Filosofia

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Re: Filosofia

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Agamben ha evidenziato come la pandemia di Covid19 abbia dato vita a una gestione governativa emergenziale per la quale sono stati sospesi molti diritti liberali. La sua posizione contro l'obbligatorietà del vaccino e la conseguente schedatura dei soggetti vaccinati (posizione verso la quale sono confluiti Cacciari e Vattimo) tende a porre un argine per evitare quella che egli chiama 'dittatura sanitaria'. Il filosofo non si muove su una linea antiscientista ma mette in evidenza cosa si intenda col concetto di 'biopolitica.
Per questo motivo posso inserirlo in questa discussione, anche se quanto trovo qui non mi pare c'entri molto con la filosofia, nonostante si prenda le mosse da Spinoza. :x

P.S. Quella della Morante, se è filosofia, la definirei, per usare le parole di Neme ... "d'accatto!" :diavoletto:


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Cogito, ergo sum o no?


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Piergiorgio Odifreddi: Chi ha letto le Confessioni si accorge che San Agostino era un pervertito



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Il video, purtroppo si interrompe prima, ma così è se vi pare ;)


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Re: Filosofia

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Libero arbitrio secondo Orson Scott Card

C'è qualcosa che gli uomini hanno, qualcosa che siamo e che non è stata programmata da nessuno? Non certo l'anima, perché Sant'Agostino, l'inventore cristiano di essa, sostiene che ce l'à data Dio e quindi non fa che metterci sotto un burattinaio. Ma più in generale, se è stato un Dio ha creare il nostro libero arbitrio, allora è Lui il responsabile di ogni nostra scelta. Dio, l'ambiente, i geni o qualsiasi altro dannato programmatore che lavora su un antico computer, non è quindi possibile che il libero arbitrio esista, se noi, come individui, siamo il rissultato di una causa esterna. C'è solo l'illusione di esso, perché le cause prime del nostro comportamento sono così lontane nel passato, che rintracciarle è impossibile: se ti salta in mente di lasciar cadere un sasso, l'origine del tuo gesto va a ramificarsi in tutto ciò che è accaduto nell'universo prima di quel momento, così tanto vale pensare che il sasso è caduto, perché la tua umano si è aperta e basta. :)
Il libero arbitrio è un imperativo da credere per poter vivere in società, altrimenti non potresti punire chi uccide, né premiare chi si comporta in maniera commendevole, ci sarebbe solo il caos e quindi, se pur è un'illusione, il risultato che produce è notevole: una società civile. :) Questo vale anche secondo la selezione naturale: chiunque non ci ha creduto, ha agito in modo antisociale e alla fine la comunità, il branco, lo ha scacciato diminuendo così le possibilità riproduttive e i geni, che lo inducevano a non credere, si sono estinti con lui. :diavoletto:


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Re: Filosofia

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Ho finito di ascoltare "L'ordine del tempo" di Carlo Rovelli e lo inserisco qui, perché non è solo un libro sulla scienza e, a questo proposito, riporto una recensione (non so di chi sia)
"Il nuovo saggio di Carlo Rovelli, dopo il successo di "Sette brevi lezioni di fisica", affronta un tema universale. Con "L’ordine del tempo" lo studioso narra i misteri del tempo, qualcosa che riguarda tutti, che ci avvolge e ci coinvolge. Ogni essere vivente ne ha fatto esperienza e vive ogni attimo con un significato, per ognuno differente. La fisica diventa così filosofia e trascende il suo perché prettamente scientifico, volgendo lo sguardo altrove. La scelta di riflettere seriamente sul tempo, sullo scorrere del tempo, sul fatto che la vostra vita sia come distesa dentro al passare del tempo, in una parola sulla temporalità della vostra vita, è una scelta necessaria per Rovelli. I suoi pensieri vi fanno entrare dentro al senso della vostra vita non attraverso una porta di servizio, ma attraverso una delle porte principali. La domanda sul senso del tempo coincide infatti con la domanda sul senso della vita. L’ordine del tempo parte da questo "nodo esistenziale": esistenza umana e tempo. La pienezza della gioia, della vita è minacciata dallo scorrere dei secondi: il fatto che la nostra vita sia come distesa dentro il tempo, le impedisce così di essere piena. Viviamo sempre una parte della nostra vita, un momento di gioia, un attimo di felicità e questo passare o trascorrere del tempo costituisce una minaccia permanente. Sentiamo infine che il tempo è invidioso della nostra felicità. Carlo Rovelli analizza così ogni punto di vista e ci regala nuove visioni in "L’ordine del tempo".
P.S. Non so quanto ho capito, ma mi sembra che in essa si guardi un po' troppo all'aspetto filosofico, mentre nel libro si parla comunque di fisica quantistica.


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Re: Filosofia

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beh, su Rovelli la devono mettere sul filosofico generico, che spiegare la gravità quantistica a loop è complicato...


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Re: Filosofia

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lenti postideologiche
io sti occhialetti li regalerei a na decina de forumisti de mia conoscenza, li regalerei... :hammer:





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Re: Filosofia

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Cthulhu ha scritto: sabato 8 gennaio 2022, 20:07 beh, su Rovelli la devono mettere sul filosofico generico, che spiegare la gravità quantistica a loop è complicato...
Vero però nel mio piccolo sono anni che seguo la divulgazione buona della fisica ed i concetti della loop quantum gravity mi sembra di averli capiti. È abbastanza materiale, in senso fisico, rispetto ad altre astruse teorie che infatti si stanno sgonfiando. C'è un canale YT, skydive phil dove Rovelli, Lee Smoolin e altri spiegano bene le poche idee fondamentali. Canale consigliatissimo a chi interessa.


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Re: Filosofia

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Avrebbe detto Gaber: la libertà dove l'ò messa? Ma da qualche parte esiste, se pur attraverso le catene, vai Carlo. :clap:



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Re: Filosofia

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In questo video Carlo Sini spiega molto bene e con un linguassio assolutamente comprensibile da tutti qual è la funzione della filosofia e perché lo studio di essa dovrebbe far parte dei diritti fondamentali del cittadino e non solo delle persone c.d. colte


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:D



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:crazy: Ma il c.d. santo padre ha davvero espresso questi concetti o è solo una tua burla, Giacomo? :crazy:


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Re: Filosofia

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lemond ha scritto: mercoledì 2 marzo 2022, 9:14 :crazy: Ma il c.d. santo padre ha davvero espresso questi concetti o è solo una tua burla, Giacomo? :crazy:
E' una burla riportata, non mia, che io non ho quella raffinatezza, Carlo. :)


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nemecsek. ha scritto: mercoledì 2 marzo 2022, 22:08
lemond ha scritto: mercoledì 2 marzo 2022, 9:14 :crazy: Ma il c.d. santo padre ha davvero espresso questi concetti o è solo una tua burla, Giacomo? :crazy:
E' una burla riportata, non mia, che io non ho quella raffinatezza, Carlo. :)
Ripristinato il computer (mi è toccato farlo riformattare, perché quegli infami di Microsoft mi aveva installato a tradimento Windows 11!), quindi ora posso risponderti per dire che, secondo me, tu invece sei all'altezza, carssimo Giacomo e non, come Bonaventura, che ama (credo) farsi chiamare Jack. :(


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Re: Filosofia

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lemond ha scritto: venerdì 4 marzo 2022, 12:01
nemecsek. ha scritto: mercoledì 2 marzo 2022, 22:08
lemond ha scritto: mercoledì 2 marzo 2022, 9:14 :crazy: Ma il c.d. santo padre ha davvero espresso questi concetti o è solo una tua burla, Giacomo? :crazy:
, secondo me, tu invece sei all'altezza, carssimo Giacomo e non, come Bonaventura, che ama (credo) farsi chiamare Jack. :(
Ma no, Bonaventura ama farsi chiamare "da Bagnoregio"


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Re: Filosofia

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nemecsek. ha scritto: martedì 1 marzo 2022, 21:29
Escici la fonte di sti meme...daje


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Re: Filosofia

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matteo.conz ha scritto: lunedì 14 marzo 2022, 20:31
nemecsek. ha scritto: martedì 1 marzo 2022, 21:29
Escici la fonte di sti meme...daje

fatte servì
https://www.facebook.com/Drogate2.Zzeus


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Re: Filosofia

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nemecsek. ha scritto: lunedì 14 marzo 2022, 21:20
matteo.conz ha scritto: lunedì 14 marzo 2022, 20:31
nemecsek. ha scritto: martedì 1 marzo 2022, 21:29
Escici la fonte di sti meme...daje

fatte servì
https://www.facebook.com/Drogate2.Zzeus
Volentieri me faccio servì...da te con gran godimento :diavoletto:


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Re: Filosofia

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...E MUORO... :D

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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. I

Che cos'è la filosofia? Qualcuno ha detto che è la disciplina che si occupa delle domande per le quali non c'è risposta. :D
Probabilmente è una definizione esagerata, perché, se è vero che ci sono anche tali domande, esse però non sono proprie solo della filosofia, perché anche in matematica non si sanno tante cose e forse si può correggere il tiro sostenendo che la filosofia si occupa di domande alle quali altre discipline non trovano o non cercano la risposta, tipo che cosa significa essere? E la domanda filosofica più drammatica forse è stata (ed è): "Perché esiste qualcosa, piuttosto che nulla'?" :dubbio: :dubbio: :dubbio:
Ecco altre domande filosofiche, che si pongono anche le persone normali: C'è giustizia nel mondo? Perché bisogna soffrire? Che cosa vuol dire bello? È meglio che tutti siano eguali o che invece ciascuno sia compensato secondo i meriti? Che differenza c'è fra anima e memoria, visto che se uno perde del tutto la memoria è come se non fosse più lui? Quali differenze intercorrono fra ragione, intelletto, sentimento, convinzione, preferenza, scelta per abitudine etc. ? In che misura il corpo interferisce con il cervello?
Se anche a qualcuno possono sembrare futili, simili questioni hanno determinato il nostro sistema di vivere, hanno spinto certi gruppi alle guerre di religione, influenzato le indagini degfli scienziati, determinato il modo di intendere la vita, il divertimento, il guadagno o le nostre miserie, anche per coloro che non se ne sono mai resi conto. :D
La logica è un capitolo della filosofia e chiunque fa ragionamenti logici (basati su inferenze o sillogismi), anche se sbagliati e quindi vale la pena praticare la riflessione filosofica, così come vale la pena di fare ginnastica, per evitare di ingrassare (con il primo atteggiamentoi forse si affina l'intelligenza), :)
Un bambino comprende molto presto che c'è un'identità di patrimonio genetico fra un cane lupo e un pechinese e non fra il primo e un gatto sariano? Un filosofo tradurrà questa domanda (e lo ha fatto per secoli) nei termini di: esistono gli universali e sono un prodotto della cultura e del linguaggio. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. II

Anche la religione si è posto domande simili alla filosofia, ma senza usare la ragione, anche se Tommaso d'Aquino aveva addirittura elaborato cinque modi razionali per dimostrare l'esistenza di dio, che però non erano troppo ragionevoli. :)
I filosofi non sono mai vissuti con la testa fra le nuvole, come vogliono le caricature dei detrattori o della saggezza popolare, che ha sempre scherzato sul professore distratto (prendendo ad es. Archimede e il suo Eureka in bagno) e anzi si può dire che molte intuizioni di scienziati (Copernico, Galileo, Keplero) sono state influenzate ampiamente da teorie filosofiche precedenti o contemporanee.
Chiudiamo questa prefazione col dire che è proprio il pensare filosofico che distingue gli uomini dagli animali. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. III

L'atto di nascita della filosofia è dubbio, così come ha poco senso definire certi filosofi "presocratici", perché Socrate era non altro che il frutto di una situazione storica e culturale che si trova già negli aforismi di Eraclito, nella tradizione pitagorea o negli scritti di Empedocle. Alcuni sostiengono che ad es, Talete e Democrito non hanno mai tematizzato l'ideale di un'attività intellettuale mirata alla pura conoscenza (come invece ha fatto Platone), ma l'assenza di una riflessione teorica non postula che tale ricerca non ci fosse nella pratica di questi due grandi uomini, così come in quella di Anassimandro e Anassimene. Perciò siamo d'accordo con Nietzsche de definiva i filosofi greci, dai presocratinci, tutti di un pezzo e scolpiti da una sola pietra, come abbiamo già scritto poco sopra.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. IV

Le origine delle filosofia *greca* per l'esattezza sono in Ionia, vale a dire nell'attuale Turchia sud-occidentale e MIleto e dintorni raprresentavano nel VII - VI secolo a.c. un centro importante di scambi commerciali fra Oriente e Occidente e questo ha stimolato il confronto critico con le idee elaborate nelle mitologie della Mesopotamia, Fenicia ed Egitto.
Talete per primo diviene l'emblema della vita dedita alla riflessione e questo lo porta anche a essere deriso dalla servetta tracia perché, distratto dalla contemplazione delle stelle, finisce in un pozzo. La figura di Talete come padre ha attraversato indenne i secoli e così conosciamo come per lui il Cosmo generasse da acque primordiali, che ha tratto quasi sicuramente da testi prodotti nell'ambito di grandi civiltà fluviali, come la Mesopotamia (alla lettera in mezzo ai fiumi) o l'Egitto (il NIlo era tutto) o nell'antica poesia greca, con il fiume cosmico Oceano. :)
Quel che possiamo trarre in sintesi da Talete (e poi anche dai successori ionici) è che non esiste il divino primordiale, ma è dagli elementi fisici che tutto tutto deriva. :clap:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. V

Talete con "tutto è pieno di dèi" voleva esprimere una visione della natura animata e così Anassimandro attribuisce "l'immortalità" a un'entità impersonale e astratta, cioè l'àpeiron, un principio senza limiti e senza differenze al suo interno, che funge come un serbatoio inesauribile del divenire di ogni cosa (ovvero della natura). Anassimandro può fare benissimo a meno della teogonio di Esiodo, per lui il cosmo si è formato da quel che già abbiamo detto: l'àpeiron, che assomiglia al big bang dei teorici attuali.
La nascita della vita animata è anch'essa data da interazione di fattori fisici; ma torniamo alla formazione degli astri: la distanza della Terra dal Sole è precisata da A. in termini proporzionali al diametro della Terra e si riflette in questa costruzione un'idea di simmetria ed equilibrio che, per altro verso, si esprime nella posizione centrale della Terra nell'Universo e tutte le cose sono governate dall'àpeiron, che quindi non è solo principio, ma che continua a circondare tutte le cose, assicurando altresì che nessuno dei principii costituivi del Cosmo si faccia sovrano assoluto. L'atto del circondare/regolare (periechein) citato da Aristotele potrebbe essere preso da Anassimandro ed esso compare altresì in Anassimene,il quale lo identifica come principio delle trasformazioni naturali nell'aria, così come la nostra anima (la parola greca psichè significa soffio, aria, e solo dopo anima) tiene in vita noi, circondandoci e quindi tenendoci insieme. Quindi l'arché di Anassimene assegnato all'aria/soffio/anima è assimilabile all'àpeiron e quindi sia in Talete, che Anassimandro e Anassimene si può vedre quel distacco dai miti teistici, a vantaggio di una concezione della natura che trova in se stessa i principii della propria spiegazione. Si ha quindi in questi autori un distacco dal riferimento al sovrannaturale in favore di una regolazione legilativa dei rapporti economici e di potere fra i gruppi di cittadini.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. VI

Mito e destino di Maurizio Bettini

L'idea che la vita degli uomini sia soggetta a un destino, ovvero a una decisione già presa prima della nascita, viene espresso in modo diverso nelle singole culture. Ad es, il destino dei greci era molto diverso da quello dei romani. Per questi ultimi il fatum era il detto, il pronunciato dalle divinità una volta per tutte, il nostro invece si connette alla nozione di legare (questo era il senso primitivo del verbo destinare) e per i greci invece significa ripartire all'atto della nascita porzione per porzione di vita: dalla nascita, appunto, fino alla morte.
In greco tante parole hanno in sé il concetto di porzione: moira ha come radice mer- parte e la dea Moira (pl. Moirai) assegna(no a ciascuno la parte di vita. All'interno delle Moirai, c'è Klotho, la filatrice che rimanda per metafora a quel processo che da una certa quantità di lana grezza, passa alla creazione del filo.
Altro termine usato in Grecia è àisa e anche qui siamo nel campo metaforico del dividere, in Omero àise indicava la parte del bottino assegnata a ogni guerriero, quindi si cambia solo il filo con la preda.
Un terzo nome greco per destino è dàimon, che deriva dal verbo dàiomai: dividere, fare le parti. Esso si usava di solito nei banchetti, perché il dàimon era colui che divideva il cibo e quindi il destino (come dàimon) ci appare chi fa le parti fra coloro che partecipano al banchetto della vita.
Questa idea del destino/porzione fa sì che la mitologia greca conosca diversi racconti fondati sul tema dello scambio della vita, come in Alcesti (la giovane moglie) che dona al marito (Admeto) la propria vita, oppure Castore e Polluce che alternano ciascuno un giorno da vivi e l'altro nell'Ade.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. VII

Mito e destino di Maurizio Bettini


Il termine italiano mito, come tutti gli omonini (quasi) nelle lingue europee derivano dal greco mythos, ma questo non significa che noi e i greci lo interpretiamo allo stesso modo. Essi con simile parola indicavano il racconto, il discorso, la parola e non come pensiano noi solo il racconto sacro, quello favoloso o semplicemente la storia non vera. Il mythos dell'epica è un discorso assertivo, che chiede di essere eseguito e di solito pronunciato da persone/aggi autorevoli. Poi, nel tempo la parola ha assunto quei significati che conosciamo, fino a divenire troppo bizzarro e inverosimile per essere accettato così com'è. E allora gli storici, gli antropologi, i critici letterari, gli psicanalisti etc. si sono messi a cercare nei miti argomenti che possono giustificare il discorso mitico secondo le loro aspettative. E questi lettori/interpreti del mythos sono riusciti a restituire ad esso diverse (ancorché specifiche) autorità, così come aveva nella Grecia arcaica. E quindi, se dovessimo fare una sintesi di ciò che è il mito, ora e sempre, diremmo che è un racconto particolarmente significativo per la comunità alla quale si riferisce.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. VIII

Un sapere iniziatico: PItagora e i pitagorici


Pitagora nasce a Samo (nella Ionia), ma diventa famoso a Crotone dove la sua setta (quasi religiosa) giunge a influenzare la poilitica, in direzione presumibilmente oligarchica e si può presumere che abbia partecipato alla guerra contro la città rivale di Sibari, ritenuta luogo di empietà e lussuria, ma forse solo perché lì erano più tolleranti con chi pensava in modo diverso da loro.
Attorno a Pitagora si formano leggende volte addirittura a sottolinearne la statura divina! in ogni modo le idee dal fondatore della setta sono quelle che ruotano attorno all'idea dell'immortalità dell'anima e della trasmigrazione in diversi corpi mortali. Da ciò derivano regole di astinenza alimentare e teorizzazione di uno stile di vita volta ad assicurare la purificazione morale del sapiente e il suo ritorno, oltre la morte, alla propria origine divina. :diavoletto:
Ma la dottrina più seria tramandata dal pitagorismo è che "tutte le cose possono essere ricondotte numeri" l'esempio più chiaro è quello della musica, anche se loro intendevano solo i numeri razionali e quando il pitagorico Ippasio di Metaponto scoprirà l'incommensurabilità (non si può eprimere sotto forma di frazione che dia un numero razionale) fra il lato e la diagonale del quadrato si determinerà una crisi nell'ambito della matematica greca.
La differenza con i naturalisti ionici è che mentre questi ultimi sono andati alla ricerca di un principio materiale, i pitagorici invece hanno scelto i numeri e quindi un principio formale, non sensibile e per Aristole si tratta addirittura di un passo più significativo di quello che sarà compito da Platone con le idee, perché i numeri non sono separati dalla realtà naturale.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. IX

Il poema filosofico


A partire dal VI secolo i nuovi sapienti, i filosofi, rivendicasno una forma di conoscenza diversa dalle precedenti e pretendono di attingere la "verità" al di là dell' opinione e quindi vogliono produrre una nuova narrazione che possa sostituire quelle mitiche, destinate a generare solo piacere e per questo motivo attaccano i poeti, Omero ed Esiodo in particolare. Li attaccano per l'enorme influsso che hanno sul pubblico, senza trasmettere nulla di utile, anzi essi mèntono al solo scopo di stimolare l'emotivita e accrescere le passioni.
In questo panorama, che cosa induce Senofane, Parmenide ed Empedocle a esprimersi in versi?
Senofane è un caso a parte, si distacca da tutto e tutti e appare come un poeta itinerante, per gli influssi diversi che sembra aver assorbito e, a differenza dei rapsodi coevi, non è solo ripetitivo, ma creativo, critico e satirico. Egi si autoproclama portatore di una buona sophie (per dirla nel suo dialetto ionico) che solo può garantire alla città l'eunomie (buone leggi), in opposizione alla hybris. L'assenza di qualunque accenno al ruolo di un dio o delle Muse lo separa del tutto dal tono ispirato di Parmenide ed Empedocle e, in parte anche da Esiodo, con il quale lo accomuna però l'aspirazione al buon governo pratico. :)
Parmenide ed Empedocle, a differenza di Senofane, non si vogliono distinguere dalla precedente poesia epica, si pongono bensì come legittimi prosecutori, sfruttandone anche il fascino e proponendosi di ottenere gli stessi effetti sul pubblico. Le doti poetiche di Empedocle paiono più sviluppate di quelle parmenidee e ispirandosi a lui Lucrezio potrà comporre l'ultimo poema epico, ponte fra la dottrina epicurea e il poema esametrico.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. X

Parmenide e Zenone


Entrambi originari di Elea (Magnia grecia, Campania), Platone racconta di un viaggio che i due hanno fatto insieme ad Atene, dove Zenone, allievo di Parmenide, aveva letto passi dal suo libro contenente argomentazioni contro la molteplicità.
La tradizione vuole che Parmenide sia stato il primo ad aver svalutato le sensazioni come veicolo di conoscenza, giudicandole inaffidabili, a differenza della ragione. È anche il primo ad affermare l'ersistenza di una dimensione del mondo reale, oltre quella percepibile con i sensi, vale a dire una realtà eterna e incorruttibile, raggiungibile solo con il lògos.
Parmenide ha scritto un poema in esametri sulla natura, diviso in tre parti:
Nella prima la Dea rivela al filosofo quali sono le sole vie della ricerca e la prima: ciò che è, non può non essere, mentre la seconda: ciò che non è, è necessario che non sia, perché è del tutto inconoscibile e nemmeno si può esprimere.
Parmenide si sofferma su ciò che è, vale a dire che esiste per necessità e per sempre, per cui si pone la questione di come identificare questo o questi esistenti.
La quasi totalità degli studiosi ha seguito Aristotele nel definire Parmenide un monista, egli penserebbe cioè all'esistenza di una cosa unica e non molteplice, come invece appare ai sensi. E questo unicum è da identificare con il tutto: realtà o natura.
Contro questa interpretazione, alcuni autori più moderni intendono l'essere come una forma, che attende di essere riempita dai predicati e quindi niente monismo.
In conclusione si possono individuare in Parmenide sia la ricerca di un ente che si sottrae alla nascita e alla morte, sia quella invece di più enti, come quelli matematici ad es, caratterizzati però da attributi non sensibili.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XI

Sembrerebbe che l'allievo di Parmenide, Zenone, avesse partecipato a una congiura per rovesciare il tiranno della città e da allora non poté più parlare, perché gli fu mozzata la lingua! Egli si presenta negli scritti come il difensore del Tutto è Uno e lo prova con una serie di brillanti argomenti, ovvero negando la tesi opposta, ossia che il molteplice non esiste. Per Aristotele, Zenone è l'inventore della dialettica, ovvero di una vera e propria tecnica del dialogo, attraverso l'uso del paradosso (para- contro e doxa opinione comune). Dei quattro argomenti contro il movimento, citati da Aristole come opera di Zenone di Elea, i più famosi sono "Achille e la tartaruga" e quelo della "freccia che non raggiungerà mai il bersaglio". Il motivo è che la freccia pare in movimento ma, in realtà, è immobile. In ogni istante difatti essa occuperà solo uno spazio che è pari a quello della sua lunghezza; e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatto di singoli istanti, essa sarà immobile in ognuno di essi. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XII

Eraclito ed Empedocle


Sapere che cosa veramente abbia pensato Eraclito è molto difficile, perché all'avere solo pochi frammenti degli scritti si deve aggiungere il fatto che lui era chiamato l'oscuro (skoteinos). Si esprime attraverso apoftegmi (aforismi), rifacendosi ai modelli di comunicazione della sapienza arcaica: l'autore è in possesso di un sapere superiore e lo rivela solo ai pochi capaci di intendere. Per il filosofo greco la natura ama nascondersi e non è facile decriptare le indicazioni sensibili per poter arrivare all'armonia che nasconde. La natura, sostiene, è attraversata da una vera e propria guerra fra forze opposte e proprio in questo consiste il principio d'ordine del Cosmo.
Eraclito è comunemente conosciuto per il "panta rhèi" (tutto scorre), ma questa è un'immagine solo parziale e il colpevole è Platone, per questo motivo è importante precisare che la mobilità (rhèi) è importante quanto la stabilità e la contraddizione fra gli opposti è altrettanto in rilievo quanto la loro unità e proprio per questo egli identifica il principio delle cose nel fuoco, che può essere simbolo tanto di massima mobilità, quanto di estrema permanenza.
Un'altra componenete importante per l'immagine di Eraclito è l'interesse per l'anima: la sua psicologia ha un'impostazione materialistica e per lui l'anima (psyché) è, secondo alcuni affine al fuoco (soffio igneo), per altri un miscuglio di acqua, fuoco e aria, ma per tutti è indubbio che il variare di questi elementi materiali fa variare l'intelligenza, per es. lo stato di ubriachezza: l'umidiità è la morte dell'annima!
La concezione materialistica della Psyché si connette a una negazione dell'immortalità individuale.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XIII

Empedocle, vissuto ad Agrigento è autore di due poemi, dai quali tutti hanno tramandato la sua divisione della natura in quattro elementi, cui ascrive autoidentità, eternità e uguaglianza di poteri, in modo da poter sodisfare i requisiti dell'essere di Parmenide. Questi elementi sono coordinati da Amicizia e Contesa, sulla base della concezione organicistica che avevano del Cosmo in Ionia. E infatti Empedocle assegna sia agli elementi radicali che alle forze regolatrici lo status divino e Amicizia si avvicina per lui ad Afrodite.
Ma la cosmogonia non è l'unico interesse di Empedocle, anzi vi sono buoni motivi per credere che la preccupazione principale sia di carattere religioso ed escatologico: destino finale dell'uomo.
Se ne parla poco, perché è difficile riscostruire l'esatto pensiero, specie sull'intrpretazione che lui dà del dàimon, un semidio esiliato dall'esistenza beata, per spergiuro e delitti di sangue commessi per adesione al lato oscuro dell forza (Contesa). Il dàimon sarebbe condannato da una legge di necessità a un viaggio espiatorio e metempsicotico, fino a prendere la forma umana. In questa veste può giungere sulla soglia della liberazione finale e per chiudere il cerchio avrà solo bisogno di uno stile di vita puro, improntato a pratiche vegetariane e al rifiuto del sacrificio cruento. (nota mia vaste programme)
Attraverso mille vicissitudini il dàimon mantiene comunque la propria identità e per questo reca un importante contributo all'approfondimento della dimensione della coscienza individuale.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XIV

Anassagora e Democrito


Anassagora, come Empedocle per un verso, ma soprattutto come gli atomisti (Democrito) è annoverato fra i pensatori cosiddetti pluralisti. Il divenire, secondo A. non è un ingannno dei sensi. Le cose che appaiono in natura sono prodotti dalla mescolanza di "semi" di innumerevoli sostanze, provocata, in un certo istante nel tempo, dal "nous" (intelletto). Questi semi si separano e ricompongono in altri modi da allora, in cui niente nasce dal nulla, perché in tutte le cose resta una porzione, piccola o grande, di ogni altra.
La nozione di una forza intelligente (nous) che avvia il movimento cosmogonico da una posizione di separatezza e alterità, rispetto al mondo della natura è una novità significativa nel pensiero greco e quindi a lui si può ascrivere il primo modello teorico forte di un dualismo mente-natura in cui emergono i primi spunti importanti di una riflessione attenta al divenire.
Ma poi Socrate, Platone e Aristotele criticano A. perché per lui il divenire è troppo meccaniscistico e privo di telos e per lui non c'è differenza fra ad es, i muscoli di Socrate, che gli permettono di muoversi in carcere e ciò che consente invece allo stesso di prendere in mano la tazza con la cicuta e di berne con serenità il contenuto, che lo ucciderà, perché quello è ciò che è *meglio* fare.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XV

Negli ultimi decenni del V secolo a.c. emergono nuovi temi di discussione e due sono le posizioni teoriche che più risultano imporsi e contrapporsi: il finalismo, cioè la spiegazione dei fenomeni naturali in relazione allo scopo a cui tenderebbero e il meccanicismo, cioè la natura non ha fini suoi propri! :clap:
Fra i più intelligenti sostenitori della tesi meccanicistica vanno annoverarti gli atomisti, a cominciare da Leucippo di Abdera (in Tracia), ma di lui si sa poco, mentre l'allievo Democrito ha lasciato diversi scritti. In base a essi sappiamo che i costituenti fondamentali del mondo naturale sono unità indivisibili di materia (atomo appunto significa questo in greco) e fra l'uno e l'altro, come separazione, esiste il vuoto. Gli scontri fra atomi dànno luogo a svariate combinazioni e costituiscono i diversi oggetti dell'esperienza sensibile.
In questo quadro il caso può essere presente, ma solo come assenza di scopo, perché secondo Democrito bisogna stare attenti a non mascherare con il caso la scarsa conoscenza della struttura deterministica del Cosmo. Il giudizio tardomedievale che si condensa nell'immagine dantesca di Democrito che "I mondo a caso pone" è dunque fuorviante e alla visioone degli atomisti renderà invece giustizia la scienza moderna.
Democrito distingue due forme di conoscenza: una inferiore (conoscenza oscura, ma sempre di conoscenza si tratta), che è data dalla percezione sensibile e che ha un certo grado di verità, perché fornisce dati utili per la comprensione della realtà di atomi e vuoto e quindi si può derivare un'idea della struttura del cosmo. Poi ci sarà la conoscenza genuina o autentica, che giunge dove la prima non riesce. :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XVI

Ippocrate e la nascita dell'arte medica


Sotto il suo nome sono state tramandate una sessantina di opere con intenzioni e stili diversi e di datazione molto variabile il tutto è noto come Corpus Hippocraticum, che nessuno naturalmente sa in quanti sono stati a compilare?
L'aspetto più importante che comunque questo Corpus ci ha tramandato è il metodo, vale a dire la ricerca delle cause della malattia, per comprendere le quali il medico ha a disposizione procedimenti sensoriali e processi dell'intelletto. Se salute e malattia appartengono all'ordine naturale delle cose, esse devono possedere caratteri percepibili attraverso i cinque sensi, anche se poi non bastano, perché il medico deve organizzare i dati attraverso il ragionamento (lògos).
(P.S. Si tenga però presente che lo studio anatomico non casuale non era praticato nelle medicina ippocratica.)
La registrazione sensoriale concerne anche l'ambiente in cui il malato vive, per arrivare addirittura alla politca, perché un regime tirannico incide sul corpo e sul carattere dei sudditi, rendendoli più deboli!
Un concetto fomdamentale per la medicina di Ippocrate è la prognosi ((pro-ghignòsco = conosco in anticipo) e che consiste nella capacità per il medico di tracciare in anticipo la storia della malattia e in questo sesnso la sua figura diventa simile a quella del sacerdote, ma a differenza di coloro che praticano nei templi e che, secondo lui, non sono altro che imbroglioni, il buon medico sa che guarire tutti non è possibile e che anzi è indispensabile riconoscere che spesso la forza della phìsis è superiore a quella della medicina!


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XVII

La techne medica è il frutto della combinazione tra principi teorici e "saper agire" e serve alla ripristino della salute che si aveva e, per una qualche ragione, non c'è più! Si distingue sia dalla epistème, il sapere astratto e tendente a una dimensione assoluta, sia dalla tribè, la competenza degli artigiani, basato su un procedimento solo empirico (prova ed errore).
Polibo, l'allievo prediletto di Ippocrate, ci fornisce la teoria più completa, c.d. "dei quattro umori", in base alla quale sangue, flegma, bile bianca e bile nera, costituenti del corpo, corrispondono a: caldo, freddo, secco, umido. Questi elementi hanno un rapporto equilibrato e in questo equilibrio sta la salute; naturalemnte il cambiamento (metabolè), che è una rottura dell'equilibrio (discrasia), equivale a malattia! :x Il medico deve certo osservare il cambiamento, ma deve anche saper dire il motivo per cui c'è stato, per es. può dire che un certo comportamento o l'assunzione di un tipo di cibo sono contrarii all'equilibrio. In questo modo, cercando le cuasalità, la medicina ippocratica si fa maestra della filosofia, come si può osservare in particolare nel Gorgia platonico.
Per terminare dobbiamo accennare al famoso giuramento ippocratico, che consiste in un patto con le divinità che sono patroni delle cure (Apòllo, Asclepio, Igea e Panacea) con il quale le parti si obbligano a compiere solo atti per i quali siano sicuri di poter soccorrere colui che è in stato di bisogno. A ciò si aggiunge il rifiuto a compiere atti potenzialmente mortali, come la somministrazione di farmaci eutanasici o l'interruzione di gravidanza, ciò che purtroppo ha aperto la strada a letture del Giuramento in un'ottica di etica cristiana (la più bigotta). :(
Infine si può dire che l'attenzione del Corpus è posta sulla centralità del paziente, che deve essere ssempre portato a conoscenza della malattia e della storia che lo caratterizza, in teoria una specie del nostro "consenso informato". :)


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XVIII

Il filosofo, nascita e affermazione di un mestiere intellettuale (il sofista)


Chi è il sofista? Questa è la domanda che si poneva Socrate nel dialogo omonimo.
Secondo lui Protagora, Ippia, Gorgia, Trasimaco o Prodico non potevano ritenersi dei veri filosofi, ma solo esperti, in possesso di capacità tecniche non comuni nelle arti della parola e del ragionamento. Dei professionisti della cultura, diremmo oggi.
Il sapere dei sofisti era di tipo pratico e legato all'utilità, come ad es. i consigli di Trasimaco nel contrasto fra Atene e Melo, allorché il sofista definì la giustizia come il diritto del più forte. :) A loro non interessava molto la questione sull'ontologia parminidea.
Chi era invece Socrate? Intanto, come scrive Nietzsche, è significativo che sia il primo greco a essere brutto, dopo lomerico Tersite. Quindi fu il primo a rompere quell'ideale, apparentemente infrangibile, rappresentato dalla kalokagatia: l'unione di bellezza e bontà, che garantiva il valore intellettuale e morale di un uomo (come è rimasto ai giorni nostri nel film hollywoodiani e similia). Ma non è questa saggezza misurata e dimessa a fare di Socrate, oltre che il primo brutto, anche il primo grande. Platone ha messo in risalto la sua stranezza (atopia), trasformandolo in un eroe del pensiero, che nasconde dietro quelle sembianze sileniche, un vero cuore d'oro. Socrate è per noi il primo uomo che ha saputo vivere senza mai tradire le convinzioni, affidandosi sempre alla ragione per verificare la bontà delle scelte, fino ad arrivare alle estreme conseguenze e la morte riesce appunto a proiettare un cono di luce sull'intiera vita, rendendola imperitura. P.S. Ci hanno provato anche i cristiani, ma lì si sono dovuti inventare tutta una seria di favole sensa senso che solo coloro che erano disposti ad accettare tutto (da San Paolo a sant' Agostino) potevano propagandare! :x


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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XIX

I sofisti


La sofistica è quel movimento di pensiero che segna la filosofia greca nella seconda metà del V secolo a.c. e che è coevo all'affermarsi della "democrazia" in Atene.
Diversi per provenienza geografica, interessi teorici e orientamenti politici, i sofisti sono accomunati da alcuni caratteri e funzioni, che Hegel, molti secoli dopo ci ha spiegato. Per lui essi erano i veri educatori dell'Ellade, perché per primi si sono interessati dell'etica, antropologia e politica. E dal canto loro i sofisti sono ben consapevoli di ciò e quindi della rottura che introducono rispetto alla precedente età dei sophòi. Protagora ci spiega bene come la nota caratteristica del sofista moderno è la capacità di coniugare interessi teorici con quelli pratici. :)
Il tema fondamentale che interessa i sofisti è il rapporto dell'uomo con la realtà, che deve essere compresa e posta sotto il controllo della ragione; all'interno della realtà sta anche il rapporto (forse antitetico) fra natura e legge e ciò comporta il costituirsi di una riflessione politica teorica.


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XX

Protagora


Ricevette da Pericle l'incarico di redigere la costituzione della colonia panellenica di Turi (città sul golfo di Taranto, ricostruita sulle ceneri di Sibari).
Il primo atto della filosofia di P. è antieleatico, vale a dire contro i sostenitori dell'unicità dell'essere e, proprio per confermare il molteplice, sostiene che su ogni cosa esistono due discorsi contrapposti, In qualche modo riprende il pensiero di Eraclito e aggiunge la famosa frase che l'uomo (e le sue contraddizioni) è misura di tutte le cose, con ciò rovesciando la tesi di Parmenide, perché non è l'essere e il non essere a misurare ogni verità, bensì è l'uomo che misura l'esistenza e la non esistenza. E per uomo s'intende la multitudine degli esseri umani, non il concetto di uomo e sarnno costoro che, di volta in volta, percepiscono la realtà e la giudicano. Per cui non c'è nessuno al di là degli uomini e gli dèi nessuno può dire che esistano. Nessuna cosa è in sé e per sé una, ma tutte le cose che diciamo *sono* in realtà non sono, ma divengono, in un continuo cambiamento.
Il soggettivismo protagoreo è compensato dalla fiducia che l'uomo possa, attraverso un uso avvertito del linguaggio, costruire discorsi che, senza essere ontologicamente più veri di quelli di altri, sono per altro logicamente e linguisticamente più corretti. Questo è il dominio della orthoepèia, ovvero l'uso dialettico dello strumento linguistico. La dialettica nasce come necessità di costruire un discorso esemplare per il punto di vista, vale a dire razionalmente ineccepibile. Un esempio mirabile di orthòtatos lògos (discorso più corretto) è la teoria della pena, per cui la punizione di un crimine non deve essere misurata avendo riguardo al fatto compiuto, ormai immodificabile, ma, in vista del futuro, essendo così investita di una funzione preventiva, riparativa e intimidativa. È così che si può usare il termine comminare una pena, cioè *minacciare*. :)
P.S. Interessante il dialogo di Platone (il Protagora), per approfondire in parte il di lui pensiero.


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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXI

Gorgia


È un discepolo di Empedocle e nella sua lunga vita l'opera migliore che ha scritto è "Il Trattato su il non ente": nulla è, se anche qualcosa è, non è conoscibile e, se amche fosse conoscibile, non è manifestabile agli altri. In altra parole Gorgia attribuisce all'essere quello che per Parmenide era il *non essere*. :)
Dopo aver liberata la ragione dal compito di dover illustrare l'essere, pone la domanda di come deve avvenire la comunicazione fra gli uomini. Lui si risponde che un ruolo importante hanno la poesia e la retorica, arti fattrici di persuasione o, in altre parole, illusione artistica, con l'avvertenza però che chi "si illude" agisce meglio di coloro che non sono sottoposti a tale "inganno" e quindi è in definitiva più saggio.
Il rapporto fra verità e inganno è ben sviluppato nel Palamede, perché la di lui condanna (su istigazione di Odisseo) non può far vedere agli altri quel che è veramente successo, bensì è la conferma come, nell'umana comunicazione, tutto si gioca sul terreno del rapporto empatico fra chi parla (Odisseo) e l'ascolatatore che subisce, attraverso l'affectus, quelle affermazioni soggettive e tendenziose! Purtroppo non c'è traccia di "rettitudine del discorso" quando si vuol comunicare qualcosa che veramente ci interessa! :muro:


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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXII

Antifonte


Di lui abbiamo diversi frammenti de "la verità", ove mostra un intento polemico verso l'omonima opera di Pitagora e la sua tesi è ricostruibile anche in base a una celebre testimonianza di Aristotele, quando sostiene che Antifonte indica "senza forma" quel che di fondamentale vi è in un ente, la sua natura profonda, l'elemento da cui tutto il resto dipende per mezzo di interventi successivi, che vanno sovvrapponendosi a esso. Antifonte lo riconduce alla natura (physis) e, ad es, se si seppellisse un letto e lo si lasciasse andare in putrefazione perché potesse generare qualcosa, il risultato non sarebbe un nuovo letto, che è solo un qualcosa che nasce da convenzione o da arte, ma il legno che esiste per natura. Dipoi Antrifonte costruisce una visione dinamica e antifinalistica della realtà, il cui esito sembra essere quell'ateismo che gli rimprovera Platone in un passo delle leggi.
In campo politico, A. definisce la giustizia come il non trasgredire le norme decretate dalla città, ma la legge non è in grado di prevenire nessuna violazione e di soilito anche la sanzione è incerta, inefficace e in tribunale è reale il rischio che l'offeso subisca altro danno; solo le leggi di natura sono inviolabili, perché contengono in sé la pounizione per la trasgressione. :)


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Re: Filosofia

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Umberto Eco - Riccardo Fedriga "La Filosofia e le sue storie" - Primo volume L'Antichità e il Medio Evo. XXIII

Prodico


È stato il maestro di personaggi come Teramene, Euripide, Tucidide, Isocrate ed è rimasto celebre per il metodo di analisi linguistica. Esso si struttura nell'analisi del contenuto semantico dei termini, volta a stabilire la correttezza dei nomi (orthòtes ton onòmaton). Il retto significato è quello in cui l'atto della denominazione realizza una perfetta corrispondenza tra il nome e la cosa. Egli prosegue alla divisione dei nomi, ordinandoli in due classi contrapposte. La domanda cui tale divisione risponde è : in che cosa x si distingue, quanto al significato, da y? La risposta che si dà Prodico è che ogni cosa ha, per ontos, un solo nome e all'uso linguistico comune, si fa sostituire una normativa volta a escludere un'effettiva molteplicità di significato dei termini.
Di altre ricerche, sappiamo solo che l'etica razionalistica, avversa all'edonismo, è orientata allo sforzo che l'uomo giusto deve fare per raggiungere la virtù. Tale concetto è illustrato da da Senofonte nelle Ore e cioè nell'apologo "Eracle al bivio". Il saggio Prodico dice che Eracle, quando stava uscendo dall'infanzia e si avviava all'adolescenza, età in cui i giovani, ormai divenuti indipendenti, mostrano se s'incammineranno nella vita lungo la strada della virtù o quella del vizio, uscitosene in un posto tranquillo, si sedette senza sapere per quale delle due vie incamminarsi; e (dice che) gli parve che gli si avvicinassero
due donne di alta statura, l'una bella a vedersi e di natura nobile [libera per natura], adorna nel corpo di purezza, negli occhi di pudore, nell'atteggiamento di decoro, con una veste bianca; l'altra invece appariva florida fino ad essere morbida ed opulenta, acconciata nel colorito in modo da sembrare più bianca e più rossa di quanto fosse [di ciò che è], nel portamento in modo da sembrare più alta [dritta] del naturale, ed aveva gli occhi bene aperti, e un vestito dal quale si poteva vedere molto chiaramente la (sua) fresca bellezza [giovinezza]; si guardava di frequente, e controllava anche se qualcun altro la guardasse; spesso poi si girava anche a guardare la sua ombra. Come furono più vicine a Eracle, la prima di cui si è parlato avanzò, procedendo allo stesso modo; l’altra, invece,
volendo precederla, corse incontro a Eracle e gli disse: «Vedo che tu, Eracle, sei indeciso su quale via intraprendere nella vita; se, dunque, mi farai tua amica e mi seguirai, ti guiderò lungo il cammino più piacevole e
più agevole, non resterai privato dal gustare nessun piacere, e trascorrerai la vita senza provare tribolazioni. In primo luogo, infatti, non ti dovrai preoccupare né di guerre né di affari, ma ti impegnerai a valutare quale
cibo o quale bevanda ti sia di gradimento, oppure che cosa vedere o ascoltare per trarne diletto, o che cosa annusare o toccare per trarne piacere, o con quali giovani amanti poter giungere al massimo del godimento, in che modo tu possa dormire nella maniera più deliziosa, e come tu possa ottenere tutti questi piaceri, senza alcuno sforzo.
Qualora, poi, sorgesse il sospetto di avere scarsezza di mezzi dai quali derivano simili diletti, non temere che io ti conduca a procurarti queste cose faticando e penando nel corpo e nell’anima, ma tu sfrutterai ciò che gli altri
producono con il lavoro, senza astenerti da nulla da cui sia possibile ottenere vantaggio. Infatti, a coloro che mi seguono, io offro la possibilità di trarre un utile da ogni cosa».
Eracle, uditi questi discorsi, disse:
«Donna, qual è il tuo nome?». Ed ella rispose: «I miei amici – rispose – mi chiamano Felicità, mentre quanti mi odiano, per offendermi, mi chiamano Depravazione». Nel frattempo, sopraggiunse anche l’altra donna, e
disse: «Anch’io vengo da te, Eracle. Conoscendo i tuoi genitori ed essendomi resa conto della tua indole nel corso della tua educazione, per questo spero che, se ti incamminerai sulla strada che porta a me, tu diventerai senz’altro capace di fare opere belle e nobili, e io apparirò ancora più degna di onore e insigne per queste azioni buone. Non ti ingannerò mettendo avanti il piacere, ma ti spiegherò in modo vero come gli dèi hanno disposto le cose. Infatti, gli dèi non concedono agli uomini nessuna delle cose buone e belle senza fatica e impegno, ma, se
vuoi che gli dèi siano benigni nei tuoi confronti, tu devi onorare gli dèi; se desideri essere amato dagli amici, tu devi fare del bene agli amici; se brami di essere onorato da qualche città, devi giovare a tale città; se pretendi di
essere ammirato da tutta la Grecia per la tua virtù, devi impegnarti a far del bene alla Grecia; se vuoi che la terra ti porti frutti in abbondanza, tu devi coltivare la terra; se pensi di dovere arricchirti con gli armenti, devi
prenderti cura degli armenti; se aspiri, poi, ad acquisire gloria per mezzo della guerra, e vuoi essere in grado di liberare gli amici e sottomettere i nemici, devi imparare le arti marziali da coloro che ne sono esperti, ed
esercitarti a usarle come nel modo dovuto; se, poi, vuoi essere valido anche fisicamente, devi abituare il corpo a sottomettersi alla mente e praticare la ginnastica, con fatiche e sudore».
E la Depravazione, ribattendo, disse, come afferma Prodico: «Ti accorgi, Eracle, come è
difficile e lungo il cammino verso quella letizia che questa donna ti indica? Io, invece, ti condurrò per una via agevole e corta verso la felicità».
Allora la Virtù esclamò: «Disgraziata, che cosa mai hai di buono? O quale dolcezza conosci, se non vuoi fare niente per ottenerla? Tu non attendi nemmeno di avere desiderio delle cose piacevoli, ma, prima ancora di
desiderarle, ti riempi di tutte queste cose, mangiando prima di avere fame, bevendo prima di avere sete, e, per cibarti in modo piacevole, prepari pietanze elaborate, per potere bere in modo piacevole, ti procuri vini
pregiati, e d’estate corri qua e là a cercare la neve, e per dormire piacevolmente, non solo ti procuri coperte morbide, ma anche i letti, e traverse flessibili sotto i letti; infatti, non a motivo della fatica, ma per non
avere nulla da fare, tu desideri il sonno. E ti sforzi di avere piaceri d’amore prima del bisogno, studiandole tutte e servendoti degli uomini come di donne; così insegni ai tuoi amici, offendendone la dignità di notte, facendoli
dormire di giorno, ossia nel tempo più proficuo. Pur essendo immortale, sei rifiutata dagli dèi e disprezzata dagli uomini virtuosi; tu non ascolti la cosa più dolce di tutte le cose che potresti udire, una lode di te, né
contempli la cosa più piacevole a vedersi, in quanto non hai mai contemplato una bella opera fatta da te. Chi mai ti potrebbe credere, quando dici qualcosa? Chi ti potrebbe aiutare, qualora tu avessi bisogno di qualcosa? O chi, se è assennato, avrebbe il coraggio di partecipare alla tua compagnia? Coloro che ne partecipano, da giovani sono già deboli fisicamente; divenuti vecchi, sono privi di senno nelle anime, allevati senza conoscere fatiche nell’opulenza durante la giovinezza, passano la vecchiaia con pena e nello squallore, coperti di vergogna per le azioni compiute, oppressi da quelle che compiono al momento, dopo essere passati di corsa attraverso tutti i piaceri durante la giovinezza, e aver riservato le difficoltà per la vecchiaia.
Io, invece, vivo in compagnia degli dèi, vivo in compagnia degli uomini buoni; senza di me non si compie
nessuna azione bella, né divina né umana. Sono onorata più di tutti, sia dagli dèi sia dagli uomini degni di onore; sono gradita collaboratrice degli artigiani, fidata custode delle case per i padroni, protettrice benevola degli
schiavi, buona cooperatrice nelle fatiche dei periodi di pace, sicura alleata delle imprese in guerra, ottima compagna dell’amicizia. I miei amici godono dei cibi e delle bevande in modo piacevole e senza affanni; se ne
astengono, infatti, fino a quando non cominciano a desiderarli. Il sonno a loro si offre più dolce che agli indolenti, né si irritano quando devono abbandonarlo; né, a causa sua, trascurano di fare i loro doveri. I giovani gioiscono per gli elogi dei più anziani; i più vecchi si rallegrano per gli onori da parte dei giovani; volentieri ricordano le antiche imprese, e compiendo bene le presenti si allietano, poiché, grazie a me, sono amici degli dèi, amati dagli amici, onorati dalle patrie. Quando, poi, giunge il termine fissato, non vengono sepolti nell’oblio privi di gloria, ma, elogiati nei canti, fioriscono per sempre nel ricordo. Se tu, Eracle, figlio di ottimi genitori, affronterai queste fatiche, potrai conquistare la più beata felicità».
Infine possiamo rammentare la sua professione di ateismo quando scrive sull'origine della credenza negli dèi: le forze della natura furono elevate dai primi uomini, per utilitarismo, a rango di divinità. :D


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