Zygmunt Bauman e Robert Putman
La società liquida riguarda la mancanza di valori nella società moderna e questo comporta assenza di solidarietà, perché anche fra i compagni di lavoro non c’è più l’interesse comune, ma ormai tutti siamo monadi e questo provoca impossibilità di aver fiducia negli altri e di conseguenza, e a maggior ragione, nei governi. Ormai non c’è quasi più differenza fra un partito e l’altro (sull’esempio degli S.U.A. dove il partito democratico del sud è l’opposto di quello yankee e fra i “leaders” repubblicani ci sono stati Lincoln e Trump).
Senza fiducia, non ci può essere stima negli altri e nemmeno in noi stessi (visto che noi siamo animali sociali e le difficoltà si possono superare solo se riusciamo a formare un corpo collettivo e mai da soli). Siamo in una situazione che qualcuno ha definita di interregno: le vecchie istituzioni non funzionano, ma le nuove non ci sono. A esempio del vecchio si può portare la Fiat che generava un collante di classe e tutti erano consci di appartenere a una società solida, dove il futuro ancorché incerto (altrimenti non sarebbe futuro) era visibile, perché, se ci voltavamo, vedevamo tanti nostri compagni di strada che guardavano verso il sol dell’avvenire.

Oggi invece, nella società liquida, l’unica cosa che possiamo fare insieme è consumare e, come ha ben detto Marcuse, ciò genera solo “L’uomo a una dimensione”, perché il consumismo è l’opposto della solidarietà, così come la globalizzazione è il contrario dell’universalità. L’unica cosa che la prima dà a tutti è la schiavitù del mercato, mentre l’universalità dei bisogni (di libertà e di altri comunque essenziali) ci fa guardare a Marx, più che a Smith.
Anche Robert Putman esamina due aspetti fondamentali che rendono vantaggiosa la presenza di una società solida, che lui chiama capitale sociale umano: il primo è che esso rappresenta un meccanismo che determina l'osservanza di un comportamento collettivamente desiderabile (ad esempio, dove gli indicatori segnalano alti livelli di capitale sociale presenti nella società, i livelli di criminalità sono relativamente bassi, e viceversa). Il secondo è che “lubrifica” gli ingranaggi che permettono alla società di progredire senza intoppi, in quanto dove le persone si fidano tra loro e sono sottoposte a ripetute interazioni con i propri concittadini, gli affari e le transazioni sono meno costosi.
Anche a livello individuale, per Putman, gli effetti del c.s. sono benefici, risultando statisticamente che le persone con vita ricca di capitale sociale affrontano con maggiore successo traumi e malattie. L'isolamento sociale, all'opposto, provoca danni non solo al benessere psichico, ma anche al sistema immunitario e a varie funzionalità biologiche, come verificato da numerosi studi, non solo sull'uomo ma su tutti gli animali che normalmente vivono una vita in gruppo. Putman dimostra che negli Stati nord-americani dove, in base ad indicatori statistici, i livelli di capitale sociale risultano più elevati, corrispondentemente risultano più bassi i valori di indicatori quali, ad esempio, il tasso di mortalità per cancro, la diffusione dell'alcolismo, le morti per suicidio, la mortalità infantile. Dimostra anche che, prendendo come riferimento lo stesso Stato, negli anni in cui si verifica una diminuzione delle connessioni sociali aumentano i casi di depressione e suicidio.
In altre parole, per entrambi, solo la modernità solida ci può dare il senso della vita. Al contrario la vita senza senso ci porta al male e in una società che ci spinge solo verso la competitività (la cosiddetta società performante) quel che conta è solo esserci, non passare inosservati (l’audience diceva Gaber) e appunto il social network è il destino finale obbligatorio di una simile storia, così come l’olocausto ha rappresentato l’efficienza suprema nel dare la morte. Un primato va sempre bene, perché in una società liquida ogni valore è sostituibile.
Per Bauman l’Italia non ha ancora perso la connettività e, in molti casi, la famiglia regge ancora, mentre negli S.U.A. e nel Regno Unito il declino della solidità e dell’utopia è inarrestabile, ma nell’uomo quest’ultima non può mai morire, a meno che non si pensi come Schopenhauer che “…la regola generale è che ognuno giunge al porto, solo dopo aver fatto naufragio e senza più alberi. Quindi che importanza ha se anche per un momento qualcuno pensa di essere stato felice?” Secondo Bauman il rimedio trovato: un posto tranquillo per qualcuno di noi che se lo può permettere, le c.d. società chiuse (fortezze) sono peggiori del male, perché in esse le perone hanno tutte la stessa maschera e non possono avere nessun scambio culturale e quindi avremo solo ristagno e, in ultima analisi, infelicità.
Poi tratta anche del progresso, libertinaggio e similia come male supremo, perché trattano l’uomo come mezzo e non come fine, a differenza di quanto postulava Kant. Lui si sofferma in particolare sulla differenza fra sodisfazione sessuale corrente e amore vero, che consiste nel risolvere le sofferenze/dfifferenze (vedi Gaber "il Dilemma").
Infine parla dell’ecologia e una frase dice tutto, anche se lui dà la colpa al solito consumismo e cioè che il pianeta non può sopportare che i paesi emergenti raggiungano i livelli del primo mondo occidentale, ma anche l’orientale sta facendo passi da gigante, che secondo lui sono da gambero per la sopravvivenza umana.
Come chiosa finale a questo sunto di Bauman e Putnam, direi che siamo in presenza di due sociologi/filosofi diciamo buonisti e che occorre prenderli con molto "grano salis", specie quando trattano dei c.d. valori, perché ad es. io a questa parola do significato solo quando di seguito a ... bollati. E poi mi vine in mente (sempre) l'Italia dei Valori che ha rappresentato, per me, il peggio del peggio.
