Noi e Israele: un caso di coscienza
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXII
La deportazione fu foriera anche di un'altra invenzione, vale a dire la costruzione di un albo genealogico a dimensione mondiale che, con Noè, appunto, partiva dal "primo uomo" dopo il diluvio.
La tavola dei popoli (Gen.10) è la realizzazione di questa genealogia globale, che comincia con i tre figli di Noè: Sem, Cam e Yafet.
Questa tavola, però non è un documento di origine israelitica (Giuda e Israele non vi compaiono neppure), ma nella temperie culturale tipica del periodo babilonese-persiano, l'élite giudaica trovò largamente disponibili gli strumenti ideologici e formali per affrontare l'impegnativo progetto di una ricerca e poi riscrittura del passato nazionale, che desse un senso e un motivo di fiducia nella rifondazione che si stava progettando.
La deportazione fu foriera anche di un'altra invenzione, vale a dire la costruzione di un albo genealogico a dimensione mondiale che, con Noè, appunto, partiva dal "primo uomo" dopo il diluvio.
La tavola dei popoli (Gen.10) è la realizzazione di questa genealogia globale, che comincia con i tre figli di Noè: Sem, Cam e Yafet.
Questa tavola, però non è un documento di origine israelitica (Giuda e Israele non vi compaiono neppure), ma nella temperie culturale tipica del periodo babilonese-persiano, l'élite giudaica trovò largamente disponibili gli strumenti ideologici e formali per affrontare l'impegnativo progetto di una ricerca e poi riscrittura del passato nazionale, che desse un senso e un motivo di fiducia nella rifondazione che si stava progettando.
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì
"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXIII
Dopo il crollo dell'impero assiro, si è fatto un po' più consistente negli anni il pericolo dei nomadi Medi a nord e degli Arabi del deserto.
Nei testi storici assiro-babilonesi si possono seguire i dati di crescita, che non andrebbe sopravalutata, cosa che invece fanno i profeti. Addirittura Ezechiele lo trasforma in motivo letterario, con toni apocalittici intorno a Gog e Magog. La potenza immaginifica dell'oracolo di Ezechiele conferirà a questa invenzione lunga vita fino al medioevo cristiano e anche arabo!
I nomadi cammellieri del deserto arabo sono meno paurosi e meno estranei per lingua e cultura; fanno anch'essi razzie, ma prevale l'immagine commerciale, mentre per i Medi s'impone l'aspetto distruttivo.
Dopo il crollo dell'impero assiro, si è fatto un po' più consistente negli anni il pericolo dei nomadi Medi a nord e degli Arabi del deserto.
Nei testi storici assiro-babilonesi si possono seguire i dati di crescita, che non andrebbe sopravalutata, cosa che invece fanno i profeti. Addirittura Ezechiele lo trasforma in motivo letterario, con toni apocalittici intorno a Gog e Magog. La potenza immaginifica dell'oracolo di Ezechiele conferirà a questa invenzione lunga vita fino al medioevo cristiano e anche arabo!
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXIV
L'esilio, vissuto in un clima di rassegnazione mista a speranza, non fu eterno e, come gli imperi precedenti, anche quello caldeo-babilonese cadde, per opera di Ciro, re di Persia. Anche se costui si guarderà bene da distruggere la città e dal rovesciare il dio Marduk, come avrebbe voluto e annunciato Geremia. L'avvento dei persiani segna un momento di grande euforia per gli esuli: il nuovo dominatore si presenta come tollerante e restauratore delle libertà conculcate dall'ultimo re caldeo, Nabonedo. Geremia fa un'altra delle sue previsioni, ovvero l'esodo da Babilonia, modellato sul quello mitico-fondante (e ovviamente mai esistito) dall'Egitto.
Ciro non aveva nessun bisogno dei sacerdoti yahwisti e probabilmente non aveva idea dell'importanza per certi sudditi del Tempio di Gerusalemme, ma la vastità del nuovo impero portò a una maggiore disposizione a utilizzare forme di governo locale e a lasciare i culti di quelle popolazioni, però il Nostro altro non fece.
Un paio di secoli dopo s'immaginò che Ciro avesse promulgato subito un editto che consentiva il ritorno degli esuli e la ricostruzione del Tempio a Gerusalemme. P.S. In realtà il ritorno cominciò durante il regno Dario.
L'esilio, vissuto in un clima di rassegnazione mista a speranza, non fu eterno e, come gli imperi precedenti, anche quello caldeo-babilonese cadde, per opera di Ciro, re di Persia. Anche se costui si guarderà bene da distruggere la città e dal rovesciare il dio Marduk, come avrebbe voluto e annunciato Geremia. L'avvento dei persiani segna un momento di grande euforia per gli esuli: il nuovo dominatore si presenta come tollerante e restauratore delle libertà conculcate dall'ultimo re caldeo, Nabonedo. Geremia fa un'altra delle sue previsioni, ovvero l'esodo da Babilonia, modellato sul quello mitico-fondante (e ovviamente mai esistito) dall'Egitto.
Ciro non aveva nessun bisogno dei sacerdoti yahwisti e probabilmente non aveva idea dell'importanza per certi sudditi del Tempio di Gerusalemme, ma la vastità del nuovo impero portò a una maggiore disposizione a utilizzare forme di governo locale e a lasciare i culti di quelle popolazioni, però il Nostro altro non fece.
Un paio di secoli dopo s'immaginò che Ciro avesse promulgato subito un editto che consentiva il ritorno degli esuli e la ricostruzione del Tempio a Gerusalemme. P.S. In realtà il ritorno cominciò durante il regno Dario.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXV
I gruppi di reduci non potevano essere molto numerosi, specie considerando che il rientro fu scaglionato in almeno un secolo e soprattutto che a tornare fu solo una minoranza, alla quale si presume si siano aggiunti altri con credenziali genealogiche non troppo in regola. Possiamo solo attenerci a quanto trovato nei reperti e desumiamo dai loro nomi, che, per la maggioranza, i nonni provenivano da Gerusalemme (specie i sacerdoti) e dalle cittadine e villaggi di Giudea e Beniamino. Poi ci sono gruppi con provenienza geografica da Mo'ab e Elam, che però sono riusciti (come non si sa) a essere accettati come Israeliti autentici. Non rientrò nessuno da Hebrom o da Be'er-sheba: si sapeva che ormai il territorio era in mano agli Edomiti.
I gruppi con in mano i documenti di possesso delle terre avite erano poche centinaia, il grosso invece di origine oscura e si riversò tutto su Gerusalemme. La ricostituzione del "nucleo nazionale" giudaico avvenuta nel dopo esodo è solo *una storia inventata*. Essa avvenne in un progresso di tempo, mediante compattamento e crescita in loco.
Un discorso a parte meritano quelli che erano rimasti, anche se su questo aspetto le fonti posteriori sorvolano, preferendo sublimare a livello ideologico il rigetto dei rimanenti, come dovuto alla loro commistione (matrimoniale e cultuale) con gli idolatri non yahwisti!
I gruppi di reduci non potevano essere molto numerosi, specie considerando che il rientro fu scaglionato in almeno un secolo e soprattutto che a tornare fu solo una minoranza, alla quale si presume si siano aggiunti altri con credenziali genealogiche non troppo in regola. Possiamo solo attenerci a quanto trovato nei reperti e desumiamo dai loro nomi, che, per la maggioranza, i nonni provenivano da Gerusalemme (specie i sacerdoti) e dalle cittadine e villaggi di Giudea e Beniamino. Poi ci sono gruppi con provenienza geografica da Mo'ab e Elam, che però sono riusciti (come non si sa) a essere accettati come Israeliti autentici. Non rientrò nessuno da Hebrom o da Be'er-sheba: si sapeva che ormai il territorio era in mano agli Edomiti.
I gruppi con in mano i documenti di possesso delle terre avite erano poche centinaia, il grosso invece di origine oscura e si riversò tutto su Gerusalemme. La ricostituzione del "nucleo nazionale" giudaico avvenuta nel dopo esodo è solo *una storia inventata*. Essa avvenne in un progresso di tempo, mediante compattamento e crescita in loco.
Un discorso a parte meritano quelli che erano rimasti, anche se su questo aspetto le fonti posteriori sorvolano, preferendo sublimare a livello ideologico il rigetto dei rimanenti, come dovuto alla loro commistione (matrimoniale e cultuale) con gli idolatri non yahwisti!
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXVI
Ma nel valutare il successo dei reduci e l'emarginazione dei residenti occorre soprattutto rammentare lo status sociale e il peso culturale dei primi.
I rimanenti erano i contadini poveri e fu facile per i reduci subornarli. Per designare il contadiname dei rimanenti, gli esuli coniarono il termine "popolo della terra", il che stava a significare che si trattava di un annesso fisico del territorio, senza voce e diritti propri. (Come l'attuale governo israeliano considera ora i palestinesi!)
Con la stessa espressione saranno indicati anche le nazioni diverse da quella israelitica: Samaritani, Edomiti, Ammoniti, con le quali non si dovevano stringere matrimoni misti, perché costoro non riconoscono e non osservano la legge divina!
Ma nel valutare il successo dei reduci e l'emarginazione dei residenti occorre soprattutto rammentare lo status sociale e il peso culturale dei primi.
I rimanenti erano i contadini poveri e fu facile per i reduci subornarli. Per designare il contadiname dei rimanenti, gli esuli coniarono il termine "popolo della terra", il che stava a significare che si trattava di un annesso fisico del territorio, senza voce e diritti propri. (Come l'attuale governo israeliano considera ora i palestinesi!)
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Orrore senza fine.
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Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza
.·. Sic Semper Tyrannis .·.
Dove ... Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no.
Dove questo verbo attecchisce alla fine c'è il lager. (P. Levi)
μολὼν λαβέ Spartans Are Here
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXVII
Un'operazione molto importante che doveva essere fatta dagli esuli fu quella di millantare la proprietà della terra di Canaan per loro. Per arrivare allo scopo occorreva un mito di fondazione e così si dovette andare molto indietro e soprattutto creare ex novo una storia mai esistita davvero: la conquista della "terra promessa" da parte dei reduci della cattività egiziana (mai esistita). Il rientro dall'Egitto (migrazioni dovute alle carestie) era avvenuto in maniera tutt'altro che unitaria e senza episodi di scontri militari, ma il modello "forte" piaceva ai fondamentalisti, che volevano una chiusura netta con i popoli estranei. Dipoi tornarono in pochi in Palestina, la maggior parte dei Giudei rimase sparsa, più o meno ben inserita nelle terre della diaspora.
Lo scenario realistico è quello di un gruppo di volontari che si organizzarono per il rientro, sostenuti finanziariamente dalle comunità rimaste in loco.
La storia narrata nel libro di Giosuè non solo non è attendibile per il XII secolo e tanto meno per il VI-V, è solo un manifesto utopico che intende dar forza a un progetto che avrebbe dato i frutti in seguito!
Un'operazione molto importante che doveva essere fatta dagli esuli fu quella di millantare la proprietà della terra di Canaan per loro. Per arrivare allo scopo occorreva un mito di fondazione e così si dovette andare molto indietro e soprattutto creare ex novo una storia mai esistita davvero: la conquista della "terra promessa" da parte dei reduci della cattività egiziana (mai esistita). Il rientro dall'Egitto (migrazioni dovute alle carestie) era avvenuto in maniera tutt'altro che unitaria e senza episodi di scontri militari, ma il modello "forte" piaceva ai fondamentalisti, che volevano una chiusura netta con i popoli estranei. Dipoi tornarono in pochi in Palestina, la maggior parte dei Giudei rimase sparsa, più o meno ben inserita nelle terre della diaspora.
Lo scenario realistico è quello di un gruppo di volontari che si organizzarono per il rientro, sostenuti finanziariamente dalle comunità rimaste in loco.
La storia narrata nel libro di Giosuè non solo non è attendibile per il XII secolo e tanto meno per il VI-V, è solo un manifesto utopico che intende dar forza a un progetto che avrebbe dato i frutti in seguito!
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXVIII
La Palestina in età achemenide
Importante per le giustificazioni ideologico-religiose della riconquista è conoscere il quadro dell'insediamento nel V secolo. La zona si trovava in uno stato di grande degrado e spopolamento e i re persiani si resero conto che era necessario un doppio intervento: la zona costiera e in minor misura l'interno. Lo sforzo maggiore fu esercitato sulla prima, mentre per il secondo si preferì dare il beneplacito alle iniziative di ripresa locale, come appunto quelle dei Giudei.
Questa distinzione del paese tra una fascia costiera popolosa e dotata di forte spinta propulsiva, oltre che ben inserita nei traffici e nelle grandi vicende politiche dell'epoca, di contro a una zona interna che stentava a riprendersi, divisione che riprende quella già verificatasi nel Tardo Bronzo, è il contesto del reinserimento giudeo a Gerusalemme e negli altipiani centrali.
La Palestina in età achemenide
Importante per le giustificazioni ideologico-religiose della riconquista è conoscere il quadro dell'insediamento nel V secolo. La zona si trovava in uno stato di grande degrado e spopolamento e i re persiani si resero conto che era necessario un doppio intervento: la zona costiera e in minor misura l'interno. Lo sforzo maggiore fu esercitato sulla prima, mentre per il secondo si preferì dare il beneplacito alle iniziative di ripresa locale, come appunto quelle dei Giudei.
Questa distinzione del paese tra una fascia costiera popolosa e dotata di forte spinta propulsiva, oltre che ben inserita nei traffici e nelle grandi vicende politiche dell'epoca, di contro a una zona interna che stentava a riprendersi, divisione che riprende quella già verificatasi nel Tardo Bronzo, è il contesto del reinserimento giudeo a Gerusalemme e negli altipiani centrali.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" LXXXIX
Come detto i reduci trovarono solo gruppi di contadini poco inseriti nello sviluppo del V secolo e fu facile per i reduci approfittare dell'ignoranza di costoro e propinare la storiella dell'antica conquista avvenuta nel Tardo Bronzo.
Si formularono liste di popoli antichi, che non menzionavano affatto quelli storici e reali dell'età del Ferro: non inclusero Fenici, Filistei, Edomiti, Moabiti, Ammoniti, Aramei e Arabi. Sono invece costituite da nomi di popoli mai esistiti! I Cananei sono l'unico termine che non sia anacronistico alla fine dell'età del Bronzo, dato che nel XIV-XIII secolo Canaan ere il nome della Palestina e anche il nome della provincia egiziana con capoluogo a Gaza, che la comprendeva. Nel V-IV secolo il termine esisteva ancora e sarà molto utilizzato nella vicenda della conquista, perché non si poteva escludere che esistessero memorie relative al fatto che l'espansione antica delle tribù fosse avvenuta ai danni di un'entità definibile Canaan/Cananei. Sconfiggere i popoli intrusi (cioè quelli mai esistiti) fu più facile e non comportava rischi di sorta per i sacerdoti/profeti.
Come detto i reduci trovarono solo gruppi di contadini poco inseriti nello sviluppo del V secolo e fu facile per i reduci approfittare dell'ignoranza di costoro e propinare la storiella dell'antica conquista avvenuta nel Tardo Bronzo.
Si formularono liste di popoli antichi, che non menzionavano affatto quelli storici e reali dell'età del Ferro: non inclusero Fenici, Filistei, Edomiti, Moabiti, Ammoniti, Aramei e Arabi. Sono invece costituite da nomi di popoli mai esistiti! I Cananei sono l'unico termine che non sia anacronistico alla fine dell'età del Bronzo, dato che nel XIV-XIII secolo Canaan ere il nome della Palestina e anche il nome della provincia egiziana con capoluogo a Gaza, che la comprendeva. Nel V-IV secolo il termine esisteva ancora e sarà molto utilizzato nella vicenda della conquista, perché non si poteva escludere che esistessero memorie relative al fatto che l'espansione antica delle tribù fosse avvenuta ai danni di un'entità definibile Canaan/Cananei. Sconfiggere i popoli intrusi (cioè quelli mai esistiti) fu più facile e non comportava rischi di sorta per i sacerdoti/profeti.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XC
L'altro tassello fondamentale è la promessa divina fatta a Mosè, con la conseguente uscita dalla fantomatica cattività egiziana, proseguita poi da Giosuè.
Si riprese un'idea che era stata proposta già nell'VIII secolo, che Yahweh avesse sottratto Israele al controllo egizio e gli avesse affidato il potere indiscusso su quelle terre, eco di un'accettabile memoria che aveva segnato il passaggio dalla condizione di sottomissione all'Egitto nel Tardo Bronzo a una certa autonomia nell'età del Ferro.
Quella egizia non fu mai una deportazione come poi accadde con gli Assiri e i Babilonesi, bensì un'egemonia su una popolazione diventata suddita, ma lasciata sul posto. A posteriori, dopo le esperienze della deportazione, si estese il termine anche al periodo precedente, mentre in Egitto i Giudei stanziati, lo erano per propria volontà.
Nel VII secolo la formula da parte della "storiografia favolistica del Proto-deuteronomio" fu: "Yahweh ci ha fatto uscire dall'Egitto per farci abitare in questo paese che ci ha donato." A conclusione del processo, nel VI-V secolo, il tutto fu rielaborato in funzione del nuovo esodo, prefigurato da quello mitico.
L'altro tassello fondamentale è la promessa divina fatta a Mosè, con la conseguente uscita dalla fantomatica cattività egiziana, proseguita poi da Giosuè.
Si riprese un'idea che era stata proposta già nell'VIII secolo, che Yahweh avesse sottratto Israele al controllo egizio e gli avesse affidato il potere indiscusso su quelle terre, eco di un'accettabile memoria che aveva segnato il passaggio dalla condizione di sottomissione all'Egitto nel Tardo Bronzo a una certa autonomia nell'età del Ferro.
Quella egizia non fu mai una deportazione come poi accadde con gli Assiri e i Babilonesi, bensì un'egemonia su una popolazione diventata suddita, ma lasciata sul posto. A posteriori, dopo le esperienze della deportazione, si estese il termine anche al periodo precedente, mentre in Egitto i Giudei stanziati, lo erano per propria volontà.
Nel VII secolo la formula da parte della "storiografia favolistica del Proto-deuteronomio" fu: "Yahweh ci ha fatto uscire dall'Egitto per farci abitare in questo paese che ci ha donato." A conclusione del processo, nel VI-V secolo, il tutto fu rielaborato in funzione del nuovo esodo, prefigurato da quello mitico.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCI
A questa fase di elaborazione della favola-esodo appartiene anche lo schema colpa-punizione, per cui i responsabili di infedeltà verso Yahweh non potevano essere gratificati del possesso della terra e l'allontanamento (deportazione) era la fase di purificazione. Qualcuno si immaginò che il primo ritorno (dall'Egitto) fosse stato con un esercito destinato a entrare in forte conflitto con tutti i gruppi residenti.
La saldatura fra l'uscita dell'Egitto e l'entrata in Canaan è fra le più artificiose e complicate di tutto il corpus di storielle confluite nell'Antico Testamento. L'unica certezza è che è stata costruito dopo l'esilio babilonese (Mosè non era mai stato citato prima, il Sinai due volte, ma senza alcun collegamento al patto con il Dio).
La descrizione dell'itinerario di trasferimento del popolo in Palestina serve più che altro da supporto per l'inserimento di testi di carattere normativo, che nulla hanno a che rivedere con la vicenda del trasferimento che mai ebbe luogo. L'infittirsi di testi che dettagliano la legge, tutti collocati in una tappa dell'esodo, è ovviamente dovuto alla necessaria collocazione logica fra il *patto* e l'ingresso a Canaan, ma quei testi hanno origine e composizione del tutto diversa, rispetto al racconto della conquista.
A questa fase di elaborazione della favola-esodo appartiene anche lo schema colpa-punizione, per cui i responsabili di infedeltà verso Yahweh non potevano essere gratificati del possesso della terra e l'allontanamento (deportazione) era la fase di purificazione. Qualcuno si immaginò che il primo ritorno (dall'Egitto) fosse stato con un esercito destinato a entrare in forte conflitto con tutti i gruppi residenti.
La saldatura fra l'uscita dell'Egitto e l'entrata in Canaan è fra le più artificiose e complicate di tutto il corpus di storielle confluite nell'Antico Testamento. L'unica certezza è che è stata costruito dopo l'esilio babilonese (Mosè non era mai stato citato prima, il Sinai due volte, ma senza alcun collegamento al patto con il Dio).
La descrizione dell'itinerario di trasferimento del popolo in Palestina serve più che altro da supporto per l'inserimento di testi di carattere normativo, che nulla hanno a che rivedere con la vicenda del trasferimento che mai ebbe luogo. L'infittirsi di testi che dettagliano la legge, tutti collocati in una tappa dell'esodo, è ovviamente dovuto alla necessaria collocazione logica fra il *patto* e l'ingresso a Canaan, ma quei testi hanno origine e composizione del tutto diversa, rispetto al racconto della conquista.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCII
La figura di Giosuè, capo carismatico della vicenda-archetipo, doveva servire da modello per coloro che guidarono il vero esodo da Babilonia e forse non è un caso che il nome coincide con quello del capo sacerdote, associato al re Zerubbabel.
Non abbiamo notizie sugli aspetti militari del reinsediamento e quel che sappiamo (da fonti bibliche) la questione centrale verte sulla ricostruzione delle mura di Gerusalemme e del Tempio, punto di attrazione di grande prestigio. Si tratta di operazioni tendenti ad assicurare ai reduci protezione e potere e gli oppositori ebbero buon gioco nell'allarmare la corte persiana circa un'ipotesi di ribellione e di ciò si trova memoria nelle cronache babilonesi. Ma i capi dei reduci avevano molti sostenitori alla corte del Gran Re e con documenti di Ciro (questi quasi di sicuro falsi), ma anche di Dario e Artaserse, che consentivano il ritorno in sicurezza poterono porre le basi per la ricostituzione di un'entità nazionale
La figura di Giosuè, capo carismatico della vicenda-archetipo, doveva servire da modello per coloro che guidarono il vero esodo da Babilonia e forse non è un caso che il nome coincide con quello del capo sacerdote, associato al re Zerubbabel.
Non abbiamo notizie sugli aspetti militari del reinsediamento e quel che sappiamo (da fonti bibliche) la questione centrale verte sulla ricostruzione delle mura di Gerusalemme e del Tempio, punto di attrazione di grande prestigio. Si tratta di operazioni tendenti ad assicurare ai reduci protezione e potere e gli oppositori ebbero buon gioco nell'allarmare la corte persiana circa un'ipotesi di ribellione e di ciò si trova memoria nelle cronache babilonesi. Ma i capi dei reduci avevano molti sostenitori alla corte del Gran Re e con documenti di Ciro (questi quasi di sicuro falsi), ma anche di Dario e Artaserse, che consentivano il ritorno in sicurezza poterono porre le basi per la ricostituzione di un'entità nazionale
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCIII
La narrazione biblica della "guerra santa" di Giosuè è un costrutto artificioso, inteso a sottolineare l'unità di azione di tutte e dodici le tribù e tali e tante sono le incongruenze che il racconto può essere letto solo in funzione degli intenti che il redattore (del filone deuteronomista) aveva in testa.
I reduci da Babilonia, invece, potevano essere solo di Giuda e Beniamino, cioè del regno finale conquistato da Nabucodonosor (due tribù, invece di dodici) e Canaan ospitava diverse altre genti alcune estranee, altre no, ma con tutte si sarebbe potuto perseguire una politica di compromesso ragionevole. Invece il racconto ci parla di una scelta oltranzista, spinti dal motto "Dio è con noi e combatte al nostro fianco!" La vittoria è sicura, ma ogni azione bellica deve essere preceduta da un'adeguata preparazione votivo-cultuale: ogni errore sarebbe punito con la sconfitta. La pratica dell'herem (lo sterminio di alcune popolazioni pagane) è funzionale al progetto di totale rimpiazzo dei *popoli estranei* da parte del *popolo eletto*! (nota mia, Hitler e Stalin da giovani devono aver letto con passione la Bibbia)
Sia detto, per inciso, che questa ricostruzione pseudostorica non può appartenere né all'epoca della prima etnogenesi, né a quella del ritorno, si pone invece soltanto su un piano ideologico, che prescinde in toto dai fatti.
La narrazione biblica della "guerra santa" di Giosuè è un costrutto artificioso, inteso a sottolineare l'unità di azione di tutte e dodici le tribù e tali e tante sono le incongruenze che il racconto può essere letto solo in funzione degli intenti che il redattore (del filone deuteronomista) aveva in testa.
I reduci da Babilonia, invece, potevano essere solo di Giuda e Beniamino, cioè del regno finale conquistato da Nabucodonosor (due tribù, invece di dodici) e Canaan ospitava diverse altre genti alcune estranee, altre no, ma con tutte si sarebbe potuto perseguire una politica di compromesso ragionevole. Invece il racconto ci parla di una scelta oltranzista, spinti dal motto "Dio è con noi e combatte al nostro fianco!" La vittoria è sicura, ma ogni azione bellica deve essere preceduta da un'adeguata preparazione votivo-cultuale: ogni errore sarebbe punito con la sconfitta. La pratica dell'herem (lo sterminio di alcune popolazioni pagane) è funzionale al progetto di totale rimpiazzo dei *popoli estranei* da parte del *popolo eletto*! (nota mia, Hitler e Stalin da giovani devono aver letto con passione la Bibbia)
Sia detto, per inciso, che questa ricostruzione pseudostorica non può appartenere né all'epoca della prima etnogenesi, né a quella del ritorno, si pone invece soltanto su un piano ideologico, che prescinde in toto dai fatti.
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì
"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCIV
Il caso più famoso della fantasia dei deuteronomisti è quello di Gerico, città che viene espugnata mediante una procedura cerimoniale, non bellica. Le risultanze degli scavi archeologici hanno dimostrato che le mura erano assai più antiche dell'epoca di Giosuè, quando ormai la città era abbandonata e lo resterà ancora a lungo. Si tratta dunque di un tipico racconto eziologico, teso a spiegare come la città era stata distrutta, senza stare a sottilizzare troppo sul come e se la cosa fosse vera! L'importante era l'anatema voluto da Yahweh. Lo stesso vale per la città di 'Ai, il cui nome significa rudere e rovina e su cui si costruisce un bel racconto: da prima c'è il tentativo fallito a causa di una colpa rituale (copiata da un episodio babilonese), cui seguirà il successo per opera dell'intervento divino, una volta che la colpa sia stata rimossa. Le "cronache" proseguono con altri episodi di pura fantasia nelle quali l'elemento paesaggistico (che è ancora lì ai nostri giorni) viene additato a testimonianza verificabile dell'autenticità del racconto, sovvertendo completamente la connessione logica. I simboli costruiti dopo l'insediamento diventano testimonianza della conquista archetipa e giustificazione di quella storica.
Il caso più famoso della fantasia dei deuteronomisti è quello di Gerico, città che viene espugnata mediante una procedura cerimoniale, non bellica. Le risultanze degli scavi archeologici hanno dimostrato che le mura erano assai più antiche dell'epoca di Giosuè, quando ormai la città era abbandonata e lo resterà ancora a lungo. Si tratta dunque di un tipico racconto eziologico, teso a spiegare come la città era stata distrutta, senza stare a sottilizzare troppo sul come e se la cosa fosse vera! L'importante era l'anatema voluto da Yahweh. Lo stesso vale per la città di 'Ai, il cui nome significa rudere e rovina e su cui si costruisce un bel racconto: da prima c'è il tentativo fallito a causa di una colpa rituale (copiata da un episodio babilonese), cui seguirà il successo per opera dell'intervento divino, una volta che la colpa sia stata rimossa. Le "cronache" proseguono con altri episodi di pura fantasia nelle quali l'elemento paesaggistico (che è ancora lì ai nostri giorni) viene additato a testimonianza verificabile dell'autenticità del racconto, sovvertendo completamente la connessione logica. I simboli costruiti dopo l'insediamento diventano testimonianza della conquista archetipa e giustificazione di quella storica.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCV
Non tutti i gruppi di residenti furono eliminati, alcuni vennero assimilati e per questi si dovette ricorrere ad altre favole archetipe, ma dobbiamo restare curiosi quale fossero, perché l'unica rimasta è quella dei Gabaoniti che, per scampare all'eliminazione, cui erano destinati, inventarono di essere venuti da lontano e, nonostante si fosse scoperto che ciò non era vero, furono salvati dalla morte in cambio dell'asservimento. Il tutto per giustificare che all'epoca del secondo tempio i Gabaoniti dovevano assicura la "corvée al santuario di Gerusalemme. I deuteronomisti ebbero buon gioco nel far scomparire i popoli che avevano creato loro stessi, mentre i popoli veri rimasero, d'altra parte Filistei, Fenici, Edomiti, Moabiti e Ammoniti era difficile far finta che non esistessero: troppe erano le evidenze nel periodo storico in cui i re d'Israele e di Giuda avevano dovuto confrontarsi con loro. La situazione all'epoca del ritorno era ancora peggiore, sicché rivendicare il possesso di tutta Canaan risultava impossibile; era anche troppo fantasioso rivendicare il possesso di una parte, senza i territori dei popoli vicini.
Il carattere utopico dei confini si coglie anche nella connessione col motivo delle terre che restano da conquistare, da cui si arguisce facilmente che non è questione di questo o quel cantone che manchi al completamento, bensì si tratta di un territorio visto come spazio vuoto, geometrico, si direbbe euclideo, da dividere in parti eguali come in un trattato di agrimensura.
Non tutti i gruppi di residenti furono eliminati, alcuni vennero assimilati e per questi si dovette ricorrere ad altre favole archetipe, ma dobbiamo restare curiosi quale fossero, perché l'unica rimasta è quella dei Gabaoniti che, per scampare all'eliminazione, cui erano destinati, inventarono di essere venuti da lontano e, nonostante si fosse scoperto che ciò non era vero, furono salvati dalla morte in cambio dell'asservimento. Il tutto per giustificare che all'epoca del secondo tempio i Gabaoniti dovevano assicura la "corvée al santuario di Gerusalemme. I deuteronomisti ebbero buon gioco nel far scomparire i popoli che avevano creato loro stessi, mentre i popoli veri rimasero, d'altra parte Filistei, Fenici, Edomiti, Moabiti e Ammoniti era difficile far finta che non esistessero: troppe erano le evidenze nel periodo storico in cui i re d'Israele e di Giuda avevano dovuto confrontarsi con loro. La situazione all'epoca del ritorno era ancora peggiore, sicché rivendicare il possesso di tutta Canaan risultava impossibile; era anche troppo fantasioso rivendicare il possesso di una parte, senza i territori dei popoli vicini.
Il carattere utopico dei confini si coglie anche nella connessione col motivo delle terre che restano da conquistare, da cui si arguisce facilmente che non è questione di questo o quel cantone che manchi al completamento, bensì si tratta di un territorio visto come spazio vuoto, geometrico, si direbbe euclideo, da dividere in parti eguali come in un trattato di agrimensura.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCVI
La struttura amministrativa achemenide non è facilmente ricostruibile dalle fonti (poche) che abbiamo, si può solo presumere che all'inizio la Palestina fosse affidata al governatore residente a Samaria; nel corso del tempo anche la Giudea, con capitale Gerusalemme avrà quasi sicuramente assunto il livello di provincia, con governatori di norma scelti fra i membri dell'etnia locale (da Zerubbabel a Nehemia). L'estensione della nuova provincia era certamente piccola e non poteva arrivare alla costa.
Naturalmente le strutture politico-amministrative locali dovevano convivere con quelle persiane e per la Giudea la situazione era ancora più complicata, per il coesistere di comunità di rimanenti con i nuclei di rimpatriati, nonché per il particolare prestigio del Tempio, ma soprattutto c'era (come detto) la dipendenza da Samaria. Col tempo si arrivò al modello di Gerusalemme come città tempio, passando (secondo le fonti bibliche) per i Giudici e la monarchia.
La struttura amministrativa achemenide non è facilmente ricostruibile dalle fonti (poche) che abbiamo, si può solo presumere che all'inizio la Palestina fosse affidata al governatore residente a Samaria; nel corso del tempo anche la Giudea, con capitale Gerusalemme avrà quasi sicuramente assunto il livello di provincia, con governatori di norma scelti fra i membri dell'etnia locale (da Zerubbabel a Nehemia). L'estensione della nuova provincia era certamente piccola e non poteva arrivare alla costa.
Naturalmente le strutture politico-amministrative locali dovevano convivere con quelle persiane e per la Giudea la situazione era ancora più complicata, per il coesistere di comunità di rimanenti con i nuclei di rimpatriati, nonché per il particolare prestigio del Tempio, ma soprattutto c'era (come detto) la dipendenza da Samaria. Col tempo si arrivò al modello di Gerusalemme come città tempio, passando (secondo le fonti bibliche) per i Giudici e la monarchia.
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCVII
Contesto e cronologia dei Giudici
Quando si parla dei Giudici, il ragionamento dello storico (si fa per dire) deuteronomista è chiaro e semplice: dopo che Giosuè ebbe distrutto tutti i regni cananei e, prima che sorgesse una monarchia israelitica con Saul e David, il paese non aveva re ed era affidato alla cura dei c.d. giudici (sofetim) per l'autogoverno locale. Queste narrazione è del tutto artificiosa e contraddetta da notizie sull'esistenza di re nel periodo (fonti archeologiche mostrano la persistenza di strutture palatine in città varie, per es. Megiddo). Ma lo storiografo deuteronomista non si cura di ciò e si limita a presentarci i singoli villaggi con ivi la presenza di anziani e giudici per la gestione corrente. È evidente che l'autore del libro dei Giudici ha voluto proiettare nel periodo del passato protostorico e mitico delle origini le vicende del proprio tempo, utilizzando materiali di nessuna attendibilità, ma che comunque hanno avuto una grande efficacia.
Lo schema cronologico è artificioso, con durate tonde sia dei periodi di oppressione, sia di quelli di giudicatura (la ricorrenza è 40 anni), che, se presi alla lettera, si supererebbero i 300 anni. Ne derivano varie proposte di di aggiustamento, che evidenziano ancora di più il carattere utopico di tutto il racconto. Il tutto finalizzato al famoso patto con Yahveh.
Nel libro dei Giudici si può dire non c'è nemmeno una vicenda storica difendibile, al di là di un generico contrasto con i Filistei e con gli Ammoniti, d'altra parte lo storico non aveva fonti scritte su queste vicende, che per loro dichiarazione vogliono collocarsi in un periodo senza strutture statali, dunque senza archivi e iscrizioni celebrative.
Contesto e cronologia dei Giudici
Quando si parla dei Giudici, il ragionamento dello storico (si fa per dire) deuteronomista è chiaro e semplice: dopo che Giosuè ebbe distrutto tutti i regni cananei e, prima che sorgesse una monarchia israelitica con Saul e David, il paese non aveva re ed era affidato alla cura dei c.d. giudici (sofetim) per l'autogoverno locale. Queste narrazione è del tutto artificiosa e contraddetta da notizie sull'esistenza di re nel periodo (fonti archeologiche mostrano la persistenza di strutture palatine in città varie, per es. Megiddo). Ma lo storiografo deuteronomista non si cura di ciò e si limita a presentarci i singoli villaggi con ivi la presenza di anziani e giudici per la gestione corrente. È evidente che l'autore del libro dei Giudici ha voluto proiettare nel periodo del passato protostorico e mitico delle origini le vicende del proprio tempo, utilizzando materiali di nessuna attendibilità, ma che comunque hanno avuto una grande efficacia.
Lo schema cronologico è artificioso, con durate tonde sia dei periodi di oppressione, sia di quelli di giudicatura (la ricorrenza è 40 anni), che, se presi alla lettera, si supererebbero i 300 anni. Ne derivano varie proposte di di aggiustamento, che evidenziano ancora di più il carattere utopico di tutto il racconto. Il tutto finalizzato al famoso patto con Yahveh.
Nel libro dei Giudici si può dire non c'è nemmeno una vicenda storica difendibile, al di là di un generico contrasto con i Filistei e con gli Ammoniti, d'altra parte lo storico non aveva fonti scritte su queste vicende, che per loro dichiarazione vogliono collocarsi in un periodo senza strutture statali, dunque senza archivi e iscrizioni celebrative.
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- chinaski89
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- Iscritto il: sabato 13 giugno 2015, 16:51
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Cioè sto tizio ha scritto un libro per spiegare che la bibbia non è storicamente attendibile? Alla faccia ce voleva lui oh poi sarà interessantissimo sicuramente eh, ma solo un pazzo poteva pensare ci fosse qualcosa di storico la in mezzo. Ora non vorrete anche dirmi che pure l'epopea di Giglamesh non è un testo storicamente affidabile?
O figliuolo il meglio d'altri tempi/non era che la nostra giovinezza
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Il discorso è diverso, quello che stupisce a posteriori è la capacità di costruire una storia nel senso di vicenda di un popolo a supporto di un' ideologia. Il fine ultimo è comunque quello di certificare la originalità del popolo stanziato in quella terra non tenendo conto delle inevitabili commistioni accadute nei secoli tese a stabilire un vero e proprio diritto divino sul territorio. Operazione che francamente non credo abbia uguali nella storia almeno non nella stessa misura. Persino un poema come l' Iliade scritto da Greci analizza sia la colpa primigenia dei troiani, ma anche l' interesse e la sete di potere dei maggiorenti achei guidati da Agamennone. Tra i maggiori storiografi dell' Antica Roma non è raro imbattersi in autori che in piena era imperiale lodassero il periodo repubblicano. Nel caso del libro in questione, dando per certe le osservazioni dell' autore, balza immediatamente agli occhi questa ferrea volontà di difendere e sostenere la propria originalità capace di sopravvivere ad invasioni, deportazioni, conquiste ecc. Qualità o se non vogliamo usare questo termine, caratteristica questa che ha sempre distinto il popolo ebraico fino ai nostri giorni. Quindi non so se l' autore abbia analizzato acriticamente le vicende o anche lui le abbia piegate alla sua narrazione, oggettivamente scritta molto bene.chinaski89 ha scritto: ↑mercoledì 8 maggio 2024, 10:46 Cioè sto tizio ha scritto un libro per spiegare che la bibbia non è storicamente attendibile? Alla faccia ce voleva lui oh poi sarà interessantissimo sicuramente eh, ma solo un pazzo poteva pensare ci fosse qualcosa di storico la in mezzo. Ora non vorrete anche dirmi che pure l'epopea di Giglamesh non è un testo storicamente affidabile?
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
"Persino un poema come l' Iliade scritto da Greci" infatti Graves supponeva che Omero non fosse greco, dato che "tifa" apertamente per i troiani
Sul fatto che buona parte del racconto biblico sia leggendaria (non solo quando si parla di interventi divini, ma anche quando si parla di informaioni storiche o proposte come tali), si tratta di una ipotesi non nuova, parecchi anni fa avevo letto il lavoro di Graves che avevo citato prima insieme a Patai, ,Miti ebraici, dove applicava al testo biblico considerazioni di tipo antropologico e mitologico simili a quelle che fa l'autore del testo che ha letto Lemond (e non so chi ha scritto prima, se la coppia Graves-Patai o l'autore del libro di Lemond), in particolare ricordo che affermava che la legislazione attribbuita a Mose' venne scritta moltissimo tempo dopo, piu' o meno andando a memoria nelle modalita' che Lemond ci ha raccontato (e che ho letto o riletto con interesse)
Cio non ha pero' alcun impatto con le considerazioni relative al giorno d''oggi e non puo' essere usato come arma (come surrrettiziamente appare, visto che i commenti al libro sono qui e non in Storia o Filosofia) per negare agli ebrei quello che viene invece ammesso per ogni altro popolo, cioe' il diritto all'autodeterminazione e alla sicurezza, a vivere in pace con i propri vicini.
Sul fatto che buona parte del racconto biblico sia leggendaria (non solo quando si parla di interventi divini, ma anche quando si parla di informaioni storiche o proposte come tali), si tratta di una ipotesi non nuova, parecchi anni fa avevo letto il lavoro di Graves che avevo citato prima insieme a Patai, ,Miti ebraici, dove applicava al testo biblico considerazioni di tipo antropologico e mitologico simili a quelle che fa l'autore del testo che ha letto Lemond (e non so chi ha scritto prima, se la coppia Graves-Patai o l'autore del libro di Lemond), in particolare ricordo che affermava che la legislazione attribbuita a Mose' venne scritta moltissimo tempo dopo, piu' o meno andando a memoria nelle modalita' che Lemond ci ha raccontato (e che ho letto o riletto con interesse)
Cio non ha pero' alcun impatto con le considerazioni relative al giorno d''oggi e non puo' essere usato come arma (come surrrettiziamente appare, visto che i commenti al libro sono qui e non in Storia o Filosofia) per negare agli ebrei quello che viene invece ammesso per ogni altro popolo, cioe' il diritto all'autodeterminazione e alla sicurezza, a vivere in pace con i propri vicini.
"Senza gli spettatori che commentano sul divano Vingegaard starebbe a pescare le trote in Danimarca, Pogi farebbe l'animatore in qualche villaggio a Jesolo, Remco il terzino sinistro della Casertana e i gemelli Yates avrebbero messo su una banda di criminali scalcagnata dalle parti di Manchester." (Kreuziger80)
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Nessuno nega questo anche se ciò ci porterebbe in un intricatissimo crocevia di diritti usurpati o no da cui è impossibile uscirne. La mia considerazione è che, per quelle che sono le mie conoscenze, non ricordo popoli dell' antichità così attenti a rivendicare la purezza delle proprie origini. Un unicum che desta attenzione, ma anche ammirazione per una lungimiranza venuta buona anche nei secoli successivi. È indubbio che la narrazione agiografica sia un must dei regimi, ma si tratta di un' opzione sfruttata soprattutto in tempi moderni; ai persiani o ai macedoni non passava neanche per l' anticamera del cervello di passare per prediletti dagli dei, la loro caratteristica era la potenza e tutt' al più per giustificare la conquista dell' Egitto e tacitare eventuali ribellioni i Sacerdoti potevano inventare la storiella di Alessandro figlio di Amnon che suona un po' parafrasando Febbre da cavallo.come Piripicchio figlio di Uragano e Apocalisse.
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
"Nessuno nega questo" a me pare proprio di sì invece, è un po il fil rouge di quello che è successo di là fin dalla fine del mandato britannico (e anche prima)
"Senza gli spettatori che commentano sul divano Vingegaard starebbe a pescare le trote in Danimarca, Pogi farebbe l'animatore in qualche villaggio a Jesolo, Remco il terzino sinistro della Casertana e i gemelli Yates avrebbero messo su una banda di criminali scalcagnata dalle parti di Manchester." (Kreuziger80)
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Mel mondo ci sono più di due miliardi di pazzi e hai ragione di stupirti, ma è cosìchinaski89 ha scritto: ↑mercoledì 8 maggio 2024, 10:46 Cioè sto tizio ha scritto un libro per spiegare che la bibbia non è storicamente attendibile? Alla faccia ce voleva lui oh poi sarà interessantissimo sicuramente eh, ma solo un pazzo poteva pensare ci fosse qualcosa di storico la in mezzo. Ora non vorrete anche dirmi che pure l'epopea di Giglamesh non è un testo storicamente affidabile?
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" XCVIII
Gli autori del libro dei Giudici hanno dovuto, di necessità, attingere a un repertorio di racconti tradizionali di carattere *leggendario e fiabesco*. La maggior parte di queste saghe erano collocate in epoca anteriore all'arrivo degli Israeliti, ma vennero collocate nel periodo dei Giudici e si costruirono "eroi" che combattevano contro i popoli nemici. Nel loro insieme forniscono un quadro di come Israele di età esilica e post-esilica immaginava il periodo iniziale in terra di Canaan. (Detto per inciso ci sono arcaismi linguistici che evidenziano con facilità il periodo molto anteriore). Questo patrimonio di saghe, fiabe e memorie era presente senza dubbio in età pre-esilica, ma ci si può ben immaginare la cura posta dai reduci nel rintracciare e valorizzare quei segni del passato quando tornarono a rioccupare il territorio. Nei racconti è vistosamente assente il territorio di Giuda, come se le saghe intendessero segnare piuttosto la zona ai margini, che non il centro più sicuramente posseduto e al momento del rientro, non contestato da alcuno.
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Lemond, guarda che Sansone e' un eroe solare e ci sono tantissime analogie fra la mitologia ebraica e altre mitologie, specie la greca (la zoppia di Giacobbe come i re sacri ellenici, il diluvio di Deucalione/Noe e tantissime alre)
Graves lo spiega sia nei Miti greci sia nei Miti ebraici (quest'ultimo scritto insieme a Patai)
Poi ha scritto un romanzo storico, Io Gesu', dove ipotizza un Gesu' completamente umano, e al tempo stesso doppiamente erede del regno giudaico (essendo discendente di Erode per parte di padre, e di Davide per parte di madre, e ipotizzando che la genealogia dell'antico regno fosse matriarcale, dato che Davide diventa re sposando la figlia di Saul, invertendo il rapporto causa-effetto cosi come derscritto nel testo biblico. Usa la stessa logica per affermare che i sette re di roma nascondevano una genealogia matrilineare sotto la formula dell'"adozione" del successore
Graves lo spiega sia nei Miti greci sia nei Miti ebraici (quest'ultimo scritto insieme a Patai)
Poi ha scritto un romanzo storico, Io Gesu', dove ipotizza un Gesu' completamente umano, e al tempo stesso doppiamente erede del regno giudaico (essendo discendente di Erode per parte di padre, e di Davide per parte di madre, e ipotizzando che la genealogia dell'antico regno fosse matriarcale, dato che Davide diventa re sposando la figlia di Saul, invertendo il rapporto causa-effetto cosi come derscritto nel testo biblico. Usa la stessa logica per affermare che i sette re di roma nascondevano una genealogia matrilineare sotto la formula dell'"adozione" del successore
"Senza gli spettatori che commentano sul divano Vingegaard starebbe a pescare le trote in Danimarca, Pogi farebbe l'animatore in qualche villaggio a Jesolo, Remco il terzino sinistro della Casertana e i gemelli Yates avrebbero messo su una banda di criminali scalcagnata dalle parti di Manchester." (Kreuziger80)
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Di R. Graves ho letto i due libri su Claudio e lo stavo ripassando in audio, ma poi ho smesso. Grazie dell'informazione e così dopo il Regno di E. Carrère leggero Io Gesù e i Miti ebraici.Trullo ha scritto: ↑giovedì 9 maggio 2024, 10:43 Lemond, guarda che Sansone e' un eroe solare e ci sono tantissime analogie fra la mitologia ebraica e altre mitologie, specie la greca (la zoppia di Giacobbe come i re sacri ellenici, il diluvio di Deucalione/Noe e tantissime alre)
Graves lo spiega sia nei Miti greci sia nei Miti ebraici (quest'ultimo scritto insieme a Patai)
Poi ha scritto un romanzo storico, Io Gesu', dove ipotizza un Gesu' completamente umano, e al tempo stesso doppiamente erede del regno giudaico (essendo discendente di Erode per parte di padre, e di Davide per parte di madre, e ipotizzando che la genealogia dell'antico regno fosse matriarcale, dato che Davide diventa re sposando la figlia di Saul, invertendo il rapporto causa-effetto cosi come derscritto nel testo biblico. Usa la stessa logica per affermare che i sette re di roma nascondevano una genealogia matrilineare sotto la formula dell'"adozione" del successore
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" IC
È durante il periodo dei Giudici che la tradizione colloca il funzionamento "normale" della lega di dodici tribù. Il carattere artificioso del numero è peraltro sempre stato ammesso e la soluzione più logica è pensare che la lega formalmente intesa non abbia mai funzionato e sia stata sistemata a livello storiografico per postulare, almeno nel passato, un'organica unitarietà di gruppi tribali che, in età storica, apparivano ormai disgregate. Di certo le tribù avevano una storia concreta, ma niente a che vedere con quella costruita nel VI secolo. Il concetto stesso di tribù andrebbe meglio chiarito. Esistono due modelli d'identità tribale: quello genealogico, che è "vero" soprattutto per grandi tribù cammelliere e quello territoriale, che emerge alla lettura delle liste dei clan costituenti e che si trova soprattutto nei gruppi agro-pastorali integrati.
In età post-esilica la corrispondenza fra tribù e territorio doveva ormai essere quasi totalmente persa, gli "storici" sembrano ormai aver smarrito la conoscenza della dislocazione geografica e sono costretti a ricostituirle secondo criteri immaginifici, seguendo il principio del prestigio acquisito dai vari capi della rioccupazione post-esilica.
È durante il periodo dei Giudici che la tradizione colloca il funzionamento "normale" della lega di dodici tribù. Il carattere artificioso del numero è peraltro sempre stato ammesso e la soluzione più logica è pensare che la lega formalmente intesa non abbia mai funzionato e sia stata sistemata a livello storiografico per postulare, almeno nel passato, un'organica unitarietà di gruppi tribali che, in età storica, apparivano ormai disgregate. Di certo le tribù avevano una storia concreta, ma niente a che vedere con quella costruita nel VI secolo. Il concetto stesso di tribù andrebbe meglio chiarito. Esistono due modelli d'identità tribale: quello genealogico, che è "vero" soprattutto per grandi tribù cammelliere e quello territoriale, che emerge alla lettura delle liste dei clan costituenti e che si trova soprattutto nei gruppi agro-pastorali integrati.
In età post-esilica la corrispondenza fra tribù e territorio doveva ormai essere quasi totalmente persa, gli "storici" sembrano ormai aver smarrito la conoscenza della dislocazione geografica e sono costretti a ricostituirle secondo criteri immaginifici, seguendo il principio del prestigio acquisito dai vari capi della rioccupazione post-esilica.
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Anche il numero dodici ricorre in contesti simili presso altri popoli (l'anfizionia delfica, la dodecapoli etrusca) probabilmnete legato al numero di segni dello zodiaco (a sua volta legato dal rapporto fra anno solare e mese lunare)
"Senza gli spettatori che commentano sul divano Vingegaard starebbe a pescare le trote in Danimarca, Pogi farebbe l'animatore in qualche villaggio a Jesolo, Remco il terzino sinistro della Casertana e i gemelli Yates avrebbero messo su una banda di criminali scalcagnata dalle parti di Manchester." (Kreuziger80)
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Vero, così come ...
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" C
Che il racconto biblico non sia storicamente attendibile si ricava anche dal libro dei Giudici che mostra sempre raggruppamenti parziali e occasionali, dettati dalla collocazione dell'evento, salvo aggiungere quasi sempre (tranne una volta) "tutto Israele"!
L'unico episodio in cui si veda la lega agire come corpo unitario è nella vicenda della guerra contro Beniamino, a seguito del delitto di Gibe'a a danno della moglie del levita di passaggio.
I libro dei Giudici quindi non ci può dire ovviamente come interagissero le tribù in età pre-monarchica, ma serve per sapere come, in età post-esilica, si immaginava dovessero aver agito.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CI
Un'inferenza si può ricavare dall'unico episodio unitario, di cui si è detto: ognuno è sicuro solo nel suo territorio tribale, considera ostile quello delle altre tribù. Il Levita, che è di Giuda, in viaggio non pensa nemmeno di far tappa a Gerusalemme "gebusea" e cerca ospitalità in Beniamino, ma arriva che è ormai buio e viene accolto solo da un residente non beniaminita e dovrà subire l'attacco sessuale e la moglie sarà violentata a morte.
Storia orrenda a cui la lega deve reagire e lo farà con la guerra contro i Beniaminiti, ai quali comunque si consentirà la sopravvivenza dopo la strage di Yabesh e poi mediante il ratto delle ragazze di Shilo. Non potrebbe tollerarsi l'interruzione dei rapporti, altrimenti le varie tribù sarebbero ridotte anche in teoria a ciò che sono davvero: entità estranee, come i popoli stranieri.
Un'inferenza si può ricavare dall'unico episodio unitario, di cui si è detto: ognuno è sicuro solo nel suo territorio tribale, considera ostile quello delle altre tribù. Il Levita, che è di Giuda, in viaggio non pensa nemmeno di far tappa a Gerusalemme "gebusea" e cerca ospitalità in Beniamino, ma arriva che è ormai buio e viene accolto solo da un residente non beniaminita e dovrà subire l'attacco sessuale e la moglie sarà violentata a morte.
Storia orrenda a cui la lega deve reagire e lo farà con la guerra contro i Beniaminiti, ai quali comunque si consentirà la sopravvivenza dopo la strage di Yabesh e poi mediante il ratto delle ragazze di Shilo. Non potrebbe tollerarsi l'interruzione dei rapporti, altrimenti le varie tribù sarebbero ridotte anche in teoria a ciò che sono davvero: entità estranee, come i popoli stranieri.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CII
La monarchia, impersonata dagli ultimi eredi della casa di David, rimase il cardine delle aspettative di riscossa per tutto il VI secolo, anche se tale ipotesi incontrava diverse contraddizioni sia sul piano ideologico, che su quello attuativo.
L'esperienza passata dimostrava il fallimento della casa di David e quindi, occorreva rifondare un patto, diverso dal primo, ma anche una regalità nuova, che non potesse ripetere gli errori del passato e quindi doveva essere controllata dai sacerdoti.
Sul piano attuativo, occorreva avere l'appoggio dell'imperatore, che appunto acconsentisse al ritorno (come vassalli) delle tribù in Giudea e dintorni.
Zerubbabel riuscì a convincere l'imperatore e svolse un qualche ruolo fino al momento dell'inaugurazione del nuovo tempio, dopo di che scomparve e si può sospettare un colpo di stato. Acquista invece importanza il sacerdote Giosuè, protagonista di una cerimonia di purificazione e investitura, in cui il tempio sembra assumere le prerogative di guida unica, che una volta erano state del Palazzo reale.
La monarchia, impersonata dagli ultimi eredi della casa di David, rimase il cardine delle aspettative di riscossa per tutto il VI secolo, anche se tale ipotesi incontrava diverse contraddizioni sia sul piano ideologico, che su quello attuativo.
L'esperienza passata dimostrava il fallimento della casa di David e quindi, occorreva rifondare un patto, diverso dal primo, ma anche una regalità nuova, che non potesse ripetere gli errori del passato e quindi doveva essere controllata dai sacerdoti.
Sul piano attuativo, occorreva avere l'appoggio dell'imperatore, che appunto acconsentisse al ritorno (come vassalli) delle tribù in Giudea e dintorni.
Zerubbabel riuscì a convincere l'imperatore e svolse un qualche ruolo fino al momento dell'inaugurazione del nuovo tempio, dopo di che scomparve e si può sospettare un colpo di stato. Acquista invece importanza il sacerdote Giosuè, protagonista di una cerimonia di purificazione e investitura, in cui il tempio sembra assumere le prerogative di guida unica, che una volta erano state del Palazzo reale.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CIII
Il dibattito fra il potere del re e dei sacerdoti, che durò qualche decennio, ha lasciato tracce rilevanti, soprattutto nella riscrittura del passato. Da essa si evince che, prima di arrivare alla soluzione sacerdotale e della "nazione santa" gli storici deuteronomisti ebbero tutto il tempo di rivisitare la storia passata della monarchia, lodandone i meriti e condannandone le infedeltà: in sintesi si dava della monarchia, in quanto istituzione, un giudizio positivo, salvo scagliarsi contro le idolatrie dei singoli re.
Sul primo re, Saul si accumulano tutti i tipi di legittimazione possibili: è scelto da Yahweh e unto da Samuele, acclamato dal popolo e osannato dall'esercito, ma poi si scopre che c'erano troppe fonti che lo condannavano, si cancella Saul dalla storia e lo si sostituisce con David e la casa di lui andrà avanti fino all'esilio.
Il dibattito fra il potere del re e dei sacerdoti, che durò qualche decennio, ha lasciato tracce rilevanti, soprattutto nella riscrittura del passato. Da essa si evince che, prima di arrivare alla soluzione sacerdotale e della "nazione santa" gli storici deuteronomisti ebbero tutto il tempo di rivisitare la storia passata della monarchia, lodandone i meriti e condannandone le infedeltà: in sintesi si dava della monarchia, in quanto istituzione, un giudizio positivo, salvo scagliarsi contro le idolatrie dei singoli re.
Sul primo re, Saul si accumulano tutti i tipi di legittimazione possibili: è scelto da Yahweh e unto da Samuele, acclamato dal popolo e osannato dall'esercito, ma poi si scopre che c'erano troppe fonti che lo condannavano, si cancella Saul dalla storia e lo si sostituisce con David e la casa di lui andrà avanti fino all'esilio.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CIV
Con David, Yahweh istituisce il nuovo patto: fedeltà per avere prosperità e, poiché Yahweh è fedele per definizione, fortune e sfortune dipenderanno dalla condotta dei re. Nella configurazione iniziale il regno era, per volere divino, all'apice dell'estensione e della potenza e, benché la storia ci dica il contrario, doveva essere unico (non diviso fra Giuda e Israele) e abbracciava tutte e dodici le tribù fedeli all'unico dio. Si postulò insomma quello che si voleva: un regno unito ed esteso, come già aveva cercato di fare un millennio prima il re ittita Telipinu.
Naturalmente questi modelli sono entrambi falsi, se confrontati con le fonti dell'epoca, ma la verità dei fatti conta poco, se si riesce a attribuire alla nostra storia ogni sorta di aneddoti o novelle che avesse come protagonista un re valoroso in battaglia, oppure grandemente saggio.
Tutte le storie su David e Salomone non sono minimamente attendibili e fanno parte a pieno titolo di quello che si immaginava/voleva (nel VI secolo) fosse successo nel X.
Con David, Yahweh istituisce il nuovo patto: fedeltà per avere prosperità e, poiché Yahweh è fedele per definizione, fortune e sfortune dipenderanno dalla condotta dei re. Nella configurazione iniziale il regno era, per volere divino, all'apice dell'estensione e della potenza e, benché la storia ci dica il contrario, doveva essere unico (non diviso fra Giuda e Israele) e abbracciava tutte e dodici le tribù fedeli all'unico dio. Si postulò insomma quello che si voleva: un regno unito ed esteso, come già aveva cercato di fare un millennio prima il re ittita Telipinu.
Naturalmente questi modelli sono entrambi falsi, se confrontati con le fonti dell'epoca, ma la verità dei fatti conta poco, se si riesce a attribuire alla nostra storia ogni sorta di aneddoti o novelle che avesse come protagonista un re valoroso in battaglia, oppure grandemente saggio.
Tutte le storie su David e Salomone non sono minimamente attendibili e fanno parte a pieno titolo di quello che si immaginava/voleva (nel VI secolo) fosse successo nel X.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CV
Se il nuovo patto fra dio e il popolo è quello stipulato con David, allora la continuità dinastica diventa un fattore essenziale: se la casata si dovesse interrompere, si perderebbe ogni validità!
"Finché ci sarà la casa di dio, ci sarà anche la casa di David" non può appartenere al tempo di David perché allora il tempio non era stato ancora costruito. La distruzione del tempio ha coinciso con la deportazione a Babilonia del popolo, ma anche della casa reale e per ricostruire questa, occorre anche un nuovo tempio. La connessione fra casata, tempio, popolo, terra è la sostanza del progetto di rinascita post-esilica.
Avendo stabilito siffatto legame, lo storiografo deuteronomista deve porre una grande attenzione a un'interrotta successione all'interno della casate di David e costui/costoro ha/hanno tramandato come fonti autentiche un abbondante materiale novellistico: dei veri e propri romanzi con i personaggi più celebri di tutta la dinastia, che però assi meglio si inquadrerebbero nella temperie letteraria del VI-V secolo, che in quella (al massimo epigrafica) del X.
Se il nuovo patto fra dio e il popolo è quello stipulato con David, allora la continuità dinastica diventa un fattore essenziale: se la casata si dovesse interrompere, si perderebbe ogni validità!
"Finché ci sarà la casa di dio, ci sarà anche la casa di David" non può appartenere al tempo di David perché allora il tempio non era stato ancora costruito. La distruzione del tempio ha coinciso con la deportazione a Babilonia del popolo, ma anche della casa reale e per ricostruire questa, occorre anche un nuovo tempio. La connessione fra casata, tempio, popolo, terra è la sostanza del progetto di rinascita post-esilica.
Avendo stabilito siffatto legame, lo storiografo deuteronomista deve porre una grande attenzione a un'interrotta successione all'interno della casate di David e costui/costoro ha/hanno tramandato come fonti autentiche un abbondante materiale novellistico: dei veri e propri romanzi con i personaggi più celebri di tutta la dinastia, che però assi meglio si inquadrerebbero nella temperie letteraria del VI-V secolo, che in quella (al massimo epigrafica) del X.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CVI
Nell'età del Ferro emerge l'attenzione anche ai rapporti di giustizia fra il popolo e il re, con quest'ultimo che deve essere, oltre che forte, anche saggio. I Proverbi, come altri testi sapienziali, ancor più nettamente tardi: l'Ecclesiaste è del III secolo e la Sapienza del I, sono attribuiti a Salomone Per i Proverbi è difficile conoscerne la datazione, probabilmente deriveranno da tradizioni orali, in ogni modo sono massime di saggezza spicciola, di tono ottimistico: contrappongono il saggio/giusto allo stupido/malvagio e confidano che Dio remunererà la giustizia e punirà la malvagità. La raccolta di simile paccottiglia si comprende solo se è stata messa insieme quando il palazzo reale non esisteva più e la comunità si riconosceva in chiacchiere di mercato e invidie di vicinato.
Ma, a mano amano che il collegamento fra il re e le prospettive di ripresa (nell'esilio) si erano allontanate, la natura del messianismo muta: si passa dal qui e ora a un'aspettativa di lungo termine, propriamente escatologica, che non poteva così essere contraddetta nel breve periodo. (Nota mia, il regime di Stalin è caduto, quello inventato da San Paolo e proseguito da tanti altri, ancora no, così come quello di Putin! )
Nell'età del Ferro emerge l'attenzione anche ai rapporti di giustizia fra il popolo e il re, con quest'ultimo che deve essere, oltre che forte, anche saggio. I Proverbi, come altri testi sapienziali, ancor più nettamente tardi: l'Ecclesiaste è del III secolo e la Sapienza del I, sono attribuiti a Salomone Per i Proverbi è difficile conoscerne la datazione, probabilmente deriveranno da tradizioni orali, in ogni modo sono massime di saggezza spicciola, di tono ottimistico: contrappongono il saggio/giusto allo stupido/malvagio e confidano che Dio remunererà la giustizia e punirà la malvagità. La raccolta di simile paccottiglia si comprende solo se è stata messa insieme quando il palazzo reale non esisteva più e la comunità si riconosceva in chiacchiere di mercato e invidie di vicinato.
Ma, a mano amano che il collegamento fra il re e le prospettive di ripresa (nell'esilio) si erano allontanate, la natura del messianismo muta: si passa dal qui e ora a un'aspettativa di lungo termine, propriamente escatologica, che non poteva così essere contraddetta nel breve periodo. (Nota mia, il regime di Stalin è caduto, quello inventato da San Paolo e proseguito da tanti altri, ancora no, così come quello di Putin! )
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CVII
L'utopia monarchica fu battuta da un'altra, quella sacerdotale, che propugnava un regno diretto di Dio: Yahweh malak (regna), come sostengono i salmi riadattati alla nuova ideologia. Ovviamente, in pratica, il regno di dio si sarebbe attuato tramite il ruolo politico dei sacerdoti e configurando la comunità giudea come una città-tempio, una storia del tutto innovativa nella storia palestinese (fino allora il tempio aveva svolto solo un ruolo cultuale, mai politico).
La tradizione della città-tempio era appartenuta alla cultura sumerica del terzo millennio o forse del quarto, che poi fu ripristinata in parte nel periodo neo-babilonese, con alcune esenzioni che i re concedevano alle città templari. e che gli Achemenidi adottarono, ravvisandovi un buon modo di gestire delle grosse comunità cittadine, con un giusto equilibrio fra autonomia locale e dipendenza imperiale.
Come avviene spesso in simili casi, un progetto innovativo venne presentato come un ritorno alle origini, inventando il modello salomonico e attribuendogli centralità attraverso tutta la storia di Israele e questo fu opera del somme sacerdote Giosuè, che tornò a Gerusalemme con Zerubbabel, il quale aveva ben chiaro in mente le implicazioni di potenziamento economico e di egemonia politica in funzione antimonarchica. Basta confrontare la storia di Giuda, come narrata dal Deutoronomista e dal Cronista per avvertire lo slittamento dell'enfasi della storia di una dinastia regia alla storia di un tempio.
L'utopia monarchica fu battuta da un'altra, quella sacerdotale, che propugnava un regno diretto di Dio: Yahweh malak (regna), come sostengono i salmi riadattati alla nuova ideologia. Ovviamente, in pratica, il regno di dio si sarebbe attuato tramite il ruolo politico dei sacerdoti e configurando la comunità giudea come una città-tempio, una storia del tutto innovativa nella storia palestinese (fino allora il tempio aveva svolto solo un ruolo cultuale, mai politico).
La tradizione della città-tempio era appartenuta alla cultura sumerica del terzo millennio o forse del quarto, che poi fu ripristinata in parte nel periodo neo-babilonese, con alcune esenzioni che i re concedevano alle città templari. e che gli Achemenidi adottarono, ravvisandovi un buon modo di gestire delle grosse comunità cittadine, con un giusto equilibrio fra autonomia locale e dipendenza imperiale.
Come avviene spesso in simili casi, un progetto innovativo venne presentato come un ritorno alle origini, inventando il modello salomonico e attribuendogli centralità attraverso tutta la storia di Israele e questo fu opera del somme sacerdote Giosuè, che tornò a Gerusalemme con Zerubbabel, il quale aveva ben chiaro in mente le implicazioni di potenziamento economico e di egemonia politica in funzione antimonarchica. Basta confrontare la storia di Giuda, come narrata dal Deutoronomista e dal Cronista per avvertire lo slittamento dell'enfasi della storia di una dinastia regia alla storia di un tempio.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CVIII
Gli esuli avevano vivida memoria (e forse anche carte) del primo tempio e cercarono di riprodurlo in forma ampliata, ma il primo non era certo quello di Salomone, bensì quello di Giosia, distrutto da Nebuzardan e dalle truppe caldee. Tre secoli prima anche Salomone avrà costruito un tempio, ma ci furono molti cambiamenti successivi ad opera dei nuovi re, ma solo la distruzione del 587 è stata descritta come radicale: saccheggiato e bruciato, insieme alla città. I reduci si impossessarono subito delle rovine, riassettarono alla meglio l'altare, per eseguire gli atti essenziali del culto, secondo la normativa mosaica, elaborata a Babilonia. Dopo di che, scacciarono i sacerdoti che avevano mantenuto in funzione il culto dei rimasti. Costoro, definiti "nemici di Giuda e Beniamino" videro respinti tutti i tentativi di collaborazione, con l'argomentazione speciosa che l'autorizzazione imperiale a ricostruire riguardava solo i reduci!
Gli esuli avevano vivida memoria (e forse anche carte) del primo tempio e cercarono di riprodurlo in forma ampliata, ma il primo non era certo quello di Salomone, bensì quello di Giosia, distrutto da Nebuzardan e dalle truppe caldee. Tre secoli prima anche Salomone avrà costruito un tempio, ma ci furono molti cambiamenti successivi ad opera dei nuovi re, ma solo la distruzione del 587 è stata descritta come radicale: saccheggiato e bruciato, insieme alla città. I reduci si impossessarono subito delle rovine, riassettarono alla meglio l'altare, per eseguire gli atti essenziali del culto, secondo la normativa mosaica, elaborata a Babilonia. Dopo di che, scacciarono i sacerdoti che avevano mantenuto in funzione il culto dei rimasti. Costoro, definiti "nemici di Giuda e Beniamino" videro respinti tutti i tentativi di collaborazione, con l'argomentazione speciosa che l'autorizzazione imperiale a ricostruire riguardava solo i reduci!
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- Messaggi: 272
- Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2023, 20:40
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Oggi sulla salita del Mottolino un ragazzo sventolava la bandiera israeliana. Comunque la si pensi, un coraggioso.
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Se dietro l'incidente a Raisi c'è il Mossad, è guerra mondiale.
«L'amore trionfa sempre sull'odio e sull'invidia» S.B.
«Fight! fight! fight!» D.T.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CIX
Una generazione dopo, al tempo di Artaserse, troviamo ancora i rimanenti attivamente ostili alla comunità templare, anche se essa ormai è costituita e si sta fortificando e infatti le fonti archeologiche ci dicono che sono stati trovati resti delle mura fatte edificare da Nehemia nel 445 attorno alla c.d. "città di David". Lo stesso Nehemia si era dato poi al riassetto della città-tempio, che da allora fu distaccata dalla provincia di Samaria e acquistò autonomia completa. Il processo di presa del potere dei sacerdoti si completò nei primi anni del IV secolo. Probabilmente fu lo scriba-sacerdote Ezra ad accentuare le implicazioni teologiche e politiche del proprio mandato, affermando la chiusura totale verso "il popolo della terra" e l'autorità suprema della Legge di Dio (ratificata dall'imperatore, ma poi operante senza altre condizioni).
Ezra dette così inizio a una nuova fase della storia ebraica: la città tempio chiusa ai vicini/rimanenti e aperta ai correligionari della diaspora, governata dal sacerdozio, quale unico e legittimo interprete della Legge!
Una generazione dopo, al tempo di Artaserse, troviamo ancora i rimanenti attivamente ostili alla comunità templare, anche se essa ormai è costituita e si sta fortificando e infatti le fonti archeologiche ci dicono che sono stati trovati resti delle mura fatte edificare da Nehemia nel 445 attorno alla c.d. "città di David". Lo stesso Nehemia si era dato poi al riassetto della città-tempio, che da allora fu distaccata dalla provincia di Samaria e acquistò autonomia completa. Il processo di presa del potere dei sacerdoti si completò nei primi anni del IV secolo. Probabilmente fu lo scriba-sacerdote Ezra ad accentuare le implicazioni teologiche e politiche del proprio mandato, affermando la chiusura totale verso "il popolo della terra" e l'autorità suprema della Legge di Dio (ratificata dall'imperatore, ma poi operante senza altre condizioni).
Ezra dette così inizio a una nuova fase della storia ebraica: la città tempio chiusa ai vicini/rimanenti e aperta ai correligionari della diaspora, governata dal sacerdozio, quale unico e legittimo interprete della Legge!
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Simbolicamente importante.
Altrettanto giusto equiparare Netanyahu e il ministro della difesa Gallant ai leader di Hamas
ma ce ne sarebbero fin di peggiori nel governo Israeliano, da quelli che vorrebbero usare il
nucleare contro Gaza a quelli che teorizzano la deportazione e fin lo sterminio dei palestinesi
Altrettanto giusto equiparare Netanyahu e il ministro della difesa Gallant ai leader di Hamas
ma ce ne sarebbero fin di peggiori nel governo Israeliano, da quelli che vorrebbero usare il
nucleare contro Gaza a quelli che teorizzano la deportazione e fin lo sterminio dei palestinesi
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Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza
.·. Sic Semper Tyrannis .·.
Dove ... Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no.
Dove questo verbo attecchisce alla fine c'è il lager. (P. Levi)
μολὼν λαβέ Spartans Are Here
.·. Sic Semper Tyrannis .·.
Dove ... Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no.
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- jerrydrake
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Hamas lotterà anche per i palestinesi ma i metodi , verso i civili israeliani, non si possono accettarejerrydrake ha scritto: ↑lunedì 20 maggio 2024, 23:02Simbolicamente importante, equiparazione insostenibile.
Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza
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Dove ... Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no.
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- jerrydrake
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Benny invece lotta contro i palestinesi e contro i veri ebrei.aitutaki1 ha scritto: ↑lunedì 20 maggio 2024, 23:35Hamas lotterà anche per i palestinesi ma i metodi , verso i civili israeliani, non si possono accettarejerrydrake ha scritto: ↑lunedì 20 maggio 2024, 23:02Simbolicamente importante, equiparazione insostenibile.
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CX
I Samaritani si trovavano in una posizione sbilanciata: pur affermando a più riprese la loro fede yahwista, avevano però bisogno di un loro tempio, da istituire a Sichem, che era sempre stato il centro religioso della zona. Lo scisma deve essere avvenuto prima di Ezra, all'intorno della fine del X secolo e i samaritani, se potevano approvare il Pentateuco nei suoi contenuti e valori fondamentali, non potevano invece accettare la ricostruzione storiografica che censurava l'operato di tuti i re d'Israele (il regno del nord) a favore di quelli di Giuda. Dopo lo scisma, la storiografia giudaica accentuò pertanto l'opposizione al nord e il libro delle Cronache sostituisce la storia di Giuda a quella parallela delle due dinastie.
Naturalmente la tradizione storiografica samaritana scrive una storia alternativa, che si fonda a Sichem un regno e un tempio di Yahweh.
I Samaritani si trovavano in una posizione sbilanciata: pur affermando a più riprese la loro fede yahwista, avevano però bisogno di un loro tempio, da istituire a Sichem, che era sempre stato il centro religioso della zona. Lo scisma deve essere avvenuto prima di Ezra, all'intorno della fine del X secolo e i samaritani, se potevano approvare il Pentateuco nei suoi contenuti e valori fondamentali, non potevano invece accettare la ricostruzione storiografica che censurava l'operato di tuti i re d'Israele (il regno del nord) a favore di quelli di Giuda. Dopo lo scisma, la storiografia giudaica accentuò pertanto l'opposizione al nord e il libro delle Cronache sostituisce la storia di Giuda a quella parallela delle due dinastie.
Naturalmente la tradizione storiografica samaritana scrive una storia alternativa, che si fonda a Sichem un regno e un tempio di Yahweh.
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
i barbieri il lunedì
"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CXI
Era molto importante selezionare giudei autentici e da essi trarre "i migliori" che dovevano esercitare la funzione sacerdotale. I sommi sacerdoti devono appartenere tutti alla linea sadocita, che faceva capo ad Aronne e poi al primo mitico Sadoq, sacerdote di David e a suo figlio Azaria, sacerdote di Salomone, genia che continuava ininterrotta fino al rientro (naturalmente nella versione ufficiale della storia!) In effetti nella storia (forse un po' più vera) dopo l'esilio c'era anche un gruppo di sacerdoti del nord, sceso in Giudea alla fine del VII secolo, con importanti apporti ideologici e infatti, in altri estratti storici si legge un criterio di discendenza diverso e all'espressione "figli di Sadoq" si è sostituita quella di "figli di Aronne". Ai sacerdoti, va aggiunto quel gruppo di assistenti che prende il nome di "leviti", che non esisteva prima dell'esilio, mentre se ne fa un gran parlare nelle vicende dell'Esodo, retrodatandolo a quello egizio.
Era molto importante selezionare giudei autentici e da essi trarre "i migliori" che dovevano esercitare la funzione sacerdotale. I sommi sacerdoti devono appartenere tutti alla linea sadocita, che faceva capo ad Aronne e poi al primo mitico Sadoq, sacerdote di David e a suo figlio Azaria, sacerdote di Salomone, genia che continuava ininterrotta fino al rientro (naturalmente nella versione ufficiale della storia!) In effetti nella storia (forse un po' più vera) dopo l'esilio c'era anche un gruppo di sacerdoti del nord, sceso in Giudea alla fine del VII secolo, con importanti apporti ideologici e infatti, in altri estratti storici si legge un criterio di discendenza diverso e all'espressione "figli di Sadoq" si è sostituita quella di "figli di Aronne". Ai sacerdoti, va aggiunto quel gruppo di assistenti che prende il nome di "leviti", che non esisteva prima dell'esilio, mentre se ne fa un gran parlare nelle vicende dell'Esodo, retrodatandolo a quello egizio.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Certo infatti ha contro una larga fetta degli israeliani , ma particolarmente interessanti sono i terminijerrydrake ha scritto: ↑martedì 21 maggio 2024, 6:59Benny invece lotta contro i palestinesi e contro i veri ebrei.aitutaki1 ha scritto: ↑lunedì 20 maggio 2024, 23:35Hamas lotterà anche per i palestinesi ma i metodi , verso i civili israeliani, non si possono accettarejerrydrake ha scritto: ↑lunedì 20 maggio 2024, 23:02
Simbolicamente importante, equiparazione insostenibile.
usati dal procuratore nella richiesta d' arresto per Netanyahu per i crimini contro la popolazione palestinese :
"starvation"
"civilian targeting"
"extermination"
Uguaglianza, Fratellanza e Tolleranza
.·. Sic Semper Tyrannis .·.
Dove ... Non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti, alcuni hanno diritti e altri no.
Dove questo verbo attecchisce alla fine c'è il lager. (P. Levi)
μολὼν λαβέ Spartans Are Here
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Fortunatamente gli USA hanno subito proposto sanzioni contro il capo terrorista procuratore della CPI Karim Khanaitutaki1 ha scritto: ↑mercoledì 22 maggio 2024, 17:38Certo infatti ha contro una larga fetta degli israeliani , ma particolarmente interessanti sono i terminijerrydrake ha scritto: ↑martedì 21 maggio 2024, 6:59Benny invece lotta contro i palestinesi e contro i veri ebrei.
usati dal procuratore nella richiesta d' arresto per Netanyahu per i crimini contro la popolazione palestinese :
"starvation"
"civilian targeting"
"extermination"
Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CXII
La crescita di status dei Leviti (come categoria funzionale) è ben rappresentata dal fatto che le genealogie della tribù di Levi furono costruite in modo da includervi Aronne e quindi tutta la discendenza, anche se del carattere posticcio di ciò ci si accorge molto facilmente. In ogni modo l'operazione genealogica trova il parallelo con l'uso, che diventa corrente, di leviti per indicare l'insieme degli addetti al culto.
La crescita dei Leviti, da una categoria funzionale di carattere ausiliario, a una componente egemone del sacerdozio dovette passare attraverso il conferimento di maggiori incombenze cultuali.
È ipotesi ragionevole che premessa e contesto delle ambizioni e pretese levitiche risiedano nel fatto che essi avevano in mano la gestione delle decime e dunque delle risorse finanziarie del Tempio.
La crescita di status dei Leviti (come categoria funzionale) è ben rappresentata dal fatto che le genealogie della tribù di Levi furono costruite in modo da includervi Aronne e quindi tutta la discendenza, anche se del carattere posticcio di ciò ci si accorge molto facilmente. In ogni modo l'operazione genealogica trova il parallelo con l'uso, che diventa corrente, di leviti per indicare l'insieme degli addetti al culto.
La crescita dei Leviti, da una categoria funzionale di carattere ausiliario, a una componente egemone del sacerdozio dovette passare attraverso il conferimento di maggiori incombenze cultuali.
È ipotesi ragionevole che premessa e contesto delle ambizioni e pretese levitiche risiedano nel fatto che essi avevano in mano la gestione delle decime e dunque delle risorse finanziarie del Tempio.
Fanno festa i musulmani il venerdì
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CXIII
L'invenzione del patto da parte degli ebrei è frutto della tradizione assira, ma poi diverge nei contenuti, perché la legge nella società imperiale è frutto dell'iniziativa di un re ben saldo sul trono (da Ur-Nammu di Ur ad Hammurapi di Babilonia). Il corpus legislativo ebraico è concepito in gran parte, invece, in una fase di reale destrutturazione politica e così si deve proiettare indietro nel tempo, quando ci si immagina che questa crisi non sia ancora avvenuta.
Mentre i codici antico-orientali hanno una funzione celebrativa e descrivono quanto bene funzioni il regno, grazie alla provvida attività del potere in carica, invece il materiale legislativo giudeo-israelitico ha una funzione proiettiva: descrive che cosa si debba fare per conseguire una prosperità, che nel presente non esiste! L'autoidentificazione con la legge altro non è che il tentativo di mantenere coesa una comunità che sembra sulla via della dispersione. Naturalmente si deve fondare su modelli antichi, perché le norme (morali e giuridiche) sono tipicamente tradizionali e persistono nel tempo.
L'invenzione del patto da parte degli ebrei è frutto della tradizione assira, ma poi diverge nei contenuti, perché la legge nella società imperiale è frutto dell'iniziativa di un re ben saldo sul trono (da Ur-Nammu di Ur ad Hammurapi di Babilonia). Il corpus legislativo ebraico è concepito in gran parte, invece, in una fase di reale destrutturazione politica e così si deve proiettare indietro nel tempo, quando ci si immagina che questa crisi non sia ancora avvenuta.
Mentre i codici antico-orientali hanno una funzione celebrativa e descrivono quanto bene funzioni il regno, grazie alla provvida attività del potere in carica, invece il materiale legislativo giudeo-israelitico ha una funzione proiettiva: descrive che cosa si debba fare per conseguire una prosperità, che nel presente non esiste! L'autoidentificazione con la legge altro non è che il tentativo di mantenere coesa una comunità che sembra sulla via della dispersione. Naturalmente si deve fondare su modelli antichi, perché le norme (morali e giuridiche) sono tipicamente tradizionali e persistono nel tempo.
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
"io non mi sento italiano, ma per la lingua ... lo sono."
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente.
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Re: Noi e Israele: un caso di coscienza
Da Mario Liverani "Oltre la Bibbia" CXIV
La legge deve essere, dunque antica e ha bisogno anche di una figura fondante e allo scopo si costruisce un personaggio: Mosè che conduce il popolo dall'Egitto ai confini della Palestina; una vera e propria favola, presa da racconti che quasi certamente gli scribi appresero durante l'esilio babilonese. Anche l'ambientazione egizia è tardiva. Il corpus legislativo è conservato in documenti del post-esilio, anche se ciò non significa che tutti i materiali costitutivi siano anch'essi tardi e infatti gli studiosi hanno ricostruito una sequenza diacronica, anche se non del tutto precisa e quindi foriera di discussioni all'interno di chi l'à studiata e proposta.
Non è privo d'interesse notare che durante la grande stagione legislativa di età esilica si pone la ricorrente ricerca o richiesta di "una nuova alleanza", eterna, collegata non più all'uscita dall'Egitto (mai avvenuta) ma a quella da Babilonia e che sia iscritta nei cuori dei reduci, prima ancora che insegnata dai sacerdoti.
Le cose però andarono altrimenti e la nuova alleanza, lungi dall'essere intimamente sentita, divenne sempre più rituale e normativa, frutto della redazione finale da parte di sacerdoti e leviti. Circa il 95% delle leggi riguarda disposizioni legislative e rituali tarde, post esiliche, che nulla hanno di spirituale.
La legge deve essere, dunque antica e ha bisogno anche di una figura fondante e allo scopo si costruisce un personaggio: Mosè che conduce il popolo dall'Egitto ai confini della Palestina; una vera e propria favola, presa da racconti che quasi certamente gli scribi appresero durante l'esilio babilonese. Anche l'ambientazione egizia è tardiva. Il corpus legislativo è conservato in documenti del post-esilio, anche se ciò non significa che tutti i materiali costitutivi siano anch'essi tardi e infatti gli studiosi hanno ricostruito una sequenza diacronica, anche se non del tutto precisa e quindi foriera di discussioni all'interno di chi l'à studiata e proposta.
Non è privo d'interesse notare che durante la grande stagione legislativa di età esilica si pone la ricorrente ricerca o richiesta di "una nuova alleanza", eterna, collegata non più all'uscita dall'Egitto (mai avvenuta) ma a quella da Babilonia e che sia iscritta nei cuori dei reduci, prima ancora che insegnata dai sacerdoti.
Le cose però andarono altrimenti e la nuova alleanza, lungi dall'essere intimamente sentita, divenne sempre più rituale e normativa, frutto della redazione finale da parte di sacerdoti e leviti. Circa il 95% delle leggi riguarda disposizioni legislative e rituali tarde, post esiliche, che nulla hanno di spirituale.
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