lemond ha scritto:desmoblu ha scritto:E la comprensione è data dall'età? Torniamo a quanto scritto un giorno o due fa.. se il metro di giudizio deve essere la conoscenza, non capisco perché introdurre altre variabili. "La libertà ha bisogno di conoscenza quindi non vale per i minori" mi sembra un tantino netto. E.. facile, come dare per scontata e risolta un'intera parentesi nella nostra equazione, dicendo 'tanto si sa che il risultato è 2'.
Perché, secondo te, 2x = 4 che risultato dà? Quindi sempre a parer tuo la comprensione della vita "tout court" che ho io o tu è all'incirca pari a quella dei miei nipoti, rispettivamente di 13 e 5 anni? Ginevra, la più grande, non sa, ad es. neppure che cosa sia il "doping".
In questo caso hai una comprensione della vita maggiore di quella di tua nipote Ginevra. In altri casi un sedicenne può avere più 'testa' (e quindi, detta in modo meno grezzo, intelligenza, consapevolezza) di un Riccò qualsiasi. E allora, se tu vuoi fare un discorso di liberalizzazione del doping sulla base della (auto)consapevolezza, l'età non c'entra, e quindi- libertà è parola assoluta, diceva Cocito- non puoi 'dare libertà' sulla base dell'età, dovresti farlo sulla base della 'testa'. Ma se ammetti che tra i professionisti tutti dovrebbero potersi dopare in santa pace rispondendo solo a se stessi, vuol dire che tra i professionisti il fattore 'consapevolezza' non vale (vale cioè per la quantità, non per altro). Ma qui vedo una contraddizione non da poco.
L'unico modo per azzerare le due contraddizioni che abbiamo visto finora è cambiare il postulato: no ai minorenni perché fa male, e non vogliamo che i ragazzini si facciano male. Così il nostro paletto ha senso, ma allora ammettiamo che il doping fa male (a se stessi-motivi di salute- e alla competizione, come scriveva Slegar) e- due- la nostra 'battaglia di libertà' (dio, mi sento Pannella: scusate) è in realtà una riduzione del danno tout-court.
desmoblu ha scritto:Sono stato io il primo a dire (scrivere) che si trattava di utopia, ma anche qui torniamo alla matematica. Hai presente il concetto di limite? Sapere che una cosa non è realizzabile completamente non significa non riconoscere che bisognerebbe tendere a quella direzione. "Non ci sarà mai la pace nel mondo- beh, allora la guerra e la pace sono più o meno la stessa cosa e anzi..sai, basta questa confusione, questa ipocrisia- evviva la guerra liberalizzata, vendiamo armi al migliore offerente".
Esagerato? Certo, era un esempio e un'iperbole. Utile per capirsi un po' meglio.
Le dimostrazioni al limite e per assurdo possono andar bene in una disciplina logica come la matematica, ma rischia ed anzi ci porta fuori in una discussione come la nostra, dove, secondo me, la strada maestra dovrebbe essere data dal *buon senso*, da non confondere con il *senso comune*. Nel nostro caso siamo di già in una situazione "al limite" dove si trova chi si vuol trovare e tu mi vieni a dire "se nessuno si ..." Che vuoi che ti risponda, se non come un "Candide" finalmente realizzato? Evviva l'antidoping che porterà tutti allo stato di purezza dell'età dell'oro.
La dimostrazione per assurdo era per smentire l'equazione doping=bene e liberalizzazione=libertà.
In un mondo ideale non esisterebbe doping? Allora ammettiamo che- in generale- il doping falsa i valori in campo, la competizione (e l'indotto, per così dire), oltre a far male alla salute dell'atleta. Ora possiamo dire "cerchiamo di contrastarlo al meglio, con equità e giustizia" oppure "liberalizziamolo, sarà sempre meglio che adesso". Però in questo secondo caso andiamo in esatta contraddizione al nostro mondo 'ideale'- utopico e
à la Candide, certo.
Ti faccio un esempio che poi è realtà. Volevo scriverlo qualche riga più su, ma funziona anche qui.
Ammettiamo che il doping sia liberalizzato, e che si sappia ovviamente. Vale tutto, signori, l'unico vetro è la vostra testa: per noi potete anche crepare.
Abbiamo un corridore bravo, talentuoso, forse uno dei migliori in gruppo. Un corridore con 'testa', coscienza, autocoscienza. Magari fosse per lui non si doperebbe per nulla, ma deve farlo perché sennò altri-con meno scrupoli- saranno avvantaggiati. Ma anche qui, il nostro ha testa, fa le cose con criterio, ricorre a modiche quantità. Magari vince anche un paio di corse. Ma eccoci di nuovo agli
altri, che- ricordiamolo- hanno molti meno scrupoli. Lo vedono vincere, vogliono vincere, non hanno problemi di sorta a doparsi. prenderanno le loro contromisure, spostando più su l'asticella (o, per rimanere in ambito ludico, rilanciano e il piatto aumenta). Che farà il nostro? Si farà sopravanzare da mediocri o deciderà di rilanciare anche lui? La bici è il suo lavoro, gli piace, ed è anche la sua vita. Forse rilancerà, no? E allora gli altri...
Senza contare che ho introdotto poche variabili. Le sostanze sono molte, come la reazione individuale alle medesime, le combinazioni quindi moltissime. Le dosi cambiano. Nel nostro esempio il confronto è tra bianco e nero, ma in gruppo ci sono duecento teste e 400 gambe. Il risultato di una liberalizzazione è una incontrollabile e ineguale corsa agli armamenti ("perché lui si e io no?"), e credere che la 'testa' possa prevalere è utopico come la mano invisibile del liberismo, o l'idea che più soldi ai padroni vogliano dire più soldi per tutti (idea che funzionerebbe solo con padroni filantropi, disinteressati, santi). Una volta che si mette il guadagno al primo posto, è lui che comanda, e la morale non c'entra nulla. Una volta che si accetta il doping senza neanche un controllo, un contrasto, il fattore 'testa' vale ben poco, e le disuguaglianze che esistono oggi saranno solo accentuate, anzi esasperate.
desmoblu ha scritto:
Io non voglio l'ipocrisia. E non vorrei la scorrettezza, l'imbroglio, il prevalere sugli altri non per merito ma per altro (magari il soldo). Chi è più utopista?
E non esiste una terza via?
In questo caso, siamo d'accordo sui principii, ma è il modo di ottenerlo su cui divergiamo, perché non credo sia possibile che il merito da solo possa prevalere, in specie in uno sport complesso come il ciclismo. Guarda un po' ad es. la finale della coppa del mondo di rugby, dove c'era una squadra fortissima, contro una ridicola. Quasi quasi, andava a finire che vinceva quest'ultima.

E nel rugby, di solito, il merito è avvantaggiato, rispetto ad altri sport, che dipendono molto di più dal caso o dall'imbroglio generalizzato come il calcio (il tutto è falso ...) Mi sono un po' allargato, ma era per sottolineare che è quasi impossibile in linea teorica quale potrebbe essere lo scenario di un ciclismo diverso, di cui conosciamo un solo parametro certo.
L'unica via è provare. Empirismo.
desmoblu ha scritto:
Assioma, non dimostrabile quindi. "La mia religione è giusta, quindi gli altri sbagliano e non esiste nulla di meglio, o più vero", dice il nostro caro Decimosesto (scusa, era sotto la cintura

)
No, no, era ben sopra la cintura ed infatti era anche sopra la testa.

La religione ha come assioma certezze, io sostengo il contrario, come Socrate penso di non sapere come funzionerebbero le cose in mancanza di antidoping (nel senso delle competizioni), però un risultato sarebbe acquisito e fare un passo in avanti in questo senso mi basta. Sono minimalista.
Anche con un antidoping più equo e strutturato, rigoroso (e non credo sia difficile far meglio di così), e anche qui sarebbe un risultato acquisito (ma in direzione contraria). Comunque, anche senza certezze, dici che senza antidoping le cose funzionerebbero meglio (altrimenti non ne chiederesti la neutralizzazione, è anche la logica): ma questa è
già una certezza. Eppure la logica mi permette di avere una
mia certezza: conoscendo le dinamiche (e avendole conosciute dal di dentro) senza antidoping varrebbe la corsa agli armamenti di cui sopra, e quindi le cose funzionerebbero peggio (nel senso della competizione in se' e dei valori in campo: se la prospettiva è invece godersi un bello spettacolo dalla poltrona di casa, allora la faccenda cambia- ma qui siamo nel campo della fiction, credibile come il wrestling e anzi ancora meno).
In pratica: dici-come l'ateniese- che non hai certezze, ma è da giorni che mi dici che senza antidoping tutto sarebbe più giusto. Se non lo pensassi non lo diresti, o no? Stai indicando una direzione ben precisa.
desmoblu ha scritto:
Non ho invece scritto che se una competizione è falsata ma non lo vengo a sapere allora non c'è problema alcuno..
Un conto è non venirlo a sapere, perché si volge la testa altrove, un altro è non poterlo conoscere, perché, per usare un'espressione già ripresa da te. "Ci sono più cose in cielo e in terra ..."
E un conto ancora è dire "vi permettiamo di falsare la corsa come volete", e quindi sapere che la corsa
è falsata (il contrario sarebbe più improbabile di una smentita pratica della seconda legge di Gay-Lussac) per poi dire 'embè, vale lo stesso e anzi è più giusto di prima'. Questo per me è volgere la testa altrove. in pratica conoscere ma far finta di nulla.
desmoblu ha scritto:
Il problema è quando non conosci il campione, e lo dai per scontato.
Tu in pratica mi stai dicendo: (tutte) le mucche sono nere. Io ti dico: no, ne ho viste di chiare e so che non sono poche. Anzi, per quello che ho visto io sono una gran parte. Se mi ripeti: ne hai viste tante, ma quelle nere sono tantissimissime, un'enormità.. non parliamo di statistica, parliamo di confronti e chiacchiere tra pescatori. Se poi le hai guardate di notte, le mucche, la faccenda assume ancora altri contorni. Tu mi dici, allo stesso modo: qualunque cosa è (quasi esclusivamente) una professione, e tutti sono spinti dal denaro, e poi forse anche da altre cose (ma in seconda, anzi decima battuta). Chi ragiona e ragionava e ragionerà in modo diverso è l'eccezione, un campione statisticamente poco rilevante.
Io ti dico: è un campione poco rilevante se tu conosci con esattezza il totale. Se non è così possiamo dire qualunque cosa, non potrà essere verificata.
Riprendi con le dimostrazioni al limite, facendomi anche dire quello che vuoi tu, mai scritto che tutte le vacche sono nere, né che la motivazione unica nell'essere umano sia la ricerca ossessiva del guadagno. Però il *buon senso* e l'esperienza mi suggeriscono che deve esserci un motivo per il quale il socialismo reale ha fatto naufragio. Per me la causa è data dall'assioma di partenza e cioè che l'essere umano avrebbe dato il meglio di sé qualora gli fossero state tolte le catene del profitto personale e della specializzazione. Uno avrebbe fatto tante cose in vita sua, quante gliene forniva la sua natura.

Come ho detto altre volte, il sistema capitalistico/mercato e la democrazia, sono brutte cose, ma al momento non se ne sono trovate di migliori. Ergo, ritornando in tema, sono convinto che il desiderio di successo/denaro sia la molla principale, anche se non la sola. Lasciamo andare se quelle che dici tu siano al decimo o al secondo mposto, perché non è importante il piazzamento.
E io ti dico che 'il desiderio di successo/denaro' (e tra l'altro ci sono differenze notevoli tra i due concetti) 'è la molla principale' per
molte persone, ma non per tutte. e per queste persone le motivazioni che dico io sono 'al decimo o al secondo posto', ma 'non è importante' saperlo.
Per altre, che possono essere molte o poche (non possiamo saperlo, possiamo solo immaginarlo magari aiutandoci con 'il *buon senso* e l'esperienza'), funziona e ha funzionato diversamente. Ma allora non possiamo costruire un sistema, un mondo, dando per scontato e generale un metodo valido solo per alcuni. Dobbiamo cercare il denominatore comune, altrimenti è come dire: la maggior parte degli italiani è cattolica, quindi il cattolicesimo è religione di stato, quindi faremo leggi dello Stato tenendo conto dei precetti delle Scritture.
desmoblu ha scritto:
L'idea di poter conoscere le motivazioni degli uomini presenti passati e futuri,però, mi sembra la meno realizzabile di tutte. Non dico presuntuosa, dico però che potrebbe essere attuata da un essere perfetto che può leggere nei pensieri di chiunque contemporaneamente (ma qui torniamo al caro Joseph di bianco vestito, e quindi alla fantascienza

).
Se non possiamo dare per scontato il comportamento umano, allora possiamo solo muoverci in modo empirico e ragionare per casi. Ma ragionando per casi, come possiamo fare meno danni?
La fantascienza è di solito fonte di insegnamenti e te lo dice uno che è molto appassionato alla "psicostoria" e a "Star trek", ma in questo caso non mi è servita, anche se, a ripensarci, la psicostoria è proprio la scienza che studia l'aspetto che tu ipotizzi. Quindi con quelle equazioni il problema sarebbe risolto una volta per tutte, però non sono un matematico a livello di H. Seldon ed allora mi devo accontentare, come ho già scritto del buon senso e scusa se è poco.

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A me il buon senso dice che una competizione dovrebbe essere equa. E mi dice che senza regole l'equità è impossibile non da raggiungere, ma da cercare. E che senza controlli, e specie quando ci sono i soldi di mezzo, si andrà nella direzione opposta. Emi dice che se conosco una direzione, e so che c'è una strada percorribile per seguire tale direzione, devo percorrere quella strada, anche se non ha 4 corsie e l'asfalto non è dei migliori. Semplicemente.