secondo le leges Corneliae. Beh, io so che cosa fare, ma non lo dirò a nessuno, nemmeno a voi! -
Gli altri si guardarono esterrefatti e ciascuno pensò che la cosa più saggia fosse trascorrere i prossimi giorni fuori Roma!
Sicuro di sé, Cinna procedette a fissare la data della contio nei Comitia centuriata e il sesto giorno prima delle Idi di settembre, circa 20.000 romani si presentarono in Campo Marzio e fra tanta folla, nessuno trovò qualcosa di strano nell'improvviso arrivo di un massiccio drappello di uomini: erano togati, tranquilli e sembravano membri della Terza o Quarta Classe; in realtà era un esercito di 1.000 veterani di Strabone e appena si udì un fischio stridente, i soldati gettarono le toghe e cominciarono a mulinare le spade: migliaia di uomini, di lì a poco, furono falciati.
Cinna e i sei tribuni della Plebe riuscirono a salvarsi, con grande ira di Ottavio, ma anche gli uomini che si facevano assoldare per assassinare vittime indifese avevano un loro codice e poi giudicavano troppo pericoloso uccidere magistrati in carica. :x
Quinto Lutazio Catulo e suo fratello Lucio Giulio quel giorno erano a Lanuvium e, dopo aver saputo del massacro, che tutta Roma già chiamava "il giorno di Ottavio" si affrettarono a tornare nell'Urbe, per affrontare il console anziano.
Ma costui ebbe buon gioco a risposndere che loro avevano dato il tacito assenso all'azione e che quindi potevano smetter di piagnucolare e poi il denaro per i soldati, aggiunse glieli aveva dato il loro sodale Marco Antonio Oratore.
Catulo potè solo rispondere di sentirsi come Pandora e ammonì l'altro a non credere di poter destituire Cinna, perché un console non puoi mai decadere prima della scadenza del mandato!
Gneo Ottavio, però appariva compiaciuto: "Ora che ho scoperto il segreto del successo, Quinto Lutazio, posso fare ciò che voglio e vi avverto che domani c'è una riunione del Senato, vi consiglio di partecipare." :diavoletto:


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I giorni della gloria XCI

All'alba che seguì quella i cui i fratelli Cesare erano tornati a Roma, il Senato, come aveva detto il console, si riunì. I senatori indugiavano nel porticato della Curia Hostilia, disseminati in gruppetti e si chiedevano come "il giorno di Ottavio" potesse essere affrontato nel dibattito?
Uno strillo acuto fece girare le teste e tutti gli occhi si inchiodarono su Publio Cornelio Colleolo, che era sulla punta dei piedi e con la schiuma che gli colava dalle labbra contorte, mentre, emetteva di continuo la stessa parola: Cinna! Cinna! ...
Poi, il linguaggio si fece più articolato: "Se Cinna e sei dei suoi tribuni non saranno mandati in esilio, Roma cadrà", urlò e poi cadde svenuto.
Ottavio, che aveva pagato Colleolo per interpretare quella scena, cercò in tutti i modi di focalizzare l'attenzione del Senato sul modo straordinario in cui il notorio veggente era stato posseduto e su quanto aveva gridato. (nota mia, gli imbrogli dei cristiani non sono stati i primi nella storia! :muro: )
Ma Scevola, Pontefice massimo, non si era fatto abbindolare, Ottavio glielo lesse negli occhi e quindi cercò un testimone più credulone, ovvero il flamen Dialis, Merula. E questi raccontò un prodigio che confermava, secondo lui, la "profezia" di Colleolo.
Al che Ottavio annunciò la destituzione di Cinna e dei suoi sei tribuni; nessuno fece obiezione!
Il Pontefice massimo si alzò in piedi per dire che la costituzione romana non prevedeva la destituzione di un console, ma, visti i "prodigi", la religione poteva intervenire e dichiarare nefas Cinna. Questo non lo privava della carica, ma gli averebbe impedito di svolgere le funzioni e lo stesso per i tribuni.
"Propongo altresì di nominare Lucio Cornelio Merula, flame dialis, anche console supplente, non perché prenda il posto di Cinna, ma affinché si renda custode della carica. In questo modo il console anziano non governerà da solo e questo in base al mos maiorum che ci dice: mai un console deve essere solo!"
Il Senato approvò tutto e così anche l'assemblea del popolo; Gneo Ottavio si dichiarò sodisfatto, anche se non fece nulla per proteggere Roma dai fuggitivi dichiarati nefas; la verità era che dava per scontato che Cinna e i suoi sarebbero andati il più velocemente possibile a unirsi a Gaio Mario.
Ma Cinna non aveva nessuna intenzione di lasciare l'Italia e, insieme agli altri, decise che sarebbe partito per Nola insieme a Quinto Sertorio e Marco Gratidiano: c'èra una legione, costretta a sopportare un comandante che gli uomini detestavano, Appio Claudio Pulcher.
- Gli toglierrò il comando e seguirò l'esempio dell'altro Lucio Cornelio, guidandola su Roma! Voi invece dovete andare nei territori italici e trovare sostegno ovunque sia possibile. -
Fu molto facile avere l'appoggio degli italici, così come destituire Pulcher, ma il grande colpo di fortuna di Cinna fu avere con sé Quinto Sertorio: militare decorato con la Corona d'Erba in Spagna e un'altra decina di corone minori nelle campagne condotte contro i Numidi e i Germani. Gli uomini della legione di Nola lo conoscevano bene e provavano per lui un grande affetto. ;)
L'esercito di Cinna contava, dopo pochi giorni, 20.000 uomini e passata Capua, i quattro tribuni che si erano recati fra gli italici portarono altri 10.000 soldati.
A tutto ciò si aggiunse la notizia che Gaio Mario era sbarcato a Talamone (costa dell'Etruria), vicino alle sue vaste proprietà terriere e Cinna spedì subito il cugno Sertorio a incontrare il Grand'uomo. I due si trovarono a Fregene e subito dopo avergli parlato, Sertorio si precipitò da Cinna.
- Lucio, te ne prego, scrivi a Mario e ordinagli di congedare i suoi uomini e di comportarsi da privato, quale egli è! -
"Che cosa è mai successo?"
- È vecchio e incollerito, la mente ha ceduto, sembra proprio impazzito! Non è che sragioni o che non sappia comandare le truppe, ma lo conosco da quando avevo 17 anni e questo di ora non è il Gaio Mario, gloria di Roma! E Mario il giovane ti invia lo stesso messaggio, di non dare a suo padre alcun tipo di autorità, altrimenti la cosa si rivolterà contro di te! -
Ma Cinna pensò di aver bisogno di Mario e che sarebbe riuscito a controllarlo e non dette ascolto a Quinto Sertorio e Mario il giovane. :grr:


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I giorni della gloria XCII

Dopo aver ricevuto da Mario l'assicurazione che si sarebbe occupato di Ostia e poi avrebbe risalito il Tevere, Cinna lasciò Labicum con tre legioni, di 10.000 uomi ciascuna, attendendo che Strabone facesse la prima mossa, ma era ancora in attesa quando ebbe notizia che Ostia aveva aperto le porte a Gaio Mario e accolto come un liberatore, ma costui, come aveva previsto Sartorio, si comportò da conquistatore e l'esercito, composto da schiavi e liberti, sacccheggiò la città! :muro:
Intanto, con l'arrivo di Pompo Strabone, si era diffusa una pestilenza a Roma, oltre che fra le sue truppe: febbre enteriche, ma il Pompeo non aveva nessuna voglia di ingaggiare battaglia e suggerì di far venire Metello Pio (il Porcellino) da Isernia con le due legioni, dopo aver concordato una pace con Gaio Papio Mutilo, capo dei Sanniti. Ma il Porcellino non era certo un bravo mediatore e informò i consoli che non ci sarebbe stata nessuna pace e che quindi doveva restare sul posto.
Poi, però, cedette alle pressioni di Catulo Cesare e Mamerco e si avviò verso Roma, lasciando Marco Plauzio Silvano all'assedio.
Non appena i Sanniti si accorsero di ciò, si riversarono fuori da Isernia e travolsero le truppe rimaste, dopo di che si sparsero per tutto il Sannio, quasi fino a Capua e infine andarono a offrire i loro servigi a Gaio Mario.
Ottavio, Merula e il resto del governo, sedicente vero, di Roma vedeva la posizione peggiorare di ora in ora, tanto più che Appio Claudio, il generale più importante e comandante delle legioni d'Isernia, si incontrò segretamente con Gaio Mario e gli consentì di penetrare attraverso la palizzata e gli sbarramenti difensivi della fortezza del Gianicolo e se la cittadella non cadde fu per la scarsa disciplina degli schiavi di Mario, che alla fine dovette ritirarsi.
Appio Claudio cambiò di nuovo schiaramente, ritornando allo "statu quo ante". :)


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I giorni della gloria XCIII

Se il Gianicolo era salvo, il difensore era invece costretto a letto, perché febbre e dissenteria l'avevano colpito verso la fine della battaglia e, quattro giorni dopo, morì.
Il figlio e l'amico Cicerone furono abbastanza astuti da capire che le esequie dovevano essere il più possibile dimesse, perché si era a Roma e non nel Piceno e non molti avevano visto di buon occhio Strabone.
Cicerone consigliò l'amico di restare a casa sua, ma Gneo Pompeo rifiutò, rispondendo che voleva tornarsene nelle terre avite e aggiunse che l'esercito di suo padre, poteva tenerselo Roma.
Subito dopo i due tornarono alla villa dove si trovava il cadavere, ma non c'era più! E in quel luogo non si vedeva nessun servitore, era deserto! Pieni di costernazione uscirono dalla villa e trovarono Bruto Damasippo che li informò che il cadavere di Strabone era stato caricato su un asino e portato in giro per la città!
Gneo chiese a Bruto di andare a cercare due coorti di soldati e con esse ...
Tre ore più tardi i soldati trovarono il loro defunto generale fuori del tempio della dea Salus, perché secondo il popolo Strabone aveva portato loro febbre e dissenteria, inquinando le acque con le truppe!
Dall'altro lato del conflitto Cinna dovette dare ragione a Sartorio su Gaio Mario: questo non è più l'uomo onesto e perspicace di un tempo, ormai si è ridotto a una larva che cerca solo sangue, vendetta e gloria effimera! Si è circondato dei legati peggiori che Roma abbia visto e la sua legione è solo un'accozzaglia di brutti figuri che lui vuole usare solo per i propri interessi e non per il bene di Roma!
Sertorio rispose che Mario voleva un bagno di sangue e "credo che nessuno ormai possa fermarlo, pertanto io andrò al Campo Marzio , con i miei uomini appoggerò solo il console eletto, ma nessuna fazione condotta da Gaio Mario."
Il giorno dopo Mario levò le tende, per evitare il contagio e portò le truppe in campagna.
Si era alla fine di novembre, l'epidemia aveva prodotto oltre 18.000 vittime, molte delle quali fra le legioni di Strabone e i granai di Roma erano vuoti: ciascun contendente si rese conto che si doveva negoziare qualcosa, per poter uscire da quella specie di stallo! :muro:


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I giorni della gloria XCIV

Per il partito degli Ottimati (di Silla, etc.) il capo era Metello Pio (il Porcellino) e con lui c'erano i fratelli Cesare e Publio Crasso Oratore. Ad attenderli al secondo ponte c'erano Cinna e Mario.
"Salute a te, Lucio Cinna" - disse il Porcellino.
- Ti rivolgi a me come console in carica o come a un privato cittadino? - Ma subito intervenne Mario, ringhiando in direzione del figlio di Metello Pio (del Porcile). "Scamorza! Idiota! Smidollato!"
Il Porcellino, trascurò Mario e rispose a Cinna che lo riconosceva come console.
Allora, Catulo Cesare lo bollò di traditore! (Gli ottimati non erano, evidentemente, molto d'accordo! :) Anche Ottavio si dichiarò del parere di Catulo, quando fu avvisato, perché Cinna era stato dichiarato nefas!
Il flame dialis, saputo dellaa cosa, quando vide i contendenti Metello Pio e Ottavio, li affrontò con tutta la dignità di cui era capace e dichiarò loro che abbandonava la carica di console supplente: - Non si addice al sacerdote di Iuppiter essere un magistrato curule! -
Alla fine Ottavio e Catulo si convinsero che Metello aveva ragione e trattare con Cinna (senza Gaio Mario) era l'unica soluzione possibile, se si voleva evitare il proseguimento della guerra civile!
Cinna ricevette Metello e Catulo con cortesia e li rassicurò che Gaio Mario era un privato e sarebbe stato presente solo come osservatore, senza diritto di parola e la condizione "in primis" che poneva era di poter rientrare in città come console, senza che poi in futuro ci fossero ritorsioni!
"Non ve ne saranno." Replicò Quinto Cecilio.
In secundis c'era la questione degli schiavi, che avevano combattuto per lui e che avevano diritto alla cittadinanza, ma, a essa il Porcellino si oppose fermamente! A questo proposito, Catulo Cesare chiese di poter parlare in privato con Metello e riuscì a convincerlo che doveva accettare, perché gli schiavi che avevano appoggiato Cinna erano pochi, i più stavano con Mario e per loro non ci sarebbe stata cittadinanza.
Dopo di che, fu la volta di Metello a porre una condizione di base e cioè che non ci sarebbe dovuto essere nessun spargimento di sangue: "Basta con le spade!"
- Farò tutto il possibile, disse Cinna, per vigilare affinché non si abbiano processi per tradimento, spargimenti di sangue o confische di proprietà. -
"Vorresti dire che non sei sicuro, come console, di controllare la tua stessa fazione?"
Sono in grado, ma non giurerò e si alzò in piedi per significare che l'incontro era terminato.
Quando Mario rimase solo con Cinna gli disse che lui poteva rientrare, come console, quando voleva a Roma, ma lui avrebbe aspettato, con il suo esercito (non di Cinna) che fossero revocate le condanne, altrimenti non avrebbe avuto nessuna garanzia, che, una volta in città, la sentenza contro di lui non fosse eseguita! Invece aspetterò qui, fino alle calende di gennaio e allora sarò console insieme a te.
- Ma io non posso essere console due volte di seguito! -
"Scemenze! Certo che puoi, e ora vai!" E a Cinna non rimase altro che andare a cercare Sertorio :x ...


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Re: Storia

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I giorni della gloria XCV

Cinna si recò a trovare Sertorio e Carbone per riferire le parole di Mario, disperato dal fatto che l'esercito era in mano non del console eletto, ma di colui che un tempo era stato un Grand'Uomo. :x
Sertorio rispose che aveva due legioni e, se per il momento, non si poteva far molto con quelle - lasciamo che si prenda il suo prezioso settimo consolato e dopo ... Ripensandoci, siamo tutti contagiati dalla malattia di Mario, più piccoli, malvagi e meschini, ma per me Roma è ancora sovrana, anche se, grazie a Silla, i romani stanno maturando l'idea che possono essere loro stessi sovrani di Roma! - :muro:
La fazione di Metello Pio decise di abbandonare Roma all'arrivo di Cinna e il console anziano Ottavio disse che sarebbe salito su un palco della guarnigione del Gianicolo e, se i nemici decideranno di versare il mio sangue, esso non contaminerà l'aria o le pietre di Roma!
Mal gliene incolse, perché non appena Gaio Marzio Censorino seppe dove si trovava, radunò un drappello di soldati e, all'insaputa di tutti i sodali, si fece giustizia da solo, per vendicare il "Giorno di Ottavio!"
Quando la testa del console anziano fu portata a Cinna, che non sapeva nulla, la prima reazione fu di orrore, poi si riprese e dovette farla attaccare ai rostri, spergiurando al contempo che quello sarebbe rimasto l'unico atto di violenza che sarebbe stato tollerato.
"Lucio Cornelio Silla ha inaugurato la tradizione con la testa del mio amico Publio Sulpicio. In qualche modo si può dire che il Giorno di Ottavio" e le nefandezze di Silla siano state vendicate, ma dobbiamo fermarci qui!" E subito dopo proclamò che le Centuriae dovevano riunirsi per eleggere i magistrati curuli.
Un triste consesso, di non più di seicento uomini, elesse i consoli, vale a dire gli unici due candidati e Cinna si prese una piccola sodisfazione, essendo stato eletto console anziano, lasciando a Mario il ruolo di console giovane. Ma per costui l'importante era la settima volta, come voleva la profezia.
Gaio Mario lasciò liberi i suoi uomini e tenne per sé solo la guardia del corpo, composta da 5.000 schiavi e liberti, mentre Sertorio rimase sul Campo marzio con una sola legione e pensava a che cosa quello spaventoso vecchio stesse tramando, dopo che aveva scacciato tutti gli uomini "giusti" e tenuto solo quelli che si sarebbero impegnati a seguirlo in qualsiasi atrocità avesse deciso di intraprendere!? :grr:


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Re: Storia

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I giorni della gloria XCVI

Gaio mario entrò a Roma il primo giorno dell'anno, come console eletto, in sella a un cavallo bianco, avvolto in una toga bordata di porpora e con una corona di foglie di quercia sul capo. Dietro di lui camminavano 5.000 fra schiavi e liberti, avvolti in tuniche di cuoio rinforzato e armati di spade. Console sette volte, la profezia si era avverata e solo questo risuonava nella testa di Mario.
Muovendosi inesorabilmente verso il suo destino, arrivò al Foro, dove trovò Lucio Cornelio Cinna e, sceso da cavallo, gli si mise al fianco e stava per incamminarsi davanti a lui, se non che Quinto Ancario, ex pretore, lo richiamò all'ordine, perché il console giovane non poteva precedere l'anziano!
Mai l'inaugurazione di un consolato fu portata a termine più velocemente e nessuno in passato era stato così ansioso di andarsene, ma prima Mario raggiunse Quinto Ancario e lo trattenne con un braccio, dopo di che, si fece dare la spada da Burgundo e l'ex pretore cadde a terra, morto!
Cinna rimase immobile a guardare il proprio mondo che si disintegrava, completamente incapace di intervenire anche quando Mario lanciò i suoi dicendo loro: "Fate quel che volete, basta che sappiate distinguere fra i miei amici e nemici!" E quel giorno ci fu una vera e propria carneficina, non essendo il console giovane interessato ad altro, se non alla vendetta!
Fra i morti suicidi, c'era anche il flamen dialis, Lucio Cornelio Merula e Mario ne approfittò per togliere di mezzo colui che, da una altra profezia, sarebbe stato destinato a oscurarlo, vale a dire Gaio Giulio Cesare il giovane. Il flame dialis doveva essere, però, sposato e Mario disse a Cinna che sua figlia di sette anni, patrizia e con ancora i genitori in vita avrebbe fatto al caso del giovane. L'età non era un ostacolo e i due potevano rimanere nelle loro case fino a quando non fossero stati abbastanza grandi da vivere insieme nella loro domus publica e allora potevano anche consumare il matrimonio.
Cesare sapeva che come flamen dialis doveva rinunciare al cursus honorum, ma sapeva di non poter dire di no in quel momento a Mario e poi credeva anche che nessun uomo poteva cambiare il proprio destino e quindi il suo sarebbe rimasto quello previsto, nonostante gli sforzi del vecchio e quindi le uniche parole che proferì, furono: "Grazie zio!" :x


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I giorni della gloria XCVII

Quando Cesare trovo sua madre le disse subito che cosa gli aveva fatto il "caro zio"! :muro:
"Come flamen dialis non potrò mai candidarmi al consolato e non potrò rivaleggiare con la sua gloria, quel vecchio mi ha privato della progenitura e tutto per salvaguardare il proprio spregevole posto nei libri di storia!"
Aurora gli chiese se pensava davvero di poter rivaleggiare con Mario? - Nessuno può farlo! -
"Rivaleggiare? Io lo oscurerò con la mia luce, così come fa il sole con la luna!" :crazy:
- Le tue ambizioni sono troppo smisurate! -
"Madre, solo io posso dare di me simili giudizi, qualcun altro potrà farlo, ma solo al termine della mia vita, che ancora non è cominciata!" Dopo di che, accorgendosi che i genitori non lo capivano proprio, come lui non comprendeva loro, decise di andare a trovare Gaio Mazio.
Il coetaneo, non appena vide arrivare Cesare, capì subito che era accaduto qualcosa di serio e, reso edòtto, esclamò:
"Per gli dèi, è una vergogna! Forse Lucio Decumio ci potrà suggerire qualcosa."
Il custode del Crocevia non ci mise molto ad infuriarsi, ma poi, riprendendo la calma disse: - Penso che troverai il modo di cavartela, perché qui siamo a Roma, non ad Alessandria e in questa città c'è sempre una scappatoia! - :diavoletto:
Gaio Mazio (detto pustola) pensava che il lavoro del padre consisteva nel redigere contratti e scritture legali, per cui conosceva ogni scappatoia, ma il sacerdozio di Iupiter forse era al di là di ogni possibile sotterfugio, perché più antico delle dodici tavole e Cesare (detto Pavo) era abbastanza istruito per saperlo!
Anche Lucio Decumio, non ignorava le difficoltà, ma in quel momento aveva cercato di tirare sù il ragazzo. Fu stupito dunque della risposta di Gaio Cesare: "Hai ragione, troverò un modo!" :champion:
Il giorno dopo si celebrò il matrimonio con la piccola figlia di Lucio Cornelio Cinna e insieme quello di Mario il giovane con Muzia Terzia. I due non si erano mai incontrati (così come Cesare e Cornelia) e non avrebbero nemmeno consumato, perché il figlio di Mario aveva l'ordine di ritornare subito alle sue funzioni nell'esercito. Gli fu solo concesso di andare a trovare la madre e quel momento fu il più terribile di tutta la di lui giovane vita: i suoi occhi! come sembrava vecchia! Era rinchiusa in se stessa e assolutamente restia a parlare di quanto era accaduto. :grr:


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I giorni della gloria XCVIII

Iulia rispose alle domande del figlio, che ormai suo padre non era più padrone della sua mente e che non lo vedeva più da tempo; forse non l'avrebbe visto mai più, dato che aveva saputo che non il Grand'Uomo non sarebbe intervenuto al matrimonio del figlio.
Iulia conobbe Muzia Terzia alla cerimonia e scoprì che era una ragazza interessante, dopo di che, si recò alla cerimonia di Cesare il giovane e scoprì che i rituali erano interminabili e incredibilmente noiosi!
Terminati che furono, Iulia abbraccio il nipote e gli sussurrò: "Mi dispiace così tanto, non avrebbe potuto far nulla di più ingrato verso di te, ma ti prego di capire che non è più lui!" :grr:
- Lo capisco zia, ma non ti preoccupare, risolverò tutto! -
Quando spuntò l'alba del sesto giorno di gennaio, Gaio Mario fece convocare al suo tribuno della plebe, Publio Popilio Lenate, un'ennesima Assemblea e quel giorno erano presenti sui rostri solo tre persone: Mario, Popilio e un prigioniero in catene.
"Quest'uomo, gridò Mario, ha cercato di provocare la mia morte e sono salvo solo, perché l'attuale mia guardia del corpo, Burgundo, si rifiutò di strangolarmi! E quando ai sicari, che mi avevano raggiunto a Minturno, chiesi chi li aveva assoldati, loro, con sincerità, mi risposero Sesto Lucilio. Eccolo qui in catene, perché questa mattina ho inviato i littori ad arrestarlo.
Nessun processo fu mai così brece, perché subito i Bardei (una parte degli ex schiavi che Mario aveva condotto a Roma e chiamati così, perché erano di origine illirica, come gli Ardiaei e in forma più tarda Vardei o Bardei), riuniti nell'emiciclo dei Comitia, dichiararono costui reo di tradimento e che fosse subito gettato dalla Rupe Tarpea. Burgundo eseguì l'incarico con vero piacere. :)
Ma dopo l'esecuzione e forse, perché Sesto Lucilio aveva accettato la morte con fierezza, Gaio Mario ebbe un altro attacco e cadde sui rostri, come fosse stato abbattuto da una scure. Cinna lo vide dal Senato, ma non sapeva che cosa fare, se non aspettare l'arrivo di Sertorio ...


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I giorni della gloria IC

Sertorio arrivò e la prima cosa che disse era ovvia: l'esilio lo ha fatto impazzire! Poi aggiunse che finché i Bardei non fossero stati congedati, Roma apparterrà a Mario e c'è un solo modo per fermarli: "Posso ucciderli io! E so come fare, tu Lucio Cornelio Cinna devi convocare i capi qui da te, sui rostri e dire che nell'estremo istante Gaio Mario ha pensato a loro e ti ha dato il denaro per pagarli. Questo significa che dovrai essere visto entrare nella domus di Mario e rimanerci abbastanza a lungo. E sui rostri dirai che hai organizzato il pagamento nella Villa Pubblica sul Campo Marzio alla seconda ora del giorno. Li aspettterò lì con i miei uomini e quella sarà veramente la fine del regno del Terrore di Mario!"
Gaio Mario morì nell'ora che precede l'alba, quando cani e galli facevano sentire la loro voce, era il settimo giorno di coma e il tredicesimo giorno del settimo consolato. "Un numero sfortunato", commentò Scevola, Pontefice Massimo.
Sfortunato per lui, ma il contrario per Roma, questo era il pensiero di quasi tutti i presenti. :x
Iulia rifiutò i funerali di Stato e chiese a Cinna di ringraziare Sertorio per i servizi resi con il "pagamento" dei Bardei. (Nessuno dei presenti seppe se Iulia parlava ironicamente o no) ;) Fine

A seguire il terzo libro della saga: "I favoriti della fortuna"


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" I

Aprile 83 a.c.

All'alba Pompeo fu svegliato dall'intendente, perché c'era un messaggio urgente per il padrone: "Silla è sbarcato a Brindisi"
A questa notizia il sedicente Magnus urlò di gioia che l'avventura avrebbe avuto inizio.
"Quale avventura?" rispose Varrone "È la guerra civile!"
- Ma per me è una cosa che attendevo da tempo e noi andremo a Brindisi a raggiungere Silla e gli porterò tre legioni, così sarò alla pari di Lucio Cornelio e non un semplice legato. -
"Di quanti uomini dispone Silla?"
- Cinque legioni di veterani, seimila cavalieri, numerosi volontari della Macedonia e del Peloponneso e cinque coorti di spagnoli fedeli a quello sporco imbroglione di Marco Crasso, circa 39.000 uomini in tutto. -
Tale risposta aveva fatto alzare le braccia al cielo a Varrone, il quale sapeva che Carbone disponeva di circa 150.000 armati!
- Silla li annienterà, specie con l'aggiunta delle mie legioni, i soldati di Carbone sono reclute, con la bocca che puzza ancora di latte. -
Il giorno dopo Pompeo (abbiamo già detto sedicente Magnus, gli altri non potevano chiamare così uno di 22 anni), insieme a Varrone e a suo fratello diciottenne si presentò sulla piazza principale di Osimo per annunciare alla folla che finalmente Silla era sbarcato a Brindisi per reclamare il diritto a un imperium ininterrotto, al trionfo e al privilegio di disporre il suoi allori ai piedi di Giove Ottimo Massimo, nel Campidoglio di Roma!
"L'anno scorso un altro Lucio Cornelio, Cinna di cognome, ha cercato di arruolare i veterani di mio padre per combattere la sua causa, ma non ha avuto successo, peggio, è morto. Oggi invece li vedo accorrere da me, perché io sono l'erede di Strabone e il suo passato sarà il mio futuro! Andrò a Brindisi e combatterò al fianco di Silla, perché lui è dalla parte della ragione!"
- Chiaro e conciso, pensò Varrone, e notò che il giovane Pompeo sapeva suscitare l'entusiamo. - :)


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" II

Varrone era sempre più stupito dalla genialità che il giovane Pompeo dimostrava nell'organizzazione e la logistica dell'esercito, a differenza del padre conosceva solo i modi antichi, i quali avevano portato alla morte per dissenteria di gran parte dei soldati! :muro: Tuttavia la vera prova doveva ancora arrivare e non sarebbe stato, secondo lui, lo scontro con Carbone o Sertorio, ma con Silla. Alleato o no, il rapporto fra il vecchio e il giovane "toro" deciderà il futuro di quest'ultimo, sarebbe stato capace di piegarsi o, si sarebbe spezzato? :dubbio:
Silla stava marciando lungo la via Appia, accolto da scene di isterico benvenuto, ma prima di muoversi aveva esatto da ogni uomo il giuramento di fedeltà, perfino contro il governo di Roma, il che significava solo una cosa: guerra!
La notizia che le regioni meridionali della penidola erano felicissime di accogliere Silla non fece molto piacere a Pompeo, perché maggiori fossero state le difficoltà di Lucio Cornelio, più avrebbe avuto bisogno della sue tre legioni.
Ma i nemici dov'erano?
Gneo Papirio Carbone, due volte console e attuale governatore della Gallia Cisalpina era accampato, con otto legioni e la cavalleria, a Rimini; da quella base aveva la possibilità di muoversi in tre direzioni: lungo la via Emilia per raggiungere le alpi occidentali, sulla costa adriatica verso Brindisi e per mezzo della via Emilia arrivare a Roma.
Da diciotto mesi Carbone sapeva che Silla sarebbe arrivato da Brindisi, ma a Roma c'erano ancora troppe persone che potevano parteggiare per lui, anche se si dichiaravano neutrali! Conosceva altresì la posizione di Metello Pio, il Porcellino, che dalle Alpi occidentali, poteva arrivare facilmente nella Gallia Cisalpina! Lui aveva a disposizione le sedici legioni accampate in Campania, ma fino a che punto si poteva fidare dei consoli di quell'anno? Certo Norbano e Scipione Asiageno non poteva sperare in una eventuale clemenza di Silla, dato che erano ex clienti di Mario, ma avrebbero impiegato le truppe come veri generali o avrebbero perso ogni buona occasione? Carbone non lo sapeva. Ma soprattutto, quel che preoccupava Carbone era il fatto che il figlio di Strabone aveva avuto l'audacia di arruolare le tre legioni del Padre e di mettersi in marcia per raggiungere Silla e, Pompeo o no, quando le tre legioni avessero raggiunto il trionfatore di Mitridate, questi avrebbe ben saputo utilizzarle! Doveva fermare il ragazzo prima che si mettesse in marcia e dette ordine al suo proquestore Gaio Verre di chiamare i legati e di provvedere alla spedizione contro il giovane Pompeo.
Gaio Vere, una volta compiuto quell'incarico, decise che era ora di cambiare partito. Ma in primis sarebbe sato d'uopo provvedersi dei fondi del Governatore, che solo lui sapeva dove fossero e, non appena Carbone lasciò Rimini, lui se andò dalla parte opposta con i muli carichi di seicentomila sesterzi, con i quali si sarebbe assicurato la protezione di Silla. :)


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" III

Quando fu avvertito dell'arrivo di Carbone, Pompeo urlò di gioia e rivolto ai soldati disse loro che la battaglia era già vinta, perché Lui rispetta voi, ma non me e io vi dico che Carbone è uno sciocco! E aveva ragione, perché Carbone arrivò del tutto impreparato davanti alle rive dell'Esino: pensava che Pompeo non si fosse mosso dall'accampamento! I Piceni arrivarono addosso alle legioni del console nel momento in cui le prime due stavano guadando il fiume, mentre le rimanenti erano in procinto di farlo. Carbone e Lucio Quinzio riuscirono a ritirarsi precipitosamente con due legioni, ma le altre furono perse! Non si salvò un solo uomo!
La voce della vittoria su Carbone si propagò e le popolazioni che Pompeo attraversava per raggiungere Silla, che fino a poco tempo prima erano ferocemente anti romane, non cercarono minimamente di ostacolarlo e alcuni uomi chiesero addirittura di arruolarsi sotto la sua bandiera.
Prima di arrivare al glorioso congiungimento Pompeo dovette combattere altre due battaglie, il che servì ad accrescere la fama in quei luoghi, ma soprattutto a permettere al Nostro di fantasticare su quel prossimo appuntamento e vedersi come un eroe che va incontro a un altro e sarebbe stato decantato a tal punto da far vergognare Enea e Turno! E magari, ancora meglio, poteva pensare a due astri, con il primo (Silla) ormai prossimo all'occidente, mentre il suo si era appena levato sull'orizzonte orientale. :champion:
Scelse la più semplice corazza d'acciaio e l'elmo era quello comune a ogni soldato e solo il suo enorme e candido cavallo pubblico era invece addobbato di tutto punto: si autocompiaceva di mostrarsi come un comune e rude soldato. Sulla riva del Cadore, fermo in mezzo alla strada, su un mulo mezzo morto di fatica, scorse Lucio Cornelio Silla, accompagnato soltanto da Varrone.
Non somigliava per niente all'immagine dell'uomo che ricordava e subitò notò i guasti del tempo, ma soprattutto di un'orribile malattia! Ed era anche ubriaco! Dell'uomo bello e affascinante non era rimasta nessuna traccia.
"Oh come posso brillare sullo sfondo di questo miserevole resto di essere umano?" gemette fra sé Pompeo, sforzandosi di trattenere brucianti lacrime di frustrazione! :x
Quando rimase solo con Varrone seppe che Silla era stato sul punto di morire e solo i medici migliori del mondo (i greci) erano riusciti a salvargli la vita, ma a quale prezzo e, fra le altre cose, il vino gli alleviava i dolori e, in particolare il prurito, e quindi era quasi sempre ubriaco! Ma, se riuscirà a non bere per qualche tempo, riuscirà ad annientare Carbone.
Pompeo e Varrone conobbero i legati di Silla e nessuno di essi gli era favorevole, perché chi era Pompeo? Un rappresentante del Piceno settentrionale, un nuovo ricco, un non romano e il figlio del Macellaio e che aveva avuto addirittura l'ardire di chiedere a Silla di diventare suo socio! L'esercito che Metello Pio (il Porcellino) aveva portato al comandante era diventato automaticamente di Silla, mentre Pompeo lo stava ricattando! :grr:


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Re: Storia

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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" IV

La mattina seguente Silla si alzò all'alba e si diresse, con l'esercito, verso Capua, perché sapeva che il morbo per alcuni giorni gli avrebbe dato pace e in quel periodo doveva fare, invece che pensare del perché prendersi la briga di continuare. La risposta per lui era una sola: era il più grande degli uomini e questo comportava anche sopportare una maggiore sofferenza!
E pensò anche a colui che di faceva chiamare "Magnus" già così giovane, certo lui pensava che la grandezza non si dovesse conquistare e che fosse invece conferita alla nascita e non più tolta! Un tipo affascinante, però, anche se non certo un subordinato fedele, bensì un rivale. Qual era il modo migliore di sfruttare Pompeo il Grande? Si rispose che doveva fargli credere che era lui a manipolare gli altri e non il contrario e così sarebbe stato estremamente prezioso. :)
Prima di far attraversare il fiume Volturno chiamò il Porcellino e Pompeo per dire loro che potevano fare a meno di Capua, perché controllavano Benevento.
"Questa è una guerra troppo lenta, perché non marciamo su Roma?" proruppe Magnus in tono scontento.
- Pazienza Pompeo, prima di prendere in considerazione l'idea di marciare su Roma dobbiamo provarle che non può vincere con il governo attuale e quando capirà ciò, verrà a offrirsi a noi, di sua volontà. - :)
Pertanto, continuò Silla, aggiriamo Capua e andiamo dall'altro console che è accampato fra Teano e Calvi, sulle rive di un tributario del Volturno. Parlare con Scipione Asiageno sarà più facile che con Norbano e, rivolto a Pompeo: "farai costruire ai tuoi uomini una piscina" e, se ci sarà un armistizio, cercheremo di creare amicizia fra gli eserciti contrapposti.
L'amistizio fu concordato e solo Sertorio, legato di Scipione, si rese conto della trappola di Silla, ma quando ne informò il console, la sola risposta che ricevette fu: "Vattene!"
E Sertorio, lasciò Teano per raggiungere Norbano a Capua.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" V

A Capua, Sertorio ebbe un colloquio chiarificatore con Norbano e, di comune accordo, decisero che sarebbe stato opportuno che il Nostro doveva raggiungere Sessa Aurunca, dove le popolazioni locali potevano essere convinte a schierarsi contro Silla. Come d'abitudine viaggiava senza scorta, perché, come suo cugino Mario, riteneva che un soldato doveva essere in grado di "badare a se stesso".
Per strada incontrò un gruppetto che riconobbe da lontano, per il fatto che era guidato dal gigantesco Burgundo e, con lui, cavalcava Lucio Decunio con i figli e Lucio disse subito che si erano perduti, perché si erano fidati del germanico, che aveva giurato di conoscere la strada! :x
"Stiamo cercando la fattoria di Quinto Pedio, perché domina Aurelia va a riprendere la figlia per ricondurla a Roma".
Allora Sertorio vide quella che secondo lui era l'unica donna stimabile di tutta Roma.
"Posso indirizzarti sulla strada giusta, carissima Aurelia, ma non potrò accompagnarvi fino alla fattoria e per il tratto finale dovrai rivolgerti a Silla, che è accampato proprio a metà strada da qui a Quinto Pedio."
Aurelia emise un lieve sospiro di beatitudine e : - Come sarà bello rivedere Silla, le sue visite mi sono mancate moltissimo. -
Sertorio stava per avvertirla, ma poi ci rinunciò, perché le condizioni di Silla erano soltanto voci e in più pensava che Aurelia avrebbe preferito comunque scoprire da sola la verità.
Un'ora più tardi Aurelia e i suoi oltrepassarono un cancello ed entrarono in un mondo stranissimo e nuovo per lei, che non aveva mai messo piede in un accampamento militare, ma si recò verso la tenda del generale con passo deciso e disse di voler vedere Lucio Cornelio Silla.
L'ufficiale di guardia, Valerio Messala Rufo, non le chiese nemmeno come si chiamava, né pensò di avvisare Silla; si limitò a inchinarsi, indicandole con la mano la porta aperta.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" VI

Entrata, vide una massa di capelli piccoli, ricci, rossicci assolutamente ridicoli; poi l'uomo si voltò e capì che era Silla solo dagli occhi. Santi numi, pensò, come ho potuto fargli una cosa simile, se l'avessi saputo nessuno avrebbe potuto trascinarmi davanti a lui!
"Mi trovo qui, perché mi sono persa, devo andare da Quinto Pedio a riprendere mia figlia, che non vuole tornare a Roma."
- Ti ho sconvoilto, vero? -
"Soprattutto i capelli, avrai perso i tuoi, suppongo."
- Uhm, che cosa sta facendo tuo marito, che ti lascia agire in sua vece, è partito di nuovo? -
"Sono rimasta vedova due anni fa!"
- Morto, ma se era sano come un pesce!? Mentre io, in queste condizioni sto ancora qui, aggrappato alla vita! -
"Tu sei un purosangue, lui soltanto un brav'uomo di cui mi piaceva essere moglie, ma nulla di più".
Continuaro a parlare in modo più disteso e l'argomento si spostò sul figlio di lei e Silla, sapendo che era uno studioso, chiese se era contento di esser diventato flamen Dialis? Ma Aurelia non rispose.
Allora Silla le dette indicazioni e le assicurò che non sarebbe mai più venuto a trovarla a Roma.
Sulla via che la conduceva dalla figlia, Aurelia pensava di aver posato lo sguardo sul naufragio di un sogno, che era di entrambi e lui lo sapeva bene, povero Lucio Cornelio. Ma quanto coraggio, un uomo meno grande si sarebbe gettato sulla propria spada. Solo oggi ho capito che la mia vita poteva essere ben diversa da quella donna con i piedi per terra, che sono sempre stata e forse librarmi in aria in spirali sempre più alte. Ma non avrei avuto un attimo di pace e il mio cuore avrebbe sanguinato sempre, da come mi accorgo ora che ... Piango per lui! :x
E, dato che cavalcava in testa al gruppo, gli altri non videro le lecrime di Aurelia.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" VII

Il povero Scipione Asiageno rimase davvero stupito quando seppe che le sue truppe non avevano nessuna intenzione di combattere per lui; le otto legioni erano passate in massa dalla parte di Silla! Eravamo nel mese di quintile (chiamato poi luglio) e l'estate non era ancora terminata, ma Silla per quell'anno non decise di muoversi e si dedicò invece ad addestrare i giovani che erano stati reclutati nelle otto legioni di Scipione, ma soprattutto a cercare di isolare Sertorio attraverso l'assedio di Sessa Aurunca, in tal modo era sicuro che l'abilissimo generale non sarebbe stato di aiuto a Carbone. :)
Poi però venne un altra crisi e per tre mesi il Nostro fu del tutto instupidito dall'alcol e, naturalmente intrattabile. Alla fine dell'anno Varrone si preoccupò davvero e spedi una lettera a metello e Pompeo nella quale dubitava di vedere il Generalissimo guarito per la primavera successiva. Pochi giorni dopo, però arrivò una lettera da Tarso con l'indicazione della ricetta per fabbricare l'unguento che ormai Silla aveva consumato e che fino ad allora gli aveva permesso di salvarsi in qualche modo.
Varrone seguì alla lettera le indicazioni e, dopo aver applicato l'unguento diverse volte, il malato gli disse che il prurito era scomparso. Silla, pensò Varrone, era stato molto fortunato.
A Roma la fine dell'anno fu molto fredda e molti abitanti presero quel gelo come un presagio infausto. Il Senato naturalmente doveva interrogarsi sul futuro della città; i seguaci di Silla erano ridotti, perché diversi senatori erano corsi dal generale appena questi era sbarcato a Brindisi. Carbone inveve era ritornato dalla Gallia cisalpina, richiamato dal tribuno della Plebre Marco Giunio Bruto e si incontrarono a casa di quest'ultimo per un colloquio segreto, sicuri che nella domus di Bruto non c'erano spie di Silla, perché la moglie Servilia sarebbe stata un centurione perfetto! Naturalmente a quel colloquio lei avrebbe origliato.
Servilia era abituata a fare la spia fin da bambina e lo zio Druso l'aveva scoperta e condannata a una vita quasi da prigioniera in casa, per cui era stata tanto ansiosa di sposarsi e andarsene, che non le importava chi potesse essere il marito. Ora però si pentiva, perché Bruto era un essere del tutto insignificante! E non solo quello, perché era abituato a stare da solo prima di sposarsi e mantenne quelle abitudini anche dopo; difficilmente andava a trovare la moglie nel cubiculum. Il matrimonio fu per lei solo la conferma di quel che aveva pensato nell'infanzia: non era importante per nessuno! Quasi per caso, rimase incinta e non ci fu da meravigliarsi se il piccolo Bruto riempì in breve tempo ogni cantuccio vuoto dell'amore di sua madre.


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Re: Storia

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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" VIII

Servilia origliava non certo perché aveva rispetto per le posizioni del marito, ma solo perché, per proteggere l'eredità dell'amato figlio, era d'uopo conoscere quante più cose poteva. La presenza di Silla in Italia la preoccupava e capiva molto bene che Carbone (e tanto meno Bruto) aveva la forza sufficiente a tenere unita Roma contro un uomo come Silla!
Il colloquio fra i due arrivò alla scelta dei consoli e Bruto propose, visto che Carbone voleva un Mario e Sertorio non era disponibile, Mario il Giovane. I romani correrebbero in massa ad arruolarsi e si batterebbero per lui come gli Spartani per Leonida.
Qualche giorno dopo, in altra parte della città Aurelia stava cercando il figlio, per riferigli che la zia Iulia li aveva mandati a chiamare.
Da quando aveva raggiunto la maggiore età (quindici anni e mezzo), Cesare aveva osservato con grande scrupolo i divieti che circondavano il flamen dialis e non aveva la barba solo perché poteva radersi con un rasoio di bronzo (il ferro gli era interdetto!) e tutto ciò perché Cesare era superstizioso (come tutti i Romani) e doveva obbedire, se voleva ottenere il favore della dea Fortuna. Credeva fermamenta che grazie ad Essa, lui sarebbe stato liberato di quella specie di "condanna a vita". L'obbedienza non significava infatti rassegnazione.
Arrivato alla domus di Iulia, insieme alla madre, Lucio Decumio e altri, trovarono Mario il giovane a salutarli e Cesare notò che sembrava raggiante e che aveva un fisico più attraente del padre, ma gli mancava quel "non so che" di vitale che aveva reso Mario uno dei romani immortali.
Cesare odiva mettere piede in quella casa, perché gli ricordava tutto il tempo trascorso a fare da infermiere e dama di compagnia a colui che si era rivelato poi un essere spregevole, che, con l'ultimo atto prima di morire, lo aveva condannato a un destino di onore sì, ma senza assersene meritato alcuno!
Ma naturalmente il senso di disgusto di Gaio svanì, come nebbia al sole, appena scorse la zia Iulia, la persona che più amava al mondo, insieme a sua madre. :) Per lui la vita senza una di quelle due donne era impensabile.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" IX

Iulia aveva 45 anni e Aurelia 40, entrambe vedove, anche se in circostanze e di uomini del tutto diversi. Iulia aveva generato solo Mario il Giovane, mentre Aurelia aveva, oltre a Cesare, anche due figlie e la prima, chiamata Lia, era vedova anch'ella, e il nuovo pater familias gli aveva scelto un marito adeguato e non, come aveva fatto il padre, lasciata libera di decidere. Cesare il giovane era di altra pasta e le aveva detto: "Se facessi di testa tua, sceglieresti di sicuro un altro idiota!"
Come si fosse arrivati a Quinto Pedio non si sa bene, ma questo scialbo uomo della quarta classe era ricchissimo e alla fine Lia si era trovata bene a essere la "perla degli occhi" di un uomo così e si era affezionata al prosaico secondo marito, tanto che si era rifiutata di tornare a Roma, ma Aurelia era arrivata a Teano e l'aveva riportata a a casa! Anche Iu-Iu si era sposata e anche qui Cesare aveva scelto un pretendente incredibilmente ricco e, paragonato a Quinto Pedio era un uomo "niente male". :)
Non appena il gruppo fu sistemato, Mario il giovane, dopo essersi passato la lingua sulle labbra (segno di nervosismo), riferì che in quel pomeriggio erano venuti a trovarlo Gneo Pompeo Carbone e Marco Giunio Bruto...
La notizia creò un trambusto generale e Aurelia si espresse con durezza: "Tu ci hai fatto venire qui per fingere di consultarci, ma in realtà hai già risposto a Carbone che ti presenterai come suo collega!"
- Non è vero, ammetto di aver detto di sì, ma ho sempre avuto intenzione di ascoltare quello che avevate da dire. -
"Non cambierai mai idea!" :x
Cesare intervenne, sostenendo che lui non avrebbe accettato, perché "in suo anno" è il modo migliore per accedere al cursus honorum, mentre in altra età è contrario a una rispettata tradizione e anche alla legge Villia annalis e potrebbe essere perseguibile se usurpasse la carica contro il volere del senato e del Popolo.
"La cosa peggiore, disse Iulia, è che dovrai scendere in campo contro Silla! Diventerai il bersaglio del più pericoloso degli uomini e contro di lui non puoi vincere e io perderò il mio solo e unico figlio!"
Cesare chiese alla madre di argomentare su Silla, perché era la persona che lo conosceva meglio.
"Se sarai console, apparirai a Lucio Cornelio come ammantato di un alone di solennità e questo sarà da lui sfruttato per aumentare la drammaticità della lotta che conduce per salire al potere a Roma."
Alla fine parlarono anche gli altri e solo Cesare il Giovane si espresse con: fallo cugino! Diventa console prima del tempo.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" X

Mario il giovane non si disse sorpreso di quanto aveva ascoltato dai parenti, ma il loro parere non lo spingeva a ritornare sulla decisione comunicata a Carbone e Bruto. "Se Marco Perpenna acconsentirà a emanare la necessaria legislazione, presenterò la candidatura al consolato, perché vedo che Roma è disperata e ha bisogno di qualcuno da amare e, se non può essere il padre, almeno il figlio."
Cesare abbassò gli occhi e non parlò, ma si stava chiedendo perché quel vecchio pazzo non aveva dato le insegne di flamen dialis a suo figlio? Io ce l'avrei fatta, mentre Mario il giovane non ne ha le capacità! :x
Almeno per un aspetto i risultati elettorali ebbero conseguenze: il reclutamento, specie in Etruria e Umbria, ebbe un forte impulso e il primo gennaio il popolo di Roma si riversò per strada ad acclamare i nuovi consoli; però gli stessi, per la prima volta nella storia, si insediarono nella carica senza poter ricevere la consacrazione nel tempio di Giove Ottimo Massimo, perché era andato distrutto in un incendio, e si dovettero accontentare di un tabernacolo, protetto da un baldacchino, ai piedi del vecchio basamento di marmo. La cerimonia fu naturalmente celebrata dal Pontefice Massimo, Quinto Muzio Scevola, padre della moglie di Mario il Giovane.
Osservando la cerimonia Cesare pensò che forse il popolo era sodisfatto di un console di soli 26 anni, ma alcuni dei presenti non lo erano affatto, in particolare quasi tutti i seguaci di Carbone!
Nemmeno il secondo console era contento di Mario, perché lo considerava un guscio vuoto e si rammaricava altresì del fatto che Sertorio avesse abbandonato la causa e fosse salpato con i venti invernali diretto a Tarragona.
"Ormai ha assunto in anticipo la carica di governatore della Spagna Citeriore, è un tipo strano, perché soprattutto non è ambizioso. E purtroppo per noi dovremmo privarci di lui sul campo di battaglia!"
A marzo cominciò il "disgelo" e le truppe si andavano schierando; Carbone partì per Rimini, non prima però di aver risolto il problema più urgente: reperire il denaro per pagare i soldati. Requisì tutto l'oro e l'argento dell'Erario depositato nel Tempio distrutto, lasciando al suo posto un'autorizzazione scritta, nella quale si affermava che Roma doveva al grande Dio un certo numero di lingotti d'oro e d'argento. Non si trattava di un'azione incostituzionale, ma era contraria alle consuetudini.
Mario il giovane portò le sue nuove legioni ad addestrarle in una cirttadina vicono alla via latina: Ad Pictas. I centurioni erano tutti veterani di Mario e comprendevano che le reclute erano molto inesperte e ci sarebbe voluto tempo, prima che ... Ma nessuno cercò di illuminare il primo console e già alle calende di aprile costui, di ottimo umore, levò le tende, imboccò la via latina per dirigersi a sud-est verso la Campania e Silla.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XI

Nessuno consigliò Mario di rimanere dov'era, anziché andare incontro a Silla e il giovane non aveva la mentalità adatta per analizzare la conformazione del terreno e considerarlo dal punto di vista militare! Solo dopo aver attraversato due ponti capì che stava inoltrandosi in un territorio dove le truppe avrebbero manovrato con estrema difficoltà e allora decise di tornare indietro, per dare battaglia a Sacriporto. Le legioni, apprendendo l'ordine, lo presero come una ritirata e quando si arrivò allo scontro i giovani contadini etruschi e umbri erano quasi già in rotta; un'intiera legione disertò, unendosi alle truppe nemiche e l'esercito residuo dovette chiedere accoglienza alla città di Preneste, difesa da alte mura, ma che subito fu presa d'assedio.
La notizia della disfatta di Sacriporto arrivò subito in città e i mariani dovettero fuggire, non prima di aver fatto uccidere i supposti amici di Silla, fra cui il Pontefice Massimo: Quinto Muzio Scevola!
Silla entrò a Roma da solo e silenziosamente: non fece nessun appello al Pololo e non convocò il Senato e, dopo aver affidato i poteri al magistrato più autorevole rimasto, se ne tornò a Preneste, lasciando due reparti di cavalleria per mantenere l'ordine.
Nella città assediata lasciò ordini tassativi di non lasciare alcun varco e avvertire gli abitanti che dovevano tenersi quel cucciolo arrogante per tutta la vita, un conto sarà per loro aiutare un giovane dal nome famoso, un altro capire quello stesso uomo ha portato con sé a Preneste morte e sofferenza!
Si era ai primi di maggio e Silla si sentiva molto sodisfatto e, se Metello Pio e il grosso delle sue truppe si fossero comportati altrettanto bene, in autunno lui sarebbe diventato padrone di tutta la penisola e della Gallia Cisalpina. :)


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XII

Metello Pio si era messo in marcia verso la costa adriatica con 11 legioni e 5.000 soldati a cavallo, che Silla aveva affidato a Pompeo e proprio il sedicente Magnus durante il viaggio stava parlando con Varrone dell'argomento preferito: Silla.
Il primo argomentava che all'ex console era indifferente a quasi tutto, tranne alla dignitas, una cosa difficilissima da definire, forse questa parola riassumeva l'essenza stessa di un uomo in quanto individuo e leader della società, era il totale di ogni singolo aspetto e forse l'unico modo che avesse di sopravvivere alla morte.
Silla aveva detto che avrebbe sconfitto Mitridate, sarebbe tornato in Patria per ottenere la vendetta sui mariani, avrebbe restaurato la Repubblica nella forma più tradizionale e queste tre cose doveva fare e le avrebbe fatte; solo allora si sarebbe potuto dire sodisfatto, ma prima non poteva aver pace!
E infatti il 3 novembre di quell'anno Silla aveva terminato il suo compito (per chi volesse sapere tutti i particolari della guerra civile dovrà leggersi da pag, 114 fino a 148) e il 5 Lucio Cornelio entrò a Roma, al suo fianco cavalcava Lucio Valerio Flacco, princeps senatis e dietro i suoi legati, a due a due e di tutti gli uomini che sarebbero diventati importanti in futuro, solo Varrone e Pompeo non erano presenti, perché impegnati, per ordine di Silla, a reperire tutto il grano possibile per sfamare la città.
La gente uscì a frotte, perché i romani non rinumciavano mai a quel tipo di spettacolo e, vedendolo a cavallo, credettero che si volesse autonominare Re di Roma.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XIII

Ma Silla aveva trovato una soluzione più gradita di quella di "farsi Re" ed era la restaurazione del mos maiorum repubblicano di stampo patrizio. Vecchio e malato, era stato costretto dai fatti e dagli avversari a non seguire la via legale e ordunque stava percorrendo le strade del Circo Massimo divorato dal duplice fuoco del trionfo e dello sconforto. Vendetta e morte stavano arrivando insieme e com'era tardiva e quindi amara la vittoria! E la sola consapevolezza che lo accompagnava quel giorno era che lo aspettava una montagna di lavoro e toccava alui compierlo, perché altri non c'era che potesse sostituirlo!
Decise di convocare Senato e Popolo insieme, dicendo loro quella parte di verità che gli faceva comodo: "I consoli sono morti e fino alle elezioni Roma dovrà avere un interrex e il nostro Princeps Senatus sarà il primo. Per oggi devo dirvi che Roma sarà al sicuro sotto la mia protezione e la Repubblica deve ringraziare non solo me che ho riportato l'ordine, il qui assente Gneo Pompeo, che ha procurato l'approvvigionamento di cereali, riuscendo a sconfiggere tutti quelli che si opponevano a che Roma potesse sfamarsi! In Asia ci sono ancora tre uomini splendidi, che governano la provincia più ricca e preziosa di Roma: Murena. Lucullo e Curione. E qui a Roma, potete vedere da voi quanti uomini illustri ci sono qui accanto."
Prese la parola Valerio Flacco per accettare la carica per i previsti cinque giorni, che probabilmente non sarebbero bastati a indire le elezioni e quindi il compito spetterà a un secondo o a un terzo interrex, però quel che devo dirvi al momento è che l'Erario è vuoto e questo sistema precario di governo non può andare avanti per molto in una situazione così complicata e credo che l'unica soluzione possibile sia emanare una legge che nomini Lucio Cornelio Silla dictator. È una carica molto antica che, di solito si usa in caso di guerra, ma l'attuale stato di emergenza è simile. E in questo frangente un console sarebbe troppo vulnerabile a ogni tipo di accusa (anche l'alto tradimento) e nessun uomo potrebbe dar prova della forza e determinazione necessarie in questo momento. Un dictator invece non dovrà temere simili punizioni: non è perseguibile per legge. E nella lex rogata che emanerò non ci dovrà essere neppure quel limite di sei mesi, che nella costituzione è legata alla funzione del dictator.
Lepido provò a obiettare sul limite temporale e stava per fare proseliti, ma Silla si alzò in piedi e avvertì il Senato che stava mettendo a dura prova la sua pazienza e che gli dava un ultimo avvertimento: "Sarò dictator fino a quando mi servirà, sono stato chiaro? Eh Lepido?"
Per alcuni minuti regnò il più assoluto silenzio e perfino Vatia e Metello Pio rimasero seduti e tremanti guardando quel mostro e l'orrore che albergava in Silla!


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XIV

Nauseati dalla guerre civili, dalla crisi economica e soprattutto dal timore che Silla sapeva incutere, i comitia centuriata vararono una legge che nominava Lucio Cornelio Silla dictator a tempo indeterminato, ratificata il 23 novembre 82 a.c.
Da quel giorno Silla si aggirò da solo per Roma, senza nessuna paura, anche se tutti potevano vedere come si era raggrinzito, incurvato e strascinava i piedi a fatica, come un ottuagenario.
"È una vera macchietta! disse Ortensio a Catulo Cesare, qualcuno lo ucciderà, se non cadrà colpito da un colpo apoplettico, non capisco perché avevo tanta paura!" :dubbio:
Ma le passeggiate di Silla avevano uno scopo ben preciso, non quello di farsi vedere in quelle condizioni: osservare com'era ridotta Roma e di che tipo di cure avesse bisogno e in primis il Nostro fece distruggere tutte le statue di Gaio Mario e al contempo la gente si rese ben presto conto che sparivano non solo le statue, ma anche molti di coloro che avevano appoggiato Mario, Cinna e Carbone. Nessun senatore o cavaliere poteva sparire nel nulla, come una bolla di sapone, ma all'improvviso il totale degli uomini scomparsi era talmente grande da dare nell'occhio.
Roma si agitò allarmata e cominciò a vedere nelle peregrinazioni dell'avvizzito signore qualcosa di diverso da semplici escursioni (altro che Ortensio)!
Da un certo punto in poi, dovunque Silla andasse, si faceva il deserto e il terrore aumentava, perché il Nostro stava sempre in silenzio, mentre i romani amavano soprattutto discutere e Silla invece ... niente!
Finalmente a dicembre il Senato fu convocato e il dittatore dichiarò quali erano le sue intenzioni: "Permetterò l'elezione di consoli, pretori, edili, questori e tribuni della plebe, naturalmente non ci saranno candidati, dirò io chi dovrete eleggere. Mi occorrono uomini che mi aiutino, non certo avversari!
Appena sentito i nomi dei futuri consoli, Quinto Lucrezio Ofella si ribellò e andò di corsa al pozzo dei Comitia e ai rostri, che stavano a fianco, per gridare: " Romani! I consoli del prossimo anno, scelti dal vostro padrone sono due idioti inefficienti e incompetenti e, uno di loro, Merco Tullio Decula non è neppure di famiglia nobile, un politico di second'ordine che ha arraffato la carica di pretore sotto il regime sedizioso di Cinna e Carbone. Io merito molto di più e son sicuro che anche voi la pensate allo stesso modo"
In basso una quindicina di uomini, dall'aspetto più che normale, si erano radunati, passarono silenziosamente attraverso la folla, si arrampicarono sui rostri e, in men che non si dica, si impadronirono di Ofella e lo decapitarono.
In pochi minuti il Foro si vuotò, a parte gli allibiti padri coscritti del Senato che stettero in silenzio ad ascoltare Silla che proseguiva nella lettura di tutti i nominati.
Catulo era fra i pretori e Ortensio si congratulò e per parte sua poteva sperare di essere sulla lista per l'anno 80, ma che farsa, come faremo a sopportarlo? :dubbio:
Silla intanto, su richiesta del Porcellino balbettante, disse che il responsabile di tutte le persone uccise senza processo fino a quel giorno (buon ultimo Ofella) era lui e che l'indomani avrebbe pubblicato l'elenco di coloro che non erano ancora morti, ma che, essendo traditori ...
Varerò una legge riguardante il programma di proscrizione e ci sarà un premio incorporato nella normativa.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XIV

Le leges Corneliae, che regolavano le proscrizioni, erano molto esaurienti; le norme principali erano che ogni proprietà della famiglia di un proscritto diventava proprietà dello Stato, la ricompensa per l'uccisione o la cattura era compensata con due talenti d'argento. In questo modo Silla aveva esordito non solo come dictator, ma anche come signore del terrore e dell'angoscia e solo in questo modo (con la Vendetta) quest'uomo vecchio, brutto, deluso e che si grattava fino a ridursi a un ammasso sanguinolento, riusciva a sentirsi ancora vivo!
Ed essa procurava anche ingenti somme all'Erario e, sempre su questo tema, decise di occuparsi del Sannio: "Non dovete lasciare ivi pietra su pietra!"
Sistemata la sua preoccupazione prima, in modo per lui sodisfacente, la mente di Silla si volse alla religione: era convinto che Roma stesse perdendo il contatto con gli dèi, altrimenti perché il Grande Tempio era bruciato? Per quale ragione i preziosi documenti e libri profetici erano andati in fumo!?
Convocò i sacerdoti e gli auguri nel più antico tempio (Giove Feretrio sul Camppidoglio) per ovviare all'assenza del Pontefice Massimo e anche per comunicare loro che il numero dei sacerdoti sarebbe stato aumentato. Sono un'augure anch'io e ho fatto un sogno e so di avere ragione: oltre all'aumento di numero, le cariche religiose non saranno più eleggibili, neppure quella di Pontifex Maximus; sarà scelto dai confratelli del Collegio Pontificale, concluse Silla in un tono che non ammetteva replica. C'è un sacerdote che non mi va bene, per varie ragioni: il flamen Dialis Gaio Giulio Cesare, la prima delle quali è che è stato scelto da Gaio Mario, ma la più importante è che le fiamme del tempio di Giove si estinsero lo stesso giorno in cui è nato il flamen Dialis: un Presagio! Pertanto sta a voi deciderne il destino: avete tempo fino alle idi di Dicembre, quando ci riuniremo in questo tempio.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XV

L'indomani Silla pubblicò i nomi dei sacerdoti e fra questi spiccava Quinto Cecilio Metello PIo il Porcellino, come Pontifex Maximus, che, tutti sapevano, balbettava spaventosamente e il popolo di Roma inorridì leggendo quel nome! In primis lo stesso Pio, che sapeva bene che non poteva esercitare quel ruolo a causa del difetto fisico, ma Silla non sentì ragioni e sghignazzò invece fra sé per aver combinato quel bello scherzo al Porcellino. :diavoletto:
Nella prima riunione, alle idi di dicembre, del collegio sacerdotale, Silla chiese ad Aurelio Cotta quale decisione avesse preso circa il flamen Dialis?
Prima di rispondere, Cotta volle sapere se il dictator avesse intenzione di proscrivere i Cesari?
Senza volere, Silla pensò subito ad Aurelia e scosse immediatamente la testa.
"Però, hai proscritto sia la famiglia di Mario che quella di Cinna, la giovanissima moglie di Cesare non potrà rivestire la carica di flaminica!"
Dipoi Cotta si recò a casa di sua sorella Aurelia, per riferire che Cesare doveva andare a colloquio da Silla e aveva aggiunto che i Cesari non sarebbero stati nella lista delle proscrizioni, per cui Gaio Giulio avrebbe avuto un censo senatoriale, anche se il giovane non avrebbe dovuto preoccuparsene: il flamen Dialis era automatricamente un membro del Senato.
L'indomani il giovane si presentò molto presto a casa di Gneo Enobarbo, dove Silla era alloggiato.
Pur essendo preparato a vedere il dictator, Cesare rimase scioccato, non c'era da stupirsi che non si fosse fatto vivo con sua madre!
La prima impressione di Silla fu di trovarsi di fronte un estraneo, ma era lo strano effetto che gli dava l'elmo di avorio sulla testa: "Levati quell'armamento", disse allora.
Quando sollevò nuovamente lo sguardo Silla vide suo figlio e Aurelia nel giovane e non seppe resistere a parlare di lui con il cugino primo di Silla il giovane.
Poi, però, si dovette introdurre il motivo della comunicazione e la prima cosa che percepì Silla fu che, a differenza di tutti gli altri, Gaio non aveva nessuna paura di lui e gli domandò come era possibile?
"È difficile aver paura di qualcuno che hai amato all'improvviso nel momento in cui, nascosto nel controsoffitto della stanza di mia madre, ho scoperto che non eri il suo amante. :D Ma perché mi ha fatto venire, non credo per chiedere consiglio?"
- I sacerdoti hanno concluso che sei incontestabilmente il flam Dialis, ma altresì che devi divorziare da tua moglie, che è figlia di Cinna e si è scoperto che quella famiglia non è romana, né patrizia e, dato che il flaminato è una carica doppia, la legalità della posizione di lei è altrettanto importante, devi divorziare! -


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XVI

"MI rifiuto!" ribatté Cesare. - Posso obbligarti! - "In che modo? Il rituale della diffarreatio (modo di divorziare per chi si era sposato tramite confarreatio, la forma più costrittiva del matrimonio romano) richiede il mio assenso!
Silla capì che era venuto il momento di estrarre gli artigli, ma quasi subito si accorse che gli occhi dell'altro erano come i suoi, avevano la fredda e impassibile immobilità di un serpente! Per la prima volta Lucio non aveva i mezzi per piegare un altro alla propria volontà!
"C'è un solo modo per uscire da questo vicolo cieco, disse Cesare e cioè farmi ammazzare, ma il sangue del flamen Dialis ricadrebbe sulla tua testa, Silla! A meno che tu non mi faccia uccidere da qualcun altro, in ogni modo il nostro colloquio è finito e ti lascio la lena e l'apex per il prossimo flamen Dialis". :)
Mentre tornava a casa, era certo che Silla lo avrebbe fatto uccidere e quindi gli rimaneva solo la fuga e per far questo aveva un giorno, perché il dictator era ostacolato dalla lenta macchina burocratica e per dare gli ordini necessari avrebbe avuto bisogno di un certo lasso di tempo, non si era nella tragedia greca e non si urlavono ordini con voce stentorea a uomini pronti, come cani al guinzaglio.
Aurelia era sulla porta ad aspettarlo e lui le disse che non avrebbe in nessun caso divorziato dalla figlia di Cinna, ormai povera in canna e nemmeno con la cittadinanza romana, esistono cose, come questa, per cui vale la pena morire e che uomo sarei se non mi sentissi responsabile di Cinnilla? Inoltre è anche un modo di uscire dal sacerdozio: finché sono sposato con lei, sono inaccettabile per il Dio. :D
Quel che mi resta da fare è riuscire a sopravvivere a Silla, perché, dopo di lui, nessuno avrà il coraggio di uccidere il flamen Dialis e poi saranno obbligati a rompere i vincolo che mi lega al Dio.
Al cadere della notte si apprestò a partire, non prima, però, di informare la dodicenne Cinnilla, per legge moglie, ma fino a quel giorno sorellina affettuosa. Devo andare in campagna, perché qui a Roma sarebbe troppo facile essere ucciso, mentre là il filo della vita sarà troppo forte per la spada di Silla e a te, mia cara, lascio il compito di non far preoccupare mia madre. Io tornerò non appena Silla sarà morto. :)
Cesare e Burgundo galopparono per tutta la notte e il giorno seguente e si fermarono solo quando arrivarono a Trebula, un piccolo villaggio non lontano dalla cresta della prima catena montuosa (appennino vicino a Caserta). Nella locanda la stanza era piena di zanzare e i letti pullulavano di pulci e cimici. Cesare passò la notte su una sedia e all'alba uscì ben volentieri, per ripartire, lasciando congetturare l'oste e i clienti sul perché i due se ne andassero in gico con quel tempaccio? Troppo giovane per le proscrizioni e poi non avevano quell'aria terrorizzata, tipica di chi ha Silla alle calcagna.
"I cavalli valgono un patrimonio, disse un forestiero, arrivato proprio mentre Cesare e Burgundo partivano, c'è aria si soldi!"
- Ma non se li sono portati dietro, rispose l'oste, perché sapete che cosa c'era su quei muli? ... Libri!!! -


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Re: Storia

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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XVII

Dopo aver affrontato un tempo sempre peggiore Cesare e Burgundo giunsero un giorno e mezzo dopo a Nersa, la loro meta: la casa sella madre di Quinto Sertorio. La conversazione si aggirò un po' intorno al figlio e alla Spagna, poi Ria cambiò argomento, per dire ciò che Cesare doveva fare: "Conosco una coppia che vive sui monti fra qui e Amiterno che saranno ben felici di guadagnare qualche soldo e ci si può fidare di loro. Però, dovrai aspettare qui, finché non arriverà il gelo, solo allora viaggiare sarà sicuro, con il terreno diventato uno strato di ghiaccio solido. Sarà un po' dura per le bestie, ma se ti farai precedere dal germano dovresti arrivare bene lassù, perché gli zoccoli del suo cavallo sono tanto grandi che l'animale non scivolerà e romperà la superficie per il tuo delicato purosangue. Hai avuto poco buon senso a portare un cavallo così vistoso per nasconderti! Meno male che andrete in un posto dove nessuno potrà notarlo.
Il gelo arrivò, ma Cesare nnon poté partire, perché fu colpito da una febbre altissima, tosse secca, mal di testa e nausea. Si trattava, secondo la fattucchiera chiamata da Ria, di malaria atipica, contro la quale l'unico rimedio era bere molto e sperare che il fisico forte del giovane reagisse.
Intanto a Roma, Aurelia andò da Silla per ottenere la grazia del figlio e, per ottenerla, dovette spiegare al dictator il motivo per il quale Cesare era stato nominato flamen Dialis da Mario. Con queste notizie, Silla chiamò il segretario per ordinargli di trovare Gaio Giulio Cesare, flamen Dialis, ma "devono portarlo da me, senza torcergli un capello, voglio solo vederlo".
Poi si mise a leggere la missiva che gli aveva spedito Pompeo dall'Africa e la sostanza era che voleva un trionfo che, secondo Silla non meritava, anzi era da biasimare molto per il modo pubblico con il quale aveva ucciso Carbone che era un console in carica! E si mise a pensare come fare per battere in astuzia quello che, secondo lui, era un macellaio-bambino, degno figlio di suo padre e in quei casi valeva il detto: se gratti ben bene un piceno, ne viene fuori un gallo! :x


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XVIII

Come Ria aveva predetto, il gelo aveva reso percorribi le strade; purtroppo Cesare non poteva partire per la malattia, ma altri sarebbero potuti arrivare. E infatti, mentre il flame Dialis era in uno stato comatoso, bussò alla porta Lucio Cornelio Fagite, liberto di Silla, accompagnato dalla sua banda. Egli non rivelò alla vecchia la natura della missione, però comprese che da Silla (che lo voleva vivo) non avrebbe ricevuto un sesterzio, se glielo avesse riportato morto, ma forse qualcosa poteva estorcere alla madre di Sertorio, pertanto mise il coltello alla gola di Cesare e lo avrebbe tolto solo dietro compenso. Ria capì che l'unico modo di sopravvivere lei e Burgundo (e far morire Cesare in pace) fosse pagare e dette tre talenti a Fagite, che se ne andò contento con il denaro e i libri.
Rimasta con Burgundo, Ria disse al Germano che non appena avessero speso il denaro, sarebbero tornati e quindi doveva andarsene con il padrone, subito al di là delle montagne! "Per trasportarlo ci vuole una slitta, ma non posso comprarla, perché non ho più soldi."
- Vendi il cavallo, rispose Burgundo, gli si spezzerà il cuore, se uscirà dal coma, ma non c'è altro da fare. -
Il viaggio per raggiungere Prisco e Gratidia, al di là delle montagne, durò otto giorni, perché la slitta tirata dai buoi era particolarmente lenta, ma quello fu un vantaggio per Cesare, perché non fu troppo sballottato e, forse grazie al freddo, Cesare cominciò a migliorare e addirittura disse anche qualche parola per chiedere dove fosse Bucefalo (il cavallo)? Burgundo gli inventò che era rimasto al sicuro da Ria, non potendo affrontare quel viaggio.
Prisco e Gratidia quando ricevettero la lettera di Ria e i tremila sesterzi, accorsero volentieri i fuggiaschi e naturalmente si presero cura del giovane, che però non migliorava molto: la febbre era diminuita e il coma risolto, ma rimaneva sempre l'aspetto esangue e, secondo Gratidia l'anemia non si poteva curare lì fra le montagne, aveva bisogno di medicine e cibarie che lei non possedeva, perciò "dovresti andare a Roma ad avvertire sua madre".
Senza dire una parola, Burgundo sellò il cavallo e Gratidia ebbe appena il tempo di consegnargli un pacco di viverei, prima che partisse.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XIX

Non appena arrivò Burgundo, Aurelia capì quel che doveva fare: chiedere consiglio alle donne di Silla, la moglie Dalmatica e la figlia Cornelia; ottenuto un appuntamento raccontò loro la storia con lo stile scabro e conciso che le era proprio.
"Dovremo, disse Cornelia, mandare da Silla una delegazione formale, perché in questo momento lui non ha tempo per colloqui privati e Mamerco ci aiuterà, gli parlerò io, ma devo sapere quali sono i parenti maschi più stretti di Cesare, che non compaiono nelle liste di proscrizione?"
- I miei fratellastri Cotta. -
"Bene, Gaio Cotta è un pontefix e Lucio un augure e poi avremo bisogno di quattro vergini vestali e io le conosco tutte." :)
- E io, interrloquì Dalmatica, come posso essere d'aiuto? -
"Tu prenderai appuntamento con Tata affinché proprio domani incontri la delegazione, perché, anche lui è occupatissimo, se glielo chiedi tu, sarà contento di esaudirti."
Accompagnata da Lucio Decumio, Aurelia si recò all'appuntamento con la delegazione, per poter parlare loro, prima che si incontrassero con Silla e si trovò a pensare chi fosse Cesare e che cosa rappresentasse per le persone che conosceva. Gaio appartiene a Roma, ma non a quella del Palatino, bensì alla Suburra e all'Esquilino e quando sarà un grand'uomo, conferirà alla carica una dimensione come nessun altro! :clap:
A casa di Silla erano presenti, come promesso da Cornelia, anche le quattro vestali; gli uomini indossavano la toga: Mamerco bordata di porpora, essendo praetor peregrinus, mentre i giovani Cotta semplici toghe bianche. Aurelia, vestita di rosa, era molto sgargiante, invece e si sentì mortificata per aver scelto quell'abito, ma Cornelia Silla le disse che aveva uno splendito aspetto, quindi "vai tranquilla alla testa delle delegazionee affronta mio padre, che, come tutti i tiranni ama circondarsi di deboli, ma apprezza i forti". :)
Silla li aspettava di pessimo umore, perché si era reso conto di essere stato raggirato da un gruppo di donne, ma quello stato d'animo lasciò il posto alla sorpresa prima e alla gioia dopo quando vide quel corteo con alla testa una donna che indossava tutte le sfumature di rosa, il suo colore preferito. :D


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Re: Storia

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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XX

Nel vedere Aurelia (in rosa), Silla s'illuminò in volto ed emise un grido di gioia e subito disse a Crisogomo di completare l'allestimento scenico dell'incontro!
Entrarono 24 littori in fila, tutti vestiti di rosso e quattro schiavi che sorreggevano uno scranno di ebano, lucidato e dorato, con rubini e smeraldi incastonati.
Il dictator giudicò che tutta l'ambientazione era perfetta e dette il permesso di cominciare.
"Lucio Cornelio, mio figlio sta morendo e sono venuta con i miei amici per implorarti di graziarlo! E quindi che possa tornare a casa, prima di morire.
Lui è l'unico mio figlio, un dioscendente di Venere, che ha avuto addirittura il coraggio di sfidare te, l'uomo più potente del mondo, senza la minima paura."
Le vestali si unirono a lei nel grido di "Risparmialo!" e la diciassettenne Giulia Strabone superò tutta la compagnia, scoppiando in lacrime.
Seguirono gli uomini, con, in ultimo, Mamerco.
Silla rispose di no, per due volte.
E allora Aurelia implorò una terza volta, ma con la voce scossa dai singhiozzi e le mani tremanti, in tutto degna di un'eroina in una tragedia greca.
Solo allora Silla emise un sospiro lunghissimo, prima di dire: - Lo risparmierò, ma vi avverto, in questo giovane io vedo molti Marii-.
Al che, Aurelia sollevata: "Avresti dovuto dire "molti Silla"; non somiglia affatto allo zio, ma talvolta, terribilmente a te."
... Seguì la cena e la festa.


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXI

Quando Cesare fu riportato a Roma, Silla mandò il medico personale a visitarlo e confermò la diagnosi della fattucchiera: malaria atipica e Gaio è uno dei pochi che sia riuscito a sopravvivere, però la malattia gli ha impoverito il sangue, ecco perché è così pallido e debole. Per rimettersi prima possibile occorre mangiare ogni giorno fegato di agnello e bere tre uova di gallina sbattute nel latte di capra.
Solo dietro continue insistenze e alcuni accorgimenti del cuoco per migliorare il sapore, il paziente si rassegnò a sopportare la dieta, che non tardò a dare i frutti sperati. :)
Aurelia era contenta, però si accorse che c'era qualcosa che non andava nell'umore del figlio e chiese la ragione.
"Ho trasformato in un disastro la prima battaglia che ho combattuto da adulto e devo la salvezza solo all'eroismo di Burgundo, Ria e tuo".
- Credo che il tuo orgoglio sfiori l'arroganza e la Hybris agli dèi non piace, perché presuppone che un uomo pensi di non essere un semplice mortale! Tu, per questo, sei stato punito. -
"Attribuisci a un vettore divino, quel che secondo me è solo un fatto naturale, ma dato che nessuno può dimostrare la veracità della tesi, non ha importanza, ma ciò che è sicuro è che ho fallito nel primo tentativo di governare la mia vita."
- Oh Cesare, non imparerai mai? -
"Probabilmente no, madre."


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lemond
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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXII

Silla mandò a chiamare Cesare in via di guarigione e lui volle a tutti i costi andare a piedi e senza farsi accompagnare da un servo, nemmeno da Lucio Decumio. Era una lunga camminata, ma arrivò tutt'altro che esausto.
Il dictator volle sapere perché Gaio Mario lo avesse nominato flamen Dialis,
"Credo che lo zio si fosse fatto l'idea, conoscendomi bene, che volessi superarlo e quindi mi abbia nominato per inpedirmi di fare quella carriera (militare e/o politica) che gli avevo detto il fato mi assegnava."
- Può esser vero, perché Mario aveva sempre paura di essere eclissato da uomini di gens nobile, il suo nome era senza storia e si sentiva ingiustamente discriminato per questo. Ma, tornando a noi, tu odi la tua carica, mi pare? -
"La odio, sì."
- Ora ne conosco il motivo, mentre tu e tua madre non sapete che ti facevo ricercare, ma non per ucciderti, bensì per poterti rivolgere le domande di ora. -
"E poi uccidermi!"
- Era quel che pensavo di fare allora, ma al momento so di aver dato la mia parola e Roma si trovava a dover affrontare un dilemma molto difficile: non posso farti uccidere e tu non divorzierai, perché così pensi di poterti liberare della carica e, alla fine, noi sacerdoti abbiamo deciso di sollevarti dal flaminato e, non so gli altri, ma la mia motivazione è che Giove Ottimo Massimo penso abbia in mente altre cose per te, ma soprattutto, se Gaio Mario ti voleva incatenato, io allora ti voglio libero, voglio essere l'ultimo a ridere! :diavoletto: Un'ultima cosa, ho saputo che vorresti ricomprare quel tuo cavallo, non lo farai, t'impongo di cavalcare un mulo: è sempre andato bene per me, dovrà essere così anche per te! - :D
Cesare pianse, mentre tornava, ma pensò al contempo che forse Silla aveva dettato quella condizione finale, perché non voleva nessuna gratitudine, non accettava che il figlio di Aurelia avesse con lui un rapporto clientelare: un Giulio in obbligo verso un Cornelio sarebbe stata una beffa nei confronti del patriziato intiero! :grr:


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXIII

Cesare offrì un toro a Giove Ottimo Massimo per celebrare la rinuncia al flaminato e il ricevimento che seguì ebbe tanto successo quanto il sacrificio. Molti occhi, che prima non l'avevano mai notato, lo scrutarono con attenzione: adesso era diventato, per posizione e per nascita, un temibile concorrenrte nell'arena politica.
"Ha qualcosa di tuo padre, disse Metello Pio a Catulo"
- Per forza, anche lui era un Cesare, ma non sopporto proprio le sue arie! Potremmo rimpiangere di aver permesso a Silla di liberarlo! -
Intanto Cesare stava parlando con il dictator e gli spiegava che era un favorito della dea Fortuna: era stato liberato dal flaminato e sopravvissuto a una malattia che porta quasi sempre alla morte e infine ho evitato che tu mi uccidessi. ;)
"Anch'io, ribatté Silla, ho goduto del favore della dea bendata, ma ricorda, c'è sempre un prezzo da pagare, la Fortuna è un'amante gelosa ed esigente!"
- Sono quelle migliori, disse ridendo Cesare. -
Il giorno dopo il banchetto, Gaio Giulio doveva partire, per raggiungere, su ordine di Silla, lo stato maggiore di Termo a Pergamo, impegnato a spegnere la rivolta di Mitilene nella provincia d'Asia e chiese a Caio Mazio se se la sentiva di seguirlo.
"No, grazie, non mi va di andare così lontano da Roma, aspetterò un incarico più tranquillo, ad es, nella Gallia Cisalpina. :)
Gli addii furono veramente estenuanti, Cesare li sopportò con tutta la pazienza di cui riuscì a dar prova e alla fine se ne andò con il solo Burgundo e due schiavi personali, acquistati da poco; tutti poterono vederlo salire sul suo inglorioso mulo! :x


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXIV

Nel gennaio dell'81 a.c. Silla pensava che ormai Roma si era abituata alla presenza delle liste di proscrizione e decise di emanare nuove leggi: la vedova di un proscritto non poteva risposarsi e le maschere degli stessi non potevano essere messe in mostra durante i funerali dei parenti.
Già dall'inizio le proprietà erano diventate di Stato e si procedeva alla vendita, ma le aste erano poco partecipate, ormai, perché i soldi erano pochi, fu allora che Marco Licinio Crasso cominciò a parteciparvi, concentrandosi sulle proprietà meno ambite, che riusciva ad aggiudicarsi a prezzi irrisori.
Catilina invece riuscì ad arricchirsi in modo diverso: era fratello e cognato di due proscritti e chiese a Silla di nominarlo erede di entrambi, perché lui non era nominato nel testamento e nemmeno era erede diretto, perché entrambi avevano figli maschi; Silla aderì alla richiesta.
Alla fine del mese decise di celebrare il trionfo su Re Mitridate e usò ogni trucco per non far apparire di aver concluso la guerra in modo frettoloso e che di conseguenza il bottino era stato deludente, considerata l'immensa ricchezza del nemico.
Al dictator rimaneva una sola questione da risolvere: la richiesta pressante di trionfo da parte di Pompeo, il quale, non accettando il rifiuto, si era portato con sei legioni e duemila cavalieri a Capua. Silla gli scrisse che quattro legioni di veterani l'attendevano a Campo Marzio e gli andò incontro di persona, accompagnato soltanto da alcuni membri del senato e dai littori.
Quella notizia fui per Pompeo una vera doccia fredda. attenuata dal fatto che quando si incontrarono, il dictator lo appellò con il cognome Magnus, anche se poi aggiunse che: " A Roma sei anche conosciuto come Il Macellaio bambino e quel che spetta a te e al tuo esercito è quello che io, dictator, deciderò di darvi!
- Voglio il trionfo, disse Pompeo, pestando con i piedi per terra! -
"E io dico che non puoi averlo!"
- Faresti meglio a ricordarti una cosa, Lucio Cornelio Silla, dictator di Roma, c'è più gente che adora il sole nascente che l'occaso! -
Silla scoppiò a ridere, per una misteriosa ragione che nessuno riuscì a capire e rise fino alle lacrime, dopo di che aggiunse "Avrai il tuo trionfo!" :D


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXV

"Sei stato molto sciocco, Magnus, disse poco dopo Metello Pio a Pompeo, Silla si è divertito alle tue spalle; aveva già pensato di concederti il trionfo, ma voleva vedere quanto ci tenevi e ora sa che la tua ambizione supera il coraggio e messo alle strette rinunceresti a ciò che ti proponi di ottenere. L'ài detto tu stesso (e si capiva bene) che tu stavi marciando verso Roma, ma non su Roma. E ora il trionfo l'avrai, ma alle condizioni di Silla, stanne certo. E infatti Pompeo lo dovette celebrare per ultimo, quando ormai la folla era diventata indifferente e infatti il commento quasi unamime fu "Un altro trionfo? Bah!"
Pompeo era comunque fiducioso quando si mise in marcia dalla Villa Publica: tutti sarebbero stati impressionati dal cocchio portato da quattro elefanti. Ma, giunto che fu alla Porta Trionfale, si dovette fermare e, quando stizzito, mandò a chiedere la ragione, seppe che gli elefanti erano troppo grandi per passare attraverso la porta! La larghezza era più che sufficiente, ma la porta non era abbastanza alta e gli elefanti avrebbero dovuto abbassare la testa, ma non erano addestrati a farlo! L'unica soluzione era sostituirli con normali cavalli e Pompeo invece scoppiò in lacrime e si sedette sul polveroso acciottolato con tutti i fronzoli trionfali, dando sfogo alla disperazione.
Fu Varrone a fare il lavoro per lui e poi andò a riferire a Silla, che stava attendendo il trionfatore, come da tradizione, nel Foro, di fronte al tempio di Castore e Polluce.
Un'irresistibile folata di risate si propagò tra gli spettatori e Silla, senza smettere di ridere, si alzò dal podio per parlare alla folla (non molta) in attesa.
!Il nostro trionfatore tarderà un po', perché deve sostiytuire gli elefanti, che non passano dalla Porta Trionfale, oh come mi pacerebbe essere lì a vedere." :crazy:
Pompeo giunse alla fine del percorso e dopo essere sceso dal Campidoglio notò un gruppo di persone davanti alla statua di Scipione l'Africano che stavano leggendo una scritta (col gesso, a caratteri cubitali) ai piedi della colonna:
" Da lassù in alto l'Africano
dedicò una prece agli elefanti.
Ma quel cretino del Macellaio Bambino
non seppe neppure farli venire avanti!" :crazy: :crazy: :crazy:


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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXVI

All'inizio di aprile Silla pubblicò l'elenco di 200 nuovi senatori e il primo era quello di Gneo Pompeo Magno, che andò subito a trovarlo.
"Non entrerò in Senato, esordì con fare rabbioso! E il motivo riguarda la lezione che mi hai dato con quel maledetto trionfo, che mi ha fatto capire che sono troppo giovane e, se vi entrassi ora, tutti mi riderebbero dietro. Prenderò il mio posto invece, quando le ginocchia di tutti tremeranno ogni volta che apparirò."
Silla si strinse nelle spalle e gli concesse di fare come voleva, aggiungendo che il giorno dopo doveva comunque essere presente, come suo legato, ad ascoltare il primo discorso intorno alle leggi che il Popolo dovrà ratificare.
Cominciò parlando dell'Italia e dei suoi abitanti:
"Disporrò che tutti gli uomini aventi diritto siano legalmente registrati come cittadini di Roma e ogni tribù avrà pieno suffragio, senza più nessun privilegio alle solite. Ho dato la mia parola su questo e la mantengo.
Brindisi, città che ha trattato me e i imiei uomini con gli onori che meritavamo, sarà ricompensata con l'esenzione da ogni dogana e l'abrogazione delle tasse (Preneste, Sulmona e Capua invece furono le più colpite).
Quinto Lutazio Catulo Cesare, mio fedele seguace, avrà il compito di ricostruire il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio e, se anche gran parte dei fondi saranno prelevati dal nuovo ager publicus, mi aspetto che anche tu, mio caro, partecipi con il tuo patrimonio.
Catulo rimase immobile, percorso da un brivido di gelida paura, consapevole che Silla lo stava punendo, perché era rimasto al sicuro a Roma per tanti, anni sotto Cinna e Carbone.
IL nostro Pontifex Maximus, Quinto Cecilio Metello Pio, restaurerà il tempio di Opi, ma questo progetto dovrà essere finanziato per intiero dallo Stato, perché Opi è la patrona della ricchezza pubblica romana.
Ho nominato 200 senatori, ma dalla lista ho cancellato Pompeo Magno, perché lui, per il momento, non desidera farvi parte. E per i nuovi non sono stato a guardare troppo né il censo, né all'origine famigliare e ho invece premiato i soldati che hanno dato prova di valore eccezionale e da ora in poi un uomo che riceverà la Corona d'Erba o la Corona Civica entrerà automaticamente in Senato! La riunione è sciolta."
- Come farò a trovare tanti soldi? piagnucolava Catulo, mentre usciva con Ortensio dalla Curia Hostilia? -
"Prima o poi morirà, Quinto e fino allora basterà che tu adotti una tattica dilatoria e poi ci penserà lo Stato a terminare il lavoro." :)


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Re: Storia

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Colleen McCullogh "I Favoriti della fortuna" XXVII

Quando i nuovi e i vecchi senatori si riunirono, Silla annunciò che avrebbe ridotto i diritti dei tribuni delle Plebe e in particolare sarà severamente limitato il veto. Nell'aula ci furono subito volti accigliati e moltissimi erano furibondi, ma in aula incombeva solo il silenzio. E lo stesso Metello Pio, disse sottovoce ai suoi amici: "Non credo che la cosa possa funzionare, l'istituto dei tribuni della Plebe significa troppo per tante persone, durerà solo fino a quando vivrà."
Con quest'ultima legge, la seduta del Senato era terminata e Silla si concesse qualche giorno di riposo per assistere ai ludi Apollinares. Ma la parte che interessa a lui non erano gli spettacoli che si sarebbero tenuti al Circo Massimo, bensì quelli teatrali. Erano trent'anni ormai che non vedeva Metrobio e quanto lo aveva sempre desiderato, ma finché non si fosse ritirato dalla vita pubblica, sapeva che le cose dovevano rimanere così.
Il terzo giorno era in programma una commedia di Plauto, il Miles Gloriosus, e il ruolo principale era sostenuto da Metrobio, ma aveva la maschera e solo alla fine Silla poté vedere l'effetto che gli anni avevano avuto sul suo amante di un tempo. Minimo e dovette lottare per non piangere, ma ci riuscì e si rivolse a Mamerco, se pur con voce strozzata, perché facesse venire il protagonista: "Ho la sensazione di conoscerlo, ma non ne sono sicuro: In ogni modo, vorrei congratularmi con lui."
Quando arrivò e riuscirono a rimanere soli, Metrobio parlò: "Chi è stato stregato una volta dal tuo fascino, Silla, non potrà mai liberarsi di te! Uomini e donne, non fa differenza, sei unico. Non si tratta certo di virtù o bontà d'animo, tu non possiedi né l'una, né l'altra."
- Mi par di capire che quando mi ritirerò dalla politica tu potresti vivere con me? -
"Sì"
Con gli occhi colmi di lacrime, riuscì a dire che lo avrebbe mandato a chiamare.


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