Ieri sera concerto di Ginevra Di Marco in quel di Torino. Che dire? Magica. Una voce da brividi.
Lo show (ma si può usare questo termine per donna Ginevra?) è stato preceduto dalla proiezione dello spettacolo "L'anima della terra", registrato nella provincia pisana (per la precisione a Pomarance, amici del Granducato): un concerto-reading molto scenografico in collaborazione con Margherita Hack.
E poi il concerto, in trio con Magnelli (tastiere) e Salvadori (chitarre). Tutti molto bravi, naturalmente, e la voce della Di Marco era perfetta, calda e precisissima comme d'habitude. Il pubblico, non numerosissimo (non al punto di coprire col casino la musica, comunque), ha accompagnato battendo le mani ogni pezzo, e la cosa non dispiaceva affatto ai tre (che anzi hanno spinto nei momenti di stanca dei muscoli di braccia e avambraccia, o hanno fatto cantare più volte quelli sotto il palco). Pezzi vecchi e più recenti, intermezzi divertenti e divertiti alternati a momenti più seri e dediche alla Hack. Un bellissimo concerto e dieci euro spesi bene.
Finiti i pezzi un lungo applauso e il bis d'ordinanza ("Non facciamo la pantomima di uscire e rientrare, anche perché non sappiamo bene come si esce dal palco, quindi cominciamo subito col bis"). Nell'encore set, aperto da Il crack delle banche, ha spiccato una magnifica "Lieve" acustica, con Salvadori comunque alle prese con un distorsore e Magnelli scatenato sui tasti (tanto da strappare due o tre applausi a pezzo in corso). Alla fine altro lunghissimo applauso e quasi standing ovation: i tre, anche se stanchi, hanno concesso il tris. Malarazza, per la seconda o terza volta. Ma hanno fatto iniziare dal pubblico, voce e mani collettive accompagnate dalla tastiera. E nel finale l'immensa Ginevra ha fatto un passo a lato del microfono e ha cantato così, totally unplugged. Senza farsi coprire da tastiere e chitarra, peraltro.
Insomma, pelle d'oca.
(fonte: il mio twitter)
Infine, una notazione sulla coerenza (e un certo coraggio) della formazione, che si è autoprodotta l'ultimo live e non passa dai canali standard. A fine concerto hanno preso simpaticamente una cartella con una ventina di cd e sono rimasti a vendere e firmare come una punk band di ventenni. Peccato che tra biglietto e alcolici avevo già speso quello che avevo in tasca, e non potevo neanche fare un "Uè, ma non mi accettate il bancomat?" con tono milanese (non avevo bevuto abbastanza, ero praticamente sobrio)(scusate amici meneghini).
Ah, un'ultima notazione assolutamente gratuita (e inutile): sedute di fianco a me c'erano due o tre coppie di quarantenni che hanno passato il preconcerto a scattarsi foto con gli smartphone e a scambiarseli per farsele vedere e postarle su fb, per poi leggere i commenti degli amici a voce altissima. Il lui di una delle coppie era seduto dietro e, strattonando la sua morosa seduta di fianco a me per farla voltare, commentava a voce altissima ("Questa si chiama Lieve.", "Sta cantando in genovese." e altre amenità) come se la cosa gli desse qualche merito. Ah, e poi cantava a voce alta nei momenti in cui tutti stavano in religioso silenzio. Avere quarant'anni ma dimostrarne dodici.
(Ho resistito alla tentazione di girarmi e allungargli un 'Oh, ma ti ci stai zitto?', o una gomitata tra bocca e setto nasale).