Ridere per non piangere. Che tristezza! Uno strillone della quaglia che modera, un “Blatter man” che si erge a scienziato cosparso di nobiltà costruita, per mascherare un nuovo sentiero di business, naturalmente da tracciare sulla terra dove paghi l’aria che respiri; un moralista-bachetton-giornalista, modestissmo nel mestiere odierno, dopo un passato atletico, così brocco da scomodare nell’umana maglia nera anche il sontuoso “Nessuno più somaro di Pat Mc Quaid”, pronto a menzionare Pantani a sproposito, solo per tentare di far capire che esiste, in quanto cita quel cognome. Perfettamente seduta, una dottoressa che sta al ruolo di vassallo Trinity, senza comprendere di essere un uccellino incantatore delle favole da mal digestione di Mario Marenco. Accanto a loro, il migliore di tutti, ma solo per doveri di solidarietà e pietà umana: un ventiquattrenne che recita il copione di esempio, narrando con l’italiano scorretto da politicante italico, o, per restare nel ciclismo, da ingegnere che vuole senza Gianni pluralizzare Pinotto.
Bel quadretto, 50 minuti di masturbazioni, per un niente che deve diventare business. Naturalmente le oche sono pronte….
E nessuno di questi soloni, che abbia detto che il dopo carriera sportiva, è un problema che tocca gli atleti beccati e non praticamente da sempre, perlomeno oltre 50 anni prima della nascita dell'antidoping!
Caro Alfiso, ancora un tassello del tuo luminoso mosaico, sempre più distinto sulle vergogne che hai giustamente scelto come terreno per svegliare che ha la fortuna di leggerti e, permettimi, per rendere un grandioso servizio a questo sport, così barbaramente falcidiato da tristi figuri.
Sei un grande!
Chapeau!
