Filosofia

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lemond
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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXIV

Ippia


Il di lui pensiero è dominato dal concetto di natura (physis) e dall'antitesi fra natura e legge. Non esclude la realtà del molteplice in quanto contraddittorio, ma solo perché non mostra i caratteri di eternità e inalterabilità che sono propri dell'Essere.
Per Ippia la realtà è costituita da una pluralità di grandi corpi esistenti per natura, che si presentano come degli hòla (intieri), non scomponibili e sono in connessione fra loro e Ippia pensa di doverli portare alla luce, come non fa Socrate, che invece divide il reale. Per Ippia la natura procede per assimilazione, unendo e congiungendo gli insiemi organici e sul piano del logos (il sapere) prospetta l'eciclopedismo (un po' prima di coloro che poi hanno assunto quel nome :) ) : aggregazione di regioni del sapere che, nel loro complesso, coprono tutto lo scibile.
Ippia fu uno studioso rigoroso di una molteplicità di discipline ed è il primo a stringere in uno le quattro discipline che, molti secoli dopo, formeranno il quadrivium (aritmetica, geometria, astronomia e musica). Ma non si limita a ciò, perché si interessa anche alla storia, sia in ordine storico-cronologico, che st.-filosofico ed è sempre il primo a definire il campo di studio dell'archeologia, che doveva riguardare le origini di un popolo. Si è interessato molto agli studi omerici, volti a rintracciare i tipi esemplari degli eroi e degli antieroi greci.
Infine la politica: afferma che gli uomini sono legati da affinità per natura, ma non per legge; i sapienti conoscono questo legame, ma poi ci sono le artificiose divisioni create dalle mura, dai regimi e dalla tirannia delle città etc. Questo può essere conosciuto come un'aristocrazia dell'intelligenza, che nel pensiero greco sarà molto importante.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXV

Socrate - Un uomo di Atene


Appartiene alla schiera di filosofi antichi che non hanno scritto nulla, ma non come Piatagora per esoterismo, bensì perché riteneva la scrittura non adatta a comunicare quel che si poteva con, invece, il dialogo orale. Per paradosso, colui che non ha scritto è però diventato l'ispiratore del dialogo filosofico come genere letterario. :)
Il giovane Socrate si avvicina alla filosofia nel clima di apertura culturale dell'età di Pericle, frequenta i filosofi della natura, ma poi li abbandona, perché escludono dalla loro indagine il fine, cioè la ricerca del bene, che dovrebbe essere per l'uomo la cosa più importante.
A proposito di ambiente culturale, in molti si sono chiesti quando e con chi sia nata la democrazia ateniese? Ma prima di rispondere, bisogna parlare di che cosa sia: in quel periodo (450 - 320) si può stimare la popolazione di Atene fra i 300.000 e il mezzo milione di abitanti, di cui solo la metà vivono in città, il resto è sparso per l'Attica. Poi, dal 150/250 mila ateniesi, si devono escludere i residenti stranieri, le donne e i numerosissimi schiavi. Dipoi il democraticissimo Pericle limita il diritto di cittadinanza a quanti abbiano non solo il padre (prima era sufficiente), ma anche la madre ateniese, perché i greci non sono mai stati (a differenza dei romani) propensi all'inclusione: o si era greci o ... barbari! :x Ergo la democrazia ateniese altro non era che una oligarchia mascherata dove il regime, come qualunque altro, ha sempre cercato di mantenere i privilegi di chi li possedeva. E la dimostrazione di ciò è data dalla durata di Pericle a capo della città.
Ma torniamo a Socrate e alla partecipazione alla vita politica di Atene ...


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXVI

Socrate in tutta la vita è legato alla città, che lascia solo per partecipare alle guerre, e nella battaglia di Potidea (guerra del Peloponneso) salva la vita ad Alcibiade. Nel 406 entra a far parte del collegio dei Pritani, magistrati incaricati di dirigere il Consiglio dei Cinquecento, l'Assemble popolare che sarà chiamata a giudicare gli strateghi vincitori della battaglia navale delle Arginuse, i quali, nonostante il parere contrario del Nostro, saranno condannati a morte con processo sommario, perché non avevano raccolto i naufraghi, prima di ritornare in patria. Questa è la famosa democrazia di Atene, con Callisseno che minaccia i pritani di far loro condividere la sorte degli strateghi, se non avessero votato come lui comandava! Poi Atene perderà l'ultima battaglia (e la guerra) del Peloponneso; la città sarà comandata da Trenta oligarchi (poi chiamati tiranni), con a capo Crizia. In quel periodo Socrate rischia molto, ma per sua fortuna il regime dura poco.
Per la figura storica di Socrate è importante quanto ci ha lasciato su di lui Senofonte, anche se la frequentazione fra i due si interrompe prima degli eventi che porteranno il filosofo al processo e alla morte, per i quali ci resta solo la testimonianza dell'Apologia di Platone.
Da Senofonte non sappiano niente del perché Socrate sia condannato, perché lo storico si limita a riportare la formulazione dell'oracolo di Delfi, secondo cui il Nostro è un modello di virtù e addirittura ignora la professione di ignoranza e quindi possiamo arguire, a differenza di quanto afferma Platone, che Socrate si lascia morire solo perché vecchio e stanco della vita.
Le ragioni che hanno portato a preferire invece la testimonianza platonica sono due:
a) Platone ha trascorso con Socrate un lungo periodo di tempo e lo ha fatto da filosofo, vale a dire con quel sentire comune che esisteva fra due che cercavano il sapere.
b) Ha saputo riprodurre nelle scene fittizie dei suoi dialoghi la pluralità delle prospettive che gli Ateniesi avevano su Socrate, dimostrandone una piena consapevolezza.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXVII

Intorno al 430 un evento mette in crisi il Nostro: l'oracolo delfico, interrogato dall'amico Cherofonte, proclama che ad Atene nessuno è più sapiente di Socrate! Che pensare di cio? Egli sa di non sapere, ma gli dèi non possono mentire e allora si mette in cerca di tutti i sapienti per interrogarli e riconoscene la sapienza maggiore. Tale compito autoimpostisi gli procura tutta una serie di inimicizie, ma lo porta alla soluzione dell'enigma e cioè l'oracolo ha voluto affermare che nessuno è sapiente! Quella di Socrate è la solo sapienza che l'uomo può avere: una dotta ignoranza, che non vale nulla rispetto a quella divina. L'uomo può conoscere le cose minute e anche che commettere ingiustizia è sempre un male, etc. Siamo in altre parole arrivati in nuce a quella formula che sarà formalizzata solo in età ellenistica: sapere di non sapere.
Sciolto l'enigma dell'oracolo, Socrate dedicherà il resto della vita, in totale povertà, a quello che lui stesso chiama il servizio del dio, cioè la missione di educare gli ateniesi alla conoscenza di sé e alla cura dell'anima, attraverso l'esame delle proprie credenze. Forse lui è il primo che vive da filosofo a tempo pieno, tanto che l'amico Apollodoro crede che filosofare significhi sapere ciò che ogni giorno Socrate fa e dice. :)
Le parole rivolte agli ateniesi durante il Processo rappresentano il testamento spirituale: "... questo è addirittura il massimo bene per un uomo, parlare giorno dopo giorno della virtù e di tutte le altre cose di cui voi mi sentite discutere, esaminando me stesso e gli altri, mentre una vita non soggetta a esame non è una vita per l'uomo!"
Tutto ciò suscita il fastidio di molti, che lo vedono appunto, come ammette lui stesso: un tafano che sprona un cavallo di razza (la città). E le tre imputazioni che gli sono rivolte nascondono in modo palese l'insofferenza che gli ateniesi hanno mostrato per la sua atopia (il non essere, come loro, in quel luogo):
la prima è l'empietà, cioè non credere negli dèi della polis, vuol negare la natura divina della missione di Socrate, che crede sì negli dèi, ma non nello stesso modo degli altri greci.
la seconda, l'eterodossia, pertiene alla natura del suo daimon, la coscienza morale che i greci non hanno.
la terza, corrompere i giovani, riguarda il voler colpire i suoi allievi, come Alcibiade, Crizia e Carmide che si sono dimostrati politici nefandi (per colpa anche sua?)
Di tutte queste accuse, Platone nel Simposio dà un giudizio sommario: "Gli uomini di Atene, che hanno condannato Socrate, devono sapere che nessuno lo conosceva davvero!" :grr:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXVIII

Il modo socratico di dialogare è fatto di domande e risposte brevi, secondo Platone è aporetico, perché porta da premesse plausibili a conclusioni che invece non lo sono. In altre parole S. procede a controllo, verifica (élenchos) delle opinioni dell'interlocutore, di norma un presunto sapiente e alla fine costui è sempre costretto a dichiarare falsa la tesi di partenza. In questo modo il soggetto riconosce la propria ignoranza il che è già qualcosa, perché sfugge alla amathia, o ignoranza doppia, cioè colui che non sa, ma presume invece di essere edòtto! :x
Scopo ultimo dell'esame socratico è conoscere la virtù ed era l'unico, perché ad Atene non esisteva nessuna scuola che avesse come oggetto l'insegnamento del bene. Il V secolo rappresenta il trionfo della téchnai e si ignorava invece la morale.
Socrate però sa che il fine ultimo è difficilmente conseguibile e quindi l'elenchos ha la portata minore che serva ad adottare uno stile di vita che sia coerente con il lògos béltistos, ovvero le credenze della polis.
In un solo dialogo Socrate usa un metodo diverso dall'élenchos e lo fa ricorrendo al paragone fra la sua arte e quella della levatrice (arte maieutica), perché come loro, Socrate senza avere alcun pensiero proprio, riesce a farlo scaturire direttamente nella testa degli interlocutori. :)
I due metodi non si possono applicare alle stesse persone, perché la maieutica ha bisogno che l'allievo sia già nella condizione di aporia e non di sapienza, solo in un secondo tempo, quando ad es. Teeteto forma una propria idea, si può passare alla fase successiva, cioè all'élenchos. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXIX

Scrive il filosofo contemporaneo Robert Nozick: "Non sempre la morte segna il confine di una vita, talvolta invece ne è parte, ne prosegue la storia in modo significativo, nel caso di Socrate, come poi di Giosuè (per gli italiani Gesù), Giulio Cesare, Giovanna d'Arco e Lincoln, noi possiamo pensare le loro vite nella prospettiva di queste morti imperiture. :)
Socrate rende la morte il coronamento della vita di filosofo, una vita all'insegna della giustizia e della virtù, ma soprattutto ove le azioni seguono le idee fino all'estreme conseguenze. Se avesse rinnegato, durante il processo, il valore di una vita *esaminata*, Socrate sarebbe sopravvissuto, ma ...
Socrate non sa "a priori" se la morte sia un bene o un male, ma la sua scelta è di sicuro la cosa migliore per la filosofia, perché fa sì che l'opera di Platone possa diventare immortale. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXX

I cirenaici


La scuola cirenaica e cinica riprendono da Socrate il concetto della felicità e dell'eu zen (la buona vita). Che si tratti dell'edonismo ante litteram di Aristippo o dell'ascesi asociale di Diogene, la costruzione della propria biografia è insieme opera d'arte e lavoro filosofico. Entrambi realizzano le premesse etiche attraverso una strategia estetica, raffigurando il proprio ideale di saggezza, più che teorizzandolo.
La scuola fondata da Aristippo di Cirene dura circa un secolo ed essa identifica il bene con l'utile e l'utile è ciò che piace; la ricerca di ciò è il fine della vita e la motivazione principale delle azioni umane. Molti autori, specie di marca stoica e poi cristiana l'aborrono, contrapponendola retoricamente all'idealizzazione della virtù!
In Aristippo e nei cirenaici vi è un modo di vivere fondato sul rifiuto del conflitto e la competizione, secondo il tradizionale agonismo greco e in un brano di Senofonte, il Nostro si professa estraneo alla politica intesa come ricerca del potere, non vuol comandare (anche se nemmeno essere comandato) e persegue una via di mezzo improntata alla ricerca della libertà.
La riflessione etica cirenaica è tutt'altro che ingenua e centrata su un soggettivismo affine a quello di Pitagora: ognuno conosce soltanto il contenuto della propria percezione attuale, il mondo esterno è quasi del tutto inconoscibile, così come le esperienze altrui.
Per il saggio è essenziale mantenere l'indipendenza (autàrkeia) e la capacità di giudicare la vita di volta in volta sulla base dell'esperienza, ma questo tipo di filosofo è tutt'altro che un ribelle e/o emarginato, anzi socializza volentieri e Aristippo a chi gli chiedeva che vantaggio avesse tratto dalla filosofia, rispose: "La possibilità di trovarmi a mio agio con tutti." :) E, una volta entrò nella casa di un'etera e, poiché uno dei giovani che lo accompagnava, arrossì, lui gli disse: "Non è biasimevole l'entrare, ma il non saperne uscire." ;)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXI

Il movimento cinico


Il cinismo è anzitutto un'interpretazione intransigente ed estrema del pensiero socratico, con l'epoché sulla maieutica: identificazione della virtù con la vita secondo natura e autodominio. Il primo cinico, e forse il più moderato è Antistene, mentre con Diogene la diversità da Socrate si accentua, perché, secondo quest'ultimo, tutto ciò che è invenzione umana è posticcio, non autentico e da rifiutare. Persino il divieto d'incesto altro non è che una norma convenzionale che i greci hanno appreso da altri popoli! Occorre sempre e comunque, ritornare allo stato di natura!
Cratete è invece il volto sorridente del cinismo e, non a caso, lo stoicismo discende da lui. Era di famiglia ricca, ma vendette tutto e lo distribuì al popolo e predicò sempre la mendicità e l'essere portatori di un servizio alla comunità.
Dopo queste grandi figure, il movimento subisce un notevole appannamento, anche se la Stoà ne riprende molti temi e atteggiamenti. Dei cinici forse rimane il lato peggiore: la teatralità e non a caso quel che ci resta di loro è la storia di Diogene, che viveva in una botte e diceva ad Alessandro di ... :x E il massimo si ha (credo) con il suicidio di Pellegrino, un ex cristiano. passato al cinismo, che si dà fuoco pubblicamente nel 167, durante le solennità olimpiche! :grr:

P.S. Prossima puntata il 1° luglio, perché per quattro giorni vo in galera: mi pare una dizione giusta, visto che le galere si trovano sul mare. :diavoletto:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXII

La sessualità in Grecia, di Eva Cantarella


Per la prima volta in Grecia si sedimentano quelle idee che, purtroppo, fonderanno la base delle discriminazioni di genere! Per es, solo nel 1969 è stato abrogato l'art. 559 codice penale, che puniva l'adulterio, come reato, solo se commesso dalla moglie! Il marito, in forza dell'art. 560 era punito solo se teneva una concubina nella casa coniugale o, in caso fosse pubblicamente noto il legame more uxorio con altra donna.
Il primo forse è stato Esiodo, narrandoci il mito di Pandora, la prima donna mandata dagli dèi. Il nome significa "tutti i doni", che lei aveva ricevuto dagli Olimpii e fra questi c'era anche l'inganno e il recare affanno agli uomini (sempre doni sono :D )
Giunta sulla terra va sposa a un "privo di bastone" (in altre parole imbecille), ovvero Epimeteo, che, come etimo, significa colui che vede dopo. [Il fratello era invece quello che vedeva prima: Prometeo)
Solo dopo, il Nostro si accorgerà del disastro che ha combinato con le nozze, perché Pandora aprirà il famoso vaso, che si trovava nella casa e che Epimeteo doveva custodire, senza mai aprire!
Per Esiodo non è sufficiente il "vaso", ci racconta pure che la donna non discende dall'uomo, ma dal solo genos femminile di Pandora e per lui la parola diversità non è sufficiente per descriverla, occorre usare alterità!


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXIII

Ciò che turbava di più i greci era che proprio le donne davano comunque alla luce i loro figli maschi!
Quest'aspetto era pressoché intollerabile, al punto da indurre generazioni di pensatori a fornire argomentazioni contrarie all'evidenza: il figlio, dicono gli stoici ad es, è generato solo dal padre! In un celebre passaggio dell'Orestea, Eschilo ci racconta che il figlio di Agammenone uccide la madre (deve!) per vendicare il padre. Le Erinni dopo lo tormentano, perché anche la madre dovrebbe essere vendicata, ma Atena riesce a superare l'enpasse istituendo il primo tribunale della storia ateniese: il mondo della vendetta così termina lì, e Oreste è assolto da Apòllo in base al principio, destinato a sancire per secoli l'inferiorità della donna: "Non è la madre la generatrice del figlio, essa è solo la nutrice del germe in lei inseminato! Il generatore è colui che feconda!"
Dopo Apòllo si inseriscono i filosofi, per aggiungere il tema della diiversità mentale: le donne non possiedono il logos, ma solo la mètis, un'intelligenza bassa, non astratta: si rivolge al singolo caso! (Sarebbe un po' come ai giorni nostri l'intelligente e il furbo/ino).
I maschi le possiedono entrambe e il perché ci è spiegato dal Mito: Mètis era moglie di Zeus (insieme a Era) e il Sommo, venuto a conoscenza che gli avrebbe generato un figlio che, secondo la profezia, lo avrebbe spodestato, ingoia la sposa e, così facendo, acquisisce la di lei capacità, che poi trasferirà a tutti i maschi! E un eroe omerico, il polymetis Odisseo, riuscirà, proprio in quanto tale, a conquistare per gli Achei la grande città di Ilio! :champion: :muro: :muro:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXIV

Un grande contributo contro le donne è stato dato da Aristotele: lo stagirita sostiene che non sono del tutto prive della capacità di deliberare, ma la possiedono senza autorità e quindi l'uomo è superiore per natura.
Controllare la sessualità è il corollario derivante dal pensiero; la donna deve avere rapporti solo con il marito, altrimenti si incorre nel reato di moicheia, che può essere punito anche con la morte!
Superfluo osservare che ai maschi è concessa la massima libertà sessuale.
Il diritto ateniese esclude le femmine dall'asse ereditario, salvo una dote al momento eventuale del matrimonio. Se non ci sono figli maschi, la figlia, appunto, non può ereditare, ma solo conservare i beni del padre, in attesa di poterli lasciare al di lei primo figlio e, per maggior sicurezza, è costretta a sposare il parente più stretto: abitualmente lo zio paterno!
Importante è stabilire il legame fra i coniugi. Secondo Aristotele non si tratta di *eros* (quello riguarda il maestro-allievo ovvero pederastia, da pais, ragazzo), bensì di filia che si può tradurre con affetto, amicizia e similia.
Riguardo all' eros e alla pederastia, va detto che essa non va assolutamente confusa con il termine odierno e men che meno con la pedofilia o l'omosessualità. I greci avevano un'idea affatto diversa dalla nostra attuale: l'uomo poteva, o, forse meglio, doveva, avere rapporti, purché attivi, con il pais, il quale, data l'età, non era ancora un uomo. La coppia formata da questi due maschi (adulto-ragazzo) è altamente commendevole, purché anagraficamente assimmetrica, ove l'amante adulto (erastes) svolge addirittura un compito civico nei confronti dell'amato adolescente (eròmenos), contribuendo alla formazione di un nuovo membro della polis.
L'amore pederastico è il massimo a cui in Grecia si possa aspirare ed è ben spiegato da Platone nel Simposio, attraverso il mito originario *dell'uomo doppio*.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXV

Il pensiero platonico


A.N. Whitehead ebbe ad affermare che la caratteristica più sicura della filosofia europea consiste in una serie di note, a margine, di Platone. ;)
Il Nostro ha posto tutta una serie di interrogativi che ci obbligano ancora oggi a confrontarci con quanto ha detto/scritto e la prima lezione è che la filosofia, a differenza di ogni altra forma di conoscenza/credenza (rivelata o no), si fa dialogando.
La dottrina platonica che ha provocato più commenti nel corso dei secoli è quella delle *idee*, ma Platone pensava, più che, ad es, alle idee sulla cavallinità, a quelle matematiche o alle nozioni universali di bello, bene, della giustizia, di uno e di molti. Insomma tali idee non sono quelle immagini imprecise e oscure che gli uomini vedono nel fondo della caverna (il mondo sensibile), ma entità eterne (iperuranie), alla visione delle quali ci deve condurre il ragionamento filosofico. Socrate accetta la morte proprio perché ha chiara l'idea della giustizia e di tutte le altre idee astratte, che è riuscito a conoscere e far sapere con l'arte maieutica.
Solo se si capisce Platone si potrà comprendere ciò che è avvenuto dopo di lui. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXVI

Platone


Il padre apparteneva alla élite della democrazia periclea mentre lo zio materno, Crizia, era il capo della fazione oligarchica che, con un colpo di Stato, portò al potere i c.d. trenta tiranni nel 404 a.c. In questo governo, era partecipe un altro zio: Carmide. Ma l'educazione politica del Nostro si deve soprattutto a Socrate. Il maestro avversa il regime democratico, nel quale ravvisa il predominio della demagogia, ma rifiuta altresì il sanguinario esperimento degli Oligarchi. Il nuovo regime, instaurato (dopo i Trenta Tiranni) si rende colpevole della morte di Socrate (399 a.c.) e agli occhi di Platone la città richiede una riforma tanto radicale, quanto troppo difficile e pericolosa da essere tentata e quindi è meglio rinunciare alla partecipazione diretta! Un decennio dopo prova a prendere contatto con il potente tiranno di Siracusa per cercare di convertirlo alle sue idee, ma ne rimarrà ben presto deluso e farà ritorno ad Atene, dedicandosi poi, per tutta la vita, alla costruzione di una scuola: l'Accademia, che avrebbe dovuto preparare un ceto dirigente, capace di realizzare un "governo filosofico" della polis. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXVII

Gli scritti di Platone sono tuti in forma di dialogo, con la sola eccezione dell'Apologia, con Socrate come protagonista. Lo stesso personaggio però non ha una rappresentazione uniforme, anzi le posizioni che sostiene variano parecchio, ma tali differenze vanno interpretate, non solo e non tanto, come effetti di un processo evolutivo lineare, bensì sulla base del variare degli interlocutori, delle situazioni, dei temi discussi. Ma nei dialoghi si comprende comunque che c'è un modo di pensare unitario ed è quindi d'uopo interrogarli per scoprire i lineamenti di questo pensiero. :)
Gli aspetti ricorrenti nella filosofia di Platone è possibile identificarli in modo schematico:
a) Critica dei regimi dominanti
b) Teoria dell'anima: divisione e immortalità
c) Teoria delle idee, come oggetti eterni, solo pensabili
d) Teoria della dialettica, come comprensione della realtà
e) Infine la struttura trasversale del pensiero, vale a dire la costante tendenza a costuire coppie polarizzate (es. essere/divenire, uno/moltreplice, vero/falso). A questo elemento di polarizzazione, Platone aggiunge un terzo elemento, di mediazione.
Questa pluralità di elementi teorici tende a disporsi nella figura di un quadrato, ai cui vertici stanno la politica, l'etica, l'ontologia e l'epistemologia e cominciare dall'uno o dall'altro vertice dipende più dal ounto di vista dell'interprete che di quello del filosofo. :) Noi prenderemo le mosse con la politica.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXVIII

La malattia della città


La polis non è mai riuscita, secondo Platone a realizzare il progetto storico di una comunità unita, in grado di fungere da luogo primario di identificazione del cittadino, sostituendo le primitive appartenza di famiglia e/o di ceto. Essa è sempre rimasta divisa in poveri e ricchi e ognuno di questi campi composto da tante caselle quanti sono gli interessi privati.
I regimi derivanti, oligarchia e democrazia, sono entrambi fallimentari; il primo aveva l'unico obiettivo di incrementare il patrimonio degli oligarchi, il secondo è solo il governo di incompetenti, eletti da masse ancora più ignoranti che non poteva portare ad altro che alla deriva demagogica! (E lui non ha conosciuto il Berluska :diavoletto: ) Chi sottoporrebbe a votazione la terapia da seguire per una malattia, invece di affidarla a un medico professionista? Ma nella politica, i governanti incapaci hanno bisogno del consenso degli elettori e invece di guidarli, li bladiscono, promettendo loro quello che desiderano, anche si si tratta di misure rovinose per la comunità. Se di fronte a una giuria di bambini si presentassero un pasticcere (il Berluska) con le sue golose offerte e un medico che prescrive un farmaco amaro per curare i danni prodotti dall'altro, a chi andrebbe il voto? :dubbio:
Infantile è per Platone la massa democratica. :cincin: L'esito probabile della demagogia siffatta è quella malattia terminale della città, rappresentata dalla tirannide.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXXIX

È tipico del pensiero platonico il collegamento fra dimensione pubblica e anima individuale e quindi la malattia della città è al tempo stesso lo specchio dell'individuo.
Riguardo all'anima il Nostro ne sostiene l'immortalità, però se ne possono vedere due forme:
a) solo della parte razionale e quindi, dopo la morte, non conserva nessun carattere individuale e questa interpretazione permette di di pensare a una conoscenza "a priori" delle idee (reminescenza).
b) l'anima nelle sua intierezza e in quel caso si può ipotizzare nell'al di là una vicenda di premi e di punizioni per la condotta durante la vita: un incentivo alla giustizia.
Nell'apparato psichico della gran parte degli uomini esiste un equilibrio energetico che favorisce le parti irrazionali e vede l'altra perdente. Ne risultano esistenze disarmoniche e infelici, tese alla ricerca di un qualcosa di irraggiungibile, perché non c'è limite al desiderio di successo o di piacere! La città sarà dunque il teatro di lotte perenni per il potere, la ricchezza e l'eccesso edonistico! :x
Per Platone la possibile soluzione è trasformare l'eros in amore per la conoscenza, la giustizia, la bellezza, anziché in un desiderio di sodisfazione sessuale. Ma ciò si potrà avere solo se l'indivuo sarà aiutato da una comunità che abbia questi ideali.
Siamo in altre parole in un circolo vizioso, che solo i filosofi possono spezzare.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XL

Questa celebre affermazione platonica sollecita due domande:
a) come potrebbero i filosofi conquistare il potere?
b) che cosa legittima la loro pretesa di essere medici della città e dell'anima?

La risposta che ci dà Platone è che si dovrebbe abolire, almeno per il gruppo al governo, la proprietà privata dei patrimoni e i vincoli affettivi famigliari, ovvero togliere quella strutture sociale che in Grecia ha nome òikos. Nessuno dei governanti dovrà più dire "questo è mio" e i figli (eventuali) saranno allevati in modo comunitario. L'abolizione della famiglia consentirà almeno a quelle donne di liberarsi dei compito casalinghi e di ricevere un'educazione simile a quella dei maschi e quindi potranno raggiungere quella parità che la ristrettezza delle pareti dell'òikos non ha mai permesso loro! :x
La parte desiderante dell'anima, che continua a prevalere nel ceto dei produttori e commercianti, ai quali è consentita la proprietà privata, sarà tenuta sotto controllo da una società che prevede una corretta distribuzione dei ruoli di comando e i governanti, ormai liberi nella mente, riprodurranno una società giusta e non ci sarà più bisogno di un potere coercitivo, come talvolta è occorso agli inizi, quando, per usare una metafora, la città era ancora nello stato infantile.
La realizzazione di questo progetto, sottolinea Platone nel V e VI libro delle Repubblica, è molto difficile, ma non impossibile. Per arrivarci la via più breve non può essere quella della democrazia/demagogia, bensì convertire un potente monarca o tiranno, o uno dei suoi figli, alla pratica della filosofia o, al meno convincerlo a seguire i consigli dei legislatori filosofi. :) Costoro non saranno certo relativisti, come i sofisti, bensì sanno che esiste la giustizia, il bello, il bene che devono costituire la finbalità e il fondamento dell'azione morale individuale e della sua estensione politica.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLI

La teoria delle idee


Platone contro i sofisti (iper-relativisti) sostiene che le loro teorie sarebbero inconfutabili se l'unica realtà esistente fosse quella che ci è presentata dall'esperienza sensibile, che, come sostengono Gorgia e Protagora, è estremamente variabile; noi possiamo dire ora che quella ragazza è bella, ma può non esserlo più fra un anno; possiamo altresì considerare giusto restituire gli oggetti che ci sono stati affidati in custodia, ma può esserlo molto meno se sappiamo che dovremmo restituire la sua spada a un amico che, al momento, è impazzito, e vuole riaverla per fare una strage! :x
Ma se fosse possibile individuare un livello di realtà diverso da quello empirico, forse potremmo falsificare le tesi dei sofisti e sottrarre la descrizione del mondo ai vincoli del relativismo soggettivistico. La matematica e la geometria sembrano a Platone un buon campo per uscire dall'impasse, perché i teoremi della geometria costituiscono enunciati universali (non dipendono cioè dalle opinioni soggettive). Il teorema di PItagora non vale per questo o quel triangolo lì, ma per il triangolo in generale, quello che ciascun umano ha come idea. Il triangolo ideale è sempre uguale a se stesso. :)
P.S.
Una tradizione tardo - antica ci tramanda che all' ingresso dell' Accademia platonica c' era scritto : "Non entri chi non é geometra " . :diavoletto:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLII

Il modello geometrico può essere applicato anche al linguaggio. Prendiamo ad es. i seguenti enunciati: Socrate è giusto, restituire i prestiti è giusto, obbedire alla legge è giusto; nessuno dei soggetti è identico alla proprietà che gli è attribuita: Socrate non è la giustizia e possiede anche altre proprietà, perché può essere giovane o vecchio, vivo o morto etc. Invece il predicato, cioè la qualità che è assegnata al soggetto (nel caso: giusto) è invariabile, per cui si può dire che che giusto, bello etc, sono predicati invariabili e universali, che si possono riferire a soggetti e circostanze che sono invece mutevoli. Resta però da definire ciò che Platone chiama "giusto in sé", ovvero la giustizia stessa, perché solo l'idea di giustizia è perfettamente giusta e il Nostro la definisce nella Repubblica: "fare ciò che spetta a ognuno", così come il triangolo è "figura con tre lati, la somma dei cui angoli è uguale a 180°.
Aristotele cercherà di confutare l'ipotesi del maestro, per cui il predicato è più reale del soggetto. Per lui le qualità di giusto, bello, grande non possono esistere, se non come determinazioni di una realtà primaria, di cui sono attributi e cioè Socrate o questo albero qui (non l'albero, né l'uomo in generale).
Per rispondere ex ante ad Aristotele, Platone formula uno dei suoi teoremi più complicati, quello della partecipazione (méthexis) fra cose e idee:
l'idea di giustizia deve essere in qualche modo la causa del fatto che "Socrate è giusto", perché solo partecipando a essa, lui diventa tale. Le idee sono concepite come modelli, mentre le opere dei singoli sono solo copie, inevitabilmente imperfette e instabili. Il falegname che costruisce un letto, si ispira al modello ideale di letto, che lui ha in testa e solo dopo lo trasferirà nella materia.
Un po' più difficile è spiegare il significato, ad es, che il cane Pluto è una copia dell'idea di cane o che l'idea di cane è causa di Pluto!
Ma non solo ...


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLIII

Restando comunque nell'ambito proprio della teoria delle idee, dobbiamo analizzare alcuni aspetti più congruenti. In primo luogo quali sono le idee, vale a dire che cosa si può pensare del mondo idealmente? In secondo luogo, come sono conoscibili le idee?
Alla prima domanda Platone risponde (nel Fedone) "in primis" con le c.d. idee-valore come bello, buono, giusto, In secundis include le idee degli enti matematici: uno, quadrato, angolo, solido. La terza famiglia sarà composta da quelle che Aristotele chiamerà le idee dei relativi: uguale/diverso, grande/piccolo etc.
Alla seconda domanda Platone risponde con il mito: l'anima immortale avrebbe visto le idee nella sua vita extracorporea e ne avrebbe conservato un confuso ricordo che, attraverso l'arte maieutica può riaffiorare, dando luogo alla reminescenza (anamnesi).
Possiamo osservare che il mondo delle idee appartiene quasi intieramente alla sfera della visione, del resto le stesse parole che designano le idee, derivano dalla radice id- che le connette al verbo idein -> vedere e lo stesso verbo che designa l'attività teorica (theoréin) significa propriamente "osservare, contemplare"...


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLIV

Da Repubblica e Fedone possiamo cercare di comprendere che cosa sia la giustizia in sé - l'idea di giusto -. E la risposta porebbe essere "fare ciò che spetta a ognuno". Ma Platone si scontra sovente con il carattere definitivo di ogni percorso conoscitivo, perché in lui c'è sempre la diffidenza per ogni scrittura: essa prescinde dal confronto vivo fra gli uomini! Per questo motivo il Nostro cerchera di sperimentare un modo di conoscenza delle idee per lo più non riducibile a formulazioni definitorie chiuse e invarianti.
Possiamo solo argomentare che "la teoria delle idee" rappresenta solo un tentativo di un'esigenza normativa e fodativa antirelativistica, ma solo un tentativo resta, per lui.
Su un'altra applicazione della teoria, invece Platone è piuttosto chiaro, si tratta della separazione fra due mondi opposti: da un lato quello ideale, invariabile e vero e dall'altro quello empirico, instabile e non capace di conoscenze scientifiche. Se questi due mondi sono concepiti come alternativi, allora al filosofo non resta altra scelta che non sia l'abbandono del mondo empirico.
Però, c'è un'altra soluzione: considerare l'ideale non alternativo, ma fondativo del mondo empirico e questo aspetto della condizione umana è ben illustrato con la celebre "allegoria dell caverna" nel libro VII della Repubblica. Fuor di allegoria, il filosofo che raggiunge la conoscenza della sfera ideale deve valersi del sapere non per negare, ma per rifondare le conoscenze e le credenze vincolate al solo mondo empirico. (Nota mia, tutte le religioni vanno trattate come ombre che in un passato anche recente sembravano luci, ma ormai sappiamo che i religiosi tutti si rtrovavano in una cavena molto scura!)


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https://mowmag.com/attualita/la-bellezz ... nso-tumore

Non è proprio filosofia e potrebbe pure essere messa in scienze o in religione. Comunque ne apprezzerai qualche passaggio sicuramente


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chinaski89 ha scritto: giovedì 14 luglio 2022, 10:06 https://mowmag.com/attualita/la-bellezz ... nso-tumore

Non è proprio filosofia e potrebbe pure essere messa in scienze o in religione. Comunque ne apprezzerai qualche passaggio sicuramente
Grazie e quando uno fa qualcosa insieme a Vallortigara, merita rispetto e considerazione :clap: Nel merito di quel che sostiene Parente, non vorrei peccare di ... però è da parecchio tempo che lo sostengo e per me le stelle e i paesaggi in genere non sono mai stati belli, le prime non le ho mai guardarte, a differenza di Kant, i secondi purtroppo una volta sul percorso da Torino a Grenoble e avevo una paura tremenda, ma altro sentimento no davvero. Un io amico l'altro giorno, per rispondere al fatto che la Fiorentina aveva sconfitto il Real 7-0 (con quattro reti di Jovic) :diavoletto: mi ha mandato una foto da cui si vedeva il mare di Sardegna, dove è in ferie in questo arco di tempo. E forse la mia "riposte" (che non è lo spesso di reponse) lo ha lasciato un po' costernato. :) :cincin:


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Punti di vista sempre interessanti il buon Parente con cui andresti d'accordo su tante cose :diavoletto: ma di cui non apprezzeresti gli scritti più importanti (mentre quello con vallortigara ti piacerebbe), però io non concordo eh: le immagini del James Webb sono magnifiche ed è incredibile quello che abbiamo ottenuto noi esserini casuali ed effimeri ed anche i paesaggi mi piacciono molto, soprattutto se montuosi :)


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chinaski89 ha scritto: giovedì 14 luglio 2022, 10:58 Punti di vista sempre interessanti il buon Parente con cui andresti d'accordo su tante cose :diavoletto: ma di cui non apprezzeresti gli scritti più importanti (mentre quello con vallortigara ti piacerebbe), però io non concordo eh: le immagini del James Webb sono magnifiche ed è incredibile quello che abbiamo ottenuto noi esserini casuali ed effimeri ed anche i paesaggi mi piacciono molto, soprattutto se montuosi :)
Soprattutto, se non lo avessi letto, ti consiglio il libro di Vallortigara e ... "Nati per credere". Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin.
... Vittorio Girotto (Autore, purtroppo stavo per scrivere scomparso, ma in relatà è morto!) Telmo Pievani (Autore) Giorgio Vallortigara (Autore)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLV

Come è fatto il mondo?


Il Timeo, dove espone tale concezione, ha avuto un'immensa influenza nella tradizione neoplatonica, ma soprattutto in quella cristiana medievale.
Il demiurgo aveva come proprio modello il mondo ideale e il compito di trasferire questo modello in una realtà spazio-temporale disordinata. In altre parole creare ordine dal disordine (esattamente il contrario dell'entropia).
Per Platone il Cosmo è un essere vivente e il Demiurgo lo dota di un'anima (l'anima mundi del medioevo), alla quale è affidato il compito di salvaguardare l'ordine provvidenziale, una volta esaurita l'azione del divino artefice.
Per quanto riguarda l'uomo, per Platone le malattie sono tutte di natura psico-somatica, risultanto dal cattivo rapporto fra anima e soma (appunto) e la cura sarà una più corretta formazione educativa dell'anima.
Aristotele accuserà questo mito di appartenere più all'ambito della poesia che a quello della scienza della natura, o forse meglio ancora della teologia, ma forse è proprio ciò a cui Platone mirava; essa fornirà nelle Leggi il fondamento etico-politico della città giusta, basata più sul rispetto delle Leggi che sulla filosofia e destinata a sostituire quanto aveva delineato nella Repubblica.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLVI

La scrittura come forma del sapere filosofico


I filosofi degli inizi avevano sperimentato varie forme espressive, a cominciare dall'esametro omerico. I saggi sapienziali di Parmenide e Empedocle si valgono appunto dell'autorevolezza della scrittura poetica, mentre Eraclito affida il pensiero alla forma, altrettanto prestigiosa, della sentenza oracolare. Anassagora invece si affida alla prosa, più diffusa in Attica che in Sicilia, Magna Grecia e Ionia.
Negli ultimi decenni del V secolo il gruppo socratico decise l'adozione di quella forma espressiva, il dialogo che, di solito, si attribuisce a Platone, ma che invece è probabilmente la modalità nella quale il Nostro si era formato.
Il dialogo non è nemmeno un'invenzione socratica, ma è preso dal dibattito politico nell'assemblea e nella boulè e di quello giudiziario nei tribunali.
Il dialogo socratico è però diverso da quelli di cui sopra, perché esso costituisce una rappresentazione (mìmesis) di incontri che si presumono realmente avvenuti e fu adottato molto presto da numerosi altri autori.
Nella grande stagione del Dialogo, ciò che la filosofia mira ad affermare non è un insieme di contenuti dottrinali, bensì uno stile di razionalità teso a influenzare costumi e scelte morali. Il dialogo vuol spingere al pensiero critico, rivolto contro i pregiudizi e le persuasioni irrazionali tipiche, ad es, delle religioni dogmatiche. :x


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLVII

Molto interessante è quello che scrive Platone a proposito della scrittura nel Fedro: "Essa è indeguata a esprimere la filosofia, perché ne irrigidisce i contenuti, che invece devono prendere forma solo nel dialogo vivo fra gli uomini. La scrittura è necessaria per i posteri: solo così la generazione dei grandi padri scomparsi può venire definitivamente congedata. Platone conta che la città che si riconosce ancora in quei padri possa essere convinta a non ripetere gli stessi errori e dotarsi di saperi più duraturi.
La straordinaria ampiezza e la potenza retorica di questo processo di interrogazione critica di un'intiera epoca storica contribuiscono a fare dei dialoghi platonici un grandioso affresco intellettuale del mondo pericleo. Il successo della strategia platonica dipende, a parere di chi scrive, dal prendere estremamente sul serio i rivali intellettuali affinché la confutazione possa risultare più rigorosa e convincente, anche se poi nei dialoghi non si rinuncia all'arma dell'ironia. :)
P.S. Dopo Platone, questa forma letteraria decade e anche gli allievi sceglieranno il trattato.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XLVIII

La filosofia di Aristotele


Se gli stereotipi possono dirci qualcosa, la definizione Dantesca del Nostro, come "maestro di color che sanno", scritta quasi sedici secoli dopo, ci dimostra quanto sia stata vasta e duratura la fama di Aristotele come il filosofo per eccellenza e, ancora oggi non si può ignorare la sua "ingombrante" presenza. Cùome vedremo, molti termini filosofici ancora in uso ricalcano quelli dello stagirita, anche da parte di chi ignora questa eredità e con Tommaso d'Aquino l'aristotelismo diventerà la filosofia ufficiale della teologia cristiana.
Che cosa ha fatto di Aristotele il filosofo da cui non si può prescindere?
In primis possiamo citare la logica, perché la teoria del sillogismo fa ancora parte degli studi logici contemporanei, così come rimangono principi ineludibili, anche da parte di chi li critica, quelli dell'identità, della non contraddizione e del terzo escluso.
Nel suo antiplatonismo, ha consegnato ai posteri un pensiero della sostanza, della forma e della materia, della potenza e dell'atto, gli strumenti della deduzione e dell'induzione, della definizione, una classificazione dei generi e delle specie che, benché variamente riformulata, continua a coinvolgere il pensiero moderno.
In estrema sintesi possiamo dire che Aristotele ci ha insegnato, ricorrendo a metodi empirici e osservando la natura, a parlare del mondo in cui viviamo e senza di lui non si comprenderebbe moltissimo di quello che è avvenuto dopo. ;)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. IL

Ambiente culturale della Grecia del periodo: la Paidèia


Il termine è tradotto di solito con educazione, ha come etimo pais -> bambino e indica il processo attraverso il quale il ragazzo acquisisce le capacità e i valori che organizzeranno la vita adulta, ovvero passerà dalla paidia (gioco) alle attività politiche e militari, proprie del cittadino. L'Iliade e l'Odissea, attraverso le azioni degli eroi, forniscono i modelli di questa formazione. Non per tutte le città la paideia è la stessa, perché ad es, a Sparta le attività militari sono prevalenti, mentre ad Atene assume maggiore importanza la formazione intellettuale e culturale. Nella capitale dell'Attica non esisteva però un'educazione pubblica, essa era per lo più affidata alla famiglia e, solo per i più abbienti, ci sono i maestri privati, come i c.d. sofisti.
Il nucleo dell'insegnamento sofistico consiste nell'insegnare a conoscere le proprietà del linguaggio e dei vari tipi di discorso che possono servire a convincere chi ascolta. Un grande critico di simile paideia fu Aristofane che accomuna quella sofistica con la socratica e nelle Nuvole ci fa vedere che il risultato è il rifiuto dell'autorità del padre, che sarà addirittura picchiato dal figlio, oltre che la dilapidazione di tutti i suoi beni. Per Aristofane questa educazione è formata da discorsi a vuoto, dove s'impara soltanto a coltivare la lingua, mentre la vecchia paideia ginnico-musicale aveva portato la vittoria di Maratona. :D Nei capi di imputazione del processo a Socrate ci sarà anche quello della corruzione dei giovani.
Platone metterà grande impegno nel distinguere invece l'attività educativa di Socrate da quella dei sofisti, perché il di lui maestro ha per scopo la liberazione delle menti da false credenze ed errori, per cui si cerca di aiutare il proprio sé interiore e non di convicere gli altri.
Platone andrà oltre Socrate nella paideia, perché ritiene impossibile lo strumento dell'istruzione privata, destinata ai pochi allievi che seguono il maestro nelle dissertazioni peripatetiche, e organizza l'Accademia sul modello di ciò che auspica: un'educazione pubblica regolamentata e non abbandonata soltanto all'uniziativa delle famiglie.


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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. L

Aristotele è considerato l'inventore della logica, cioè la scienza che studia le leggi del pensiero espresse nel discorso (logos). Questa definizione si trova nelle opere che la tradizione ha riunito sotto il nome di Organon, cioè strumento, ritenendo appunto che la logica sia uno strumento di cui si servono la varie scienze.
Nella prima di tali opere, Egli distingue gli enti che esistono in sé, per esempio un uomo, dagli enti che esistono in altro, per es. il colore bianco. Chiama i primi sostanze e i secondi, accidenti.
Fra le sostanze, si possono distinguere le sostanze prime: i soggetti individuali, come Socrate o Platone, dalle sostanze seconde, che sono le specie universali predicate dei soggetti individuali, vale a dire la categoria uomo o quella di animale.
Le sostanze prime sono condizione dell'esistenza di tutte le altre cose, ovvero le sostanze seconde e gli accidenti; anche fra gli accidenti ci sono individui, per esempio un certo bianco e universali: il bianco in generale o il colore.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LI

Negli analitici primi Aristole espone la famosa scoperta del sillogismo o deduzione: da due proposizioni universali, dette premesse, consegue necessariamente una terza: conclusione. Per es, se tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore, cioè più universlae) e tutti gli Ateniesi sono uomini (premmessa minore), allora tutti gli Ateniesi sono mortali (conclusione).
Se in un ragionamento, al contrario di prima, le premesse sono particolari e la conclusione universale, non si ha la deduzione, ma l'induzione (epagoge); in questo caso, tuttavia, la conclusione non consegue necessariamente dalle premesse: a) se l'uomo, il cavallo e il mulo sono animali senza bile (prima premessa particolare) b) l'uomo il cavallo e il mulo sono longevi (seconda premessa particolare), c) allora tutti gli animali senza bile sono longevi (conclusione universale). :dubbio:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LII

Negli analitici secondi s'illustra un tipo particolare di sillogismo, detto scientifico o dimostrazione. Esso ha luogo quando le premesse sono vere, per cui lo sarà necessariamente anche la conclusione. E quando le premesse sono prime, non derivando da altre, si possono chiamare principi
Es. di principi sono i numeri per l'aritmetica e la grandezza per la geometria, oppure un principio comune a tutte le scienze è quello di non contraddizione e un altro: del terzo escluso.
Nei topici Aristotele illustra un diverso tipo, detto sillogismo dialettico, in cui le premesse sono endoxa (il contrario di paradoxa), cioè ammesse da tutti. In questo caso tali premesse si possono considerare per lo più vere. Il sillogismo dialettico si usa quando fra due soggetti, uno tenta di confutare la tesi dell'altro. In genere costui riesce a farsi concedere dall'avversario (mediante opportune domande) premesse endoxali, dalle quali sia possibile dedurre la tesi che nega la tesi sostenuta dall'avversario. ;)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LIII

Fisica e cosmologia


La prima forma di conoscenza dell'uomo è la percezione degli oggetti sensibili e questa esperienza ci porta al *che* delle cose. La scienza e la filosofia sono invece apprendimento del *perché* (causa).
Il primo oggetto del quale Aristotele ha cercato di avere scienza è la natura (physis), cioè l'insieme dei corpi che divengono da sé e che appunto differiscono dai prodotti dell'afrte umana. Egli dimostra che è possibile determinare le cause del divenire naturale e quindi avere una scienza della natura: la fisica. Nel De caelo descrive la struttura dell'universo, formato, come per tutti i filosofi precedenti, di cielo e Terra, con quest'ultima collocata al centro e immobile, mentre il cielo è una sfera che contiene in sé la Terra, i pianeti, gli astri, che si muovono di moto circolare intorno alla Terra. Omettiamo il come si muovono gli astri, quel che importa sottolineare è che Aristotele ha una concezione finalistica (teleologica, da telos->fine), però non si tratta di un finalismo dovuto all'azione di una intelligenza esterna e quindi non implica un fine unico ed esterno, bensì interno a ogni parte della natura.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LIV

La parte della fisica che più interessa Aristotele riguarda gli esseri viventi, che espone nel De Anima. Per lui l'anima è la capacità di vivere: per le piante ci sarà solo la nutrizione e la riproduzione, per gli animali anche il movimento e la percezione e negli esseri umani si aggiunge il pensiero e le attività connesse, come il conoscere e il desiderare. Quando il desiderio è rivolto a un bene intelleggibile, esso prende il nome di volontà e induce l'uomo alla realizazzione di tale bene attraverso l'azione (praxis), perciò l'intelletto in questo suo uso è detto pratico.
Per quanto riguarda gli animali, il filosofo ha descritto l'anatomia e la fisiologia di circa 500 specie, per cui può essere considerato il fondatore della zoologia, la sua teoria, che sarà chiamata epigenesi, si fonda su un piano che va dai vari organi verso il fine prestabilito dell'individuo pienamente formato e nei tempi antichi si imporrà su quella della preformazione, secondo la quale tutti gli organi sono contenuti in miniatura nell'embrione, sin dall'inizio del suo sviluppo.


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Filosofia prima o metafisica


Nella metafisica, titolo attribuito all'opera dagli editori per indicarne la collocazione: dopo (meta) le opere di fisica, Aristotele espone le cause prime dell'intiera realtà. Per lui ne esistono quattro, cominciando da quella materiale, scoperta da Talete. La causa motrice, come indicato da Empedocle (Amicizia e Cortesia) e da Anassagora (l'intelletto che fa aggregare e disgregare i corpi). La causa formale trova assertori nei pitagorici con i loro numeri, ma soprattutto in Platone con la teoria delle idee. Nessun filosofo precedente aveva, nemmeno accennato alla quarta: la causa finale.
Pur senza averne intenzione, nella Metafisica il Nostro costruisce la prima storia della filosofia, che è servita da modello per tutte quelle successive. :)


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Passando a esporre la sua filosofia prima, Aristotele osserva che tutte le cause da essa ricercate sono cause dell'essere universale, mentre le altre scienze cercano anch'esse i principi, ma di enti particolari. All'essere in quanto essere (universale) si applicano sia la non contraddizione e quello del terzo escluso che servono da assioni, cioè non devono essere dimostrati , perché sono proprio loro la condizione di tutte le dimostrazioni. Però possono essere difesi mediante confutazione delle loro negazioni. Ad es, per poter negare il principio di non contraddizione, l'interlocutore (l'avvocato del diavolo :diavoletto: ) dovrà dire qualcosa, pronunciare almeno una parola (diciamo: uomo), dando a essa un significato detrminato (facciamo: animale razionale); ma nel momento in cui farà questo, non potrà certo affermare che l'uomo è un animale irrazionale e con ciò avrà ammesso il principio di non contraddizione. :D Se invece l'avvocato si rifiuterà di parlare o di dare un significato determinato all'uomo, sarà come una pianta, cioè un vivente che non parla, per cui non ci sarà nemmeno bisogno di confutarlo. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LVII

La filosofia prima dovrà cercare le cause delle sostanze e poiché alcune sostanze sono eterne (i corpi celesti), a maggior ragione saranno tali le loro cause ed eterno è sinonimo di divino, pertanto la filosofia prima può anche dirsi scienza teologica. Ma ciò non significa che la filosofia prima sia una teologia, sia pure razionale, perché il divino è solo uno dei generi di cause prime, mentre la nostra filosofia deve cercare tutti e quattro i generi di cause prima delle sotanze: materiali, formali, motrici e finali. La nostra filosofia deve essere una scienza universale. :) Ma in primis, dobbiamo rispondere alla domanda: che cosa è la sostanza?


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LVIII

Per rispondere alla domanda si possono prendere quattro tipi di realtà:
a) il sostrato materiale, ovvero la realtà prima dei presocratici
b) gli universali di Platone
c) la forma o essenza, ovvero tutto ciò che risponde alla domada: che cos'è?
d) il "sinolo", cioè l'intiero, composto di materia e forma

I requisiti necessari per essere sotanza, secondo Aristotele, sono la capacità di esistere separatamente e di essere determinato, per es. un certo uomo, per cui solo il terzo e il quarto tipo possono essere, per il Nostro, qualificati sostanze, con l'avvertenza che la forma precede il sinolo quale sostanza prima, perché essa è la causa per la quale un certo uomo è. Naturalamente la forma in questione è sempre forma di materia (non certo di idee) e individuata.
La materia e la forma sono identificati da Aristotele con la potenza e l'atto, perché il mutamento consiste nell'assunzione da parte della materia, che è in potenza, della forma in atto.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LIX

Etica e politica


Fisica e filosofia prima sono scienze teoretiche, cioè aventi per fine la conoscenza pura (theoria), ma esistono, per Aristotele, anche scienze pratiche, fondate sull'azione (praxis), ovvero l'agire per il bene.
Egli distingue la scienza che persegue il bene dell'individuo, da quella che riguarda la famiglia e la città. Il bene supremo che l'uomo ricerca è la felicità, raggiungibile attraverso l'esercizio nel modo migliore possibile delle proprie capacità. Queste si possono distinguere in capacità/virtù dianoetiche (eccellenza della ragione) ed etiche (eccellenza del carattere).
Le virtù etiche consistono nel giusto mezzo, determinato dalla ragione fra due vizi opoposti, per es, il coraggio è l'equilibrio fra viltà e temerarietà.
Le virtù dianoetiche riguardano l'eccellenza della ragione scientifica (teoretica) sommata a quella calcolatrice, pratica, che corrisponde alla saggezza; quest'ultima è inferiore alla sapienza, che è la virtù della parte più alta dell'uomo e quindi la saggezza prescrive quali azioni compiere e quali no, per raggiungere la sapienza.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LX

La felicità, secondo A. comprende anche il piacere, ma il sommo bene consiste essenzialmente nella "vita teoretica", cioè dedita alla ricerca, allo studio e ad attività aventi per fine la conoscenza. Questo tipo di vita è fine a se stesso e assomiglia a quello che per alcuni è il concetto di dio, :) ma l'uomo non può vivere senza le altre virtù e i beni esterni, perché ha bisogno anche di essi. Per questo motivo il filosofo deve indicare ai legislatori il modo perché la polis possa prosperare. Solo se la città funziona, l'uomo, che è un animale politico, può realizzarsi al meglio.
Condizione quindi, per la felicità dell'uomo e della polis è una buona costituzione, ovvero un buon governo.


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Attualità delle poetica e della retorica in A. di U. Eco


Da un punto di vista puramente filosofico le idee di A. sono datate, mentre i due testi in oggetto dicono ancora molto all'uomo di oggi.
La poetica si considera come una teoria della narratività in generale, tant'è che è stata usata anche per il cinema. :)
A. sostiene che l'arte imita la natura attraverso immagini piacevoli di persone che agiscono. Lo spettacolo teatrale imita un'azione attraverso un mythos e cioè un racconto di una serie di fatti. Per capirci meglio, Sofocle, di Edipo, ci racconta la storia fino alla rivelazione finale, però l'intreccio non occorre che sia lineare, tant'è che la tragedia comincia con il protagonista già re e solo in seguito, con quello che nel cinema si chiama flashback, si capirà (a poco a poco) il dramma dell'uomo, voluto dagli dèi!
Secondo A. il poeta non deve necessariamente riferire fatti veri, basta che siano verosimili, costruire cioè dei mondi possibili e quindi la poesia è più elevata della storiografia, perché la prima ci fornisce una verità più generale: Amleto non è solo un personaggio a cui capitano alcuni accidenti, ma ci propone altresì una visione dell'umanità, nella quale ci possiamo riconoscere e per questo ci appassiona ancora. Nella tragedia la Catastrofe finale deve avvolgere lo spettatore o il lettore con uno stato di pietà e terrore e, attraverso la partecipazione a queste due passioni, avviene la catarsi per noi. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LXII

Con la retorica, A. tratta un argomento scottante, perché Platone aveva gettato un pesante sospetto nei confronti degli argomenti persuasivi, propri dei sofisti. Egli, invece, con molto realismo, riconosce che nella vita associata non ci sono solo discorsi basati su verità inconfutabili, come i principi logici e matematici, e spesso invece si deve argomentare intorno a nozioni soltanto probabili. Esempi si hanno nei discorsi epidittici (come la pubblicità di oggi) in cui si cerca di lodare o biasimare qualcosa o qualcuno; oppure un discorso critico, sulla bellezza o bruttezza di qualcosa, in quelli deliberativi di carattere politico (scelta migliore o peggiore) e infine, più di tutti, forse, quelli giudiziari.
L'arte retorica mira a individuare i mezzi di persuasione che vi sono intorno a ciascun argomento e quello che la distingue dalla sofistica è l'intenzione truffaldina della seconda. Pertanto secondo A. (e anche noi) la retorica rimane lo strumento umanamente ragionevole con cui possiamo dibattere intorno a opinioni, vincendo non con la forza, ma con l'intelletto. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LXIII

Filosofia e scienza in età ellenistica


L'epoca ellenistica ha inizio, per convenzione, dalla morte di Aristotele (322 a.c.) e giunge fino al 30 a.c, data del suicidio di Cleopatra, ultima sovrana d'Egitto sì, ma soprattutto della dinastia dei Tolomei. In questo periodo emerge un'idea più definita di scuola filosofica, ma soprattutto esse acquisiscono una forma istituzionale, con un capo (scholarca) eletto di comune accordo. Le due principali scuole sono quella degli stoici e degli epicurei, ma importanti sono anche i cinici e i cirenaici, oltre a ciò che rimane dell'accademia di Platone e dei peripatetici.
Molti dei movimenti fanno risalire le loro origini a Socrate, però alle varietà di scuole ellenistiche socratiche corrispondono tante idee diverse di Socrate. Un cosa importante da dire è che esiste sì un'etrema varietà, ma mai *arroccamento* sulle posizioni reciproche ed è una caratteristica che non deve sorprendere, in un mondo in cui è una prassi abituale presentare argomentazioni e il loro contrario. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LXIV

Atomismo e caso: la visione del mondo in Epicuro e nell'epicureismo


Epicuro, nato a Samo nel 341 a.c, si trasferisce ad Atene nel 306 e ivi fonda una scuola filosofica nel Giardino, appena fuori città. Comunità epicuree continuano a prosperare in tutto il mediterraneo anche secoli dopo la morte del fondatore, fino ad arrivare ad Attico, l'amico di Cicerone, ma soprattutto Lucrezio. Il "De rerum natura" è stato proprio scritto per presentare al pubblico romano le opere di Epicuro anche se il poema avrà un influenza enorme sulla letteratura latina (Virgilio compreso). In base alle testimonianze in nostro possesso, l'influenza dell'epicureismo continua fino al III secolo d.c. e morirà per la forza del potere cristiano (dopo Costantino e soprattutto Teodosio, che fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell'Impero; per questo fu chiamato Teodosio I il Grande dagli scrittori cristiani ("che ci è stato dato da dio") e le Chiese orientali lo venerano come santo (San Teodosio I il Grande)! :grr:


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Il metodo e la visione del mondo


L'approccio metodologico in Epicuro è empirista: non crede siano del tutto veri i dubbi degli scettici sulla possibilità dei nostri sensi di fornire informazioni utili sulla realtà. Essi ci aiutano a scoprirla, però è bene evitare di trarre conclusioni affrettate sulla realtà materiale basandosi unicamente sulle sensazioni: un remo immerso nell'acqua ci apparirà curvo, ma sappiamo che così non è. E l'altro esempio, ben più importante del remo, è che dovremmo credere che l'universo sia composto da particelle di materia invisibile, gli atomi, che si muovono costantemente nel vuoto e, a volte, si uniscono per formare oggetti macroscopici e dunque visibili. :) La teoria atomistica è presentata come la necessaria conclusione da trarre dalla combinazione fra quello che percepiamo e alcune premesse fomdamentali, indipendenti dai sensi. (continua)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LXVI

Secondo la cosmologia, l'universo è infinito in estensione e durata e il nostro cosmo è solo uno fra gli innumerevoili mondi. Se si pensasse che l'universo è finito, rimarrebbe da interrogarci su che cosa rimarrebbe al di fuori?
Da queste considerazioni derivano anche importanti conclusioni etiche: il prodotto della collisione casuale di atomi non è una *creazione* e, men che meno, per uno scopo preciso! Tutte le cose (animate o no) che ci circondano sono il risultato di diversi tentativi ed errori casuali da cui potevano sopravvivere soltanto gli esemplari più efficienti e adatti. (Darwin non aveva letto Epicuro e nemmeno Lucrezio, ma suo nonno invece aveva approfondito molto il poeta latino e il nipote ne aveva tratto giovamento :) )
Questo non significa che la nostra vita debba essere priva di qualche scopo, Epicuro intende solo liberarci dall'idea (per lui opprimente) che gli esseri umani debbano la loro vita e il mondo in cui vivono a uno o più creatori divini.
La concezione atomistica non è propria di Epicuro, essa richiama quella di Leucippo e Democrito, anche se con almeno una precisazione: gli atomi, pur se indivisibili, come da etimo, sono a loro volta composti di parti (minime secondo la terminologia lucreziana). :clap:


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La visione del divino e della vita ultraterrena


All'interno della loro cosmologia non c'è posto per creatori, però stante che quasi tutti gli uomini credono nell'esistenza di esseri divini, si arguisce che essa debba avere qualche fondamento reale. La maggior parte degli umani attribuisce agli dèi preoccupazioni e caratteristiche per niente necessarie e, addirittura, nemmeno compatibili con la loro natura divina! Se davero esistono gli dèi devono condurre vite ideali e non saranno certo interessati a consuetudini ed emozioni che sono esclusivamente umane. Un dio non potrebbe vivere un'esistenza ideale se si preoccupa di aiutare alcuni mortali da lui prediletti o di punire chi non esegue correttamente i rituali. Allo stesso modo non avrebbe senso per loro sentire il bisogno di creare un mondo, come un giocattolo, e interessarsi o addirittura intervenire per il suo miglior funzionamento e quindi un epicureo può essere pio e devoto agli dèi, ma solo nel senso di riconoscere che essi sono totalmente indifferenti alle cose umane. Ma l'epicuerismo può andare anche oltrre e cioè che ogni uomo che riesca ad attuare una vita senza alcun turbamento, né esterno, né interiore (la c.d. atarassia) può, a buon diritto, essere ritenuto un divinità. Anche se bisogna aggiungere: finché è in vita, perché gli epicurei respingono l'idea di una vita dopo la morte. Ogni atomo della persona si disperde alla morte e considerando questo fatto è del tutto irrazionale essere preoccupati per un'eventuale punizione o ricompensa nel dopo: nulla rimane di noi di quel che eravamo in vita e perciò nulla abbiamo da temere. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LXIX


La natura del piacere


Gli epicurei hanno visto che animali e bambini molto piccoli (non ancora troppo dotati di logos) perseguono il piacere ed evitano il dolore e quindi possiamo arguire che tutto ciò è per loro del tutto naturale. Però, questo non significa che tutti i piaceri debbano essere perseguiti, perché la ricerca di uno può, ad es, impedire il conseguimento di un altro ben maggiore, oppure causare un dolore molto grande. La ragione ci sarà di grande aiuto se vogliamo trarre il massimo vantaggio dalle nostre vite.
Secondo gli epicurei il risultato migliore si ottiene non appena tutto il dolore viene rimosso e a questo punto non si potrà più avere nessun aumento di piacere, ma solo una trasformazione di ciò che è già massimo. :)
Una vita di piacere per gli epicurei non include né lussi, né stravaganze bensì cercare di rimuovere quei desideri che, secondo loro, non sono necessari. Visto che la brama di potere politico è difficile da realizzare e può essere foriero di grande dolore, sarà d'uopo non cercarlo, anzi meglio rifuggirne, come tutte le cose difficili da ottenere. Come esempio simile i Nostri prendono il mangiare: pane e acqua bastano a sodisfare i bisogni naturali in quanto riescono a togliere la fame e la sete (fonti di dolore) Nota mia, ostriche e champagne le lascio volentieri ai "grands viveurs". :D
La strategia generale della dottrina epicurea è improntata all'avversione al rischio, perché esso di solito genera ansia, se non addirittura angoscia e quindi aumenta il dolore! :x
Badate bene; sarebbe sbagliato supporre che gli epicurei abbiano condotto una vita piena di rinunce, semplicemente riconoscono che non sempre ciò che desideriamo è necessario per una vita felice e anzi ... il desiderio smodato di alcune cose rende impossibile un'esistenza priva di affanni. :clap:


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono." :)
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lemond
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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. LXX

Il ruolo dell'amicizia e della società


Gli esseri umani sono socievoli per natura e per questo gli amici possono avere un influsso positivo sulla qualità della vita e questo accade tutte le volte che c'è uno scambio di aiuti e piaceri, basato sulla stima reciproca. I discepoli di Epicuro si incontravano spesso per pranzare insieme e si preoccupano del benessere degli altri e poi fra docente e discente deve esserci "in primis" la preoccupazione del primo di consigliare nel modo più appropriato, tenendo conto dei bisogni personali e delle inclinazioni del secondo. :)
Sulla politica, si pensa che la giustizia nasca dal bisogno di assicurarsi contro l'aggressione e il dolore provocato da altri e una buona legge sarà quella che permette a ogni cittadino di vivere in serenità, ovvero senza grossi affanni. La giustizia non ha valore di per sé e le leggi infatti possono variare (e lo fanno) secondo i contesti e le condizioni delle diverse società, però, prima di infrangere una legge, bisogna essere ben sicuri, perché già la possibilità di una eventuale punizione, genera ansia. :)
Al di fuori del circolo degli amici di Epicuro, i rapporti sono spesso tesi, perchè gli altri trovano sospetto il disinteresse per la partecipazione alla vita pubblica e che il loro paradigma sia l'idiota, cioè colui che sta nascosto in un’ottica circoscritta al proprio orticello, ai propri interessi, incompetente circa i grandi meccanismi che muovono il mondo; ma così non partecipa al male che gli sta intorno e non concepisce le bassezze e le ipocrisie cui l’uomo politico ha fatto il callo. Da qui prende le mosse l’omonimo capolavoro di Dostoevskij. :)


Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì :bll:

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.

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