Huck Finn ha scritto:Una domanda per chi 'se ne intende'. Premetto che parlo di ciclisti che praticano a livello agonistico, non necessariamente professionisti, ma nemmeno 'pedalatori della domenica' (o del lunedì, se preferite).
In gara, in discesa, si utilizza tutto il manto stradale. Chi più, chi meno, in gruppo riescono tutti a fare le discese a velocità elevata 'tagliando' le curve. Questa abilità in allenamento la si acquisisce pedalando su una sola carreggiata? O in discesa i ciclisti che si allenano tendono a tagliare le curve come in gara?
Insomma, quello che chiedo (non a scopo polemico, ovviamente) è: esiste una responsabilità tangibile dei ciclisti negli incidenti stradali che li coinvolgono (non sto parlando, naturalmente, della sbandata o dello scivolone)? O effettivamente nella grande maggioranza dei casi la colpa sta dall'altra parte?
Non so se me ne intenda, ma dico la mia.
Secondo me c'è da fare una distinzione tra coloro che chiami 'ciclisti che praticano a livello agonistico'.
Chi ha corso in bici fin da piccolo (il ciclismo è uno sport che fin da giovanissimo, o comunque da esordiente, lo si pratica sulle strade aperte) - chi insomma è stato 'educato' a convivere con le macchine e quindi con il pericolo quotidiano di lasciarci le penne - ha una abilità molto maggiore e nella grande maggioranza dei casi percepisce quali siano le situazioni rischiose e il limite fin cui può spingersi rispetto a chi, seppur praticando oggi a livello agonistico, ha iniziato tardi o cmq non di primo pelo.
Mi spiego. Stando a ruota di un agonista o cmq ex-agonista, un profano, un amatore o comunque uno che ha iniziato tardi potrebbe esser portato a considerare alcuni suoi comportamenti come sconsiderati o rischiosi (ed effettivamente lo sono). Tuttavia, chi ha maggiore esperienza sa quando tagliare, si rende conto quando si possa invadere l'altra corsia solamente gettando lo sguardo per una frazione di secondo oltre la curva (insomma, tutto il contrario di Euge alla ricognizione della Kobram); quando la conformazione della strada/viabilità potrebbe produrre pericoli; quando una macchina che sopraggiunge sta per passare troppo vicino, solo percependola con la coda dell'occhio o captando un rumorino diverso dal solito (aoh, manco Mandrake

... ma non sto scherzando!), ecc. Insomma, prende in considerazione pericoli (per lui) che potrebbero verificarsi nonostante il pieno rispetto del codice sia da parte sua che dell'automobilista. Ovviamente tutto questo avviane a livello di habits, a livello di comportamento routinizzato e quindi quasi inconscio (altrimenti ci sarebbe da diventare matti!)
Questo può essere dettato dal fatto che da piccoli,sulla strada, qualche volta si cade, e le lezioni si imparano più in fretta e meglio. Inoltre, le corse, sebbene avvengano in strade chiuse al traffico, sono un esercizio unico dove poter sviluppare un'abilità 'darwiniana' nello stare in piedi ed 'avvertire' i pericoli, proprio perché il 99% delle volte cadi per 'colpe' altrui e quindi, se vuoi portare a casa la pellaccia, devi saper prevenire o cogliere i pericoli al volo.
Chi ha iniziato tardi, sebbene possa fare uscite quotidiane e andar davvero forte, non ha questo bagaglio. E' stato educato alla strada attraverso il codice stradale pensato e centrato sull'automobilista/motociclista (magari a 18 anni quando si è già formati). Tuttavia, come detto prima, il pieno rispetto del codice non dispensa il ciclista dai rischi. Inoltre, le 'lezioni' sia dagli allenamenti sia dalle corse non possono essere apprese come quando si è ragazzini (per motivi biologici, soprattutto).
Ciò spiega perché il professionista o cmq l'ex agonista che ha passato praticamente la vita in bici è raramente coinvolto in incidenti stradali e/o cade molto ma molto meno rispetto all'amatore (anche super allenato), sebbene i suoi comportamenti siano, per un occhio 'esterno' infinitamente' più rischiosi. Toccandomi le palle a 4 mani, sulle strade sono un pirata ma cado molto raramente. Invece andando con alcuni amatori, (anche 'forti') sebbene viaggino in massima sicurezza, ogni 5 uscite c'è uno che finisce per terra o rimane coinvolto in qualche incidente: perché? perché non sanno andare in bicicletta! (scusate, non l'ho trattenuta ma sono un ragazzino sincero

) e perché non sanno da dove possano arrivare i pericoli più subdoli.
Su quest'ultimo punto, faccio un piccolo esempio che rende l'idea: all'inizio dei miei allenamenti c'è un rettilineo in salita, alla cui fine la strada si biforca in 2 parti: proseguendo sulla corsia principale, la strada curva a sinistra, mentre quella secondaria prosegue diritta. L'aspetto strano è che il grosso delle macchine passa sulla stradina secondaria (quella che prosegue la traiettoria del rettilineo) perché è una scorciatoia verso la superstrada.
Ora,io devo proseguire sulla corsia principale (quella che curva a sx), quindi non sono portato assolutamente a segnalare alle macchine dietro che proseguo sulla strada principale (anche se lo faccio). L'altro giorno facevo questa strada quando da dietro sopraggiungono due macchine. Quella davanti mi raggiunge in prossimità della curva, e prosegue anch’essa verso la mia direzione (strda principale che porta a sx). Tuttavia, quella dietro non mi poteva vedere poiché ero 'nascosto' dalla prima macchina che la precedeva. Puntualmente infatti la II macchina è sfrecciata diritto.
Morale: vedendo due macchine arrivare e avvicinandomi a quel tratto ho pensato, probabilmente inconsciamente: vuoi vedere che adesso la seconda macchina va dritto? (ossia: mi centra in pieno perché non mi può vedere procedere sulla strada principale, verso sx, poiché nascosto dalla prima) Quindi ho rallentato un secondo e come da copione la II macchina mi è sfrecciata di fianco. Se avessi mantenuto la stessa velocità mi avrebbe preso in pieno. E in quel caso, di chi era la colpa? probabilmente sua. Ma questo non ha importanza, perché nel frattempo mi avrebbe ridotto a mo' di frittella. Fine della parabola
Ps: quando sento qualche prof (non mi ricordo chi, l’ultimo l’anno scorso a Montecarlo…quindi ben gli sta

) che finisce contro la portiera aperta inavvertitamente da qualche automobilista, la prima cosa che penso è che la colpa sia sua (del ciclista)! La responsabilità è formalmente dell’automobilista, naturalmente, ma intanto chi finisce all’ospedale è il corridore…che doveva quindi stare più attento: quando un uomo con la macchina incontra un uomo con la bicicletta, quello con la bicicletta è un uomo morto.
ah, per rimanere in 3d: anche Cavendish è pulito.