
"La vita è tutto un ripercorrere i propri passi: inutilmente proviamo a capire ciò che siamo e che facciamo per poter dire a chi verrà dopo di noi che è stato un viaggio bellissimo, sebbene carente in tutte le sue fasi.”
Nel giorno in cui il mio corpo lascerà per sempre quel terreno di gioco chiamato "vent'anni", ho deciso di ridare ai miei ricordi una bella passata di lucido andando a toccare corde ormai allentate all’interno della mia mente.
La sveglia suona allo stesso orario delle altre mattine ma il mio corpo non sussulta come al solito, bensì reclama spazio sotto le coperte. La notte appena trascorsa, pur riposante, ha subito come sottofondo temporali di intensità tipicamente estiva, ed i pensieri della notte erano che si, forse aver preso il permesso dal lavoro non avrebbe dato i frutti sperati.
Scendendo le scale però noto luce al pianterreno, apro la porta e vedo un gran bel cielo azzurro. Richiudo subito, che è freddo.
Il pensiero si accende di nuovo, ed occupa tutti i miei neuroni: ricontrolliamo il percorso al PC, dove ho messo il completino e gli attrezzi, porto le ruote buone o i cingoli?
Mezz'ora dopo sono in sella, la campana del paese suona sette rintocchi ed io mi avvio. Dopo 10 km mi accorgo di non aver fatto colazione, speriamo mi salvino pizza e birre della sera precedente. I primi km danno i brividi, ma non per il freddo: ho usato una delle mie tipiche scuse da malattia presunta, e per qualche minuto ho il terrore che uno dei miei colleghi di lavoro mi incroci nel suo itinerario verso la ditta. Ma sono ansie inutili, perchè in pochi minuti sono già aldilà dei suoi occhi.
Le gambe girano fin troppo bene: l'uscita sfiancante con herbie del venerdì, il recupero del sabato ed i 120 km del giorno precedente sembrano non aver nemmeno sfiorato questo corpo carente di sonno e di cibo.

“Gli obiettivi da raggiungere sono sempre ricoperti di difficoltà”
Tanta, troppa pianura. Per 35 km, poco più di un'ora di bici, mi annoio e penso a come sarà il posto che sto andando a ritrovare. Poi sbaglio un bivio ed improvvisamente mi tocca scendere ed aspettare il momento giusto per attraversare, la strada pone il divieto di transito alle bici e devo fare un paio di scavalli per ripartire. Sono ufficialmente lontano da casa.
Adesso la pianura si fa meno gentile. Lo chiamano fondovalle, ma proprio perché mi trovo in fondo so già che le fatiche si faranno sempre maggiori e di maggior durata. I passaggi da borghi antichi ed ancora non completamente aggiornati alle realtà odierne mi rincuora, e dentro di me sale la voglia di prender residenza in uno dei tanti immobili in vendita reclamizzati lungo la provinciale.

“Per raggiungere il paradiso, è necessario farsi beffe dell’inferno”
L’ostacolo più grande, verso quello che è stato un luogo di vitale importanza per la mia adolescenza, si chiama sregolatezza. Le gambe girano ancora fin troppo bene per uno che è da molto tempo che non si carica uscite lunghe in sequenza, ed arrivo a Castelnuovo Garfagnana con un pizzico di anticipo sulla tabella di marcia. Colazione!

“Divertente siparietto con un turista inglese che trasale al sentirmi raccontare distanza e durata della mia escursione in bici: Hard Training!”
Riparto sapendo che sto affrontando un territorio inesplorato, anche i miei ricordi vacillano e non trovo piacere nel cartello che mi si para davanti. Piazza al Serchio 16, Passo Carpinelli 26, significa che dopo 66 km in bici devo sciropparmene ancora 30 per arrivare a destinazione.
Il lato sinistro del Serchio, se prima di Castelnuovo è una superstrada, dopo si trasforma in una montagna russa. Si sale, si scende, brevi strappi e tratti di respiro con strette curve dove a volte tocca tirare il freno. Discese brevi ma ripide: col cavolo che al ritorno passo di qui, mi godrò l’altro lato!
Prima di Piazza al Serchio il momento di crisi: vedo il paese, ma anche un ponte di recente costruzione che somiglia tanto ad uno sul Fedaia, dopo Capanna Bill. Vado in confusione. Stanco, provo a forzare ma le energie adesso iniziano a mancare, è il momento di stringere i denti. Supero il maledettissimo cavalcavia, ed ho il premio che speravo di trovare.

“E’ maestoso!” E lo striscione che recita ‘Grande Spettacolo’ sembra messo lì apposta per me!
Superato il capoluogo dell’alta valle, inizia la salita vera e propria. Alla mia destra sempre le apuane, di fronte a me strade che aprono squarci nei miei ricordi. Superando un viottolo che cede alle pietre, sento sotto i miei piedi quegli stessi sassolini pungermi, come a riportare alla mente passeggiate di un’altra vita.
Giunto ormai in prossimità del passo e completamente immerso nei miei mille pensieri, mi rendo conto di aver salito la pur facile ascesa con discreto vigore, tanto che un paio di auto mi seguono senza suonare ne maledirmi. Ringrazio per l’attesa e incito a passarmi, mentre un paio di coetanei che tagliano l’erba del prato si fermano vedendomi arrivare. Ringrazio anche loro, saluto e mi sento davvero bene. Allegro. Felice.
Il passo non è lontano, e neppure il mio obiettivo. Il cartello che recita “Monte Argegna 3” è un colpo al cuore. D’improvviso eccoli, tutti i ricordi sono davanti a me, e salendo la strada ho come l’impressione di non essermene mai disfatto proprio per il tremendo gusto di riabbracciarli in una stretta asfissiante che mi rianima gambe e testa. Il cuore ha già lasciato queste terre, è rapito dai rintocchi di una campana che unisce due valli.

“La bici al passo, la SRT 445 è conquistata da cima a fondo!”

“Qui ho iniziato ad avere i lucciconi, è davvero ancora tutto uguale a 15 anni fa”

“Quante partite (e quante palle) perse in quel prato, in discesa come i campi sportivi dei nostri cartoni animati preferiti”

“E mi rendo conto solo ora, ormai trentenne, di non essermi mai accorto di questo panorama, nelle mie estati garfagnine”
E’ però tempo di tornare. La vita esige sacrifici, contro i quali neppure l’esilio da responsabilità non ancora presenti ci può salvare. Starei ore a riflettere, forse a piangere, in questo prato e sotto questi alberi, cercando di riordinare nomi e volti ormai confusi. Ma una cosa la so, e la sapevo in cuor mio ancor prima di alzarmi stamattina: è per questo che sono venuto qui.
Sono più leggero, scendo in bici senza pensiero alcuno e le contropendenze non mi spaventano, aggredisco il manubrio ed i pedali con un vigore mai provato. Arrivo a Castelnuovo in un battito di ciglia, il breve stop sotto Barga ed i 30 km di vento contrario fino a Lucca sono solo un lieve brusio di fondo nel concerto che mi suona dentro, che mi solleva e mi permette persino di passare a trovare un caro amico sul lavoro prima di tornare a casa.
Per i curiosi: 201 KM, 1500 mt disl., quota massima 1050 mt e velocità massima raggiunta 55 km/h negli ultimi 5 km, vicino a casa
