Si smette, e dopo? Educarsi a essere ciclista o persona?
Inviato: giovedì 11 ottobre 2012, 8:01
Riprendo Slegar e Pacho,
non tanto per guardare a quello che i corridori hanno fatto dopo (Tizio il gelataio, altri, sfruttando il soprannome di gioventù, il garagista o il postino),
bensì per capire cosa significa fare 100 km ogni giorno, guardare sempre la bilancia, e allo stesso tempo crescere bene e non monomaniaci.
Riprendo uno scambio tra Slegar e Pacho:
Mi interessa, perché il monomaniaco, che non pensa all'avvenire (mi viene in mente l'intervista amara di Rebellin) vince anche tante corse, e a me Achille sta simpatico, più simpatico di Ettore. Ma uno muore giovane e vincente. L'altro è padre e mazziato. A parole son tutti amanti della normalità, ma poi il vincente vien guardato con rispetto.
L'analisi sin qua è semplificata (il fatto, forse perché ho lavorato a lungo in paesi "protestanti", è che la normalità la odio abbastanza...), e si pone in termini sbagliati.
Il problema non è quello, è un altro:
come si fa a crescere un ciclista che sappia guardare con curiosità al tutto? Che sappia usare il ciclismo per avere accesso al mondo? In poche parole, come si fa a rendere il quotidiano ciclistico straordinario, tale da investire anche altro, aprire e non chiudere?
Non ho mai allenato dei ragazzini (ma non escludo di farlo in futuro, dato che ho solo 30 anni e sono in trattative
per accasarmi...) quindi mi piacerebbe sapere da chi lo fa o lo ha fatto come tenere insieme l'apertura, lo slancio che ogni persona - soprattutto i ragazzi - ha, e la disciplina costante che uno sport di fatica richiede.
Visto nel modo giusto, Achille appare una scorciatoia (come Ettore lo è per i pavidi). Ed una scorciatoia che tenta poco, o comunque meno.
non tanto per guardare a quello che i corridori hanno fatto dopo (Tizio il gelataio, altri, sfruttando il soprannome di gioventù, il garagista o il postino),
bensì per capire cosa significa fare 100 km ogni giorno, guardare sempre la bilancia, e allo stesso tempo crescere bene e non monomaniaci.
Riprendo uno scambio tra Slegar e Pacho:
Slegar mercoledì 10 ottobre 2012, 3:15
Lavenu parla del caso Houanard; preso l'EPO per i punti WT che gli avrebbero permesso il rinnovo del contratto:
http://www.cyclingnews.com/news/houanar ... 2r-manager
Al netto dei soliti giudizi riservati agli appestati, quello di Houanard è un ulteriore caso che dovrebbe far riflettere sulle prospettive esistenziali di uno sportivo di alto livello che arriva a "fine vita" agonistica senza essersi preparato una valida alternativa, perché fin da giovane "focalizzato" esclusivamente sull'attività agonistica.
pacho » mercoledì 10 ottobre 2012, 3:31
ciao Slegar,
volevo chiederti qual'è la tua riflessione a riguardo.
saluti.
Slegar ha scritto
E' una riflessione molto lunga da esporre e questa non è nemmeno la sezione adatta; le mie sono considerazioni sia di carattere generale, applicabili a qualsiasi disciplina sportiva, che particolare. Il caso di Houanard non lo conosco, ci mancherebbe che gestissi la sua vita privata, però mi sembra che in questa vicenda ci sia la presenza di due fattori che mescolati assieme compongono una miscela letale: un'alta possibilità di guadagno derivante dall'attività agonistica e la scarsa propensione, tipica della nostra civiltà, al pensare alla propria esistenza nel lungo periodo che porta alla stortura di pensare che con l'agonismo si possa guadagnare per una vita intera.
Mi interessa, perché il monomaniaco, che non pensa all'avvenire (mi viene in mente l'intervista amara di Rebellin) vince anche tante corse, e a me Achille sta simpatico, più simpatico di Ettore. Ma uno muore giovane e vincente. L'altro è padre e mazziato. A parole son tutti amanti della normalità, ma poi il vincente vien guardato con rispetto.
L'analisi sin qua è semplificata (il fatto, forse perché ho lavorato a lungo in paesi "protestanti", è che la normalità la odio abbastanza...), e si pone in termini sbagliati.
Il problema non è quello, è un altro:
come si fa a crescere un ciclista che sappia guardare con curiosità al tutto? Che sappia usare il ciclismo per avere accesso al mondo? In poche parole, come si fa a rendere il quotidiano ciclistico straordinario, tale da investire anche altro, aprire e non chiudere?
Non ho mai allenato dei ragazzini (ma non escludo di farlo in futuro, dato che ho solo 30 anni e sono in trattative

Visto nel modo giusto, Achille appare una scorciatoia (come Ettore lo è per i pavidi). Ed una scorciatoia che tenta poco, o comunque meno.