Subsonico ha scritto:
Comincio la conta delle cavolate?
perbacco! inizia pure...
ecco la 1a
poi mi dici anche se pensi veramente che l'unico caso è stato quello della germania dell'est
Il doping di Stato
Uno studio segreto dell'Istituto di cultura fisica di Mosca del luglio 1972, Steroidi anabolizzanti e prestazioni sportive, offrì la prova del doping di Stato. Rivelò come il doping fosse imposto senza il consenso degli atleti in molti sport e sottolineò i gravi problemi di dipendenza legati agli anabolizzanti. Tra gli effetti si riscontrò anche un incremento dell'aggressività: il bulgaro Angel Genchev, campione olimpico di sollevamento pesi a Seul 1988, squalificato per uso di furosemide due giorni dopo la premiazione, finì in carcere per violenza carnale, uno dei cento casi di questo tipo segnalati.
La nazione più coinvolta nel doping di Stato fu la Germania Est, che a partire dal 1968 diede inizio a un programma statale di somministrazione di prodotti dopanti, poi proseguito fino alla riunificazione (1989). Il piano era finanziato e controllato dal governo (Erich Honecker), coordinato dalla Federazione tedesca di ginnastica (Manfred Ewald) e dall'Istituto di ricerca sulla cultura e lo sport di Lipsia, e si basava sugli ormoni anabolizzanti, chiamati unterstuetzende Mitteln, "mezzi di sostegno". Per evitare verdetti di positività, prima delle grandi manifestazioni internazionali, Olimpiadi e Mondiali, venivano effettuati controlli pre-gara, che si svolgevano nel laboratorio di Kreischa, accreditato dal CIO. Così, nel periodo 1968-89 arrivarono 192 vittorie olimpiche e 519 medaglie: 30 nel 1968, 80 nel 1972, 109 nel 1976, 149 nel 1980, 24 nel 1984, 127 nel 1988. In 22 anni di doping ai Giochi Olimpici la Germania Est non registrò nemmeno un caso di positività. Al di fuori delle Olimpiadi solo due atleti, la lanciatrice di peso Ilona Slupianek (1977) e l'inseguitore Norbert Duerpisch (1978), risultarono positivi.
Il 'modello Germania Est' destava ammirazione nel mondo: una piccola nazione, così formidabile, così avanti nella scienza sportiva! In realtà era all'avanguardia solo l'organizzazione del doping senza alcuno scrupolo. Il programma coinvolgeva centinaia di dirigenti, medici, allenatori e molte migliaia di atleti. Per anni l'omertà fu totale, eppure c'erano segnali allarmanti: a Monaco 1972 parteciparono nuotatrici con la barba e la voce da basso.
La legge del silenzio fu rotta il 26 febbraio 1977 da Brigitte Berendonk, ex-discobola, docente dell'università di Heidelberg, con un'intervista al quotidiano Süddeutsche Zeitung. La Berendonk, spalleggiata dal marito, il biologo molecolare Werner Franke, denunciò il doping di Stato. Parecchi anni dopo un allenatore, Michael Regner, e tre atleti fuggiti all'Ovest - le nuotatrici Renate Vogel, primatista mondiale di rana, e Kristiane Knacke, prima donna a scendere sotto il minuto sui 100 m delfino, e l'olimpionico del salto con gli sci Georg Aschenbach - confermarono la gravità del fenomeno. Aschenbach, che era medico, dopo la sua fuga all'Ovest nel 1988, descrisse puntualmente prodotti e posologie: si autoaccusò dichiarando di aver assunto nandrolone, e fece i nomi di molti campioni.
Dopo la caduta del Muro (1989) le menzogne furono del tutto smascherate. La campionessa Heike Drechsler, in un ultimo tentativo di coprire lo scandalo, accusò di mendacia Brigitte Berendonk, che aveva descritto il suo doping indicando le dosi giornaliere, ma fu condannata per spergiuro dal tribunale di Heidelberg.
Nel 1990 Werner Franke trovò a Bad-Saarow, all'Accademia militare dell'esercito, zona top secret, i documenti della pianificazione del doping. La verità emerse. I più grandi campioni della Germania Est - Udo Beyer, Ulf Timmermann, Heike Drechsler, Ruth Fuchs, Marita Koch, Baerbel Woeckel, Marlies Goehr, Renate Stecher, Ilona Slupianek, Petra Felke nell'atletica, Petra Schneider, Kornelia Ender e Kristin Otto nel nuoto, bobbisti e sciatori, ginnasti e ciclisti, fino a Katarina Witt nel pattinaggio artistico e Karin Kania-Enke in quello di velocità - erano stati allevati con steroidi anabolizzanti. Il prodotto base era stato l'Oral-Turinabol. Nemmeno uno dei campioni della Germania Est si salvò. Emerse anche che si erano messi a punto sistemi per 'pulire' gli atleti prima delle grandi gare con prodotti mascheranti. L'asso della pallamano Wolfgang Boehme rivelò che il doping era 'di rigore' già prima di Monaco 1972, e Aschenbach parlò delle lesioni causate dall'uso eccessivo dell'elettrostimolazione. Il sollevatore di pesi Gerhard Bonk, campione d'Europa e medaglia olimpica, era stato costantemente alimentato con steroidi anabolizzanti malgrado fosse così malato da non poter più lavorare. Alcuni sollevatori di pesi si erano dovuti sottoporre all'ablazione chirurgica dei seni: il rigonfiamento e la femminilizzazione dei loro petti avevano raggiunto uno stato precanceroso. Erano state dopate anche giovanissime nuotatrici di 12-13 anni.
Dopo la caduta del Muro alcuni responsabili furono messi sotto processo. Ewald, al vertice della Federazione di ginnastica, fu condannato a 22 mesi di carcere insieme a dirigenti, medici e allenatori. Ma le ferite erano indelebili. Bambini nati deformi, mutilazioni permanenti, ossa divenute fragilissime, danni irreparabili al fegato, come nel caso eclatante di Detlef Gerstenberg, un gigante di 186 cm per 113 kg, morto a 35 anni per necrosi al fegato, vittima del turinabol. La magistratura dovette registrare oltre mille casi di richieste di risarcimento danni per doping. La cosa più sorprendente, però, fu la facilità di riconversione di alcuni protagonisti di questo scandalo. Il medico Bernd Pansold, per es., condannato dal tribunale di Berlino per aver somministrato steroidi anabolizzanti ai ragazzi delle Kinder und Jugendspartakiaden e testosterone alle minorenni olimpioniche Petra Thuemer, Hannelore Anke e Petra Priemer, in Austria divenne il mentore di Hermann Maier, numero uno dello sci. Anche l'Italia riciclò alcuni 'illustri esperti' della Germania Est assumendoli nei quadri tecnici.
In quel ventennio molti campioni dello sport furono costretti a fare le spie della Stasi (Staastssichereitsdienst), il servizio segreto del regime: tra gli altri, gli olimpionici Lutz Dombrowski (lungo), Waldemar Cierpinski (maratona), Dieter Krause (canoa), Klaus Koeste (equitazione), Jutta van Almsick, madre del campionessa del mondo Franziska, e, con il nome in codice di Juergen Wendt, dal 1971 al 1989, anche il dottor Pansold. Dovevano spiare i compagni di allenamento. Il discobolo Wolfgang Schmidt, argento olimpico, amico di atleti dell'Ovest, nel 1982 fu imprigionato per 15 mesi "per comportamento antisociale" e poté riprendere l'attività solo sei anni dopo, quando emigrò in Occidente. L'occhio della Stasi era dovunque, arrivò perfino a cronometrare i rapporti sessuali di Katarina Witt.
Negli altri paesi dell'Est il doping era ugualmente presente, ma peggio organizzato. Così gli steroidi anabolizzanti portarono Vladimir Kiseliev, oro nel peso a Mosca, in pericolo di vita. È lunghissima la lista dei campioni sovietici deceduti in giovane età. Tra gli olimpionici figurano Alexander Belov (27 anni), l'hockeysta Viktor Blimov (23 anni) sette mesi dopo l'oro di Grenoble, poi due vincitori di Roma 1960, Awtandil Koridze (31 anni), oro nella lotta greco-romana pesi leggeri alle Terme di Caracalla, e il sollevatore di pesi Alexander Kurinov (39 anni), che vinse con il record del mondo nei pesi medi; vi furono poi lo sciatore Fedor Terentjev (38 anni) che aveva lanciato la staffetta sovietica verso la vittoria ai Giochi di Cortina 1956, il pentathleta Albert Mokeyev (33 anni), bronzo individuale e oro di squadra nel pentathlon a Tokyo, il ciclista Gennadi Komnatow (30 anni), oro nella cronosquadre di Monaco, Juri Lagutin (29 anni), olimpionico della pallamano a Montreal. I metodi erano gli stessi della Germania Est. Anche al polacco Jerzy Pawlowski, campione olimpico della sciabola, fu chiesto nel 1981 di fare la spia e, quando si rifiutò, fu accusato di essere una spia e condannato a 25 anni di prigione. Tra i condannati per traffico di anabolizzanti figurano molti olimpionici, come Karl-Heinz Radschinsky oppure Alexandre Kurlovitch.
I bulgari divennero famosi con i sollevatori di pesi e, con il loro doping maldestro, per i casi di positività. Invece nella ginnastica prevalsero Romania e URSS. Il primo caso di positività nella ginnastica artistica ai Giochi Olimpici riguardò Andrea Raducan, romena, vincitrice del concorso generale a Sydney 2000, tradita dalla pseudoefedrina. Non si è fatta però ancora piena luce su una prassi tragica. Romeni e sovietici collezionarono medaglie con le ginnaste bambine, il cui normale sviluppo fu frenato con farmaci e diete crudeli. Robert Klein, responsabile medico ai Mondiali di Strasburgo, denunciò l'uso da parte di medici e allenatori dell'Europa orientale di "un farmaco presumibilmente attivo sulla ghiandola pituitaria, capace di frenare la pubertà delle ginnaste". Klein aveva notato, esaminando le foto delle ginnaste, un regresso costante del seno nell'arco di quattro anni. Un caso limite è rappresentato dalla sovietica Olga Karaseva, campionessa olimpica della ginnastica a Città del Messico nel 1968, che rivelò di essere stata costretta a concepire un figlio e ad abortire per salire sul podio: se si fosse rifiutata, sarebbe stata esclusa dalla squadra olimpica. Nei primi tre mesi di gestazione, infatti, la femmina accresce il volume cardiaco e il numero dei globuli rossi. L'aumento dell'emoglobina e della capacità di trasporto d'ossigeno comporta un miglioramento teorico della prestazione. Questo metodo aberrante era stato usato ai Giochi di Melbourne 1956: 10 delle 26 medaglie sovietiche erano incinte, poi abortirono. A volte furono costrette a unirsi all'allenatore. Una vicenda disumana, un insulto alla dignità della persona.