Infinitamente peggio nel fondo, dai nemmeno da fare il paragone.barrylyndon ha scritto: Ora nel fondo siamo messi male quanto il ciclismo
La crisi del ciclismo italiano
- jerrydrake
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Re: La crisi del ciclismo italiano
ma se pensiamo a dove eravamo..
siamo molto peggio nel ciclismo
Nel fondo venivamo dietro Norvegia (Uomini) e Russia (Donne)
Nel ciclismo eravamo dominatori assoluti
siamo molto peggio nel ciclismo
Nel fondo venivamo dietro Norvegia (Uomini) e Russia (Donne)
Nel ciclismo eravamo dominatori assoluti
Re: La crisi del ciclismo italiano
Per lo sci di fondo rispondo qui:
viewtopic.php?f=3&t=7378&p=404254#p404254
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Preservare lo spirito di quel tempo, in cui credevamo nell'unità e allo stesso tempo nella diversità
Nataša Pirc Musar, 8 febbraio 2024, presidente della Slovenia,
Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
Nataša Pirc Musar, 8 febbraio 2024, presidente della Slovenia,
Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
Re: La crisi del ciclismo italiano
La penso come tebarrylyndon ha scritto:Il fatto e' che qualcuno non capisce, o fa finta di non capire, che Conconi e Ferrari forse non erano bravi solo a dopare...ma anche a preparare.
Ricordo che dopo il record dell'ora diedero la nazionale di Biathlon a...
I praticanti erano meno di cento (tutti di Anterselva)
Arrivarono le prime medaglie mondiali e olimpiche , battendo nazioni come Norvegia , Ddr e Russia da 10mila e rotti tesserati , poligoni a loro disposizione ecc
e il biathlon aveva la variabile tiro
Se lasciassero carta bianca a Ferrari.. i primi tre della Tirreno sarebbero italiani
Re: La crisi del ciclismo italiano
Vuelta 1987peek ha scritto:Scusa Winter, ma non vedo proprio come si possa sostenere che non c'è stata la mondializzazione.
Lo so anchio che i colombiani c'erano anche 30 anni fa, ma erano delle curiosità, degli scalatori che potevano mettersi in mostra in qualche tappa, adesso, assieme a Belgio e Francia sono ai vertici del ciclismo mondiale, in tutti i settori. Questa è una cosa che non era mai accaduta prima nella storia del ciclismo. Meno eclatante, ma simile nella sostanza, il caso dell'Australia. E anche l'Inghilterra non è mai stata così forte.
Se poi tu invece mi dici che la mondializzazione non è la causa prima del declino italiano, allora sono d'accordo con te. Francia e Belgio stanno reggendo la mondializzazione. Ma la mondializzazione c'è stata. Poi, forse non è la parola più precisa perché, a livello di vertice mondiale, stiamo parlando di due soli paesi, Colombia e Australia.
Ora provo a fare un lavoretto sugli ordini di arrivo di giro e tour e poi lo posto che magari qualcuno riesce a farci qualche ragionamento.
Top25 : Colombiani
1 Herrera
5 Vargas
9 Cardenas
10 Hernandez
13 Morales
16 Jimenez
18 Ramirez
20 Bohorquez
21 Mora
24 Wilches
10 colombiani nei primi 24.. Mi sembra che si difendevano piu' che bene gia' allora
Poi l'entrata dell'epo ha modificato un po' le cose.. ma la colombia era gia' una nazione affermata trent'anni fa (io ero super tifoso della cafe de colombia)
Australia ? Anderson , Peiper , Sunderland , Stephens , Hodge ecc c'erano gia' trent'anni fa
poi i vari O'grady , McEwan ecc
Io non dico che non ci sia la mondializzazione , dico che anche 20-30 anni fa tante nazioni c'erano gia
In piu' le nazioni faro han perso tanti tesserati (Belgio e Italia in misura maggiore , Francia meno.. ma solo perche' ne aveva molti di piu)
Re: La crisi del ciclismo italiano
Se il nome è quello, fino al 1983 ha seguito il biathlon per poi passare nel "gruppo Moser" (però il Direttore Tecnico del biathlon era di Ortisei).Winter ha scritto:La penso come tebarrylyndon ha scritto:Il fatto e' che qualcuno non capisce, o fa finta di non capire, che Conconi e Ferrari forse non erano bravi solo a dopare...ma anche a preparare.
Ricordo che dopo il record dell'ora diedero la nazionale di Biathlon a...
I praticanti erano meno di cento (tutti di Anterselva)
Arrivarono le prime medaglie mondiali e olimpiche , battendo nazioni come Norvegia , Ddr e Russia da 10mila e rotti tesserati , poligoni a loro disposizione ecc
e il biathlon aveva la variabile tiro
Se lasciassero carta bianca a Ferrari.. i primi tre della Tirreno sarebbero italiani
Preservare lo spirito di quel tempo, in cui credevamo nell'unità e allo stesso tempo nella diversità
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Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Molto bene. Grazie.jerrydrake ha scritto:Ne "Il livello del professionismo in Italia" (viewtopic.php?f=2&t=5577) avevo fatto un po' di statisticheSalvatore77 ha scritto: Un'altra cosa interessante è capire quanti italiani stanno nei primi 50 del ranking, o nei primi 100.
Già 3 anni fa la discussione aveva toccato in parte le stesse tematiche.
In particolare resto un convinto assertore che l'allargamento del ciclismo in nazioni che prima erano marginali, di fatto sta restringendo il palcoscenico a molte nazioni storiche.
Pertanto prevedo che una rispesa del ciclismo italiano non ci riporterà mai ai livelli di una volta.
1° Tour de France 2018
Campionato del mondo gara in linea 2021.
Campionato del mondo gara in linea 2021.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Pantani aveva un carisma incredibileWhite Mamba ha scritto:chiedo scusa se siamo in argomento solo marginalmente forse
ma dal momento che non seguivo il ciclismo ai tempi di Pantani vorrei sapere:
che differenze trovate tra i personaggi di Pantani e di Nibali? o quali punti in comune invece se ci sono
a livello di carisma, dichiarazioni, visibilità, immedesimazione del tifoso, ecc...insomma tutto quello che riguarda prevalentemente la dimensione extra-ciclistica
Poi se ne fregava delle tabelle , dei watt ecc
Se sentiva le gambe che giravano bene attaccava
Tutto il contrario di Nibali
Non era un drago a parlare.. pero' nelle dichiarazioni pre gara spesso parlava di attacchi ecc
e poi manteneva quello che diceva
Nibali invece è molto piu' riservato
Poi Pantani era diventato un beniamino anche per l'enorme sfortuna che aveva avuto
Come extra ciclismo Pantani 100 Nibali 10
Re: La crisi del ciclismo italiano
Messa così, se uno legge con le lenti odierne, potrebbe trarre conclusioni errate.Winter ha scritto: Vuelta 1987
Top25 : Colombiani
1 Herrera
5 Vargas
9 Cardenas
10 Hernandez
13 Morales
16 Jimenez
18 Ramirez
20 Bohorquez
21 Mora
24 Wilches
10 colombiani nei primi 24.. Mi sembra che si difendevano piu' che bene gia' allora
Poi l'entrata dell'epo ha modificato un po' le cose.. ma la colombia era gia' una nazione affermata trent'anni fa (io ero super tifoso della cafe de colombia)
Australia ? Anderson , Peiper , Sunderland , Stephens , Hodge ecc c'erano gia' trent'anni fa
poi i vari O'grady , McEwan ecc
Io non dico che non ci sia la mondializzazione , dico che anche 20-30 anni fa tante nazioni c'erano gia
In piu' le nazioni faro han perso tanti tesserati (Belgio e Italia in misura maggiore , Francia meno.. ma solo perche' ne aveva molti di piu)
Se non ricordo male, esclusa la vuelta che all'epoca era molto meno frequentata dai campioni rispetto ad ora, non è che le classifiche delle corse a tappe fossero piene di colombiani come avviene oggi.
Certo c'erano alcuni ottimi nomi, ma senza raggiungere, complessivamente, la qualità odierna.
Pure per l'Australia vale un discorso simile, di forti forti nelle classiche c'era Anderson, gli altri citati erano comprimari.
Gli australiani odierni, pur mancando il super campione, hanno un livello mediamente più alto: evans, porte, Dennis, matthews, ewan, hayman, ecc.
A parte ciò io sono dell'opinione che la globalizzazione c'entra relativamente poco con il declino italiano che è prima di tutto un declino interno.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Secondo me il forte impatto della mondializzazione negli ultimi anni è più a livello di capitali (sceicchi, oligarchi o stati post-sovietici, cinesi) che di atleti, dove aspettiamo ancora la vera novità che potrebbe essere nel giro di qualche anno l’Africa.
Certo gli atleti di vertice sono distribuiti tra più nazioni ed è meno schiacciante la superiorità dei movimenti “storici” ma, come dice Winter, non è che prima alcune realtà emergenti non esistessero. Per esempio, la Colombia 25-30 anni fa ebbe 2 o 3 squadre al Tour de France; il blocco dell’Est si pensava potesse avere un forte impatto sul professionismo, mentre subito dopo la caduta del muro si dimostrò in parte inferiore alle attese e solo a distanza di qualche tempo ha prodotto corridori da grandi vittorie. A livello tecnico e organizzativo il cambiamento significativo mi sembra il forte peso assunto della scuola anglosassone (UK, Australia, in parte USA), non so dire se perché si allenino meglio da giovani, praticando pista strada e MTB, o per altri motivi, ma non è che 30 o 40 fa in Gran Bretagna il ciclismo non esistesse.
Pensando in modo più specifico ai problemi dell’Italia i punti dolenti sono principalmente due:
- La moria delle squadre pro, che è sotto gli occhi di tutti, indotta da diversi fattori, crisi economica, scandali doping, politiche UCI, criteri di partecipazione alle gare ecc. Questo è certamente un problema, perché ha finito per avere riflessi negativi anche sulle corse del nostro calendario, ma non è forse il principale. In fondo la più volte citata Colombia è più competitiva adesso che ha solo una piccola Professional di quando aveva 2 o 3 buone squadre. Nel modello “World Tour or nothing”, che ha me non piace ma … è quanto passa il convento, non è possibile che una nazione abbia non dico 10 ma nemmeno 4 o 5 squadre di buon livello. Abbiamo 2, 3 massimo 4 squadre per area di provenienza dei capitali, come nello scenario ben delineato anni fa su Cyling4All. Dove l’Italia è mancata è nel creare alle spalle del World Tour un movimento semiprofessionistico da cui le squadre WT possano pescare. Al momento siamo ancora la nazione più rappresentata tra gli atleti WT, ma nel giro di qualche anno le cose potrebbero peggiorare. Per dire, la Norvegia (che, con un clima che non è certo il massimo per andare in bici, ha avuto/sta tirando fuori dei bei corridori!) o la Danimarca hanno più squadre Continental dell’Italia, la Francia ha un sacco di corse élite/under23. Da noi le Continental non sono decollate, e non penso sia solo colpa del fisco, e pure le squadre ed il calendario dilettantistico si sono impoveriti. Di buono ci sono solo gli sforzi che Cassani sta facendo con le Selezioni nazionali per far correre i giovani nelle in gare di un certo livello.
- A questo punto arriva il nocciolo della questione e cioè l’impoverimento della base. Io non so dire se i nostri tecnici siano rimasti indietro rispetto a quelli anglosassoni o se fino a qualche anno fa il ciclismo italiano fosse sostenuto da un uso più spinto di altri del doping anche a livello giovanile, ma uno dei problemi principali è la mancanza di attrattività di questo sport. Io penso che un consistente nucleo di praticanti sia costituito da figli o nipoti di chi già ha corso in passato e che ben difficilmente un ragazzo di grande talento, inteso come uno che potrebbe eccellere in diverse discipline sportive finisca a praticare ciclismo. Un po’di anni fa, su questo forum qualcuno (non ricordo chi) scrisse che secondo lui l’ultimo talento, inteso come sopra, approdato al ciclismo è stato il pistard Roberto Chiappa! Ecco, in questo probabilmente gli australiani riescono meglio di noi.
Su quale sia il giusto ordine delle cause e degli effetti a voi il giudizio!
Certo gli atleti di vertice sono distribuiti tra più nazioni ed è meno schiacciante la superiorità dei movimenti “storici” ma, come dice Winter, non è che prima alcune realtà emergenti non esistessero. Per esempio, la Colombia 25-30 anni fa ebbe 2 o 3 squadre al Tour de France; il blocco dell’Est si pensava potesse avere un forte impatto sul professionismo, mentre subito dopo la caduta del muro si dimostrò in parte inferiore alle attese e solo a distanza di qualche tempo ha prodotto corridori da grandi vittorie. A livello tecnico e organizzativo il cambiamento significativo mi sembra il forte peso assunto della scuola anglosassone (UK, Australia, in parte USA), non so dire se perché si allenino meglio da giovani, praticando pista strada e MTB, o per altri motivi, ma non è che 30 o 40 fa in Gran Bretagna il ciclismo non esistesse.
Pensando in modo più specifico ai problemi dell’Italia i punti dolenti sono principalmente due:
- La moria delle squadre pro, che è sotto gli occhi di tutti, indotta da diversi fattori, crisi economica, scandali doping, politiche UCI, criteri di partecipazione alle gare ecc. Questo è certamente un problema, perché ha finito per avere riflessi negativi anche sulle corse del nostro calendario, ma non è forse il principale. In fondo la più volte citata Colombia è più competitiva adesso che ha solo una piccola Professional di quando aveva 2 o 3 buone squadre. Nel modello “World Tour or nothing”, che ha me non piace ma … è quanto passa il convento, non è possibile che una nazione abbia non dico 10 ma nemmeno 4 o 5 squadre di buon livello. Abbiamo 2, 3 massimo 4 squadre per area di provenienza dei capitali, come nello scenario ben delineato anni fa su Cyling4All. Dove l’Italia è mancata è nel creare alle spalle del World Tour un movimento semiprofessionistico da cui le squadre WT possano pescare. Al momento siamo ancora la nazione più rappresentata tra gli atleti WT, ma nel giro di qualche anno le cose potrebbero peggiorare. Per dire, la Norvegia (che, con un clima che non è certo il massimo per andare in bici, ha avuto/sta tirando fuori dei bei corridori!) o la Danimarca hanno più squadre Continental dell’Italia, la Francia ha un sacco di corse élite/under23. Da noi le Continental non sono decollate, e non penso sia solo colpa del fisco, e pure le squadre ed il calendario dilettantistico si sono impoveriti. Di buono ci sono solo gli sforzi che Cassani sta facendo con le Selezioni nazionali per far correre i giovani nelle in gare di un certo livello.
- A questo punto arriva il nocciolo della questione e cioè l’impoverimento della base. Io non so dire se i nostri tecnici siano rimasti indietro rispetto a quelli anglosassoni o se fino a qualche anno fa il ciclismo italiano fosse sostenuto da un uso più spinto di altri del doping anche a livello giovanile, ma uno dei problemi principali è la mancanza di attrattività di questo sport. Io penso che un consistente nucleo di praticanti sia costituito da figli o nipoti di chi già ha corso in passato e che ben difficilmente un ragazzo di grande talento, inteso come uno che potrebbe eccellere in diverse discipline sportive finisca a praticare ciclismo. Un po’di anni fa, su questo forum qualcuno (non ricordo chi) scrisse che secondo lui l’ultimo talento, inteso come sopra, approdato al ciclismo è stato il pistard Roberto Chiappa! Ecco, in questo probabilmente gli australiani riescono meglio di noi.
Su quale sia il giusto ordine delle cause e degli effetti a voi il giudizio!
Re: La crisi del ciclismo italiano
Volevo dire di Pantani, ma winter mi ha un po' anticipato.
Concordo sul 100-10 Marco-Vincenzo, il Pirata aveva un carisma enorme, parlo a livello umano, creava empatia qualunque cosa facesse o non facesse. Era facile innamorarsi del suo modo di correre, sfrontato, sicuro, a tratti invincibile; era ancor più facile innamorarsi delle sue mille sfortune, e poi delle sue reazioni...
Era il campione che si rialzava da qualsiasi caduta o infortunio, era una goduria in gara quando in montagna bastonava il mondo, e lì c'era catarsi totale perché il più forte ce l'avevamo noi. Più catartico di Cipollini, perché vincere in montagna è più difficile (agli occhi del pubblico) che in pianura.
Vinceva, poi una macchina lo prendeva sotto, poi tornava e rivinceva, e finiva di nuovo contro una jeep, poi tornava incredibilmente e un gatto lo buttava giù, e di nuovo ripartire, vincere, poi vincere l'inosabile, Giro e Tour in montagna, in anni in cui se non andavi fortissimo a crono eri perdente in partenza...
Pantani aveva la forza di sovvertire qualsiasi regola che pareva assodata. Era una forza innata che andava al di là dell'aspetto sportivo, e che la gente percepiva. E della cui presenza abbiamo avuto estrema conferma fino agli ultimi momenti di vita del Pirata.
Anche se parlava male, Pantani "bucava lo schermo" perché l'intera sua vicenda andava dritta al cuore delle persone.
Nell'estate del 1998 non esistevano più Baggio o Del Piero o chiunque altro, esisteva solo Pantani. È una cosa che chi non ha vissuto fatica a immaginare, che una cosa del genere fosse accaduta non ai tempi di Coppi o a quelli di Gimondi, ma ancora a fine millennio...
Non c'è paragone davvero, Pantani muoveva le folle perché le prendeva dalle viscere e le attraeva a sé, al suo gesto sportivo, alla sua forse inconsapevole filosofia esistenziale. Nibali è un bravissimo corridore, un bravissimo ragazzo, ma vive per sé, per la propria storia e carriera. Pantani non viveva per sé ma per l'idea che aveva di sé, della propria storia e carriera. Ecco, Pantani era un'idea. E un'idea corre veloce e facile di cervello in cervello.
Concordo sul 100-10 Marco-Vincenzo, il Pirata aveva un carisma enorme, parlo a livello umano, creava empatia qualunque cosa facesse o non facesse. Era facile innamorarsi del suo modo di correre, sfrontato, sicuro, a tratti invincibile; era ancor più facile innamorarsi delle sue mille sfortune, e poi delle sue reazioni...
Era il campione che si rialzava da qualsiasi caduta o infortunio, era una goduria in gara quando in montagna bastonava il mondo, e lì c'era catarsi totale perché il più forte ce l'avevamo noi. Più catartico di Cipollini, perché vincere in montagna è più difficile (agli occhi del pubblico) che in pianura.
Vinceva, poi una macchina lo prendeva sotto, poi tornava e rivinceva, e finiva di nuovo contro una jeep, poi tornava incredibilmente e un gatto lo buttava giù, e di nuovo ripartire, vincere, poi vincere l'inosabile, Giro e Tour in montagna, in anni in cui se non andavi fortissimo a crono eri perdente in partenza...
Pantani aveva la forza di sovvertire qualsiasi regola che pareva assodata. Era una forza innata che andava al di là dell'aspetto sportivo, e che la gente percepiva. E della cui presenza abbiamo avuto estrema conferma fino agli ultimi momenti di vita del Pirata.
Anche se parlava male, Pantani "bucava lo schermo" perché l'intera sua vicenda andava dritta al cuore delle persone.
Nell'estate del 1998 non esistevano più Baggio o Del Piero o chiunque altro, esisteva solo Pantani. È una cosa che chi non ha vissuto fatica a immaginare, che una cosa del genere fosse accaduta non ai tempi di Coppi o a quelli di Gimondi, ma ancora a fine millennio...
Non c'è paragone davvero, Pantani muoveva le folle perché le prendeva dalle viscere e le attraeva a sé, al suo gesto sportivo, alla sua forse inconsapevole filosofia esistenziale. Nibali è un bravissimo corridore, un bravissimo ragazzo, ma vive per sé, per la propria storia e carriera. Pantani non viveva per sé ma per l'idea che aveva di sé, della propria storia e carriera. Ecco, Pantani era un'idea. E un'idea corre veloce e facile di cervello in cervello.
Pantani è una leggenda come Coppi e Bartali
Re: La crisi del ciclismo italiano
Sul resto, state dicendo già molto voi.
Aggiungo una cosetta: il sistema Italia al di là dello sport mi pare che perda competitività un po' su tutti i fronti.
Quando lo Stato spende 200mila euro per formare nelle sue scuole un ragazzo dalle astine alla laurea, e poi quel ragazzo va a lavorare in Germania o in Inghilterra o in Cina, l'Italia sta di fatto esportando capitali a fondo perduto. Non solo i 200mila dell'investimento, ma ovviamente pure tutti i mancati guadagni generati dal lavoro di quel ragazzo.
Moltiplichiamolo per milioni, allarghiamo il discorso alle aziende che delocalizzano perché qui non vanno più avanti, alla manodopera che non gode più di tutele, alla meritocrazia che funziona una volta su due (ad essere ottimisti), al gap di innovazione che si riverbera esponenzialmente sul ritardo che accumuliamo rispetto a chi ci è davanti, ed ecco che il quadro è più o meno dipinto.
Ora, non si vede perché il ciclismo debba funzionare nell'ambito di questo scatafascio generalizzato. E se ben ci pensate, le cose che ho elencato sopra si possono tranquillamente coniugare - pare pare - al ciclismo. Provateci.
Aggiungo una cosetta: il sistema Italia al di là dello sport mi pare che perda competitività un po' su tutti i fronti.
Quando lo Stato spende 200mila euro per formare nelle sue scuole un ragazzo dalle astine alla laurea, e poi quel ragazzo va a lavorare in Germania o in Inghilterra o in Cina, l'Italia sta di fatto esportando capitali a fondo perduto. Non solo i 200mila dell'investimento, ma ovviamente pure tutti i mancati guadagni generati dal lavoro di quel ragazzo.
Moltiplichiamolo per milioni, allarghiamo il discorso alle aziende che delocalizzano perché qui non vanno più avanti, alla manodopera che non gode più di tutele, alla meritocrazia che funziona una volta su due (ad essere ottimisti), al gap di innovazione che si riverbera esponenzialmente sul ritardo che accumuliamo rispetto a chi ci è davanti, ed ecco che il quadro è più o meno dipinto.
Ora, non si vede perché il ciclismo debba funzionare nell'ambito di questo scatafascio generalizzato. E se ben ci pensate, le cose che ho elencato sopra si possono tranquillamente coniugare - pare pare - al ciclismo. Provateci.
Pantani è una leggenda come Coppi e Bartali
Re: La crisi del ciclismo italiano
Se poi, come succede in Italia, lo Stato non spende 200mila euro per formare un ragazzo bensì per mantenere delle strutture formativeAdmin ha scritto:Sul resto, state dicendo già molto voi.
Aggiungo una cosetta: il sistema Italia al di là dello sport mi pare che perda competitività un po' su tutti i fronti.
Quando lo Stato spende 200mila euro per formare nelle sue scuole un ragazzo dalle astine alla laurea, e poi quel ragazzo va a lavorare in Germania o in Inghilterra o in Cina, l'Italia sta di fatto esportando capitali a fondo perduto. Non solo i 200mila dell'investimento, ma ovviamente pure tutti i mancati guadagni generati dal lavoro di quel ragazzo.
per accedere alle quali il ragazzo (la sua famiglia) deve investire un sacco di soldi (tempo, denaro, fatica, mancate opportunità ecc), per
poi alla fine sentirsi pure dire di aver studiato a spese dello stato e sentirsi trattare come un fannullone dall'ex compagno di banco delle
elementari per il quale la tabellina del due era più faticosa dello Zoncolan mentre da adulto ha realizzato che chi studia lo fa perché non ha
voglia di far fatica, avrai sempre meno ragazzi e relative famiglie che decidono di farlo.
Vuoi perché non ne vale la pena, vuoi perché non se lo possono permettere. E le spese per quelle strutture dovrai sostenerle comunque
(perché per la maggior parte non sono spese per studente).
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Winter ha scritto: Pantani aveva un carisma incredibile
Poi se ne fregava delle tabelle , dei watt ecc
Se sentiva le gambe che giravano bene attaccava
Tutto il contrario di Nibali
Non era un drago a parlare.. pero' nelle dichiarazioni pre gara spesso parlava di attacchi ecc
e poi manteneva quello che diceva
Nibali invece è molto piu' riservato
Poi Pantani era diventato un beniamino anche per l'enorme sfortuna che aveva avuto
Come extra ciclismo Pantani 100 Nibali 10
grazie mille delle risposte.Admin ha scritto:Volevo dire di Pantani, ma winter mi ha un po' anticipato.
Concordo sul 100-10 Marco-Vincenzo, il Pirata aveva un carisma enorme, parlo a livello umano, creava empatia qualunque cosa facesse o non facesse. Era facile innamorarsi del suo modo di correre, sfrontato, sicuro, a tratti invincibile; era ancor più facile innamorarsi delle sue mille sfortune, e poi delle sue reazioni...
Era il campione che si rialzava da qualsiasi caduta o infortunio, era una goduria in gara quando in montagna bastonava il mondo, e lì c'era catarsi totale perché il più forte ce l'avevamo noi. Più catartico di Cipollini, perché vincere in montagna è più difficile (agli occhi del pubblico) che in pianura.
Vinceva, poi una macchina lo prendeva sotto, poi tornava e rivinceva, e finiva di nuovo contro una jeep, poi tornava incredibilmente e un gatto lo buttava giù, e di nuovo ripartire, vincere, poi vincere l'inosabile, Giro e Tour in montagna, in anni in cui se non andavi fortissimo a crono eri perdente in partenza...
Pantani aveva la forza di sovvertire qualsiasi regola che pareva assodata. Era una forza innata che andava al di là dell'aspetto sportivo, e che la gente percepiva. E della cui presenza abbiamo avuto estrema conferma fino agli ultimi momenti di vita del Pirata.
Anche se parlava male, Pantani "bucava lo schermo" perché l'intera sua vicenda andava dritta al cuore delle persone.
Nell'estate del 1998 non esistevano più Baggio o Del Piero o chiunque altro, esisteva solo Pantani. È una cosa che chi non ha vissuto fatica a immaginare, che una cosa del genere fosse accaduta non ai tempi di Coppi o a quelli di Gimondi, ma ancora a fine millennio...
Non c'è paragone davvero, Pantani muoveva le folle perché le prendeva dalle viscere e le attraeva a sé, al suo gesto sportivo, alla sua forse inconsapevole filosofia esistenziale. Nibali è un bravissimo corridore, un bravissimo ragazzo, ma vive per sé, per la propria storia e carriera. Pantani non viveva per sé ma per l'idea che aveva di sé, della propria storia e carriera. Ecco, Pantani era un'idea. E un'idea corre veloce e facile di cervello in cervello.
è un piacere poter assaporare in minima parte quei tempi leggendo le vostre parole
Re: La crisi del ciclismo italiano
Apro parentesi.Admin ha scritto:Sul resto, state dicendo già molto voi.
Aggiungo una cosetta: il sistema Italia al di là dello sport mi pare che perda competitività un po' su tutti i fronti.
Quando lo Stato spende 200mila euro per formare nelle sue scuole un ragazzo dalle astine alla laurea, e poi quel ragazzo va a lavorare in Germania o in Inghilterra o in Cina, l'Italia sta di fatto esportando capitali a fondo perduto. Non solo i 200mila dell'investimento, ma ovviamente pure tutti i mancati guadagni generati dal lavoro di quel ragazzo.
Moltiplichiamolo per milioni, allarghiamo il discorso alle aziende che delocalizzano perché qui non vanno più avanti, alla manodopera che non gode più di tutele, alla meritocrazia che funziona una volta su due (ad essere ottimisti), al gap di innovazione che si riverbera esponenzialmente sul ritardo che accumuliamo rispetto a chi ci è davanti, ed ecco che il quadro è più o meno dipinto.
Ora, non si vede perché il ciclismo debba funzionare nell'ambito di questo scatafascio generalizzato. E se ben ci pensate, le cose che ho elencato sopra si possono tranquillamente coniugare - pare pare - al ciclismo. Provateci.
Un tempo, dal 1860 al 1970, si parlava di rimesse degli emigranti.
Ora gli tocca spenderli tutti là, per mantenersi.
Chiudo parentesi.
Nel merito, tutta vera l'analisi di Marco.
Però non è che la situazione politico-economico-sociale della Colombia di questi anni sia stata particolarmente esaltante.
Hanno, forse ma forse, chiuso ora una guerra civile quarantennale.
Eppure hanno il miglior movimento ciclistico mondiale .
Penso sia una questione di voglia, di passione, di amore per uno sport o per un altro (vabbè, se vogliamo, per gli andini mettiamoci pure il vantaggio fisiologico dell'altura).
Finchè c'è stata passione, di talenti, qui da noi, ne sono sbocciati a iosa.
Ne abbiamo ancora qualcuno, e per me è un mezzo miracolo (poi c'è qualche fenomeno che a Nibali gli sputa pure addosso, ma questi sono casi da studiare).
Von Rock ? Nein, danke.
Diritto di correre senza condizioni a chi ha scontato una squalifica !!!
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Qui sei un tantinello esagerato.Admin ha scritto: Anche se parlava male, Pantani "bucava lo schermo" perché l'intera sua vicenda andava dritta al cuore delle persone.
Nell'estate del 1998 non esistevano più Baggio o Del Piero o chiunque altro, esisteva solo Pantani. È una cosa che chi non ha vissuto fatica a immaginare, che una cosa del genere fosse accaduta non ai tempi di Coppi o a quelli di Gimondi, ma ancora a fine millennio...
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Infatti penso che la condizione economica di una nazione non sempre è indicativa di quanto possa dare un movimento di un determinato sport.nino58 ha scritto: Però non è che la situazione politico-economico-sociale della Colombia di questi anni sia stata particolarmente esaltante.
Hanno, forse ma forse, chiuso ora una guerra civile quarantennale.
Eppure hanno il miglior movimento ciclistico mondiale .
Penso sia una questione di voglia, di passione, di amore per uno sport o per un altro (vabbè, se vogliamo, per gli andini mettiamoci pure il vantaggio fisiologico dell'altura).
Finchè c'è stata passione, di talenti, qui da noi, ne sono sbocciati a iosa.
Ne abbiamo ancora qualcuno, e per me è un mezzo miracolo (poi c'è qualche fenomeno che a Nibali gli sputa pure addosso, ma questi sono casi da studiare).
Qualcuno diceva che la Colombia 30 anni fa era già a buoni livelli. E' vero, inoltre nei decenni successivi non è che sia scomparsa completamente per tornare oggi all'improvviso.
Alvaro Mejia ha sortito discreti risultati nella prima metà degli anni '90, poi c'è stato Santiago Botero, inoltre tanti altri corridori non sono riusciti a fare podi al Tour o al mondiale, ma parecchie squadre avevano in rosa corridori colombiani. Adesso c'è il boom, anche in ambiti diversi come pista e classiche.
Va anche detto che però ancora oggi molti colombiani corrono in squadre non colombiane, anche da molto giovani, pertanto possiamo dire che l'affermazione nel ciclismo che conta è merito anche di strutture non di matrice colombiana, questo denota forse un limite rispetto al fatto che la Colombia rappresenta un movimento di vertice completo e autosufficiente.
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Campionato del mondo gara in linea 2021.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Ma cce esaggeratu, Sasà!!!
Quell'estate Pantani era il centro di gravità permanente di tutti i discorsi e le attenzioni, ricorda meglio!
A mia madre in banca regalarono la maglia gialla del Tour de France... in banca!!! (C'era una promozione... qualcuno di voi ricorda che Pantani sia stato mai legato a una banca in termini di sponsorizzazione? No, appunto).
Nino, la Colombia è in pieno boom economico, altro che no.
Detto ciò, d'accordo che non c'è correlazione diretta tra situazione socioeconomica e sbocciare dei campioni, ma il funzionamento di un microsistema (il ciclismo) è inevitabilmente legato a quello di un macrosistema che lo contiene (la nazione). Se analizziamo i motivi del declino del ciclismo italiano non possiamo dimenticare di far notare che è in atto un declino del paese italiano in generale. Come può il secondo non influire sul primo?
Quell'estate Pantani era il centro di gravità permanente di tutti i discorsi e le attenzioni, ricorda meglio!
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Nino, la Colombia è in pieno boom economico, altro che no.
Detto ciò, d'accordo che non c'è correlazione diretta tra situazione socioeconomica e sbocciare dei campioni, ma il funzionamento di un microsistema (il ciclismo) è inevitabilmente legato a quello di un macrosistema che lo contiene (la nazione). Se analizziamo i motivi del declino del ciclismo italiano non possiamo dimenticare di far notare che è in atto un declino del paese italiano in generale. Come può il secondo non influire sul primo?
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene... Furono questi numeri ad insospettirmi e ad insinuarmi il dubbio dell'italico complotto. Fatto sta che senza quel giorno, secondo me ora non saremmo qui a parlare di crisi, ma sull'onda lunga di quell'entusiasmo tutto il movimento si sarebbe rinvigorito con effetti, sulle nuove generazioni di allora, che si sarebbero sentiti giusto in questo periodo.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Io ricordo che quell'estate vedevi Pantani ovunque: te lo ritrovavi ospite a beato tra le donne, nella pubblicità della Citroen, in uno speciale in diretta sulla rai di ritorno a Cesenatico dopo la vittoria al Tour. Lo volevano tuttiAdmin ha scritto:Ma cce esaggeratu, Sasà!!!
Quell'estate Pantani era il centro di gravità permanente di tutti i discorsi e le attenzioni, ricorda meglio!
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Negli anni di Pantani si vedevano bambini con la prima bicicletta che avevano la maglietta della mercatone uno. Tanto per rendere l'idea.
Dagli anni 80, ovvero dai tempi di Moser, Saronni e Panatta, Pantani e Tomba sono stati i due personaggi che hanno avuto una notorietà tale da eguagliare se non superare quella dei calciatori.
Tra pantani e baggio (il calciatore più famoso negli anni 90) non c'era differenza di notorietà a livello italiano e probabilmente anche europeo.
Pantani lo conoscevano tutti, dai pupi ai centenari, dalla massaia al radical chic.
L'affaire Pantani non può essere sottovalutato per comprendere il declino del ciclismo italiano.
Dagli anni 80, ovvero dai tempi di Moser, Saronni e Panatta, Pantani e Tomba sono stati i due personaggi che hanno avuto una notorietà tale da eguagliare se non superare quella dei calciatori.
Tra pantani e baggio (il calciatore più famoso negli anni 90) non c'era differenza di notorietà a livello italiano e probabilmente anche europeo.
Pantani lo conoscevano tutti, dai pupi ai centenari, dalla massaia al radical chic.
L'affaire Pantani non può essere sottovalutato per comprendere il declino del ciclismo italiano.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Vedevi Pantani attaccare e vincere e ti veniva materialmente la voglia di uscire in bici...
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Re: La crisi del ciclismo italiano
E le bandane?galliano ha scritto:Negli anni di Pantani si vedevano bambini con la prima bicicletta che avevano la maglietta della mercatone uno. Tanto per rendere l'idea.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Praticamente ha lanciato una moda che è arrivata fino al berlusca.Seb ha scritto:E le bandane?galliano ha scritto:Negli anni di Pantani si vedevano bambini con la prima bicicletta che avevano la maglietta della mercatone uno. Tanto per rendere l'idea.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Questa parte ipercomplottista imho non sta ne in cielo ne in terra. Quali poteri forti? E perchè non andava bene?? Ma non scherziamo, su..Road Runner ha scritto:Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene...
Sul resto invece avece ragione e l'ho scritto sopra: avevo 9 anni ma persino io ricordo Pantani sulla bocca di tutti, maglie gialle e bandane in regalo ecc
Concordo sul colegamento con il declino del ciclismo italico, ma qui un po ha influito anche la debolezza dell'uomo Pantani, è vero che più in alto si sale e più male ci si fa a cadere, ma se fosse andato al Tour un mese dopo l'avrebbe vinto con una gamba sola e magari avrebbe anche evitato di distruggersi totalmente con una sostanza che suppongo conoscesse già, ma non ai tragici livelli degli anni successivi..
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Questa parte ipercomplottista imho non sta ne in cielo ne in terra. Quali poteri forti? E perchè non andava bene?? Ma non scherziamo, su..chinaski89 ha scritto:Road Runner ha scritto:Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene...
Stava togliendo spazio mediatico al dio calcio...
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Re: La crisi del ciclismo italiano
No.Salvatore77 ha scritto:Qui sei un tantinello esagerato.Admin ha scritto: Anche se parlava male, Pantani "bucava lo schermo" perché l'intera sua vicenda andava dritta al cuore delle persone.
Nell'estate del 1998 non esistevano più Baggio o Del Piero o chiunque altro, esisteva solo Pantani. È una cosa che chi non ha vissuto fatica a immaginare, che una cosa del genere fosse accaduta non ai tempi di Coppi o a quelli di Gimondi, ma ancora a fine millennio...
1998, anno dei mondiali di calcio in Francia. A cavallo di maggio e giugno, quindi prima di Les Deux Alps e del trionfo di Parigi, la prima notizia sportiva era Pantani ed il Giro d'Italia la seconda il raduno premondiale della nazionale di Maldini (con Carlo Paris, se non ricordo male, abbastanza incavolato, perché doveva attendere per l'inizio del collegamento da Coverciano).
Preservare lo spirito di quel tempo, in cui credevamo nell'unità e allo stesso tempo nella diversità
Nataša Pirc Musar, 8 febbraio 2024, presidente della Slovenia,
Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
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Frase pronunciata a Sarajevo durante la cerimonia per l'intitolazione della pista olimpica al goriziano Jure Franko, unico medagliato jugoslavo alle olimpiadi invernali
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Re: La crisi del ciclismo italiano
E ancora doveva venire il meglio...Slegar ha scritto:No.Salvatore77 ha scritto:Qui sei un tantinello esagerato.Admin ha scritto: Anche se parlava male, Pantani "bucava lo schermo" perché l'intera sua vicenda andava dritta al cuore delle persone.
Nell'estate del 1998 non esistevano più Baggio o Del Piero o chiunque altro, esisteva solo Pantani. È una cosa che chi non ha vissuto fatica a immaginare, che una cosa del genere fosse accaduta non ai tempi di Coppi o a quelli di Gimondi, ma ancora a fine millennio...
1998, anno dei mondiali di calcio in Francia. A cavallo di maggio e giugno, quindi prima di Les Deux Alps e del trionfo di Parigi, la prima notizia sportiva era Pantani ed il Giro d'Italia la seconda il raduno premondiale della nazionale di Maldini (con Carlo Paris, se non ricordo male, abbastanza incavolato, perché doveva attendere per l'inizio del collegamento da Coverciano).
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Re: La crisi del ciclismo italiano
E cosa vuoi che importi a sti poteri forti se il calcio viene oscurato (cosa che peraktro non è successa), loro virerebbero su altro e tanti sakutiRoad Runner ha scritto:chinaski89 ha scritto:Questa parte ipercomplottista imho non sta ne in cielo ne in terra. Quali poteri forti? E perchè non andava bene?? Ma non scherziamo, su..Road Runner ha scritto:Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene...
Stava togliendo spazio mediatico al dio calcio...
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Perche' Pantani e non Tomba..
Che vi possa esser stato un complotto a Madonna di Campiglio, lo ritengo probabile.
Che questa sia la sua origine non credo prorprio..
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Nibali sta a Froome come Thoeni stava a Klammer.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Admin mi ha fatto commuovere ricordando quegli anni .Io ero praticamente ipnotizzato.Quando Pantani vinse la tappa del Mortirolo 94 ero inebetito, sapevo di trovarmi davanti a qualcosa di grande , ma non ne capivo ancora la portata.
Poi fu un incredibile altalena di emozioni fra incidenti, ritorni , vittorie, conferme, trionfi.
Ci fu una vera epica di Pantani , finita in tragedia.
Pantani era dappertutto, la sua era una performance artistica.Parlava con il corpo, si toglieva la bandana , attaccava dove doveva, volava contro tutti , contro la sfortuna, contro se stesso, contro la sofferenza e vinceva con le mani basse e quella smorfia di liberazione , ad occhi chiusi.
Nel 98 l'Italia uscì con la Francia ai rigori. Dopo pochi giorni i giornali non ne parlavano più . C'era solo lui.
E tutto fini in modo così traumatico.Quel cinque giugno De Zan apri piangendo : Oggi , 5 giugno 99, una giornata tristissima.
Poi fu un incredibile altalena di emozioni fra incidenti, ritorni , vittorie, conferme, trionfi.
Ci fu una vera epica di Pantani , finita in tragedia.
Pantani era dappertutto, la sua era una performance artistica.Parlava con il corpo, si toglieva la bandana , attaccava dove doveva, volava contro tutti , contro la sfortuna, contro se stesso, contro la sofferenza e vinceva con le mani basse e quella smorfia di liberazione , ad occhi chiusi.
Nel 98 l'Italia uscì con la Francia ai rigori. Dopo pochi giorni i giornali non ne parlavano più . C'era solo lui.
E tutto fini in modo così traumatico.Quel cinque giugno De Zan apri piangendo : Oggi , 5 giugno 99, una giornata tristissima.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Admin avrai scritto una banalità, ma hai fatto la fotografia precisa di quanto banale e triste stia diventando il nostro paese. Non c'è visione perchè la classe dirigente non ha le doti, gli atributi, le capacità la preparazione. Veniamo da 20/30 anni di pressapochismo, egocentrismo e arrivismo. Tutto il resto è noia. Scusate lo sfogo, ora torno a vedere Sagan che tenta di fare 1000 punti ( vecchietta+cane )Admin ha scritto:Sul resto, state dicendo già molto voi.
Aggiungo una cosetta: il sistema Italia al di là dello sport mi pare che perda competitività un po' su tutti i fronti.
Quando lo Stato spende 200mila euro per formare nelle sue scuole un ragazzo dalle astine alla laurea, e poi quel ragazzo va a lavorare in Germania o in Inghilterra o in Cina, l'Italia sta di fatto esportando capitali a fondo perduto. Non solo i 200mila dell'investimento, ma ovviamente pure tutti i mancati guadagni generati dal lavoro di quel ragazzo.
Moltiplichiamolo per milioni, allarghiamo il discorso alle aziende che delocalizzano perché qui non vanno più avanti, alla manodopera che non gode più di tutele, alla meritocrazia che funziona una volta su due (ad essere ottimisti), al gap di innovazione che si riverbera esponenzialmente sul ritardo che accumuliamo rispetto a chi ci è davanti, ed ecco che il quadro è più o meno dipinto.
Ora, non si vede perché il ciclismo debba funzionare nell'ambito di questo scatafascio generalizzato. E se ben ci pensate, le cose che ho elencato sopra si possono tranquillamente coniugare - pare pare - al ciclismo. Provateci.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Non c'e' nessuna crisi nel ciclismo italiano. Magari manca il campione di valore assoluto, ma quello capita quando capita, ma come movimento siamo sempre tra le prme 2 o 3 nazioni al mondo : http://www.cqranking.com/men/asp/gen/cq ... ountry.asp
Ovviamente vinciamo meno gare importanti di una volta, ma solo perche' il ciclismo si e' sempre piu globalizzato.
Ovviamente vinciamo meno gare importanti di una volta, ma solo perche' il ciclismo si e' sempre piu globalizzato.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Una scelta che pare normale, quasi logica, alla luce di tutto ciò che è emerso negli anni successivi, ma quasi impossibile da fare all'epoca per uno come pantani.chinaski89 ha scritto: Concordo sul colegamento con il declino del ciclismo italico, ma qui un po ha influito anche la debolezza dell'uomo Pantani, è vero che più in alto si sale e più male ci si fa a cadere, ma se fosse andato al Tour un mese dopo l'avrebbe vinto con una gamba sola e magari avrebbe anche evitato di distruggersi totalmente con una sostanza che suppongo conoscesse già, ma non ai tragici livelli degli anni successivi..
Come ricorda Giorgio Ricci quel 5 giugno 1999 non fu un giorno normale.
In fondo di che si trattava, sforato l'ematocrito, 2 settimane di sospensione e via come prima, come tanti altri.
No, non fu così.
Fin dal mattino radio e tv non parlavano d'altro. A mia memoria l'evento venne passato come il più grande tradimento della storia dello sport italiano.
Pantani passò letteralmente, come credo nessun'altro sportivo, dalle stelle alle stalle. Credibilità azzerata.
Quello di Armstrong era il segreto di pulcinella, tutti sapevano e tutti erano preparati, intendo l'opinione pubblica.
Per Pantani fu tutto diverso. Per l'opinione pubblica fu un fulmine a ciel sereno, il crollo forse del mito più grande assieme a Fausto Coppi dell'intero sport italiano.
Da quel giorno il ciclismo divenne lo sport dei dopati, prima non era così.
Prima era dopato più o meno come gli altri, forse qualcosina in più, ma in fondo non c'era tutta questa colpa visto che è lo sport più duro nell'immaginario collettivo.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Prima che prendiamo la tangente, suggerisco di lasciare lì il discorso sulla vicenda Pantani (misteri, dubbi, incongruenze), e di rientrare sul tema del thread proposto dall'ottimo CicloSprint, certo anche facendo riferimenti alla vicenda medesima (come appena fatto dal buon gall), ma senza che diventi quello il focus della discussione.
Pantani è una leggenda come Coppi e Bartali
Re: La crisi del ciclismo italiano
Magari.TIC ha scritto:Non c'e' nessuna crisi nel ciclismo italiano. Magari manca il campione di valore assoluto, ma quello capita quando capita, ma come movimento siamo sempre tra le prme 2 o 3 nazioni al mondo : http://www.cqranking.com/men/asp/gen/cq ... ountry.asp
Ovviamente vinciamo meno gare importanti di una volta, ma solo perche' il ciclismo si e' sempre piu globalizzato.
Ma Nibali bello o brutto che sia, è un campione di valore assoluto. Eppure la crisi, il declino c'è ugualmente.
Basta solo vedere l'esposizione mediatica. Lascia perdere la RAI che segue logiche tutte sue, ma altrove non c'è quasi mai traccia del ciclismo.
Nei tg si parla di del Potro (minc*** avessero detto John McEnroe e Lendl) e non di Sagan.
TI rendi conto del potro tra tre anni non se lo ricorda manco suo fratello e Sagan ce lo ricorderemo tra cinquant'anni (voglio essere ottimista per me e per te).
Se non è crisi questa.
Re: La crisi del ciclismo italiano
in diretta a Quelli che il calcio, in pieno inverno alla presentazione del team per la stagione successiva. Tutti vestiti da pirata. Oggi impensabile vedere un servizio in diretta all'interno di una trasmissione di calcio.Tranchée d'Arenberg ha scritto:Io ricordo che quell'estate vedevi Pantani ovunque: te lo ritrovavi ospite a beato tra le donne, nella pubblicità della Citroen, in uno speciale in diretta sulla rai di ritorno a Cesenatico dopo la vittoria al Tour. Lo volevano tuttiAdmin ha scritto:Ma cce esaggeratu, Sasà!!!
Quell'estate Pantani era il centro di gravità permanente di tutti i discorsi e le attenzioni, ricorda meglio!
A mia madre in banca regalarono la maglia gialla del Tour de France... in banca!!! (C'era una promozione... qualcuno di voi ricorda che Pantani sia stato mai legato a una banca in termini di sponsorizzazione? No, appunto).
Pantani bucava il video, anche senza dire una parola. Quel maledetto sabato di Madonna di Campiglio, sono arrivato in negozio dopo la pausa pranzo ed un mio collega mi disse "hanno squalificato Marco".
risposta: " ma non dire cazzate, mi stai prendendo per il culo". Poi invece accendo la Tv ed era tutto vero. Sono rimasto stordito tutto il giorno.
La sera del 14 febbraio il mio cellulare suonava di continuo. Tutti i miei amici e conoscenti ( nemmeno uno appassionato di ciclismo) mi chiamarono.
Nemmeno se fosse morto un mio parente mi avrebbero chiamato in così tanti. Ora basta che ho gli occhi lucidi.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Road Runner ha scritto:Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene... Furono questi numeri ad insospettirmi e ad insinuarmi il dubbio dell'italico complotto. Fatto sta che senza quel giorno, secondo me ora non saremmo qui a parlare di crisi, ma sull'onda lunga di quell'entusiasmo tutto il movimento si sarebbe rinvigorito con effetti, sulle nuove generazioni di allora, che si sarebbero sentiti giusto in questo periodo.
IL calcio in Italia non può essere scalfito perché è un deterrente sociale, serve a rincoglionire le masse.
Chi pedala invece ha tempo per pensare e riflettere, e non va bene...
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Vabbè ciao.....Road Runner ha scritto:Road Runner ha scritto:Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene... Furono questi numeri ad insospettirmi e ad insinuarmi il dubbio dell'italico complotto. Fatto sta che senza quel giorno, secondo me ora non saremmo qui a parlare di crisi, ma sull'onda lunga di quell'entusiasmo tutto il movimento si sarebbe rinvigorito con effetti, sulle nuove generazioni di allora, che si sarebbero sentiti giusto in questo periodo.
IL calcio in Italia non può essere scalfito perché è un deterrente sociale, serve a rincoglionire le masse.
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Re: La crisi del ciclismo italiano
La crisi invece è strutturale e totale. Corridori top da GT ridotti a...1, che è sulla via del tramonto perché va per 33 quest'anno, e rispetto alle scorse annate non è più così competitivo. Aru non sarà mai a livello di Nibali, sul sardo concordo in toto con Galliano. Le squadre italiane del WT sono 0. 0 come gli uomini da classiche che possono giocarsi la vittoria con i vari Sagan, Valverde ecc.TIC ha scritto:Non c'e' nessuna crisi nel ciclismo italiano. Magari manca il campione di valore assoluto, ma quello capita quando capita, ma come movimento siamo sempre tra le prme 2 o 3 nazioni al mondo : http://www.cqranking.com/men/asp/gen/cq ... ountry.asp
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Le corse degli under, come già detto da winter, sono calate enormemente in questi anni e il confronto con altre nazioni è impietoso. La cosa peggiore è che non si vedono giovani che possono essere considerati fenomeni in prospettiva (escludendo Moscon, l'unico).
FCC 2019/20: rit.
FCC 2018/19: 1°; Superprestige; Gran Combinata
FCC 2017/18: 3°; Trofeo dei titoli; Campionato Europeo Donne Elite, Campionato del Mondo Donne Elite, ROTY
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Pantani cmq si è trovato ad esplodere dopo chiappucci, la sfida bugno chiappucci , da una situazione positiva si è trasformato nella vetta di popolarita del ciclismo italiano e oltre .
Nibali ha trionfato in un ciclismo italiano e mondiale che combatte il doping, armstrong la piu grande menzogna sportiva, la triste storia di Pantani
arriva Ricco tanto giovane e telegenico , e si dimostra un bluff( a me stava veramente sul C.)
praticamente si è trovato invece della gloria la responsabilita di un mondo e movimento italiano , e lui vorrebbe solo correre in bici.
Nibali ha trionfato in un ciclismo italiano e mondiale che combatte il doping, armstrong la piu grande menzogna sportiva, la triste storia di Pantani
arriva Ricco tanto giovane e telegenico , e si dimostra un bluff( a me stava veramente sul C.)
praticamente si è trovato invece della gloria la responsabilita di un mondo e movimento italiano , e lui vorrebbe solo correre in bici.
Re: La crisi del ciclismo italiano
Il 5 giugno 1999 la nazionale giocò a Bologna. .non a san siroRoad Runner ha scritto:Concordo in pieno con Admin; il giorno di Madonna di Campiglio c'erano 200.000 persone sul Mortirolo ad aspettare Pantani e solo 20.000 a San Siro a vedere la Nazionale. Per i poteri forti ciò non andava bene... Furono questi numeri ad insospettirmi e ad insinuarmi il dubbio dell'italico complotto. Fatto sta che senza quel giorno, secondo me ora non saremmo qui a parlare di crisi, ma sull'onda lunga di quell'entusiasmo tutto il movimento si sarebbe rinvigorito con effetti, sulle nuove generazioni di allora, che si sarebbero sentiti giusto in questo periodo.
http://www.italia1910.com/partita.asp?idpartita=568
mi sa che il calcio c'entra poco con pantani
Il 98 è probabilmente il punto più alto del calcio italiano..altro che crisi
La media spettatori era 31000
adesso diecimila in meno
tutti i migliori giocatori al mondo erano in italia
Pantani era un mito
ma il calcio viveva il boom
- Visconte85
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Re: La crisi del ciclismo italiano
era l'epoca delle sette sorelle,
il Parma di Tanzi e la Lazio di Cragnotti che dominavano in europa (Uefa e Coppe delle Coppe)
Fiorentina di Batigol
Roma, Milan, Inter e la Juve.
In quegli anni peccavamo in Champions, nel senso di vittorie, la Juventus arrivò in finale diverse volte in quegli anni ma l'aveva vinta nel '96
il Campionato italiano godeva di una salute di ferro.
C'erano i soldi
il Parma di Tanzi e la Lazio di Cragnotti che dominavano in europa (Uefa e Coppe delle Coppe)
Fiorentina di Batigol
Roma, Milan, Inter e la Juve.
In quegli anni peccavamo in Champions, nel senso di vittorie, la Juventus arrivò in finale diverse volte in quegli anni ma l'aveva vinta nel '96
il Campionato italiano godeva di una salute di ferro.
C'erano i soldi
2022: Rund um Koln, Giro t.20, combinata giro
Re: La crisi del ciclismo italiano
Esatto
per Inter - Piacenza 80mila spettatori
altro che calcio in crisi..
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Non era ancora venuto fuori lo scandalo delle provette perse dell'AcquacetosaWinter ha scritto:Esatto
per Inter - Piacenza 80mila spettatori
altro che calcio in crisi..
Ps: vero esempio che, quando i media vogliono, certi scandali li sanno modulare eccome....
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Veramente c era stato il rigore di Ronaldo. .
che vale dieci acquacetose
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Re: La crisi del ciclismo italiano
Chissa' che le cose non fossero collegate...Winter ha scritto:Veramente c era stato il rigore di Ronaldo. .
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